venerdì 31 dicembre 2021

Una fine dell'anno che è sempre un buon inizio

1 Giovanni 2,18-21 e Giovanni 1,1-18


Silvano Fausti (sj) diceva che il Vangelo di Giovanni non racconta quasi nulla, non c'è nulla da spiegare perché Giovanni è solo spiegazione; è difficile spiegare la spiegazione, così come è difficile illuminare la luce. Giovanni non va spiegato, va guardato, va ascoltato, va contemplato. Il Vangelo di Giovanni è praticamente un dramma il cui protagonista è la Parola; poi in questo dramma ci sono i vari personaggi che siamo noi di fronte alla Parola. È praticamente il dramma dell’uomo di fronte alla Parola; il nostro destino si gioca con la Parola, con la Parola che viviamo o rifiutiamo. Se negli altri vangeli, la Parola è come un seme, gettato sul terreno ... che entra in noi, in Giovanni si mostra come questo seme cresce in noi, fino a diventare una pianta, l’albero stesso della gloria di Dio.
Questo può bastare anche per fare risuonare la Parola del prologo dal Vangelo: "A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, (...). E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria".

giovedì 30 dicembre 2021

L'attesa dell'atteso.

1 Giovanni 2,12-17 e Luca 2,36-40


La figura della profetessa Anna, si accompagna a quella di Simeone, e completa l’immagine dell’attesa e dell'accoglienza. Attesa nel senso della pazienza e sopratutto del compimento, cioè del portare a pienezza il tempo della nostra vita. La pazienza oggi si scontra con la frenesia dei ritmi del nostro modo dì vivere … una frenesia che sacrifica anche il tempo della festa, del riposo e della vacanza. Tutto si svolge con la massima eccitazione e con una accelerazione che non permette dì cogliere se non superficialmente ciò che viviamo.
Per Anna attendere il messia significò, anche, coinvolgere per lungo tempo l’amare della sua vita - "era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni-, un riservare l’amore (per oltre 60 anni) per il tempo che verrà, per una esperienza che per molti sembrerebbe inutile …
Anna, sembra rappresentare il destino di ogni uomo e donna, vedere il volto di Dio. La sua lunga esperienza vedovanza trova in quel bambino il pieno compimento, quasi come chi finalmente può gioire perché vede faccia a faccia lo sposo atteso. In un modo simile, siamo tutti nella vedovanza. Ora l'incontro con il Signore in quel bambino, celebra la conclusione di tutto ciò che ha mantenuto viva l'attesa: "servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere". Tutta la vita di Anna esprime il valore dell'attesa, anche quando l'"atteso si fa attendere".

mercoledì 29 dicembre 2021

Simeone un vero uomo che attende

1 Giovanni 2,3-11 e Luca 2,22-35


Leggendo questa pagina di Vangelo siamo tutti invitati a rivestire il ruolo di Simeone; egli è il prototipo del credente, un credente che vive i suoi giorni come attesa. Il tempo di avvento ci ha preparato all'attesa del Natale, cioè a porre il Signore nell'orizzonte dei nostri desideri, delle nostre aspettative. Non si attende qualcuno o qualcosa che non si desidera! Per assumere il più possibile lo stile di Simeone occorre:
- Vivere la domenica, giorno del Signore, come ascolto della parola, come attesa della pienezza della rivelazione;
- Vivere l’Eucarestia come momento di gioia, in cui prendere tra le braccia e nel proprio cuore Gesù incarnato;
- Vivere l'incontro con gli altri, come incontro di fratelli, che ti portano il mistero di Dio;
- Vivere ogni giorno, settimana per settimana, mese per mese e anno per anno come una opportunità di pienezza, come il giorno in cui Dio ti incontra per donarsi a te ed esser tutto tuo! In ogni giorno c'è una consegna ...;
- Vivere la fede come esperienza di cammino e non come concetto ..."perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli ...".

martedì 28 dicembre 2021

L'innocenza tradita e abbandonata

1 Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 2,13-18


Il Vangelo di Matteo, ci riporta a quella che la tradizione chiama "la strage degli innocenti"; allora la strage coinvolse i pochi bambini della piccola città di Betlemme e dintorni; oggi oltre la strage dei non nati possiamo aggiungere tutti coloro piccoli e disperati che nel mondo sono colpiti da un male che non sanno motivare e comprendere.
È un dramma grande, è il dramma del male che ti avvolge, di cui sei preda; è la condizione di tanti "innocenti", deboli, ultimi che non sanno neanche perché soffrono, perchè... Tra questi vi sono milioni di persone; migranti, profughi di guerra; vittime delle ingiustizie sociali ... Tutti questi non sanno il perché di tanto male; eppure lo subiscono.
C'è nel Vangelo una immagine molto bella: "Giuseppe si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto". Nottetempo, Giuseppe si carica su di sé la responsabilità del bambino e di Maria. È un agire immediato, ma soprattutto vuole rispondere al male che li vorrebbe schiacciare. Giuseppe si mostra come una vera consolazione. È quello che ciascuno di noi può fare, di fronte alla sofferenza innocente: semplicemente mettere la mano nella mano, senza dire troppe parole, ma esserci, vicino, accanto. Gli innocenti, hanno bisogno della nostra consolazione!

lunedì 27 dicembre 2021

Era il discepolo "amato"

1 Giovanni 1,1-4 e Giovanni 20,2-8

Una immagine molto forte quella del Vangelo di questa mattina; ma che dobbiamo imparare a leggere in modo adeguato alla nostra vita: "Siamo  o non siamo discepoli prediletti e amati?"
Spesso abbiamo la sensazione di essere dei perdenti, di arrivare sempre secondi, di non essere mai “prescelti” per fare qualcosa di bello e straordinario anche nella vita di fede. Non ci sentiamo adeguati nel rivestire i panni di Giovanni, che corre al sepolcro per primo. 
Ma la fede in Dio non è una gara. Non esiste privilegio ma diversità di vocazione, non esiste primato se non nel servizio e nella testimonianza fedele delle parole e della volontà stessa di Dio. Allora essere prediletti, prescelti, amati, non è un privilegio, ma la è condizione di ciascuno, amati in modo proprio, prescelti uno ad uno ... Esiste una unicità personale che nasce proprio nell'amore per ciascuno.
Questo è vero, pur senza negare la dimensione umana della scelta e della preferenza.
In un certo modo di educare, questa scelta personale verso qualcuno è stata spesso discriminata come negativa, non aperta all'amore verso tutti ... Forse abbiamo esagerato nell'idealizzare l'amore di Dio per ciascuno. Certamente la nostra umanità è capace di concretizzare l'amore per qualcuno, e questo diviene condizione di esistenza e possibilità per dare contenuto a tutte le nostre relazioni affettive, e non per scartarne tante a vantaggio di poche. Ecco allora che il discepolo Amato è il riscatto della nostra fragilità, è il segno di una possibilità insperata: siamo amati da Gesù in modo unico e personale, tutti uno per uno.

 

domenica 26 dicembre 2021

Famiglia: Un amore necessario?

1 Samuele 1,20-22.24-28; Salmo 83; 1 Giovanni 3,1-2.21-24; Luca 2,41-52

 

In questi mesi ho con tristezza dovuto riconoscere la fatica del vivere insieme, una fatica che riesce a cancellare anni di desideri, affetti, di gesti di amore e di quotidianità ... Tutto si riassume con le parole: "siamo in crisi", a cui segue una immediata esperienza: la separazione! 

Diverse famiglie si sono divise, separate, hanno deciso di rompere quel vincolo che alcuni anni fa avevano scelto come condizione della loro felicità.

Non sono riusciti ad andare oltre e vincere le loro difficoltà, non sono riusciti a comprendere il limite e le fragilità ... Che a volte sembrano insormontabili, irriducibili e alla fine invincibili ... E allora non resta che arrendersi a una dura evidenza...

Ma molte situazioni di questo genere sono in famiglie di persone credenti, di cristiani che hanno anche cercato di camminare insieme nella fede ... E la sofferenza allora diviene ancora più grande ...

Perché non ci siamo accorti di tanto disagio? Perché non siamo riusciti a sostenere e ad aiutare il loro cammino di vita insieme ... Perché ...

Mi chiedo: perché oggi la crisi in famiglia è vissuta come una sentenza definitiva di fine rapporto, invece che come tempo provvidenziale?

Ieri scorrendo alcuni articoli, ho letto velocemente una riflessione sulla scristianizzazione della Francia; con estrema determinazione sono riusciti a relegare la religione e in particolare il cristianesimo, a un ruolo di marginalità assoluta, svuotando le persone del loro senso religioso.

Se non esiste l'ateismo di stato esiste un post cristianesimo di stato, dove la società è completamente distaccata da qualsiasi identità che faccia riferimento ai valori della religione e in particolare a quelli della Chiesa Cattolica. Anche l’identità nazionale non ha più alcun legame con la religione, così come era stato per secoli. Andando avanti di questo passo, in Francia, nel 2033 non ci saranno più battesimi e nel 2044 non ci saranno più preti francesi. Ma anche in altri Paesi cattolici, in particolare in Spagna, si nota ormai da anni un veloce processo di perdita della identità cristiana. Siamo di fronte al declino dell'occidente, perché stiamo rinnegando le nostre radici, l'esperienza della fede che ha generato la nostra storia.

Un processo che porta alla negazione di tutto ciò che è cristiano o semplicemente di ciò che ha qualcosa di cristiano.

In tutto questo, la famiglia "piccola Chiesa domestica", cuore pulsante della Chiesa, fatta di prossimità, in questo processo di scristianizzazione viene volutamente e ideologicamente svuotata e distrutta. Si trova di fatto attaccata da tutte le parti, per riuscire a togliere e svincolare il contenuto delle relazioni umane da qualsiasi riferimento con la relazione di fede. Per stare insieme non è necessario che ci sia come presupposto un sacramento e tanto meno qualcosa che abbia rilevanza religiosa: “Cosa Centra Dio col nostro stare insieme?”

Come stare di fronte a tutto questo? Come reagire rispetto alle crisi che vivono i nostri amici nell’esperienza di famiglia? Come arginare questa disgregazione sociale che non ha precedenti nella nostra storia?

Il Vangelo di oggi ci racconta una crisi famigliare, la storia di un adolescente difficile, di due genitori che non riescono a capire che cosa ha in testa. "Figlio, perché ci hai fatto stare in angoscia?" È il racconto di una famiglia che alterna giorni sereni tranquilli e altri drammatici, come accade in tutte le famiglie, specie con i figli adolescenti.

La Bibbia in tante sue pagine ci racconta e si esprime attraverso le vicende della vita famigliare: di come in un crescendo, di fatiche e di limiti, attraverso le crisi, l'uomo è la donna hanno imparato a crescere nell'arte difficile di amarsi. Si impara che si sta insieme non per attrazione fatale o sentimentale, e neppure si può stare insieme semplicemente perché ci si abitua a quella condizione. 

Oggi dobbiamo, noi, prima di tutto ridirci che cosa rappresenta per noi la Famiglia, e perché siamo disposti a generarne una piuttosto che fare altro. La problematicità del mondo contemporaneo sta entrando entro di noi e sta distruggendo l'idea è l'esperienza della famiglia quale esperienza che è parte della vita di fede ma prima di tutto dell'uomo nella sua identità.

La famiglia non è un semplice modo di vivere la socialità. Essa rappresenta una conquista umana, un progresso, che va custodito e coltivato.

Dio non ha imposto all'uomo la vita di famiglia, ma Dio viene come un figlio in una famiglia. Dio ha scelto di nascere in una famiglia umana. Gesù nasce in una relazione di amore tra Giuseppe e Maria, accolto dalla loro libertà, dalle loro scelte, dal loro amore.

La nostra famiglia può essere al pari di quella di Nazareth, un luogo in cui si può oggi, accogliere Gesù, ascoltarlo, parlare con Lui, custodirlo, proteggerlo, crescere con Lui; e così migliorare noi stessi e il mondo. Per vincere le crisi delle famiglie, per contrastarle, noi Cristiani dobbiamo capire l'urgenza è la necessità di fare spazio al Signore. Così come fecero anche Maria e Giuseppe, e non fu facile: quante difficoltà dovettero superare! La loro non era una famiglia finta, non era una famiglia irreale.

La crisi è un'occasione per ripartire dopo la stanchezza distruttiva che sembra insuperabile; si riparte, anche se non tutto è chiaro; si persevera dentro l'eco di una crisi, meditando e custodendo nel cuore gesti, parole e domande finché un giorno non si dipani il filo d’oro che tutto illuminerà e legherà insieme. Dove c'è incomprensione, dove c'è un dolore, dove c'è una fatica, si comprende di non essere perfetti, neanche santi, eppure si cerca di comprendersi reciprocamente. Ecco nella crisi occorre cercare la comprensione, prima della divisione. Quando divido è già finito tutto, quando cerco di capire di comprendere, tutto è ancora possibile. La famiglia allora non è una istituzione, ma è l’esperienza concreta dell'arte di amare, lì Dio si incarna, ci sfiora, ci tocca; lo fa nel volto, nei gesti, nello sguardo di ognuno che ci vuole bene, e quando riusciamo a dire: non avere paura, io ci sono e mi prenderò cura della tua felicità, è Dio stesso che abita quella gioia e quell'amore.

sabato 25 dicembre 2021

Dio si fa come noi

Isaia 52,7-10; Salmo 97; Ebrei 1.1-6; Giovanni 1,1-18


Che cosa vogliamo dire oggi al mondo? Che cosa vogliamo testimoniare con le nostre celebrazioni qui questa giornata?
È la semplice memoria di un evento passato?
Che cosa significa essere Cristiani? Cosa significa testimoniare la gioia del Natale del Signore?
La nascita del figlio di Dio non è una favola di altri tempi, ma per noi rappresenta il vero senso di tutto ciò che esiste, e la possibilità di credere ancora nella salvezza, ossia nella possibilità di scoprire il senso vero e pieno alla nostra vita, di questa esistenza nel tempo.
Noi non abbiamo nessun bisogno di adeguarci a un Natale sintetico e ateo, così come ormai questo nostro mondo ha subdolamente trasformato il nostro Natale, ma abbiamo bisogno di ascoltare ancora quelle Parole che nel raccontarci il mistero del verbo incarnato, danno forza e vigore alla nostra speranza, ai nostri passi vacillanti, alle nostre delusioni, e come i pastori sentire nascere in noi il desiderio di alzarci per andare a Betlemme.
Con le parole di Papa Francesco siamo condotti ad andare al cuore del nostro vivere questo giorno di Natale: "Dio si rivela, ma gli uomini non lo capiscono. Lui si fa piccolo agli occhi del mondo e noi continuiamo a ricercare la grandezza secondo il mondo, magari persino in nome suo. Dio si abbassa e noi vogliamo salire sul piedistallo. L’Altissimo indica l’umiltà e noi pretendiamo di apparire. Dio va in cerca dei pastori, degli invisibili; noi cerchiamo visibilità, farci vedere. Gesù nasce per servire e noi passiamo gli anni a inseguire il successo. Dio non ricerca forza e potere, domanda tenerezza e piccolezza interiore". Ecco che "Gesù ci invita a valorizzare e riscoprire le piccole cose della vita. Se Lui è con noi, che cosa ci manca? Gesù desidera venire nella nostra piccolezza: nel nostro sentirci deboli, fragili, inadeguati, magari persino sbagliati. Oggi possiamo possiamo dire a ogni uomo che non è vero che  “Conti poco, che non vali niente, che non sarai mai amato”. In questo giorno Dio ti dice: “Ti amo così come sei. La tua piccolezza non mi spaventa, le tue fragilità non mi inquietano. Mi sono fatto piccolo per te. Per essere il tuo Dio sono diventato tuo fratello, non avere paura di me, ma ritrova in me la tua grandezza".

Questo è il nostro di Natale, il Natale che possiamo condividere con il mondo e offrire agli uomini e alle donne di oggi, il Natale della nascita di Gesù, venuto al mondo per la salvezza dell’umanità. "Il verbo si è fatto carne e ha messo la sua tenda in mezzo a noi" ... Questo significa che oggi Gesù abita il limite e la fatica di questa pandemia. Dio non è né l'alto dei cieli, Dio è sulla terra, accanto e insieme ai più di 277 milioni di contagiati e nell'abbraccio misericordioso con oltre 5 milioni di morti. Egli è venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza le nostre fragilità e scoprire, come a Betlemme, che Dio ama fare grandi cose attraverso la nostra povertà.

Oggi come allora Gesù nasce in una realtà concreta, oggi come allora nulla è facile, non era facile andare da Nazareth a Betlemme viaggiando con una donna incinta; non era facile trovare un luogo dove poter passare la notte ... e mettere al mondo quel bambino. Non fu facile per nessuno - pastori e abitanti di Betlemme - raggiungere la grotta per vedere chi e cosa era accaduto di così importante.
Ieri come oggi, Dio non disdegna di nascere nel limite, nella fragilità nella povertà,  perché questa è la nostra condizione, ma ugualmente noi rappresentiamo ciò che più di tutto egli ama.
Non siamo abbandonati nella pandemia, ma in questa realtà che ci spoglia delle nostre certezze e sicurezze, possiamo e devono fare memoria ed eco alle parole di Giovanni e testimoniare la sua gloria, gloria di colui che è l'unigenito del Padre, pieno grazia e di verità, e con le voci degli angeli e gridare ancora in questo giorno di Natale: " ... sulla terra pace agli uomini, che egli ama!"
Siamo amati dal Padre, per questo Gesù è nato e continuamente nasce, tra il pianto e la fatica, nella gioia e nel dolore, nello sconforto e nella tentazione come anche nella vicinanza e nell'affetto ... Dio vuole nascere cioè portarci a riscoprire la vita lì dove non siamo più disposti a guardare. Questa fragilità attuale ci ha ricollocato nella realtà, e allora anche le ferite degli altri uomini (scartati, morenti, profughi, senza casa e lavoro, senza patria) mi coinvolgono, perché ormai è chiaro che tutti siamo nella stessa barca. O ci salviamo tutti per amore gli uni degli altri o periremo tutti un poco alla volta nella desolazione di una lunga agonia. Dio cammina con noi nel segno delle nostre relazioni quando riescono ad essere vere e belle; cammina nello spirito di una Chiesa sinodale che cerca di essere come Dio la vuole, purificata dai suoi mali; cammina nelle nostre famiglie e nella nostra comunità quando la comunione e la stima reciproca prevalgono sulla piccolezza dei piccoli personalismi e interessi.
Dio cammina con noi quando con la nostra vita siamo la sua pace per gli uomini che lui ama ... Questo è il nostro Natale del Signore!

venerdì 24 dicembre 2021

La benedizione del mattino

2 Samuele 7,1-5.8-12.14.16 e Luca 1,67-79


Con questo Vangelo, che è il cantico delle lodi del mattino del cristiano, esprimiamo ogni giorno la nostra esultanza, la nostra lode al creatore, il nostro aderire alla sua opera di salvezza in Gesù. È un inno alla vita che nasce, fatto di una serie di espressioni che hanno la loro radice, la loro origine nei tanti passi della scrittura: Spirito Santo, profezia, benedizione, la visita di Dio, la promessa a Davide, la salvezza, la misericordia, l’alleanza, il servizio di Dio, il profeta, il preparare le vie, il preparare un popolo ben disposto, ecc. ecc. sono tutti termini che richiamano promesse precise dell’Antico Testamento.
Perché lodare Dio? Forse perché nel lodare Dio, anche noi, nella nostra fragilità e nel nostro limite, innalziamo la nostra vita, nel desiderio e nella speranza, all'agire di salvezza che Dio per amore nostro compie incessantemente.
Ecco allora che Il cantico prima benedice Dio Padre, che ci ha visitato ... È una benedizione che percorre tanti avvenimenti che toccano la vicenda umana, e di Israele..
Poi la benedizione coinvolge suo figlio, Giovanni, per ciò che rappresenta nella sua vita di padre anziano, e per ciò quel bambino rappresenta nell'opera di Dio.
Ogni vita che nasce è una promessa infinita di vita, in Giovanni vediamo come la vita di ogni uomo è per Dio Padre una occasione unica per rivelare il suo figlio e per preparare la "via del Signore". È evidente che bisogna avere gli occhi giusti per vederla.

giovedì 23 dicembre 2021

Gioia intima.

Malachia 3,1-4.23-24 e Luca 1,57-66


Il Vangelo di oggi è racchiuso solo nel senso della struttura letteraria, tra una gioia prossima e una gioia di tutti, ma in realtà è solo la buona notizia della "gioia".
"I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei". C'è una gioia diffusa nella casa di Zaccaria ed Elisabetta, una gioia che nasce nel riconoscere l'agire di Dio nella loro vita concreta, quella grande misericordia ovvero intima vicinanza.
Dice papà Francesco oggi: "Domandiamoci, ognuno di noi, in un esame di coscienza: Come è la mia fede? E’ gioiosa? E’ aperta alle sorprese di Dio? Perché Dio è il Dio delle sorprese. Ho “assaggiato” nell’anima quel senso dello stupore che dà la presenza di Dio, quel senso di gratitudine?”
Per giungere alla gioia di tutti, una gioia che ha toccato tutti, perché tutti sono stati coinvolti nella vicenda di quel bambino, di Giovanni. È importante considerare come gli eventi della fede non siano risoluzioni teoriche e concettuali, ma si dispiegano nella vita attraverso un incessante e crescente porsi di domande, di gioie e di stupore.
Oggi mi limito al riconoscimento della mia gioia intima.

mercoledì 22 dicembre 2021

Che cosa ha fatto per me ... Dio?

1 Samuele 1,24-28 e Luca 1,46-55


È importante dire le cose che sentiamo o che nascono dentro di noi? È molto importante, anzi necessario!
Elisabetta ad un certo punto fa una affermazione straordinaria e bellissima: "a che devo che la madre del mio Signore venga a me .... Benedetta tu fra tutte le donne!"
Queste parole scatenano in Maria una illuminazione per tutto ciò che ha vissuto e che le è stato detto dall'angelo, da Dio. Tutto prima era misterioso e trattenuto nel segreto, ora, Elisabetta, che gli si è fatta compagna di vita, ha reso a Maria la piena comprensione di quel mistero. Questo rappresenta la possibilità e il dono di un affetto vero e amicale. È di fronte a questa pienezza della profezia che Maria riesce ad esprimere tutta la sua gioia, la sua contentezza. Maria riconosce come Dio compie nella sua piccola vita di donna le grandi opere della salvezza, cosa che potrebbe invece spaventare tutti noi.
È importante allora per tutti noi riuscire a riconoscere le grandi opere di Dio nella piccolezza, nel limite e nella fragilità della nostra vita. Le opere di Dio sono grandi, non per potenza o per visibilità ma sono grandi perché ci rendono partecipi di un amore così bello che non ci sembra possibile contenerlo in noi: è l'amore che Dio ha per ciascuno.

martedì 21 dicembre 2021

La gioia di una visita.

Cantico 2,8-14 e Luca 1,39-45


Come ci riempie di gioia la visita di un amico/a atteso/a, o anche solo la sua visita improvvisa e non attesa, quella visita ci riempie di gioia! Essa rappresenta un dono gratuito: con la sua visita quella persona amica si dona a noi e diviene parte della nostra vita.
Non è la semplice curiosità a spingere Maria a compiere quel viaggio faticoso e pieno di difficoltà verso la Giudea, ma è il legame di amicizia che la unisce ad Elisabetta; un legame abitato, ora, dal realizzarsi della volontà di Dio.
Maria vuole essere il dono di consolazione e gioia per la cugina; come Dio stesso attraverso Maria vuole essere dono di gioia e consolazione per tutti.
Elisabetta è dono per Maria, perché le sue parole non sono una semplice e cordiale accoglienza ma rappresentano il vero compimento delle promesse di Dio. Dio vuole sempre portarci a pienezza!
Nessuno se non Elisabetta, nella amicizia gratuita e sincera, avrebbe potuto consegnare quella risposta divina a Maria. È infatti, Elisabetta, pienezza della profezia, compimento della volontà di Dio.
Quale stupendo mistero sono le nostre visite agli amici, quando sono dono di grazia e occasione di gratuità dell’amore di Dio. 

lunedì 20 dicembre 2021

Incarnazione: il mistero si rinnova.

Isaia 7,10-14 e Luca 1,26-38


Partendo da Maria rischiamo sempre di cristallizzare l'immagine dell'annuncio come fosse il quadro del Beato Angelico. Cerchiamo invece di vedere in quella incursione della volontà di Dio nella libertà di Maria come un passaggio, della sua storia personale, che in quel momento ospita tutta la storia della salvezza. Anche a noi è chiesto di fare memoria delle incursioni di Dio nella nostra vita, piccole o grandi che siano.
Benedetto XVI (udienza generale del 19.10.2021): "è importante anche per noi: avere una memoria della bontà del Signore. La memoria diventa forza della speranza. La memoria ci dice: Dio c'è, Dio è buono, eterna è la sua misericordia. E così la memoria apre, anche nell'oscurità di un giorno, di un tempo, la strada verso il futuro: è luce e stella che ci guida. (...) E, come nella storia comune, collettiva, è presente questa memoria della bontà di Dio, ci aiuta, ci diventa stella della speranza, così anche ognuno ha la sua storia personale di salvezza, e dobbiamo realmente far tesoro di questa storia, avere sempre presente la memoria delle grandi cose che ha fatto anche nella mia vita, per avere fiducia: la sua misericordia è eterna. E se oggi sono nella notte oscura, domani Egli mi libera perché la sua misericordia è eterna."
L'incarnazione non è, e non può essere solo memoria di eventi passati, essa è forza di speranza nella mia vita, oggi, quando ne faccio memoria.

domenica 19 dicembre 2021

Andiamo con Maria

Michea 5,1-4;  Salmo 79; Ebrei 10,5-10; Luca 1,39-45

 

Quarta domenica di avvento, fra sei giorni è Natale attorno a noi, nonostante i colori del covid, tutto si colora di un rosso acceso ma è una fake news perché ciò di cui si parla, ciò per cui si corre a far regali è ormai sganciato completamente della nascita di Gesù, e nulla ha a che vedere con il mistero cristiano della incarnazione.

Ma è proprio in questa realtà, distratta e scristianizzata a cui ciascuno di noi è mandato a narrare ancora la storia della salvezza; perché la salvezza non è venuta meno: il Dio di misericordia non si è rimangiato le sue promesse. Quel bambino nato a Betlemme continua oggi a essere lo stesso verbo incarnato che si lega alla nostra stessa carne, anche se distratta e in esodo dal mistero di Dio.

Come tornare ad annunciare questo mistero così “ingenuo” e così “fragile”?In questi giorni ogni pensiero va al Covid; alla vaccinazione; ai no vax; alle buste paga; all’Irpef; alle varie e attese riforme; all'Europa con le sue ormai quotidiane incursioni normative ... una continua distrazione ridiretto al senso religioso del Natale. Come possiamo ancora testimoniare il Natale di Gesù che nasce come uomo?

Il Vangelo di oggi, ci pone di fronte ad alcuni atteggiamenti necessari per vivere fino in fondo il mistero, per non lasciare scorrere queste giornate con la successione tipica di un calendario.

Prima di tutto l'immagine dinamica di una ragazza che con impazienza raggiunge la sua parente che abita vicino a Gerusalemme, percorre una strada impervia per i monti della Samaria e della giudea. Una ragazza carica di entusiasmo e di tanti pensieri, per ciò che ha appena vissuto e per ciò che da pochi giorni le è stato rivelato e affidato.

Ecco un tempo che si caratterizza per la dinamicità.

A nessuno di noi è chiesto di stare inerme a pregare; a tutti è chiesto di generare processi, di attivare le proprie energie, di rilasciare il coraggio di agire supportati dalla parola di Dio.

È tempo di ascolto, per comprendere e ascoltare ciò che accade.

Sia Maria che Elisabetta si mettono in un totale ascolto reciproco.

Dall'ascolto nasce la comprensione di ciò che accade.

Ed ecco che ascoltando l'angelo Maria si lascia completamente coinvolgere dal mistero. Ascoltando Elisabetta, riconosce in quelle parole così amicali, la pienezza di ciò che ha ricevuto.

È Elisabetta che svela e porta a compimento ciò che l'angelo ha annunciato a Maria: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?"

L'ascolto va imparato proprio a partire da questi giorni. L’ascolto di Dio, che predispone all'ascolto negli ambiti di vita è della Chiesa stessa.

Ascoltare significa oggi una attenzione particolare ai fratelli tutti, alla loro dignità e al loro calore rispetto alla mia vita.

È tempo che prepara la festa, non vi è la vive il nostro mondo, una festa fatta di consumo e di illusione. Una festa alla cui fine avrai consumato anche le motivazioni per farla e ti troverai ancora alla ricerca di altro per colmare i tuoi bisogni irrisolti. La nostra festa è gioia di una presenza, è la gioia di Giovanni nel grembo che percepisce la presenza di Gesù. È a gioia di un abbraccio vero e affettuoso un vero incontrarsi ...

Il Vangelo di oggi ci offre una pista di lettura importantissima per chiunque voglia dare un senso pieno al Natale: un abbraccio tra due donne che vivono la loro storia personale immerse nell'esperienza della fede e di Dio: la nostra storia personale immersa nell'esperienza della fede e di Dio.

Oggi, anche noi saliamo in fretta con Maria i monti della Giudea e stringiamoci in un abbraccio che ci fa partecipi del mistero donato. Un abbraccio come quello di Maria ed Elisabetta, un abbraccio per vivere bene questo Natale, nonostante tutte queste restrizioni ad abbracciare! Un abbraccio fatto di parole, di sguardi, attenzioni, dì sorriso, che esprima il desiderio si tutto il nostro bene.

sabato 18 dicembre 2021

Ci sono anche altri progetti

Geremia 23,5-8 e Matteo 1,18-24


Una bella pagina del Vangelo che spesso meditiamo con uno speciale "focus" su Maria, ma non è secondario neppure lo sguardo che possiamo accendere su Giuseppe. Infatti Giuseppe diviene determinante nel realizzare la salvezza che viene donata attraverso quel bambino. Anche a Giuseppe è chiesto di avere fede, di fidarsi ("Giuseppe non temere"); anche a Giuseppe è chiesto di accettare un dono ("...ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù"); a Giuseppe in modo unico è chiesto di ripensare tutti i suoi progetti e riordinarli in ragione di una proposta inaudita, ma di Dio.
Perché Dio sconvolge la vita di questo giovane uomo? Perché Dio non realizza la salvezza accompagnando semplicemente la vita dell'uomo, lasciandolo nella sua determinazione? 
Credo che le parole di Sant'Agostino siano ancora attuali: "chi fece te senza di te, non ti salva senza di te". Possiamo scorgere una fedeltà di Dio alle profezie che hanno accompagnato l'attesa del mistero dell'incarnazione: "Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi", sembra esplicito il vincolo di Dio per realizzare in se stesso l'essere il "Dio con noi". Questa particolare prossimità implica un totale coinvolgimento di Dio e nostro.

venerdì 17 dicembre 2021

Da una generazione all'altra.

Genesi 49,2.8-10 e Matteo 1,1-17


Il Vangelo di oggi, è la genealogia di Gesù secondo Matteo. Per molti si tratta di un arido elenco di nomi, soprattutto per noi, dell'era digitale. Ma per gli antichi dell'Oriente rappresentava un genere letterario molto caro e importante. Essi infatti in quella catena di nomi – forse anche fittizi – rappresentavano la propria storia e le loro origini. Il nostro imbarazzo si materializza confrontando le genealogie di Matteo con quella di Luca. Luca riporta una sequenza totalmente diversa: da Gesù si risale fino alle origini dell’umanità, che ha come radice non Abramo ma Adamo e ha in comune con quella di Matteo solo due nomi. Ma il senso della genealogia è primariamente di valore simbolico, prima che storico. Matteo vuole dimostrare il legame intimo di Gesù con il popolo ebraico e il suo messianismo ricorrendo al legame con la dinastica davidica; Luca, invece, mette in relazione Cristo all’umanità intera, rappresentata appunto da Adamo. Oltre a questo sfondo, diversa è la costruzione letteraria e simbolica legata alla mistica dei numeri. Al di là dello studio approfondito che potremmo fare, resta importante oggi comprendere il mistero del Dio con noi, all'interno di un percorso storico che è pure salvifico. L'incarnazione non è così un evento magico, ma si inserisce in un percorso generativo che coinvolge tutta la famiglia umana, dal principio fino a raggiungere pure noi oggi.

giovedì 16 dicembre 2021

La nostra durezza, oggi ...

Isaia 54,1-10 e Luca 7,24-30


"Ma i farisei e i dottori della Legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il disegno di Dio su di loro". Questa espressione così dura mi provoca in una lettura molto attenta della realtà. Mi interroga sulla reale possibilità della nostra Chiesa oggi (istituzione e comunità) di esprimere il disegno di Dio; di come preti, consacrati, religiosi, laici, nella visione consolidata di una Chiesa ancora tanto è troppo clericale non si converte alla continua novità che rappresenta il Vangelo, ma è proprio in questo modo che su tutti noi si vanifica il disegno di Dio.
Quelle parole non sono solo per i farisei e i dottori della Legge, che non facendosi battezzare hanno reso vano il disegno di Dio su di loro; non rappresenta un monito per quel tempo, ma sono una provocazione per tutti noi quando il nostro stile di discepolo di Cristo, si riveste da fariseo e dottore della legge. Quando la carità che deriva dall'ascolto della Parola di Dio e della vita spirituale viene imbrigliata nella prassi e nella devozione di un rito asfittico anche se consolatorio.
Oggi la conversine che ci è suggerita dal Vangelo passa per il discernimento comunitario, dall'ascolto e dalla condivisione; è uno stile che non abbiamo e che forse confondiamo con l'esperienza democratica, ma in realtà è tutt'altro, qui infatti c'entra il Vangelo di Cristo.

mercoledì 15 dicembre 2021

Sei venuto a infastidirci

Isaia 45,6-8.18.21-25 e Luca 7,19-23


É lo stesso inquisitore a fare arrestare Gesù e subito dopo a recarsi presso di lui nella prigione in cui è stato rinchiuso esordendo con queste parole: “Sei tu? Sei tu? Non ricevendo risposta, aggiunge rapido: Non rispondere, taci! E poi, che cosa potresti dire. Ma tu non hai il diritto di aggiungere nulla a quel che già dicesti una volta. Perché sei venuto a infastidirci? Perché sai anche tu che sei venuto a infastidirci. Ma sai cosa accadrà domani? Io non so chi tu sia né voglio sapere se tu sei proprio lui o gli assomigli, ma domani ti condannerò, ti brucerò sul rogo come il più empio degli eretici …”. Questo brano della “Leggenda del grande inquisitore”, dà il senso di una realtà post-cristiana come la nostra, dove anche il ritorno, o la venuta del Signore crea problema: infastidisce. Tutto abbiamo preso tra le nostre mani e nulla siamo più disposti ad affidare a Lui, nulla … La venuta del Signore infatti apre ancora e di nuovo alla verità delle sue parole nella nostra vita; quelle parole che ha detto un giorno passato e che oggi risuonano in modo dissonante rispetto al nostro modo di vivere e pensare. E in conclusione: “beato è colui che non trova in me motivo di scandalo”.

martedì 14 dicembre 2021

Un popolo nuovo!

Sofonia 3,1-2.9-13 e Matteo 21,28-32


Le prostitute e i pubblicani andavano da Giovanni e gli chiedevano: "Che vita dobbiamo fare?" La proposta di Giovanni era tutta incentrata sulla via della giustizia, cioè la via di ciò che occorre fare affinché la vita abbia la sua vera dignità. La via della giustizia nelle sue parole era: la condivisionecon i fratelli, affinché la nostra esistenza fiorisca di gratuità e di dono; l'amabilità che si oppone alla pretesa che possiamo avere sull'altro e da ultimo ma non ultimo quel bene per il fratello che deve sempre precedere lo sguardo di giudizio e ogni azione di possesso sull'altro. La via della giustizia, nulla ha a che fare con norme, leggi e precetti, ma solo con la legge dell'amore a Dio e al prossimo, la via per una umanità sempre ritrovata e capace di rigenerare le nostre relazioni. Ebbene, come allora Capi del popolo e Anziani; oggi i cristiani intransigenti, clericali, rigidi e svuotati di profezia, non riescono a convertirsi alla via della giustizia, e anche oggi questi stili di vita e di fede vengono superati ampiamente da chi pubblicano e prostituta si mette in discussione.

lunedì 13 dicembre 2021

Il silenzio di Dio

Numeri 24,2-7.15-17 e Matteo 21,23-27


"Non lo sappiamo", è la risposta che danno a Gesù gli Anziani e i Capi del popolo. Ma è una risposta falsa; essi sanno benissimo cosa richiedeva il battesimo di Giovanni e che veniva dal cielo, non era aveva origine dalla volontà umana; ma a loro quel battesimo non interessava; loro non volevano immergersi in un rinnovamento interiore che rappresentava il rinnovamento del senso religioso e del modo di vivere la fede in Dio. Anziani e Capi del popolo sono i garanti del "si è sempre fatto così" e della staticità della fede; della conservazione dei riti e di un potere di controllo e possesso delle persone credenti. Di fronte a questa risposta falsa, Gesù non si indigna come ha fatto altre volte, magari scacciandoli furiosamente dal Tempio, ma si nega al loro gioco di mistificazione della verità. La risposta di Gesù sta nelle sue opere, nelle sue parole, nel suo agire per la libertà e verità dell'uomo. Il suo insegnamento, in quel luogo santo che è il Tempio, inaugura un modo nuovo di percepirsi di fronte a Dio, un modo libero e responsabile, un modo capace di esprimere la fedeltà a Dio non come obbligo ma come desiderio di vita e verità: cioè la vera conversione della nostra vita. D'ora innanzi Gesù starà in silenzio altre volte proprio per dare testimonianza di una verità che non scende a compromessi e a confronto con la menzogna.

domenica 12 dicembre 2021

Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare

Sof 3,14-18; Sal Is 12;Fil 4,4-7; Lc 3,10-18

Un Vangelo particolare, quasi il racconto parallelo al vangelo di come le persone attorno a Gesù stavano agendo in attesa di un incontro straordinario, quello appunto con il messia; inconsapevoli che il messia atteso sarebbe stato proprio lui ... Gesù.
C'è fermento nell'aria, c'è attesa e speranza ...
Era questo il clima in Galilea in quegli anni e Giovanni il battezzatore, si trova al centro di quella attesa e si scopre anche come l’attivo protagonista della profezia, cioè non della visione illusoria che incarna le nostre fantasie, ma quella profezia vera che è parte dal discernimento della vita e delle scelte che siamo chiamati a fare.
Ed ecco che da lui vanno in molti a chiedere consiglio, a chiedere di rimettere ordine nella loro vita, a chiedere quel battesimo di conversione che rappresenta un vero e proprio nuovo inizio.
Che vita dobbiamo fare? È questa la domanda che tutti rivolgono a Giovanni ..., È una bellissima domanda, perché mette in evidenza un desiderio di coinvolgimento e di "fare", per il regno dei cieli. Le risposte di Giovanni arrivano anche a noi, perché vanno a toccare il nostro agitarci tra gioia e timore in queste settimane, coinvolgono Cristo, cioè il suo venire in questo nostro mondo!
La gente, i pubblicani, i soldati ... Esprimono la condizione che noi stessi viviamo nel tempo di attesa, a volte con la pretesa di una risposta immediata e semplice, ma invece questo tempo ci interroga profondamente: Come investo questo tempo? Come lo riempio? Come lo impiego?
Giovanni ci insegna a vivere la pazienza nel tempo dell'attesa ...
È l'atteso infatti che detta tempi, modi e momenti del suo venire del suo manifestarsi; è come il tempo di una donna in gravidanza ... Lei può sperare, desiderare, progettare ... Ma i tempi di quella nascita del venire alla luce dipendono proprio solo da colui che è atteso ... Da colui che deve nascere ...
Tutti noi siamo dentro questo tempo, nel quale il compimento dipende tutto da Gesù, cioè da colui che è il più forte; da colui che immerge nel fuoco dello Spirito; da colui che ricapitola in sé la pienezza di giustizia e di verità.
Giovanni il battezzatore ha per tutti una risposta adeguata alla domanda: "Cosa devo fare?"
… E risponde con estrema concretezza:
- condividere con i fratelli ciò che possediamo nella vita, vestiario, cibo ...;
- non avvantaggiarti a scapito dei tuoi fratelli ...;
- non cercare soddisfazione, cioè non violentare, opprimere, possedere il tuo fratello ...;
Per Giovanni è la relazione con l'altro, con il fratello che diviene il cuore nella conversine, e che accompagna lo stile di vita di chi va incontro con colui che viene, al Figlio dell'uomo.
Ma oggi, noi dobbiamo andare anche oltre le risposte di Giovanni.
Per noi il tempo della pazienza nell'avvento è in tempo in cui la nostra attesa si mette in ascolto del battito del cuore di Gesù! Un cuore che batte, scandisce bene il tempo dell’attesa!
Non dobbiamo solo fare delle cose, delle azioni, ma mettere all'origine del nostro agire il fare il bene!
Fare il bene – il bene va fatto -, è prima di tutto mettere in noi i sentimenti di Gesù, fare del nostro cuore il suo cuore. È lo stile della nostra vita che deve assumere i tratti della benevolenza del Signore. Questa conversione dello stile testimonia che la nostra vita ha incontrato la sua vita, che i suoi sentimenti hanno abbracciato i nostri sentimenti.
Ecco allora il vero senso del nostro avvento oggi è fare il bene! Mai stancarsi di fare il bene!
E quando fallisco; riparto proprio da quel medesimo punto, il bene che posso e devo ancora fare.
Oggi, accogliere colui che viene, significa rispolverare “l'entusiasmo”, per contrastare la “stanchezza” che a volte assale e ci impedisce di fare il bene. È così che oggi - in questa settimana -, ci vuole Dio!

sabato 11 dicembre 2021

Non ci sarà un altro Elia profeta

Siracide 48,1-4.9-11 e Matteo 17,10-13


Dopo la trasfigurazione sul monte, i discepoli scendono insieme a Gesù, il clima è abbastanza acceso, tutti sono molto suggestionati da quanto vissuto. Le domande sono molte, gli interrogativi si intrecciano e si rincorrono. Citando Malachia 3,23 («Io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore»), i discepoli pongono una domanda sulla misteriosa figura del profeta Elia e sul suo ritorno, così come insegnato dagli scribi. Il Messia, nella fede comune del popolo non è pensato nei termini che Gesù propone - «... Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro» - da qui è illuminante risposta del Signore che, senza nominarlo, ricorda la vicenda di Giovanni Battista. E’ lui l’Elia che “deve venire” e che “ristabilirà ogni cosa”. Una tesi sostenuta anche da certi testi apocrifi come  il Libro di Enok. Dunque, se Giovanni Battista ha già raffigurato il ritorno di Elia profeta come precursore del messia, possiamo già intuire che siamo già entrati in quel compimento della storia che è la "fine", e il dono dei cieli nuovi e della nuova storia sono già presenti; la Croce è il grembo dell’annuncio evangelico della vita nuova dei figli di Dio.


venerdì 10 dicembre 2021

La mappa perduta

Isaia 48,17-19 e Matteo 11,16-19


A chi oggi Gesù potrebbe paragonare questa generazione?
La sua generazione l'ha paragonata ai bambini che non sanno riconoscere la sapienza, il dono grande della vicinanza di Dio, ma presi dai loro "giochi" sono così distratti da non dare attenzione a nulla di ciò che viene loro detto e proposto.
E noi a chi possiamo essere paragonati? Stamattina ho ascoltato una pubblicità che diceva: "Siamo noi la gioia del Natale" ... Ma in contrasto alla gioiosa pubblicità mi ha preso una grande tristezza per questo assoluto che non ha fondamento. Un Natale autoreferenziato! Un Natale in cui la vicinanza, gli affetti, i sentimenti e la solidarietà, sono il frutto del mio convincimento e della mia socialità. Tutto si fonda sul mio bisogno di pienezza, sulla mancanza di compimento, su un vuoto esistenziale che assolutamente devo riempire per non cadere in una vorticosa depressione. Questo non è Natale, potrebbe essere qualsiasi azione di marketing, con un altro nome o titolo e la proposta non cambierebbe in nulla. A chi paragonerò questa generazione? Ecco, io la paragonerei a dei cercatori di tesori che hanno smarrito la loro mappa! 

giovedì 9 dicembre 2021

Dell'avvento non abbiamo mai capito nulla!

Isaia 41,13-20 e Matteo 11,11-15

Il tempo dell'Avvento non sarà mai qualcosa di sconvolgente. A volte abbiamo la pretesa che l'esperienza quotidiana della fede possa finalmente esprimersi in una rivincita rispetto a tutto e tutti coloro che sono stati scettici e indifferenti ... Questo atteggiamento o sentimento non è buono, né per noi e neppure per gli altri.
Ma già ai tempi di Gesù e ai tempi di Giovanni Battista l'attesa messianica veniva sostanzialmente confusa e disattesa. Confusa con un progetto di liberazione politico e belligerante, disattesa perché alla fine la venuta del Signore fu tra le righe di altre vicende storiche e umane: se non fosse stato per la testimonianza degli apostoli, tutta la vicenda di Gesù di Nazareth non sarebbe mai apparsa all'orizzonte della storia conosciuta. È un Dio di periferia, un Dio marginale quello che agisce nella storia del mondo. È un Dio che non cerca la certificazione della sua presenza, come neppure consenso e sostenitori. Ma il suo avvento entra e abita la nostra stessa attesa, la nostra stessa speranza; abita nella nostra possibilità di rendere l'umano capace di mistero! Ecco che, quando la nostra umanità alza lo sguardo al cielo finito, il mistero la invade e con il mistero la "Sua venuta". L'avvento è una attesa che si realizza nell'attesa stessa, o meglio nell'atteso stesso!
Appunto il Vangelo di oggi ci ricorda che "chi ha orecchi, ascolti!"


mercoledì 8 dicembre 2021

A te o Maria, Giuseppe offre questa Chiesa.

Gen 3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Luca 1,26-38

Immacolata concezione di Maria


Un anno fa, in questo giorno abbiamo iniziato l'anno dedicato a Giuseppe, un tempo nel quale ci siamo messi, forse senza troppa consapevolezza, sotto la sua protezione, in questo tempo segnato dalla epidemia virale. Ci siamo messi sotto la sua protezione certi del suo stile di uomo giusto, capace e tenace nel custodire la propria sposa e quel bambino che gli era stato affidato. Il papa ci ricorda che: "San Giuseppe è l'uomo che passa inosservato, l'uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta; in lui troviamo un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in "seconda linea" hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza".
In questo anno Giuseppe ha accompagnato il nostro cammino di Chiesa e di comunità credente, nel nascondimento e nella presenza discreta e silenziosa, testimoniandoci e insegnandoci, ancora una volta che occorre ripartire da Betlemme e da Nazaret, recuperando lo sguardo sulle periferie geografiche ed esistenziali, e la “capacità di discernere e valutare l’essenziale”. Impariamo quindi da San Giuseppe a dare importanza a ciò che gli altri scartano.
Ecco perché, la scelta di Betlemme e Nazaret ci dice che la periferia e la marginalità sono predilette da Dio. Non prendere sul serio questa realtà, “equivale a non prendere sul serio il Vangelo e l’opera di Dio, che continua a manifestarsi nelle periferie geografiche ed esistenziali”. Le periferie sono le realtà quotidiane della vita, dove l’uomo sperimenta la lontananza da Dio e dove la Chiesa in uscita deve portare il Vangelo. Ma quali sono queste periferie umane?
- la pandemia globale sotto gli occhi di tutti, che segna la vita trasversalmente del mondo globalizzato ricco e di quello povero;
- i conflitti locali e internazionali; ci sono 35 conflitti in corso nel mondo;
- il crescente impatto del cambiamento climatico, con tutti i problemi legati ai drammi ambientali, alluvioni, siccità, desertificazione, innalzamentro dei mari, scioglimento del ghiaccio dei poli;
- le migrazioni di intere aree geografiche, lo spostamento di intere masse umane dal sud al nord del mondo; prima di essere un problema, sono una realtà e una condizione in cui viviamo.
- le varie forme di ingiustizia, razzismo, violenza, persecuzioni, come in ultimo l'Afganistan;
- la crescente disuguaglianza ... La crescita della povertà e l'indifferenza di una elite mondale di pochi ricchi.
Questo solo per citare alcune situazioni emergenti.
Inoltre anche la Chiesa nel suo interno, è mandata in uscita ed è segnata dal dramma di essere periferia umana: la sofferenza vissuta da minori e persone vulnerabili a causa di abusi sessuali, abusi di potere e abusi di coscienza perpetrati da un numero significativo di membri del clero e persone consacrate.
Detto questo, ci troviamo in un momento cruciale nella vita della Chiesa e del mondo.
La pandemia di COVID-19 ha fatto esplodere le disuguaglianze esistenti; ma questa crisi globale ha ravvivato la nostra consapevolezza che siamo tutti sulla stessa barca e che «il male di uno va a danno di tutti» (Fratelli tutti, n. 32).

Tutto questo non esprime solo problemi da affrontare o la ricerca di risposte, ma offre anche un’opportunità per promuovere la rivitalizzazione della Chiesa in un momento critico della storia umana; molte Chiese locali stanno interrogandosi sul cammino da seguire, sul che cosa fare. Anche la Chiesa di Imola, e le sue comunità - compresa la nostra unità pastorale - sono chiamate attraverso l'ascolto della base a rinnovare sé stesse a partire dall’azione dello Spirito Santo, ascoltando insieme ciò che Dio ha da dire al suo popolo. Questo ascolto  permetterà di esprimere una maggior comunione gli uni verso agli altri e insieme aprire l'orizzonte del nostro vedere rispetto ai fratelli cristiani e a quelli di altre tradizioni di fede. A Maria, oggi, Giuseppe offre questa Chiesa in cammino e questo nostro mondo fragile e limitato, ma ugualmente lo offre a colei che essendo la piena di grazia, ancora una volta può riversare su tutti gli uomini il mistero di amore che è il verbo che si è fatto carne nel suo grembo. Giuseppe offre, affinché Maria riempia di grazia e di salvezza il mondo intero.

martedì 7 dicembre 2021

E se la pecora smarrita fossi io ...

Isaia 40,1-11 e Matteo 18,12-14


Secondo la logica razionale, lo smarrimento di una pecora su cento è un rischio calcolato e accettabile. Ma se quella pecora non fosse una qualunque ma fossi io (inteso ciascuno di noi)?
Ecco, partiamo da questa condizione, con lo sguardo alle parole di Gesù.
Se fossi io la pecora che si smarrisce nel deserto? Come mi sentirei, cosa proverei, cosa desidererei ...
Lo smarrimento è il luogo dove ci sentiamo abbandonati; dove siamo deboli e fragili; lì è il luogo dove sperimentiamo l'innegabile necessità di essere amati e custoditi. Il deserto, la solitudine, lo smarrimento aprono la porta all'accettazione dell'amore dei fratelli verso ciascuno di noi, illuminano la relazione tra "uno" e "novantanove". È in questa presa di consapevolezza che agisce Gesù, come immagine del pastore che viene a cercare ciò che è perduto, ma soprattutto come stile della Chiesa che non può dimenticarsi di nessuno, nessuno è uno scarto accettabile, nessuno può essere lasciato indietro, sacrificato.
Se vivo l'esperienza dello smarrimento; se sento cosa significa perdere la prossimità degli altri; se sperimento il venir meno delle attenzioni e degli affetti fraterni; è quella condizione che mi porta immediatamente a dare valore all'amorevolezza dei novantanove verso di me. È proprio il limite e la fragilità che mi aprono lo sguardo sullo smarrimento della mia vita, ma è proprio questa condizione che diviene fondamento della crescita umana e relazionale. Essere cercato, allora, è fondamentale affinché lo smarrimento possa portare in se i frutti dell'amorevolezza, cioè essere voluto bene, del sentirsi preso a cuore, per esser ricollocato nei novantanove, in una comunità di fratelli.

lunedì 6 dicembre 2021

Gesù non agisce per istinto, nulla è a caso ...

Isaia 35,1-10 e Luca 5,17-26


Il capitolo quinto di Luca è estremamente denso di situazioni e avvenimenti; di esplicite chiamate vocazionali dei discepoli; di insegnamenti e guarigioni. Tutto è strettamente connesso alle parole di Gesù, tutto il suo agire è capace di tradurre concretamente le sue parole; potremo dire che la parola si fa carne e mette in evidenza come il figlio stesso di Dio, fatto uomo esprime questa condizione che è fonte di meraviglia.
La vocazione è pienezza di vita; la purificazione di un lebbroso è rigenerazione della vita, quasi come la risurrezione della nostra esistenza; la guarigione di un paralitico diviene concretamente segno della misericordia e del perdono. Tutto questo è fonte di meraviglia e di stupore ... Dio si prende a cuore la nostra fragilità, si prende a cuore la necessità di realizzarci e il nostro desiderio di vita. Nel particolare della guarigione del paralitico veniamo messi di fronte alla conseguenza del nostro limite, non per una accusa morale, ma per farci capire che il peccato rappresenta una vera paralisi, un vero impedimento nel nostro cammino esistenziale. Il segno della guarigione operata da Gesù, coincide con la misericordia e la grazia di rendere l'uomo libero dal limite e capace di vivere secondo la Parola ascoltata, condizione preclusa dal peccato. Mentre diviene sempre più evidente e determina che è l'amore di Gesù che corrisponde al desiderio del nostro cuore, al desiderio di libertà e di riconciliazione con Dio e tra di noi.

domenica 5 dicembre 2021

Tutti in Cammino

Baruc 5,1-9 / Salmo 125 / Filippesi 1,4-11 / Luca 3,1-6


Come tutti sanno, a inizio settimana la commissione europea sulla "equality” dettava alcune linee guida per una comunicazione inclusiva, per evitare non solo ogni giudizio su questioni di religione, razza, condizioni di salute, sesso, genere, ma anche “ripulire” il linguaggio da ogni qualsiasi riferimento specifico su questi argomenti, ma e di conseguenza, anche il “cancellare” i riferimenti alla tradizione cristiana e alla dualità originaria dei sessi. Grande baruffa europea e immediato ritiro della proposta.
Al di là dell'idea che si voglia scippare il natale di Gesù, qualcuno deve spiegarmi perché le differenze non sono più ammesse, come fossero causa e origine di tutti i mali, e per ovviare ai quali, occorra realizzare una omogenizzazione da frullatore culturale e globale. A me pare che questi tentativi non raggiungano lo scopo di evitare che qualcuno, per un qualche motivo, si senta escluso. In verità a me pare che l'unico obiettivo che si raggiunge sia la omologazione o meglio la omogenizzazione dell'umano. Un umano neutro privo di specificità, di originalità di individualità. Negazione del nostro essere unici e irripetibili, negazione del principio di originalità che sta nel cuore del mistero della creazione.
Vorrei gridare come Giovanni Battista, in questo deserto di aridità umana, che la santa differenza non deve fare paura! Rieduchiamoci alla differenza e al rispetto di ciò che è diverso! Se si vuole davvero lavorare per l’inclusione ridiamo ad ognuno la responsabilità individuale delle proprie ragioni e il rispetto delle relazioni. Forse il recupero del concetto di persona inizia proprio da qui.
Detto questo mettiamoci in cammino, ma già questo momento ci mostra come il cammino non è solo spirituale o ideale. Giovanni non predica un cammino di fantasia incontro al Signore che viene.
Come il papa più volte ci ha detto, occorre prendere atto che c'è una missione da compiere, nella Chiesa e come Chiesa nel mondo ... Una missione urgente di cui farci carico.
Cosa significano le parole di Isaia oggi, per me e per ciascuno?
"Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!"
Oggi quelle parole sono un grido che lacera la nostra tiepidezza e timidezza. Non occorre essere spavaldi, intolleranti, o violenti,  occorre avere il coraggio di stare in mezzo alla nostra realtà e non rinunciare a percorrere il nostro tempo.
L'impressine è che oggi, dopo questi due anni di pandemia, molte comunità cristiane - ovviamente non la nostra - si siano sedute in quell'apatia che si incarna nella pigrizia pastorale, una inerzia rispetto all'agire laicale che invece dovrebbe coinvolgere maggiormente a partire dal rigenerare la comunione e dal dare sfogo alle reciproche corresponsabilità.
Questo nostro tempo, va percorso con gli scarponi, non con le infradito da spiaggia. Occorre attrezzarsi per un cammino che è difficoltoso, tra ingiustizie e pregiudizi; tra scartati e opportunisti; tra possibilità e arrivisti; tra indifferenza e fedi assopite ... Tutto questo sono valli, pianure e sentieri da trasformare in strade per incontrare colui che già cammina il nostro tempo, perché lo ha incarnato, da principio.
È questo il tempo in cui ci è chiesto di testimoniare una presenza, un'azione, una proposta, quella di Gesù, cioè di annunciare con la vita il Vangelo della libertà e della salvezza; è la proposta di essere una Chiesa capace di ascoltare e di agire nella verità e nella fedeltà alla parola di Dio.
Ecco allora calziamo gli scarponi e mettiamoci in cammino!


Il regalo
(Il cammino lungo e difficile)

Tobia era un bambino di quarta elementare, silenzioso e sereno.
Viveva con i genitori e la sorellina in una modesta casetta, ai margini del paese, appollaiato su una collina costellata di ulivi, a qualche chilometro dal mare.
Il giorno della chiusura della scuola, prima delle vacanze di Natale, tutti i bambini della quarta elementare fecero a gara per portare un regalo alla maestra, che si chiamava Marisa, ed era gentile e simpatica.
Sulla cattedra, si ammucchiarono pacchetti colorati…
La maestra ne notò subito uno piccolo piccolo, con un bigliettino vergato dalla calligrafia chiara ed ordinata di Tobia:
“Alla mia maestra.”
Marisa ringraziò i bambini, uno alla volta.
Quando venne il turno di Tobia, aprì il pacchettino e vide che conteneva una piccola, magnifica conchiglia, la più bella che la maestra avesse mai visto:
era tutta un ricamo pieno di fantasia, foderato di madreperla iridescente.
“Dove hai preso questa conchiglia, Tobia?” chiese la maestra.
“Giù, alla Scogliera Grande!” rispose il bambino.
La Scogliera Grande era molto lontana, e si poteva raggiungere solo tramite un sentierino scosceso.
Era un cammino interminabile e tribolato, ma solo là si potevano trovare delle conchiglie speciali, come quella di Tobia.
“Grazie, Tobia!
Terrò sempre con me questo bellissimo regalo, che mi ricorderà la tua bontà… Ma dovevi proprio fare tutto quel lungo e difficile cammino, per cercare un regalo per me?” chiese.
Tobia sorrise e rispose:
“Il cammino lungo e difficile fa parte del regalo!”

sabato 4 dicembre 2021

Autenticità dei sentimenti di Gesù

Isaia 30,19-21.23-26 e Matteo 9,35-10,1.6-8


Nella prossimità con la gente, che Gesù arriva a paragonarla a un gregge senza pastore, Gesù è preso da una sorta di compassione, vedendo come il regno dei cieli si lega alla loro vita quotidiana, alle fragilità, ai limiti e alle sofferenze: "... erano stanche e sfinite".
I sentimenti di Gesù sono veri, immediati, umani ... Questo deve farci pensare come il figlio di Dio non è impassibile ed estraneo alla condizione umana, anzi, ne compatisce la drammaticità, assumendo pienamente la nostra natura legandola alla sua natura divina, cioè alla sua vita eterna e di pienezza, cioè una vita capace di esprimere e generare un amore che veramente porta a pienezza e che salva.
Nel compatire di Gesù non dovremo mai leggere commiserazione, ma partecipazione vera ed attiva, per amore nostro, alla condizione della nostra natura.
È in questo contesto che va ripensata pure la preghiera del Signore per gli operai della messe ... Forse dovremo purificare questa supplica da certi schemi clericali, e rinnovare anche noi la stessa preghiera, che vuole essere prima di tutto una richiesta di cura per un "popolo" stanco e sfinito, più che una richiesta legata alla scarsità del numero dei preti

venerdì 3 dicembre 2021

Siamo ciechi anche noi?

Isaia 29,17-24 e Matteo 9,27-31


Oggi come allora, essere cieco voleva dire sperimentare una grandissima limitazione che rende la vita estremamente difficile. Anche se oggi attraverso provvedimenti legislativi e strumenti tecnici e tecnologici l'esistenza ne viene comunque migliorata, essere ciechi condanna ad una esistenza nel buio. La cecità fisica fa specchio alla cecità nel credere, all'esperienza del buio della fede, del non vedere Dio. Non posso e non riesco ad immaginare ciò che esprimo con le parole, ma l'immaginare di essere immerso nel buio più assoluto, mi trasmette un senso di profonda desolazione e di assoluta incompiutezza. Ma se questo è, essere ciechi nella realtà della natura, cosa è esserlo rispetto alla fede, rispetto alla percezione di Dio? Accade allora che dobbiamo ammettere anche la nostra completa incapacità di vedere Dio, forse ci accostiamo a lui in molteplici tentativi dati dalle pratiche religiose e di devozione, oppure attraverso la preghiera e la meditazione, ma vedere Dio è un'altra cosa? Mi torna in mente il brano del Vangelo dove Filippo chiede a Gesù: "... mostraci il padre e ci basta!" La risposta di Gesù fu:"Filippo chi vede me vede il Padre!" Ora, ciò che Gesù risponde a Filippo serve anche a tutti noi "ciechi" del quotidiano. È il riferimento a Gesù, è il legame con la sua vita e la sua persona, è la fede che riponiamo in lui che riempie di senso la nostra tenebra, il buio della nostra cecità. Ai due ciechi Gesù dice: "Avvenga per voi secondo la vostra fede", cioè afferma che tutto, ma proprio tutto ciò che avviene nella vita dipende dalla fede in Lui, da ciò che crediamo di Lui, da come lo crediamo, da quanto lo crediamo e soprattutto lo amiamo.

giovedì 2 dicembre 2021

Chi ascolta le mie parole?

Isaia 26,1-6 e Matteo 7,21.24-27


Cosa significa per me oggi ascoltare la Parola? In quale modo la metto in pratica?
Forse immediatamente mi sentirei in difficoltà perché mi verrebbe più facile dilatare la riflessione e commentare la "parola" teoricamente piuttosto che rispondere in modo concreto e immediato.
Ascoltare la parola del Signore ... Credo che non siamo per niente abituati a farlo!
Non ce lo hanno insegnato, ma soprattutto: non è affatto facile. Molto più comodo e immediato dare la nostra interpretazione, i nostri suggerimenti, fare discorsi sul vangelo, piuttosto che far parlare di vangelo e di come impatta nella nostra stessa vita.
Forse è la conseguenza di una educazione a una fede intellettuale o devozionale ma che ha escluso un rapporto vero e diretto con la Parola!
La parola di Dio non è alla base della nostra preghiera, delle nostre iniziative, del nostro stare insieme in quanto cristiani, delle nostre scelte quotidiane, del nostro stile di vita. Ma questo è proprio ciò di cui avremmo più bisogno, per diventare protagonisti di una salutare svolta nella vita ecclesiastica. Che sia questa svolta l'esperienza di costruire sulla roccia e non sulla sabbia? 
Ciascuno lasci risuonare il vangelo nella vita, e permetta al Vangelo di concretizzarsi a partire dai piccoli gesti quotidiani, che messi l’uno accanto all’altro generano uno stile e una Chiesa nuova.

mercoledì 1 dicembre 2021

Il pane per tutti

Isaia 25,6-10 e Matteo 15,29-37


Il lago di Galilea, testimone della vita del Signore, testimone di quei segni compiuti dalle sue mani; sulle sue rive riecheggiano da una sponda all'altra le sue parole; i suoi passi hanno solcato quella spiaggia sassosa. È sul lago, a Tabga, tra Magdala e Cafarnao che Gesù compie quel segno profetico della sua vita donata e della comunione di un popolo generato nel pane della vita.
Il racconto si compone di due situazioni la folla - insieme di ogni tipo di persone -, e il pasto offerto per saziare ma fame di tanti.
Ma quella folla non è fatta di perfetti, di pii e devoti israeliti, pieni di fervore messianico ... No! È una folla in cui Matteo riconosce un vasto repertorio di "zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati". Una folla, un popolo, come noi oggi, come questa Chiesa un po' sgangherata che sembra perdere pezzi di credibilità e autorevolezza ogni giorno che passa. Eppure questa è la Chiesa, un popolo carico di fragilità e di limiti, bisognosa del suo maestro, dell'attenzione e delle cure del suo Signore. 
Dice il Vangelo che Gesù guarì molti. Oggi ancora questo popolo ha bisogno di essere guarito dentro quel percorso di purificazione e conversione che scaturisce nell'aderire sempre più al suo Signore.
Una immagine quella della folla che si affaccia sulla nostra pochezza, mettendo in evidenza nel contrasto fin troppo reale e umano, tra la pochezza dei mezzi a disposizione e i bisogni che sono in campo, e ci obbliga a confrontarci con quel che temiamo, il limite.
Gesù parte da qui, dal nostro limite e dal poco e propone un differente paradigma: il poco che c’è risulta essere tutto ciò che è necessario. Se tutti imparassimo  a vivere la condividivisione come stile di autentica fraternità, ci accorgeremmo  dell'abbondanza dei pani e dei pesci cioè di quanto il Signore continui a donare di sé attraverso noi stessi.