sabato 31 dicembre 2022

Finire e ripartire

1 Giovanni 2,18-21 e Giovanni 1,1-18

Abbiamo bisogno di luce ... Alla fine di questo anno abbiamo bisogno di luce per fare breccia nell'oscurità delle tenebre. Pandemia, guerra, crisi economica, ingiustizie, stragi, tragedie di ogni tipo ... di fronte a tutto questo la Chiesa continua a ripetere questa parola di speranza: la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Spesso in questo momento di valutazione finale dell'anno, ci troviamo mancanti e ci rammarichiamo o ci perdiamo d’animo, oppure ancora ci chiudiamo in noi stessi, sconfitti. La Chiesa, come Madre, ci invita a vivere ogni fine come un nuovo inizio. Ogni fine anno come presupposto di un nuovo inizio; come annuncio di cieli e terra nuovi, come momento di attesa da vivere con vigilanza e speranza, pieni di fede nel fatto che Gesù ci accompagna ed è con noi ogni giorno della nostra vita: e venne ad abitare in mezzo a noi.

venerdì 30 dicembre 2022

Festa della sacra famiglia

Siracide 3,3-7.14-17 e Matteo 2,13-15.19-23

Il Vangelo di questa festa, e quello della strage degli innocenti (del 28 dicembre) hanno diversi punti di contatto. In questo modo la liturgia mette in evidenza la realtà in cui la giovane famiglia di Giuseppe si muove: un contesto storico difficilissimo e straordinariamente sospinta dalla volontà di Dio (il Regno) che si realizza attraverso la loro stessa quotidianità.
Così se la strage degli Innocenti sembra segnare un legame con tutti gli eventi che riportano alla memoria la storia recente dove il dolore innocente, la sofferenza senza ragione sembra vincere sull’amore, nello stesso modo le vicende della famiglia di Gesù sembrano declinare un continuo rinascere della speranza e della fiducia.
Il vincolo famigliare risulta vincente, e capace di resistere alle durezze della vita. L'umiltà di Giuseppe e la fede di Maria risultano vincenti e sufficienti non solo per resistere nella fatica quotiduana, ma anche per orientare secondo la volontà di Dio ciò che si vive.

giovedì 29 dicembre 2022

Tra le braccia Dio

1 Giovanni 2,3-11 e Luca 2,22-35

Chissà che emozione, chissà che tenerezza inaudita a provato il vecchio Simeone, ad avere tra le braccia quel bambino, il Messia, il figlio di Dio. E se fosse capitato a noi?Avere Dio fra le braccia!!! Ma ecco che oggi è proprio quello che Gesù vuole fare: lasciarsi, abbandonarsi fra le nostre braccia per poterci pienamente consolare con la sua presenza. Accogliere Gesù nella fragilità della nostra vita, nella povertà del nostro modo di amare, nel venir meno delle nostre certezze. Simeone al limite della sua possibilità di vita raccoglie in quell'abbraccio una intuizione dello spirito che gli permette di vedere oltre la sua stessa vita, in quel bambino, ci è donata la salvezza. Il nome di quel bambino, significa “Dio salva”, salva a partire da una mangiatoia; egli sarà il nostro liberatore; ci salverà dal peccato e dalla morte; egli insegnerà il valore del servizio, oggi ai poveri e agli emarginati, ai profughi e ai fuggitivi.

mercoledì 28 dicembre 2022

La strage continuerà

1 Giovanni 1 5-2,2 e Matteo 2,13-18

A cosa può portare l'attaccamento al potere, il consolidamento di una ideologia, il prevalere di interessi e convenienze?
Erode non si è estinto, non è venuto meno nel suo determinare scelte spaventose e futuri scenari di morte. Non solo può capitare a tutti di essere un poco egli Erodi, ma è la stessa nostra realtà che seglie Erode come stile e ideale di vita. La strage degli innocenti bambini e dell'innocenza umana continua in una macabra scelta di consolidamento di una idea di potere e di condizionamento della vita.
Fintanto che siamo disposti a sacrificare la vita e ciò che rappresenta, Erode trionfa in ogni gesto, parola e azione che sopprime la vita  nel suo essere origine e senso dell'esistente.


martedì 27 dicembre 2022

Il discepolo amato

1 Giovanni 1,1-4 e Giovanni 20,2-8

Giovanni secondo antica tradizione è il discepolo amato. Ciò mette in evidenza l’umanità di Gesù; egli era si “vero Dio”, ma anche “vero uomo”, capace di provare i nostri stessi sentimenti! Per Gesù, Giovanni è proprio il discepolo prediletto, amato. Questo sentimento vero e vivo, corrisponde alla tenerezza di appoggiare il capo sul petto del Signore. Ma questo legame intimo forma la stessa fede di Giovanni. Di fronte al sepolcro vuoto, è l'amore vissuto per il maestro che da’ contenuto a ciò che Giovanni ci testimonia. La corsa nell'arrivare per primo, come chi è primo nell'amare; l'umiltà di attendere fuori, dice che per amare occorre sempre attendere, per poi amare ancora. È questo amore che alimenta e costituisce la fede di Giovanni.

lunedì 26 dicembre 2022

Un santo Stefano speciale ...

Atti 6.8-12;7,54-60 e Matteo 10,17-22

Dopo la tenerezza del Natale, il dramma del martirio. Che strano accostamento la liturgia della Chiesa ci porta a vivere. Per convenienza era meglio continuare a cullarci nel dolce incontro tra il divino e l'umano, in quell'incontro che è la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti. Ma credo che sia proprio questa grazia che dobbiamo viverla integralmente e ad ogni costo in una concretezza reale che non è una favola di cioccolato. Stefano e il suo martirio, ci mostrano come la salvezza si intrecciano con la realtà, cone dono di Dio e da parte nostra come percorso vivo e integrale di fede e di amore: di fede nella certezza che Cristo è il solo e vero Signore; di amore che solo ci porta a pienezza, cioè chi permette di donarci totalmente fino al dono di noi stessi. Stefano ci porta al limite della nostra possibilità, e ci mostra come la testimonianza che dobbiamo dare è saper lasciare agire in noi lo Spirito affidandoci al Padre, in modo che in noi la vera testimonianza sia frutto dell'amore a Cristo e di Cristo.


Atti 6.8-12;7,54-60 e Matteo 10,17-22

Un santo Stefano speciale ...

Dopo la tenerezza del Natale, il dramma del martirio. Che strano accostamento la liturgia della Chiesa ci porta a vivere. Per convenienza era meglio continuare a cullarci nel dolce incontro tra il divino e l'umano, in quell'incontro che è la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti. Ma credo che sia proprio questa grazia che dobbiamo viverla integralmente e ad ogni costo in una concretezza reale che non è una favola di cioccolato. Stefano e il suo martirio, ci mostrano come la salvezza si intrecciano con la realtà, cone dono di Dio e da parte nostra come percorso vivo e integrale di fede e di amore: di fede nella certezza che Cristo è il solo e vero Signore; di amore che solo ci porta a pienezza, cioè chi permette di donarci totalmente fino al dono di noi stessi. Stefano ci porta al limite della nostra possibilità, e ci mostra come la testimonianza che dobbiamo dare è saper lasciare agire in noi lo Spirito affidandoci al Padre, in modo che in noi la vera testimonianza sia frutto dell'amore a Cristo e di Cristo.


domenica 25 dicembre 2022

Natale in guerra ...

Is 9,1-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14
MESSA DELLA NOTTE DI NATALE


Il brano del vangelo di questa Santa Notte di Natale descrive la nascita di Gesù a Betlemme. Oltre a Luca l'altra registrazione storica della nascita di Gesù è in Matteo; dove viene raccontata anche la storia dei magi, la storia dei potenti, dei ricchi, la storia di chi crede di contare.
I vangeli in queste narrazioni ci consegnano, di questo avvenimento, il coinvolgimento delle persone vincenti, delle persone stimate, dei capi di Stato, dei potenti come pure sullo stesso piano ci consegnano gli umili, chi è in basso, i dimenticati ... tutti sono attirati da questo luogo Santo, dalla grotta di Betlemme e dal suo divino mistero.
Sarebbe stato bello se fin da allora questi due mondi avessero camminato insieme in un unico abbraccio, capace di accogliere quel bambino ... ci pensate, avrebbe potuto esserci da subito la pace sulla terra.
Ma fino a che non si verranno incontro con una vera disponibilità all'accoglienza, a vivere in vera fratellanza, non ci sarà mai pace nel nostro mondo ... rimarrà un vuoto incolmabile, il vuoto che solo Dio e il suo amore può riempire quando viene accolto nel cuore umano.
Quella notte l'amore che è Dio si è concretamente rivelato in quella grotta, in quel bambino che nascendo ha messo l'uomo di fronte alla possibilità di rigenerare e riempire di senso la propria esistenza, la propria umana fragilità: questo è il fatto, è l'evento del Natale.
Quel bambino di Betlemme oggi come allora, sta di fronte alla guerra fratricida che insanguina anche il nostro continente; è di fronte alla violenza verso i fragili e i deboli, non ultima quella verso le donne violentate nella loro carne e dignità; si pone come resistenza all'umana follia, alle invidie e alla insana avidità speculativa; il bambino denuncia ogni forma di paura e di odio, come anche tutte le orrende agonie e indifferenze che riempiono i nostri giorni trasformandoli in incubi.
Il dono che Dio ci fa attraverso il bambino Gesù è per tutti, perché tutti, credenti e meno credenti, cristiani, ebrei, mussulmani, buddisti ecc... tutti possano partecipare nella sua nascita alla redenzione del mondo: quella nascita segna l’inizio di una situazione nuova, pianta il germe della vera salvezza sulla nostra terra.
Dopo aver tessuto e intrecciato, in avvento, le nostre vite nelle mani di Maria, oggi siamo di fronte alla possibilità di intrecciare la nostra vita con quella del bambino di Betlemme.
Una calda accoglienza di Gesù, si realizza qui attraverso di noi. Facciamo della nostra comunità parrocchiale non una formalità liturgica o canonica, non un regolamento di precetti, ma un'occasione in cui imparare a essere una bella chiesa. Fatta di intrecci di vita, di accoglienza sincera e senza pretese, fatta di disponibilità ad accoglierci e ad accogliere. Vinciamo le nostre pigrizie e soprattutto le nostre paure di metterci in gioco, oggi Gesù nasce ancora per fare rinascere la sua Chiesa, e noi tutti con lei. In questo mondo sfregiato dal male, e avvilito dalla disumanità, quale segno di bene noi cristiani possiamo essere? Quale segno comunità di Santo Spirito puoi essere?
Oggi le Scritture ci ricordano che “È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini”.
Tocca a noi, in questo Natale, «non avere paura» di aprire la strada nuova dell’accoglienza e della fratellanza. Tocca a noi aprire quella porta che spesso abbiamo chiuso quando abbiamo negato il nostro perdono, appunto limitato la Carità, e intiepidito la fede.
O Dio Facci accogliere Gesù in un caldo abbraccio del nostro cuore, della nostra vita, della nostra comunità. Libera il mondo dal suo fardello di guerra, di ingiustizia e di male, porta la buona novella della tua pace a tutti, aiuta NOI a fare gesti concreti di pace. Amen.

sabato 24 dicembre 2022

Visitati e redenti ... per indicarci la via della pace.

2 Samuele 7,1-5.8-12.14.16 e Luca 1,67-79

Ancora un altro cantico di lode, certo! È questo il genere letterario che esprime la gioia e la pienezza di vita di chi, toccato dal mistero di Dio ne diviene parte, attore e compimento. In questa vigilia del Natale ,le parole di Zaccarìa ci mettono nel cuore il fascino delle profezie di Dio e il suo progetto di amore: la nostra salvezza. 
Le parole di Zaccaria ci narrano la delicatezza di un Dio, che è presente in questa nostra storia, “visitandoci” in punta di piedi, e attraverso gli umili, redime noi e la realtà, cioè ci salva, dando significato e senso alla vita. Zaccaria ci racconta il mistero di un Re che non  si vanta dei suoi palazzi o di un potente esercito, ma che dona la liberazione attraverso la misericordia e la tenerezza. Si tratta di una rivelazione fuori dai nostri schemi, ma che unica ci conduce a sperare oltre ogni speranza nel dono della pace.

venerdì 23 dicembre 2022

Vite intrecciate

Malachia 3,1-4.23-24 e Luca 1,57-66

Le storie di Giovanni e di  Gesù si intrecciano in un modo quasi fantastico, avvolte dalla parola di un Angelo e realizzate a partire dal grembo di due donne che pur se diversissime unitamente realizzano la volontà di Dio. Non dobbiamo stupirci del modo straordinariamente ordinario in cui Dio abita il quotidiano. Un intimo legame che mette in evidenza come Dio realizza le sue promesse fatte ad Abramo, e non viene mai meno, nonostante le nostre fatiche, dubbi e le perplessità. Ma d'altronde la fede in quanto tale chiede sempre più un bagno di realtà e di concretezza. La fede è scegliere ciò che nel mondo è debole per confondere i forti; è rendere fecondo ciò che è sterile ed è aprire la bocca ai muti. Intreccia le sue con le nostre storie affinché ciò che egli vuole si compia in cielo e sulla terra.

giovedì 22 dicembre 2022

Stupore e gioia insieme

1 Samuele 1,24-28 e Luca 1,46-55

Quante volte abbiamo letto questo brano di Vangelo, o ripetuto queste parole ai vespri ... eppure quante volte queste stesse parole sono scivolate su di noi senza lasciare traccia. Forse perché ci sembravano un poco finte, troppo ben formulate ...
Infatti l'interpretazione dell'evangelista Luca, tradisce l’utilizzo di un genere letterario, quello della tipologia "Cantico". Ma non si tratta di una invenzione, ma di una esperienza di vita narrata e descritta attraverso la lode.
Il contenuto profondo del Cantico del Magnificat, si sviluppa a partire dalla capacità di Maria di meditare nel suo cuore; di riconocere la vicinanza di Dio come misericordia; di affidarsi alle promesse fatte ai padri. Maria fa esperienza di Dio a partire dal suo cuore, poi nella mente; fino a giungere alla concretezza di Gesú nel suo grembo. Il Magnificat, infatti, racconta in modo evidente l’interiorità di Maria: completamente avvolta dalla volontà di Dio, dalla vicinanza del Padre. Solo quando quelle parole diventano le nostre, la stessa carne di ciascuno di noi, diviene luogo intimo della presenza concreta di Dio.

mercoledì 21 dicembre 2022

Raccontare la gioia!

Cantico 2,8-14 e Luca 1,39-45

Chissà quante volte Maria si era confidata con Elisabetta, più grande, più esperta; chissà quante volte Maria é corsa nelle braccia di Elisabetta per raccontargli la sua gioia, e trovare quella accogliente amicizia che sola corrisponde alla confidenza.
Quante volte questo scambio di sensibile affetto l'abbiamo sperimentato pure noi. È l’amore, quello vero, quello che da gioia, quello che nasce nella vera amicizia che ci rende capaci di stare di fronte alle parole impegnative e meravigliose che Dio pronuncia nella nostra vita, e la complicità di una amicizia serve proprio per comprendre e riconoscere quel mistero che diversamente ci può solo turbare, a causa della nostra umana inadeguatezza.

martedì 20 dicembre 2022

Non temere …

Isaia 7,10-14 e Luca 1,26-38

Di che cosa devi avere paura Maria? Di un Angelo del Signore? Di una Parola?
Il timore di Maria è per il senso di quelle parole, per ciò che comporta la proposta che l'Angelo le mette ora di fronte.
Maria: è una ragazza di poco più di tredici anni, a cui è fatta la proposta di diventare madre di Dio cioè, che Dio sia suo figlio, Dio diventi un tutto insieme nella sua stessa carne. Il timore di  Maria è più che giustificato, ed è generato dalla sproporzione tra la proposta della Parola e la libertà di questa giovane donna. Ciò che sperimenta Maria, è l'esigenza e la possibilità insieme, della scelta di amare e di affidarsi. La nostra natura umana per essere tale, come per Maria, ha bisogno di amare. La proposta dell"Angelo allora, non è fuori dalla nostra possibilità, ma è portatrice della straordinaria bellezza di amore. Una bellezza che non può che stupire e riempirci di un sano timore.

lunedì 19 dicembre 2022

Sarai muto perché non hai creduto …

Giudici 13,2-7.24-25 e Luca 1,5-25

Se per giustizia intendiamo una rettitudine morale, allora  non basta essere giusti. Non basta seguire le prescrizione della legge per vivere alla presenza di Dio e nella sua volontà.
Bisogna entrare nel sogno del Padre. Elisabetta vive nella sua carne l’incontro vero e possibile del sogno/desiderio/volontà di Dio su di Lei; ne vede e riconosce il realizzarsi nella sua vita. Zaccaria invece fatica a vedere e riconoscere, non se ne rende conto.
Ha bisogno del tempo e del silenzio nel quale riuscire a vedere come un esploratore in cerca di un indizio, un’orma, un rumore inatteso.
Ma in tutto il nostro Travaglio esiste una certezza: “quelle mie parole, che si compiranno a loro tempo”.

domenica 18 dicembre 2022

Accogliere Gesù ... accogliere la volontà di Dio

 Is 7,10-14; Sal 23; Rm 1,1-7; Mt 1,18-24

In questa quarta domenica di avvento, come è possibile concretamente sperimentare e riconoscere il nostro vivere l'avvento come stato di dolce attesa?
In queste settimane ci siamo detti che dovevamo intrecciare la nostra vita quotidiana, insieme a quella degli altri e generare in questo modo quella lana da affidare alle mani di Maria per tessere quella esperienza comunitaria capace di essere la calda accoglienza di Gesù: vivere insieme il Suo e nostro Natale.
Essere svegli, per non lasciare dormire la nostra vita interiore, la nostra spiritualità.
Ho risvegliato la mia vita interiore ... mi sono accorto che quel Dio che cerco e in cui spero già abita in me?
Ho convertito le mie cattive abitudini, cercando di dare priorità all'esperienza generativa di amare?
Ho gioito nel pensare, nel progettare la grande festa del Natale?
In realtà mi accorgo che tanti buoni propositi sono naufragati nel mare tempestoso, della fatica, della frenesia, della distrazione, dell'incuria della vita di tutti i giorni.
Non ho dato priorità alla preghiera, all'ascolto della parola e neppure alla compagnia del Signore;  non ho evitato le solite dinamiche che non portano a nulla; non ho progettato un bel natale di fraternità. Devo riconoscere che da solo, con le mie sole forze, non riesco a vivere un obiettivo così bello come quello di mettermi in dolce attesa del Signore.
In questa quarta domenica siamo di fronte all'accoglienza della parola di Dio. E come questa accoglienza non può essere astratta o spirituale ma si realizza nel fare la sua volontà.
Ecco che questa settimana rischia di diventare più difficile delle altre tre ...
Allora cerchiamo di focalizzare al meglio cosa significa accogliere: "accogliamo la volontà di Dio  noi, come fece Giuseppe, apriamo le braccia per accogliere abbracciando". Abbracciare la volontà di Dio; lasciandosi abbracciare dalla volontà di Dio".
Il Vangelo ci racconta due esperienze, insieme alla nostra, di come si accoglie la volontà di Dio :
Maria era già completamente coinvolta in un'abbraccio, nell'accoglienza di Giuseppe, ora, si ritrova ad accogliere un figlio; l'accoglienza per Maria ora si chiama Gesù.
Anche Giuseppe che era un ragazzo giusto, cioè desiderava fare ciò che è giusto, ciò che è bene per sé, per Maria e per il bambino ... Per Giuseppe, ora,  si scatena una violenta tempesta: Maria è incinta, e il figlio non è suo. Anche per Giuseppe attendere significa accogliere Gesù. 
Ma ciò che deve interrogarci è come Dio chiede a entrambi di essere accolto nella loro storia, nella loro vita. Le parole dell'angelo non sono frutto di fantasia, ma esprimono il desiderio di Dio di coinvolgersi, abbracciare la loro stessa vita. Questo abbraccio è qualcosa che cambia tutto, è un capovolgimento fecondo e straordinariamente vitale.
Cosa comporta accogliere Dio?
Credo che queste due parole sintetizzano benissimo questa accoglienza: relazione e incarnazione. La mia relazione con Dio e con i fratelli, rende concreta l'incarnazione del verbo nella nostra natura umana, come vera accoglienza.
Papa Francesco cosi esprime concretamente la nostra accoglienza cristiana: "Accogliere significa aprire la porta, la porta della casa, la porta del cuore e permettere a chi bussa di entrare e sentirsi a suo agio, non in soggezione, ma a suo agio, sentirsi libero. Dove c'è un vero senso di fraternità, lì si vive anche l'esperienza sincera dell'accoglienza. Dove invece c'è la paura dell'altro, il disprezzo della sua vita, allora nasce il rifiuto o peggio l'indifferenza". Questa accoglienza è vero abbraccio.



sabato 17 dicembre 2022

Vieni Signore Gesù ...

Genesi 49,2.8-10 e Matteo 1,1-17

La genealogia di Gesù, di questo vangelo, ci insegna che un elemento importante: la ripetizione come condizione di chi attende. Non come esperienza noiosa ma come possibilità della parola di Dio che percorre le generazioni umane. Una attesa che ha radici profonde e che si proietta nel futuro dell'uomo. Parole che descrivono un tempo di secoli e di anni; attesa non tanto di buone notizie, di un lavoro migliore, di una vita migliore, ma è attesa di Cristo: “Vieni Signore Gesù". È anche questo tempo di attesa un’occasione per sistemare la nostra vita spirituale e per trovare più gioia e meno stress. In pratica, Avvento può essere proprio il periodo che stavamo aspettando!

venerdì 16 dicembre 2022

Un gioco di luci

Isaia 56,1-3.6-8 e Giovanni 5,33-36

Per un solo istante, abbiamo desiderato rallegrarci alla luce della testimonianza di Giovanni. Una immagine efficace, che si rinnova ogni volta che nell'istintività spirituale siamo affascinati e coinvolti da una proposta forte che scuote il torpore della nostra fede. Ma proprio questo confronto deve interrogarci circa la luminosità e il calore di Cristo: quanto arde e quanto risplende per noi questo sole che sorge all'alba della nostra esistenza? Giovanni rappresenta, anche per me, l'inizio di una esperienza di fede che non si esaurisce in sé stessa, ma che in un certo modo è destinata a diminuire per lasciare spazio a "uno più grande di lui". Oggi colui che è più grande, si rivela anche nella fragilità, nel limite umano che ha bisogno di essere redento; lo abita senza scandalizzarsi: ecco il senso di un Dio incarnato, che però arde e risplende come luce perenne; non si nasconde, ma si rivela in quelle stesse opere del Padre che anche oggi avvengono.

giovedì 15 dicembre 2022

Andiamo nel deserto

Isaia 54,1-10 e Luca 7,24-30

Il deserto di Giuda, affascina; il deserto in Israele è un luogo abitabile per quanto aspro e duro rappresenta uno spazio vivo ed esistenziale. Giovanni vive integralmente il deserto. Chi va nel deserto per cercare Giovanni, che cosa spera di trovare?
Ciascuno di noi cercherebbe nel deserto l'esperienza che gli permetta di vivere con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta l’anima il rapporto con Dio. Potremmo dire che chi cerca Giovanni desidera e spera una intimità con Dio, pari a quella del Battista.
L’invito al pentimento di Giovanni, e la provocazione di Gesù, sono la strada per il deserto e nel deserto; percorrendola si giunge al cuore di noi stessi, si arriva a incontrare Dio che abita il nostro cuore.

mercoledì 14 dicembre 2022

Risposta alla domanda di senso

Isaia 45,6-8.18.21-25 e Luca 7,19-23

Quando i discepoli tornarono da Giovanni gli riferirono ciò che Gesù aveva loro risposto: "i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia".
Cosa possono avere suscitato queste parole di Gesù, in un uomo in carcere, che sente prossima la sua morte?
La risposta di Gesù non è una semplice costatazione di fatti e realtà convincenti, ma rappresenta il superamento di una domanda ovvia ai più, ma che non rende l'idea di ciò che rappresenta il Messia. Il Messia non è un profeta, non è un semplice "altro". Colui che viene rappresenta il compimento e il fulcro della nostra vita: vedere, sentire, camminare ... vivere ... ogni espressione di noi stessi trova in Gesù piena realizzazione.

martedì 13 dicembre 2022

Si o No ... non solo risposte ...

Sofonia 3,1-2.9-13 e Matteo 21,28-32

Il peso dei nostri No e dei nostri Si. Quanto "pesa" un No detto a un amico, a una persona che amiamo, come anche a uno che ci è indifferente ...
In un modo o in un altro il No è sempre una espressione di blocco, di criticità e di impedimento ... Il Sì ha un peso, o meglio ha una leggerezza, capace di sollevare lo spirito,  capace di dare gioia e rallegrare la vita. Il Si è ciò che tutti ci aspettiamo, che attendiamo con cuore grato. Il Sì a differenza del No, ha una potenzialità inaudita, che sprigiona la forza del dono di grazia necessaria alla nostra felicità, ovvero alla salvezza.
Il No esprime pienamente la nostra fragilità, mette in evidenza che anche il nostro desiderio di lui, può avere momenti di smarrimento e di resistenza. Il Si, dice tutto il dono di se stessi, di perdersi per amore, ed è la possibilità di come ogni No viene completamente superato.

lunedì 12 dicembre 2022

Risposte alle nostre falsità

Numeri 24,2-7.15-17 e Matteo 21-23-27

Il brano inizia con la domanda a Gesù. Spesso  le nostre domande sono il tentativo di nascondere il nostro atteggiamento doppio, incostante, ipocrita e riservato; sono domande che non attendono una vera risposta; noi  non la vogliamo la risposta.
Accogliere ogni possibile risposta sarebbe come ammettere di dover cambiare stile di vita, posizione ideologica ed identitaria. Significa ammettere di essere fatti per quella risposta che viene da Gesù.
Accettare la risposta significa riconoscere vera la nuova immagine che Gesù, a partire dal Tempio, ci da di Dio, e la nuova immagine che ci rivela dell’uomo. Questo è il suo vero potere, vincere le nostre ipocrisie, svelare i nostri doppi pensieri e ricondurci alla verità di ciò che è essenziale.

domenica 11 dicembre 2022

Ti attendo, non ti attendo ... Indifferente!

Is 35,1-6.8.10; Sal 145; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11

Gesù è venuto nella storia più di duemila anni fa e tornerà nella gloria nella pienezza del tempo.
Ma per noi oggi, cosa significa attenderlo; cosa significa prepararci al Natale. Certamente non significa preparare la sua nascita, ma significa lasciarci illuminare, e farci riempire di lui. Significa dare al nostro tempo l'impronta della sua presenza, della sua venuta, non di altri ...
In questa terza domenica di avvento siamo provocati nel nostro cammino di fede da una domanda: Siamo prossimi ad accogliere Gesù? Riusciremo a vivere e organizzare la grande festa in questo Natale 2022?
Sarebbe importante che ciascuno di noi riuscisse a vivere questa giornata progettando la grande festa del Natale, affinché la gioia sia vera e soprattutto di tutti.
Proviamo a capire come si può fare per organizzare una grande festa di Natale.
1) Occorre avere chiaro chi è il destinatario, protagonista della festa. Il vangelo con le domande di Giovanni, che attraverso i suoi discepoli arrivano fino a Gesù, non deve mettere  nessuno in difficoltà.
Questa grande festa, ci accorgiamo che fa i conti con un dubitare esistenziale di cui facciamo esperienza nella nostra umanità; anche se questo dubitare è pure occasione per provocare la nostra fede. Il Dubbio è lo strumento di Dio per fare breccia nella nostra sicurezza razionale, e dell'autosufficienza umana ed esistenziale.
Quante volte anche ciascuno di noi ha dubitato ...
Diciamolo seriamente, quante volte abbiamo pensato: ma sarà poi vera questa storia?
Quel bambino, quei segni, miracoli e parole ... Sarà poi tutto vero quello che il Vangelo racconta? Ma sarà poi realmente risorto?
Mi conforta constatare che, in questo dubitare, sono comunque in una buona compagnia. Lo stesso Giovanni Battista, se da una parte era rassicurante per la sua forza, per le sue parole coinvolgenti, dall'altra, ora rivela tutta la sua umana fragilità, Il suo dubbio ... "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?"
Ma oggi, tutto è cambiato, al punto che anche il dubbio è in difficoltà!
Magari il dubbio esistenziale fosse causa dei nostri ragionamenti e ripensamenti; oggi il dubbio si blocca, e non riesce a penetrare la cortina dell'indifferenza che tutti avvolge.
Attenzione, l'indifferenza è il peggiore dei mali e di ogni situazione e scelta di vita.
L'indifferenza anestetizza e svuota l'interesse, che è l'unico movimento dei sentimenti umani capace di generare il desiderio di conoscere e conoscersi.
Come reagire all'indifferenza che sostiene il nostro perbenismo cristiano, ma non scalda e non ravviva il nostro essere Chiesa? Il nostro essere comunità parrocchiale, famiglia accogliente, famiglia di tutti e per tutti.
2) Per questa grande festa occorre superare le solite convenzioni e consuetudini. Credo che la festa vada ripensata e non dobbiamo scandalizzarci di ciò che Gesú ci propone di fare nel tempo di mezzo della sua venuta.
Ma la grandezza della festa deve corrisponde al cambiamento interiore ed esteriore di noi stessi. Un cambiamento interiore capace di dire la conversione della vita spirituale; il cambiamento esteriore deve invece comunicare la tensione missionaria, la carità e l'accoglienza.
Caro Gesù, occorre guardarti. Ed ecco che Giovanni, per fare questo manda i suoi discepoli a verificare direttamente che senso hanno le tue parole, che senso ha la tua rivelazione. Gesù ci dice che occorre guardare ciò che lui è, guardare ciò che lui fa; solo questo permette di riconoscerlo come Messia, come colui che deve venire e che viene costantemente per noi.
Come posso contrastare la mia indifferenza di oggi?
Il Vangelo mi provoca oggi con questa insolita beatitudine: Beato colui che non trova in te motivo di scandalo. Posso vincere la mia indifferenza solo ascoltando le tue parole, quelle che mi scaldano il cuore e muovono di stupore.
Vincere l'indifferenza con la gioia che passa dal desiderare di essere nel Regno di Dio di cui parli. Un regno dove i più piccoli sono più grandi di tutti, anche di Giovanni, il tuo Giovanni.
Aiutami Signore! Parlami ancora di questo Regno.
Aiutami Signore a legare questa fragile realtà dubbiosa con la concretezza reale e corporea di chi vive accanto a me, rivelati con il tuo amore, che si fa sempre carità concreta e visibile.

sabato 10 dicembre 2022

Precursori cercasi!

Sir 48,1-4.9-11 e Matteo 17,10-13

Nei discorsi dei discepoli con Gesù, mentre scendono dal monte della Trasfigurazione, si cerca di entrare nel vivo e nel dettaglio della rivelazione: il regno di Dio e il precursore. Di fronte alla sul venuta, Gesù non ci chiede di perderci in inutili attese ma ci domanda di fare della vita uno spazio di originalità, di preghiera, di offerta gratuita di noi stessi ... Gesù ci mette in guardia dal coltivare, di fronte all’Amore di Dio, che viene, un’atteggiamento di erudizione fredda, da scriba e fatiseo, che poi è incapace di riconoscerlo; dovremmo invece dirgli “Ti voglio bene”.
È quella disponibilità che fa anche di noi dei precursori, dei Giovanni Battista. Anche oggi, ogni giorno, Gesù viene, nella misura in cui ciascuno di noi fa la sua parte come precursore della profezia (Elia), speranza di un mondo migliore.

venerdì 9 dicembre 2022

Stare con pubblicani e peccatori.

Isaia 48,17-19 e Matteo 11,16-19

Stare con i peccatori, è stato cone rivestirsi di un anonimato, che rivelasse in realtà la priorità della sua venuta. Di fronte al prossimo, suo Natale, il rischio che corriamo è sempre quello di soffermarci in modo romantico di fronte alla rappresentazione del Presepe, con quella nostra solita indifferenza con cui approcciamo anche la storia attuale, e rischiamo ancora una volta di sentire il suono del flauto e di non ballare; il canto di un lamento e di non batterci il petto.
La nostra umanità è talmente ferita e cieca, da non riconoscersi parte di quei pubblicani e peccatori, con cui in modo preferenziale e prioritario stava Gesù. Per vivere questo Avvento e questo Natale occorre che ci esercitiamo nel compiere una vera immersione nell'umano.

giovedì 8 dicembre 2022

Maria una di noi!

Gen 3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38
Immacolata Concezione


La frequenza delle feste dedicate a Maria dovrebbe insospettirci. Perché tante celebrazioni in suo onore? Forse perché è la madre di Dio?
Mi piace pensare, senza correre il rischio di essere dissacrante, che Maria cammina con noi in ogni momento… come a ricordarci che lei è una di noi!
Essere immacolata non la rende aliena dalla nostra umanità! Tutto questo sembra dirci che anche noi, nella pienezza della nostra umanità risorta, saremo simili a lei.
Ecco che il "singolare privilegio" diviene una condizione comune di gioia attesa e sperata.
Ma cosa esprime essere l'immacolata"?
Non certo un singolare privilegio fine a sé stesso.
Tutto questo infatti parte da Dio e da Maria. Il singolare privilegio è l'incontro di due desideri: quello di Dio, di dare al suo figlio amato la madre più bella dell'universo; e del desiderio di Maria di non eludere le attese di amore di Dio, quindi il desiderio di fare la volontà del Padre.
Questo singolare privilegio non è astratto, ma ha una concretezza che ci affascina e attrae: la gioia.
Padre Silvano Fausti diceva: La prima parola che Dio rivolge a Maria consiste in un imperativo: “gioisci”. Nella traslazione di significati dal greco, al latino e all'ebraico, resta la radice profonda del greco “kaire” da cui risuona tutto il contenuto della "gioia". Non è quindi un caso che nel vangelo leggiamo “gioisci”, tanto è vero che la stessa parola serve anche a definire Maria la “piena di grazia”. Praticamente in questa parola, “gioisci”, è insieme un comando e una constatazione: il comando di Dio, e ciò che Dio vede realizzarsi in Maria. Ebbene questa gioia, che Dio vuole per Maria, la vuole anche per noi.
Ecco allora che cosa vuole Dio da noi? Vuole solo una cosa: che noi siamo nella gioia.
Qual è la volontà di Dio? Che tu sia contento! Ti ha fatto per questo! È un Padre! Ti ha fatto per la gioia!
Perché?
Perché tu sei la sua gioia, perché ti vuole bene.
Ecco, come è bello pensare che noi siamo la gioia di Dio; che ci ha pensato dall’eternità; noi stessi gioiamo della gioia che Lui ha per noi.
Tutto questo dà il senso del singolare privilegio della nostra natura umana. Grazie Maria che sei una di noi!
Oggi questa gioia fa parte anche della nostra missione di credenti, di discepoli di Gesù.
Nella nostra quotidianità ferita, nonostante la guerra, la crisi economica e lo strazio umanitario dei profughi e dei popoli stremati dalla povertà e dell'ingiustizia, dobbiamo recuperare lo spazio della gioia.
Dobbiamo fare venire fuori la nostra possibilità di essere autori di Gioia. Come per Maria, la vera gioia è fare la volontà di Dio ... così anche per noi?
Proviamo a dire come Maria: Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola.” anche noi proviamo a dire: si compia in me la tua parola! Di fronte a questa parola di Dio la nostra gioia sarà la risposta di un cuore libero che per amore risponde all'appello di Dio. Per amore si risponde alle richieste che la nostra vita incontra ogni santo giorno, questa risposta è parte del Singolare Privilegio che ci riempie di gioia.

mercoledì 7 dicembre 2022

La "fisica del giogo!

Isaia 40,25-31 e Matteo 11,28-30

Ci sono delle fatiche che si fanno volentieri, non sono gravose e danno grandi soddisfazioni; rinfrancano l'animo, si fanno volentieri; devo dire che si desidera farle. Ad esempio la "fatica" di amare; si, perché amare è una fatica bella. Può essere una di queste fatiche il giogo di Gesù? Può essere che per superare e vivere bene le nostre fatiche quotidiane possiamo e dobbiamo caricarci del dolce giogo e carico leggero che è la rivelazione di Gesù stesso?
C'é un giogo, cone quello delle leggi e regole religiose, che applicato alla vita quotidiana diventa onerosissimo; altri gioghi sono quelli delle nostre passioni regolate o sregolate, delle nostre fantasie e dei nostri pensieri, di cui noi stessi ci graviamo; tutto ciò alla lunga diviene un peso intollerabile. Perché allora, il giogo di Gesù è dolce e leggero? 
Perché tutta la fatica è conseguenza delle scelte di amore, quando riconosciamo che abbiamo bisogno di amare e di essere amati, ogni fatica è sopportabile, ogni giogo di amore è dolce e ogni carico non è mai troppo pesante.

martedì 6 dicembre 2022

La centesima pecora sono io …

Isaia 40,1-11 e Matteo 18,12-14

Cosa ce ne pare? Certamente Rimaniamo interdetti! Quale pastore, infatti, abbandonerebbe un gregge intero sui monti per cercare una sola pecora che si è smarrita?
Ma d’altronde queste parole di Gesù vogliono darci la misura del cuore di Dio.
La sua vera onnipotenza si concretizza nel suo desiderio di amarci. Dio non ama solo la pecora smarrita, ma ama tutte le cento pecore …
Ma quella pecora smarrita può essere ciascuna delle cento … per quella pecora, pur di ricondurla a casa, occorre fare di tutto.
Anche ciascuno di noi ha bisogno di essere trovato … perché ogni giorno della vita sperimentiamo lo smarrimento del nostro fare da soli … del nostro essere e volere essere soli. 
Il pastore sa che la vera nostra gioia è essere con le altre novantanove pecore.

lunedì 5 dicembre 2022

Amicizia, gratuità e stupore.

Isaia 35,1-10 e Luca 5,17-26

"Uomo, ti sono perdonati i peccati". Queste parole di Gesù attirano l'attenzione di tutti! Tutti sentono in sé stessi il peso e le conseguenze del peccato. Anche noi, abbiamo percezione che il peccato limita la nostra libertà, ci condiziona nel modo di essere umani e ci avvilisce nell'esperienza di amare. Essere perdonati è essere liberati, essere posti nella condizione di "tornare a casa" pieni di nuova possibilità. Il perdono rappresenta il "fuoco" rigeneratore della nostra vita, la riconciliazione come sacramento è allora veramente la possibilità di rinascere pieni della grazia di Dio. Sono tre le situazioni di vita che accompagnano il perdono: l’amicizia, la gratuità e lo stupore.
Solo nell'amicizia il perdono non è una legge o una morale. La gratuità esprime la condizione dei perdonati. Lo stupore è la condizione di chi vede la realtà libera dall'ombra del peccato.

domenica 4 dicembre 2022

Voglio diventare come Gesù!

Is 11,1-10; Sal 71; Rm 15,4-9; Mt 3,1-12

Come vivere questa seconda settimana di avvento in uno stato di dolce attesa?

La conversione è la parola che la Chiesa ci affida per vivere questo secondo tratto di cammino. Convertiti, non in senso generico, ma come condizione necessaria, puntuale e concreta. Dopo essere stati svegliati nelle nostre pigrizie spirituali e della vita quotidiana, ora occorre realmente attrezzarsi e Convertirsi, occorre cambiare, bisogna cambiare alcune cose... Vediamo quali e come fare.

Facciamo un poco di deserto.Giovanni Battista, nel vangelo ci parla di cambiamento e di conversione della vita, anche con parole un poco minacciose, ma lo fa a partire da un'esperienza particolare quella del deserto. Che a differenza di ciò che pensiamo non è la solita aridità, ma è lo spazio fisico e geografico in cui riscoprire l'autenticità che nasce nel silenzio; l'essenzialità di fronte al nulla; un uomo nel deserto può essere solo se stesso.

Il deserto ci permette di mettere a fuoco nell'orizzonte di infinite cose, ciò che è prioritario cambiare.

Il deserto ci porta a riconoscere e deporre tutte le maschere che ogni giorno indossiamo per difenderci e per nascondere noi stessi agli altri.

Il deserto è il luogo fisico, geografico e spirituale in cui rimodellare noi stessi, lasciare allo Spirito la possibilità di restituirci la nudità senza vergogna che avevamo in Adamo prima del peccato originale, quando eravamo integralmente figli di un Dio Padre che era per noi solo amore, gioia, comunione.

Conversione è allora un cammino nella possibilità di amare; nella gioiosa rifioritura dei sentimenti; nella apertura del cuore ai fratelli, ... la vera comunione.

La conversione non è un obbligo, e non si attiva per decreto-legge, ma per una bellezza almeno intravista: sulla strada che io percorro. Se la strada è la mia vita, la conversione è l'insieme degli stili e degli atteggiamenti che metto in atto nella quotidianità.

E' sulla strada che faccio esperienza della necessità di cambiare qualcosa di me. Non per moralismo, ma perché riconosco che è bello questo mondo quando è abitato da Dio attraverso di me. Dio non è una questione teorica, ma è parte di quella mia soggettività capace di plasmare e modellare la realtà.

Ecco allora il vero cambiamento: Abbi cura di te, non lasciarti muovere dal caso o dall'istintività; cambia le tue cattive abitudini, ne abbiamo tante, intolleranza rispetto alle persone, insofferenza per l'impegno e la fatica, la presunzione di avere sempre ragione ...  Cambiamo in qualcosa ... riposa, prega, servi, ama ... questo è il cammino di conversione in questa seconda settimana ... questa è la nostra lana da dare a Maria per tessere il caldo accogliere Cristo; il nostro cambiamento.

sabato 3 dicembre 2022

Preghiamo il Signore di essere pure noi mandati ...

Isaia 30,19-21.23-26 e Matteo 9,35 -10,1.6-8

È facile pregare affinché altri vengano chiamati e mandati ... mandati a compiere quei gesti di amorevole cura che costituiscono l'espressione della vita della comunità credente.
Ecco che per corrispondere alla chiamata occorre assumere l'atteggiamento e lo sguardo di Gesù. Gesù ci insegna e testimonia che è possibile per tutti essere chiamati e mandati. É la vita stessa del Signore, i suoi occhi e il suo cuore che ci mostrano che chi è chiamato, prima di tutto non deve ignorare le fatiche e i dolori dei fratelli, cioè di tutti gli uomini e donne di questo mondo.

venerdì 2 dicembre 2022

Avvenga in noi secondo la nostra fede

Isaia 29,17-24 e Matteo 9,27-31

Il più della volte, noi non vediamo, siamo ciechi rispetto alla vita, soprattutto perché non riconosciamo il Signore nel nostro quotidiano. Ma che cosa determina il cambiamento radicale di questa cecità? Di questo non vedere?
Gesù, toccando, compie il miracolo di donarci la certezza della sua presenza nella nostra vita. Ma cosa significa che Gesù ci tocca gli occhi e ci fa vedere?
Tutto parte da noi, dal mettere in gioco la nostra fede in lui. La nostra fede non è un imparaticcio di nozioni teologiche e filosofiche, ma è un grido, è una preghiera rivolta al Signore: è chiedere pietà; è desiderare la presenza di Dio nonostante ogni fragilita. Gesù non può che accogliere questa preghiera così piena di fede. La fede grida il desiderio di amare ed essere amati; attende concretezza; la fede ha bisogno di dita, di mani, di sguardi, di luoghi e tempi. La fede ha bisogno di concretezza. Avvenga in noi la concreteza della fede (siamo toccati da Gesú) a partire dal grido della nostra preghiera.

giovedì 1 dicembre 2022

Vogliamo farla questa volontà di Dio, oppure no!

Isaia 26,1-6 e Matteo 7,21.24-27

La volontà di Dio non è un progetto astruso e neppure rivoluzionario, ma la sua volontà si concretizza quando le sue Parole toccano la nostra vita e interagiscono con essa. Quando le parole di Dio toccano la vita, si attivano quelle situazioni che generano ed esprimono la fede.
Infatti la nostra fede è a partire dalla Parola e dalla capacità della Parola di cambiare e migliorare i nostri stili di vita. Ma a partire da questo "intreccio", è anche una fede che permette di contemplare il mistero, di ascoltarlo. Ecco che Dio non genera una fede fatta di parole, ma una fede che coinvolge il cuore, la mente, la carne, la vita. La proposta che nasce dalla volontà di Dio è una fede forte che non crolla, perché chi ha fede costruisce ogni situazione del quotidiano in un continuo ritornare a Lui.

mercoledì 30 novembre 2022

E se tutto fosse amicizia

Romani 10,9-18 e Matteo 4,18-22
Sant’Andrea apostolo


Ciascuno di noi è abituato a determinare la direzione della propria vita, proprio come Simone e Andrea che conducono la loro barca. Arrivato Gesù … è lui che si propone come loro pilota nella vita … a seguirlo senza calcoli, convenienze, senza possibili previsioni. Quello che per noi assume il carattere impegnativo e solenne della chiamata vocazionale in realtà è semplicemente la realizzazione di una amicizia. È il desiderio di Gesù, di essere accolto, a cui corrisponde la disponibilità ad accogliere di Simone, di Andrea, Giacomo e Giovanni. Ecco che la vocazione si rivela un percorso di normalità in cui scoprire sempre più intimamente attraverso la relazione di amicizia con il Signore la dignità della nostra vita, e quale meta è la nostra felicità.

martedì 29 novembre 2022

La gioia vera

Isaia 11,1-10 e Luca 10,21-24

Quale gioia è veramente la vera gioia?
La vera gioia è il nostro nome scritto nei cieli, nel Padre! Ma cosa significa?
A questo punto, Gesù si spinge oltre, rivela come la quotidianità di ognuno è il riflesso del cielo, ed è lo spazio della gioia vera: “beati i vostri occhi che vedono … e gli orecchi che ascoltano …”
È generalmente la nostra piccolezza, la fragilità e l’umiltà che ci permette di entrare in quell’ascolto della Parola di Dio che senza ideologico pregiudizio diviene spazio di verità e condizione di una gioia vera e piena. Se non deponiamo la pretesa di leggere giudicare la vita da noi stessi e quindi essere “maestri” sapienti e dotti non assaporeremo mai la gioia vera.

lunedì 28 novembre 2022

Verrò e lo guarirò

 Is 4,2-6 e Matteo 8,5-11

Accade quanto ci saremmo aspettati, cioè che Gesù si muove a compassione e per amore di chi soffre. Ma il contesto è ben diverso dal solito: chi implora, chi chiede è un centurione, un nemico, ma ciò che chiede è ancora più strano, e anche disdicevole rispetto alla nostra mentalità e moralità: la guarigione del duo servo/amico. La parola greca usata per indicare il servo del centurione è "pais". Nel linguaggio del tempo, "pais" aveva tre possibili significati che dipendevano dal contesto in cui era usato. Poteva significare “figlio o ragazzo”, “servo”, o poteva significare un particolare tipo di servo, un servo "amato/amante del suo padrone”.
Qualunque sia l’interpretazione, ciò che fa Gesù è normale per quanto è straordinario. Segue il dettami di amare e insieme sbalordisce perché supera ogni barriera culturale e di pregiudizio morale mettendo in evidenza la fede e la dignità di ogni figlio di Dio, anche se "pais".

domenica 27 novembre 2022

Avvento: dolce attesa!

Is 2,1-5; Sal 121; Rm 13,11-14; Mt 24,37-44

La Chiesa, ci invita sempre, nella prima domenica di avvento, alla vigilanza nell'attesa, quale condizione necessaria per camminare verso il Natale, perché l’attesa di Gesù è l’attesa propria di chi ama, ed è quindi una attesa fervente e quotidiana.
Cosa significa l'invito alla vigilanza oggi?
I giorni di Noè sono i come i nostri giorni fatti di tutta la pesantezza e la fatica del nostro vivere, segnato ora anche da quei segni che sembrano prefigurare la fine imminente ... ma non è così!
Perché il senso di tutto ciò che accade non è spaventare ma sollecitarci a metterci in uno stato di gioiosa vigilanza: "Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo".
Il nostro tempo liturgico di avvento è un tempo in cui riappropriarci della vita, senza soccombere al caos e al caso. Riscoprire la vita nella sua possibilità …
E' tempo per essere vigili, come una madre in attesa; come fu il tempo di attesa di Maria e di Elisabetta, madri che hanno vissuto una dolce attesa della venuta alla luce dei loro figli.
Il vangelo è esplicito, e la Liturgia della Chiesa con prontezza ha recuperato pienamente il senso di una attesa vigilante, lo stare svegli, desti, che nulla ha a che fare con l'insonnia, ma che vuole esprimere attenzione, interesse e priorità.
Svegliati! Non lasciare che la tua vita interiore si addormenti. Dio dimora in te, sentilo come Maria lo sentiva nel suo grembo: un lieto Avvento vissuto con attesa e desiderio. Noi di fronte alla vita spesso poniamo il caso e la fatalità, ma non Gesù. Forse ci sembra che Dio giochi ai dadi con la nostra vita e la nostra storia, ma quel linguaggio apocalittico, che non lascia spazio alla nostra possibilità di gestire, progettare e possedere, ci pone di fronte a colui che dice di venire, come l'unico che dà senso e pienezza.
Ecco allora l'occasione per generare, custodire e camminare in questo avvento, vediamo come:
1) Un tempo di preghiera … Sveglia, c'è tanto da fare! - Avvento è vivere in uno stato di dolce attesa in cui la preghiera, quella vera, ti permette di non lasciare che la tua vita interiore si addormenti. Dio dimora in ciascuno di noi e ci abita proprio a partire dalla nostra interiorità, poi tutto il resto.
2) Impariamo a tessere con Maria l'accoglienza del Signore: Nelle mani di Maria intrecciamoci per accogliere Gesù: la vita e l'impegno quotidiano diviene la lana necessaria che daremo a Maria per tessere quella copertina che accoglierà il Signore Gesù!
E' un'immagine, è un adesivo, ma rappresenta in figura ciò che siamo disposti a offrire.
3) Avvento: è una comunità che si mette in cammino. Un avvento Sinodale, cioè in cammino per vivere insieme la passione per la Chiesa, per la comunità, per essere ancora una volta protagonisti di una primavera della Chiesa nel nostro paese.
Ogni venerdì di Avvento, chi vuole, mi auguro in molti, e comunque nelle possibilità di tutti, alle ore 20,45 faremo il nostro cammino sinodale con tutta la Chiesa italiana e non solo.
Viene adesso il Signore, camminatore dei secoli e dei giorni, ma la nostra vita, le nostre case, sono la prima tappa del cammino verso la meta del suo viaggio.

sabato 26 novembre 2022

... ci manca solo il Figlio dell'uomo!

Apocalisse 22,1-7 e Luca 21,34-36

Se ci fermiamo a guardare con attenzione gli avvenimenti della storia passata e attuale, è facile sentirsi imbrigliati in quel laccio di cui parla Gesù: "... come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra".Quel laccio è una trappola che ci cattura in un inferno reale e attuale. Siamo ormai consapevoli che possiamo costruire l’inferno fin da qui, infatti, se viviamo una vita in cui il nostro cuore è concentrato su altro che non sia Dio, proprio quello è inferno. Se Dio è un esodato dalla nostra vita, la nostra solitudine esistenziale grida senza ritegno il proprio originario bisogno di senso e di pienezza. Per questo dobbiamo vivere in un presente vigilante, per accogliere con desiderio e trepidazione ogni altrui presenza come possibilità di compimento. Che bello nella vigilanza attendere con un cuore intrepido l’arrivo dell’Amato, e riconoscerlo come originario di senso.

venerdì 25 novembre 2022

Capire da noi stesi ...

Apocalisse 20,1-4.11-15.22,2-2 e Luca 21,29-33

Capire da noi stessi che il regno di Dio è vicino non è cosa così immediata. Capire questa presenza che è da un lato altra da noi, e ci spaventa; ma è anche interazione con noi e ci coinvolge, rappresenta la vera difficoltà circa il riconoscerne la presenza. ll regno infatti, si rende presente e riconoscibile nel presente di ogni generazione umana, attraverso quella sua Parola eterna che tutto pervade e riempie di sè. E' quella stessa Parola che ci accompagna all'incontro con Dio Padre, ci invita a camminare verso Dio. La nostra storia, quella "grande", come anche la nostra "piccola" storia personale è il luogo dove riconoscere la vicinanza di Dio. Di fronte a questo avvicinarsi sono due gli atteggiamenti che derivano dal "capire da noi stessi": la paura e il terrore:"Oh Dio mio, come è tremendo il mondo ..." quando si è pervasi dalla paura del male; oppure ci accorgiamo che in questa storia siamo chiamati a vivere da figli di Dio e da fratelli, cioè siamo chiamati a testimoniare un modo diverso di vivere la vita”.

giovedì 24 novembre 2022

Quando cominceranno ad accadere queste cose ...

Apocalisse 18,1-2.21-23 e Luca 21,20-28

E' una fortissima contrapposizione: quando accadrà tutto questo, la liberazione è vicina. E' questa immagine che ci occorre per definire un tempo nuovo, un tempo di svolta; il tempo per riprendere in mano la nostra vita e capire se c'è qualcosa da sistemare. E in questo tempo di svolta, Gesù parla di segni angosciosi, di difficoltà grandi, di momenti di crisi; ma non sarà anche il tempo che tutti stiamo attraversando, e dal quale sembra non si sia più capaci di uscire? 
Gesù dice anche con chiarezza che quando ci troviamo in periodi di grande fatica, «risolleviamo e alziamo il capo, perché la nostra liberazione è vicina». Diamo un senso pieno e fecondo all'attesa.

mercoledì 23 novembre 2022

La fede si difende da sola

Apocalisse 15,1-4 e Luca 21,12-19

Quanto può essere superfluo e non necessario, affannarsi nel difendere i “valori”, la “dottrina”, la “vera Fede”. Gesù ci ha detto che non dobbiamo imbracciare le spade per difenderlo, come cercò di fare Pietro la notte della cattura, nell'orto degli olivi. Neppure dobbiamo preoccuparci per trovare parole e azioni per difendere la nostra fede, testimoniarla e diffonderla: basterà solo vivere e comportarci in modo che tutto appaia fatto e vissuto in comunione col Signore.
E' la sequela stessa di Cristo la garanzia di vita vera, dell'amore eterno e della gioia piena. Ecco perché non vanno cercate difese, non vanno cercate parole: è Lui in noi che opera se noi ci spogliamo di noi stessi e ci sforziamo di camminare sui passi di Gesù: ma poiché la via del Signore è la via dell’amore che dona se stesso, sicuramente potremo trovare molte incomprensioni, anche tra chi ci è più vicino, proprio a partire dai rapporti più stretti e familiari della nostra esperienza quotidiana.


martedì 22 novembre 2022

Quando accadranno …

Apocalisse 14,14-19 e Luca 21,5-11


Quante volte andando a Gerusalemme, al muro del pianto, oltre ad essere toccati dalla preghiera che gli israeliti ortodossi ritmano con il corpo, espressione del dolore per la distruzione di quel tempio che era la casa di Dio; di fronte a quelle belle pietre, retaggio e resto del grandissimo Tempio in cui Gesù tante volte è stato, a chi non è vento in mente che quelle pietre sono testimonianza reale di tutti quei segni che nei secoli raccontano l’attesa del ritorno del Signore; ovvero il pieno compimento del suo essere nel tempo e nella storia? Sono parole che descrivono in una immagine apocalittica, come la realtà, il tempo e la storia sono già in cammino e, sono parte del compimento che Gesù rappresenta.

lunedì 21 novembre 2022

La cara vedova

Apocalisse 14,1-3.4-5 e Luca 21,1-4

Che immediato senso di pietà e di fierezza proviamo per quella vedova che mette nel tesoro le sue due monetine; ma anche che sdegno e disapprovazione per i ricchi che gettano tanto per ostentare la loro ricchezza ...
Immagini come queste utilizzate da Gesù, siamo così sicuri che abbiano solo una valenza pedagogica o siano solo il monito per la moralità dei discepoli?
In questo tempo in cui veniamo provocati dall'iniziativa del Sovvenire per il sostentamento dei sacerdoti, queste parole di Gesù, questa immagine mi provoca molto rispetto alla corresponsabilità dei battezzati rispetto la vita concreta e le situazioni di sostegno per le opere e le esigenze della nostra Chiesa. 
Il valore della corresponsabilità si deve generare nell'atteggiamento della vedova che imprime in quelle due monetine, il senso profondo della sua vita. Fintanto che il tutto della vita della Chiesa non mi appartiene, quel tesoro, che è tutta l'esperienza ecclesiale, non sarà mai il tesoro dove netto il mio cuore; ma rivestirò solo i panni di quei ricchi che ostentano la loro appartenenza.

domenica 20 novembre 2022

La Gloria del Re in Paradiso!

2 Sam 5,1-3; Sal 121; Col 1,12-20; Lc 23,35-4

C'è aria di crisi ... o meglio ... di voler archiviare la fede cristiana, forse per la sua pretesa di essere via, verità e vita per l'uomo di ogni tempo, epoca e cultura ...
In questo fine anno liturgico, mi è passato sotto gli occhi la recensione di un libro già esaurito, che mi ha subito colpito per la sua forte provocazione ...
Il futuro dell'Occidente è pagano. Siamo in un declino; sedici secoli di cristianesimo stanno per finire ... tutto ci parla di una nuova era che non sarà atea o nichilista, come molti credono, ma pagana.
Che la cristianità abbia esaurito il suo tempo lasciando spazio a nuove religioni, al ritorno del politeismo che venera gli alberi, la terra, le balene?
Il cristianesimo deve forse reinventarsi in altro modo se vuole sopravvivere?
Cosa significa oggi testimoniare la trascendenza, il Cristo Re dell’Universo?
Siamo chiamati a rivestire i panni degli agenti segreti di un Dio di nuovo sconosciuto?
Quale è il senso e il fine dell’esperienza della fede cristiana se non quello di generare figli di Dio, quindi uomini e donne maturi e capaci di fare discernimento sulla vita e sulla storia, quindi non assoggettabili a ideologie o a modelli globalizzanti.
La solennità che celebriamo nella liturgia non è la glorificazione della regalità umana, non cortei con carrozze e pennacchi, con soldatini e servi in livrea a fare bella corona, in un rito solenne di incoronazione, tra chiarine e stendardi medioevali.
Questo fine dell'anno liturgico, questa solennità, vuole introdurci nella comprensione della nostra storia e della nostra vita, non in modo astratto e filosofico, ma in modo molto concreto.
Gesù si presenta come un re crocifisso; chiede a noi se ci interessa ancora la sua proposta di vita; ci chiede se abbiamo ancora desiderio di eternità e di misericordia. 
Ci invita a lasciarci toccare dall'amorevolezza e dal perdono ... 
Ci offre le sue braccia aperte come spazio in cui affidarci a lui e a cui affidare tutti i fardelli e le fatiche di questo tempo.
Braccia allargate per diffondere la sua forza, che non dipende da delle armi, ma da un amore così fragile e nudo che è quasi inerme; che ci appare solo debolezza e sconfitta. Da subito, si è mostrato questo Re come uno sconfitto della storia, decretandone la morte sulla croce, eppure é proprio da quella fine che sgorga la risurrezione e la rinascita dell’uomo, ala sua vera dignità di figlio.
Il vangelo ci racconta come in quel tempo molti stavano a guardare, molti erano curiosi, ma ciò che emerge è il non aver accolto quell'abbraccio di Gesù, perché era più grande la paura di essere inchiodati sulla croce che il caldo fascino della carezza del suo amore.
Per noi è diverso, per noi oggi è il tempo in cui farci carico anche di una storia passata fatta di contraddizioni e di fragilità, ma non per questo capace di annullare ciò che quel Re crocifisso rappresenta.
Possiamo guardare la croce, possiamo fissare il nostro sguardo a questo nostro crocifisso, per renderci conto di quanto costa amare questa nostra umanità.
Un Re completamente immerso nella fragilità dell’umano, al punto da risultare quasi sfigurato, ma è proprio questa immagine che ci racconta, quanto sacrificio si nasconde nel farsi servo ... eppure Gesù non è fuggito di fronte alla nostra disumanità ma ci testimonia che da quel trono di dolore e pazzia umana, ciò che emerge come necessario è donare una parola di amorevole cura per un ladrone, per un peccatore, che in quel momento si è sentito amato, accolto e salvato. Quando amiamo veramente, quando vogliamo bene, desideriamo solo stare insieme a chi amiamo.
Tutto di Gesù si condensa in quel brevissimo momento ... quella è la gloria del nostro Re ... non come la gloria del mondo, fatta di vanità e di potere, ma è l’unica gloria incorruttibile che resterà per sempre: ieri, oggi e domani in paradiso!

sabato 19 novembre 2022

Maestro hai parlato bene

Apocalisse 11,4-12 e Luca 20,27-40

Quanto possono essere torbidi i nostri pensieri? Al punto di mascherare con discorsi che sanno di fede i desideri corrotti e dipingere come buone e volute da Dio, le nostre idolatrie e ideologie. Ma questo in verità ci allontana dalla Resurrezione, da quell'evento che è il momento estremo di verità: il ritorno dell’uomo alla condizione che il Padre voleva fin dalla sua creazione.
Oltre questa vita c’è una vita più vita, più forte, indistruttibile, eterna. Questa è la promessa del Dio di Gesù Cristo. Non si tratta di risorgere ma di vivere fin da subito l’eternità … vivere l’oltre adesso e per sempre. Gesù si fa interprete della semplicità e della evidenza della fede, al di fuori di congetture e ragionamenti.
Con la sua risposta alla domanda maliziosa degli avversari, Gesù ha risposto bene e questo è un dato di fatto riconosciuto. Così egli afferma che non possiamo misurare la Vita Eterna con le categorie mentali umane. La fede nella risurrezione, tuttavia, è un dono da chiedere al Padre e da accogliere con cuore semplice.


venerdì 18 novembre 2022

Il tempio è casa di preghiera

Apocalisse 10,8-11 e Luca 19,45-48

Quando Gesù saliva a Gerusalemne,  ogni giorno andava al Tempio a pregare ... Per Gesù quel Tempio è la sua casa, è la casa di suo Padre. È veramente la casa di cui si dice essere luogo di preghiera, dove Egli insegna la Parola e compie ogni bene. Nella casa di preghiera non si mercanteggia con Dio; non si ruba sul tempo per il Signore; non si offre con avarizia il proprio cuore;  non ci si va solo per voglia o nei "rimasugli" quotidiani. La casa di preghiera è il nostro vero spazio vitale. 
Ma lo stesso Tempio, ora, è ciascuno di noi; la casa di preghiera è il nostro cuore inquieto, lo spazio vitale è anche la nostra fragilità. Dalla preghiera che abita, nel quotidiano della nostra vita, emerge l'amore di Gesù per noi, il cui segno più evidente e concreto è la generosità di donarsi sconfiggendo ogni calcolo e vantaggio personale.
Nel Tempio che è ciascuno di noi, riscopro il dialogo d’amore col Padre; che è quel fiducioso abbandono che tutto rincuora e ristora.

giovedì 17 novembre 2022

Il dominus flevit

Apocalisse 5,1-10 e Luca 19,41-44

Il pianto e il lamento di Gesù su Gerusalemme sono commemorati in questo santuario chiamato Dominus Flevit, fin dall’epoca medievale. "Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte". Il vangelo fa sintesi di due monenti distinti, il pianto di Gesù su Gerusalemme, così come altre fonti ci testimoniano, e la realtà concreta della distruzione di Gerusalemme del 71 dC ad opera dei romani. È la testimonianza della comunità cristiana che rilegge nelle parole del Signore il compimento della storia così come è vissuta. Anche oggi Gesù piange su Gerusalemme. Le immagini di sangue che tante volte ci vengono dalla terra santa e in generale dal Medioriente, rinnovano nel nostro cuore le lacrime di Cristo. Esse non sono solo per la città santa, ma per tutte quelle situazioni in cui l'uomo rinnega la sua vera natura di figlio di Dio e si immerge nella desolazione della morte: "... distruggeranno te e I tuoi figli dentro di te ...".

mercoledì 16 novembre 2022

Monete d’oro per il Regno

Apocalisse 4,1-11 e Luca 19,11-28

Tutti pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Tutti erano in attesa di un segno di inizio di questo regno di Dio.
Ecco che la parabola raccontata da Gesù, da un lato soddisfa l’attesa di chi ascolta, perché ottengono una risposta che li coinvolge nel cercare di capire a che punto siamo nella manifestazione del regno; dall’altro la parabola proietta verso una prospettiva in cui l’immagine è di una complicazione ulteriore …; la venuta del regno di Dio, si unisce al tema del giudizio … Questo complica la visione di un regno di Dio che viene e si realizza nel quotidiano, per cui il tema del giudizio, anticipando la pienezza del tempo, sembrerebbe azzerare il quotidiano. Ecco allora che occorre introdurre il criterio oggettivo di rilettura: Gesù è la moneta d’oro che ciascuno riceve; senza quella ricchezza la nostra vita muore e si svuota di senso al punto che nel giudizio quotidiano non può più porre alcuna condizione di discernimento. Quella moneta d’oro è il regno di Dio che posto nelle nostre mani può e deve fruttificare. Se non fruttifica la stessa vita del servo è in grave pericolo perché nel tempo affidato tutto, compresa la sua vita, si è dispersa.

martedì 15 novembre 2022

Una giornata straordinaria

Apocalisse 3,1-6.14-22 e Luca 19,1-10

Che bella scena quella descritta dal vangelo: nella città degli uomini, nella Gerico di tutti i tempi, quel piccolo uomo e grande peccatore esprime in sé stesso, tutto il desiderio incontenibile, di incontrare il maestro. Gesù continua a passare attraverso le nostre città: la domanda è se anche noi, come Zaccheo, siamo pronti ad arrampicarci sul "Sicomoro" per vederlo; se riconosciamo di essere piccoli e inadeguati. Se cerchiamo un punto alto dove andare per poterlo vedere. Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, compie in questo giorno straordinario della sua vita un itinerario che dallo sguardo che cerca Gesù, diviene lo sguardo che penetra le sue fragilità, e senza vergogna, riconosce che le ferite della vita passata si  curano solo con l’amore, il pentimento e la grazia del perdono ricevuto.

lunedì 14 novembre 2022

Una cecità diffusa

Ap 1,1-5;2,1-5 e Luca 18,35-43

Il cieco di Gerico non è l'unico cieco del vangelo di oggi, sono tutti ciechi a Generico ... Siamo in presenza di una folla di ciechi che vogliono vedere Gesù pur senza vedere chi realmente è Gesú; è questa la cecità più devastante e pericolosa. Solo questo cieco marginale, non lascia, che la sua privazione gli precluda la fede di incontrarsi con il Signore.
Quando riconosciamo di essere ciechi, sentiamo anche il desiderio che Gesù ha di noi e possiamo chiedergli di donarci la vista, e con essa riconoscere Lui e finalmente vederlo, riconoscerlo.
Occorre porre attenzione, ai suoni, alle parole, ai passi di Gesù, anche se ancora non lo vediamo, avvertiamo o che accade qualcosa, domandiamo, cerchiamo anche se non sappiamo ancora cosa, e alla fine lo vediamo, e si rivela colui che è vita e amore, colui di cui facciamo memoria nel cuore e che la fede custodisce integralmente.



domenica 13 novembre 2022

Non siamo alla fine!

Mal 3,19-20a; Sal 97; 2 Ts 3,7-2; Lc 21,5-19

Quando contempliamo Gerusalemme dal monte degli Ulivi restiamo impressionati dalla grandezza e dalla bellezza della grande spianata sulla quale era stato edificato il suo grande tempio.
Oggi come venti secoli fa, una costruzione come quella suscitava sorpresa e meraviglia in chi la contemplava per la prima volta ed era motivo di orgoglio. Quella imponente mole di pietra sembrava indistruttibile.
E' in questo sguardo che possiamo rivedere ciò che Gesù vedeva ...
E fu proprio così, perché qualsiasi tempio, pur se fatto di pietre solide e preziose, potrà durare un secolo, due… ma non può durare in eterno. Di fatto poi quello stesso tempio fu distrutto dopo circa 40 anni, dato che nel 71 d.C. Gerusalemme venne rasa al suolo da Tito Flavio Vespasiano, futuro imperatore di Roma.
Ma la distruzione del tempio preannunciata da Gesù è figura non tanto della fine della storia, quanto del fine della storia. Infatti, di fronte agli ascoltatori che vogliono sapere come e quando accadranno questi segni, Gesù risponde con il tipico linguaggio del genere apocalittico molto diffuso a quel tempo.
Forse anche noi di fronte agli sconvolgimenti a cui assistiamo, non troppo diversi da ciò che Gesù dice: "Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo ..." ci sentiamo in angoscia o siamo turbati circa il fine o la fine di tutto?
Certamente ci sentiamo molto insicuri, sottoposti a una incertezza che ci priva di quella determinazione nella quale ci siamo illusi e coccolati.
Abbiamo negli occhi e nel cuore le immagini e la paura dei recenti terremoti; delle inondazioni; abbiamo nel cuore il grido dei migranti affogati nel mare mediterraneo, uomini, donne e bambini; abbiamo nelle orecchie il rumore che i media ci riportano dei cannoni e delle esplosioni dei missili della guerra in Ucraina. Vediamo come tutto questo mette in ginocchio la vita di tanti nostri fratelli, e come anche l'incognita ci raggiunge e tocca anche noi.
La realtà si colora con le tinte drammatiche della povertà, dell'indigenza, della violenza, del dolore inspiegabile, del tradimento della fiducia e delle aspettative.
E' di fronte a tutto questo che Gesù non ci nasconde le ferite della vita, ma ci chiede di perseverare: di confidare nel fatto che il bene vince sempre sul peccato e sulla morte.
Infatti la nostra fede non è religiosità rigida che sta in piedi in forza di un mucchio di pietre!
Un giorno non resterà pietra su pietra delle nostre magnifiche costruzioni, delle piramidi millenarie, della magnificenza di San Pietro; ma l’uomo, salvato e redento da Cristo resterà per sempre. L’uomo resterà, nella sua interezza, perché c'è un Dio, un Padre, innamorato di ogni uomo.
Il nostro essere comunità cristiana, non è un formalismo o un retaggio tradizionale, ma la conseguenza di chi spera che si impegna nel cambiamento per vincere il fine distruttivo che è radicato nella realtà e nelle cose, nella storia, e anche in ciascuno di noi.
Un fine distruttivo che conosciamo fin troppo bene, ma che non ci vincerà, perché nel mondo intero è all’opera anche una radice di tenerezza, che è più forte: ed è l'amore di Cristo, la sua vita per noi, per questo nemmeno il più piccolo nostro capello andrà perduto. Quale deve essere il nostro stile oggi?
In piedi, a testa alta, occhi alti, liberi, profondi: così oggi ci vede il vangelo. E non musoni e col volto triste!

sabato 12 novembre 2022

Stili diversi di conversione

3 Giovanni 1,5-8 e Luca 18,1-8

Una preghiera insistente, senza stancarsi è la causa della "strana" e duplice conversione.
Si converte il giudice, che dal suo isolamento riesce a vivere per la prima volta nella sua vita una attenzione gratuita e disponibile per una donna vedova.
Si converte la donna che scopre e riconosce come alla sua insistenza, Dio corrisponde la sua fedeltà, attraverso l'esperienza burbera del giudice. Ecco allora che la preghiera non è un momento rituale ma diventa occasione di relazione e di vero "incontro".
La preghiera diviene occasione nella vita per entrare in quelle dinamiche profonde e interiori che ci permettono di dialogare con noi stessi e ci permettono pure di aprirci a Gesú in un dialogo veritiero e franco, nel quale sperimentare l'affidamento al Padre e a confidare nella misericordia e nel perdono.

venerdì 11 novembre 2022

Vivere tra lasciare e perdere ...

2 Giovanni 1,3-9 e Luca 17,26-37

Come avvenne ... così, allo stesso modo, che non significa con la stessa modalità, ma significa che "così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà".
La venuta del Signore – il tempo di Dio – emerge dalla storia dell’uomo, e nel particolare della nostra storia personale, e chiama ciascuno a “perdere” sé stessi, abbandonare l'autoreferenzialità, per trovare in Dio la pienezza della vita, per ritrovare nel Padre sé stessi. Nel vangelo Gesù non ci sta invitando a vivere con un atteggiamento di paura o angoscia di un futuro gravido di sventure, morte, dannazioni e dolori dai quali non si può fuggire. Gesù ci sta invitando a vivere liberi. Liberi da noi stessi, innanzi tutto. Di seguire la logica del servizio in cui donare la vita significa renderla feconda nell’amore, che è l'unica strada di una salvezza certa e sicura della nostra vita.

giovedì 10 novembre 2022

Un regno in divenire

Filemone 1,7-20 e Luca 17,20-25

La domanda dei farisei è ipocrita perché pretende una profezia per strumentalizzarla ai propri fini, un voler sapere per poter manipolare il futuro. Ma per Gesú il Regno di Dio è il nostro presente: è il quotidiano gravido di attesa e di speranze.
Il Regno non viene, ma è. Non si cala dal cielo, e non emerge dalla terra, ma è in mezzo a noi, si rende concreto attraverso di noi.
Nel dire "il Regno di Dio è in mezzo a voi", Gesù si offre come quel seme del regno caduto nella terra, un regno quindi già inaugurato e seminato. Questo seme vuol crescere, ma ha bisogno di terreno buono. Ha bisogno di cuori buoni per svilupparsi, proprio perché non è un regno di potenza umana, almeno, non viene per risolvere i problemi terreni degli uomini. Ma proprio perché è in noi e attorno a noi si innerva nel nostro spazio vitale, si nutre e si concretizza attraverso il nostro spazio vitale.

mercoledì 9 novembre 2022

Un corpo per il Tempio di Dio

Ezechiele 47,12.8-9.12 e Giovanni 2,13-22

Il tempio pur se fatto di pietre solide e preziose, potrà durare un secolo, due… ma non può durare in eterno. Di fatto poi quello stesso tempio fu distrutto dopo circa 40 anni, dato che nel 71 d.C. Gerusalemme venne rasa al suolo da Tito Flavio Vespasiano, futuro imperatore di Roma. Il Tempio è per Israele lo spazio assoluto e obbligatorio di accesso a Dio. Se viene distrutto, come potrà perdurare una religione che al Tempio si affida completamente?
Ecco allora il valore aggiunto del corpo del Signore: il Corpo di Gesù muore, ma risorge, salvaguardando l’accesso a Dio.
Il tempio del corpo di Cristo si ricostruisce nell’eternità e nella fede che fa memoria della passione, morte e risurrezione.
Ecco che il suo corpo non sarà mai più un “luogo di mercato, come era diventata la casa del Padre suo; nel corpo di Gesù l'unico rapporto possibile con il Padre è quello della filiazione, non la compravendita  del sacro, il resto è follia umana.

martedì 8 novembre 2022

Ho fatto tutto quello che dovevo fare

Tito 2,1-8.11-14 e Luca 17,7-10

Una immagine parabolica che ha in Gesù il suo esplicito contrario, forse proprio perchè la parabola risponde e ripropone la logica rel mondo, mentre in realtà, il Signore ne rivela il senso piu vero: è infatti il risorto che chiama i discepoli a mangiare il pesce che lui stesso ha preparato; è lui che nella notte della cena si cinge il grembiule e passa a servirli ... Nel pensiero di Gesù, la nostra esistenza non è un esame, dove meritiamo un voto a seconda di quante cose facciamo o in base a quanto riusciamo a fare bene, ma è un rapporto d’amore in cui servire è il criterio e il fine ultimo di tutto.
È da questa applicazione e rilettura attraverso la vita di Gesù che ciascuno, può e deve considerarsi servo degli altri e di Dio Padre, ed avere cone unica possibile conseguenza l'essere servi inutili ...
Gesù è il servo "inutile" come anche il figlio, e anche noi non siamo solo servi ma siamo anche figli amati.

lunedì 7 novembre 2022

Lo scandalo, il perdono e la fede

Tito 1,1-9 e Luca 17,1-6

Sembrerebbero tre pensieri, tre riflessioni di Gesù, raccolte insieme per non disperdere gli insegnamenti del maestro. Ma è proprio questo che ci permette di riconoscere il pensiero di Gesù; di come lui comprendesse la fede come esperienza propulsiva della vita di chi si mette nella sua sequela. Per seguirlo, infatti, occorre condividere con lui, con il maestro, quella fiducia e quel darsi a lui, che è fede in tutto ciò che egli stesso rappresenta: “Signore aumenta la nostra fede in te!”
Solo in questa fede aumentata, potremo vivere il perdono come condizione accettabile delle nostre relazioni, come anche la verità trasparente di noi stessi.
È solo nell’esperienza della fede in Gesù che potremo ricondurre anche lo scandalo della nostra incoerenza nel percorso di conversione. È solo la fede, l’agire per fede, è l’atto di fede che vi fa veri discepoli.

domenica 6 novembre 2022

Non si muore per sempre

2 Mac 7,1-2.9-14; Sal 16; 2 Ts 2,16-3,5; Lc 20,27-38

A pochi giorni dalla commemorazione dei santi e dei defunti, la chiesa ci ricorda che la fede nella risurrezione  è dei viventi, cioè di chi è vivo; perché la fede è questione d’amore, e l’amore si caratterizza per l'esserci a priori, la reciprocità e per il per sempre. Nel rispondere ai sadducei, Gesù ci introduce nel Paradiso, nell'esperienza della vita eterna che però ha come origine la nostra esistenza, il nostro essere vivi, oltre ovviamente l'esperienza del morire. Per Gesù la risurrezione è parte del vivere, e questa vita, è già vita del Padre suo: una vita che è dei suoi figli, una vita capace di determinarne identità e dignità: "I figli degni della vita futura e della risurrezione dai morti (...) sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio di Dio. La condizione principale è essere figlio, per cui è vivere la pienezza della intimità (relazione personale), e della comunione (relazione interpersonale e fraterna), con il Padre. Realtà a dir poco semplici, ma insieme misteriose e meravigliose. La storia che i sadducei inventano per mettere in ridicolo l’idea della resurrezione, nega ogni vera intimità, focalizzando tutto in una norma giuridico-matrimoniale, e disattende la comunione, tutto si sviluppa in una opportunità egoistica di un singolo. Gesù prende al balzo questo tentativo di ridicolizzarlo, e apre a una meravigliosa possibilità per farci percepire la vita eterna che si rivela nella speranza che tutto di noi coinvolge, e nell’abbraccio amorevole e fedele del Padre che attende di stringerci ed accoglierci. Forse anche oggi come allora, la fede nella risurrezione rischia di essere una non risposta, perché è messa in ombra e in ridicolo da una religiosità che ostenta sé stessa, ma che risulta al pari di quella di scribi e farisei, clericale, e incapace di dare risposte vere alle domande e alle situazioni di vita che oggi percorrono il nostro cuore. Oggi, realtà come la guerra; l’ingiustizia vissuta sulla pelle da tanti; le povertà; le diversità negate e incomprese; la rabbia che accompagna il vivere insoddisfatto; la fragilità dei giovani come anche di tutti; i dubbi di fede come anche una fede dismessa; tutto questo si confronta anche con un senso religioso o con una proposta di vita assolutamente inadeguata, col rischio di non essere una vera risposta … Gesù ci porta al largo, ci invita a pensare più in grande: "Quelli che risorgono non prendono moglie né marito". La vita eterna non è il prolungamento di quella presente. Coloro che sono morti non risorgono alla vita biologica ma alla vita di Dio. La vita eterna vuol dire vita dell’Eterno Padre.


E’ una vicenda vera …

Al tempo della propaganda antireligiosa, in Russia, un commissario del popolo aveva presentato brillantemente le ragioni del successo definitivo della scienza. Si celebrava il primo viaggio spaziale. Era il momento di gloria del primo cosmonauta, Gagarin. Ritornato sulla terra, aveva affermato che aveva avuto un bel cercare, in cielo: Dio proprio non l’aveva visto. Il commissario tirò la conclusione proclamando la sconfitta definitiva della religione.
Il salone era gremito di gente. La riunione era ormai alla fine. “Ci sono delle domande?”.
Dal fondo della sala un vecchietto che aveva seguito il discorso con molta attenzione disse sommessamente: “Christòs ànesti”, “Cristo è risorto”. 
Il suo vicino ripeté, un po’ più forte: “Christòs ànesti”. 
Un altro si alzò e lo gridò; poi un altro e un altro ancora. 
Infine tutti si alzarono gridando: “Christòs ànesti”, “Cristo è risorto”.
Il commissario si ritirò confuso e sconfitto. Al di là di tutte le dottrine e di tutte le discussioni, c’è un fatto. Tutto il cristianesimo è condensato in un fatto: non si può niente contro di esso. I filosofi possono disinteressarsi del fatto, ma non esistono altre parole capaci di dar slancio al: Gesù è risorto.