lunedì 31 ottobre 2016

Filippesi 2,1-4 e Luca 14,12-14
Le priorità della vita ...


In questi due versetti di Paolo, come nel Vangelo, emergono con estrema puntualità quelle priorità della vita cristiana che noi insabbiamo sotto i giudizi personali e gli obblighi morali che usiamo da paravento per le nostre convenienze.
Paolo, palesemente, fa un'opera di discernimento: se da Cristo deriva il conforto, la compassione, l'amore e la comunione ... Quello, è il medesimo sentire di tutti i discepoli del Signore; quella è la strada aperta per incontrare l'altro, quella è la medesima strada in cui Gesù costruisce la comunità e la Chiesa. Questa è la priorità esistenziale. Ma pure il Vangelo rivela questo intento profondo in Gesù rispetto a Simone il fariseo: la conversione degli stili di vita è propedeutica alla "risurrezione dei giusti" e alla ricompensa ... Ma quale può essere questa ricompensa? Forse non potrebbe essere la gioia della comunione e la commozione della compassione.

domenica 30 ottobre 2016

Sapienza 11,22-12,2 / Salmo 144 / 2 Tessalonicesi 1,11-2,2 / Luca 19,1-10
La salvezza ... La mia salvezza


Cosa è la salvezza, quale salvezza è entrata nella casa di Zaccheo?
È qualcosa che coinvolge anche la mia vita?
Oggi, come per Zaccheo, Gesù non è venuto per giudicare, ma per "salvare" ogni figlio di Abramo. Non siamo di fronte a una svendita del Regno dei cieli o a una azione promozionale, ma a una presa di coscienza che ci coinvolge nell'esistenza e nella fede: "La salvezza non si compra, è gratis". Di una gratuità strana, essa ha un prezzo che non si paga con la ricchezza, e neppure con le buone azioni, ma solo con l'amore. Il ricco e peccatore Zaccheo, secondo l'evangelista Luca è stato colto di sorpresa da Gesù. Egli non si aspettava di essere scovato nascosto dalle frasche; non avrebbe mai invitato il Signore nella sua casa a pranzo. Egli era curioso, curioso per ciò che di Gesù si diceva, per ciò che faceva. Ma su quel sicomoro, c'è sempre un piccolo uomo ricco. Zaccheo risulta sorpreso dalla iniziativa di Gesù, sorpreso e preceduto rispetto a ogni suo progetto, ogni sua iniziativa. Forse è proprio questo il punto da cui partire.
Gesù ci precede; non agisce nei confronti di Zaccheo in funzione della sua conversione, ma lo precede e lo provoca alla conversione. Neppure la salvezza possiamo vederla come il premio finale di un peccatore convertito. La salvezza è alla ricerca dei figli di Abramo, i figli di Abramo non sono dei privilegiati, quasi un gruppo esclusivo, ma sono quei figli numerosi come la sabbia del mare e come le stelle del cielo. La salvezza che entra nella casa di Zaccheo non è una eccezione, ma la testimonianza di un fatto: Dio non sta fuori dalla nostra vita, e anche la vita di un peccatore, la sua storia e vicenda, gli appartiene perché, quella vita, quella storia quel peccatore sono degni del suo amore di Padre. Zaccheo, preceduto dall'amore, non può che arrendersi a chi lo ama con tanta passione e disinteresse. Ciò che Zaccheo vive nella sua conversione è l'aver imparato come fa Gesù, a precedere i fratelli nell'amarli.
Non si ama per convenienza, e per ricambiare un amore ricevuto, ma si ama nella libertà e gratuità; questo è ciò che hanno imparato i discepoli di Gesù dal loro maestro.
Questa narrazione della salvezza diventa il paradigma col quale cristianamente siamo educati nel riplasmare la nostra coscienza, il nostro cuore di fronte alle vicende della vita.
Non è facile prendere l'iniziativa, perché prima di tutto siamo portati a giudicare e a condannare. Il nostro giudicare gli altri, la vita e gli avvenimenti è micidiale. Si spinge fino a giudicare Dio stesso e il figlio suo: "È entrato in casa di un peccatore!" Scandalo!!!!
Allora è rivoluzionario prendere l'iniziativa, precedere nell'amore...
Prendere l'iniziativa, pur rischiando anche il rifiuto ... "Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua"; prendere l'iniziativa per entrare nella vita dell'altro non per convertirlo ma per generarvi la salvezza, ancor prima che l'altro la capisca.
La salvezza è una condizione di "Grazia", e la grazia è mistero di amore di Dio, non possiamo prevedere le conseguenze di tale amore. È entrato in casa di un peccatore!
Quando lasciamo operare la Salvezza, essa è capace di recuperare realmente tutto ciò che diamo per perduto.

sabato 29 ottobre 2016

Filippesi 1,18-26 e Luca 14,1.7-11
Cristo "totale"


Per Paolo essere unito a Cristo va ben oltre una adesione personale o dottrinale; Paolo ci mostra un aspetto singolare dell'appartenenza al Signore: "purché in ogni maniera, per convenienza o per sincerità, Cristo venga annunciato".
Sembrerebbe quasi che la vita stessa di Paolo prende significato e identità nell'esserci "annuncio di Cristo", e questo, ora, indipendentemente da lui stesso. Paolo è passato dall'azione alla contemplazione: dall'annuncio che ha generato comunità di fratelli alla fede in Cristo, alla contemplazione di un mistero: il corpo di Cristo che è la Chiesa. È in questa prospettiva che Paolo ci testimonia la sua esperienza e comprensione dell'intima unità con il Signore: "... nella piena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia". Essere uniti a Cristo parrebbe essere una questione di scelta, ma alla lunga ci si accorge che non è così; nel tempo si comprende sempre più che "l'esistenza" personale di chi crede manifesta "l'esistenza" eterna del Signore. Questa intima comprensione è contemplazione del mistero.

venerdì 28 ottobre 2016

Efesini 2,19-22 e Luca 6,12-19
La nostra pietra d'angolo ...


Una immagine affascinante: la pietra d'angolo di una costruzione è diversa dalle altre; mentre una pietra inserita in un muro è parte di una orditura di elementi concatenati e in un certo senso perde identità a favore del muro stesso, la pietra d'angolo la percepiamo nella dura originalità, è in una posizione che diviene prospettica, tridimensionale ... Un ruolo quindi generativo di quella costruzione ordinata che è il tempio del Signore.
Dio dimora nel suo Tempio Santo, fatto da pietre vive, che hanno come fondamenta Cristo Gesù. Egli il figlio di Dio fatto uomo, incarnato, è quel principio vivente dal quale ogni situazione umana e realtà creata può attingere alla propri identità e originalità. Ricercare un principio, significa superare le "regolucce" per incontrare un principio esistenziale che è il mistero stesso di Dio. Un discepolo di Gesù, è un uomo normale che dall'incontro con il suo Signore comprende che quel l'incontro è il "fondamento".

giovedì 27 ottobre 2016

Efesini 6,10-20 e Luca 13,31-35
Il senso del cammino ...


Il Vangelo di Luca è da molti definito il Vangelo della misericordia. Lo sfondo che rivela la misericordia è il cammino di Gesù nell'andare a Gerusalemme. Dialoghi, incontri, parabole e discorsi il cui contenuto sfuma generalmente in una idea di compimento finale (escatologico), che trova nella crocifissione, morte e risurrezione la piena realizzazione. Detto questo, dovrebbero essere più comprensibili le Parole del Vangelo. Lo sguardo di Luca ci preannuncia l'accoglienza del Signore a Gerusalemme prima della Pasqua: "finché verrà il tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!";  ma pure il rifiuto del profeta: "Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te!"
Anche il nostro cammino quotidiano insieme al Signore deve preannunciare un compimento: nessuno di noi vive per un "momentaneo senza senso". Ma un cammino, pure il nostro, che ci fa incontrare anche l'esperienza del rifiuto di Dio.

mercoledì 26 ottobre 2016

Efesini 6,1-9 e Luca 13,22-30
Come servi di Cristo ...


"... come servi di Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio, prestando servizio volentieri, come chi serve il Signore e non gli uomini". Non è forse questo il nostro obiettivo quotidiano? Non dico che lo raggiungiamo pienamente, ma questo deve essere il punto di partenza di ogni nostra giornata: "essere servi di Cristo!" 
"Servire volentieri", di buon animo, con desiderio e voglia di attuare la volontà del nostro Signore e Dio! Allo stesso modo di Lui, che come "Servo di Yhwh" ha fatto la volontà del Padre: "... Sia fatta non la mia ma la tua volontà!"
Essere servi però, non è solo una questione di "cose da fare"; il "Servo di Yhwh" è strumento attivo, partecipe della stessa volontà del Padre. Sforziamoci di passare per la porta stretta, questo significa "ridurci" nella condizione che ci permette di entrare nello stile di vita cristiana, che è una conversione quotidiana al Vangelo. Questa conversione permetterà a ciascuno di conoscere la volontà del Padre, unico modo per essere pienamente riconosciuti!

martedì 25 ottobre 2016

Efesini 5,21-23 e Luca 13,18-21
Sempre con la Chiesa nel cuore ...


Una delle pagine più belle e "cariche" di tutto il Nuovo Testamento, Efesini 5,21-23. Paolo, in una meravigliosa specularità, nulla scarta dell'mmagine, e tutto ci fa gustare dell'amore umano: "l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne"; e dell'amore di Dio in Cristo: "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola (...), tutta gloriosa, senza macchia né ruga (...), santa e immacolata". Tutto questo è bellezza e "mistero", non possiamo comprenderlo pienamente, ma attratti ne siamo parte: ed ecco attraverso "l'Amare" e la "Chiesa" appare il regno dei cieli: "un granello di senape, (...) crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami". E ancora: "è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata".

lunedì 24 ottobre 2016

Efesini 4,32-5,8 e Luca 13,10-17
Come Cristo ci ha amato!

"Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.
Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore".
A volte non è facile neppure la semplice benevolenza. Ma per crescere nella carità ... occorre fidarsi di San Paolo ... di Gesù.

domenica 23 ottobre 2016

Siracide 35,15-17.20-22 / Salmo 33 / 2 Timoteo 4,6-8.16-18 / Luca 18,9-14
Una sberla evangelica ...


La parabola del Vangelo di oggi è una vera sberla al nostro perbenismo cristiano. Nell'immagine del Fariseo e del Pubblicano, siamo chiamati a verificare non solo lo stile della nostra preghiera, ma la nostra stessa fede. In quale Dio noi poniamo la speranza e la fiducia.
Il Fariseo, che è un separato dal resto, rischia di essere immagine di un Cristianesimo di parte, quasi di casta. Una Chiesa chiusa nel pregare un Dio per se stessa, non è la Chiesa di Cristo. Il Fariseo è un uomo incapace di vera preghiera e di vera fede nella misericordia di Dio. Le sue parole aprono lo sguardo su "tutti gli altri gli altri uomini"...
Il fariseo vede gli uomini, suoi fratelli come: "ladri, ingiusti, adulteri". Ma in questo modo egli disegna la sua stessa identità nella presunzione di essere onesto, giusto e puro di cuore. Mentre gli altri sono: ladri, ingiusti e adulteri.
Ma noi, spesso non vediamo i nostri fratelli e gli altri uomini con lo stesso sguardo? Con gli stessi stereotipi e luoghi comuni?
- sono ladri come tutti i profughi, che ci rubano il lavoro; ci rubano 37,50 euro al giorno; ci rubano le case;
- sono ingiusti tutti i mussulmani legati alle loro tradizioni;
-sono adulteri come ogni povero o diverso da noi, che reputiamo incapace di fedeltà e di stima e quindi indegno di essere amato con gratuità;
Però oggi, non c'è più spazio per un Cristianesimo Farisaico ...
La coscienza di essere peccatore e bisognoso di pietà, non serve solo nell'atto penitenziale per chiedere il perdono dei peccati, non introduce solamente un atto liturgico. Riconoscersi peccatori, va ben oltre l'ammissione morale di una colpa, di una infrazione della legge di Dio.
Un anno di misericordia ci ha fatto comprendere come l'uomo proprio perché peccatore, fragile e ferito, ha urgenza e assoluto bisogno di un amore grande, l'amore di Dio. L'amore di chi non si scandalizza del peccato, ma per il peccato è disposto a metterci la sua vita. È disposto a coinvolgersi per fare del peccato il motivo del suo amore.
Dio Padre, di fronte al grido del pubblicano, non può non commuoversi, non può non accorrere ... Dio soffre di una attrazione fatale rispetto al pubblicano, rispetto a tutto ciò che un fariseo disprezza e scarta.
Il cristiano oggi, proprio perché sa di essere peccatore e bisognoso di misericordia, non può non condividere e affiancare tutti coloro che si sentono disprezzati e scartati: profughi; poveri; diversi; malati; vecchi; mussulmani ecc...
Se nella parabola Dio si fa accanto al pubblicano per giustificarlo nella sua misericordia, quanto mai un vero credente non dovrà sforzarsi di farsi accanto a un fratello pubblicano  o scartato?
Solo così salire al tempio a pregare non sarà una recita o una ostentazione di se stessi, ma una vera occasione di fraternità e preghiera.


sabato 22 ottobre 2016

Efesini 4,7-16 e Luca 13,1-9
Cosa significa fare frutti di conversione


"Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo!"
Dalla forza di queste parole, assumiamo l'idea che la conversione tocca la nostra dimensione esistenziale. Non è un puro atto di suggestione o un ragionamento razionale che ci porta a capire una realtà nuova alla quale aderiamo per convinzione.
Il discepolo di Gesù si pone in continuo stato di conversione: "una conversione permanente". Ma quale è la condizione di questo stato, in cosa consiste?
San Paolo ce ne fornisce una rappresentazione in queste parole di Efesini: "agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità."
La conversione è conseguenza della comunione nell'amore con Gesù! La conversione da vita al corpo ecclesiale - cioè l'edificazione di se stessi nella carità -, quindi non come istituzione, ma come realtà che ha Cristo come capo e fondamento.

venerdì 21 ottobre 2016

Efesini 3,14-21 e Luca 12,49-53
La carità divide?


L'amore di Cristo e per Cristo, che è fondamento del "comandamento", è insieme una realtà affascinante ed esigente. Non è neutra o relativa, e nemmeno globalizzante. Per Paolo, vivere la "carità" è prima di tutto un atto di fede nell'agire di Dio Padre: "piego le ginocchia"; poi è una certezza: quella che lo Spirito abita nei credenti, si radica in loro. In questo si esprime la carità come "comunione" e si rivela come "relazione di fede".
Vivere nella e della carità del Cristo, non è mai un sentimento, e non nasce da una suggestione interiore, ma è frutto della fede che si manifesta nel coraggio della scelta. Con questa chiave di lettura possiamo meditare il Vangelo di oggi, che fa della "divisione" la condizione esigente della scelta di amore a Cristo; una divisione "parabolica", chi ha orecchi intenda!

giovedì 20 ottobre 2016

Efesini 4,1-6 e Luca 12,54-59
Fino all'ultimo spicciolo ...


Dalle parole del Vangelo, raccogliamo la sfida del discernimento, come il vero sguardo (perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto!) sulla realtà, le cose e noi stessi. Il discepolo di Gesù non vive di fatalità e di quella sottomissione agli eventi che si trasforma in passività, mancanza di desiderio e di progetto; ma il discepolo, è provocato dal suo sguardo, non in un attivismo del fare per fare, ma dalla operosità del discernere secondo la volontà di Dio. Il discernimento, infatti, è comprendere le cose, non solo capirle, ma è farle nella volontà di Dio. San Paolo, nella prima lettura, "agli arresti domiciliari", discerne la sua condizione ... ed ecco la meravigliosa condizione del "prigioniero del Signore"! L'attenzione al fare la volontà di Dio, si realizza nel mettersi d'accordo con lui, mentre sei per strada. Questo è importante nel discernimento: ricercare e realizzare la compagnia di Dio.

mercoledì 19 ottobre 2016

Efesini 3,2-12 e Luca 12,39-48
Le impenetrabili ricchezze di Cristo


Pur leggendo i vangeli, resta vero quanto dice San Paolo - lui che ha conosciuto Gesù per rivelazione sulla via di Damasco - egli riconosce di Cristo un mistero inaccessibile. E se ci è dato di comprendere a cosa lui ci chiama: per condividere l'eredità; alla promessa; a formare un solo corpo; ugualmente, ugualmente restiamo immersi nel mistero che oggi è per sempre viene annunciato attraverso la Chiesa. Non si può comprendere il mistero di Cristo se non in forza della Sua Chiesa. Questa indicazione paolina è stupenda, stupefacente, perché non ci lascia in balia delle nostre suggestioni, ma ci pone in relazione con ciò che Gesù ha amato più di tutto, la sua Sposa! Alla sua Sposa il Signore rivela il suo mistero di amore. A questo punto è chiaro che a noi suoi discepoli è affidato molto, anzi molto di più, e quindi ci sarà chiesto molto di più, che però daremo con gioia!

martedì 18 ottobre 2016

2 Timoteo 4,10-17 e Luca 10,1-9
Festa di San Luca Evangelista
Il regno è vicino!


La predicazione rende il regno vicino. Questa vicinanza possiamo intenderla almeno in due modi:
- una vicinanza di spazio: l'annuncio non aggiunge qualcosa accanto a me, ma mi permette di comprendere la realtà come spazio di sacralità, in cui il regno, in forza della Parola annunciata, si manifesta;
- una vicinanza di tempo: l'annuncio caratterizza il tempo non più come una attesa o un "breve nascondimento", ma come kairos, il momento in cui il "regno di Dio" si dona,  si offre; è nell'oggi di ogni giorno che attraverso l'annuncio il regno è dato.
A questo punto, possiamo comprendere tutte le indicazioni di Gesù, che a prima vista contrastano con le attese che ciascuno di noi, in realtà si costruisce circa il regno di Dio.
Atteggiamento, stile di vita, priorità per caratterizzare il discepolo dell'annuncio. Questo uomo, inoltre, è il frutto della preghiera di una comunità di fede e di fratelli: "Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!"

lunedì 17 ottobre 2016

Efesini 2,1-10 e Luca 12,13-21
Creati in Cristo per le opere buone ...


Notizia del TG del mattino: stimati in Italia oltre 4.000.000 di persone sotto la soglia della povertà, di cui una parte in vera indigenza. Colpito da questa cifra, ho fatto un calcolo ... lo rifaccio per sicurezza, e scopro che corrisponde al 6,6% della popolazione italiana. Lo raffronto con gli abitanti della parrocchia e mi risulta circa 367 persone ... Un numero simile agli assistiti della Caritas parrocchiale.
Quell'uomo del Vangelo, mosso da giuste intenzioni, chiede a Gesù di fare da giudice circa il fratello che non vuole dargli ciò che gli spetta ... Non sarà che anche io sono quel fratello che non vuole dividere l'eredità? Tenersi lontani dalla cupidigia è un consiglio, ma anche l'invito a non farsi complici dell'avarizia per cui la carità si trasforma in una spilorceria. È osceno ostentare i propri "magazzini" di fronte a chi è nel bisogno. L'esercizio della carità ci arricchisce davanti a Dio, quindi ci arricchisce umanamente. A questo punto, tutto dipenda quale ricchezza ci interessa!

domenica 16 ottobre 2016

Esodo 17,8-13 / Salmo 120 / 2 Timoteo 3,14-4,2 / Luca 18,1-8
Impariamo la "preghiera"


Non riesco a togliermelo di mente, ma quando ripenso questa parabola mi risuona nella testa quella frase di un discepolo anonimo che si rivolge a Gesù, dopo averlo visto pregare, e gli chiede: "Signore insegnaci a pregare ..."
Forse il vero problema del pregare è che non abbiamo imparato a farlo per bene!
Ci è stato insegnato di pregare con parole che per quanto belle non abbiamo fatto nostre, ci è stato chiesta la perseveranza ma ci siamo dispersi nel deserto delle suggestioni, dei desideri e delle nostre pretese e contraddizioni.
Quando Gesù insegna a pregare ai suoi discepoli, non insegna solo delle parole da usare, ma rivela che la preghiera è uno stile che riveste la vita. Il suo discepolo, alla pari del maestro è un uomo che fa della preghiera il suo spazio privilegiato.
Non si prega per mettere un sigillo alla giornata, ma la preghiera riveste pienamente le nostre giornate. Gli avvenimenti, le situazioni di vita si snodano nello sfondo di preghiera che il discepolo custodisce come realtà che costruisce la sua esistenza. La preghiera è lo spazio esistenziale in cui io e Dio, non poniamo nulla di mezzo e nella Sua misericordia mi lascio portare, mi lascio sollevare dalle sue mani. È uno spazio, è uno stile di esistenza, non una circostanza funzionale, o di precetto. 
In questo modo comprendo la preghiera in relazione alla fede e come questo binomio si alimenta nella reciprocità.
Non ci sarà fede sulla terra se si interromperà la preghiera; non ci sarà più preghiera, e vedove che insistentemente la eleveranno al cielo, se non ci sarà più fede.
La vedova della parabola non è solo insistente, ella sa bene, e crede con fede, che il giudice, anche se disonesto, è l'unico che può accogliere e rispondere alla sua preghiera.
Gesù insegnandoci a pregare ci dice:
- non si prega a caso ... ma si prega il Padre, cioè ci si accosta al Padre che è misericordioso, cioè fedele e ricco di compassione, comprensione e tenerezza. È questo Padre che cerco, per aprirgli il cuore e affidargli la vita!
- non si prega per ottenere ... ma si prega per fare! Per fare la sua volontà; per fare il suo regno; per farci suoi!
- non si prega per tacitare la coscienza ... ma si prega per accostarci alla misericordia di Dio, in vista della conversione della nostra umanità ferita e spietata.
La Chiesa, come Gesù, insegna la preghiera insistente, ma se la Chiesa che siamo noi, non prega, allora è finita l'insistenza! Ma se non c'è più il gusto di pregare ... 
Oggi in Italia il 30% dei giovani tra i diciotto e trent'anni si dichiara ateo, non credente!
Atei, ma non di un ateismo di rifiuto, ma di un ateismo di indifferenza di tutto ciò che è trascendente: si è infranto una parte importantissima della nostra umanità, essere fatti in parte di "cielo".

sabato 15 ottobre 2016

Efesini 1,15-23 e Luca 12,8-10
La preghiera ... Cosa rappresenta per Paolo?


Uno sguardo introspettivo importante è quello che apprendiamo da San Paolo circa ciò che è la preghiera per lui. Esso è uno spazio di piena comprensione della realtà, dove la vita delle comunità da lui fondate ("non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere") risuona attraverso la memoria e diviene lode a Dio. Questa preghiera è fonte di comprensione del mistero stesso di Dio e della salvezza in Cristo:"Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi".
San Paolo sperimenta la preghiera come condizione necessaria per renderci parte della nostra pena gioia e beatitudine. Si prega non per ottenere delle cose ma per essere nella gioia e beatitudine di cui "artigiano" è lo Spirito.

venerdì 14 ottobre 2016

Efesini 1,11-14 e Luca 12,1-7
Noi siamo risposta alla sua presenza.

La nostra ragione, il nostro pensiero, tuttalpiù ci introduce nel mistero di Dio, facendoci percepire il disagio di un Dio assoluto e solo, di un universo e di una eternità statica e fredda! La scrittura, che è la Parola dello stesso Dio, ci introducono in un mistero di Dio che è comunione: lode della sua gloria. Questa condizione di pienezza si percepisce nell'esistenza nel tempo attraverso l'amore umano, ovvero quello spazio nell'anima inabitato dallo Spirito della gloria di Dio. Forse non siamo capaci di comprende fino in fondo l'amore proprio perché è lo spazio della nostra eternità e dello Spirito. Quando amiamo l'eternità diventa gioia, soddisfazione, gratuità e dono. Noi lode della sua gloria, preziosi ai suoi occhi, del valore di molti passeri.

giovedì 13 ottobre 2016

Efesini 1,1-10 e Luca 11,47-54
Quella parola uscita dalla tua bocca.


Scrivi e Farisei, sono gli artigiani della parola nel peggior senso che possiamo immaginare. Essi manipolano e strumentalizzano la parola della Scrittura a vantaggio di un sistema religioso che umilia l'uomo nella sua dignità e lo rende schiavo. Avete ucciso i profeti e quelli che per la parola erano stati mandati.  Quelle Parole uscite dalla Sua bocca sono ribelli, non incatenabili ...
"Guai a voi", maledetti ... Nella suggestione del Vangelo, potremmo accostare l'espressione: "nel fuoco eterno", perché avete negato alla parola la sua identità, quella di essere tenerezza e compassione di Dio Padre; parola di misericordia e perdono.
La parola ci plasma e costituisce figli di Dio in Cristo; "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia".
Leggere questa parola vale ben di più di ogni dichiarazione di diritti umani o di rivendicazione di diritti negati. Questa parola non è soggiogabile.

mercoledì 12 ottobre 2016

Galati 5,1-6 e Luca 11,37-41
Quanto costa essere liberi?

Il costo della libertà è una elemosina. Vivere da uomini liberi, significa vivere da discepoli di Gesù. Paolo, mostra come questa condizione trova innumerevoli resistenze; ad esempio la circoncisione. Essa può essere un segno di libertà oppure il marchio di una schiavitù. Per Israele, non è più il segno di una appartenenza che garantisce la liberazione dal male e dal peccato, ma un marchio di appartenenza esclusiva e quindi di segregazione.
Il fariseo del Vangelo è paradigma del discepolo schiavo del suo discepolato. Ha barattato la libertà con la sicurezza della legge. Lavarsi le mani, pulire il piatto ... mille precetti per sentirsi bene in coscienza ... Infelice, sei schiavo più di prima. Dare in elemosina ciò che trattieni con avidità, che in realtà è ciò che ti tiene schiavo, trasforma il discepolo in un vero sacrificio, vera offerta che genera un principio di libertà autentico: "tutto per voi sarà puro"; la libertà è purezza del cuore; la libertà parte dal cuore, dove Dio ti suggerisce di offriti in cambio della liberazione/amore.

martedì 11 ottobre 2016

Galati 5,18-25 e Luca 11,42-46
Lo spirito che ci libera dai "guai"


Chi agisce in forza della carne (fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere) non eredità il regno dei cieli, non vi può prendere parte. Chi agisce in forza dello Spirito (amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé) appartiene a Cristo e vive della sua grazia, del suo amore. I primi, come Scribi e Farisei ipocriti, al pari dei dottori della Legge, sono dei maledetti (guai a voi); essi vivono nella paura, nel senso di colpa e nella tristezza di dover produrre una giustificazione che mai soddisferà le proprie infedeltà. Ma se camminiamo secondo lo Spirito agiremo secondo lo Spirito e cammineremo anche secondo lo Spirito: ameremo camminare nella via della giustizia e dell'amore di Dio. Oh amore di Dio, che sconvolgi ogni nostra gratitudine!

lunedì 10 ottobre 2016

Galati 4,22-26 e Luca 11,29-32
Figli della donna libera


I discepoli di Gesù sono uomini e donne che posseggono la libertà. Essere liberi appartiene ora alla nostra  natura umana, non ha una norma di diritto. Le schiavitù che accettiamo sono delle fragilità, sono delle rinuncie, delle sconfitte senza lottare. Il cuore libero è indomito, inquieto, sempre in ricerca di colui che è capace di ridestare la libertà assopita. La libertà è quella bella condizione che percepisco nel cuore e nella vita quando mi lego fedelmente al Signore; l'autentica esperienza di un uomo libero è quella di essere amato senza alcun merito, e potere accondiscendere all'amore. Esiste nella nostra esistenza uno spazio - la coscienza - dove riconoscere il mio essere libero come condizione esistenziale a partire da chi realizza la mia libertà come un fatto e non come un diritto.

domenica 9 ottobre 2016

2 Re 5,14-17 / Salmo 97 / 2 Timoteo 2,8-13 / Luca 17, 11-19
Liberi per amore ...

Cosa significa essere lebbrosi?
Se la lebbra significa essere immersi, nostro malgrado, in un male e in una paura che riempie la vita personale e sociale, la lebbra diviene simbolo di tutte quelle schiavitù che avviliscono la condizione esistenziale del credente. A lebbra è il male la malattia di chi crede, si rivela al credente come una trasformazione e come un abbrutimento tale che trasforma la fede in paura e la vita in attesa di morte.
Quali sono i sintomi della lebbra di oggi, della lebbra che conduce alla morte della fede:
- La lebbra dell'indifferenza: noi viviamo la nostra vita, gli altri vivono la loro, perché dovrei farmi carico della loro? Mi bastano i miei problemi, senza che ...
- La lebbra della pura delle differenze: è nero, è profugo, è gay, è malato, è islamico, è diverso ... Perché tutto ciò che è diverso mi fa paura?
- La lebbra della avarizia (non solo dei soldi, ma di me stesso) non mi coinvolgo, non mi spendo, non mi dono. Perché sono avaro per me stesso e se mi concedo lo faccio come una spilorceria?
Di fronte alla lebbra Gesù non ha dubbi: occorre risanare, occorre riseminare la speranza e la felicità, non si tratta di una semplice guarigione da una malattia, ma occorre ripristinare la fede che si genera nell'amore gratuito di Dio Padre per ogni uomo.
Nell'agire di Gesù comprendiamo che la salvezza (amore gratuito) Dio la riserva a tutti, ebrei e samaritani, credenti ed eretici, santi e peccatori ...
L'obiettivo di Gesù non è di guarire una malattia, non è fare un miracolo, ma è vincere la lebbra, cioè rigenerare uomini liberi.
La libertà è la condizione ritrovata, di cui questi uomini fanno esperienza. Essere lebbrosi ha significato vivere la schiavitù della paura, della rinuncia agli affetti, la preclusione all'amore. Ciò che mi piaceva sottolineare in questa liturgia della parola era proprio la conseguenza della libertà ritrovata. Ma cosa serve oggi essere credenti liberi di credere?
Significa avere il coraggio di tracciare una strada e di lasciare una traccia.
Quando Naaman il siro scopre di essere libero, non vuole più tornare schiavo e vuole mettere solide radici nella "terra" di Israele. Siamo veramente liberi quando siamo radicati nell'amore di Dio. Quando l'amore debella le nostre lebbre.
Sono libero quando ho il coraggio di tornare indietro, con gratitudine, riconoscendo l'amore fedele di Dio.
Solo nell'amore che mi rende libero, posso sradicare i sintomi della lebbra. Quando San Francesco bacia il lebbroso non lo fa per pietà ma liberamente e per amore.



Inviato da iPad

sabato 8 ottobre 2016

Galati 3,22-29 e Luca 11,27-28
Discendenti di Abramo, eredi di una promessa ...

La Paola che rivela la volontà di Dio, non è ascrivibile al concetto di "scrittura"; non la possiamo relegare al ruolo di maestrina o di precettore. Sia il Vangelo che la lettera ai Galati, oggi ci accompagnano in una consapevolezza nuova. La Parola di Gesù, "ascoltata, e fatta", è condizione di beatitudine. Non è semplicemente fonte di moralità, ma di beatitudine, cioè piena realizzazione dell'esistenza, piena felicità. Noi, così scarsi nella fede, così tiepidi, intuiamo che l'ascolto della Parola, ci fa appartenere a Cristo. Questa appartenenza è liberante, è libertà! Fare la volontà di Dio non è una schiavitù, ma consapevolezza e partecipazione alla salvezza iniziata e attuata a partire dalla fede di Abramo, e promessa stabilmente per tutte le generazioni. La Parola di Gesù descrive la "felicità".

venerdì 7 ottobre 2016

Galati 3,7-14 e Luca 11,15-26
Il dito di Dio ... La fede ...


La fede, dono e grazia! La fede segna in modo straordinario l'esistenza del discepolo, e lo caratterizza con una condizione di libertà straordinaria. "Il giusto vivrà per la fede"' queste parole riprese da Paolo, garantiscono al discepolo l'originalità della sua fede, la salvezza donata da Cristo. Salvati, significa essere liberati dalla corruzione di Satana, del male. Questa nuova condizione rappresenta la "libertà" in cui la vita, l'esistenza prende forma. La fede rappresenta l'unica arma vincente, quella che ci permette di essere forti nella lotta con il male. Il Vangelo, in un modo originale, descrive questa lotta, ma l'uomo di fede non indietreggia e ben comprende il costo dello scontro. La nostra fede è già il segno del cielo.

giovedì 6 ottobre 2016

Galati 3,1-5 e Luca 11,5-13
Il paradigma dell'amicizia!


Lo spazio dell'amicizia è per Gesù un ambito privilegiato per manifestare la relazione che si genera tra Dio e l'uomo. Lui stesso descrive l'amicizia come realtà che non si infrange nemmeno nella "insofferenza" ... e insistenza molesta. L'amicizia non ha subordinazione se non nel corrispondere al cuore (desiderio) dell'amico. Questo è vero fino ad affermare che la preghiera è spazio amicale tra Dio e l'uomo; uno spazio in cui riconoscere quel corrispondersi a vicenda che diviene certezza del "chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto".  Il vertice più elevato dell'amicizia risiede nel chiedere e donare lo Spirito Santo.

mercoledì 5 ottobre 2016

Galati 2,1-14 e Luca 11,1-4
La preghiera del Signore ...

Non è un pregare per pregare, neppure un pregare rituale ... La risposta di Gesù occorre scomporla nei minimi termini.
Pregare è un "dire": il nostro "dire" rappresenta l'espressione di ciò che risuona dentro; significa dare voce alle esperienze, alle suggestioni, ai sentimenti, alla coscienza a tutta la persona. È la persona che dice ... che racconta sé stessa ...
Si potrebbe obiettare che siamo di fronte a una preghiera soggettiva, un soggettivismo esasperato! Sì! Occorre partire dal nostro soggettivismo per accorgerci che non bastiamo a noi stessi e che tutto il "guazzebuglio" resta irrisolto. Da questa coscienza nasce la preghiera come "dire" indirizzato al Padre. È a questo punto che Gesù insegna, sottolineo: insegna come pregare; fino ad affermare: come Lui pregava. La preghiera insegnata, non è un soggettivismo esasperato, ma un percorso di umanizzazione, cioè per migliorare la nostra natura umana.

martedì 4 ottobre 2016

Galati 6,14-18 e Matteo 11,25-30
Come Francesco ...


Innamorato di Gesù ...
Francesco ha imparato a essere Francesco, proprio da Gesù; ha voluto essere come lui, imparando da lui, dal Signore a essere "Francesco"
Dall'intima frequentazione della scrittura, Francesco ha imparato a lasciare trasparire dietro il suo volto e il suo agire, l’umanità di Gesù.
Come diceva Paolo nella lettera ai Galati, cosa conta, cosa è veramente importante: "essere nuova creatura", il resto è superfluo.
Nell'aprile del 1208, durante la celebrazione della Messa alla Porziuncola, ascoltando dal celebrante la lettura del Vangelo sulla missione degli Apostoli, Francesco comprese che le parole di Gesù riportate da Matteo (10, 9-10) si riferivano a lui.
Era la risposta alle sue preghiere e domande che da tempo attendeva; comprese allora che le parole del Crocifisso a San Damiano non si riferivano alla ricostruzione di quel piccolo tempio, ma al rinnovamento della Chiesa nei suoi membri. Iniziò così la vita e missione apostolica, sposando “madonna Povertà”. Dalle parole del Vangelo di oggi diventiamo, come Francesco partendo da: "Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero". Con queste parole, Gesù condivide con noi il suo carico di amore per l'umanità; un carico di  compassione e tenerezza. Oggi innamorati di Gesù, noi siamo invitati a fare nostro il Vangelo della gioia, per convertirci a Lui e riformare il cuore della Chiesa; oggi mandati dal Signore, impariamo che la missione si chiama rispetto e accoglienza.

lunedì 3 ottobre 2016

Galati 1,6-12 e Luca 10,25-37
Vangelo: rivelazione di Gesù ...


Tutto il Vangelo (portando all'estremo) è contenuto nel precetto dell'amore e nella parabola del "buon samaritano", per cui: "... tu fa lo stesso!"
Fare ciò che compie il samaritano, significa agire e attuare ciò che il Signore vuole fare e agire. Il Vangelo infatti non è una dottrina di precetti, ma una Parola che fa ciò che dice. Così come la Parola nella creazione, la parola di Gesù si propone come potenza che è capace di determinare quella novità che è narrata. San Francesco quando comprende questo, all'ascolto del Vangelo, fa seguire sempre la sua personale attualizzazione. Se noi agissimo come il samaritano, come Gesù, la nostra vita sarebbe veramente un'altra "cosa".

domenica 2 ottobre 2016

Abacuc 1,2-3; 2,2-4 / Salmo 94 / 2 Timoteo 1,6-8.13-14 / Luca 17,5-10
Relazione di fede


Ma che cosa è la fede?
Alla luce del Vangelo, forse, ne comprendo il metro di misura: una piccolezza inaudita capace di cose folli. Ma non senza senso. La fede è capace di motivare e sostenere scelte che umanamente sembrano inaudite: scelte che sono generate dall'amore gratuito e dalla misericordia.
La fede per il cristiano, non si limita a una adesione alla divinità. 
Quando chiediamo il battesimo per un bambino, noi non "seminiamo" il germe della fede, ma disponiamo noi stessi a dare testimonianza attraverso la nostra vita dell'esperienza della fede.
Che cosa è la fede?
E' una risposta di un uomo che impara che Dio ha per lui un amore appassionato e particolare, per cui la scarsa disponibilità circa la "fede" - ciò che chiamiamo aridità - è una conseguenza della poca esperienza di amore.
Torniamo all'origine, alla fede di Abramo, forse siamo troppo teologico, e non notiamo il travaglio umano di un uomo, nomade, che vorrebbe amare una moglie e dei figli, ma questa possibilità gli è preclusa.,
Quando Abramo riconosce che essere amato da Dio, si scatena la fede; significa che quell'amore è cosi dilagante e folle da poter ribaltare un destino di tristezza.
Isacco, per Abramo sarà la concretezza esistenziale della sua fede. Una fede che non si costruisce su dei dogmi teologici, ma sull'esperienza dell'amore: amare ed essere amato.
L'amore è il granello di senape, capace di sradicare gelsi e di trapiantargli nel mare. Cosa più assurda non c'è. Ma da questo amore nasce una relazione fedele per sempre.
La fatica nella fede, non è una questione di ragionevolezza, ma di amore. Dove è carente l'amore a Dio è carente anche l'esperienza della fede.
Questo ci permette di intuire come la fede generata nell'amore si coltiva attraverso l'esperienza dell'amore.
Possiamo dare concretezza alla fede attraverso l'amore a Dio. Ma come faccio ad per imparare ad amare Dio?
Facendomi servo! Ogni volta che la mia relazione con Dio e con i fratelli è da servo la cui utilità si realizza in relazione a loro, in realtà esprimo amore e riconosco la loro necessità per la mia vita. Questa necessità dice la fede.

sabato 1 ottobre 2016

Giobbe 42,1-17 e Luca 10,17-24
Potenzialità inespresse ...


Con la parola provvidenza, si scarica, a volte, sul l'intervento di Dio ogni possibilità di cambiare la realtà è intervenire in modo nuovo circa a situazioni complicate.
Ma in realtà la provvidenza, cioè l'agire di Dio si inserisce, come rivela la vicenda di Giobbe, in una fedeltà  nella prova, dove sembra che la benevolenza di Dio sia una "giusta" ricompensa. Ma non è proprio così; la provvidenza è l'agire libero di Dio che si coinvolge, e sollecita, l'agire fedele dell'uomo. Nel Vangelo Gesù non è passivo rispetto all'agire umano: lui opera nell'operare dei 72 inviati nel suo nome. La provvidenza la si può invocare, ma in realtà la si deve lasciare agire, a partiture dalla libertà personale e dell'agire per il regno dei cieli. Quando "facciamo le cose" del regno dei cieli, la provvidenza mostra tutte le sue potenzialità, anche quelle inespresse: quelle cose che noi possiamo vedere e che altri non videro pur desiderandolo.