giovedì 30 settembre 2021

Il libro della legge

Neemia 8,1-4.5-6.7-12 e Lc 10,1-12 (San Girolamo)


Per noi il libro della legge, potrebbe risuonare come un tomo del Codice Civile o Penale, in realtà per il popolo di Israele il Libro della Legge è la memoria viva e attuale dell'incontro con Yhwh; è la narrazione di un patto che a partire da Abramo appartiene alla vita stessa della comunità. Il rapporto tra la narrazione del libro è il popolo è infatti descritto con estrema drammaticità umana e con sentimento.
Per noi il libro della legge deve risuonare come un vibrante dialogo con il Signore. Quel libro antico, da narrazione del patto diviene narrazione della salvezza, di quella buona notizia che Gesù ha condiviso e raccontato come Vangelo.
San Girolamo, non dobbiamo mai dimenticarlo, dice che "l'ignoranza delle scritture è ignoranza di Cristo". Il nostro rapporto con il libro allora non potrà mai essere una formalità o una ricerca di norme morali. Il libro è narrazione della vita di Gesù, per mettere nella nostra vita la stessa sua vita. Il libro della legge, per noi, diviene il libro della narrazione della vicinanza di Dio; della sua tenerezza e della nostra gioia ritrovata come anche della felicità come pienezza. Quel libro della legge non sarà mai solo una indicazione di cammino, ma è il risuonare in noi di una concretezza: Dio ci ha scelto e prediletti nell'amore ad essere suoi figli, questo cambia tutto, trasfigura la realtà.


mercoledì 29 settembre 2021

Santi arcangeli, mistero e presenza oltre il tempo

Daniele 7,9-14 e Giovanni 1,47-51


Il profeta Daniele, così per come ci ritorna dall'omonimo libro, è un uomo di Dio, un uomo umile, di una fede viva unendo così realtà concreta ed eternità. In questo libro, cioè nella narrazione della sua vita che, troviamo un ottimo esempio di come camminare per fede, anche in mezzo alle prove più profonde. È in questa comprensione attraverso la fede che possiamo collocare anche tutte le profezie e visioni che ritraggono Dio come Il sovrano di tutta la storia. È Dio onnipotente, il vegliardo descritto in questa visione con i classici simboli che esprimono l'eternità (i capelli candidi), la trascendenza (la veste simile a neve), il controllo sull'universo (il fiume di fuoco) e la suprema maestà (il numero iperbolico dei suoi servitori). I capelli candidi e una spada di fuoco saranno ripresi anche, come immagini, nel libro dell'Apocalisse giovannea. La traduzione letterale dall'aramaico di "Antico di Giorni", termine che diverrà molto popolare;  l'Antico di Giorni avvia una sorta di giudizio universale, aprendo i "libri", cioè la conoscenza dell'intera storia umana. Quale è il senso di una profezia, di una visione? Non è mai una narrazione fantastica o una fiaba, la visione introduce in un mistero che sfugge alla realtà concreta, ma nello stesso tempo ne è parte. Come l'eternità di Dio sfugge nell'apparenza ma in verità sostiene tutto.


martedì 28 settembre 2021

Abbiamo udito che Dio è con voi ...

Zaccaria 8,20-23 e Luca 9,51-56


Questa immagine di Zaccaria, è di una bellezza unica e racconta qualcosa che raramente affiora nei nostri pensieri. Cercare, scoprire e rincorrere un giudeo per poter avere da lui la possibilità di entrare in quella amicizia con l'unico Dio, vero e padre ... perché Dio è con lui. Ecco allora occorre afferrarlo per il lembo del mantello, perché quel giudeo non ostenta la sua amicizia con Dio, ma la tiene quasi nascosta in se stesso ... Un poco ancora e quel giudeo tende a sfuggirmi, e spesso il mio cercarlo è un atto furtivo. Quell'afferrare esprime tutto questo ... Quanta attesa ho in quel giudeo?
Caro Zaccaria, permettimi oggi, di avvicinarmi a te per afferrare il lembo del tuo mantello. Voglio che mi conduci a conoscere il Dio mite (non violento) e umile (non potente) che unisce i popoli e non li mette l'uno contro l'altro. Egli opera per la pace perché non fa differenza di persone e vuole il bene. 
Abbiamo tutti una sete infinita della tua amicizia con Dio. L'esilio nel quale viviamo è un allontanamento dalla nostra stessa umanità; ogni giorno ci sorprendiamo amaramente del degrado della bestialità, della tortura dei nostri simili, della violenza di ogni genere, della menzogna che inganna i poveri, della sete di potere e di guadagno che li condanna alla miseria. Basta questo a confermare che abbiamo bisogno di afferrare chi ci riconduce alla sorgente della verità e dell'amore, al Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, al Dio di Gesù Cristo, e Gesù Cristo Signore.

lunedì 27 settembre 2021

Dio sogna ... Noi lo sogniamo?

Zaccaria 8,1-8 e Luca 9,46-50


Sognare, non è una illusione affidata alla fantasia con un proseguo nella speranza.
Papa Francesco, anche dentro questo nostro mondo segnato dalla pandemia, ci dice di "Non perdere la capacità di sognare".  "Quando sognate l’amore, non credete agli effetti speciali, ma che ognuno di voi è speciale, ognuno di voi. Ognuno è un dono e può fare della vita, della propria vita, un dono. (...) Sognate senza paura di formare una famiglia, di generare ed educare dei figli, di passare una vita condividendo tutto con un’altra persona, senza vergognarsi delle proprie fragilità, (...)". Non si deve “perdere la capacità di sognare il futuro”. “Chiediamo la grazia di saper sognare cercando sempre la volontà di Dio nei sogni (...)". E ancora, "Per essere portatori della speranza è necessario che non perdiate la capacità di sognare". Zaccaria ci racconta come profezia un sogno, che agli occhi di molti può sembrare impossibile: "Se questo sembra impossibile agli occhi del resto di questo popolo in quei giorni, sarà forse impossibile anche ai miei occhi?" Ma ciò che è sogno, è anche realtà: ricostruire Gerusalemme ricondurre il popolo alla città Santa, significa tornare, dimorare anche per Dio. Dio dimora anche oggi nella Chiesa; egli dimora nelle nostre Comunità e nelle nostre case; vi dimora lì dove l'accogliere Dio è parte dei nostri sogni, dei nostri desideri.


domenica 26 settembre 2021

Disconnettersi & connettersi

 Numeri 11,25-29 / Salmo 18 / Giacomo 5,1-6 / Marco 9,38-48


In questi giorni una notizia mi ha colpito, e mi ha suscitato un senso di disagio e di paura.

Afganistan, nuovi orrori, i Talebani hanno condannato un giovane ragazzo di 18 anni alla amputazione in pubblico di una mano e di un piede, perché il ragazzo era accusato di furto. La terribile condanna rappresenta l’applicazione più spietata della shaaria, è stata eseguita nella provincia di Herat. La gente del posto è stata invitata ad assistere allo "spettacolo" - un modo per dissuadere a compiere ulteriori furti, dicono i talebani -. Il giovane è stato tenuto prigioniero un mese, prima di essere processato sommariamente in pubblico e sottoposto alla terribile condanna. Ma anche altre notizie simili arrivano ora da quella terra, comprese le lapidazioni pubbliche di donne adultere e la fustigazione, sempre pubblica, dell'uomo colto in fragranza di adulterio.

Mi ha fatto molto pensare questo estremismo nell'applicare il Corano, che per un islamico, rappresenta anche il fondamento della legge morale, giustificato col dire: “se io non giudico le vostre leggi occidentali, perché dovete giudicare le nostre?”

Di fronte a tutto ciò ... ci possiamo voltare dall'altra parte e fare finta di nulla.

Ma per me il Vangelo di oggi, dice qualcosa di veramente illuminante. Un Vangelo che ci impedisce di trasformarci in cinici esecutori di una legge morale che serve solo a punire e a reprimere l'uomo dentro le sue frustrazioni e fragilità, rinchiudendolo dentro il suo peccato e riconoscendolo solo come peccatore.

La punizione quando non serve a sollevare la persona e a restituirla alla sua vera dignità è solo una condanna a morte. La punizione in realtà, per un credente in Dio, è un cammino di riabilitazione di fiducia e di speranza: perché la tua umanità che è immagine di Dio, appartiene a Dio ed è amata da Dio; una punizione non può ridursi a condanna e persecuzione ... A volte dimentichiamo che tutto di noi è salvato dal figlio di Dio, Lui che ha vissuto l'esperienza di una atroce è ingiusta sentenza e condanna.

Ma allora queste parole "chi scandalizza un piccolo è meglio che si butti in mare con una bella pietra al collo ... Se la mano è motivo di scandalo, tagliala; se l'occhio è motivo di scandalo, toglilo; se ...

Non fanno così i Talebani oggi? Noi non dovremo avere lo stesso tenore, la stessa fermezza morale?"

Cosa significa tagliare, togliere, gettarti nel mare ... Per Gesù queste immagini sono di una forza estrema, proprio per farci entrare in quella dinamica profonda di male che con il nostro agire siamo capaci di generare, e nello stesso tempo ci immerge nella drammaticità della pena/punizione che una giustizia puramente umana, sarebbe capace di esprimere: solo conseguenza della violenza e della barbarie che abita la nostra disumanità.

Tagliare, togliere, gettarti in mare ... Oggi potremo sostituirli col concetto di disconnettersi

Orecchie, occhi, mani, cuore ... Sono parti del nostro corpo, ma rappresentano anche quanto si compromette con le scelte di male: con le inclinazioni al peccato; con le seduzioni dei nostri appetiti sensuali, narcisistici e di possesso; con l'attaccamento alla ripetitività dei nostri limiti morali e fragilità.

Disconnettiti, significa tagliare, staccare, gettare fuori di te stesso, quanto ti tiene schiavo e ti lega a una realtà che ti intossica, ti priva di libertà, ti condiziona.

Oggi capiamo che la "connessione"non dà scampo, pretende tutto da te, una volta connesso tutto è condiviso.

Ecco perché è fondamentaleconnettersi con ciò che non distrugge la tua umanità. Gesù si propone come Vangelo della vita, come colui la cui connessione ti costruisce nella libertà.

Ecco allora che non possiamo mai limitarci come cristiani, all'applicazione di una condanna, o a promulgare una giustizia/giudizio solamente è rigorosamente umano, ma dobbiamo sempre avere in noi la connessione con il Risorto, con il Signore della vita e dell'amore, colui che della condanna ha fatto l'occasione di salvezza.

Disconnettiamo la nostra quotidianità dalle fragilità che ci sono vicine, cercando di connetterci con quella parola di verità che è capace di mettere in crisi e discussione il nostro modo di pensare e di amare i fratelli.

In questo modo tutto diventerà come un fresco bicchiere d'acqua. Cioè il Vangelo in noi ci permetterà di avere semplicità, misericordia, speranza e tenerezza, ma soprattutto la forza di realizzarlo, in una proposta nuova e veramente umana.

Un bicchiere di acqua rappresenta un segno povero ma pieno di possibilità. Tutti l'abbiamo, e nel momento che è dato, esso diventa una possibilità di vita per chi lo riceve. Chi è di Cristo è uno che da non un bicchiere d'acqua, ma tanti bicchieri di acqua, quante ne occorrono per generare la comunione.

È in questa disponibilità ad essere di Cristo che nasce l'esserci della Chiesa.

Incoraggiati da Papa Francesco, togliamo il male che ci ferisce (che ci rende gelosi e cinici gli uni verso gli altri) e che rende impossibile la gioia del mondo e nella Chiesa stessa.

Ognuno, con il dono che ha ricevuto, con le luci che il Signore gli da, deve togliere ciò che è di scandalo, cioè disconnettersi, ed aiutare il resto dei membri della Comunità a trovare la via dell'amore, della pace, della giustizia e della fraternità, cioè a restare connessi con Gesù.

sabato 25 settembre 2021

Gerusalemme città di tutta la terra

Zaccaria 2,5-9.14-15 e Luca 9,43-45


Ancora una visione profetica, quella di Zaccaria, illumina la prospettiva di chi crede: non solo Dio abita Gerusalemme, non solo il Tempio sarà riedificato per sancire il ritorno dei deportati a Babilonia, ma l'immagine si dilata nella universalità del Dio di tutta la terra, e soprattutto della pienezza messianica che coinvolge l'universo intero.
Gerusalemme, è la città di Dio fin dalla notte dei tempi, ben prima di Abramo, ora diviene la città di tutti gli uomini della terra; immagine di una madre che abbraccia tutti i figli, ora la città si dilata e si priva delle sue mura, delle sue protezioni e difese per poter accogliere proprio tutti suoi figli. È questa immagine della presenza dell'onnipotente e di una ritrovata maternità che oggi Gerusalemme può essere percepita come "città di tutta la terra", oltre ogni divisione e ogni particolarismo. Gerusalemme è la città inclusiva della diversità umana, ma non per una nuova forma di proselitismo o sincretismo, quasi a suggerire una nuova religione universale. Ma la città segno della presenza del Dio con noi. Dio abita con gli uomini, la loro storia il loro vissuto  gli appartiene e Gerusalemme esprime il luogo della vera fraternità umana frutto del riconoscersi figli dell'unico Dio Altissimo. Gerusalemme suggerisce lo stile materno della Chiesa: stile dell'unico partire, e del solo gregge e di un solo ovile, tutte immagini del Vangelo, che non sono esclusive, ma inclusive.

venerdì 24 settembre 2021

Il mio Spirito sarà con voi, non temete!

Aggèo 1,15-2,9 e Luca 9,18-22


Spesso nell'affrontare la realtà, che ci lasciamo prendere dallo scoraggiamento e dalla rassegnata costatazione della povertà dei valori che restano della esperienza cristiana, e quindi è facile per molti, soprattutto persone adulte e mature di anni, lasciarsi andare al nostalgico rimpianto del passato. Ma ricostruire i Tempio, salire il santo monte, mettersi al lavoro, non significa una semplice opera di restauro, o di "restaurazione".
La storia è abitata da Dio, lui ne è il Signore ed è in questa nostra storia che pone una profonda sollecitazione ad affrontare la realtà nuova, con tutta la sua problematicità, senza accettare il limite della paralisi di fronte alle tante difficoltà; all'individualismo e all'indifferenza" che segnano il nostro tempo. Occorre rispondere da cristiani con la "carità" e "mettendosi in moto". Oggi, come sempre, è necessario, trasformare le nostre comunità ecclesiali in "palestre di vita cristiana, scuole di servizio al prossimo"  (Papa Francesco) dove la chiave di lettura delle situazioni umane deve essere l'umiltà e la tenerezza.
Se la gloria del tempio di Salomone era grande agli occhi del mondo, ancora di più fu quella del tempio di Erode; ma nulla per noi può superare ma gloria e la grandezza di chi è abitato da Cristo. Noi siamo vasi di terra agli occhi del mondo, e spesso anche agli occhi nostri siamo deboli; ma in noi c’è la gloria di Gesù Cristo.

giovedì 23 settembre 2021

Salite sul monte e ricostruite la mia casa ...

Aggèo 1,1-8 Luca 9,7-9


Leggendo questa pagina del profeta Aggèo mi sono sentito provocato circa il rilassamento/rassegnazione che da più parti mi sembra si raccolga come sentimento comune delle nostre comunità. La domenica è emblematica: meno persone in Chiesa, molte (troppe) teste grigie ... Una situazione già da tempo annunciata ma che ora non lascia dubbi, siamo arrivati al capolinea di una esperienza di essere Chiesa che non attrae e non convince. Di fronte a un popolo disperso e deportato, piegato nella rassegnazione Dio rinnova il suo invito: "forza, salite sul monte e ricostruiamo la casa del Signore"Ci sono dei momenti in cui crediamo di aver perduto Dio, o pensiamo di non avere tempo per Lui o di avere troppo da fare per poterci dedicare alle cose di Dio e rinunciamo ad adoperarci per il regno dei cieli.
Riflettiamo bene, oggi nella nostra Chiesa che cosa risuona come l'invito a salire a Gerusalemme per ricostruire il Tempio? Non è forse l'esperienza del Sinodo della Chiesa Universale? Vivere il Sinodo rappresenterà l'occasione di ricollocare Dio al primo posto e ripensare il nostro rapporto con Lui e con tutti i fratelli e sorelle.

mercoledì 22 settembre 2021

I peccati e la storia

Esdra 9,5-9 e Luca 9,1-6


Per Esdra il peccato allontana da Dio tanto da non avere nemmeno il diritto di rivolgerci a Lui in preghiera, se non per una preghiera in cui riconosciamo la colpa commessa. Ciò che emerge è la coscienza di Esdra, egli si identificava con il suo popolo, e sente il peso del peccato anche di chi lo ha preceduto. Per Esdra la consapevolezza del peccato è così profonda da esprimere la certezza che il peccato commesso determina e condiziona tutta la vita, anche quella attuale. Di fronte al peccato dell'uomo, Esdra contrappone, come unica possibilità di riscatto, la misericordia e la bontà di Dio.
Esdra afferma che Dio non li ha trattati come meritavano, ma li ha invece trattati con benevolenza e misericordia: "Dio ha fatto brillare i nostri occhi e ci ha dato un po’ di sollievo nella nostra schiavitù". Egli riconosce che tutto il bene che in quel momento gli viene riversato, è dovuto alla misericordia di Dio, non è qualcosa di meritato.
A volte dimentichiamo che la storia dell'uomo è lo spazio dell'incarnazione, è una storia di salvezza. Mai il peccato deve oscurare la verità di una lettura della storia che è insieme salvezza di Dio e peccato dell'uomo, caduta e redenzione. Esedra non consce in pienezza il mistero di Cristo, lo intuisce solo nelle benevolenza della Misericordia di Dio; noi possiamo e dobbiamo immergerci nel mistero di Cristo.

martedì 21 settembre 2021

Tutti hanno una vocazione

Efesini 4,1-7.11-13 e Matteo 9,9-13
San Matteo apostolo

Il senso della nostra esistenza fuori dalla vocazione si svuota di significato. Esistere come fatto naturale, biologico, o casuale non da consistenza alla nostra soddisfazione umana. Una esistenza senza origine e senza meta esprime tutto il dramma di un abisso di disperazione. La fede in Dio che è in tutto e in tutti, ben lontano dall'essere l'oppio dei popoli, rappresenta a livello esistenziale il "focus" di significato dell'esistenza.
La Parola di questa giornata porta inevitabilmente a dare valore all'esistenza di ogni singolo uomo o donna che non solo esiste, ma che è chiamato ad esistere, cioè l’esperienza di esistere si scopre in un vincolo strettissimo con la vocazione personale che realizza nell'amore e nella comunione l'unità che è il corpo di Cristo. Questo corpo non lo comprendiamo pienamente, ma lo intuiamo come superamento di ogni limite umano, ed esperienza esistenziale dove ciascuno riconosce la propria identità, ma soprattutto la grazia di vivere la comunione con dei fratelli e sorelle in Dio stesso. Questa chiamata ad esistere e da dare compimento all'esistenza trova nella fede, non una semplice obbedienza a Dio, ma il riconoscimento di tutto quello che Dio ha fatto per ciascuno, per salvarci, e quanto è immensa la nostra salvezza, cioè la ricchezza della nostra vocazione e l'immensità del suo amore per noi.

lunedì 20 settembre 2021

Tempio di Dio è questo

Esdra 1,1-6 e Luca 8,16-18

Esdra era un uomo pio, un uomo timorato di Dio, un uomo che camminava veramente per fede. Fu certamente lui a guidare la seconda ondata - 458 AC - del ritorno dalla cattività babilonese, anche se gran parte dei figli degli ebrei deportati, non fecero ritorno a Gerusalemme, ma restarono a Babilonia. Nel testo biblico Esdra emerge come un pio israelita da imitare. È un uomo attento alla parola di Dio affidata attraverso i profeti. È un uomo che prende seriamente l'invito (editto di Ciro) a ritornare in Gerusalemme per ricostruire il tempio. È un uomo rimasto fedele alla legge e all'alleanza, non ha deviato verso gli idoli delle popolazioni ospitanti e preferendo la fedeltà alla idolatria. L'esempio di Esdra, forse dice qualcosa anche a noi, oggi, in un tempo di transizione, dove l'esperienza di Dio è esondata dalla realtà, cioè messa a margine dalla maggior parte. La fedeltà a Dio, al Vangelo annunciato da Gesù, ha veramente un costo per chi crede. Significa faticare per ricostruire non un Tempio di pietra per la gloria di Dio, ma per ricostruire in noi, la possibilità di dare casa alla presenza di Dio, attraverso un Vangelo fatto di carne, la carne della nostra vita quotidiana. L'esperienza di Esdra ci richiama alla necessità di adorare Dio, ma di andare oltre alla materialità del luogo. L'adorazione è il frutto di una fede che genera e ristabilisce un popolo nella sua identità e relazione con il Signore, è allora che "spontaneamente offrirono oggetti d’argento, oro, beni, bestiame e oggetti preziosi ..." Non sono cose materiali, ma la spontaneità, la gratuità, per avvicinare Dio alla vita.

domenica 19 settembre 2021

Chi accoglie un piccolo accoglie me!

Sap 2,12.17-20; Sal 53; Gc 3,16-4,3; Mc 9,30-37


Ad un certo punto Gesù inizia a raccontare ai discepoli una "storia" che essi non capiscono, perché non gli appartiene ancora, non ne hanno fatto esperienza. Non sarà mai facile prendere coscienza del destino di morte del Figlio dell'uomo, del loro maestro, dell'amico più caro.

Ma alla fine risulta altrettanto difficile da accogliere anche quanto Gesù ora sta cercando di insegnargli, arrivato a Cafarnao ed entrato con loro in quella casa di Pietro che è immagine embrionale della Chiesa, dove tutti sono fratelli e sorelle, chiamati a seguire il maestro e a dare senso attivo all'essere suoi discepoli.

Il tentativo di Gesù, ora è quello di cercare di mettere nel loro cuore non dei precetti, non delle regole, ma i suoi stessi sentimenti, il suo modo di accostarsi alla vita e all'esistenza.

Ma facciamo un passo indietro, torniamo sulla strada dove Gesù sta parlando di sé e del suo futuro, del suo andare a Gerusalemme dove "il Figlio dell'uomo sarebbe stato consegnato nelle mani degli uomini che lo avrebbero ucciso, ma che, una volta ucciso, dopo tre giorni sarebbe risorto". Ecco il mistero del figlio dell'uomo, il suo consegnarsi nelle nostre mani, cioè un darsi totale, il dono pieno della sua vita per riempire di vita ma nostra vita.

Commenta l'evangelista che "essi però non capivano queste parole" e avevano paura di chiedere spiegazioni.

Ma cosa implica accogliere la vita di Gesù, cosa provoca? Cosa significa per noi?

I discepoli, ascoltano le parole del maestro, ma le soffocano con le loro parole, ed ecco che emerge una idea più comoda e per loro più affascinante: "chi tra di noi è più il grande, chi il più importante? Chi ha più potere, fascino e autorità?

Gesù entrato in casa, pur con una certa disillusione riprende i discorsi fatti lungo il cammino. È ormai giunto nel cortile interno di quella stessa casa che sarà il germe della Chiesa, qui egli prova a insiste nello spiegare come si realizza il suo donarsi fino al dono totale di sé stesso e come è possibile accoglierlo da vero discepolo.

Geniale illuminazione, vede un bambino, lo chiama, lo abbraccia, e poi dice chi accoglie questo bambino accoglie me ...

Per accogliere il maestro, l'amico, il figlio dell'uomo, occorre avere quel sentimento con il quale Gesù ha accolto quel bambino ...

Gesù si dona a noi senza alcuna pretesa, si mette nelle nostre mani al punto che di lui possiamo farne ciò che ci pare. Gesù è realmente come un bambino, possiamo abbracciarlo con amorevole affetto oppure stritolarlo in un abbraccio possessivo ed egoista. Ma nonostante la nostra risposta, egli non cesserà mai di donarsi e di offrirci la possibilità di abbracciarlo come un bambino, che nella natura delle cose chiede solo amorevolezza e tenerezza, cioè accoglienza al suo abbandonarsi a noi.

Il secondo snodo che Gesù va a toccare è la conseguenza del suo darsi.

La conseguenza è vivere come discepoli, lo stesso modo di servire del maestro, che non è venuto per essere servito ma per servire. Servire i fratelli realizza la massima grandezza.

Ecco questo sta al cuore della esperienza dell'essere Chiesa. Non è una illusione e neppure una utopia, ma è il pensiero, lo stile e i sentimenti di Gesù rivelati lì dove nasce la comunità dei discepoli, a Cafarnao nella casa di Pietro. La Chiesa è custode attiva, propositiva e non conservativa del servire l'uomo nella carità di Cristo. È questo il suo obiettivo, il suo progetto il suo essere, con tutte le dinamiche e difficoltà che si possono incontrare nel realizzarlo, ma questo non ci deve spaventare, l'importante è cercare sempre la verità del servire: Essere ultimi ... essere servi di tutti.

Tenere al centro della nostra vita i piccoli, i fragili e gli scartati, i marginali. Essere ultimi con loro ... Questo è faticoso, perché in tutto ciò che viviamo sperimentano la tentazione e la pretesa di non essere ultimi ...

Essere ultimo nel pensiero di Gesù, non è una forma di umiltà, ma è essere all'origine di una catena di relazioni umane fondate sull'amore. Chi ama liberamente, senza contraccambi è ultimo, e si mette per questo all'ultimo posto, per potere così, amare tutti dal basso ... Chi ama per essere riamato, o ama per contraccambio, non riesce a stare all'ultimo posto.

Ma essere ultimo - per Gesù - traduce anche l'essere servo. Il servizio allora riassume per Gesù la normalità del suo modo di essere: ogni azione è servire; ogni prendersi cura è servire; ogni accoglienza è servire ...

Il discepolo, non deve mai dimenticare che la sua sequela di Cristo lo porta inevitabilmente di fronte a questi piccoli, fragili, scartati ... (Profughi, poveri, fuggiaschi, clandestini, ... uomini e donne del mondo). È pesante come immagine, ma non rispettare e non prendersi cura dei piccoli, dei poveri, degli indifesi, degli scartati, è ferire e oltraggiare Cristo stesso in loro.

Tre parole: bambino, ultimo e servo.

sabato 18 settembre 2021

Ti ordino ...

1 Tm 6,13-16 e Lc 8,4-15


Ora Paolo, in modo molto solenne, si pone dinnanzi a Tomoteo, non certo con debolezza, ma con la stessa autorità con la quale lo aveva costituito a reggere in sua assenza la comunità. Quel ti ordino, non è un semplice imperativo, esprime l'urgenza è la prenianza della richiesta, che non è un capriccio di un uomo, ma Paolo la esprime davanti a Dio e al Signore Gesù Cristo. Che cosa ordina solo a Timoteo, che cosa sta a cuore a Paolo? Custodire e conservare la fede in Cristo!
La fede in Gesù o rappresenta per Paolo, forse a fronte di una esperienza personale, il punto critico della nostra umanità. Ecco allora quel riferimento alla testimonianza che tutti i discepoli ricevono da Gesù, quella che lui ha fatto di sé, di fronte a Pilato, prima della crocifissione. Una testimonianza bella, fatta di poche parole, ma stabile nella verità.
Bella perché non tradisce e non rinuncia al comandamento ricevuto da Dio: essere dono di amore del Padre per il mondo, affinché il mondo sia salvo per la sua stessa vita donata.
Quel ti ordino, in realtà equivale a dire: da testimonianza di Cristo in te stesso.

venerdì 17 settembre 2021

Uomini e donne di Dio

1 Tm 6,2-12 e Luca 8,1-3


Ciò che Paolo dice a Timoteo oggi, andrebbe applicato sua agli uomini che alle donne che hanno in cuore di vivere secondo il Vangelo.
Ma cosa significa, seguire Gesù Cristo? Vuol dire frequentare la chiesa? Basta staccarsi dalle abitudini legate ai peccati più gravi? Vuol dire comportarsi meglio, e assumere alcuni abitudini da cristiano?
La risposta più corretta, per non deviare in una "religione", parte da questa consapevolezza: "La vera vita cristiana non è fondata su quello che tu fai, ma è fondata su quello che Gesù Cristo ha fatto". È guardando a Cristo, pensando come lui pensa, agire come lui agirebbe,  che senti nascere in te desideri nuovi. Dio, nel cammino di conversione dona nuovi desideri, che coabitano insieme a ciò che abbiamo pensato e desiderato. Forse non eliminano i desideri vecchi, ma lo Spirito Santo ci permette, anche, di vedere con occhi nuovi. È questo sguardo nuovo che mette in gioco anche noi stessi e le nostre possibilità. Lo sguardo nuovo è ciò che ci evita di deviare dalla fede secondo le inclinazioni peggiori che possono essere in noi. Lo sguardo nuovo ci porta a Gesù attraverso la ricerca della giustizia, della pietà, della fede, della carità, della pazienza e della mitezza. Lo sguardo dello Spirito ci porta a combattere la buona battaglia della fede, ci genera "uomini e donne di Dio", capaci fare professione di fede nella testimonianza della vita.

giovedì 16 settembre 2021

Semplici raccomandazioni?

1 Tm 4,12-16 e Luca 7,36-50


Quali sono i consigli che Paolo affida a Timoteo?
"... sii di esempio ai fedeli nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza". Paolo suggerisce e consiglia al giovane Timoteo comportamenti che non possano essere male interpretati e usati con malizia per danneggiare e screditare il suo ministero, il suo agire per il bene della comunità e per il Vangelo di Gesù.
Ma non solo, Paolo, introduce il concetto della vigilanza su se stesso. Questo tema è molto interessante perché mette in evidenza la profonda conoscenza di sé che Paolo ha acquisito nel tempo della sua conversione e negli anni del suo ministero.
Ciascuno di noi è una persona a rischio, e non è una esagerazione suggerire la vigilanza e l'attenzione. Questa attenzione porta alla conoscenza del proprio limite, sviluppando in noi l'adesione alla sincerità e alla verità: "impariamo a conoscerci e capire come siamo fatti". Passare dalla sincerità alla verità significa non limitarci a conoscere e accettare come si è fatti ma andare al cuore della provenienza di come siamo fatti.
In realtà Paolo, a Timoteo affida il compito di un progetto di vita che sia sempre più profondo e radicato in una vera vita spirituale.

mercoledì 15 settembre 2021

Le risposte di Dio

Ebrei 5,7-9 e Giovanni 19,25-27
Beata Vergine addolorata


Oggi la Chiesa celebra una memoria devozionale molto diffusa, quella della Beata Vergine Addolorata. Una memoria - introdotta nel 1814 da Pio VII - che ci chiama a rivivere il momento decisivo della storia della salvezza e a venerare la Madre associata alla passione del figlio e vicina a lui innalzato sulla croce. In forza delle parole che Gesù, secondo il Vangelo di Giovanni, pronuncia prima di morire, la maternità di Maria assume sul calvario dimensioni universali. Il dolore di Maria si unisce alla sofferenza del figlio di Dio morente sulla croce. Indubbiamente, oggi questa spiritualità della sofferenza, risulta una condizione molto ambigua e difficilmente comprensibile. La stessa dimensione edonistica (ricerca del piacere) e gli individualismi estremi, escludono e rifiutano la possibilità salvifica del dolore. Il brano della lettera agli Ebrei di oggi (due versetti) ci dice che Gesù fu tentato con una tentazione così terribile che nessun altro ha mai subito. Sia nel giardino di Getsemani, sia sulla croce, Gesù era in una terribile agonia, un'agonia che noi non conosceremo mai. La croce come luogo fisico della salvezza resta un mistero, soprattutto rispetto al perché della volontà di Dio che non riusciamo a capire fino in fondo. Ma i tempi di Dio non sono i nostri tempi, le risposte di Dio non sono sempre quelle che chiediamo, ma sono sempre le risposte migliori. Ma pure questa consapevolezza appartiene al mistero della fede in un Dio, padre buono, a cui Maria si affida e di cui non dubita.

martedì 14 settembre 2021

Esaltazione della Santa Croce

Numeri 21,4-9; Filippesi 2,6-11 e Giovanni 3,13-17

 
Oggi è la festa della Esaltazione della Croce, questa festa fa memoria del ritrovamento nel 327 dC dei resti della croce del Signore in quello che oggi è luogo più profondo della Basilica del Santo Sepolcro; al tempo di Gesù una discarica dei legni utilizzati per le crocifissioni.

Non è una lezione di storia o archeologia che voglio fare, ma bensì partire da questo segno per capire quale è il cuore, il centro della nostra fede … perché occorre più che mai riaffermarlo … oggi spesso!

La croce ci riconduce immediatamente al crocifisso, alla sua passione, alla sua morte, alla deposizione nel sepolcro e Risurrezione.

Ogni volta che abbiamo usato la croce come talismano abbiamo perso sempre tutto ... Ai Corni di Hattin (1187), in Galilea, nella battaglia contro i mussulmani, l’ultima in cui fu portata anche la reliquia della croce ... l’abbiamo persa per sempre.

Gesù lega la croce alla vita: "... così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna". lo strumento di morte diviene identificativo della salvezza, della vita; della vittoria sulla morte e segno per indicare l'eternità. Gesù porta Dio nel profondo del limite, nella morte vergognosa, nell'ingiustizia più crudele, nel segno scandaloso, nella violenza e nell'accanimento contro l'innocente. La croce rivela il lato oscuro del peccato, ma in un modo per noi assurdo Gesù ci dice che in quella stessa croce sta anche l'amore di Dio per ogni uomo; anzi Dio ci fa conoscere che il suo amore totale è nella croce.


lunedì 13 settembre 2021

Un solo mediatore

1 Tm 2,1-8 e Luca 7,1-10 

Chiediamo nella verità, senza pregiudizi, finzioni o tornaconti di varia natura. La preghiera rivela il nostro cuore.
Il cuore rappresenta lo spazio umano del dialogo con Dio, dove l'uomo presente a ße stesso viene toccato dalla presenza (abitante) del suo Signore.
Ecco allora la preoccupazione di Paolo: un cuore orante, che faccia della preghiera la risposta all'unico mediatore della salvezza.
Paolo inizia dicendo: “esorto dunque, prima di ogni cosa,”. Dobbiamo capire quanto dev’essere una priorità il fatto di pregare per gli altri. È una delle prime responsabilità nella vita cristiana. La preghiera ci ricorda del nostro bisogno assoluto di Dio. Molto spesso, tendiamo a concentrare su ciò che noi dobbiamo fare, e sui comandamenti di Dio, e sul nostro impegno, anziché focalizzare su quanto dipendiamo da Dio e quindi sulla necessità della preghiera. 
Non è così immediato riconoscere alla preghiera lo status di esperienza necessaria, quasi che privandocene ci venga a mancare qualcosa di essenziale.
Impariamo invece - da Paolo - a pregare per tutti. Certo possiamo pregare per noi stessi e per i nostri cari, ma Dio ci comanda di pregare per tutte le persone nella nostra vita, comprese coloro che sono in autorità su di noi, anche se ci creano problemi e difficoltà. Questo rispecchia il cuore di Dio. Preghiamo per tutti, preghiamo per la salvezza, preghiamo che coloro che sono in autorità posso lasciarci vivere una vita tranquilla e quieta, e ringraziamo Dio che ci rivela l'abbondanza di amore del suo cuore.

domenica 12 settembre 2021

Domanda, risposta e croce..

Is 50,5-9Sal 114Giac 2,14-18Mc 8,27-35


"La gente, chi dice che io sia?". (...) Gesù si trova nel mezzo di quella che gli studiosi chiamano la crisi galilaica, vale a dire il momento in cui la gente se ne va, si allontana da Lui e dalle sue parole, non lo segue più. Ecco allora che Gesù vuole capire che cosa del suo messaggio ha raggiunto il cuore. Perché questo è importante: quanto della nostra umanità è stato toccato della sua parola?
Gesù si è accorto che non tutto ha funzionato nella comunicazione, e che si è rotto qualcosa nella relazione personale che da sempre Lui ha cercato di costruire con la gente. (...) Di fronte a questo scenario occorre veramente recuperare il senso della domanda rivolta a ciascuno di noi. Perché sarà solo la nostra risposta a fare la differenza, a dare un senso nuovo alla persona di Gesù oggi, in questo nostro mondo.
Ecco allora la seconda domanda: "Ma voi chi dite che io sia?".
Serve per far emergere l’ambiguità che abita il cuore di tutti. Gesù mette in discussione se stesso; non è facile sottoporsi alla valutazione degli altri, eppure Gesù senza maschere e senza paure, libero come nessuno, vuole raggiungere il nostro cuore e provocare una autentica risposta.
Per rispondere a Gesù occorre realmente mettersi in gioco, andando a fondo della propria umanità, della propria interiorità oltre gli schemi clericali e le apparenze date dal l'istruzione del catechismo. Rispondere a questa domanda significa non dare per scontato la nostra fede e fare chiarezza sul tenore della nostra esperienza personale e quotidiana della vita. (...) Ma è a partire dalla verità della risposta che siamo capaci di dare, che cambia il tenore del dialogo che Gesù ha con i discepoli e con noi.  Il Vangelo dice che Gesù sorprende e ammutolisce tutti: "Gesù cominciò a insegnare che il Cristo doveva molto soffrire e venire ucciso e il terzo giorno risorgere". 
Qualsiasi risposta che possiamo dare al Signore non può escludere questa provocazione: "sei disposto a caricarti della croce rinnegando te stesso?" Non è importante raccogliere le opinioni comuni, la fede in Gesù non si fonda sul consenso e sulle opinioni, ma sulla scelta di vita, sulla croce (...).

sabato 11 settembre 2021

Salvare dal peccato

1 Tm 1,15-17 e Luca 6,43-49


Che cosa è il peccato? È questa una domanda che oggi troverebbe risposte sorprendenti!
Cosa è il peccato per chi come me è stato educato attraverso l'immagine del non aver centrato l'obiettivo, della ribellione e della separazione da ciò che è la verità, il bene e l'amore, il peccato rappresenta «una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna». È un'offesa a Dio, nella disobbedienza al suo amore. Esso ferisce la natura dell'uomo e attenta alla solidarietà umana. Cristo nella sua Passione svela pienamente la gravità del peccato e lo vince con la sua misericordia. (Compendio al Catechismo della Chiesa Cattolica). Ma in un mondo in cui all'irrilevanza di Dio e la sua marginalità sembra subentrare la psicologia della ragione e la soggettività del singolo, parlare di peccato risulta altrettanto irrilevante.
Come definirei io oggi il peccato se non l'abisso infinito di disumanità che accompagna la solitudine dell'uomo, la cui massima esperienza sarà la morte. Al di là delle semplificazioni teologiche di peccato originale e attuale; veniale e mortale che hanno delimitato il peccato all'agire morale, parlare di peccato significa prima di tutto riscoprire la nostra originaria natura umana. Il cuore del nostro essere ed esistere, rivela anche tutte quelle esperienze legate alla nostra esistenza che rinnegano e contraddicono l'unica realtà che ci riempie di gioia, e che alimenta la speranza e la felicità: l'amore. Ma se è ancora vero che Dio è amore, il peccato rappresenta la sottrazione/violazione dell'amore e delle esperienze che ne derivano. Per Paolo Gesù non lo salva semplicemente dal peccato attuale, o da quello originale, ma Gesù recupera totalmente la sua esistenza la sua vita alla possibilità di amare, recupera la sua originaria umanità.
Ciascuno di noi, come per primo Paolo, è chiamato a confrontarsi con la propria condizione di peccato e riconoscere a partire dal proprio limite, il desiderio di riscatto, di essere rigenerato dalla grandezza della misericordia di Dio: questa è la salvezza che Gesù nella sua stessa "carne" realizza con la sua scelta di amare oltre la morte.

venerdì 10 settembre 2021

Quando Paolo parla di se ...

1 Tm 1,1-2.12-14 e Luca 6,39-42


È bello leggere questa lettera pensando a Paolo che sta raccontando se stesso!  È bello vedere lo sforzo di scendere nel suo intimo e riconoscere i momenti della sua vicenda personale toccati dall'opera di grazia e misericordia di Dio padre.
Paolo si riconosce un bestemmiatore, cioè uno che non conosceva il Dio vivo e vero, e ne pronunciava il nome in modo improprio, perché inconsapevole della grandezza di tale nome. Un persecutore, che nell'infierire sui discepoli del nazareno, voleva colpire, come nel corpo Gesù crocifisso. Un violento, cioè uno che usa a forza per prevalere sugli altri per sopprimerli o schiacciarli alla sua potestà. Quanto orgoglio in quest'uomo, quanta presunzione di verità nel suo agire. Eppure Paolo stesso riconosce che verso di lui, la grazia di Dio ha abbondantemente superato le resistenze del peccato: "e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità ..."
Anche noi come Paolo ringraziamo Dio per la grazia nella nostra vita. Ringraziamo Dio che non solo ci ha salvati, ma ci ha ritenuti degni di fiducia, chiamandoci al suo servizio. Viviamo, con amorevolezza e con fede. Riconoscere di essere dei graziati non è male, apre alla comprensione della misericordia di Dio.


giovedì 9 settembre 2021

Rivestirsi di carità ...

Colossesi 3,12-17 e Luca 6,27-38


Pur se istintivi, fragili e inconsistenti - questo è lo sfondo della nostra umanità - Dio ci ha scelto e ci ama. Questo è il punto di partenza di Paolo per stimolare una crescita umana dei credenti di Colosse. Maturare l'amore umano è una esperienza coinvolgente e totalizzante, perché il nostro "sfondo", generalmente pone delle resistenze, e ci devia verso traiettorie più accomodanti, giustificative e compensative.
Rivestirsi di carità, per come è facile da dirsi è altrettanto difficile da concretizzarsi. Forse anche solo per il fatto che rivestirsi significa conoscere prima di tutto ciò che viene rivestito, e questo spesso non lo vogliamo realmente conoscere, perché contraddice un amare nella verità e l'impegno nel superare i nostri egoismi, i nostri interessi nell'amore.
Paolo non pone necessariamente delle alte esigeze nell'amare - " ... rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri ..." - ma suggerisce degli atteggiamenti che possano fare breccia e sgretolare la nostra rigidità. La tenerezza è infatti capace di disgregare la più tenace durezza e freddezza; la bontà è capace di metterci in dubbio e discussione; l'umiltà rivela le nostre istintività; la mansuetudine dilata la pazienza è la sopportazione; il perdono dirompe nelle lacrime liberatorie. 
Per rivestirsi di carità occorre partire con verità da se stessi, una scoperta che spesso lascia a bocca aperta.


mercoledì 8 settembre 2021

Natività di Maria, di una donna!

Michea 5,1-4/Rm 8,28-30 e Matteo 1,1-16.18-23


La festa della Natività di Maria in realtà sembra celebrare il mistero della nascita di Gesù, e solo in trasparenza possiamo rileggere la vita di Maria nella prospettiva il suo essere la Madre di Dio. Non è questa una interpretazione maschilista, ma mette in risalto come tutto converge nell'incarnazione del Verbo di Dio.
Infatti il disegno della salvezza realizzato dalla Divina Misericordia, trova attuazione nella vergine Maria, nella sua esistenza e vicenda umana, che si svolge tutta nell'ombra di una storia ininfluente, quella di Nazareth e nella umile piccolezza di una donna.
Come questo accostarsi della salvezza è rivoluzionario, se lo rileggiamo nel nostro contesto storico attuale, dove come in Afganistan oggi, la donna viene di nuovo segregata e brutalmente umiliata per il semplice fatto di essere donna. Quale assurdo ritorno all'oscurantismo di un mondo patriarcale maschilista che nulla esprime della vera paternità di Dio. Qui non si tratta di cultura occidentale in contrapposizione a quella islamica, ma si tratta di un barbaro tentativo si sottomissione,  al fine di corrispondere a una lettura strumentale della rivelazione coranica. Come è invece originale e singolare la rivelazione della salvezza e della venuta messianica quando il punto di partenza è la libertà di una donna di fronte alla proposta del Dio altissimo, la proposta di essere madre di colui che è la Salvezza: il Cristo Signore.
"Ma sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno".
Queste parole di Paolo ci confermano che nulla potrà mai spegnere l'eco eterno del SI di Maria; nessun sopruso e nessun tentativo di costrizione potrà mai oscurare e cancellare la vicenda umana di Maria, perché essa è parte della salvezza, ed è primizia di coloro che amano Dio.

martedì 7 settembre 2021

Una radicalità non istituzionale

Colossesi 2,6-15 e Luca 6,12-19


Accogliere Cristo Gesù, il Signore. È questo l'invito che Paolo rivolge alla comunità di Colosse; così come avete accolto Cristo, così camminate in Lui.Paolo vuole fare comprendere che accogliere Gesù non è una semplice scelta o adesione formale. Accoglierlo significa fare propria tutta la testimonianza di vita di coloro che ne sono annunciatori. Si accoglie Gesù, perché c'è chi mi porta Gesù come esperienza della sua vita e del suo incontro con lui. La nostra fatica e aridità, oggi, è proprio aver privilegiato una appartenenza frutto dell'istruzione catechistica e della sacramentalizzazione, come pure della tradizione nella quale siamo cresciuti. Ma se tutto questo non è parte di una testimonianza viva di chi ci racconta Gesù, allo stesso modo della lettera ai Colossessi, tutto si riduce a unafilosofia e a vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana.
Cerchiamo anche noi vivendo la nostra esperienza di fede, come dice Paolo di "camminare, radicati e costruiti su di lui", di appropriarci di una originaria esperienza viva che riveli a noi stessi la bellezza di un incontro esistenziale con il Signore. Ciò significa dare alla nostra fede una radicalità legata alle esperienze e non a una apparteneva Istituzionale. Ormai l'Istituzione ha mostrato tutta la sua mondana criticità e la sua inadeguatezza a testimoniare la fede nel Signore.

lunedì 6 settembre 2021

Che senso ha soffrire?

Colossesi 1,24-2,3 e Luca 6,6-11


Ciò che sperimenta Paolo,  e che racconta nella lettera ai Colossesi, è qualcosa di particolare, egli congiunge la sofferenza alla letizia. La partecipazione alle sofferenze di Gesù per amore di ciascun uomo e donna, con la letizia che deriva dall'essere uniti nell'amore. La sofferenza è il frutto della partecipazione alla passione del Signore: “Do compimento a ciò che dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa”. Si tratta di una sofferenza dovuta al ministero di annunciare il Vangelo. In questo possiamo comprendere tutta la sofferenza pastorale, quella che si vive nella Chiesa e nelle nostre comunità quando la fedeltà al Vangelo, quando il percorso della vita e della nostra maturazione umana, ci conduce in quelle strettoie nelle quali siamo provati dal soffrire per amore di Gesù e dei fratelli. Ma questa, è quella sofferenza, che riconosciamo come capace di generare un bene più grande, una grazia necessaria che ci manca. Credo sia questa la letizia che Paolo vede oltre è nella sua sofferenza. 
Dunque, oggi noi siamo invitati a cogliere anche la nostra personale vocazione e partecipazione al ministero di Paolo! A farci carico di una sofferenza capace di portare frutto, perché ci unisce intimamente al mistero della passione del Signore.

domenica 5 settembre 2021

Apriti, ascolta, parla

Is 35,4-7; Sal 145; Gc2,1-5; Mc 7,31-37


Dopo aver percorso la Galilea e aver fissato il proprio "quartier generale" in Cafarnao, Gesù inizia a predicare il regno dei cieli, a condividere il Vangelo in un territorio completamente diverso: la Decapoli.

Un territorio diverso geograficamente e anche culturalmente perché sottoposto ai forti influssi dei greci e dei romani; religiosamente diverso perché era un groviglio di esperienze politeiste e altre tra le quali anche l'eccezione dell'ebraismo.

Gesù non teme il confronto con una realtà profondamente diversa dalla sua, ed è in quella terra straniera che Gesù pronuncia la parola: Effathà! In aramaico, nel dialetto di casa, significa apriti, come si apre una porta all’ospite, una finestra al sole, le braccia alla 

persona a amata.

Una parola che in ogni battesimo, mentalmente esprimiamo compiendo il gesto di toccare le orecchie e le labbra del bambino. Apriti, apriti ad ascoltare ... Apriti a proclamare ... Ma cosa significa quell'apriti se non apriti agli altri e a Dio, anche se la vita ti ha ferito, anche se la realtà ti pone nel timore e nello smarrimento.

Apri la vita agli altri, non chiuderla in te stesso; apri i tuoi orecchi all'ascolto di Dio, alla sua parola ma anche delle sofferte parole di chi hai accanto a te; apri le tue labbra e lascia uscire la parola che in te, essa sarà eco delle parole del Signore, parole che sanno consolare, parole che sanno accogliere, parole che sanno voler bene, parole che sanno tessere legami e relazioni.

Gesù ha fatto proprio così, ha parlato al sordomuto e gli ha detto apriti, ora ascoltami (effatha): "e subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente". Prima gli orecchi, perché prima si accoglie ascoltando; se non sai ascoltare, le parole sono inutili e tu divieni sordo e muto, perché non ti lasci toccare il cuore da nessuno e diventi incapace di toccare il cuore altrui.

Forse la mancanza di parole della Chiesa, che in molti sentiamo come un vuoto incolmabile, dipende dal fatto che non sappiamo più ascoltare, Dio e l’uomo.

Di fronte alla pandemia e a tutto ciò che ne è venuto, di sofferenza, di fatica e di morte, cosa significa per noi credenti: apriti, ascolta, parla?

Di fronte al dramma della guerra e del subbuglio di tante parti del mondo come anche l'Afganistan, cosa significa per noi Chiesa: apriti, ascolta, parla?

Di fronte alle migrazioni che stanno cambiando le distribuzioni delle etnie e delle culture, cosa significa apriti, ascolta e parla?

Di fronte a creato che sempre più si ribella, offeso e ferito dell'inquinamento e dalla civilizzazione, cosa significa per noi: apriti,ascolta e parla?

Di fronte ai miei fratelli uomini e donne per i quali siamo chiamati a garantire la loro dignità, cosa significa apriti, ascolta e parla?

Credo che ciascuno di noi oggi debba aprirsi alla realtà, a comprenderla, a farla sua e a non scandalizzarsi della diversità rispetto al passato.

Oggi, apriti significa capire che anche la Chiesa è fatta non solo di ricchi, non solo di poveri, ma di persone che hanno sperimentato separazioni e divorzi; uomini e donne fragili con dipendenze psicologiche e da sostanze; c'è una umanità che non è malata ma che vive una condizione di diversità, che fino a pochi decenni fa era rifiutata. Ci sono persone vittime del sistema e della globalità che non hanno la forza di lottare in questo mondo.

Apriti significa prima di tutto non chiudere mai la tua porta, anche perché chi ti chiede di aprire è il Signore Gesù: alla Chiesa Gesù chiede di essere sempre aperta.

Dall'apriti, nasce l'ascolto. Ascoltare è dare una possibilità, è fare spazio, è dare valore e senso a ciò che mi stai dando di te. Non essere ascoltati, quanta rabbia, quanto male ci fa!

Ma ora, parla, non lasciare che il silenzio raffreddi e blocchi quanto il Signore ha fatto, per primo a te.

Ora basterebbero solo due parole, per dare senso a tutta l'apertura della nostra vita e a tutto l'ascolto del nostro cuore; le due parole sono: ti amo.

Bastano queste due parole per cambiare tutto!

Effathà , apriti ! ... Oggi per ciascuno di noi, quella parola del Signore è un invito a superare il limite delle nostre chiusure ed il limite delle nostre parole.

Lo stile della Chiesa oggi, l'agire del credente, non può che essere quello di Gesù, attento alla realtà, pur con tutta la complessità, per coinvolgerci in un incontro di vera fratellanza.

Le tre parole di questa settimana sono: apriti, ascolta e parla.


sabato 4 settembre 2021

La riconciliazione non è la "cancellina"

Colossesi 1,21-23 e Luca 6,1-5


Per Paolo, l'uomo non riesce a collocarsi di fronte a Dio in una condizione di "purezza"; concepire la misericordia di Dio, come conseguenza della nostra volontà e del nostro sforzo morale di vincere fragilità e i peccati, finirebbe solo per renderci immuni rispetto all'amore gratuito di Dio e a sterilizzarci circa la fede il lui. Il rapporto trascendente con Dio, infatti, o tocca l'autenticità della vita, nella sua interezza, oppure è una inutile paccottiglia devota. Ora la riconciliazione come misericordia, vicinanza e amore, si manifesta nell'agire di Dio padre nella carne di Gesù. È lui, Cristo, che in forza della sua morte e risurrezione ci realizza, in un modo trasfigurante, santi, immacolati e irreprensibili.
Tutto questo si realizza "in Cristo", come dice Paolo, è questa la condizione che nella fede rende visibile la nostra trasfigurazione (santi, immacolati, irreprensibili), come anche non rende  nulla, in chi resta lontano e nel rifiuto del Vangelo, la stessa riconciliazione che è per tutti. La riconciliazione non è mistero di "cancellina", per i nostri peccati, ma è condizione di amore di Dio che non li lascerà mai andare perso uno dei suoi figli. Che Dio ci conceda la grazia di camminare e di crescere sempre di più in Cristo e di abbondare nel ringraziamento per questa grazia che vi è data di conoscere.


venerdì 3 settembre 2021

La nostra "originalità".

Colossesi  1,15-20 e Luca 5,33-39


Oggi, non si comprende bene quale sia il concetto di primato o di principio originario, oggi all'idea di origine si sostituisce una realtà sotto certe forme astratta, per altre no, di una "nuvola" senza chiara definizione che racchiude in se stessa tutto l'universo virtuale e digitale, connessioni e relazioni social. In definitiva il concetto di origine ne risulta opinabile e indeterminato. Ma è proprio questa indeterminazione che va a sostituirsi e a contrapporsi a una immagine che per duemila anni a caratterizzato l'universo della fede e la vita spirituale dei credenti. La persona di Cristo, per quanto anche molto contrastata era comunque il riferimento concreto, stabile ed originario. 
L'inno si Colossesi, fornisce al credente la chiave di lettura della persona di Gesù Cristo come "prototipo originario".
Egli è il prototipo dell'immagine del Dio invisibile, come uguale al padre "Filppo, chi vede me vede il padre". È il prototipo rispetto a ciò che è creato: "Gesù è il primogenito di ogni creatura poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra…. Egli è prima di ogni cosa." È prototipo nel riconciliare: "Al Padre piacque (...) di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce". Che cosa è dunque originario anche per noi credenti oggi? 

La relazione in Cristo con il Padre; la nostra esistenza a partire da quella di Gesù e la salvezza come dono del risorto.

giovedì 2 settembre 2021

La preghiera dei santi ...

Colossesi 1,9-14 e Luca 5,1-11


Da più parti si legge la "transizione e crisi" attuale, come processo inconvertibile di fine del Cattolicesimo in occidente, e svuotamento del senso religioso. Certamente la disgregazione del tessuto comunitario nelle nostre chiese, l'allontanamento progressivo non lasciano dubbi circa una crisi epocale e di svolta riletto al cristianesimo. Ma forse ci eravamo abituati a una immagine standard di Chiesa Cattolica, ereditata dal passato, ma che già era separata e lontana dai percorsi esistenziali della gente normale, quella di tutti i giorni. Una Chiesa lontana dai problemi e dalle situazioni esistenziali, per giunta nuove, per molti. A titolo di esempio, proviamo a pensare anche solo le questioni legate alla famiglia ...
Ma quale è la condizione del discepolo di Gesù, in ogni tempo?
Rileggere le lettere di Paolo può aprirci lo sguardo sulla nostra identità cristiana. Ci può permettere di recuperare una originalità, ed una essenzialità alla quale non facevamo più riferimento. 
La vita di preghiera fa parte della esperienza di fede. Senza la preghiera personale e comunitaria il vincolo di comunione si estingue. Non occorre pregare per qualsiasi cosa, ma secondo la volontà di Dio. Ecco che nella preghiera dobbiamo saper chiedere le cose giuste. Che cosa chiede Paolo nella preghiera? Ciò per cui egli pregava al tempo della comunità di Colosse, serve anche oggi per noi: "... che abbiate piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio". 
Se questa è la nostra preghiera, non esiste sconforto o crisi che possa mettere in discussione la nostra appartenenza a Cristo.

mercoledì 1 settembre 2021

Le risorse nascoste ...

1 Colossesi 1,1-8 e Luca 4,38-44

Paolo in un momento di grave difficoltà personale, scrive alla comunità di Colosse, e anche oggi ci stupisce il tono della lettura, che già nel saluto esulta di una grandissima gioia. Paolo riconosce nella comunità tutte quelle situazioni e doni di grazia di cui occorre dare lode a Dio, piuttosto che lasciarsi andare alla enumerazione delle difficoltà, che genera quella lamentela che nulla costruisce nella relazione umana tra fratelli.
Il primo atteggiamento che anche oggi Paolo ci insegna è la preghiera per la comunità. La nostra preghiera è spesso distratta e scarsa. Immersi nella frenesia del quotidiano il pregare è ormai una esperienza episodica è relegata a particolari momenti.
Ma è proprio la preghiera, e la fedeltà a quel momento di intimità con Dio, che dispone il nostro cuore e ma nostra vita ad accogliere il dono di ciò che ci accade, delle persone, della comunità, della famiglia ecc ... Nella preghiera permettiamo alla nostra umanità di farsi sensibile e attenta, dotiamo noi stessi di uno sguardo aperto e benevolo.
Nella preghiera gratuita e disinteressata, Paolo, impara a riconoscere quante "cose" belle possiede la comunità di Colosse: "la fede in Cristo; la carità verso i fratelli; la speranza che abita i desideri e progetti di vita".
In questi primi versetti della lettera, anche noi siamo invitati a riconoscere dove si radica ma fede della nostra comunità; quali segni di amore e carità siamo capaci di generare e quale speranza, cioè quale spinta positiva l'annuncio del Vangelo ci suggerisce di attivare. Di fronte a ogni smarrimento e scoraggiamento delle nostre comunità, nella preghiera, è questo lo sguardo che dobbiamo ricercare.