lunedì 31 gennaio 2022

Che cosa hai fatto per noi?

2 Samuele 15,13-14.30; 16,5-13 e Marco 5,1-20


Non è certo facile assimilare l'indemoniato a noi e alla nostra "bella vita". Ma forse ci sono aspetti che ci appartengono inevitabilmente: la solitudine che spesso accompagna la nostra quotidianità, "è il dimorare gli spazi di morte di abbandono"; lo scarto di cui siamo artefici e vittime, "nessuno riusciva più a domarlo", a incontrarlo; la fragilità delle nostre relazioni, dei nostri affetti, "giorno e notte gridava percuotendosi". Questo uomo è posseduto: appartiene alla sua solitudine esistenziale, al suo peccato e al suo limite umano; appartiene alla frantumazione dell'essere; appartiene a colui che lo ha disgregato, a chi lo fa a pezzi ogni giorno della vita. Anche in questo caso Gesù compie quel miracolo che è liberazione: tutta quella solitudine e disperazione la mette in una mandria di maiali. È la solitudine e l'incomprensione che era di quell'uomo, che ora Gesù la porta con se sulla barca, la porta lontano da quel luogo, dove il divisore è stato vinto.  Portandosi Lui la nostra sorte di solitudine e di incomprensione, egli mostra come il suo desiderio è la nostra vera liberazione da tutto ciò che ci tormenta. Oltre alla comprensione del brano, occorre accostarsi a questa Parola, con la giusta sensibilità rispetto al mistero della fragilità umana, e accettare che questa interagisce con la nostra esistenza; è questa condizione di fragilità che diventa lo spazio in cui il mistero di Dio prende casa e si manifesta come compassione e misericordia.

domenica 30 gennaio 2022

Se ne va tra la nostra indifferenza!

Ger 1,4-5.17-19; Sal 70; 1 Cor 12,31-13,13; Lc 4,21-30

Dopo averlo ascoltato in quelle poche parole nella Sinagoga: "Oggi si è compita questa scrittura nei vostri orecchi”, tanti hanno preso le distanze; quello che dice Gesù è di scandalo, e di conseguenza nulla si realizza in loro: "è meglio non avere nulla a che fare con te, con il figlio del falegname, perché quello che dici, non siamo in grado di capirlo e soprattutto di accettarlo".
Ma Gesù dimostra come la grazia, le sue parole, tocca tutti coloro che sono disposti ad accoglierlo, allo stesso modo in cui la grazia ha operato per la vedova di Sidone e per Naaman il siro.
Chi desidera davvero incontrare il "Cielo", prima o poi riconosce il volto dell'unto di Dio, riconosce il volto del figlio del falegname, il figlio di Giuseppe di Nazareth.
Le parole del Vangelo dicono che oggi la scrittura si compie anche nei nostri orecchi e quel programma di liberazione di riscatto e di guarigione, Gesù lo realizza a partire dal nostro ascolto; non è che noi dobbiamo credere di realizzare quella parola e attualizzarla; ma è la parola che ci realizza e ci attualizza, se la ascoltiamo.
A differenza di ciò che accade a Nazareth, Il rischio più grande che corriamo oggi non è conoscere Gesù e la sua parola, e scandalizzarci di lui, ma è di rimanere indifferenti alla notizia che Lui è davvero Via, Verità e Vita. Il vero rischio oggi è la nostra indifferenza di fronte al Signore.
È una indifferenza - non frutto di cattiveria - ma è come un morbo che ci sta trasformando, che aggredisce il cuore e si impadronisce della vita del credente.
Non siamo cattivi, ma ci ritroviamo incapaci di amare e incapaci di comprendere gli altri, soprattutto del più prossimo e dei loro bisogni; ne restiamo indifferenti “forse perché l’amore di Dio” non è ancora entrato nei nostri cuori.
Dando compimento alla profezia di Isaia, Gesù ci dice che "l’amore di Dio va sempre per primo, perché è amore di compassione, di misericordia”.
Ma di che cosa è fatta la nostra indifferenza?
È fatta delle nostre soddisfazioni apparenti: non ci manca nulla; inoltre ci sentiamo sicuri in questa vita, e poco preoccupati per quella eterna, perché ci illudiamo del nostro andare a Messa tutte le domeniche, e ci reputiamo eroicamente anche dei buoni cristiani.
Come manifestiamo questa indifferenza?
Si esprime in una forma di apatia per il mistero; un distacco che nasce dalla autonomia rispetto a Dio: Dio non lo invoco nella debolezza, nella prova, nel pericolo, ma tutto si risolve nella possibilità scientifica e della tecnica.
Vivendo da differenti, diventiamo freddi e incapaci di emozionarci nella vita quotidiana e nella vita comunitaria. Ma tutto questo si traduce nella incapacità prima e impossibilità poi, di vivere la relazione che il Signore ci offre. La sua amicizia non è un affetto virtuale, ed emozionale. San Paolo ci illumina rispetto alla concretezza dell'amore che da senso e forma all'amore di Gesù per noi.
Ma l'indifferenza è proprio negazione dell'amore ed è il male che entra nello stile della nostra vita credente e ci porta sempre a distogliere lo sguardo da dove invece guarda Gesù con quello sguardo di amore interessato alla felicità di ciascuno. Gesù ci obbliga alla compassione se vogliamo vincere l'indifferenza. Dobbiamo vincere la battaglia con la nostra indifferenza e non lasciare che Gesù passi in mezzo a noi, passi nel nostro silenzio e se ne vada ancora, continui altrove il suo cammino.
Cosa potremo mai essere con la nostra indifferenza?
Un discepolo indifferente è capace di generare solo un Gesù irrilevante.

sabato 29 gennaio 2022

... siamo perduti!

2 Samuele 12,1-7.10-17 e Marco 4,35-41


La tempesta sul lago, immagine della fatica del quotidiano, della fragilità e dell'impatto con i nostri limiti. Tutti affrontiamo la navigazione nella tempesta e nostre diventano le parole dei discepoli: "Maestro, non t’importa che siamo perduti?"
È questa esperienza che umiliandoci ci frantuma e ci mette di fronte alla nostra completa inadeguatezza.
Ma Gesù sta proprio nelle nostre tempeste, nelle nostre vite, nelle nostre fragilità; sta in quella barca addormentato sul cuscino, come anche risvegliato dalla preoccupazione dei discepoli, e ci invita a non aver paura, perché è la sua presenza che trasforma il dolore in dono di salvezza; trasforma la tempesta sul lago in un "spazio-tempo" navigabile. A volte la tempesta ci coglie inaspettatamente; altre volte anche il Signore si accosta in modo del tutto inaspettato; l'importante è vivere il tempo e la sua venuta; alleniamoci ad accogliere Gesù anche quando viene in modo inaspettato, anche quando sembra comportarsi in modo contrario o addirittura avverso alle nostre aspettative. Gesù ci chiede comunque di aver fede in Lui, di non aver paura di navigare il mare in burrasca, di vivere il presente con fede vigile.

venerdì 28 gennaio 2022

Dove vediamo questo regno

2 Samuele 11,1-4.5-10.13-17 e Marco 4,26-34


L'immagine della parabola descrive o indica il regno di Dio?
Cioè descrive una conduzione di realtà nel suo realizzarsi oppure è una rappresentazione fantasiosa di un concetto astratto, o meglio teologico, che coinvolge il mistero della fede. Oppure indica una esperienza concreta in cui il mistero di Dio, la sua vicinanza sempre si rende efficace e reale.
Credo di poter affermare che il regno di Dio sia totalmente coinvolto nelle realtà minime della nostra esistenza. Legato alla vita che scorre, silenziosamente, di giorno e di notte per poi esplodere in tutta la sua bellezza; oppure anche come seme, piccolissimo - come certe esperienze, certe scelte -, che poi però fa nascere un arbusto in grado di dare ombra e riparo a tutti. Il Regno di Dio è la pazienza di chi attende il naturale crescersi e svilupparsi delle cose e del nostro cuore; il Regno di Dio è l’attenzione alle cose piccole, e la misericordia di fronte alle fragilità, è l'incoraggiamento quando siamo incapaci e limitati; il regno dei cieli è riconoscere il percorso di conversione e maturazione che ciascuno di noi compie lasciandosi portare a pienezza dall'amicizia di Gesù, dalla relazione con lui.
Il buon seme, che è il Signore stesso, gettato nel campo del nostro cuore, mette radice e genera, in noi, quel progetto di Dio che è fatto di amore e libertà. È questo amore e questa libertà che producono frutti che portano l’impronta ed il segno del regno di Dio.

giovedì 27 gennaio 2022

Facciamo realmente attenzione …

2 Sam 7,18-19.25-29 e Marco 4,21-25


Facciamo realmente attenzione a ciò che ascoltiamo? Qual’è lo spazio dell’ascolto nella nostra vita quotidiana?
Se tutti i giorni avessimo la costanza di accostarci alla Parola per leggerla e ascoltarla, che cosa di noi risuonerebbe in forza dell’ascolto interiore? Ci accorgeremmo di come, giorno per giorno, la Parola sarebbe capace di formarci e di portare a pienezza il nostro cammino di fede.
Sì, perché inizieremmo a percepire come la nostra misura delle cose passerebbe da noi stessi a ciò che la Parola ci propone: pensieri, desideri e sentimenti dì Gesù.
Ci stupiremmo di come la Parola, nell’ascoltarla ci illuminerebbe in profondità e rivelerebbe tutto di noi: fragilità e limiti, ma anche possibilità e doti personali.
L’ascolto ci aprirebbe alla comprensione dì ciò che ciascuno è in relazione alla vocazione ricevuta e all’annuncio del Vangelo: che prima dì tutto è fare della nostra vita una bella vita insieme a Gesù. Una bella vita non in senso dì perfezione, ma bella perché si lascia affiancare dal Signore, e si lascia interrogare da lui; bella e calda perché scaldata da quella Parola che entra nel nostro cuore portando la giustizia dell’amore, che ci permette di essere una buona misura della vita anche dei fratelli.
Oggi il sentimento che sgorga dall’ascolto della Parola non può che essere quello della gratitudine … oggi misuriamo con la gratitudine.

mercoledì 26 gennaio 2022

Al cuore dell'annunciare

2 Tm 1,1-8 e Luca 10,1-9


La prassi pastorale, ci ha inaridito; l'Istituzione Chiesa ha svuotato lo slancio missionario. L'invio dei settantadue non ha nulla a che fare con certe esperienze di colonizzazione della fede che nella storia cristiana hanno colorato il tema: "annuncio del Vangelo". Nel progetto di Gesù, sembra di poter leggere un intento particolare: preparare la sua venuta, il suo giungere; ecco allora che i settantadue, entrano nelle città, nei villaggi, intrecciano la loro vita con la vita della gente, e condividono con loro quella esperienza che hanno fatto del Signore. Che cosa caratterizza questo momento di annuncio? La relazione bella, gratificante e libera, come anche l'eventuale rifiuto, che può lasciare il cuore aperto all'incontro con il Signore. Nella lettera a Timoteo, Paolo, parla della fede di questo suo figlio, a cui ha imposto le mani, non certo come di un tesoro di sapienza e di norme osservate, ma ci rappresenta prima di tutto, il vincolo di sentimenti e di amicizia che in cui abita la fede comune  in Gesù: "Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia".
Oggi di fronte a questa Parola, possiamo immaginare che Gesù voglia mandare anche noi, a preparare la sua venuta, il suo arrivo. Egli desidera che noi lo precediamo per annunciare la Parola, che è pace, salvezza, misericordia, vicinanza intima e affettuosa, vita donata per la vita eterna. Gesù non manda Parole, fredde o scritte ... Gesù manda la sua Parola nella carne di altre persone, attraverso le scelte, la libertà e la vita di altri ... Che solo se si è fatta esperienza dell'amore di Cristo, allora possono annunciarlo.

martedì 25 gennaio 2022

Conversione di San Paolo

Atti 22,3-16 e Marco 16,15-18


Ciò che è meraviglioso, oggi, è scoprire che cosa determina la "conversione" in San Paolo?  Che cosa succede, che cosa provoca in Saulo il cammino di conversione che lo porterà ad accettare il battesimo, a purificare il suo stile di vita e a invocare, testimoniando, il nome del Signore?
Al di là degli effetti straordinari della tradizionale caduta, credo che tutta l'esperienza di conversione di Saulo in Paolo, sia scatenata dalla presa di coscienza di essere scelto e amato dal Signore: " ... il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito". Non sono forse queste parole di Anania il contenitore narrativo per dire quanto Saulo è prediletto ed è andato da Gesù?
È l'amore di Gesù per Saulo che dà origine alla sua conversione; è l'amore di Paolo per Gesù che permette a Paolo di testimoniare e proclamare l'amore che Gesù ha messo nel suo cuore: il Vangelo.
Il Vangelo proclamato ad ogni creatura, non è l'abecedario del credente in Gesù, ma è la narrazione di un amore appassionato, l'amore che salva, che libera e ricolma di grazie chi si affida e vive nel nome di Cristo. Ecco che il vangelo di oggi non spinge a pensare cose straordinarie ma a cosa fa l’amore nella vita delle persone. Oggi vediamo che cosa ha generato l'amore di Gesù nella vita di Saulo e che cosa l'amore di Paolo ha generato nella vita di tanti che per suo mezzo hanno creduto in Gesù.

lunedì 24 gennaio 2022

Il più forte del forte

2 Sam 5,1-7.10 e Marco 3,22-30


Quando anche noi facciamo resistenza all'opera dello Spirito e alla forza della Parola di Dio, che quando ascoltata precipita nell'indifferenza se non in un aperto rigetto, si ripete ciò che Gesù riconosce ai suoi oppositori, a quelli cioè giunti da Gerusalemme (120 km di strade polverose attraverso il deserto di Giuda), che esprimono tutta la loro ostilità, camuffata dal rigore della legge e dall'ortodossia della Fede. A loro Gesù svela e mette in luce la divisione del loro cuore. Loro non vivono il mistero di amore che è la presenza di Dio, ma la divisione che Satana - il divisore per eccellenza - produce come frantumazione della verità e della loro amorevolezza. In un certo modo Gesù svela che l'uomo forte, il demonio che loro cercano nel Messia, è in loro, nelle loro parole false e nella loro vita rigida e chiusa; il loro cuore appartiene all'uomo forte. Anche noi abbiamo urgenza che il Signore entri nelle nostre durezze, nella nostra casa; che la saccheggi come solo lui sa fare, e ci aiuti a rimettere ordine nella frantumazione dei sentimenti, dei desideri, delle scelte. Solo lui infatti è il più forte dell'uomo forte che ci ha facilmente conquistati. Ogni volta che Gesù, in noi, vince l'uomo forte, in realtà si realizza l'opera dello Spirito che ci apre alla misericordia e all'amore, che rivela cosa il Padre è capace di operare.

domenica 23 gennaio 2022

Ma che bel programma!

Ne 8,2-4.5-6.8-10; Sal 18; 1 Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21


Mi piace l'immagine che suscita il Vangelo, perché da un lato mi raffiguro Luca nel suo desiderio di darci una testimonianza credibile, di Gesù: lo vedo intento a cercare tra testi e lettere; ad ascoltare testimoni e narrazioni ... Tutto per raggiungere una espressione credibile della vita del Signore e delle sue Parole.
Poi l'immagine immediatamente si trasforma e il protagonista diviene Gesù che si lascia provocare dalle parole di Isaia che nella sinagoga di Nazareth gli vengono offerte da proclamare e commentare.
Sotto certi aspetti Gesù ci racconta che cosa quella profezia di Isaia provoca in lui.
È bello pensare che lo stesso desiderio che ciascuno di noi ha rispetto alla Parola di Dio, lo aveva anche il Signore; pure per lui la Parola risuonava nel suo cuore, nella sua mente e nella sua vita.
Gesù ha cercato con cura quel brano nel rotolo di Isaia - come ogni ebreo conosce bene le Scritture -; lui ha scelto quel passo, dove l'umanità è definita con quattro aggettivi: povera, prigioniera, cieca, oppressa.
Allora Gesù, dopo aver chiuso il Libro, apre la vita, perché da quel momento quelle parole si realizzano, proprio a partire da lui. Ciò che dice Isaia diviene il suo programma: portare gioia, libertà, occhi guariti e la liberazione
Gesù non impone pesi come gli scribi e i farisei, ma li toglie; non porta precetti, ma nuovi orizzonti. Le sue parole nella sinagoga di Nazareth sono parole di speranza per chi è stanco, per chi è vittima e non ce la fa più.
Gesù si rivolge agli ultimi e raggiunge la verità dell'uomo attraverso la fragilità e il limite dell'umano. È emozionante scoprire nel Vangelo, in queste parole del Signore, che il protagonista sono i poveri prima che i peccatori; sono i sofferenti prima di colpevoli; Gesù non è un moralista ma è con noi per la liberazione di ogni uomo.
Da Nazareth parte una rivelazione che è in sé non solo nuova ma è rivoluzionaria: Dio è sceso a condividere la nostra vita fragile e ricca di povertà, ha intrecciato i suoi desideri, i suoi pensieri ai nostri, e il risultato sono le parole di Gesù che risuonano anche per noi e nella nostra vita: non è l'uomo che esiste per Dio ma è Dio che esiste per l'uomo, e considera ogni povero più importante di sé stesso. Noi siamo anche di quei poveri.
Ecco allora che si apre: "un anno di grazia del Signore", un anno di grazia, in cui Gesù non dischiude semplicemente un tempo giubilare, ma rivela la bontà del Padre fatta di benevolenza e misericordia per ciascuno di noi.
Oggi, possiamo vedere come quelle parole diventano la proposta concreta del suo ministero.
Gesù proclama la buona notizia cioè che ognuno è invitato a partecipare alla festa del Regno di Dio. Il solo requisito richiesto per essere nella lista degli invitati è quello di avere Fede in lui. Non esistono discriminazioni. Ecco allora:
- Gesù ci libera dalla paura di tutto ciò che ci può schiacciare e intristire; lui ci vuole gioiosi e felici della vita.
- Gesù ci dona un vedere nuovo, il vedere di Dio, che ci permette vedere, non con gli occhi della religiosità, della morale e della legge, ma con lo sguardo compassionevole di Dio; vedere anche coloro che non ci piacciono più di tanto.
- Gesù è voce che grida giustizia per gli oppressi, una voce che devo fare mia, per gli oppressi di oggi.
- Gesù non aspetta a camminare su questo programma: l'anno di grazia non sarà solo il 2025 - anno giubilare -, ma è il tempo in cui si realizza tra noi il regno dei cieli.

sabato 22 gennaio 2022

Meravigliosa pazzia

2 Samuele 1,1-4.11-12.17.19.23-27 e Marco 3,20-21


La folla si accalca; ancora una volta si ripete quella scena già vista davanti alla casa di Pietro: non si riesce più neppure ad entrare nella casa a causa della gente che si è radunata.
Ma oltre a questo aspetto, un altro non meno importante: il non avere neppure il tempo per mangiare, cioè tempo da dedicare a se stessi, e alle proprie necessità.
Da queste poche parole comprendiamo come nell'immediato la vita di Gesù è stata completamente travolta dalle esigenze della gente, dai loro bisogni; tutto gli hanno riversato, tutti cercano di toccarlo, di ascoltarlo, di possederlo.
Ma proprio in questo contesto di massima popolarità Gesù appare solo e "folle", proprio  a causa della singolare comprensione che ha della realtà.
Ciò che emerge ora, nella vita di Gesù, è che la sua solitudine associata alla incomprensione della sua famiglia, la quale si muove per andare a prenderlo, per ricondurlo alla ragione. Ma Gesù è realmente fuori di sé, non è auto-centrato, non ha manie di grandezza, non ricerca la fama per la sua gratificazione; egli è fuori di sé stesso, per esser il dono, affinché tutti possano avere parte con lui alla salvezza e alla vita eterna.

venerdì 21 gennaio 2022

Chiamati … “privilegiati”?

1 Sam 24,3-21 e Marco 3,13-19


È un privilegio essere chiamati?
Questo brano di Vangelo, a volte, spesso, è stato letto e interpretato nella sua dimensione di esclusività: "Gesù chiamo e costituì quelli che volle". Ma questo tipo dì lettura mi sembra frutto più di una mentalità clericale che dell'interpretazione corretta del testo.
Può essere un privilegio la chiamata, la vocazione sacerdotale?
Che cosa sperimento io, cosa percepisco e cosa ho capito in questi anni?
Se mi sento un “privilegiato”, lo è solo in ragione della particolare vocazione che si distingue come particolarità dalle altre, ma non per questo si gonfia di esclusività. Il “privilegio” di venir chiamati e costituiti da Gesù non fa di me un super-uomo o uno al di sopra degli altri; anzi ne esalta la responsabilità di fronte al dono ricevuto e la libertà dì una risposta per un ministero che è servizio. Alla fine dì tutto, la chiamata particolare è solo conseguenza dell'amore che Gesù ha per me. Ecco allora che essere chiamati non può originare un privilegio, una forma di potere, ma è innanzi tutto per"stare con lui": la vocazione particolare genera intimità col Signore, ed è unicamente fondata sull’amore; il quale rende possibile il ministero nella sua limitatezza e fragilità. E se questo fosse vero per tutte le chiamate, per ogni uomo e donna, perché esclusiva è la vocazione di ciascuno?

giovedì 20 gennaio 2022

Corro per toccarti ...

1 Samuele 18,6-9; 19,1-7 e Marco 3,7-12


Che cosa spinge tutta quella gente a correre da ogni parte per vedere Gesù, per parlare con lui, per ascoltare le sue parole? 
Certe immagini attuali di artisti - cantanti - che attraggono decine di migliaia di giovani ai concerti; oppure le masse oceaniche che si muovono per osannare, ascoltare il proprio leader ... Tutte queste persone che cosa desiderano che cosa cercano?
Non credo semplicemente si tratti di identificare in un personaggio un "idolo", quanto più il riconoscere a quella particolare persona un ruolo, nella nostra vita.
Forse nel nostro cuore oggi, come nel cuore delle folle al tempo di Gesù, c'è la speranza di essere guariti;  forse semplicemente il desiderio di sentirsi migliori; di sentire la vita alleggerita dalla sua pesantezza. Di fronte a Gesù si percepisce il desidero di potergli affidare fragilità limiti, sconfitte e umiliazioni: il fardello ingrovigliato di una esistenza. 
Nelle sue parole, nei suoi gesti, Gesù, ha mostrato una tenerezza che mai prima si era vista. La gente vuole toccarlo, perché Gesù ha toccato teneramente il loro cuore, ed è entrato nella loro vita. Gesù in realtà, fino ad ora ha mostrato il volto nuovo di un uomo che vuole amare ed essere amato. E l’amore mai è violenza, assalto, invadenza,  ma sempre carezza, tenerezza, custodia, rispetto della libertà.

mercoledì 19 gennaio 2022

Siamo già alla fine?

1 Samuele 17,32-33.37.40-51 e Marco 3,1-6

Siamo solo al terzo capitolo del Vangelo di Marco; di Gesù sappiamo ancora ben poco, eppure l’evangelista ci anticipa già la fine della storia: “E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tenero consiglio contro di lui per farlo morire”.
Ma quale è il motivo? Violazione della legge? Profanazione del Sabato? Queste sono le tattiche e le motivazioni ufficiali e legali! Ma tutto dove converge?
Molto più semplicemente Gesù ha teso la sua mano verso colui che, loro, i farisei e gli erodiani, avevano scartato.
Gesù mette al centro un uomo con una mano paralizzata, un uomo fragile, un uomo disabile; lo mette al centro del Sabato, lo mette al centro della Sinagoga e di tutto ciò che la Sinagoga rappresenta; lo mette al centro perché era ai margini … lui e la sua fragilità.
Quel Sabato finalmente diventa il giorno della vera festa, del vero riposo Dio, in cui l’uomo è rigenerato nel suo essere figlio amato dal padre. Ed ecco che di Sabato, Gesù guarisce la mano dì quell’uomo, lo salva dalla sua marginalità. Con quel miracolo Gesù libera l’uomo dal suo limite e salva la sua vita. Questo è il vero Sabato …, quello che non tutti sono disposti a vivere, perché ciò equivarrebbe a perdere il proprio potere sulla gestione del Sabato.
La nostra religiosità deve portarci a un Sabato dì festa e di libertà, di gioia e di vita e non alla gestione di un rito religioso nel rispetto dì tutte le norme che ci siamo dati e imposti.

martedì 18 gennaio 2022

Un "sabato" alternativo.

1 Samuele 16,1-13 e Marco 2,23-28

In base a quello che vedono fare dai discepoli di Gesù, i farisei hanno ragione, quelli stanno infrangendo il "sabato". Ma dietro il loro rimprovero che cosa si nasconde? L'obbedienza ai precetti della legge? L'amore alla legge di Dio?
Spesso anche noi siamo così attenti a sottolineare le infrazioni delle leggi che rivestiamo perfettamente i panni di scribi e farisei ...
Ma che cosa c'è dietro a tanto zelo religioso?
Papa Francesco più volte ci ha richiamato rispetto al formalismo, di facciata e al nostro rigorismo cattolico: State attenti davanti alle rigidità, perché dietro la rigidità c’è qualcosa di brutto, non c’è lo spirito di Dio”.
Anche oggi, per alcuni nella Chiesa e nelle comunità cristiane è molto facile dire che "la santità è in questi precetti, in queste cose", oppure che occorre"fare questo"; e di conseguenza ci viene proposta ancora una religiosità rigida, che ci toglie quella libertà dello Spirito che ci è data nella redenzione di Cristo.
Ecco allora che le parole di Gesù non sono un atto di ribellione ma vogliono andare al cuore della Legge e mettere in evidenza ciò che genera ogni forma di vera osservanza e obbedienza: non una chiusura rigorista nella interpretazione, ma la rivelazione più autentica e vera della Misericordia di Dio. Dio ci è vicino, accanto, e rimane con noi col suo amore misericordioso. Dio sempre è vicino a noi con la sua bontà, e questo suo amore che riempie il sabato di opportunità per l'uomo e non di limitazioni.

Domandiamo la saggezza di accorgerci sempre di questa bellezza e novità che Gesù Signore ci ha donato. 

lunedì 17 gennaio 2022

Di fronte all'ostinata ostilità.

1 Samuele 15,16-23 e Marco 2,18-22


Quante volte abbiamo sperimentato incomprensioni, quante volte di fronte ai nostri migliori oppositori abbiamo sperimentato reazioni ostili e contrarie da parte anche di amici fidati? Non dobbiamo stupircene e neppure amareggiarcene!  Anche a Gesù è toccato avere  incomprensioni; gli è successo - e oggi lo leggiamo nel Vangelo -, persino con i discepoli di Giovanni Battista (suo cugino). Ma Gesù di fronte a questa incomprensione - che diventa sempre fonte di sospetto e sfiducia -, risponde parlando di nozze, della gioia e dello sposo. La gioia che dovremmo provare nello stare con lui, la gioia e il coraggio di cose nuove capaci di smuovere le abitudini e gli atteggiamenti che vanno buttati via (il "si è fatto sempre così"); diversamente sarebbe come un rattoppo su un vestito, come vino nuovo versato in otri vecchi.

domenica 16 gennaio 2022

Se ci manca la gioia?

Is 62,1-5; Sal 95; 1 Cor 12,4-11; Gv 2,1-11


È una immagine bella quella del Vangelo di Giovanni, una immagine che tutti possiamo comprendere e capire. Perché tutti abbiamo partecipato a festeggiamenti di nozze, di amici, parenti ecc... Le nozze sono una festa la cui unica espressione è la gioia.
Ciò che la festa fa emergere e garantire è la gioia di un momento della vita che consacra, in questo caso, l'amore tra un uomo e una donna, il segno più autentico e vero dell'amore di Dio per tutti noi.
Che cosa sarebbe stato la mancanza di vino se non la tristezza, la delusione la derisione, lo scoramento ... Sarebbe stato il segno più evidente del venir meno della gioia di celebrare quei due giovani sposi?
Gesù non si adatta alla situazione, non si mette a consolare cuori affranti, ma colma le coppe di vino buono!
Qualcuno potrebbe dire: "Ma perché sprecare la potenza di Dio per del vino, per una festa di nozze?"
Eppure l'evangelista Giovanni dice che questo è il primo dei segni; ma è quello attraverso il quale i suoi discepoli iniziarono a crede in lui.
Quella festa di nozze esprime la festa di Dio con l'umanità che ama e che ha creato e chiamato alla vita. Gesù pone in quel segno tutta la gioia che Dio vuole per ogni uomo e ogni donna, e nulla deve rovinare, ingrigire la relazione di amore tra Dio e la sua creatura prediletta.
Ecco allora che il vino - che biblicamente è il segno della gioia donata da Dio - nel suo essere abbondante, diviene il simbolo/segno della gioia che Dio ci dona, senza limiti e alla quale non possiamo mai rinunciare ... Altrimenti la festa diventerebbe estremamente triste. A Cana ci sorprende un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura. «Dobbiamo trovare Dio precisamente nella nostra vita e nel bene che ci dà. Trovarlo dentro la nostra felicità terrena». (Bonhoeffer).
Questo Vangelo diviene l'occasione per noi tutti di comprendere come l'annuncio del Vangelo è annuncio di festa, di gioia, della gioia di Dio per tutti i suoi figli, un annuncio che ci è affidato come comunità cristiana, come comunità di discepoli e amici del Signore.  Potrà allora la nostra Chiesa essere una Chiesa triste, con parole grigie, con sentimenti spenti, con riti e celebrazioni noiose?
Quando è che siamo tristi?
Non siamo forse tristi quando ostentiamo un tradizionalismo di facciata, quasi museale?
Non siamo forse tristi quando le nostre parole della Messa non raggiungono più il cuore. Non lo scaldano?
Non siamo forse tristi, quando ci scopriamo senza fantasia e ci limitiamo a fare quel "si è sempre fatto così"?
Non siamo forse tristi quando alle parole del Vangelo non sappiamo dare spazio e relazione con il nostro vivere quotidiano?
Non è difficile comprendere che la comunità deve essere luogo della festa e della gioia; in essa deve risuonare quella gioia che Dio ci affida da condividere e annunciare.
La gioia della comunità non corrisponde ai sentimenti piacevoli, alla soddisfazione dei desideri, o alla realizzazione di un’aspettativa, per quanto tutto questo possa fare parte della gioia che viene da Dio. La gioia cristiana deve coinvolge tutta la nostra persona e tutti gli ambiti ed esperienze della vita. Non può essere una esperienza a compartimenti stagni, un'intima esperienza separata dalle altre. Ma la gioia è la conseguenza del Vangelo nella vita; di Gesù nella vita. È fonte di gioia l'abbraccio con i fratelli; è fonte di gioia il servizio della carità; è fonte di gioia la formazione e catechesi alla vita di fede. ...

La gioia, Cristiana, non è poi neanche la mia gioia, personale, individuale ma è sempre comunitaria ... Ecco allora che la nostra festa deve esprimere il gusto della gioia condivisa tra le persone; e proprio per vivere bene questa festa occorre che il nostro celebrare - essere a Messa- non sia mai un grigiore ripetitivo di riti freddi e slavati. Altrimenti la nostra comunità darebbe di sé stessa il segno di una comunità triste, grigia, noiosa. Occorre lasciare agire lo Spirito. Occorre l'iniziativa e la fantasia dello spirito in noi. Non dimentichiamo, poi, che la gioia cristiana sa tenere insieme anche i momenti di particolare fragilità e sofferenza: si piange con chi piange, si soffre con chi soffre. Di fronte a questo non siamo degli illusi, ma sappiamo che la consolazione è gioia, la vicinanza è gioia, gli affetti sono gioia. La gioia che doniamo è generata dai sentimenti di Cristo in noi. Allora è chiaro che la gioia deve abitare in noi, ed è indispensabile appartenere alla gioia! Beviamo del vino della festa di nozze!



sabato 15 gennaio 2022

Un vero pubblicano ... Come noi!

1 Samuele 9,1-4.10.17-19;10,1 e Marco 2,13-17

Chissà quante volte, camminando lungo quella spiaggia, lo aveva già osservato; chissà quante volte lo sguardo interessato di Gesù era caduto su quel pubblicano così intento ai suoi quattro denari. Il banco delle imposte lo aveva collocato proprio lì, davanti al porto, per essere facilmente riconoscibile e riscuotere così le imposte dovute. Ebbene quel giorno, dopo tante volte, in cui il giovane Maestro di Galilea era passato oltre, Gesù si decide e, quella scelta fatta altre volte, ma mai espressa, diventa una esplicita chiamata: "Matteo, segui me!" 
A quell'invito, Matteo il pubblicano (Levi), non resiste, sente che quelle parole sono buone per la sua vita, al punto da essere più interessato al tesoretto che ogni giorno teneva ben stretto tra le sue mani. Quelle parole sono una rivoluzione che cambia ogni cosa. Matteo il pubblicano, così intento ai suoi quattro denari, nell'incontro con Gesù, sente e intuisce il gusto della ricerca di un tesoro ben più grande: il regno di Dio, attraverso l'amicizia che Gesù gli offre da quel giorno sulla spiaggia di Cafarnao.
Nella nostra vita non tutti i giorni sono uguali!


venerdì 14 gennaio 2022

La casa più bella del mondo

1 Samuele 8,4-7.10-22 e Marco 2,1-12


"Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta ...".
Quella casa non è una fantasia, è la casa di Pietro, i cui resti si trovano a Cafarnao sulla riva nord-ovest del lago di Genezareth e, secondo i vangeli, qui Gesù visse dopo aver lasciato Nazaret. Qui compì i primi miracoli e radunò i primi discepoli. Sulla Casa di Pietro fu successivamente costruita e integrata nella struttura preesistente, una chiesa ottagonale in sua memoria.  Quella casa, che è immagine della prima Chiesa in Galilea, ci racconta un fatto straordinario; non solo una guarigione fisica di un paralitico, ma ci mette di fronte a ciò di cui l'uomo/donna hanno veramente bisogno: l'amore di Dio, la sua misericordia.
Scribi e Farisei, legalisti, non vanno oltre l'idea di un perdono giuridico di fronte a una infrazione della legge; ma Gesù in quella casa che è la Chiesa, ci dice come la misericordia non ha legge, ci dice che il perdono è ciò che lui ha messo nel cuore della Chiesa, e che l'amore di Dio ne è ora il suo patrimonio genetico. Quelle strette mura a fatica riescono a contenere la forza dell'amore ... Non lo si può rendere inaccessibile o custodire gelosamente. Tutti a quel perdono devono poter attingere. In questa immagine la Chiesa, le comunità cristiane possono recuperare sempre il senso della misericordia e dell'amore che Gesù ha vissuto e condiviso.

giovedì 13 gennaio 2022

E noi, di quante mani abbiamo bisogno ...

1 Samuele 4,1-11 e Marco 1,40-45


Parlare di lebbra rischia di risolversi in un discorso accademico d'altri tempi. Ma che cosa è la lebbra oggi? Lebbrosi oggi sono gli scartati, gli emarginati, ma anche coloro che sono vittime della solitudine. Ti sei mai sentito, in qualche momento, solo? Ma solo veramente, solo: senza nessuno che abbia uno sguardo per te, senza una attenzione, senza una parola ... Forse ti è capitato raramente perché, magari, hai tante persone vicine che ci vogliono bene. Ma forse qualche volta ti è capitato... Ecco allora provate a pensarci, non è una bella sensazione la solitudine... sembra di non avere nessuno su cui contare, ci si domanda anche se noi contiamo per qualcuno! Se poi la solitudine si accompagna anche alla malattia, allora il dramma esistenziale si complica.
Nel vangelo di oggi, l'evangelista Marco ci parla proprio di una persona malata e sola: un lebbroso. Ma ci offre anche il senso della vicinanza di Gesù:"Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò ..." Ciascuno di noi può essere la mano che incontra la solitudine di un amico, di un vicino, di un conoscente oppure di uno sconosciuto.
Gesù ci offre un’immagine dell’amore che nasce dalla compassione, tocca, guarisce, che trasforma la solitudine in una proclamazione di gioia: "Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto ..." Che bellezza essere toccati dalla vicinanza o dalla presenza di qualcuno che così ci ama.

mercoledì 12 gennaio 2022

Santa e bella quotidianità

1 Sam 3,1-10.19-20 e Marco 1,29-39


Quello che meditiamo oggi è la continuità della vita quotidiana. Gesù ci mostra com'è il suo vivere, che non è a compartimenti stagni, a settori separati e distinti: famiglia, lavoro; fede, svago; preghiera, amici; ecc ...
Spesso nella prassi di molti, la vita è a settori e non vi è scambio e comunicazione tra gli ambiti del quotidiano. Si è in un modo al lavoro che non corrisponde in nulla su come si è in famiglia o con gli amici ecc...
Ma di questa discontinuità ne soffre particolarmente il rapporto con la fede.
Fede e vita rinchiuse nei loro - come dire - "differenti ambiti di attività". Certo che la visione intimistica della religione  non aiuta, perché isola e crea un esodo dalla realtà. Non è una rivendicazione per un ruolo teocratico rispetto alla "laicità" della vita, ma semplicemente Gesù dimostra come la sua vita era dialettica e apertura senza limitazioni e "comparti stagni", nella sinagoga come nel servizio e vicinanza nella ferialità della vita domestica; costanza nella preghiera e nel desiderio di andare a donarsi agli altri. Tutto questo si traduce in uno stile inedito del vivere quotidiano; è celebrare la liturgia della vita: dalla messa domenicale della comunità (sinagoga), si va all'incontrare la suocera di Pietro e tutte le necessità che la vita riserva e presenta; c’è continuità tra preghiera e vita, tra spirito e corpo, tra il nostro essere uomo e donna e Dio.

martedì 11 gennaio 2022

Un uomo posseduto ..., è estremamente facile!

1 Samuele 1,9-20 e Marco 1,21-28


Finalmente siamo a Cafarnao! Finalmente perché questa città sul lago è testimone di come Dio ha misericordia della fragilità dell'uomo. Cafarnao è una città densamente abitata, case piccole e ravvicinate; negozi; magazzini; banchine portuali; tutto rivela la frenesia e la dinamicità della vita ... È la città dell'uomo, densa delle sue attività, frenetica nel ricercare soddisfazione nell'esistenza quotidiana. Ma è una città che esprime anche tutta la fragilità della nostra natura umana.
Gesù scende dai monti della Galilea e viene a dimorare a Cafarnao, anche nella nostra Cafarnao. È il "Santo di Dio", cioè il consacrato, il messo a parte, il riservato dal Padre per dimostrare la vicinanza di Yhwh, la misericordia e l'amore fedele di Dio per ciascuno dei suoi figli. Questo amore incondizionato Gesù lo mostra proprio rispetto alla nostra fragilità, ovvero impurità. Dio si muove a riconquistare ciò che lo "spirito impuro" ha sottratto al suo amore di Padre. Nella sinagoga, il grido di Gesù:"Esci da lui" rivendica la messianicità, la regalità, la signoria di Cristo rispetto alla nostra vita, la sua priorità nell'amarci e nell'occupare lo spazio del cuore. "Esci da lui",  affinché l'uomo possa riconquistato all'amore di Dio, corrispondere cioè ricominciare ad amare veramente.

lunedì 10 gennaio 2022

Venite dietro a me ...

1 Sam 1,1-8 e Mc 1,14-20


Tutto poteva essere una monito terribile: "Giovanni è stato arrestato", invece per Gesù ciò che accade apre alla speranza dell'annuncio del regno; e così Gesù inizia il suo andare per la Galilea fin a scendere a Cafarnao, al Lago. La speranza e la forza di Gesù devono essere la speranza e la forza di chiunque crede in Lui, sempre. Come Gesù, anche noi non dobbiamo mai fermarci o cedere di fronte alle avversità e di fronte alle persecuzioni. Da Gesù impariamo uno stile di vita, al punto che anche il suo richiamo alla conversione – non una minaccia – diviene una promessa, è la possibilità per tutti per una gioia più vera e più grande.
Ma cosa significa conversione? Cosa significa cambiare vita?
La più bella risposta che trovo oggi è:"la conversione non è altro che seguire Lui"; rispondere senza esitazione (come Andrea, Pietro, Giacomo e Giovanni) a quell'invito unico, personale e stupendo: "Venite dietro a me ..."
Oggi, in questo nuovo giorno Gesù camminando sulle rive del lago, della mia esistenza, "subito mi chiama a seguirlo" ...  Che faccio?
Posso seguirlo subito ... Oggi posso seguirlo subito! E in questo modo inaugurare la mia conversione.

domenica 9 gennaio 2022

Che cosa c'è tra il nostro e il suo battesimo

Isaia 40,1-5.9-11; Salmo 103; Tito 2,11-14;3,4-7; Luca 3,15-16.21-22


Solo tre giorni fa, il papa, così diceva nell'omelia della Epifania del Signore:
Abbiamo bisogno di ritrovare il desiderio di Dio.

Sono i desideri - dice ancora il Papa - a farci andare oltre le abitudini consolidate, “oltre una fede ripetitiva e stanca”. Il nostro viaggio della vita e della fede ha bisogno di desiderio, “di slancio interiore”. E si domanda: "Non siamo da troppo tempo bloccati, parcheggiati dentro una religione convenzionale, esteriore, formale, che non scalda più il cuore e non cambia la vita? Le nostre parole e i nostri riti innescano nel cuore della gente il desiderio di muoversi incontro a Dio oppure sono “lingua morta”, che parla solo di sé stessa e a sé stessa?

Ci siamo ripiegati troppo sulle mappe della terra e ci siamo scordati di alzare lo sguardo verso il Cielo; siamo sazi di tante cose, ma privi della nostalgia di ciò che ci manca. Nostalgia di Dio... Ci siamo fissati sui bisogni, su ciò che mangeremo e di cui ci vestiremo, lasciando evaporare l’anelito per ciò che va oltre. E ci troviamo nella bulimia di comunità che hanno tutto e spesso non sentono più niente nel cuore. Persone chiuse, comunità chiuse, vescovi chiusi, preti chiusi, consacrati chiusi perché la mancanza di desiderio porta alla tristezza, e all’indifferenza. Comunità tristi. Preti tristi. Vescovi tristi.

In questa festa del battesimo di Gesù, dobbiamo, cercare di recuperare il desiderio di Dio; questo Vangelo deve aprirci il cuore per interrogarci profondamente sul nostro battesimo e come da quel sacramento possa generarsi il desiderio di Dio; come ci si possa innamorare di Gesù e della sua parola di vita.
Del giorno del battesimo, per quasi tutti noi, cosa possiamo dire?
Che eravamo in braccio alla mamma e accompagnati dal babbo … una scena bella … ma che cosa manca?
Credo manchi il momento personale del desiderio; quel desiderio di essere immerso nella vita di Gesù. Anche della Cresima, io personalmente non ricordo quasi nulla … Poi dopo nella vita tutte le scelte sono avvenute per conseguenza.
Nel Vangelo invece spiccano all’attenzione le molte persone che hanno fatto una scelta: farsi immergere nell’acqua da Giovanni. Un desiderio che li ha spinti a raggiungere il Battista a muoversi dalle loro case, dalle loro occupazioni quotidiane, per andare in un deserto, sulle rive di un fiume per compiere un gesto che segnasse la differenza, tra un prima e un dopo. C'è un entusiasmo, c'è una domanda, c'è un desiderio ... Una immersione dalla quale emerge la conversione della vita. Mi accorgo che il battesimo di Giovanni corrisponde al desiderio di ogni uomo che trova in sé il germe della fede, per essere battezzato, cioè immerso in una vita che sia degna cioè piena, che porti a Dio, che porti alla felicità. Ma questa pienezza non viene da sè, da sola, chi la può mettere? Da soli non ce la diamo, neppure con la nostra conversione della vita.
Ecco che solo chi è il più forte, dice il Battista, può darci la piena felicità. Lui il forte, lo è non per prepotenza, ma è il più forte perché capace di parlare al cuore, la sua parola infatti, è l'unica che suona in mezzo all'anima e parla parole di vita.
Ed è “Lui che vi battezzerà...”, in queste parole si rivela quella pienezza che Gesù realizza come dono di grazia. La sua forza è immergere l'uomo nell'oceano dell'Assoluto, imbevuto di Dio e intriso del suo respiro, dove diventi figlio: "perché a quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio". La sua è una forza generatrice: "sono venuto perché abbiano la vita in pienezza", forza liberante e creativa, come un vento che gonfia le vele, un fuoco che dona un calore impensato.
Dalle parole del Vangelo percepiamo l'urgenza del desiderio, un desiderio che va riscoperto nella quotidianità, un desiderio che si genera nell'incontro con le parole del Signore e con la sua vita, la sua storia.
Il desiderio si genera quando la vita di Gesù entrando dentro di noi a poco a poco ci modella, ci trasforma i pensieri, gli affetti, i progetti, le speranze, secondo la legge dolce, esigente e rasserenante del vero amore, a volte in modo più evidente, a volte in modo meno apparente.  Ecco che allora si apre il cielo e lo spirito ci invade, anzi fa il nido in noi, per allevare non dei "piccioni" ma dei figli di Dio: E venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento".

sabato 8 gennaio 2022

Lo sguardo di compassione

1 Giovanni 4,7-10 e Marco 6,34-44


Il Vangelo di oggi fa riferimento a una folla che va e viene, in cerca non del Vangelo né del riposo interiore, ma del Rabbi di cui tanto si sentiva parlare. Gesù, scende dalla barca, andando incontro all’umanità per come si mostra, per ciò che è. Gesù vede il profondo bisogno di senso delle folle, ne prova compassione “perché erano come pecore senza pastore”. Il vedere di Gesù sulla folla, mette in evidenza l'attenzione di Gesù per ogni singolo di quella folla, per ciascuno è il suo sguardo di compassione, per ciascuno egli va al cuore con quella cura e tenerezza che solo un amore gratuito riesce ad esprimere. Gesù è commosso e spinto dalla compassione verso tutti quanti, perché sono come "pecore senza pastore", cioè come pecore che nessuno guarda, custodisce e di cui prendersi cura. Il vedere di Gesù recupera e realizza lo spazio del "buono pastore", il quale conosce e pasce le pecore, una ad una. Gesù si commuove, si sente rimuovere nel profondo delle viscere; la passione d’amore che Cristo prova per gli uomini lo porta a commuoversi e a muovere verso la folla, insegnando loro molte cose. Ecco che la compassione del Signore porta a sostare dentro le persone che Lui ha guardato facendosi dono di vita nel deserto, cibo con cui sfamare, cibo da conservare per tutti.

venerdì 7 gennaio 2022

Iniziamo a camminare insieme a Gesù

1 Giovanni 3,22-4,6 e Matteo 4,12-17.23-25


Iniziamo con questa pagina di Vangelo l'itinerario di rivelazione di Gesù. All'arresto di Giovanni Battista, Gesù capisce che il tempo è giunto, che ciò che lo ha preceduto è compiuto e che è arrivata l'ora di portare gli uomini alla luce della verità; la conversine di Giovanni, una esperienza morale di rigenerazione, nelle parole di Gesù, si apre alla possibilità della fede:"convertitevi e credete alla parola nuova ... Il Vangelo".
È il Vangelo di Gesù, o meglio Gesù attraverso il Vangelo, il centro dell'esperienza della fede che da ora in tutta la Galilea viene annunciata di città in città, di villaggio in villaggio, nelle tante sinagoghe. Non stupiamoci che oggi ci sembra che tutto venga meno e che nessuno sia più sensibile al messaggio del Vangelo, ma d'altronde quale "annuncio" viene fatto o facciamo del Vangelo.
Per Gesù annunciare il Vangelo era entrare nella vita delle persone con cui viveva: da Cafarnao a tutta la Galilea, Gesù tesse reti di relazione e di incontro con uomini e donne segnati dalla quotidianità e dalla vita. Il Vangelo è annuncio di novità, e la "cosa" realmente nuova è la prossimità del regno dei cieli: il mistero dell'infinitamente grande - l'eterno - si fa prossimità con l'infinitamente minimo - l'uomo -; tutto in una esperienza di amorevolezza:"... conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì".

giovedì 6 gennaio 2022

Dio nella storia, reazione e fibrillazione del tempo

Isaia 60,1-6; Salmo 71; Efesini 3,2-3.5-6; Matteo 2,1-12


Forse non ce ne siamo accorti, o forse giustifichiamo tutto come "quarantena", quindi  è colpa della pandemia - in questo modo non ci facciamo troppi problemi -, ma queste feste di Natale hanno messo in evidenza qualcosa che, era in ombra anche gli altri anni, ma che quest'anno è diventato palese: l'assenza dei bambini, dei fanciulli e delle loro famiglie. Forse che non tutti abbiano festeggiato il Natale? No no, lo hanno festeggiato indipendentemente da tutto, secondo la ritualità nel mondo. Questo nostro mondo che ha trasformato il mito del Natale in una festa puramente umana e soprattutto senza Dio. Tutti hanno vissuto il rito degli addobbi natalizi; tutti in un modo o in un altro, quello dei regali e poi quello del pranzo o del cenone; tutti hanno celebrato il Dio-nuovo anno, e oggi si apprestano a consegnare l'ultimo dono ai bambini per gratificarli nella loro fragilità e così si consumerà anche l'Epifania/befana. Ma epifania di che cosa? Degli ultimi dolcetti?
La nascita di Gesù, i pastori e i re Magi, appartengono ormai alla favola del Natale che fa da coreografia alla celebrazione mondana.
Una considerazione: Saranno anche dei bellissimi cartoni animati quelli che usiamo anche per le catechesi, come "Nativity" o come il "Natale degli animali" e "Gli eroi del Natale", ecc…
Ma non è che nel processo educativo queste proposte distorcono la realtà rendendola solo per una fantasia?
Come  cristiani rischiamo di non riuscire più a motivare il Natale del Signore se non come ricordo di un evento che si perde nella notte dei tempi e che è diventato  per i più la favola per i bambini o un mito ancestrale rivisitato da una esperienza religiosa. Lo stesso racconto dei Magi viene inteso come un arricchimento di fantasia a una narrazione favolosa dell'infanzia del bambino Gesù, protagonista fantastico.
In questa epifania del Signore, come adulto, mi chiedo: perché non sono capaci di dare ragione della natività del Salvatore, e del suo esserci nella realtà?
Quando in una famiglia, il babbo e la mamma, non riescono più a vivere loro il Natale del Signore come esperienza di fede e come memoria della storia, come pensare che i bambini possano fare loro il mistero racchiuso nel Natale e così, crescendo, maturarne una vera consapevolezza?
Se abbiamo ridotto tutto a una favola, ogni rito pagano e mondano è meglio e più avvincente della cristiana celebrazione del Natale del Signore. Certamente è meno impegnativo - meno messe ... -, e soddisfa i bisogni ludici e di aggregazione che oggi vanno per la maggiore.
Detto tutto questo, resta una domanda: "sono capace di dare ragione della nascita del Signore, dell'annuncio ai pastori, dell'epifania ai Magi, della strage dei fanciulli innocenti e della fuga in Egitto? Ne sono capace?"
Di fronte a questi saggi d'Oriente che adorano un bambino, perché pienezza delle profezie che loro hanno scrutato e meta del loro itinerario di ricerca, oggi occorre riappropriarsi di Gesù di Nazareth e del suo aver abitato la nostra storia. Egli ha vissuto in un luogo e in un momento storico scelti dal Padre per la sua rivelazione: è in una storia fatta di contraddizioni e sofferenze, ma pure di letizia e gioia che "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi".
Che Dio entra nella storia, e vi entra come uomo, significa che tutto ciò che costruisce la storia diviene spazio della sua manifestazione, anche lo stesso racconto evangelico del Natale diviene uno strumento, e un modo della Parola incarnata di condividersi e trasmettersi.

Dio ha visitato la storia e da allora continua ad abitarla, fino ad amarla. Dio non si nasconde dietro una favola d'altri tempi, in Gesù, Dio si fa vedere, si manifesta, si fa toccare e incontrare. E se Dio abita la storia, allora è il nostro modo di vivere la storia che deve cambiare. Non possiamo trasformare la storia in una favola. Se Dio abita la storia anche noi, suoi compagni di cammino, come cercatori del mistero, come i Magi, siamo chiamati a fare lo stesso, ad abitare la storia, ed oggi adorare il mistero dì cui facciamo memoria.

mercoledì 5 gennaio 2022

Cercati e trovati

1 Giovanni 3,11-21 e Giovanni 1,43-51


Gesù trova Filippo, cita il Vangelo, ma non dobbiamo pensare ad una casualità, Gesù si muove tra le città del lago Betsaida, Cafarnao, Magdala ecc...
Trovare Filippo - per Gesù - è un riconoscere ciò che cercava. In questo senso dobbiamo dilatare il cercare di Gesù anche a ciascuno di noi, Filippo è volutamente cercato e trovato, noi siamo cercati e trovati. Cosa caratterizza il nostro essere cercati e trovati dal Signore?
Prima di tutto un frutto di grazia (riconosciamo l'incontro con il Signore come un dono), si tratta infatti di riconoscere nel suo sguardo su di noi un’azione di misericordia di Gesù stesso che “vuole incontrarci”. A quest’azione di gratuità e donazione dobbiamo imparare sempre a fare corrispondere un nostro desiderio di fare altrettanto rispetto ai fratelli, donando loro quello che abbiamo ricevuto: la grazia dell'incontrare il Signore.
Se tengo l'esperienza dell'incontro solo per me, in una privacy intima, non sono per nulla missionario e non condivido il vero tesoro della vita che ho scoperto.



martedì 4 gennaio 2022

Gesù quotidiano

1 Giovanni 3,7-10 e Giovanni 1,35-42


Giovanni ci invita a seguire Gesù, a seguire "l'Agnello di Dio"; dopo averlo contemplato nel suo Natale (liturgia della Chiesa), ora Giovanni Battista ci chiede di andare oltre, ci chiede di seguirlo nella quotidianità.
La pagina del Vangelo di oggi è una immagine di quotidianità, fatta di sguardi, di risonanze, di domande, di incontri ... Tutte realtà importantissime che danno significato alla nostra vita, al nostro esistere; perché questo è il quotidiano. È in questo quotidiano che prende forma il significato della vita, cioè si esprime concretamente quella condizione di vita che appartiene a chi crede: mettere insieme la fede in Gesù e la nostra particolare vocazione.
Il nostro quotidiano è fatto di ricerca:"Cosa cercate?"
Ognuno di noi è alla ricerca: ricerca di felicità, ricerca di amore, di vita buona e piena. Il nostro quotidiano è una domanda aperta. Ma questa ricerca è attrattiva della propria chiamata personale e particolare. La ricerca del credente, porta inevitabilmente sulle tracce del maestro, porta alla ricerca del suo dimorare ... Ma è nel "dimorare" che trova origine la nostra chiamata, la nostra pienezza di vita.

lunedì 3 gennaio 2022

Giovanni testimonia che Gesù è il figlio di Dio

1 Giovanni 2,29-3,6 e Giovanni 1,29-34


Ogni volta che celebriamo l'eucaristia, prima di mangiare il pane, risuonano le Parole di Giovanni "ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo". Il termine “ecco” nel greco è praticamente un imperativo:“guarda!” – “vedi!”; Giovanni Battista  è stato coinvolto personalmente in quell'incontro con Gesù e ora non può non riconoscerlo e indicarcelo. Giovanni Battista comprende da subito che Gesù assume in se stesso quella espiazione del peccato che logora il mondo e che rende fragile la vita, ne potenzia il limite. Il peccato di cui parla Giovanni Battista (Romano Penna) non è mai solo un atto individuale, ma non è neppure la somma di vari peccati. Esso piuttosto è un atteggiamento fondamentale e unitario, che si manifesta poi nella molteplicità di concreti atti singoli. Nell’insieme si può dire che esso consiste semplicemente nella risposta negativa dell’uomo nel suo confronto col Cristo Gesù e più specificamente nel fatto che non si riconosce né lui né il Padre.

Con questa espressione Giovanni il battezzatore, vuole portarci al cuore di una immagine abbastanza determinata per gli ebrei: il sacrificio di espiazione dal peccato; per la comunità dei credenti in Gesù, invece, si applica al pane spezzato il contenuto della testimonianza di Giovanni, riconoscendo quindi in quel sacrificio del pane tutta la vita stessa di Gesù e il suo essere la nostra salvezza: pienezza dell'espiazione.


domenica 2 gennaio 2022

Il Vangelo del nuovo anno

Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18

 

“Silvano Fausti (sj)” diceva che il Vangelo di Giovanni non racconta quasi nulla, non c'è nulla da spiegare perché Giovanni è solo spiegazione; è difficile spiegare la spiegazione, così come è difficile illuminare la luce. Giovanni non va spiegato, va guardato, va ascoltato, va contemplato.

Il Vangelo di Giovanni è praticamente un dramma il cui protagonista è la Parola (il verbo stesso di Dio); poi in questo dramma ci sono i vari personaggi che siamo noi di fronte alla Parola. È praticamente il dramma dell’uomo di fronte alla Parola; il nostro destino si gioca con la Parola, con la Parola che viviamo o rifiutiamo. Se negli altri vangeli, la Parola è come un seme, gettato sul terreno ... che entra in noi, in Giovanni si mostra come questo seme cresce in noi, fino a diventare una pianta, l’albero stesso della gloria di Dio.

Questo può bastare anche per fare risuonare la Parola del prologo dal Vangelo: "A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, (...). E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria".

Una storia di Bruno Ferrero ci introduce ad accostare questo brano di Giovanni, ci invita a rappresentare il nostro desiderio di stare di fronte alla Parola che questo Vangelo ci risuona.

Una piccola falena d’animo delicato s’invaghì una volta di una stella. Ne parlò alla madre e questa gli consigliò d’invaghirsi invece di un abat-jour. “Le stelle non son fatte per svolazzarci dietro”, gli spiegò. “Le lampade, a quelle sì puoi svolazzare dietro”.

“Almeno lì approdi a qualcosa”, disse il padre. “Andando dietro alle stelle non approdi a niente”.

Ma il falenino non diede ascolto né all’uno né all’altra. Ogni sera, al tramonto, quando la stella spuntava s’avviava in volo verso di essa e ogni mattina, all’alba, se ne tornava a casa stremato dall’immane e vana fatica.

Un giorno il padre lo chiamò e gli disse: “Non ti bruci un’ala da mesi, ragazzo mio, e ho paura che non te la brucerai mai. Tutti i tuoi fratelli si sono bruciacchiati ben bene volteggiando intorno ai lampioni di strada, e tutte le tue sorelle si sono scottate a dovere intorno alle lampade di casa. Su avanti, datti da fare, vai a prenderti una bella scottatura! Un falenotto forte e robusto come te senza neppure un segno addosso!”.

Il falenino lasciò la casa paterna ma non andò a volteggiare intorno ai lampioni di strada né intorno alle lampade di casa: continuò ostinatamente i suoi tentativi di raggiungere la stella, che era lontana migliaia di anni luce. Lui credeva invece che fosse impigliata tra i rami più alti di un olmo.

Provare e riprovare, puntando alla stella, notte dopo notte, gli dava un certo piacere, tanto che visse fino a tardissima età. I genitori, i fratelli e le sorelle erano invece morti tutti bruciati ancora giovanissimi.

La stella della speranza è un segno distintivo. Ogni giorno dovremmo chiedere la fede per osare l’impossibile.

Chi desidera operare con Cristo e, di conseguenza, trasformare il mondo, deve sentire tutto il coraggio che sgorga dalla forza di Dio e della sua Parola. Fare cose impossibili è il realismo di coloro che conoscono la voce del loro Signore. C’è una stella nel cielo della nostra vita: non possiamo perdere tempo a scottarci a qualche lampadina.

La Parola, il vero protagonista del Prologo di Giovanni è proprio la Parola, che in principio si presenta per ciò che è; poi nel suo rapporto con Dio; poi nel suo essere nella creazione e in relazione a ciò che è creato; e in ultimo la Parola si confronta con l'uomo e la sua storia fino a quando la Parola diventa carne e nella Parola diventata carne vediamo Dio faccia a faccia.

Il Vangelo allora che cosa è se non la presentazione della Parola diventata carne, essa è narrazione dell'incontro con Gesù, del faccia a faccia con Gesù.

Forse occorre essere un po' dei falenotteri e puntare a quella stella più luminosa del cielo, forse un po' pazzi, ma certamente pieni di desiderio di felicità e di vita, quella eterna, quella di cui la Parola ci racconta.

sabato 1 gennaio 2022

La maternità di Maria!

Nm 6,22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21


Maria Santissima Madre di Dio è una ricorrenza bellissima della Liturgia della Chiesa Cattolica, e anche di altre diverse Chiese cristiane. Una Solennità che trae significato dal titolo mariano di Theotókos (madre di Dio) proclamato come dogma cristiano dal Concilio di Efeso nel 431 dC.
Iniziamo questo nuovo anno con l'immagine di "Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia", siamo di fronte a una mamma e a un papà e al loro bambino appena nato. Dopo l'annuncio dell'angelo, dopo i mesi della gestazione e via via dopo tutte le tappe della maternità, ecco che proprio lì, in quella grotta, "si compirono per lei i giorni del parto".
È il momento in cui la madre si mette in ascolto del momento sacro della vita che nasce, ed ecco che il Si di Maria, diviene un concreto: "Sì, ti metto alla luce".
Ma quale significato di bellezza porta in sé questo dogma così antico; che cosa oggi, significa per noi la maternità di Maria, che cosa conviene meditare e custodire, ovvero mettere a contatto con la nostra vita?
Credo che il cuore ti tutto stia proprio nella parola maternità e quindi per "parcondicio”, la paternità. Che cosa è la maternità di Maria se non l'espressione concreta di un amore pieno e incondizionato, una risposta piena di amorevolezza, cioè di quell'amore vero, appunto quello che ci rende capaci di essere vere madri e veri padri, non certo biologicamente o geneticamente parlando, ma capaci di generare e fare crescere la nostra più vera umanità.
Come Maria oggi scopriamo la capacità di essere madri e padri, quando decidiamo di fidarci di Dio, quando ci abbandoniamo al compimento di ciò che il Signore opera anche nella nostra vita. La maternità di Maria è in questo senso radice della nostra maternità e paternità, è infatti la condizione di una piena fiducia e affidamento, è aprirsi a un figlio, è aprirsi al mistero, al dono, all'imprevedibile. 
Oggi scopriamo come la maternità di Maria, non si esaurisce nel generare la vita nel tempo del figlio di Dio, essa rappresentando il compiersi della promessa di Dio, quella fatta ai padri, di dare pienezza di vita alla nostra vita. Ecco che la sua maternità estende la possibilità di questa pienezza alla nostra maternità e paternità e ci rende capaci di generare la vita e vincere la sterilità della morte, come anche del morire quotidiano che spegne ogni vera relazione.
Non sempre, chi genera biologicamente, riesce ad essere, per tante ragioni, madre o padre. Ma ciò che più di tutto ci fa “padri” e “madri” capaci di donare amore e vita è proprio l'accoglienza della Parola di amore di Dio. Essa ci predispone all'accoglienza dell'altro da noi. È l’amore accolto e vissuto che ci apre alla vera maternità e alla paternità.
"Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore". Meditare le cose nel cuore significa ruminarle ed illuminarle con la luce della Parola di Dio, per così giungere a capire meglio tutto il loro significato per la nostra vita.