lunedì 28 febbraio 2022

"Caro" egoismo (egoista)

1 Pietro 1,3-9 e Marco 10,17-27


Lo sguardo di Gesù non è solo amore incondizionato per quel tale, ma è una proposta, un progetto di vita una chiamata speciale a seguirlo. È un invito, rivolto a tutti noi a spogliarci dei nostri egoismi per entrare in quella logica nuova di un amore capace di donare anche la vita stessa. Anzi ancora più chiaramente, Gesù ci dice di arrenderci all'idea di amare, di iniziare a mettere da parte rancori e preconcetti e in quel mentre cadranno tutti i nostri egoismi, ci si sentirà spogliati e nello stesso momento rivestiti dall'amore.
La radice del nostro egoismo è l'io, nel suo difendersi, nel suo proporsi, nel suo essere punto di partenza dei sentimenti, dei progetti e delle attese. L'egoismo non è un difetto generico, ma è rivelazione del nostro originario esistenziale: l'egoismo corrisponde al nostro nascere soli, corrisponde alla nostra solitudine creaturale; l'egoismo è esclusione dell'altro dallo spazio della mia persona. Nelle parole di Gesù, nel fare riemergere la via dei comandamenti, il Signore accompagna quel tale (anche noi) nel superamento dell'egoismo attraverso la vera esperienza di amare ed essere amato. Solo amando si supera e vince l'egoismo cioè la solitudine esistenziale. Quel tale se ne andò triste ... Rimase attaccato, vincolato alla sua solitudine, l'egoismo era la sua ricchezza più cara.

domenica 27 febbraio 2022

È necessario sovrabbondare

Sir 27,5-8; Sal 91; 1 Cor 15,54-58; Lc 6,39-45


Come stare di fronte a questo Vangelo?
A un primo sguardo sembrerebbe un approccio morale alla nostra vita, al nostro stile, per cui:
- sei così privo di luce da condurre fuori strada i tuoi fratelli?
- sei così ipocrita da giustificare la tua trave e giudicare la pagliuzza del fratello? Che cosa è quel piacere maligno che provi nel ricercare ed evidenziare il punto debole dell’altro, a godere dei suoi difetti.
- non sai offrire il frutto del tuo albero? Non è che sai produrre solo frutti acerbi e non commestibili? Dio non cerca un albero senza difetti, ma gode dell'albero i cui rami sono piegati per i molti frutti buoni.
- perché trattieni il tuo tesoro in una avarizia tale che nessuno può averne beneficio? La vita è il tuo vero tesoro, ma non è solo per te stesso, essa è al servizio della vita di tutti i fratelli.
Se questa pagina di Vangelo fosse solo un richiamo moraleggiante a una etica rigorosa, il rapporto con questa parola si esaurisce in un atto di accusa a cui non potrebbe seguire se non una triste incapacità di corrispondere a una attesa che ci risulta impossibile. Ma alla fine delle parabole di Gesù c'è una espressione che provoca in un modo accattivante: "La bocca, infatti esprime la sovrabbondanza del cuore" ... Di quale sovrabbondanza si tratta, di cosa è fatta?
E se il Vangelo non fosse una semplice esortazione moraleggiante, quanto invece un invito a coltivare, a ricercare la sovrabbondanza del cuore a cui ciascuno può dare voce con la propria bocca?
Che cosa è questa sovrabbondanza? Credo che sia la nostra quotidianità, da immaginare come se fosse la nostra "bottega artigiana", in questa bottega possono accadere cose stupende; alla fine dal nostro costante e impegnativo "lavoro" può venire fuori una espressione nuova della nostra umanità. Possiamo essere uomini e donne nuovi, non solo migliori, ma completamente rinnovati dall'incontro con Gesù.
La nostra umanità è tutto ciò che poniamo sul banco di lavoro della nostra esistenza quotidiana. Le nostre mani possono cesellare, modificare, plasmare la nostra materia umana per farne il meglio che si può!
Seguendo il magistero di Papa Francesco, possiamo intuire quale grande responsabilità e opportunità ci è affidata, e come tutto questo si scontra e confronta insieme, con i nostri limiti e le nostre rigidità marmoree.
Papa Francesco ci invita a guardare a Gesù e fare della sua esperienza quotidiana il nostro itinerario nell'umano.
Ecco allora che siamo chiamati sempre di più a un vivere il quotidiano fatto di accoglienza, condivisione, ascolto fraterno, di vicinanza, mostrando così con i fatti la bellezza e la forza dell'immagine del figlio di Dio attraverso la nostra umanità. Da queste parole siamo incoraggiati a offrire le nostre energie, il nostro impegno a chi è nel bisogno e farci artefici di relazioni vere e sincere.
Il punto di partenza per la novità del nostro quotidiano vivere non è un itinerario di introspezione, o un giochetto di psicologia spirituale, ma il nostro battesimo, si parte dall'essere inseriti e uniti a Cristo; in quell'acqua Lui si è fatto accanto a noi; la sua luce ci permette di vedere e la sua vita che ci apre la possibilità di dare alla nostra esistenza la pienezza del per sempre.
Il nostro cammino quotidiano si colora della speranza della fede, e non è una speculazione intellettuale, ma un vero itinerario esistenziale accompagnato dalla sua Parola, ispirati dalla sua gioia, aperti all'attesa futura come condizione che si concretizza nel fare del bene e rifiutare il male e l'egoismo.
Questo Vangelo non è l'elenco delle nostre imperfezioni e dei nostri limiti ma ci introduce nella bottega umana in cui lavorare il dono di vita che noi siamo, generando frutti abbondanti, e oggi di fronte alla storia che viviamo ci invita a produrre sovrabbondanti frutti di pace:
261 "Fratelli tutti": Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. (...) Consideriamo la verità delle vittime della violenza, guardiamo la realtà coi loro occhi e ascoltiamo i loro racconti col cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace. Possa il mondo, per la nostra sovrabbondanza di frutti, trovare la pace. 

sabato 26 febbraio 2022

Non solo bambini, non solo piccoli

Giacomo 5,13-20 e Marco 10,13-16


Una pagina di tenerezza. Ciascuno la comprende, la capisce e la desidera. Ciascuno rincorre i ricordi del suo essere bambino, forse anche Gesù stesso ripercorre la sua vicenda personale, il rapporto affettuoso con Giuseppe e Maria, e ora il suo essere figlio rispetto a Suo Padre, Dio. Dobbiamo tutti ricordate le carezze ricevute, l'affetto gratuito che inondava il cuore, la gioia di sentirsi tra le braccia di babbo e mamma ... È una immagine densa di emozioni, di amorevolezza, di nostalgia. Ma non può essere solo passato, essa è indicazione nel presente perché spetta a noi essere tenerezza, carezzare affetto per tutti coloro che ora sono i piccoli del regno di Dio. È una proposta per il futuro; è un seminare ora l'amorevolezza che porterà frutto nel tempo che verrà. Come abbiamo sperimentato il tradimento della tenerezza verso i piccoli, che ora mostra tutta la sua atroce durezza, il suo essere male per tutto il corpo che è la Chiesa, ora comprendiamo la profondità degli atteggiamenti di Gesù e della proposta che pone di fronte a tutti: lasciare emergere l'apertura del cuore, capace di accogliere e donare insieme: accogliere nei piccoli il mistero del regno che a tutti appartiene e donare tenerezza e amore, condizione indispensabile per crescere in umanità. Per crescere i piccoli ... Per fare crescere anche noi ...

venerdì 25 febbraio 2022

Per la durezza del nostro cuore

Giacomo 5,9-12 e Marco 10,1-12


È la durezza del cuore che conduce all'infedeltà al tradimento, fino a decretare anche un adulterio. I discepoli si collocano nel ragionamento giuridico del "cosa" e del "come", ma Gesù senza entrare in un merito specifico della disposizione di legge, pone l'accento sulla durezza del cuore, come condizione che annulla un principio, un inizio in cui il desiderio di Dio corrispondeva al desiderio di amore e fedeltà che l'uomo e la donna realizzano nel loro amore vicendevole. L'espressione "è lecito", pone la domanda nell'ordine del dubbio, quasi a ricercare una legittimazione, pur nella consapevolezza di essere di fronte ad un adattamento per giustificare la nostra fragilità e le nostre infedeltà. Ciò che viene messo in discussione è il valore assoluto dell’amore; i farisei provano di giustificarsi con l'uso distorto della legge rispetto a ciò Gesù esprime come condizione di sostanza dell'amore. La fedeltà all'amore e all'amarsi non è questione di centimetri, di numeri, di cose permesse o vietate, ma questione di dignità di un rapporto vissuto nella sua esclusività, che in quanto tale si offre come indissolubile e fedele, come appunto l'amore di Dio verso l’umanità a partire dall’inizio della creazione.

giovedì 24 febbraio 2022

Momenti di luce

Giacomo 5,1-6 e Marco 9,41-50

Fosse facile togliere ciò che è di inciampo nella nostra vita. Una lettura diretta del Vangelo di oggi dice di sradicare da noi la mano, il piede e l'occhio, quando viene messa in discussione la nostra capacità di entrare in contatto e relazione con gli altri; quando il nostro camminare non conduce alla meta; quando il vedere non penetra nel profondo.
Ma questo triplice "scandalo" è ciò che genera impedimento alla nostra testimonianza e diventa un danno per i nostri fratelli, per i piccoli che guardano a ciascuno di noi, in attesa di comprendere le nostre scelte di vita e nel tentativo di maturarne delle loro.
Ecco con una immagine fortissima e ad effetto: Gesù dice che sarebbe meglio gettarsi nel mare con una macina al collo, quando si è in tali situazioni.

Ma quella macina è una provocazione, per l'enormità di ciò che causa nel nostro stile di vita. Credo che il Vangelo sia prima di tutto un invito a ricercare quella luce interiore che colloca nella giusta connessione e posizione la mano, il piede e l'occhio. La prospettiva del Vangelo non è mai distruttiva, se non nella possibilità che tutto si rigenera nella vita nuova. 

mercoledì 23 febbraio 2022

Come i bollini delle banane

Giacomo 4,13-17 e Marco 9,38-40


La tentazione è veramente forte, quella di mettere una etichetta a ciò che facciamo. Questo stile, della serie "io sono di Paolo, io di Cefa e io di Apollo ...", dilaga proprio all'interno della Chiesa e nei vari progetti pastorali che hanno rilevanza e visibilità.
Siamo di fronte a tristi rivendicazioni di ruolo, espressioni muscolari di una presenzialità che esprime solo la nostra fragilità e inconsistenza; ci affidiamo molto alle nostre sbandierate possibilità piuttosto che impiegarci e dissolverci nel realizzare il regno di Dio.
È possibile che una appartenenza non diventi motivo di identificazione e di pretesa! Diversamente sembra quasi di essere nella condizione di mettere il bollino sulle banane!

Ma dal Vangelo, le parole di Gesù sono esplicite nello smascherare una tentazione che era presente anche intorno a lui. Ma è proprio lui, il giovane maestro di Galilea, in fasce crescente di popolarità, a suggerirci che il bene non ha patenti, non ha corsie preferenziali. Il discepolo, seguendo le parole del maestro, deve preoccuparsi di vivere ed agire in quella misericordia, ossia nella vicinanza di Dio a partire dalla vicinanza a Gesù, è questo stile che supera i protagonismi sterili e le inutili identificazioni, tra bravi e più bravi.

martedì 22 febbraio 2022

Ma la Chiesa può cambiare?

1 Pt 5,1-4 e Matteo 16,13-19


La domanda sull’identità di Cristo non può essere una domanda generica, o addirittura retorica, perché in realtà quella domanda ci interpella nel momento in cui ci mettiamo davanti al Signore e cerchiamo di capire cosa lui centri con la nostra vita di tutti i giorni.
La risposta di Pietro ci introduce in un rapporto personale e sincero: il riconoscimento in Gesù dell'unico suo assoluto: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.
Riconoscere in Gesù il Cristo significa dire che Lui è centro e riferimento della vita presente, del nostro progettare il futuro e del destino di eternità che speriamo a partire proprio da Gesù. È in questo rapporto personale e generativo che nasce anche il nostro modo di percepire la Chiesa per ciò che è, e per ciò che rappresenta.
Oggi, in un contesto nel quale al parlare di Chiesa, ci si gira dall'altra parte, è importante capire che ogni cambiamento nella Chiesa non può essere una semplice riforma, ma un ripartire da quel vincolo che emerge tra la fede di Pietro in Gesù e l'affidargli e l'edificare in lui la Chiesa. Le richieste di cambiamento, che da più parti emergono, non sono provocatorie o rivoluzionarie, ma esprimono l'amore di Gesù e a Gesù, a partire dall'esperienza del cambiamento. La stabilità della Chiesa come la roccia, non va confusa con l'impassibilità o immutabilità, forse dobbiamo ricordarci che la Chiesa è in cammino ...

lunedì 21 febbraio 2022

Sull'orlo della fede

Giacomo 3,13-18 e Marco 9,14-29


La realtà della vita è spesso gravida anche di sofferenze che ci attanagliano tanto da renderci disumani, incapaci di relazioni, di chiedere aiuto, e addirittura talmente disperati da vedere nel dolore, nella sofferenza fine a se stessa una sorta di nicchia dentro la quale ci rifugiamo. Si cerca una soluzione, non arriva; si discute tra noi, senza arrivare mai a nulla; si fa appello alla religione, senza ottenere risultati. Di fronte a questo "insabbiamento", Gesù ci prende per mano se gli diciamo, se gridiamo: “Credo! Aiutami nella mia incredulità!”.
Ci rendiamo conto, in questi frangenti come la risposta di Gesù non è di circostanza: "Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede". La vita ci porta sull'orlo del precipizio, ci accompagna di fronte al mistero; la vita ci priva di quella logica e di quella ragione sterile che è incapace di dare risposte. Gesù non propone soluzioni miracolistiche, ma l'esperienza della fede in lui come compimento della nostra vita. La fede in Gesù è soluzione per il dramma di quel padre; la fede in Gesù è obiettivo per il cammino dei discepoli; la fede in Gesù è contenuto della meraviglia della folla ... 

Ma che cosa è questo credere di cui parla Gesù se non l'esperienza di una relazione fatta di dialogo sincero, silenzioso e ardente, unito a intimità, azione e preghiera. Forse che la nostra fede è ancora troppo formale e la nostra relazione con Gesù troppo scarsa e superficiale?

domenica 20 febbraio 2022

La lezione più complicata e semplice insieme

1 Sam 26,2.7-9.12-13.22-23; Sal 102; 1Cor 15,45-49; Lc 6,27-38

"Un monaco si era seduto a meditare sulla riva di un ruscello. Quando aprì gli occhi, vide uno scorpione che era caduto nell'acqua e lottava disperatamente per stare a galla e sopravvivere. Pieno di compassione, il monaco immerse la mano nell'acqua, afferrò lo scorpione e lo posò in salvo sulla riva. L'insetto per ricompensa si rivoltò di scatto e lo punse provocandogli un forte dolore.
Il monaco tornò a meditare, ma quando riaprì gli occhi, vide che lo scorpione era di nuovo caduto in acqua e si dibatteva con tutte le sue forze. Per la seconda volta lo salvò e anche questa volta lo scorpione punse il suo salvatore fino a farlo urlare per il dolore.
La stessa cosa accadde una terza volta. E il monaco aveva le lacrime agli occhi per il tormento provocato dalle crudeli punture alla mano. Un contadino che aveva assistito alla scena esclamò: «Perché ti ostini ad aiutare quella miserabile creatura che invece di ringraziarti ti fa solo male?».
«Perché seguiamo entrambi la nostra natura» rispose il monaco. «Lo scorpione è fatto per pungere e io sono fatto per essere misericordioso»".  (Bruno Ferrero)

Siamo fatti per essere misericordiosi? Cioè siamo fatti per amare e donare amore.
Ma cosa significa amare? Non tutti credono che amare significa cambiare. Cambiare sé stessi per corrispondere a un altro che chiede o ha bisogno di essere amato per poter cambiare e amare a sua volta.
Credo, che sia in questa dinamica di cambiamento all'origine di ogni progresso nella possibilità di amare.
Allora se ascoltiamo questa pagina di Luca facilmente arriviamo a comprendere che l'amore autentico non esclude nessuno, neppure coloro che ci fanno del male.
Perché quando si ama, non ci si deve fissare sull'obiettivo da amare, ma sul processo che genera il decentramento da sé stessi per guardare l’altro mai come un nemico, ma sempre come qualcuno al quale io ho qualcosa da donare.
Questa pagina di Vangelo rischia, in realtà, di essere un supplizio, la nostra tortura, una coercizione nel tentare cose impossibili. E così si apre la strada a quella ipocrisia che ci demolisce.
Nessuno potrà vivere questo Vangelo a colpi di volontà, neppure i più bravi tra noi. Ma solo attingendo a Gesù, impariamo, se non lo avevamo ancora imparato, che il comandamento dell’amore è universale, non conosce confini, ma appartiene alla nostra natura umana, come dire, la esprime, la manifesta in pienezza.
A molti, potrebbe sembrare che l'amore non ha logica e quindi non ha fondamento, ma è proprio questo che ci permette di capire che la razionalità e la logica sono capaci di annullare ogni gesto ed espressione di amorevolezza e generare odio e morte. La guerra che sembra così prossima non è forse frutto di una logica di potere e di interessi; tutto si avvolge di giustificazioni giuridiche e di giustizia, ma tutto genera solo una netta contrapposizione, strumentale ai fini di qualche interesse e necessità da perseguire. Non c'è amore nel pensiero e nei sentimenti di chi persegue la logica del rigore. Solo in Gesù, giustizia e amore vanno d’accordo: perché solo quanto avremo amato e perdonato gli altri, così saremo amati e perdonati, e questa misura ci sarà posta nel grembo: la parte del corpo dedicata alla custodia e alla donazione della vita.
Come possiamo imparare ed esercitarci nell'arte di amare, quindi di cambiare?
È solo l’intimità con Gesù che potrà trasformare il nostro pensiero e frantumare le nostre durezze. Amare, non può essere obbedienza un comando, ma l'amore, come esperienza di intimità con Gesù, diventa quella condizione che prende il sopravvento in noi, in forza della presenza del Signore. E allora sarà più facile amare i nemici; sarà possibile amare senza una logica; ci sarà gusto nell'amare con piena gratuità senza nulla pretendere.
Facciamo attenzione e alla nostra pancia. L'amore si percepisce di pancia; ma è dalla pancia che possiamo comprende anche il cambiamento: quella misura scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo ... Pienezza di amore.

sabato 19 febbraio 2022

Se Elia è già venuto ...

Giacomo 3,1-10 e Marco 9,2-13


Ciò che di più bello esprime il racconto della trasfigurazione è la gloria rivelata e manifestata nell'intimità di una amicizia. La gloria non è un atto di potenza o una rivelazione misteriosa dell'onnipotenza di Dio, come neanche la manifestazione della divinità ... Ecco tutto questo va pensato e compreso all'interno di una relazione di amicizia. Credo che questo possa sconvolgere tanti nostri schemi! E aprire anche una comprensione diversa delle profezie: non oracoli nebulosi o previsioni sul futuro, ma segni stabili di una relazione di amicizia che Dio Padre pone nel tempo e nella storia dell'umanità per narrare il progetto di salvezza, cioè il suo amore per noi.
Elia, racconta e sperimenta nella sua vita l'amicizia di Dio; Giovanni Battista ha seguito quella ispirazione dello Spirito che lo ha reso intimo ricercatore del mistero, e rappresenta la svolta significativa, il punto di non ritorno di una relazione che fa di tutti noi possibili amici di Dio, discepoli amici di Cristo. A partire dalla trasfigurazione tutto acquista una "luce nuova".


venerdì 18 febbraio 2022

A chi rimettiamo la nostra vita.

Giacomo 2,14-24.26 e Marco 8,34-9,1


Dopo aver detto a Pietro di smettere di precederlo, ma che occorreva che si mettesse nella sua "sequela" per poter comprendere il pensiero di Dio, per non essere in balia di quello degli uomini; ora Gesù si rivolge a tutti (alla folla) per proporre la "sequela" come stile di vita. Che cosa vuole dire seguire Gesù? Cosa intende Gesù quando ci chiede di seguirlo?
Ci sono momenti e situazioni che ci fanno comprendere come la nostra vita non ci appartiene, e come la nostra vita dipende dagli altri e in ultimo da Dio. Sono quelle situazioni in cui - la nostra vita - dobbiamo affidarla nelle mani di altri e di Dio stesso, sono situazioni limite, di fragilità e di bisogno. Ma quanto sono illuminanti, non solo per maturare di fronte alla precarietà, ma soprattutto per declinare il nostro egoismo e il senso di autoreferenzialità. Seguire Gesù è proprio e prima di tutti un morire al proprio egoismo. Rinnegare la propria vita significa lasciare che l'esempio di Gesù che ha mostrato come rinnegare significa donare la vita, significa spogliare se stessi pur di non spogliarsi dell'amore di Dio. Oggi potrei iniziare a pensare se voglio mettere la mia vita nelle mani del Signore!

giovedì 17 febbraio 2022

Un vero rimprovero!

Giacomo 2,1-9 e Marco 8,27-33


Che cosa conosciamo noi di Gesù? Forse ciò che emerge dalle confuse discussioni nei nostri incontri parrocchiali? O forse quanto ricordiamo della proclamazione del Vangelo di ogni domenica? O per qualcuno, qualche pagina di un trattato di cristologia?
Il tentativo dei discepoli è di omologare Gesù alle attese e alla mentalità del mondo.
Ciò che emerge intuitivamente, ma immediatamente rinnegata, da Pietro, è la vera conoscenza di Gesù, il suo essere il Cristo, cioè l'unto di Dio, colui che il Padre dona per condividere e portare a salvezza la nostra umanità. Ma ciò che è il Cristo per Pietro, non è la stessa cosa per noi oggi; per noi il Cristo è Gesù Crocifisso, è colui che sulla croce offre se stesso in sacrificio per la salvezza del mondo. Tutto questo, pur nella "chiarezza di una bimillenaria" consapevolezza cristiana, resta comunque un vero mistero, per ciò che è l'uomo la sua esistenza, e il suo destino.
Questo mistero non possiamo pretendere di conoscerlo o comprenderlo, esso si rivela e si fa conoscere pian piano, nella vicinanza che è la sequela, nel mettersi dietro a Gesù, non davanti a lui. Quando un discepolo sta davanti a Gesù, tutto presume di sapere di lui; quando ci si mette in sequela è l'amicizia intima che prevale.

mercoledì 16 febbraio 2022

Dieci decimi

Giacomo 1,19-27 e Marco 8,22-26


Tra tanti villaggi in cui si recarono - Gesù e i discepoli -, ci fu anche Betsaida, il villaggio natale di Simone. Chissà quale emozione per lui,quale orgoglio, oppure quale imbarazzo?
Certamente ciò che l'evangelista annota, è che Gesù non limita il suo agire; il suo compiere un segno ha sempre profonda rilevanza. A Lui preme che la gente ci veda, possa udire e parlare, abbia da mangiare, guarisca dai malanni. La realtà non è astratta ma è fatta di carne e di vite, la carne e le vite degli uomini che il Padre gli ha affidato. Ecco che dal segno che compie emerge la vera urgenza: vedere, sentire, camminare ... guarire ..., perché si possa incontrare Lui.
Anche noi abbiamo bisogno di un accompagnamento nella vita che gradualmente ci porti a vedere con chiarezza il suo volto. Il nostro vedere è spesso imperfetto, confuso, non dico sbagliato, ma certamente occorre che siamo aiutati a comprende e a fare nostra la visione della realtà, il discernimento della vita. Ma tutto questo non avviene nè per caso e neppure improvvisamente! Ecco che il Signore sempre ci accompagna e nell'intimità di un incontro, in disparte, in un tu per tu, ci tocca con la sua saliva (la sua grazia?) e ci introduce in un vedere che progressivamente è un vedere chiaramente per distinguere ogni cosa. 

martedì 15 febbraio 2022

Altri occhi, altre orecchie!

Giacomo 1,12-18 e Marco 8,14-21


Gesù compie dei segni (moltiplicazione dei pani e guarigioni) che generano stupore e meraviglia in molti, ma che subito lasciano altri nella loro inamovibile convinzione.
Di fronte a questi segni, Farisei ed Erodiani si ostinano a crescere (fare lievitare) nelle loro logiche ed ideologie, essi continuano a chiedere a Gesù dei segni capaci di confermare i segni già compiuti. È questo loro atteggiamento un lievito perverso di incredulità, sfiducia ed ipocrisia. Di fronte a questi Gesù chiude, rompe il possibile dialogo, perché in realtà non c'è nessun dialogo. Ma di fronte ai segni, Gesù rileva anche le fatiche e l'inadeguatezza dei suoi discepoli, i quali si ritrovano con il cuore indurito, non riescono a sollevare lo sguardo, ad innalzare la fronte, a entrare più in profondità: hanno occhi che non riescono a vedere e orecchie che non sentono. La logica dei miracoli, dei segni, non è quella di suscitare meraviglia o di aggregare alla propria influenza più gente possibile; per Gesù ogni segno deve essere una occasione per introdurre nella nostra realtà la "bella novità del regno di Dio". Farisei ed Erodiani, non vogliono capire; i suoi discepoli non riescono a capire, per cui restano solo i segni a testimoniare che Gesù è il nostro vero pane, un pane buono per tutti, dato in abbondanza e condiviso in modo di essere spezzato e donato per ogni fratello.


lunedì 14 febbraio 2022

Slancio missionario

Atti 13,46-49 e Luca 10,1-9
Santo Cirillico e Metodio patrono d'Europa



Chiedere al Signore della messe di inviare operai nella sua messe significa chiedere in primo luogo che ciascuno di noi sia operaio della “Sua” messe, cioè di quella del Signore, e non della nostra. Poi occorre aggiustare il tiro, cioè abbandonare quell'idea malsana che l'annuncio universale corrisponda a un "totale proselitismo", quasi una esperienza di conquista di nuovi popoli alla fede, ovvero una omologazione cristiana. La salvezza non dipende dal numero delle adesioni!
Il senso dell'annuncio e di ogni slancio missionario, sta nella sete che Gesù ha del nostro amore, ha sete e desiderio di raggiungerci: ecco perché nomina settantadue persone e le manda in ogni luogo a portare Lui e la pace. Il Signore ci invita ad “andare senza nulla portare”, a mollare gli ormeggi dell’orgoglio, della nostre convinzioni e sicurezze per portare solo Lui. L'annuncio del regno dei cieli si esprime nel desiderio di condividere una grazia ricevuta, la vita vera nella nostra vita: abbiamo assaggiato Gesù e ci è piaciuto.


domenica 13 febbraio 2022

Tra la beatitudine della povertà e i guai della ricchezza.

Geremia 17,5-8; Salmo 1; 1 Corinzi 15,12.16-20; Luca 6,17.20-26


Se siamo sinceri, noi tutti ci confrontiamo con il problema (che per noi è tale) della povertà e con l'aspettativa speranzosa della ricchezza. Chi vuole essere povero ... Nessuno! Chi vuole essere ricco ... Tutti!
Il magistero attuale della Chiesa, nella Fratelli Tutti dice: "È aumentata la ricchezza, ma senza equità, e così ciò che accade è che nascono nuove povertà".
Ricchezza e povertà generano una frattura insanabile nella conduzione di vite dell'umanità. Ma questo anche tra noi. Quante divergenze, attriti e liti ci sono a causa della "ricchezza"?
In effetti dobbiamo ammetterlo, l'economia e la finanza che generano flussi di ricchezza e che incoronano gli uomini e le donne più ricchi del pianeta, si alimentano sul principio dell'investimento e del profitto, non per tutti ma per pochi. Non è un caso, infatti, che alla concentrazione della ricchezza nelle mani di alcuni, corrisponde l'aumento delle povertà come condizione dilagante del mondo globalizzato.
Questa nostra realtà è desolante, la ricchezza non sta producendo un benessere diffuso, ma soprattutto delle ingiustizie e delle disparità a tutti i livelli; il nostro è un mondo che guarda al profitto e che non esita a sfruttare, a scartare e perfino ad uccidere per denaro.
Di fronte a questa analisi come risuonano, e che interazione hanno le parole della scrittura?
Maledetto l'uomo che confida nell'uomo ...
Benedetto l'uomo che confida nel Signore ...

Espressioni estreme, biblicamente determinanti, quasi dirompenti, non ci sono mezzi termini ... Accostare le parole di Geremia al Vangelo di questa domenica ci permette di leggere e attualizzare in modo non convenzionale le beatitudini secondo Luca.
La maledizione ovvero l'esperienza di una vita chiusa al mistero di amore di Dio, non ha prospettiva di eternità, ma tutta si consuma nell'auto generazione della felicità ... L'uomo che pone in se stesso ogni attesa e prospettiva è obbligato a rincorre una felicità frutto delle proprie mani ... È l'uomo che può vantare di essersi fatto da solo, in questo orizzonte possiamo collocare l'espressione di Gesù: "guai a voi ricchi!"
La beatitudine al contrario parte dall'esperienza del limite dell'uomo, dal proprio sentirsi inadeguato e bisognoso di essere sostenuto, custodito, e soprattutto amato. Io, dove trovo una certezza superiore alle mie possibilità? Non sono io a trovarla, ma è Dio a offrirmela. Io da solo non potrò mai dare compimento a me stesso; quindi, io non potrò mai generare una felicità vera e duratura! Ma se è Dio stesso a donarmela, offrendo sé stesso come compimento della mia ricerca? Tutto questo è il cammino di chi si affida a Dio, e si ritrova nelle parole di Gesù: "beati voi poveri!"
Allora, beati voi poveri che avete uno stile di vita povero, non certo per la condizione disumana, ma perché riuscite ad affidarvi a Dio nella vita, e lo incontrate in quelle vicende che non procurano una gratificazione immediata, come anche non una felicità facile da raggiungere.
Ma guai a voi ricchi, cioè voi che avete lo stile di vita del ricco; perché essendo ricchi ponete nella ricchezza il vostro desiderio di felicità; così non accogliete Dio nella vita; non vi affidate a lui, e non comprendete che Lui, il Signore dell'universo, sceglie il cuore del povero per abitarvi.
Ascoltando queste parole, non possiamo limitarci ai pensieri di giustizia sociale, ma dobbiamo sempre riconoscere che in queste parole tocchiamo Gesù, nei suoi pensieri e nei suoi sentimenti; entriamo anche nel suo sguardo, in ciò che Lui vede come radice dei nostri mali: il nostro egoismo, la nostra avidità e voracità, la nostra insensibilità.
L'annuncio del regno dei cieli, iniziato a Nazareth nella sinagoga, si concretizza nella esperienza di ricchezza e povertà che Gesù nella sua vita ci offre come amorevolezza e gratuità, che sono l'antidoto contenuto nella povertà; antidoto capace di vincere l'egoismo e la morte che si annidano nella ricchezza.
Quel grido di Gesù è un avvertimento allo stile del ricco; è un mettere in guardia dall'egoismo che si trova nella ricchezza, un egoismo che accaparra tutto con avidità, per dominare sui fratelli, con la presunzione di essere superiore a tutti. Chi è povero invece, trova nel grido di Gesù l'origine della sua beatitudine, perché si riconosce nella possibilità di amare e donare tutto, fino al dono di sé stesso nel servire gli altri con umiltà. Noi ci intestardiamo pensando che il mondo sarà salvato dalla ricchezza derivante dal denaro e dal potere, ma in realtà sarà la povertà a generare la guarigione del nostro mondo, quella povertà di cui parla Gesù.

sabato 12 febbraio 2022

Pane e amore

1 Re 12,26-32; 13,33-34 e Marco 8,1-10


La narrazione di Marco della moltiplicazione del pane, mette in evidenza, da subito, una duplice criticità: la fame e una carenza cioè la mancanza di cibo per sfamare tanta gente. Ma ciò che sfugge a fronte di un limite che è tutto nostro è proprio il grande numero di uomini e donne che si stringono attorno a Gesù e che rimangono, nonostante tutto, vicino al maestro. Come dire: ciò che importa non è la nostra fame (bisogni, fragilità, limiti) ma la tua vicinanza, esserti accanto. È in questa situazione che si evidenzia la compassione di Gesù. La sua compassione è capace di darci il pane per la fame,ma soprattutto l'amore che moltiplicandosi, è talmente abbondante che supera ogni nostra attesa e colma ogni nostra carenza, per essere cibo di vita eterna. È bellissimo poter cogliere nel miracolo del pane moltiplicato, quella dimensione che va oltre la semplice necessità concreta, per la quale basta un miracolo, e tutti sono contenti e tutti si meravigliano; questo "miracolo" invece, ci apre alla possibilità di sperimentare la vera compassione di Dio per noi, la sua vicinanza per sempre in un amore eterno e irriducibile.

venerdì 11 febbraio 2022

Facessimo bene ogni cosa pure noi!

1 Re 11,29-32; 12,19 e Marco 7,31-37


"Ispira le nostre azioni, Signore, e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostro parlare ed agire abbia sempre da te il suo inizio e in te il suo compimento ..."
Questa preghiera della liturgia, esprime con semplicità ciò che la gente percepisce dell'agire di Gesù:"Ha fatto bene ogni cosa"; parole che alludendo ai miracoli di guarigione appena compiuti ci danno anche il senso della vita del Signore.
Che cosa percepisce la gente? Credo l'intima relazione tra agire e volontà del Padre: Gesù alza gli occhi al cielo prima di compiere i segni. Ecco allora che l'agire di Gesù è denso dell'amore del Padre, che si rivela e diffonde anche attraverso questo suo agire.
È possibile allora che anche il nostro agire sia sazio dell'agire amorevole del Padre?
La preghiera della liturgia lascia intendere proprio questo, e anche di più; cioè che ogni nostro agire non si compie semplicemente in ciò che realizza ma giunge a compimento dell'agire di Dio stesso. Questo significa che noi non siamo semplici esecutori o mediatori dell'opera di Dio, ma come Gesù stesso, siamo parte, in ogni modo, dell'agire del Padre. Ecco allora che il nostro agire non ha solo una qualità morale, ma ben di più ...


giovedì 10 febbraio 2022

Esclusione e inclusione?

1 Re 11,4-13 e Marco 7,24-30


A una prima e immediata lettura sembrerebbe che questa pagina di Vangelo voglia condurci all'idea di una esclusività del "Pane dei Figli"; quasi a suggerire una impossibilità per chi non crede, di chi non appartiene al popolo di Israele, di accedere a quella condizione che identifica i Figli. Ma il dialogo non si arresta, il dialogo tra la donna sito-fenicia e Gesù mette a margine ogni esclusione per proporci invece l'inclusione in forza delle "briciole". Come leggere questa pagina di Vangelo nella comunità dei discepoli di Gesù di ieri, come anche di oggi?
Una lettura corretta potrebbe portarci al superamento degli steccati, dei settarismi, delle preclusioni ideologiche e di ogni distanza, per appropriarci della benedizione e della promessa fatta ad Abramo: "Sarai padre di molti popoli" ... "Di una discendenza numerosa come la sabbia del mare e le stelle del cielo"; è in questa prospettiva che si rivela e si rende evidente l'identità - anche inespressa - dei figli: l'attrazione e il desiderio di nutrirsi anche solo delle briciole.  La fede della donna è una condizione esistenziale insindacabile, che gli permette di gettarsi ai piedi del Signore, di contentarsi delle briciole del Pane di Vita per ricevere il Centuplo nella vita della figlia, ora non più sua, ma vera Figlia.

mercoledì 9 febbraio 2022

Sotto il suo sguardo

1 Re 10,1-10 e Marco 7,14-23


Quando la prima comunità credente, ripensa alle parole di Gesù, certamente non ha tralasciato questa sottolineatura che il Signore ha proprio rimarcato con estrema forza: "Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro ..."
L'incapacità di capire, è la resistenza che mettiamo nel consegnare a Lui il nostro cuore. Quando viviamo per noi stessi, nella gratificazione dei nostri desideri e nella realizzazione dei nostro progetti, escludendo una relazione autentica e piena con il Signore, è estremamente facile che il nostro cuore si appesantisca e si ripieghi su se stesso. La prima comunità credente, intuisce che: "i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza", non sono semplicemente dei peccati, ma l'espressione di un cuore chiuso in se stesso nel proprio limite e fragilità. Quando il nostro cuore accoglie la parola dei Cristo, e gli permettiamo di prendervi casa, da dentro di noi, nonostante le tante nostre inadeguatezze, ci sarà sempre una suggestione, un richiamo e uno sguardo che ci conduce alla verità di noi stessi: saremo sotto il suo sguardo.

martedì 8 febbraio 2022

Gesù un grande "rompi" ma secondo carità

1 Re 8,22-23.27-30 e Marco 7,1-13

Gesù non scende a mediazioni o a compromessi, soprattutto con coloro che non sono con lui per "toccarlo", come la folla che ieri invocava nella fede un aiuto nel limite e nella fragilità; davanti all'intrigo, alla mormorazione e al moralismo che vuole imbrigliare senza lasciare la libertà di un agire secondo carità, di fonte a un avvicinarsi al maestro che è tutto un accalcarsi che vuol farsi accerchiamento, maldicenza, speculazione, domanda a trabocchetto, Gesù non cede e mostra tutta la da determinazione. Ciò che ieri era unità di cuore, oggi è divisione e mormorazione in nome di un “si è fatto sempre così”, tanto falso quanto ipocrita. Gesù non mostra neppure mezze misure di fronte alle ostinazioni che sono frutto della ipocrisia e della durezza del cuore.
Questa immagine così forte, richiama anche tutti noi per una determinazione che non è solo forza, ma è capacità critica di agire, non per i nostri interessi ma per la carità, non per sottrae come "korban" ma per condividere una esperienza di fede che coinvolge pienamente il cuore e la vita. Spesso il nostro senso religioso è ancora oggi, fatto più di regole e limitazioni piuttosto che di un vero e proprio superamento delle formalità, o come dice il Papa del clericalismo.

lunedì 7 febbraio 2022

Toccare almeno il lembo del mantello

1 Re 8,1-7.9-13 e Marco 6,53-56


Quelle persone accorse da ogni parte, desiderano riuscire a toccare, almeno, il lembo del suo mantello, perché hanno fede, di guarire. In realtà il testo di Marco dice che la gente lo supplicava di poterlo toccare ...
Toccare il suo mantello ... toccare la sua carne, la sua stessa vita. La nostra fede non è astratta - come ci ricordava anche ieri sera, papa Francesco -; il nostro credere non è una mistica spirituale, ma conseguenza dell'incarnazione del figlio di Dio.
Per avere fede, per sperimentare cosa significa credere, occorre entrare nella concretezza del toccare, cioè prendere parte, compatire, assumere.

Toccare il lembo del mantello, "guarisce la nostra vita"; toccare Gesù ci sottrae al potere della mondanità; il solo desiderio di toccarlo disperde ogni forma di clericalismo e rigidità religiosa, di cui con facilità ci rivestiamo. Avere il desiderio di toccare Gesù, o anche solo permettere a quel desiderio di abitare in noi, è causa e inizio della nostra conversione; è rivoluzionare i nostri progetti, è darsi altre scale di priorità e di valore. Stare di fronte alla carne del Signore, con la mano tesa, fa della nostra supplica una occasione di grazia.

domenica 6 febbraio 2022

Pescatori di cosa?

Isaia 6,1-2.3-8; Salmo 137; 1 Corinzi 15,1-11; Luca 5,1-11


Lettura della realtà:
Oggi è drammaticamente vero:"Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla". 
La Chiesa di oggi, erede e prolungamento di quanto iniziò a quel tempo in Galea, con estrema facilità può fare l'elenco dei fallimenti accumulati in oltre 20 secoli, può cioè elencare fatiche e ferite.
A sentire tanti non credenti e non praticanti, ma anche tanti credenti, la Chiesa più che essere un segno di speranza e di giustizia, sembra la sommatoria di tante sconfitte e di ciò che umanamente occorre biasimare.
Non credo che la lettura critica possa rappresentare l'essere della Chiesa e il suo percorso da quando sul lago di Galilea il maestro ha iniziato questo viaggio nella storia, nella vita, che continua fino ad oggi.

La Parola di oggi:
Mi voglio immergere in questa narrazione del Vangelo e riappropriarmi della forza delle origini, quando quel maestro di Galilea - che un po' alla volta cresceva di popolarità - si trova a predicare la novità che è il regno dei cieli, e a parlare di Dio come di un Padre, ma lo fa da un pulpito o un altare, ma da una barca ormeggiata al piccolo molo di legno del porto di Cafarnao.
È una immagine povera, cioè semplice e concreta. Gesù vive la vita dei pescatori, abita gli stessi spazi quotidiani, incontra quella gente e non altra gente. Anche Pietro è quello che è, come anche Andrea, Giacomo e Giovanni, cugini e soci al tempo stesso, in una piccola impresa famigliare di pesca; ma su loro quattro cade una scelta, una preferenza. Da quella scelta, da quella preferenza di Dio, nasce tutto ... Soprattutto si sprigiona lo stupore per una Chiesa che dovrà essere capace di "pescare uomini".

Dal Vangelo a noi ...
Ecco Gesù parte dalla concretezza della vita comune, è immerso in quella vita, coglie il limite della fatica, che tutto mette in ombra e prolunga l'effetto della notte: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla".
Oggi noi cristiani, discepoli di Gesù, al pari di Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, stiamo facendo la fatica della pesca nella notte, in cui nulla si ferma nelle reti, tutto sembra scivolare via, il tempo passato con le sue glorie, come anche la paura del presente e il dubbio e l'incertezza del futuro. Ma è proprio in questa situazione paradossale che Gesù chiede di gettare le reti fidandoci di lui. C'è qualcosa di stupendo di meraviglioso nelle parole del Signore, è il loro essere per sempre, il loro attraversare il tempo e la storia ed essere un invito anche per noi oggi a gettare le reti, nonostante una notte faticosa di pesca infruttuosa.
Questo non significa ritornare indietro nel tempo e recuperare i fasti di una Chiesa socialmente rilevante, ma significa generare oggi una Chiesa capace di vivere i sentimenti di Gesù. Faremo ancora tanta fatica ma se accettiamo di gettare le reti e di pescare, sulla sua parola, la conseguenza sarà una abbondanza, cioè un di più rispetto a quanto noi ci aspettiamo.

Gettare le reti ...
Cosa significa per noi oggi - discepoli azzoppati dagli eventi, e screditati da tante colpevoli meschinerie - prendere il largo e gettare le reti sulla sua parola, se non testimoniare il nostro essere legati a lui; l'essere coinvolti con Cristo, ed essere disposti a sporcarci le mani e a fare la fatica di questa pesca, per fare conoscere agli uomini e donne d'oggi, il senso di questa realtà, di questo mondo e di questa nostra vita, preannuncio di una eternità beata oltre il limite del tempo. Questo sporcarci le mani significa avere il coraggio di tenderla chi è scartato; accogliere chi è profugo; non discriminare chi è per molti un "diverso"; non scandalizzarsi del limite dei fratelli e anche della criticità di chi non crede o non riesce a credere. La pesca non è selettiva ... è semplicemente abbondante.

La risposta di Gesù a Pietro ...
Che bella risposta ha dato Gesù a Pietro di fronte alla sua incapacità di pescare:"Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore"; come dire: "io non sono capace per quello che mi chiedi"; anche noi, nessuno di noi è capace o adatto per ciò che Gesù chiede; eppure Gesù parte proprio da questa presa di coscienza per fare di noi dei discepoli capaci di tessere una rete che trattenga il cuore dei figli Dio nell'abbraccio del Padre: questi sono i pescatori di uomini, oggi!

sabato 5 febbraio 2022

Che vita è?!

1 Re 3,4-13 e Marco 6,30-34


Quando pensiamo alla "pastorale", immediatamente la identifichiamo con l'agire della comunità o peggio ancora con l'esserci della Chiesa; con immediatezza tutto si concretizza nelle cose da fare, siano esse concrete e pratiche come anche spirituali o intellettuali. L'immagine che la narrazione del Vangelo ci offre, è ben altra: dopo l'invio dei dodici, ciò che il gruppo sperimenta è il modo in cui la loro missione non rimane una fatica ed un agire, ma si trasforma in una occasione della loro vita.
L'agire pastorale, cioè l'annuncio del regno dei cieli, in realtà si riempie di intimità e di amicizia: "Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’".

Gli apostoli si riuniscono intorno a Gesù, e la fiducia che hanno nel mettere tutta la vita nelle sue mani diviene la forza e la motivazione che sorregge le fatiche e le scelte; tutto si pone a servizio della compassione per quella folla: "... egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose".

venerdì 4 febbraio 2022

Noi stessi facciamo "circolare" il regno

Siracide 47,2-13 e Marco 6,14-29

Intrighi, cospirazioni, complotti ... Non è una cronaca a se stante, ma l'evangelista la colloca all'interno della narrazione di ciò che accade in Galilea: Gesù a Nazareth viene respinto; invio dei didici nei villaggi vicini ...; il ritorno dei didici e la moltiplicazione dei cinque pani e dei due pesci; Gesù cammina sulle acque; tutti vogliono toccare Gesù. È questo contesto che permette di cogliere una sfumatura: il regno dei cieli si inserisce, o meglio è parte della realtà pur distinguendosi totalmente dalla realtà. Il regno dei cieli è relazione famigliare, amicizia, incontro, ricerca, attesa, pane e pesci, ascolto, guarigione ed è toccare con mano il suo mantello ... Ma tutto questo è l'amore/amorevolezza nella vita. Quando l’amore non è più amore e si piega invece alle logiche del consenso e del potere, assume le maschere grottesche della lussuria, dell’invidia, dell’odio e della sopraffazione. L'evangelista Marco ci mostra come contestualmente al regno, chi vive per sé stesso, nel suo palazzo, nella sua cerchia ristretta, nel garantismo del proprio potere ... alla fine soffoca anche quella flebile amicizia che Giovanni sembrava istillare nel cuore di Erode. Ma il regno dei cieli, in Galilea non viene meno.

giovedì 3 febbraio 2022

Priorità assoluta

1 Re 2,1-4.10-12 e Marco 6,7-13


Non credo che l'evangelista Marco si sia soffermato sull'invio dei 12 discepoli, per fare un quadretto edificante circa l'annuncio del regno; piuttosto per mettere un chiaro riferimento, per una comunità che deve essere annuncio vivo, di cosa è essenziale e prioritario per farlo.
Di fronte ai nostri progetti pastorali, urge una vera conversione di stile; i piani pastorali non portano all'obbiettivo dell'annuncio, alla fine il progetto rischia di diventare una scatola, solo un contenitore di iniziative e proposte.
Come si fa allora a convertire, a scacciare i demoni, a ungere e guarire gli infermi? Si fa radicati in Cristo: denudati di tutto e pieni solo di Lui. Occorre recuperare una strana consapevolezza, quella della forza della purezza e della  povertà, grazie alle quali trova fecondità il vangelo. L'annuncio si fa insieme a Lui,mandati con lui, perché Gesù è amore: e testimoniarlo significa custodirsi, volersi bene, sostenersi a vicenda sapendo che Lui ci manda, ci accompagna, ci attende alla fine.

mercoledì 2 febbraio 2022

Presentazione del Signore

Malachia 3,1-4 e Luca 2,22-40


Una liturgia quella di oggi, carica di compimento, attesa e speranza. Compimento di tutto ciò che le profezie hanno riecheggiato nei secoli e che ora trovano pienezza; attesa per ciò che quel bambino rappresenta in riferimento alla salvezza di ciascuno; speranza viva, perché ogni desiderio di vita e di amore nelle parole di Simeone e di Anna diventano realtà e non una illusione, una ipotesi possibile.
Il compimento per me oggi cosa rappresenta; rileggere e meditare una profezia antica che cosa significa per me oggi? Riesco a sentirmi anche io coinvolto nel compimento di quelle profezie, come se quelle promesse sono oggi  anche per me nonostante il tempo trascorso?
L'attesa supera ogni avvento liturgico e diviene uno stile della vita incamminata verso l'eternità? Quanto l'eternità di Dio l'orizzonte del mio attendere?
E la speranza ... supera la dimensione dei sentimenti, della realizzazione del futuro e delle personali aspettative, per esprimere in forza della fede, la certezza della vita eterna e il raggiungermi quotidiano della grazia di Dio, cioè del suo amore misericordioso. È una giornata carica di domande ... Forse, è una giornata che merita almeno una risposta.

martedì 1 febbraio 2022

Ci sono ancora i miracoli?

2 Samuele 18,9-10.14.24-25.30;19,1-4 e Marco 5,21-43


Giàiro chiede con insistenza a Gesù il miracolo di salvare la sua figlioletta, che sta per morire. Davanti a Gesù c’è un padre che si trova ad affrontare un enorme dolore: la morte di una figlia, di un figlio può fare impazzire di dolore un genitore. Al solo pensiero ci sentiamo attraversati da una paura sotterranea: è lo sgomento che persone così preziose per la nostra vita, come un figlio o una figlia, possano venire a mancare. Ci può essere una fede che resiste alle difficoltà della vita anche quando sono estreme, come la perdita di un figlio, il venir meno di una persona cara? Possiamo chiedere un miracolo una guarigione, perché questa richiesta fa parte della nostra natura umana e del nostro essere nel tempo. Ma che cosa rappresenta questo chiedere un miracolo? Il miracolo ha come obiettivo la piena felicità, la vita vera; il miracolo è il superamento del limite rappresentato dalla morte. Ma pregare per un miracolo non è solo chiedere il ribaltamento delle realtà della terra, ma è come fare entrare nel tempo il mistero eterno dell'amore di Dio Padre. Gesù di fronte a Giairo, preannuncia come Lui sia la Vita vera; con lui la morte non esiste più. Se ci mettiamo in ginocchio davanti a Gesù, se crediamo che lui possa essere la soluzione al nostro grido, allora siamo salvati e diventiamo miracolo visibile, segno di vita per chi amiamo. La fede compie miracoli.