martedì 31 ottobre 2017

Romani 8,18-25 e Luca 13,18-21
Il regno di Dio: stupisce!


Stando alle parole del Vangelo di Luca, il regno di Dio si riconosce nello stupore che suscita. Del regno di Dio si deve fare esperienza; una esperienza di meraviglia e di stupore. L'immagine scelta da Gesù dice di uno stupore che supera la condizione originaria del giardino. Quell'uomo possedeva un bel giardino, lo curava e ne gioiva per i fiori e i frutti. Quel piccolo seme, nulla presagiva di straordinario, ma essendo regno, quel seme a meravigliato perché il giardino non era più solo per la gioia di quell'uomo, ma è diventato la gioia di tutti coloro che hanno preso casa nell'albero di senapa, nato e cresciuto nel giardino. Per quanto bella può essere la nostra vita, il seme del regno la apre alla possibilità di essere abitata dai fratelli, per un mistero di amore e condivisione (comunità) che suscita sempre meraviglia. Così pure nell'immagine del lievito, facciamo nostra l'idea che il Reno di Dio è la realtà che viene progressivamente ma totalmente trasformata nel Regno stesso. Quando la mia vita è fermentata dalla Parola di Dio, dal fermento della sua presenza, allora si trasforma, lievita ed è Regno di Dio.

lunedì 30 ottobre 2017

Romani 8,12-17 e Luca 13,10-17
Il giorno di Sabato


Ieri abbiamo, dopo aver ascoltato il Vangelo della domenica: "il comandamento grande", abbiamo imparato che in realtà per un ebreo il comandamento grande era osservare il sabato. Chi è stato a Gerusalemme al Muro del Pianto, il venerdì sera, forse ora intuisce cosa rappresenta festeggiare il "Sabbá ", cioè entrare in quella sacralità del giorno del riposo di Dio. Gesù in realtà consacra quella sacralità ponendovi come vertice la salvezza dell'uomo. Il Sabato è sacro perché, il riposo di Dio non è dimenticanza di tutto e alienazione dal mondo, ma è immersione del mistero di Dio nella vicenda umana. Quella donna posseduta dal male, esprime il dramma dell'umanità che non può liberarsi dal male, la sua stessa vita ne è esempio e condizione: posseduta da 18 anni dal maligno. Il riposo di Dio, è la vittoria sul male, è il riposo di Gesù prima di svegliarsi risorto per il nuovo giorno.

domenica 29 ottobre 2017

Esodo 22,20-26 / Salmo 17 / 1 Tessalonicesi 1,5-10 / Matteo 22,34-40
Chi non ama muore!

Il parroco di una chiesetta di un paese non lontano da noi, si accorse che uno dei suoi più assidui fedeli disertava da tempo le funzioni della domenica. Una sera, decise di fargli visita e lo trovò solo in casa, seduto davanti al caminetto.
Senza dire una parola il prete prese con le molle un tizzone ardente e lo posò sul pavimento; poi sedette su una poltrona e rimase a fissare per qualche minuto il tizzone che rimasto isolato fuori del caminetto, lentamente si spegneva.
L'uomo intuì l'ammonimento e disse: «Mi avete fatto un bellissimo sermone. Da domenica prossima, verrò di nuovo in chiesa». (Bruno Ferrero)

La fede, se non arde nel fuoco vivo della comunità, si spegne come ogni tizzone fuori dal fuoco, e muore; similmente non si può amare realmente se non in una condivisione di amore; anche l'amore da solo muore.
Io posso anche dire di amare Dio e il mio prossimo, ma quella parola "amare", se non trova una vera condivisione è una contraddizione e muore in sé stessa.
Amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente significa amarlo come Gesù ha amato Dio.
Gesù non ha amato Dio perché era un comandamento, una legge o un obbligo, ma lo ha amato come risposta alla paternità, bontà, tenerezza di Dio ... Gesù vive e corrisponde all'amore di Dio come gratitudine per la sua paternità, bontà e tenerezza.
Non è un amore unilaterale ... Ma un amore continuamente ricevuto e continuamente corrisposto.
Ama il prossimo come te stesso, assume una particolare densità se penso come Gesù ha amato il prossimo: "non c'è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici".
In realtà, ancora una volta riscopriamo che, amare Dio e amare il prossimo, non sono delle leggi da obbedire, ma sono una esperienza da condividere.
Non è facile amare, è più facile dirlo che farlo. Ma una comunità di fede permette al mio desiderio di amare di non spegnersi, permette al mio amore di non morire perché costantemente chiede al mio amore di non essere per se stesso ma di essere dono che colma il desiderio di un altro: il desiderio di essere amato.

sabato 28 ottobre 2017

Efesini 2,19-22 e Luca 6,12-19
Festa dei Santi Apostoli Simone e Giuda
Edificati sopra il fondamento degli apostoli ...


Ci sono quattro momenti nel Vangelo di oggi; guardiamoli attentamente:
- Tutta la notte Gesù prega il Padre;
- Quando fu giorno ne scelse dodici e gli diede il nome di apostoli;
- Scese in un luogo pianeggiante e si fermò;
- C'era gran folla, che lo cercava per toccarlo ed essere guarita.
La nostra Fede di edifica a guardare bene sopra una esperienza. le fondamenta di cui parla Paolo, sono prima di tutto, fondamenta perché sono una esperienza di qualcun altro. È esperienza di Gesù che unisce a sé nella preghiera quegli amici che il Padre gli ha dato, affinché insieme possano toccare e avvicinare l'uomo, nelle sue fragili condizioni e rappresentare il segno e l'occasione della salvezza. Sulle fondamenta degli apostoli si edifica la fede di tutti in tutti i tempi, ma uniti a loro, anche la nostra esperienza di fede diviene insieme, nuova fondamenta del tempio Santo del Signore.

venerdì 27 ottobre 2017

Romani 7,18-25 e Luca 12,54-59
In cammino verso il "Giudizio"!

Perché non può essere, che la nostra vita sia un cammino verso il giudizio?
Forse perché, in realtà, noi vogliamo essere unici giudici di noi stessi?
Ma se la vita fisse realmente questo "camino di giorni"  in cui il bene e male si confrontano nella libertà e possibilità di ciascuno verso il giudizio? Perché dubitare che a conclusione di questo cammino Dio, dandoci la pienezza della nostra vita ci darà pure la chiave per dischiudere il "mistero della nostra esistenza".
Non lo conosciamo Dio come giudice misericordioso?
Di Lui si dice, nella scrittura, che "la misericordia ha sempre la meglio nel giudizio!"
Questa prospettiva è alettante, non retrograda, perché non mi lascia in preda alle mie fantasie esagitate, ma mi "inizia" a quel discernimento, che è attesa della pioggia quando scorgo le nuvole d'oriente, e il caldo che segue lo spirare dello scirocco.

giovedì 26 ottobre 2017

Romani 6,19-23 e Luca 12,49-53
Tra desiderio e angustia ...

Quando ci confrontiamo con parole simili a quelle del Vangelo di oggi, generalmente facciamo finta che siamo una immagine che non si applica alla visione della nostra realtà. È una immagine che ci turba. Ci turba perché, ad esempio, già conosciamo la sofferenza e il dolore dei rapporti famigliari feriti e delle divisioni. Sappiamo che queste ferite sono, spesso, insanabili e hanno ripercussioni a catena.
Ma è possibile che Gesù sia venuto ad ampliare lo spettro di queste contrapposizioni?
Gesù ci confida che aveva una grande angustia, travaglio, turbamento: doversi immergere totalmente nella nostra esperienza ed esistenza umana, fare esperienza del nostro male, toccare il nostro peccato, le nostre ferite ... e portarle su di sé. Gesù è profondamente scosso da questa esperienza che però esprime la volontà di Dio padre. È questo suo farsi carico, e fare esperienza, che diviene fuoco purificatore. Di fronte al Signore ogni nostra esperienza viene purificata come con il "Fuoco" e non esiste più ambiguità. Cessa ogni ambiguità, ma questo accentua ogni divisione, perché la vera pace non sarà frutto di compromesso ma adesione alla verità; e la verità è solo Lui, con tutte le sfumature che vogliamo, ma è solo Lui.

mercoledì 25 ottobre 2017

Romani 6,12-18 e Luca 12,39-48
Desiderare di essere servi fedeli ...


Paolo, nel brano della lettera ai Rimani di oggi ci suggerisce di "governare" i nostri desideri, evitando di fare del desiderio il padrone di noi stessi. Ci sono desideri che portano in se il peccato, questi ci trasformano radicalmente, annullando la nostra volontà e libertà. I desideri possono plagiare la nostra stessa identità, per questo il desiderio va "governato" con il discernimento che è opera della grazia!
L'opera del discernimento è quella dell'amministratore - del Vangelo - fedele e saggio ... 
Amministratore fedele è colui che alimenta e "custodisce il desiderio" del ritorno del suo Signore, vincendo e allontanando da sé la sregolatezza (... e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi ...).
Amministratore saggio è colui che fa del "desiderio buono" il criterio della sua stessa vita (... arrivando, troverà al suo lavoro ...).
Fedeltà e saggezza, portano con se la "Beatitudine" che consegue il desiderio: "sarà messo a capo dei suoi averi"; gli fu chiesto molto in fedeltà e saggezza, ora gli è reso molto di più in beatitudine!

martedì 24 ottobre 2017

Romani 5,12-21 e Luca 12,35-38
Ci ha trovato svegli ...


L'ennesima Beatitudine è legata alla veglia: "Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli ..."
Fuori dalla stretta immagine la condizione di piena felicità che è la beatitudine, corrisponde allo stato di "veglia", ossia quella vigile attesa che è il camminare nella vita insieme al nostro Signore. Non si tratta di una veglia di un momento, ma di un vegliare come condizione di esistenza. È in questo stile che diviene "dolce" ricompensa, l'immagine dell'ultima cena descritta nel capitolo 13 di Giovanni, che Luca fa riemergere in queste parole "... in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli ..."!
Attendere nel corso della vita il "ritorno" del Signore si accompagna sempre con la gioia di essere vicini a Lui, e di sentire come Lui stesso nella misericordia e nel pane spezzato, ti comunica il suo amore che ti sostiene, sempre! Nella misericordia (si stringerà le vesti ai fianchi e preso un catino ti lava i piedi) e nel pane spezzato (ti metterà a tavola e ti servirà il suo corpo, pane spezzato ...).
Oggi nel ricordo della mia ordinazione Sacerdotale, vi chiedo una preghiera, grazie!

lunedì 23 ottobre 2017

Romani 4,20-25 e Luca 12,13-21
Paperon de paperoni ...

"Signore di' a mio fratello che divida con me l'eredità ..."
È una richiesta corretta, se esiste una eredità comune è giusto che sia divisa tra i legittimi eredi, ma la questione sembra non essere rispetto alla giustizia.
Evidentemente c'è una avidità come difetto di famiglia, una avidità che ha turbato e che turba i rapporti di fraternità e inquina il cuore. Gesù non si mette a fare le giuste parti, queste spettano ai legulei; Gesù va al cuore del problema: la nostra insaziabile brama di possedere, o meglio di volerci garantire "per molti anni", la disponibilità di"molti beni", per cui: "riposati, mangia, bevi e datti alla gioia". Questa condizione è "fame" esistenziale, che sfocia nella cupidigia, nel desiderio incontenibile e nella superbia di chi possiede, incurante e dimentico che "questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita".
Nella mente di Gesù risuona il versetto del Salmo 61 che dice: "alla ricchezza anche se abbonda non attaccare il cuore". Tenersi lontani dalla cupidigia, dalla brama di possedere e tenere per se stessi è l'inizio del vero tesoro, davanti a Dio, noi stessi al suo cospetto. "Solo in Dio riposa l’anima mia; da lui la mia salvezza. Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare" (Salmo 61).

domenica 22 ottobre 2017

Isaia 45,1.4-6 / Salmo 95 / 1 Tessalonicesi 1,1-5 /  Matteo  22,15-21
Restituiamo o a Dio ciò che è di Dio ...

Prima livello di comprensione: Diamo a "Cessare", al potere statale ciò che è suo; paghiamo le tasse? Le tasse non sono un male le tasse servono per la vita della comunità.
Sullo stesso piano posso interpretare la risposta di Gesù come appello a dare a Dio ciò che serve a realizzare il regno dei cieli: la preghiera, la vita cristiana, le opere di misericordia ...
Anche il nostro offertorio sono il segno (al pari del tributo di Cesare) di ciò che serve a dare concretezza al regno di Dio oggi tra noi, nell'agire della Comunità cristiana. Se non mettessi del mio, la mia offerta, questa comunità funzionerebbe ben diversamente ... La carità, le bollette, i servizi, gli aiuti, la catechesi ... Tutto passa in quella sorta di restituire a Dio ... QUALCOSA ... una speciale tassa? Oppure sei un evasore?
Ma in un secondo livello di comprensione di ciò che Gesù dice: "... restituire dunque ciò che è di Cesare a Cesare e ciò che è di Dio a Dio!" Supera il restituire qualcosa!
Che cosa è di Dio? Noi stessi siamo di Dio! Non si tratta di restituire a Dio qualcosa ma di  restituirci a lui totalmente. Questo sconvolge ogni nostra visione della vita e della realtà!
Perché dovrei restituirmi a Dio.
Prima di tutto perché non mi appartengo, "il Signore a dato, il Signore a tolto" ... Ma soprattutto perché lui è il mio creatore, colui che per amore e amandomi mi ha dato di esistere, di esserci: io sono suo: "è tutto vostro e voi siete di Dio."
Essere di Dio, restituirsi a Lui non è né facile né immediato; scribi, farisei erodiani, non lo hanno voluto fare e neppure lo concepivano.
Ci si restituisce a Dio ogni giorno, cercando di lasciare che il Vangelo ci dia forma secondo la Parola di Cristo; ci si restituisce agendo con misericordia; ci si restituisce confidando e affidandosi alla forza di Dio che è il suo amore. Quando avrò finito di restituirmi a Dio, non si temerò più nulla, ma avrò anche finito i miei giorni sulla terra. Alla fine della restituzione, allora, mi sarò completamente ritrovato.


sabato 21 ottobre 2017

Romani 4,13.16-18 e Luca 12,8-12
L'arte di essere discepolo ...


Essere discepoli di Gesù è un'arte che si impara! Non si è discepoli semplicemente perché battezzati, ma si diviene discepoli quando le parole del Vangelo, divengono talmente significative che descrivono la nostra vita.
Ad esempio, quando mai abbiamo esposto noi stessi, esplicitamente, perché cristiani, cattolici? Quando abbiamo pavidamente chinato il capo per non essere visti negli occhi, perché privi del coraggio di essere di Cristo?
Un discepolo deve fare l'esperienza umiliante di rinnegare Gesù per potersi riscattare in un amore che non ha timore di affermare il proprio Signore.
Quando, nelle critiche e mormorazioni abbiamo denigrato la verità che è frutto della Parola? Quando di fronte al "mondo", alla mentalità comune, alle convenzioni sociali, ci siamo posti non semplicemente contro corrente, ma abbiamo difeso una proposta che è quella che lo Spirito Santo anima in noi attraverso la fede i Cristo?
Essere discepolo significa passare attraverso una esperienza di vita: vivere maturando e custodendo la fede che lo Spirito ha acceso in noi: "... perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire ..."
È lo Spirito che fa i discepoli del Signore!

venerdì 20 ottobre 2017

Romani 4,1-8 e Luca 12,1-7
Beato l’uomo a cui è tolta la colpa e coperto il peccato.


Che cosa è il peccato? Un'azione moralmente sbagliata? Non centrare l'obiettivo del bene? Una offesa a Dio? Sono diverse le accezioni del concetto di peccato, anche se forse occorre ricordare che il peccato è la dimenticanza delle cose vere. La prima verità che ci riguarda è la nostra creazione, come atto di amore di Dio che così ci fa esistere; dimenticare questa relazione fondante è origine di ogni peccato.
Lo sguardo sul peccato, quindi, non è di semplice moralità, è uno sguardo che riconosce prima di tutto la misericordia di Dio, che è una condizione permanente rispetto alla nostra esistenza. Dove infatti c'è dimenticanza, lì c'è un dono di amore - da parte di Dio - che vuole recuperare quella relazione ferita: "beato l'uomo a cui Dio non mette in conto il peccato". Se solo avessimo consapevolezza dell'amore di Dio per noi ... "valete più di molti passeri!" Se ci fosse così chiaro, non ci limiteremo a parlare dell'amore di Dio, ma ci sforzeremo in ogni modo di essere cercatori di un amore così bello! La dimenticanza è prima di tutto opera di colui che "dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna".

giovedì 19 ottobre 2017

Romani 3,21-30 e Luca 11,47-54
Giustizi rivelata in Gesù Cristo!


La misericordia di Dio Padre è la sua giustizia, è il progetto che si compie in ogni vita umana, chiamata all'esistenza, in una volontà e gesto di amore che indipendentemente da ogni legge, Dio vuole portare a compimento attraverso l'esistenza: per questo il Verbo, la Parola, il Figlio, si è incarnato; Lui e attraverso Lui, è la vera è completa manifestazione della Misericordia del Padre.
Fatta questa premessa, è proprio la fede in questo Dio Padre che rappresenta per ciascuno di noi il modo è l'occasione di dare espressione alla vita. La fede non è una adesione razionale, una affiliazione ad una "benemerita ed eterna associazione". La fede è la nostra vita intima, in unità alla vita del Signore. Ma la vita del Signore è rivelazione del mistero di Dio Padre e in lui tutto ciò che di Dio è stato rivelato dai profeti, dai santi, nei tempi antichi, come anche in quelli futuri, trova eco e dimora. Guai a noi, se per presunzione di giustizia e vanità umana ci facciamo strumento della ostilità degli scribi e farisei.

mercoledì 18 ottobre 2017

2 Timoteo 4,10-17 e Luca 10,1-9
Festa di San Luca Apostolo
"... perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo ..."


Che strana cosa il Vangelo ... La tentazione anche oggi, come nei primi secoli sarebbe di tradurlo semplicemente in una serie di regole e principi di vita e di moralità; cosa ci sarebbe di male? Non è così anche tutta la precettistica di Israele, e le varie "sure" liturgiche-morali del Corano?
No, sembra proprio che non sia possibile tradurre il Vangelo in un dettato di morale e di buone opere e preghiere da compiersi.
Il Vangelo è una narrazione di una vita; è annuncio della vicinanza di Dio attraverso la vita e l'esistenza umana dell'uomo, figlio di Dio Cristo Gesù.
Ecco il Vangelo è Gesù stesso! Così come in Gesù, la natura umana e quella divina sono una ipostasi che si rende concreta nella vita del Cristo, così il Vangelo è una ipostasi della vita di Gesù e della sua storia di mistero, di "figlio di Dio", con la nostra vita e la nostra storia di uomini, "figli di Dio".
Il Vangelo va annunciato - così come Paolo ci ricorda - va annunciato portandolo a compimento; ed è proprio questo annuncio che ne determina il compimento. Il Vangelo si annuncia quando la mia esistenza si accompagna a quella di Gesù - non in una semplice imitazione morale - ma quando la mia vita in modo originale si lascia ispirare e condurre dalla vita di Gesù. Nel Vangelo non è scritto come dare testimonianza, ma Paolo, nella sua vicenda, con gli occhi al Cristo e alla sua passione, a compreso come il compimento del Vangelo sarebbe stata la sua stessa vicenda, il suo processo, l'essere abbandonato da tutti, il doversi difendere.

martedì 17 ottobre 2017

Romani 1,26-25 e Luca 11,37-41
Date in elemosina ciò che è dentro ...


La denuncia della ipocrisia degli Scribi eFarisei attira sempre l'attenzione, ma questa mattina ciò che rende il Vangelo più incisivo, è l'idea che emerge rispetto al dare in elemosina ciò che è dentro il piatto.
Gesù non dice che gli Scribi e Farisei non pratichino l'elemosina, anzi, dice che la fanno, ma è un modo per distrarre l'attenzione rispetto la loro avidità: "l'interno pieno di rapina e di iniquità". Essi garantiscono e costruiscono la propria vita contraddicendo il precetto della carità. Ma forse non occorre andare da Scribi e Farisei per rendersi conto di come anche noi, spesso, mascheriamo la carità con il superfluo e con gesti di vera spilorceria.
Dare in elemosina l'interno, significa avviarsi a una vera conversione; è abbracciare la povertà come scelta e come stile. Se ho chiaro che tutto ciò che mi appartiene, e che costituisce la mia sicurezza, è di Dio, ed è un bene strumentale per vivere per amore, certamente cambia il mio modo di pensare le cose, e il mio rapporto con esse: "tutto per voi sarà mondo!" 

lunedì 16 ottobre 2017

Romani 1,1-7 e Luca 11,29-32
Ecco, qui c'è uno più grande ...


L'inizio della lettera ai Romani ci dice, all'interno del saluto e della presentazione di Paolo, cosa lui stesso crede del Vangelo: è la buona notizia di Dio; una promessa che di realizza in Cristo e che riguarda il Signore; ma che coinvolge tutti quanti, Paolo e i romani credenti nel portare a compimento la personale vocazione.
Questa parola che ogni giorno "snoccioliamo", ha la possibilità di svelarci ciò che di più grande ci accompagna: il Signore Gesù.
Se la mia vita la vivo in un dialogo che attraverso la Parola de Vangelo, diviene dialogo col Signore, giorno per giorno inizierò a gustare la grandezza della fede. La regina di Saba, ebbe una fede così grande che la fece figlia della sapienza di Salomone; gli abitanti di Ninive ebbero fede al punto che tutti si convertirono alla predicazione di Giona e furono salvi. La fede in Gesù è esperienza di salvezza; cosa di più grande mi devo aspettare?

domenica 15 ottobre 2017

Isaia 25,6-10 / Salmo 22 / Filippesi 4,12-20 / Matteo 22,1-14
Perché un cristiano non vuole andare a messa la domenica?

Un bambino di 7 anni al catechismo, quando ho chiesto: "chi di voi non è mai andato a Messa?" Ha alzato la mano, insieme a circa la metà dei suoi compagni, e a detto: "io non ci sono mai andato!" Allora ho insistito chiedendo il perché;  la risposta è stata disarmante, considerando la giovane età: "non voglio andarci, non ne ho voglia, e non ho tempo ... devo fare la partita!"
Fatto salvo che sono convinto della bellezza di una partita di calcio, come di ogni momento sportivo e di gioco, per il valore educativo che può trasmettere se vissuto con dei maestri buoni e saggi; sono oltremodo sconvolto dalla frase da adulto di un bambino!
Cosa sta succedendo?
Parabola migliore non poteva capitare per descrivere quanto oggi accade nel nostro essere cristiani; di fronte all'invito a partecipare alla Messa domenicale, fatta di della Parola di verità che è il Vangelo e del sacrificio Eucaristico - unico momento di eternità nel tempo presente - la maggioranza dei battezzati risponde:
- non voglio venire (non mi interessa questo invito)!
- vado a lavorare (andò al proprio campo)!
- ho altri impegni più importanti da seguire (andò ai propri affari)!
Risultato non mi interessa nulla del pranzo preparato per ME! Nulla mi interessa di ciò che Dio offre per me!
Non è tanto il prete, ma è Dio che prepara sull'altro monte il banchetto di grasse vivande, di cibi succulenti ecc ...
Papa Francesco ci ricorda che la domenica a Messa non ci si va solo per pregare, ma per ricevere la Comunione, il pane che è il corpo di Gesù che ci salva, ci perdona e ci unisce al Padre!
Dice il Papa: " i cristiani vanno a messa tutte le domeniche perché e il giorno proprio della risurrezione del Signore. Fare la comunione fa gustare l'appartenenza alla Chiesa, al popolo di Dio, al corpo di Gesù Cristo". Ma se non sento l'urgenza della Parola e del Pane, significa che ho trasformato la mia fede in una convenzione sociale, in una religiosità esteriore e priva di mistero, e di appartenenza ... Non appartengo a nulla e a nessuno.
Ma se non mi interessa appartenere a Cristo, diventa difficile prima di tutto raccontarlo a me stesso, poi impossibile raccontarlo ai miei figli.
Dalla Parabola di oggi mi chiedo: Cos'è il Regno dei Cieli?
È ciò che nasce da quel banchetto, che è la festa di nozze del Signore con ciascuno di noi ...
Il banchetto è fatto di Parola e Pane!
Se io non scelgo quella Parla che è il Vangelo e quel Pane che è il Corpo del Signore come Eternità che mi si offre, ora; se non la considero una priorità della mia vita ... Non ho ancora capito nulla della fede e di come la fede va alimentata.
La Festa di Nozze è fatta:
- di persone (invitati) che nella festa esprimono il loro appartenersi per sempre, fedelmente e con gioia ...
- di persone (invitati) che dalla festa costruiscono  la comunità nella comunione ...
- di persone (invitati) che dalla festa sanno trarre appartenenza a un amore che mi attrae, e mi precede sempre ... Questo è il mio abito nuziale ...

sabato 14 ottobre 2017

Gioele 4,12-21 e Luca 11,27-28
La Valle di Giosafat

Nella tradizione cristiana, questa valle è quella del Cedron nella porzione tra il monte degli Ulivi e la Spianata del Tempio, la Spianata delle Moschee, a lato di Gerusalemme.
Il profeta Gioele colloca in questo luogo l'adunanza delle nazioni nel giorno del giudizio: "Si affrettino e salgano le nazioni alla valle di Giosafat, poiché lì sederò per giudicare tutte le nazioni dei dintorni". Il linguaggio utilizzato dal Profeta Gioele è tipicamente apocalittico, ma in un certo senso trova una sua attuale corrispondenza nella presenta in questo luogo dei cimiteri, delle tre confessioni monoteiste, che affidano ai morti la condizione di coloro che attendono in pienezza il giorno in cui Dio, Yhwh, Allá, sederà per il giudizio è manifesterà la sua gloria.
A questa immagine apocalittica, oggi associamo il Vangelo, quello della ennesima beatitudine: quella dell'ascolto e del fare la Parola di Dio. È questa esperienza che ti introduce già nel tempo in quel mistero che è il vero giudizio di Dio: la sua misericordia; ovvero il suo essere accanto sempre. Nella Valle di Giosafat Dio, non è più atteso, ma è accanto, e ciascuno di noi sarà seduto accanto a lui nella "gioiosa" Gerusalemme nuova.

venerdì 13 ottobre 2017

Gioele 1,13-15;2,1-2 e Luca 11,15-26
Belzebul e ... la nostra casa ...


"E non lasciarci nella tentazione, ma liberaci dal male", a cui segue: "Liberaci signore da tutti i mali, concedi la pace hai nostri giorni ..."
Alla luce del Padre Nostro è del Vangelo di oggi, definirei il male come un grosso parassita della nostra vita. Vinta la sua presenza, la nostra vita diviene adorna e pulita, ma il maligno, con mille astuzie e lusinghe cerca di aggirare le nostre difese ... Quando siamo ben armati: fede, carità preghiera, l'Eucaristia, ecc..., la nostra casa è difesa, ma se viene meno la forza e la determinazione delle nostre armi, il maligno aggira le nostre resistenze e si invita nella nostra casa, e la rende una rovina. Con immagini efficaci Gesù ci mette in guardia dall'astuzia del maligno, e come Satana abbia come fine la nostra rovina. Satana è il male da cui con fede chiediamo al Signore di essere liberati, chiediamo al Signore di non essere lasciati soli nella lotta contro di lui.

giovedì 12 ottobre 2017

Malachia 3,13-20a e Luca 11,5-13
Sfrontatezza del chiedente, cercante e bussante!


Le parole del Padre Nostro sono parole "normali", non sono una preghiera come religiosamente la intendiamo; nell'immagine di un amico che chiede, Gesù ci vuole immergere nella loro trascendenza. Noi a fatica ci poniamo con sfrontatezza di fronte al Padre, ci sembrerebbe di pessimo gusto, ci sembrerebbe maleducazione. Eppure, al di fuori di ogni convenzione, quelle parole sono in azione, sono espressione viva di chi è nell'atto di essere "chiedente, cercante e bussante". La preghiera non è una passività, una contemplazione a distanza un misticismo estetico. La preghiera è molesta, e per questa sua caratteristica dice Gesù, come l'amico esaudisce le richieste non per amicizia ma per la sfrontatezza, cioè l'insistenza, così il Padre. Ma ricordiamo che quella sfrontatezza è preghiera in azione. Siamo forse troppo educati a pregare in modo religioso.

mercoledì 11 ottobre 2017

Giona 4,1-11 e Luca 11,1-4
Il desiderio di preghiera ...


Non credo sia un dato non conosciuto che i cristiani, oggi pregano poco o niente. Non pregano i bambini - nessuno gli e lo insegna -; non pregano i giovani - non ne hanno voglia -; non pregano gli adulti - troppo affannati dalle loro occupazioni -; non pregano gli anziani - non si ricordano più come si deve fare -; siamo di fronte a un popolo di Dio che non ha più desiderio di preghiera.
Il desiderio di preghiera non ci è connaturale, esso parte dalla fede, e dal volere stare con il Signore. Gesù non insegna a pregare (anche se questo chiedono i discepoli), egli invita i discepoli a partecipare, a essere parte del suo spazio di preghiera. Quelle parole, quelle del "Padre Nostro", sono le sue parole; esse traducono il dialogo tra Gesù e il Padre:
- Padre ti amo ...
- Aiutami a fare la tua volontà, dammi di fare il tuo regno ...
- Custodisci nel tuo cuore la mia vita, sii per me pane ...
- Riempimi della tua tenera presenza, perché anche io sappia amare di più di ora ...
La preghiera di Gesù è quel dialogo che parte dal desiderio di trovare un luogo in cui la nostra vita e anche la nostra interiorità sostano, si fermano in compagnia del Padre.

martedì 10 ottobre 2017

Giona 3,1-10 e Luca 10,38-42
La parte migliore ...


Tra tutto quanto può rappresentare l'esperienza della fede e della prossimità di Dio, esiste comunque una "parte migliore", ciò che eccelle rispetto al tutto.
Di Marta si dice che era  "distolta" a causa dei molti servizi; della sorella Maria si dice solamente che era seduta e ascoltava. Quale è la parte migliore? Immediatamente verrebbe da rispondere: "è l'ascolto della Parola!"
In verità, credo, che la parte migliore sia il momento in cui, Maria, seduta ai piedi di Gesù, si accompagna alla Parola. L'ascolto diventa esperienza di prossimità, diventa un toccare e lasciarsi toccare nel profondo dalla Parola, Gesù stesso, e tacere. Il silenzio riempito dalla vicinanza è quell'ascolto profondo che è la parte migliore.
Marta, affannata, non riesce a capire l'importanza di quel "fare nulla", che invece è un fare tutto il necessario. La contemplazione per alcuni è esperienza del mistero, per altri è un inutile far nulla. Occorre affinare il gusto delle "cose".

lunedì 9 ottobre 2017

Giobbe 1,1-2,1.11 e Luca 10,25-37
Colui che ha compassione non "grippa"!


"E chi è il mio prossimo?" .... "Chi ha avuto compassione di lui!"
La compassione è immotivata, non esiste un motivo per cui il Samaritano si sia fermato a soccorre questo uomo, ferito e abbandonato. Eppure in quell'incontro nasce un prendersi a cuore, anche questo atteggiamento è immotivato: un "farsi vicino, fasciargli le ferite, versare olio e vino; caricarlo sopra il suo giumento, portarlo a una locanda e prendersi cura di lui ..."
Perché lo ha fatto?
Non per interesse, non per gratificazione, non per obbligo morale o religioso (oltretutto il ferito è un giudeo); pure il sacerdote e il levita hanno mille motivi per passare oltre. Perché questo uomo si è fermato?
Non esiste spiegazione se non che questo Samaritano è mosso dalla compassione. Occorre che la compassione dimori in noi, altrimenti non siamo più uomini, ma solo umani. La compassione ci fa fratelli e figli del Dio misericordiosi e compassionevole.
Quando non abbiamo compassione per i fratelli, li scartiamo ... li mettiamo da parte, per orgoglio e per mancanza di amore. Ecco questo è il problema essere in "riserva" di amore: si rischia di "grippare"!

domenica 8 ottobre 2017

Isaia 5,1-7 / Salmo 79 / Filippesi 4,6-9 / Matteo 21,33-43
Cosa significa amare la vigna del Signore?

La parabola di Gesù, e la prima lettura, sono inscindibilmente legate, anzi si potrebbe dire che il Signore non abbia avuto troppa fantasia in quel frangente. Ma in realtà già allora, come anche oggi, Gesù usa la profezia di Isaia, sapendo che quelle parole erano ben chiare, e la parabola alla luce di Isaia sarebbe risultata altrettanto chiara. Ma dalla parabola, dai suoi simbolismi occorre uscire, per non rimanerne, questa volta intrappolati ...
Ecco che, Isaiaci racconta cosa il Padre ha cantato della Vigna del suo diletto, del suo amato figlio ... Quella vigna che è oggetto delle cure dell'amato, era Israele, oggi è per noi la Chiesa, la nostra Comunità Parrocchiale, la nostra famiglia, quelle esperienze di prossimità che caratterizzano la nostra vita ...
Tutto concorre a narrarci l'amore per la vigna e a metterci in guardia dal diventare contadini che si vogliono appropriare dei frutti dell'amore per la vigna; ci mette in guardia dal deviare nell'amore; se deviassimo i frutti sarebbero uva selvatica e acini acerbi.
Uscendo dallo schema della narrazione ci confrontiamo semplicemente con la domanda: "ma tu la ami la vigna del Signore,?" Cosa significa amarla, prendersene cura?
Magari ha a che fare con l'amare la Chiesa, amare la nostra Parrocchia, amare la nostra famiglia, amare le persone che vivono accanto a me?
"Ci sono cose che vanno curate, difese, circondate d'amore  perché sono importanti per la nostra vita. Perché se ami non distruggi, riparti sempre. Anche dopo il dolore."
Amare la parrocchia significa fare tutti i catechisti?... Anche se qualche catechista in più non guasterebbe ...
Amare la parrocchia significa far parte del gruppo delle pulizie? ... Non è una "cosa" cattiva!
Amare la parrocchia significa fare delle offerte? ... Non le rifiuto, ma non è questo ...
È darsi disponibili per le feste, è cucinare, sparecchiare, montare, smontare? ... Anche questa è una cosa bella ma non traduce del tutto l'amore alla vigna del signore ...
L'amore alla Chiesa, alla Parrocchia alla vigna del Signore è qualcosa che non si esaurisce nel dirlo o nel farlo ... È dentro di noi, se c'è, è parte del nostro essere ... È una stima, un rispetto, una appartenenza, una cura che viene da se è che non si esaurisce ... Come è l'amore per la fidanzata o il fidanzato; l'amore per ciò che si ama.
Curare la vigna, amare la Chiesa, la Parrocchia significa debellare un po' per volta quella tentazione di usare della Chiesa, della Parrocchia; di considerarla alla stregua di un supermercato del sacro. Di vivere della comunità in modo puramente funzionale: devo ottenere i scacramenti, ma non voglio certo andare a Messa; voglio il doposcuola gratis, così i bambini sono custoditi e me li bada qualcun altro ... c'è un gran risparmio.
Amare la Chiesa significa lasciare che quell'amore diventi servizio e che mi ritorni come consolazione. Spesso l'amore diventa potere (questo lo dico per i preti e per i laici collaboratori) e tutto si trasforma in un possesso. Questo non è prendersi cura della vigna.
Curare, è avere a cuore, desiderare di abitare ciò che è la mia comunità; è farne parte senza occuparne una parte.
Amare la chiesa è collocarsi realmente in quei sentimenti che sono di Gesù ... Il resto sono espressioni varie, ma non è amore vero.

sabato 7 ottobre 2017

Baruc 4,5-29 e Luca 10,17-24
La gioia di Gesù ...

Quello descritto nel Vangelo è un momento di grande soddisfazione, i settantadue discepoli mandati a "testimoniare" il regno dei cieli, tornano "vincenti".
È un momento di euforia, loro stessi, infatti, hanno sperimentato la potenza della Parola: "Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome ...".
È in questo contesto che l'evangelista ci rivela un tratto del Signore, il suo modo particolare di ricondurre tutto al Padre. La gioia dei discepoli, la loro soddisfazione e il loro entusiasmo, diventano per Gesù motivo di preghiera: un rendimento di grazia e anche una occasione per manifestare l'opera di Dio. Gesù gioisce nel pregare il Padre, gioisce perché la parola annunciata è vincente contro il male, gioisce perché nelle vicende di tutti i giorni la volontà di Dio non viene meno, e si realizza in un disegno di umiltà e di "piccola grandezza". È nella gioia del Vangelo che dimora Dio stesso, vederlo e esserne parte è una grazia è una consolazione impagabile. Sperimentare questa gioia significa metri in quel processo di conversione del cuore che ci scioglie dai legami troppo stretti con il mondo e ci apre al mistero del "Dio con noi".

venerdì 6 ottobre 2017

Baruc 1,15-22 e Luca 10,13-16
Le nostre disubbidienze!

Nella nostra mentalità al l'obbedienza corrisponde stesso l'idea di un gesto infantile opera di un bambino rispetto ai genitori; non è un mistero che i bambini confessando di dicono: "ho disubbidito a mamma e babbo".
Occorre invece comprendere l'obbedienza in tutta la sua portata di un rapporto maturo e responsabile. L'obbedire inizia dall'ascolto! L'ascolto della Parola è la prima forma di obbedienza. L'esperienza narrata dal profeta Baruc è infatti: "gli abbiamo disobbedito, non abbiamo ascoltato la voce del Signore, nostro Dio, che diceva di camminare secondo i decreti che il Signore ci aveva messo dinanzi".
Il mancato ascolto nella vita del credente è causa del mancato orientamento e di incapacità nel discernimento, al punto che come accadde per le città del lago di Galilea, dopo l'entusiasmo iniziale dell'ascolto delle parole del Signore, non ci fu mai il passaggio alla conversione del cuore e della vita. Ci fu invece "il non apprezzare Gesù"; ritenendolo inadeguato al loro stile di vita; in questo mettevano la distanza e incredulità circa l'esperienza stessa di Dio. Il discepolo ben sa, che l'ascolto non è opzionale, ma è come l'aria per i polmoni e l'acqua per la sete, senza l'ascolto non c'è vita cristiana, e la nostra pratica di fede rischia di identificarsi con una convenzione sociale.

giovedì 5 ottobre 2017

Neemia 8,1-12 e Luca 10,1-12
Vicinanza di Dio, a prescindere!

Dopo aver parlato di chi è il più grande bel regno dei cieli; dopo aver rasserenato l'impulsività dei discepoli; dopo aver sperimentato il rifiuto dei samaritani; dopo aver disilluso le facili aspettative di chi si mette in sequela ..., Gesù manda i settantadue in missione. La lettura del Vangelo sembra una sorta di super raccomandazione sul comportamento dell'inviato, ma se fosse solo questo, nel tempo, svilirebbe il suo senso. In realtà in ogni esperienza Gesù ribadisce la vicinanza del Regno di Dio: " ... tuttavia sappiate anche questa cosa, è vicino il regno di Dio."
Quando parliamo di vicinanza del Regno di Dio, oltre a pensarla in senso spiritualistico, occorre comprenderla attraverso quelle realtà: Parola e Sacramenti, che permettono una esperienza simbolica. Tutta la prima lettura, ci racconta una situazione di vicinanza simbolica attraverso la Parola; sotto certi aspetti è sconvolgente.

mercoledì 4 ottobre 2017

Galati 6,14-18 e Matteo 11,25-30
Festa di San Francesco d'Assisi
" ... io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo".

Che cosa rappresenta per noi la croce? Che cosa rappresenta il corpo crocifisso di Gesù? Mi sono mai messo davanti a un crocifisso per guardarlo intensamente e per pregare con le stesse parole del Signore?
"Mio Dio perché mi hai abbandonato?"
"Sia fatta la tua volontà!"
"Tutto è compiuto!"
Paolo ci dice che solo in virtù di quella croce e del sacrificio che si è realizzato nel corpo del Signore, ciascuno di noi può sperare di essere una nuova creatura. La nostra umanità ferita dal peccato (allontanamento dal Padre), è morta in Cristo, ma per rinascere nella sua vita da risorto. Contemplando la croce e il patimento di Cristo, io vedo la mia morte era mia nuova vita a partire da lui. "Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita".
A volte facciamo fatica a pensarci in una relazione intima con il Signore che voglia essere identificativa e non solo imitativa. Francesco d'Assisi, per grazia, non solo ha imitato il Signore Gesù: "imparate da me, che sono mite e umile di cuore", ma si è identificato: "Prendete il mio giogo sopra di voi!"

martedì 3 ottobre 2017

Zaccaria 8,20-23 e Luca 9,51-56
Vogliamo venire con voi ...


La profezia di Zaccaria, da un senso conclusivo alla vicenda umana: tutto procede verso Dio, e si compie in Lui. Israele diviene veramente il segno della presenza e manifestazione di Yhwh; ma diviene pure la strada attraverso la quale ogni popolo della terra può salire al Santo Monte, alla Gerusalemme terrestre, al Tempio del Dio vivente.
Il paradigma del cammino esprime in pienezza il nostro pellegrinaggio terreno: mai un camminare a vuoto nemmeno quando le difficoltà ci portano ad avvilirci o a dubitare.
Gesù stesso nel suo andare a Gerusalemme, sapendo che li si sarebbe compiuto tutto, non si lascia intimorire neppure dal rifiuto dei samaritani; ma nella fedeltà a quanto vissuto, con carità e misericordia prosegue il suo cammino. Il suo volto, si indurì, cioè come pietra scolpita, immutabile, si affida alla volontà del Padre e si dirige con forza verso Gerusalemme. Oggi possiamo fare esercizio di stabilità! Nelle difficoltà del momento, restiamo saldi nella speranza: "perché abbiamo udito che Dio è con noi!"

lunedì 2 ottobre 2017

Esodo 23,20-23 e Matteo 18,1-5.10
I loro Angeli ... I nostri Angeli ...

"Angelo di Dio che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me; che ti fui affidato dalla pietà celeste. Amen!"
L'amore di Dio verso ciascuno di noi si traduce in questa custodia, che nulla ha di "fabuloso o di fantastico" ma che esprime una realtà della fede: come Dio è negli angeli che fanno visita ad Abramo alle querce di Mambre; come Dio è nel suo angelo per trattenere la mano di Abramo che sta sacrificando Isacco; come Dio è nel suo angelo che guida Isaele nell'esodo dalla schiavitù d'Egitto; come Dio è nel suo angelo ... Nello stesso modo Dio si fa presente nella nostra vita in una presenza discreta, che si prende cura di noi nel pieno rispetto della nostra libertà e capacità di scegliere. Ma se questo potrebbe dare adito a una interpretazione superficiale e infantile, la lettura del Vangelo non lascia possibilità di dubitare. Noi stessi nel cooperare al regno dei cieli diamo valore alla nostra esistenza, e come i bambini che possono diventare grandi, e lo diventano crescendo in età e grazia, allo stesso modo ciascuno di noi, diviene grande generando in se il "regno dei cieli": nelle scelte di tutti i giorni; nella testimonianza di fede; nel volere bene al prossimo; nel servire i fratelli; nell'appartenere alla Chiesa e nel vivere la Comunità Parrocchiale. In questo in tutto cammino non siamo soli, c'è chi ci sostiene e ci garantisce di essere nello sguardo amorevole del Padre: "... i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli".

domenica 1 ottobre 2017

Ezechiele 18,25-28 / Salmo 24 / Filippesi 2,1-11 / Matteo 21,28-32
Ma cosa ci sta dietro al SI e dietro al NO?


E noi corriamo subito a fare i confronti e a indicare il primo figlio come "il migliore che ci possa essere, e il secondo come pessimo".  In realtà questo non è il cuore del discorso di Gesù ... Il problema è un altro è quel "amen, amen ..." Prostitute e peccatori ci passano davanti ...
Noi spesso trascuriamo ciò che precede la nostra risposta SI è NO ... Mettendo tutto sulla questione del contenuto morale del nostro agire ....
Non va bene ...
Perché Dio il (Padre) si fa accanto e ti dice "va oggi"  - è un imperativo - non è un semplice invito lasciato alla nostra buona volontà!
"Lavora in la vigna", altro imperativo!
Rispetto al regno; il Padre verso i figli impegna tutta la sua autorevolezza. La vigna ha una priorita assoluta; questo è l'obiettivo del Padre.
Non sarà che per mille motivi trascuro di lavorare la vigna? E non vogliamo comprendere la pressante richiesta del padre?
Infatti, non siamo di fronte a un imperativo dispotico, ma a una vicinanza, a un farsi accanto. Oserei dire: siamo in presenza di una tenerezza imperativa!
Ciò che Dio chiede ai suoi figli, è di essere. Disposti, di non tergiversare perché il lavoro nella vigna genera il regno dei cieli. Questo è l'appello del padre fa chi ha il potere di fare della vigna lo spazio da dove irrompe nella storia degli uomini il regno dei cieli: la salvezza!
Ma se la vigna è la mia comunità cristiana, la mia parrocchia? Se la vigna è la chiesa? Se la vigna è la famiglia il posto di lavoro? Tutte realtà da cui può emergere il Regno dei cieli.