lunedì 31 agosto 2015

1 Tessalonicesi 4,13-18 e Luca 4,16-30
Noi abbiamo la speranza ...

Gesù ha dato inizio a un modo nuovo di scandire il tempo e di dare concretezza e realizzazione alla realtà: letizia (gioia) del messaggio ...; la liberazione (non schiavi ma amici) ...; un anno di grazia ...; le parole del profeta Isaia non solo trovano compimento, ma descrivono l'agire di Dio Padre attraverso l'opera re di Gesù. La realtà dell'uomo, è trasversalmente visitata dal mistero di Dio al punto di esserne completamente impregnata. È ora la realtà stessa che rivendica pace e giustizia, amore e misericordia perché l'agire di Gesù ne ha fatto pregustare la primizia.
È l'esperienza di Gesù uomo che ci permette di vedere come la speranza cessa di essere un desiderio ma ci viene offerta come consolazione reale.
Per questo Paolo, ai Tessalonicesi, dice "Confortatevi dunque a vicenda con queste parole" cioè quelle che descrivono una vicinanza a partire dall'incarnazione di Gesù; una vicinanza che è costantemente in divenire e costantemente un compiersi. Le Parole di Paolo le comprendiamo come la visione di chi percepisce già in atto il compimento eterno ... La nostra stesa vita, e la nostra stessa storia è per questo mistero e profezia.

domenica 30 agosto 2015

Deuteronomio 4,1-2.6-8 / Salmo 14 / Giacomo 1,17-27 / Marco 7,1-23
Cura "alla logica del cuore ..."

Sembra proprio una questione di "cuore". Il Vangelo di oggi ci propone una particolare attenzione allo stato di salute del nostro cuore, che non si limita a dirci di prenderne visione (visita specialistica) ma ci invita ad averne cura. Avere cura del nostro cuore.
Quando diciamo cuore dobbiamo intendere la totalità della persona compresa (capita e non compressa o collocata) nella sua espressione vitale; quindi, noi, tutta la persona capace di amare e di vivere la esprimiamo con la parola "cuore".
Fin dai tempi di Gesù c'era chi non aveva "cuore" cioè era ingessato/sclerotizzato: un cuore duro, di pietra incapace di tenerezza e di un amore libero e liberante ...
La legge di Dio data per la nostra vita, è data per la nostra gioia, ma può diventare pure lo strumento per rendere duro e triste il nostro cuore. I prigionieri del "si è sempre fatto così" dimostrano che difficilmente si sfugge alla tentazione della rigidità, per paura e per orgoglio, per possesso e per presunzione.
Anche i discepoli, dice il Vangelo, non hanno capito nulla ... Ma in realtà, non c'era nulla da capire se non ciò che Gesù propone: la novità nella tradizione ricevuta da Mosè, da Dio. Una tradizione viva, una tradizione che non porta alla morte, alla sclerosi ... 
La durezza o rigidità del cuore è un male comune a tutti, e si esprime con quella perfezione di parola che rischia di essere apparenza sulle labbra, mentre il cuore è nel marasma più devastate. 
Ancora una volta il Vangelo viene in aiuto con il nostro cammino di conversione: come si cura il cuore, cosa significa averne cura?
La nostra medicina si chiama 'I care':
Azione: cura del luogo della comunità (importanza degli spazi, bellezza, sobrietà, ordine, pulizia ...; cura della fede della comunità (importanza dei momenti di preghiera e di comunione, di ascolto e meditazione); cura delle persone che sono il corpo di Cristo e miei compagni di cammino; cura di ogni uomo, fratello e non fratello che Dio ha chiamato alla esistenza insieme a me.
Posologia: tutti i giorni, ogni giorno, dal mattino al risveglio alla sera quando mi addormento. amen.

sabato 29 agosto 2015

Geremia 1,17-19 e Marco 6,17-29
Il Vangelo a confronto ...

Oracolo del Signore ... Una espressione biblica per dire: "questa è proprio la parola di Dio, il suo intendimento. "Ed ecco oggi io faccio di te come una fortezza, come un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti".
Nel tentativo strumentale di usare il Vangelo, esso si dimostra sempre nella sua originaria semplicità e comunicabilità, è questa infatti la strategia della parola: non difendersi arroccandosi, non offendere attaccando; ma mostrarsi tenacemente nel rispetto di ciò è di chi si accosta e confronta. La verità del Vangelo non si riduce, non si nasconde perché, come dice il Signore, "il suo essere con te" è esserci nella verità che si propone. La verità è presenza di Dio, non integralismo. Giovanni Battista (oggi è la festa che ricorda il suo martirio) ci dimostra come difronte alla verità da lui assunta e vissuta, il costo del confronto è altissimo, ma ciò che rimane o permane, è proprio la testimonianza del vero.



venerdì 28 agosto 2015

1 Tessalonicesi 4,1-8 e Matteo 25,1-13
La volontà di Dio ...

Ma chissà quale è? Ma come si fa a fare la volontà di Dio? E tra mille dubbi e domande ci si ostina a guardare e riflettere se le proprie idee e pensieri possono essere espressione della volontà di Dio, spesso restando in dubbi senza risposta.
San Paolo ci dice semplicemente che la volontà di Dio è la nostra santificazione ... Fare la volontà di Dio è "fare i santi" avere una vita "santa". L'attenzione morale alla purezza del corpo esprime una evidente conseguenza: la vita santa non è semplicemente una opzione intellettuale per la santità, ma uno stile totale, complessivo che coinvolge anche l'agire morale e quindi l'espressione del nostro essere uomini e donne fatti di anima e corpo.
Nel Vangelo questo "essere santi" si esprime nell'attesa-preparazione alla festa nuziale. Tutto nella vita della "vergine" è finalizzato a quel momento, la sua lampada è il suo "equipaggiamento" per poter attendere il momento in cui arriva lo sposo e inizia la festa.

giovedì 27 agosto 2015

1 Tessalonicesi 3,7-13 e Matteo 24,42-51
... Verrà più tardi ...

Non è uno scherzo ma l'idea del ritorno di Gesù nel tempo, non ci appartiene, non la consideriamo tra le possibilità più prossime. Già nei primi decenni della vita delle prime comunità cristiane si attendeva un immediato ritorno che da allora non c'è mai stato. Ma il Vangelo non ha dubbi circa questo "argomento": "vegliate ... anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà".
Nella leggenda del "grande inquisitore" di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, a Gesù ritornato nel mondo, la domanda che gli si rivolge è: "Perché sei tornato? Perché sei venuto a disturbarci?"
Non occorre vivere la nostra giornata come se fosse l'ultima, ma come se fosse il giorno del Ritorno di Gesù ...
Il tempo della preghiera, il tempo dell'eucaristia, il tempo per la comunità il tempo per la carità e per i fratelli, sono il modo in cui io posso accogliere la Sua venuta. Il ritornate, il venire è anche un divenire nella realtà, dei segni efficaci della Sua presenza ...
Anche in qualche stiva o barcone, tra qualche profugo siriano, curdo o africano, forse già a picco nel mediterraneo, Gesù è tornato ... Ma ne abbiamo fatto come sempre ciò che abbiamo voluto!
Chi è quel servo fedele che ti riconosce?

mercoledì 26 agosto 2015

1 Tessalonicesi 2,9-13 e Matteo 23,27-32
Comportarsi in maniera degna del Vangelo.


Ormai non si torna più in dietro ... il Vangelo per i credenti non è più parola i Dio, ma una proposta di precetti e comportamenti!
Se solo lontanamente avessimo chiaro che cosa vuole dire "parla di Dio" ci sentiremo tremare le midolla!
Guai a noi che ascoltiamo il Vangelo e lo trasformiamo in un imparaticcio per bambini, negando a noi stessi che la Parola di Dio è tale e si riveste, cioè si svela, e si rivela la sua verità proprio attraverso il suo genere letterario, la sua imperfezione redazionale, il suo limite culturale e il condizionamento del tempo.
Quel "guai a voi" del Vangelo di oggi, risuona ancora più forte di ieri, per chi, si ostina a volere mettere la propria autoreferenzialità come condizione per recepire il Vangelo... In questo modo si diventa imbianchini del proprio sepolcro; muratori del proprio "ego" e omicidi della "profezia".La profezia della Parola si pone infatti di fronte alla realtà come condizione per trasformarla.

martedì 25 agosto 2015

1 Tessalonicesi 2,1-8 e Matteo 23,23-26
Il desiderio di "dare" ma vita ...


"Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo". La certezza di essere conosciuti da Dio, nell'intimo, nelle scelte, nei desideri, nei pensieri, nei sentimenti, ci consola tantissimo rispetto ad ogni limite e ad ogni imprecisa situazione che ci ferisce. Quante volte i nostri desideri di bene non trovano una vera e reale corrispondenza ... Quante volte per il bene che si desidera e si vuole, si riscontra solo una fatica e una resistenza. Eppure, per il semplice fatto che tutto "ci è diventato caro", come dice San Paolo, non possiamo esitare a vivere nella volontà di Dio ciò che ci è stato affidato. Lo sguardo capace di riconoscere la giustizia, la misericordia e la fedeltà, saprà generare la forza per sostenere ogni fatica (rapine e intemperanze) e per colmare ogni limite: "e poni su di me la tua mano. Stupenda per me la tua saggezza". 

lunedì 24 agosto 2015

Apocalisse 21,9b-14 e Giovanni 1,45-51
Festa di San Bartolomeo Apostolo
Ci cambia solo la bellezza


Per quanto siamo presuntuosi, di fronte a chi amiamo, lo siamo anche di fronte a Dio. Una delle esperienze umanamente più belle è vedere crollare le proprie presunzioni e scoprirsi liberi di poter amare ed essere amati. Quando ci affidiamo alla parola "buona" che ci viene rivolta dal Signore, demoliamo la nostra presunzione di conoscere e sapere sempre tutto. Natanaele, in questo affidarsi, diventa parte di quella relazione con il "cielo" nella quale impara a gustare la fede in Gesù e soprattutto impara che i "fichi umani" se pur buoni sono una prigione e nulla hanno a confronto con la bellezza delle cose del cielo: la sposa, la Gerusalemme celeste.
Quando la nostra presunzione cede il lasso alla bellezza di Cristo, allora noi diventiamo parte della bellezza, quella che ci cambia la vita. Altrimenti dobbiamo rassegnarci alla bellezza della mediocrità.

domenica 23 agosto 2015


Giosuè 24,1-18 / Salmo 33 / Efesini 5,21-32 / Giovanni 6,60-69
Un segno e una relazione

Due azioni di Dio accompagnano la scelta di "servire il Signore" da parte del popolo di Israele:
- ha compiuto dei grandi segni;
- ha custodito il popolo per tutto il cammino.
Prima - L'indifferenza verso i segni; il segno (come quello del pane)ci è stato dato ma noi ci allontaniamo dal segno per metterci alla ricerca di esperienze e sensazioni "migliori", più coinvolgenti; così il segno di Dio cade nella indifferenza, nella dimenticanza. Il popolo di Israele in tutte le sue infedeltà non perde la memoria dei segni.
Seconda - Sentirsi custoditi da Dio in tutto il cammino. Se il custodire è paragonato al sentirsi sorvegliato, allora non potrò mai gustare un abbandono confidente nella misericordia di Dio, perché tutto in me è avvolto dal sospetto.
Il Vangelo sintetizza segno e relazione nelle parole di Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio".
In realtà non si tratta di volere o dovere capire il mistero di quel pane della vita ... Ma semplicemente fare memoria di Lui attraverso i segno del pane, per essere custoditi dalle sue Parole, che essendo Spirito e vita trasformeranno la nostra carne di morte in una carne di vita eterna ...  Se non ce ne andiamo via da lui, se rimaniamo con lui, ci abitueremo alla sua compagnia, impareremo a vivere con il "Santo di Dio" ... Impareremo ad accontentarci di essere suoi discepoli.

sabato 22 agosto 2015

Rut 2,1-8; 4,13-17 e Matteo 23,1-12
Tutti per uno!


Quando la Parola è un peso, un "fardello pesante e difficile da portare" possiamo legittimamente sospettare che sia il frutto di una lettura da scribi e farisei che "dicono e non fanno".
La Parola invece apre a una comprensione della storia dell'uomo in cui ciascuno può riconoscere Dio come Padre e sentirsi in una relazione che è filiale; comprende l'altro come fratello genera una fratellanza universale ma pure una relazione nuova fondata sul servizio al fratello: "Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato". La Parola non riempie una mancanza, ma rivela nella debolezza della carne il mistero a cui appartiene, il mistero eterno della salvezza. Leggere la prima lettura, oggi, permette di contemplare l'unità della carne umana nell'unico percorso di Dio Padre per farci parte della salvezza: Rut, nonna di Iesse, padre di Davide ... Antenato di Giuseppe e Maria ...; Rut, una moabita. 

venerdì 21 agosto 2015

Rut 1,1-22 e Matteo 22,34-40
Tutto sostiene l'amore!


La risposta di Gesù dimostra tutta la sua perizia in merito alla conoscenza della scrittura: il cuore della legge, il comandamento grande è in Deuteronomio 6,5 "amerai il Signore tuo Dio ..." e Levitico 19,18 "amerai il prossimo tuo ..."
Questo amore tutto sorregge, tutta la Legge è i Profeti, cioè tutta la rivelazione di Yhwh e la storia di Israele. È nell'amore e per amore che Dio crea; che Dio sceglie Abramo; che Dio libera dalla schiavitù; che Dio parla ed educa nell'amare il suo popolo ...
Nessuno ebbe più il coraggio di interrogarlo, perché le parole di Gesù non si reggono su ragionamenti o dottrine, ma sul cardine della fede di Israele. Quell'amore e quell'amare, sono la stessa esperienza di rivelazione che Yhwh continua nel tempo e nella storia. Oggi quel cardine è la Misericordia, peccato che diversamente, la Misericordia oggi è solo una espressione opinabile è soggettiva di benevolenza.

giovedì 20 agosto 2015

Giudici 11,29-39a e Matteo 22,1-14
Andiamo alle nozze?


Il "regno dei cieli" dalle immagini delle parabole diviene realtà. Nel percorso delle "parabole del regno", in Matteo, siamo giunti a questa immagine che suggerisce:
1) la festa di nozze e il regno sono le nozze del figlio: un evento unico ed epocale!
2) un invito importante: rifiutare è vera scortesia!
3) inevitabile la festa di nozze: questa festa (queste nozze) si deve fare!
Tutto questo percorso suggerisce un inevitabile coinvolgimento: inerzia e rinuncia non sono accettabili, l'urgenza del regno è l'inevitabilità della nuova evangelizzazione.
Rispetto al nostro paganesimo di ritorno suggerito dalla tecnologia; all'indifferentismo spirituale che dilaga nella insensibilità umana; alla apatia che diviene noia per tutto e per la religiosità, la festa delle nozze è come una scossa, come portarci di fronte alle conseguenze del rinunciare in partenza al regno o a vivere il regno secondo noi stessi. La gioia di accogliere il regno è la gioia di chi vuole gustare la festa di nozze!

mercoledì 19 agosto 2015

Giudici 9,6-15 e Matteo 20,1-16a
Dà loro la paga ...


Se la "paga", la ricompensa è la vita eterna, come possiamo intuire da altri discorsi e dalle parabole del regno dei cieli, allora crollano tutte le regole economiche circa il merito per l'agire nel regno. Lavorare per il regno dei cieli non è una occupazione, sperare nella vita eterna non è una retribuzione. Lavorare nel regno è un agire rispetto alla chiamata: ogni giorno e ogni ora; sempre siamo chiamati a scegliere il regno dei cieli come spazio della nostra vita. Agire secondo il regno ci preserva dalla pigrizia e dall'ozio, dall'inerzia della vita cristiana, dall'accidia e l'indifferenza. Il discepolo di Gesù, il cristiano è ontologicamente ordinato al regno dei cieli; diversamente è una disobbedienza pari a quella del maligno rispetto al "bene" della Genesi. Non vivere in condiscendenza della chiamata al regno dei cieli è quindi una condizione disastrosa. Nell'agire per il regno, si genera quella unica ricompensa che è il bene comune per tutti, rispetto al quale possono sorgere delle pretese, quindi non il bene in comune, ma quel bene esistenziale che è il fine comune e compimento per tutti: la vita eterna. Una bella paga!

martedì 18 agosto 2015

Giudici 6,11-24a e Matteo 19,23-30
Bisogna entrare!


Nel regno dei cieli, ovvero nell'eternità fatta tempo, bisogna entrare! Noi abbiamo una visione dell'eternità condizionata dalla realtà di spazio è tempo a cui apparteniamo, per noi spesso l'eternità si esprime nell'idea di perpetuità e immodificabilità di un momento ...
Quando Gesù parla di eternità lo fa in relazione al regno dei cieli; egli ci parla invece di nuova creazione, di vita, di esperienza e di scelte!
Chi è ricco non entra nel regno dei cieli perché la sua tristezza lo trattiene dallo scegliere la gioia di appartenere alla nuova creazione, cioè alla novità che è la creazione di Dio. Bisogna entrare nel regno, nell'eternità attraverso la gioia! Entrare nella gioia è vivere il Vangelo, cioè vivere per Cristo ... "Noi che abbiamo lasciato tutto ... che cosa ne avremo?" Chiede Pietro!
Gesù risponde ... "La vita eterna" come realtà che ti appartiene per diritto a chi è salvato!

lunedì 17 agosto 2015

Giudici 2,11-19 e Matteo 19,16-22
La paura di una risposta scomoda ...


Il cuore del Vangelo non si riduce al dare una risposta alle domande di senso della vita, ma svela come la vita abbia una esigenza assoluta: non recedere rispetto alla morte e al nulla. La buona notizia che è il Vangelo nel rivelare il mistero di Dio ci dice che il mistero è fatto di eternità e che l'eternità di Dio fatta carne abita la vita dell'uomo. Di fronte a tutto ciò l'uomo sperimenta la sua discontinuità, una fragilità esistenziale che si traduce nel dubbio oggettivo circa la franchezza della fede. La tristezza del giovane non è causata in sé dalla risposta di Gesù, ma dalla paura che nasce nella risposta di Gesù. Esiste uno stile per vivere il mistero eterno di Dio: il dono; l'essenziale; la gioia di amare e servire; la gratuità; tutto in non tentativo di uscire da se per abbracciare la realtà intorno. La tristezza è radicalità nel proprio egoismo, nel proprio individualismo. La tristezza ci descrive come è la morte all'eternità. Certamente scegliere la morte è meno impegnativo che scegliere l'eternità!

domenica 16 agosto 2015

Proverbi 9,1-6 / Salmo 33 / Efesini 5,15-20 / Giovanni 6,51-58
Vivrà per me!

La questione del pane della vita passa da valutazioni storiche e simboliche circa la manna dei padri a una domanda esplicita: VUOI VIVERE PER ME? Giovanni il discepolo amato ... E che ama  intensamente il Signore, ci suggerisce questa triplice riflessione:
1) Aderire a Gesù, masticare e bere la sua carne e il suo sangue significano farci carne e sangue per darsi ai fratelli, per fare il bene degli uomini. Questa esperienza è già una vita di una qualità tale che la morte non può interromperla: la vita eterna è la vita donata per e nell'amore. ABITUARE LA NOSTRA VITA AD ESSERE UN DONO. La vita comunitaria è la paleostra dove imparo questo stile.
2) La nostra carne, così umana, così fragile, indica l’uomo nella sua debolezza. La vita di Dio, quindi la vita non si può dare al di fuori della realtà umana. Non può esserci comunicazione dello Spirito dove non ci sia anche il dono della carne. La carne è cardone della salvezza. La carne esprime quella realtà sacra che è l'altro oggetto dell'amore. CUSTODIRE LA NOSTRA CARNE E' CUSTODIRE L'UOMO. Superare lo scandalo di chi è diverso, di chi è povero, di chi temo.
3) Vivere per Lui, significa entrare nella logica del sacrificio. Se per tutti fare un sacrificio a Dio significa privarsi di qualcosa per offrirlo alla divinità, per Gesù fare il sacrificio è mettersi dalla parte di Dio e offrire a noi se stesso, comportarsi e assumere totalmente le vesti dell'Agnello di Dio, cioè l’agnello dell’esodo pasquale, quell’agnello di cui, secondo le indicazioni di Mosè, bisognava mangiare la carne per avere la forza di iniziare l'esodo e il cui sangue avrebbe liberato dalla morte nella notte dello sterminio dei figli degli egiziani. IMPARARE A DIVENTARE PARTE DEL SACRIFICIO DI GESÙ. Il gusto di celebrare l'eucaristia ... Io posso spezzarmi come quell'ostia che è la carne del Signore.

sabato 15 agosto 2015

Apocalisse 11,19a-12,1-6a.10ab / Salmo 44 / 1 Corinzi 15,20-27a / Luca 1,39-56
Solennità dell'Assunzione della B.V. Maria
I segni escatologici ... 

L'assunzione di Maria al cielo, ci conferma una realtà gloriosa a partire dalla redenzione opererà nel tempo da Cristo. Come dire la promessa di Salvezza si realizza in questo modo.
L'immagine di Apocalisse (prima lettura) non è il frutto di una fervida fantasia, ma nelle immagini descrive il dramma, che dall'origine del peccato nel mondo, si consuma ogni giorno in ogni tempo della vita dell'uomo ... Il male non sembra avere tregua... Non va mai in pausa!
Una lotta impari tra Dio e il suo regno contro il drago e il male che da lui ha origine. Parlare di male non significa affermare un principio spirituale, ma di una realtà concreta che prende possesso della realtà nel momento in cui non è contrastata con il bene.
Tutto il racconto di Apocalisse, vuole denunciare che nella lotta contro il male, Dio è completamente coinvolto, in quella strategia che è la redenzione operata dal Cristo a patire dalla creazione in Lui e nell'incarnazione. Il bene è posto nella realtà a partire dalla presenza di Dio.
Come si opera il bene? In che modo le armi del bene sconfiggono il male reale?
La Chiesa e i Cristiani, con la stessa parresia dei profeti e di Gesù di Nazareth realizzano il bene. La parresia è la franchezza nell'esprimersi, dire ciò che si ritiene vero, quindi annunciano e vivono il Vangelo per vincere il male.
Maria, nei suoi giorni si mette rapidamente in viaggio verso la montagna, quasi a ricordarci che non c'è tempo da perdere, che le conseguenze del l'incarnazione impongono una urgenza, perché il drago, il serpente antico, il male è provocato nella sua azione: il male sperimenta già nel tempo la sua sconfitta.
Di fronte al male che oggi sperimentiamo e al disorientamento dei sofismi del parlare, ma soprattutto delle ideologie e della convenienza e strumentalizzazione per il potere, il Cristiano deve schierarsi, ma schierarsi nelle parole del Vangelo.
Le armi del bene oggi come nel momento in cui uscirono dalle labbra di Gesù sono le opere di misericordia corporali: Dar da mangiare agli affamati; dar da bere agli assetati; vestire gli ignudi; alloggiare i pellegrini; visitare gli infermi; visitare i carcerati e seppellire i morti.
E quelle spirituali: consigliare i dubbiosi; insegnare agli ignoranti; ammonire i peccatori; consolare gli afflitti; perdonare le offese; sopportare pazientemente le persone moleste; pregare Dio per i vivi e per i morti.
Ma se noi non abbiamo più il gusto per questo tipo di agire, come possiamo capire il bene che Gesù vuole diffondere attraverso questo agire?






Inviato da iPad

venerdì 14 agosto 2015

Giosuè 24,1-13 e Matteo 19,3-12
Chi può capire capisca ...


"Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli".
Gli eunuchi per il regno ... né castrati dalla vita e neppure immaturi affettivi, ma i custodi di una "rinuncia" per amore di Cristo. Non tutti possono capirlo, perché non tutti vivono la relazione con il Signore nella priorità per cui la vita è realmente lo spazio è la condizione dove Gesù ha la priorità su tutto. Non sono dei privilegiati e gli altri quindi degli "sfortunati" sono il segno di una tensione, di una predilezione di un desiderio che abita la Chiesa e quindi tutto il popolo di Dio. Occorre smettere di pensare al singolare, occorre passare al plurale e questo significa pensare come popolo. Tutto, allora, acquista una nuova espressione ... La storia della salvezza, raccontata da Giosuè non è una storia al singolare, ma è plurale, una storia di popolo. Pensarla singolare è una ostinata tentazione che chiude nelle "durezze del cuore". La realtà ci conferma che la durezza del cuore è capace di sovvertire l'amore, la giustizia e la misericordia, a vantaggio semplicemente delle animosità e della ideologia. Signore riempi il nostro cuore della tua tenerezza!

giovedì 13 agosto 2015

Giosuè 3,7-17 e Matteo 18,21-19,1
Fare i conti con Dio


L'immagine della parabola come al solito è suggestiva e provoca molteplici considerazioni, anche solo pensare che regolate i conti significa sottoporsi ad un esito sfavorevole ... Di fronte al Re, il primo debitore per potersi affrancare avrebbe dovuto onorare il gigantesco debito, superiore alle sue limitate forze, accettando una perenne schiavitù, sua e della sua famiglia, cioè utilizzare tutto di sé e dei propri affetti e legami per potersi riscattare. Nella parabola il punto di svolta o meglio il criterio nuovo che viene introdotto, non è semplicemente quello di essere buoni, ma è quello della misericordia, cioè stare con il "cuore" davanti al fratello.
Di fronte ai fratelli, per poterli (io) riscattare e per permettere loro di riscattare se stessi, occorre generare la misericordia. La misericordia si genera nel momento in cui io sollevo da terra, dai miei piedi, il fratello che mi supplica. La supplica rappresenta la vita stessa del fratello ... Di fronte a tutti gli uomini che ai piedi di altri uomini gridano la loro disperazione ... Dio ci ripete semplicemente: "Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?"

mercoledì 12 agosto 2015

Deuteronomio 34,1-12 e Matteo 18,15-20
Domande e preghiere inevase ...


Siamo fatti così, preghiamo, chiediamo anche "due insieme" e ci arrovelliamo nello sdegno di chi non è stato esaudito. Se ci fosse un ufficio reclami nel regno dei cieli, ci sarebbe anche la nostra protesta. Non è un peccato ammettere che il nostro pregare è conseguenza dei desideri e delle necessità, degli stati d'animo e delle nostre fragilità. Lì dove possiamo, nulla chiediamo; dove ci areniamo, ci disperiamo e preghiamo.
Conviene ora rivisitare la figura di Mosè: la sua preghiera è, aver custodito il "faccia a faccia con Dio" in un modo esclusivo al punto che quel rapporto di amicizia-fedeltà è in se stesso unico. Questo non toglie a Mosè l'esperienza del morire e di non entrare nella Terra Promessa se non con lo sguardo e la proiezione dei pensieri. Ma il morire di Mosè, servo-amico del Signore è in realtà, non un triste epilogo, ma un'ultima obbedienza, Mosè muore nell'obbedienza a Yhwh, in quell'ascolto intimo e profondo che è l'obbedienza, che piega ogni umana resistenza nell'affidarsi all'amore di Dio. Ogni preghiera per essere tale, non può essere solo richiesta, ma deve essere obbedienza ... Come quella di Mosè.

martedì 11 agosto 2015

Deuteronomio 31,1-8 e Matteo 18,1-14
Coraggio e consolazione

Spesso ci sfugge questa sfumatura: "Il Signore stesso cammina davanti a te; egli sarà con te, non ti lascerà e non ti abbandonerà", quasi che chiedere e invocare la presenza di Dio sia una speranza o un auspicio per il futuro. Ma non è così!
Dovremo abituarci all'idea che la presenza di Dio nella mia vita non dipende dallo stato d'animo e neppure dalle esperienze che faccio; la sua presenza è una condizione a prescindere da tutto. Ciò impone di non cadere nel fideismo e nel miracolismo, ma di vivere ogni giorno con la sapienza che lo Spirito Santo ci dona e suscita. Con la sapienza di chi come un bambino è custodito dagli angeli e che tutto di noi è sotto gli occhi amorevoli del Padre. È in questa esperienza di amore che ogni giorno posso rianimare il mio coraggio e la consolazione per vivere nel servizio alla Chiesa e all'uomo (cioè alla mia realtà) l'imperativo del regno dei cieli: la pecora smarrita ... che nessuno si perda!

lunedì 10 agosto 2015

2 Corinzi 9,6-10 e Giovanni 12,24-26
San Lorenzo martire
Come il chicco di grano


Quanto è difficile morire ... In effetti morire come il grano, non rappresenta il tipo di vita che normalmente scegliamo. In realtà, soprattutto da parte dei cristiani, stiamo sperimentando quanto più facilmente ci si trattenga dal cedersi alla terra... Il cicco tenta di conservare se stesso, cerca di trattenere la sua vita nel piccolo involucro esteriore che lo delimita. Ma una vita così  rinchiusa perde di senso e significato; quel seme non avrà mai nulla di speciale, non moltiplicherà in 30, 60, 100 altri chicchi di grano, non trasformerà se stesso in bianca farina per il pane, non sarà mai quella pasta lievitata che se cotta riempie di fragranza l'esistenza.
Trattenere la vita, è un lento morire nella solitudine della morte.
Il morire del chicco caduto in terra in realtà è il dilatarsi della vita, lasciare che la vita si manifesti nella sua fecondità e capacità di dilagare nel bene e di contagiare attraverso l'amore.

domenica 9 agosto 2015

1 Re 19,4-8 / Salmo 33 / Efesini 4,30-5,2 / Giovanni 6,41-51
Il pane che nutre la vita

Quando la notte passiamo vicini a un fornaio, è probabile sentire il buon odore del pane appena cotto, del pane sfornato ... Una fragranza unica, che sa di buono! 
Ciò che i giudei non comprendono è la fragranza unica e buona di Gesù, tutto questo discorso sul pane non vuole infatti focalizzarsi sul segno, sulla tipologia del miracolo, e se Gesù può o non può farlo ... Lo scandalo è legato alla possibilità di riconoscere Gesù come quel buono che si evidenzia nella vita e che in quanto buono chiede tutta la nostra attenzione.
Il segno del Pane infatti, ci educa e illumina su due aspetti:
- circa Gesù; chi è Lui?
Non solo il figlio di Giuseppe; prendiamo coscienza di Gesù figlio di Dio che si fa uomo e in questo stravolge il senso religioso dell'uomo; amare Dio è ora andare da Gesù e amare lui ...
- circa quel Pane; pane, corpo, sangue, mangiare ...
Un segno antico che ora preannuncia un sacrificio che è la liberazione dal male e dalla morte, è salvezza è vita eterna già qui!
Le affermazioni di Gesù non sono tollerabili: "io sono il pane disceso dal cielo", significa dire: "io sono il dono del padre per la vostra vita". Allo stesso modo in cui la manna era pane del cielo per la vita del popolo nel deserto.
Ma se è vera l'affermazione, ne segue che di quel "pane" occorre nutrirsi; la nostra vita di fede, la nostra vita cristiana e del discepolo non può essere privata di quel cibo.
Allora comprendiamo la nostra banalità quando riduciamo la relazione con il pane del cielo a una situazione per bambini di quarta elementare ... Ai quali il più delle volte non andiamo oltre a dire: in quel pane Gesù entra nel tuo cuoricino ...
No, no ... I giudei hanno ben capito e ciò che afferma Gesù ... e a loro non va bene ...
Accettare quel pane alle condizioni di Gesù significa riconoscere a lui quella fragranza unica che stravolge tutto il mio modo di relazionarmi a Dio e il modo di Dio di relazionarmi con me e di essere nel mondo.
Celebrare l'Eucaristia stravolge tutto!
Quindi o stravolge tutto oppure ci pone di fronte al mostro mormorare di Lui ...
Quando Gesù arriva a dire "amen amen", dobbiamo focalizzare lo sguardo e acuire l'udito sulle conseguenze di quel pane:
- quel pane che è Gesù genera la vita eterna (il mangiare non salva dalla morte, quel pane invece salva);
- quel pane è vivo (esiste personalmente in relazione alla nostra vita);
- quel pane è la carne di Gesù, per la vita del mondo ... La mia carne è parte del mondo, la sua carne è luogo di unità tra Il Padre e il mondo.
Credo serva a questo punto ricordare che la nostra celebrazione eucaristica ha alcune peculiari caratteristiche:
1) un popolo sacerdotale, tutti i discepoli del Signore in forza del battesimo, sono sacerdoti in Cristo e tutti celebrano l'eucaristia; chi è ordinato esprime rispetto al popolo la certezza che tutto è unito a Cristo è che quel "prete" posto lì dal vescovo presiede in Persona Cristi;
2) un popolo che offre e celebra un sacrificio, che nei simboli incruenti, rappresenta il sacrificio della vita donata di Gesù sulla croce.
Il suo corpo trafitto, il suo sangue versato si rinnovano nel segno rendendo efficace il sacrificio; siamo di fronte a un Sacrificio rituale. Non è una forma di preghiera, ma è una azione sacrificale capace di esprimere l'evento della "salvezza";
3) un popolo comprende che quel pane va mangiato per generare quel vincolo reale effettivo e affettivi che è la comunione. Non posso non nutrirmene, la mia stessa vita umana, in quanto vita cristiana si alimento ed è eterna in forza di quel pane.
L'altare al centro del presbiterio rappresenta Cristo e ci ricorda tutto questo ... No, non vogliamo certo inciamparvi, ma celebrando e mangiando di quel pane noi diventiamo anche senza accorgercene vita di Cristo.





Inviato da iPad

sabato 8 agosto 2015

Deuteronomio 6,4-13 e Matteo 17,14-20
La fede vince il maligno


Che cosa è il male? Sono le azioni che in coscienza non corrispondono al vero e al bene? Forse anche questo, ma il male e la sua origine, il maligno, sono in realtà un surrogato alle nostre domande, ai desideri profondi che abbiamo. Il male e il maligno trovano casa nella nostra dimenticanza di Dio. Il credo di Israele lo "Shemà" pone la conduzione di felicità che si compie grazie alla fede, nell'ascolto, nell'amore, quindi nel non dimenticare il Signore. Questa fede pensata e vissuta è necessaria per vincere il male è il maligno, perché è capace di esprimere una preghiera che è liberante. La preghiera della fede, colma lo spazio della vita dell'uomo credente ed esclude il male. Questa fede è piccola come un granello di senape ... Lo stesso granello immagine del "regno dei cieli"... Credere, avere fede, è quella esperienza esistenziale per cui il "regno dei cieli" trova la sua realizzazione nella vita di ogni discepolo. Dove c'è il "regno dei cieli" non ci può essere il male!

venerdì 7 agosto 2015

Deuteronomio 4,32-40 e Matteo 16,24-28
Conserva bene nel cuore ... se vuoi andare dietro al Signore

"Ricordo le gesta del Signore, ricordo le tue meraviglie di un tempo. Mi vado ripetendo le tue opere, considero tutte le tue gesta" (Salmo 77) ... "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". Da quando abbiamo deciso di "seguire" il Signore, ogni giorno diventa occasione per esercitarci nella memoria delle meraviglie di Dio; non semplicemente riaffermando quelle di un tempo, ma quelle che si rivelano nella mia vita. Infatti devo, e devo realmente avere memoria dei fatti nei quali si esprime "essere con Gesù!" Se non conservo nulla nel cuore, ciò che mi accompagna sarà sempre una perenne infelicità ... La felicità infatti non è nel ricordate (questa è una consolazione) ma nel percepire la presenza del Signore. La mia felicità è Lui, la mia felicità è il suo regno ... non le mie cose ... Ma proprio questo non è facile da ricordare!

giovedì 6 agosto 2015

Daniele 7,9-14 e Marco 9,2-10
Festa della trasfigurazione
Guardare Dio e guardare l'uomo

Ciò che accade sul monte detto in seguito della trasfigurazione possiamo riassumerlo nella descrizione da parte dei testimoni in due gruppi di situazioni:
1) splendore; candore (bianchissimo); la nube che avvolge; la voce che rassicura;
2) un alto monte su cui salire; solitudine/mutismo; Mosè e d Elia; bellezza; paura.
I testimoni ci riportano il modo di rivelarsi di Dio attraverso l'umanità di Gesù, è evidente che ciò che essi sperimentano è la straordinarietà dell'evento attraverso il filtro della carne umana, la loro, ma anche e soprattutto quella del Signore.
Gli stessi testimoni ci raccontano come la loro stessa umanità ha reagito in quel contatto. In questo senso a trasfigurazione rappresenta un evento di sintesi, storicamente collocato, in cui il mistero di ciò che è eterno diviene parte di ciò che è terreno e fragile, e viceversa. Il luogo di questo incontro è l'umanità nella sua interezza, spirito, anima e corpo.

mercoledì 5 agosto 2015

Numeri 13,1-35 e Matteo 15,21-28
La paura di ciò che è nuovo


La Parola di Dio, la Scrittura si pone di fronte a noi con la sua straordinaria forza di novità ... All'idea del nuovo si associa quella della rinascita, del riscatto, della vita realizzata; eppure anche noi cristiani subiamo rispetto al "nuovo" della Parola, della Chiesa, della comunità e della quotidianità il condizionamento della paura: "Noi non saremo capaci ..."
Una paura che ci trasforma in ruderi del passato, fissati nei pensieri e bloccati nelle opere ... Una paura che entra subito in contrasto con la fedeltà di Dio, con la fedeltà alle Promesse, che per realizzarsi necessità della novità rispetto alla realtà dell'uomo. Le promesse di Dio si coniugano con la novità grazie alla fede che non si costringe nello sterile dogmatismo. Anche la donna del Vangelo non si arrende di fronte alla facile conclusione di chi in Israele l'avrebbe condannata al l'esclusione, ma per la fede è capace di provocare la novità del Vangelo che deriva dall'incontro con Cristo.

martedì 4 agosto 2015

Numeri 12,1-13 e Matteo 14,22-36
Dove Dio rivela sé stesso


"Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito".
Difficilmente riusciamo a sottrarre il nostro spirito alla presunzione che emerge nei giudizi delle posizioni che assumiamo. Solitamente ci accaniamo contro i fratelli, ma in questo ci opponiamo anche alla rivelazione di Dio. Chiedere un cuore puro è prima di tutto aprirsi nuovamente alla fiducia in Dio e alla fiducia nel fratello. Dobbiamo fare attenzione che il nostro atteggiamento non sia una opposizione al modo in cui Dio opera ... ed opera nella vita di chi ci è accanto. Uno Spirito saldo non è solo stabile ma è uno spirito di umiltà e di sapienza ... Di quella sapienza che è della Chiesa e di chi la Chiesa riveste di autorità e autorevolezza.
La nostra presunzione rischia inevitabilmente di essere il tarlo della fede e della nostra fedeltà.

lunedì 3 agosto 2015

Numeri 11,4b-15 e Matteo 14,13-21
Dacci da mangiare carne!

A poche ore di distanza risuonano nuovamente le Parole che ci riportano al Segno della moltiplicazione del pane ... Sia nel Vangelo che nel brano dei numeri il Segno del pane si carica di tutta la sua valenza esistenziale: non è un semplice nutrimento spirituale ma il Segno efficace di Dio che si coinvolge con la vita è la storia. Il popolo nel deserto mette in crisi Mosè non semplicemente per la stanchezza generata dalla manna ma per l'esistenza nel deserto "in cui la vita inaridisce" ... Nel Vangelo la compassione di Gesù corrisponde al Segno che sta per compiere; una compassione che chiede un intervento speciale: "date loro voi stessi da mangiare"... Al "dacci da mangiare carne" dobbiamo immediatamente passare al "date voi stessi ..." Ma tutto questo cela quel mistero di vita e di trasformazione della morte che Gesù rende pienamente efficace nell'appropriarsi del "Segno" del pane: "Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell'attesa della tua venuta".

domenica 2 agosto 2015

Esodo 16,2-15 / Salmo 77 / Efesini 4,17-24 / Giovanni 6,24-35
Diede loro pane dal cielo ...

La comunità di Giovanni ripensa al segno del pane e dei pesci, ripensa alle parole di Gesù a partire da quel "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!"
La comunità si riscopre custode e garante del "Segno che è Gesù". La conseguenza di questo sarà la divisione, infatti c'è chi abbandonerà, chi diverrà un oppositore, chi si scandalizzerà ...
Ma per chi rimane legato, per chi continuerà a nutrirsi di quel pane, scopre che il "regno dei cieli" tanto vociferato nelle parabole esiste solo e si realizza grazie a quel pane; senza il pane del cielo, il pane della vita, non esiste nessun regno dei cieli.
Il regno dei cieli infatti è quella trasformazione reale per cui ciascuno, nel seguire Gesù è chiamato ad abbandonare l'uomo vecchio per rivestire il nuovo ... L'uomo vecchio lo conosciamo bene, quello nuovo a volte fatichiamo a rivestircene.
L'uomo nuovo è colui che ha mangiato il pane della vita, il pane del cielo e che in forza di quel pane costruisce il regno dei cieli nella vita di tutti i giorni.
Il segno del pane chiede a ciascuno di noi un abbandono è un rivestirsi della novità che è vivere come Gesù, vivere per Gesù, vivere in Gesù... dirà San Paolo: "non sono più io che vivo ma Cristo vive in me!" La novità della vita cristiana si esprime in questa manciata fu versetti:
- possiamo mangiare il cibo che non perisce ...
- possiamo compiere l'opera di Dio ...
- possiamo vedere e creare ...
- possiamo custodire il pane del cielo ...
Allora, "datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà".
Ogni volta che celebro l'eucaristia, non solo obbedisco a un desiderio del Signore: "fate questo in memoria di me" ma in realtà sia come chiesa che come discepolo rendo efficace l'unica realtà veramente nuova: "Amen amen io dico a voi: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 
In un modo segnato dalla morte pongo la possibilità reale del segno della vita. Genero nel pane quella comunione che è il germe efficace del regno dei cieli.

sabato 1 agosto 2015

Levitico 25,1-17 e Matteo 14,1-12
Il giubileo


"Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto ..."
Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo... esso vi sara sacro!
Che cosa straordinaria e bella è pensare un tempo dell'uomo che diviene efficacemente tempo di amore e gratuità che è il tempo di Dio. Non c'è esperienza più significativa della gioia di Dio in tutto l'Antico Testamento ... L'anno del giubileo è uno sconvolgimento, in positivo; tutto trova una nuova occasione è una nuova possibilità ... 
Il giubileo è annunciato con il suono del corno, in tutto il paese, risuona per ogni essere vivente e per ogni condizione di vita; è annuncio di liberazione per tutti gli abitanti, è un dono di Yhwh ; è il ritorno alla propria casa: tornerò ... tornerò ... da mio Padre ... e alla sua fedeltà.
Il giubileo ci permette di gustare come la nostra realtà intrisa del mistero di Dio è bella e possibile ... Ogni giorno è possibile gustarne la bellezza a partire dal non fare torto al fratello: "Nessuno di voi danneggi il fratello, ma temete il vostro Dio, poiché io sono il Signore vostro Dio".