domenica 31 gennaio 2021

Missione Gadarena: misericordias Domini in aeternum cantabo

Ebrei 11,32-40 e Marco 5,2-20


Dalle indicazioni geografiche del Vangelo, Gesù dopo aver attraversato il lago, si è incamminato nell'entrare tra per molti chilometri per raggiungere il territorio di Gerasa, questo serve anche a dilatare il nostro pensiero circa la missionarietà di Gesù, del suo andare oltre lo stretto circondario del Lago di Galilea.
Più volte i Vangelo fanno riferimento al rapporto/confronto di Gesù e il male, il demonio, la possessione. Questo brano di Vangelo estremamente dettagliato ci permette di entrare dentro l'agire di Gesù rispetto al male che ferisce l'uomo. "Un pazzo furioso", questa è in forma sintetica la rappresentazione di questo uomo.
Chi ha a che fare con il male psichico, chi conosce le dinamiche delle dipendenze, chi si confronta con le depressioni o la malattia mentale in genere, non riduce il male semplicemente a una "carenza", una malattia. Il male ha realmente una sua logica "avversa", o anche perversa, non è irrazionale, ma si propone nella negazione del proprio ospite, destinato inesorabilmente alla distruzione. Gesù incontra un uomo, che di umano, secondo la bellezza del creatore, non ha più nulla, il male lo ha spogliato di tutto, dalla propria dignità fini alla compassione dei fratelli, forse anche della sua originaria condizione creaturale. 
La missione di Gesù, sembra proprio quella di raggiungere l'uomo, anche quello più lontano e ferito dal male distruttivo del demonio. La liberazione e la salute che sono segno della salvezza, accompagna ogni agire di Gesù. L'indemoniato, non è semplicemente un uomo che viene risanato, in modo miracoloso, egli è un uomo che prima di tutto ha sperimentato la misericordia di Dio. Non ha caso l'evangelista Marco riporta, unico nel suo genere, questa annotazione del dialogo di Gesù con l'ormai ex indemoniato: "Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te". 

Lo spazio, il tempo, la legge.

Dt 18,15-20; Sal 94; 1 Cor 7,32-35; Mc 1,21-28


Entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. A Cafarnao, anche ai tempi di Gesù esisteva una Sinagoga di grandi proporzioni, un luogo che inizialmente ancor prima di essere di preghiera era di "insegnamento" e di annuncio delle profezie e delle scritture antiche. Anche oggi nella ricostruzione attuale raccogliamo la sensazione delle proporzioni e ne restiamo meravigliati. Quel luogo non è effige del tempio di Gerusalemme, ma certamente ha in sè tutta la solennità e la sacralità del "pulpito della Parola". Gesù quel sabato, come anche in altre occasioni, come tutti gli ebrei si reca nella sinagoga per compiere ciò che il tempo è il luogo prescrivono, un tempo ed un luogo di Dio per manifestare la sua sapienza e il suo amore, come dice infatti la tradizione ebraica: il sabato è il luogo di Dio nel tempo mentre la sinagoga è il luogo di Dio nello spazio. Spazio e tempo sono le coordinate entro le quali, Gesù come anche ognuno di noi si muove, e Dio ha riservato a sé spazi e tempi, per manifestarsi all'uomoGesù si mise ad insegnare. Ed erano stupiti del suo insegnamento. Noi ci saremmo aspettati o avremmo desiderato che ci venisse riportato questo insegnamento, e invece è detto solo che l'insegnamento di Gesù destava ammirazione perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. Come insegnavano gli scribi? Quale differenza tra Scribi e Gesù?  Nella tradizione ebraica gli Scribi erano dei funzionari legali, unici depositari del sapere, capaci di redigere documenti di amministrazione e di politica. Come specialisti di documenti amministrativi, erano anche capaci di occuparsi della legge divina. Anche nel Nuovo Testamento sono considerati specialisti della legge. Gesù non parla come esperto e conoscitore della legge di Dio. Egli parla radicalmente della legge, e della sua potenzialità come misericordia, amore del Padre e cura dell'uomo ferito e peccatore. All'uditorio questo insegnamento attrae e coinvolge molto di più che il commento legalista degli Scribi. Egli parla con autorità, e subito pensiamo al l'autorevolezza che deriva dal ruolo ... Leggevo invece che nel contesto del Vangelo, questa autorevolezza fa riferimento alla possibilità di fare crescere. Non erano quindi affascinati dalle parole, ma dalla conseguenza delle parole nella loro vita: quelle parole facevano crescere ... maturare, convertire il cuore, dare senso al quotidiano, ai progetti e alle scelte ... Che cosa sei venuto a fare Gesù? Dice l'indemoniato! “Sei venuto a rovinarci?” ... Ecco il santo di Dio, egli viene realmente a rovinare ogni idea statica ogni tentativo di restare inermi e di chiuderci in noi stessi, nei nostri egoismi e nel nostro male. Venendo a noi, nella sua parola comunicata, donata e condivisa, noi possiamo crescere e liberare il nostro cuore umano da ciò che lo ingabbia in una parvenza di religiosità che era l'ipocrisia di chi è Scriba e Fariseo. Si può infatti essere perfetti praticanti delle chiese alla domenica, ma non essere affascinati dalla parola che ci cambia, perché questa parola va oltre la domenica essa coinvolge la quotidianità della vita.

sabato 30 gennaio 2021

La Parola e la nostra paura

Ebrei 11,1-2.8-19 e Marco 4,35-41


Quante cose sono accadute da quando Gesù è arrivato a Cafarnao, quante parole dette, in Sinagoga, nella casa di Simone, nelle strade, al porto ... Quanti segni di guarigione compiuti, e quali esperienze di invio hanno dato forma alla vita dei discepoli; eppure ora sulla barca in mezzo al lago in tempesta, tutto sembra sprofondare: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?"
Quando anche noi siamo preda di nostri pensieri e delle nostre paure ecco che ci sembra proprio di non avere la fede. Quando sostituiamo l'esperienza che facciamo del Signore con il nostro ego-autoreferenziale, la fede perde il suo fascino e la sua forza. Ascoltare la Parola da il suo frutto? Ascoltare, meditare ogni giorno il Vangelo, da il suo frutto? Permette di limitare quel pensiero, quella autorefernzialita che è alimento o occasione di paura è che non mi dispone a quell'abbandono al Signore che diviene conduzione di solidità anche nella tempesta?
Il Vangelo di oggi è quasi una prova di esame, un momento in cui Gesù fa la verifica di quanto i discepoli hanno realmente capito è fatto proprio. Esito insufficiente: "non hanno ancora fede". Ecco allora che si riparte proprio dalla Parola, è stato necessario essere messi alla prova e fare esperienza del fallimento, perché solo così possiamo ripartire da Gesù che Parla e che mette la Parola a fondamento delle esperienze che facciamo. La Parola non si scandalizza delle nostre paure, ma deve entrare nelle nostre paure per poterle trasformare.

venerdì 29 gennaio 2021

Con parabole annunciava la Parola

Ebrei 10,32-39 e Marco 4,26-34


Per raccontare il regno di Dio Gesù Parla in parabole. Il fulcro attorno al quale sembra ruotassero i discorsi di Gesù, era il regno di Dio. Gesù in tutti i Vangeli, in un modo o in un altro, parla del Regno di Dio. I suoi discepoli ed apostoli, pure loro parleranno e annunceranno il regno di Dio. Le comunità che verranno dopo di loro, i discepoli che si avvicenderanno sulla scena di questo mondo invece, non hanno ascoltato Gesù parlare del Regno di Dio, e neppure sono stati con gli apostoli, ma si trovano nella condizione di chi comincia a fare i conti con il susseguirsi della storia, con la quotidianità.  Anche noi ci troviamo in quella condizione e ci chiediamo cosa vuol dire che Dio ci ha salvato, cosa vuol dire vivere la salvezza in una storia che va ormai avanti e cosa vuol dire che “il Regno di Dio ora è in mezzo a noi”.  Punto di svolta è che Gesù non solo parlava del regno di Dio, ma lui era il regno che si è fatto vicino, è lui la Parola, è lui il seme. Il regno è già compiuto in Lui, ma aspetta semplicemente di compiersi in noi, e si compie in noi quando noi siamo testimoni di Lui, quando noi ascoltiamo e viviamo la stessa Parola, quando il vangelo si fa carne in noi, allora diviene il Regno di Dio. Ecco allora che ogni esperienza di vita, di quotidianità che permette al seme, alla Parola, alla senape, di essere in noi, diventa occasione concreta del regno di Dio.
Gli interlocutori di Gesù, ma forse anche noi, fatichiamo a capire, perché abbiamo in mente concetti tutti nostri di salvezza, e di vicinanza del regno di Dio. Credo che Gesù ne parli in Parabole proprio per evitare che ce ne appropriamo, imponendo il nostro modo di pensare..
Ma quando il regno è parte della nostra vita, significa che la nostra esistenza diviene diversa dal solito modo di vivere di tutti. I criteri sono allora quelli di Gesù, quei criteri che le parabole traducono in immagini: il criterio dell'agire e della volontà di Dio Padre; il criterio della straordinarietà di ciò che è piccolo; il criterio della Parola che è Parabola.

giovedì 28 gennaio 2021

L'ascolto!

Ebrei 10,19-25 e Marco 4,21-25


Nel momento in cui Gesù si presenta come la Parola che viene seminata, in chi ascolta nasce il desiderio di comprendere quale pensiero accompagna quella Parola: nel discepolo la Parola si confronta con le tante difficoltà, ma è proprio la Parola che genera la fede, da' speranza e porta amore. La "spiegazione", in realtà è una rilettura comunitaria per chi vuole essere discepolo. La Parola si fa accanto nella vita del discepolo e chiede di poter dimorare nel quotidiano; ed ecco che la vita può divenirne capace - nell'immagine del terreno - secondo diversi scenari. Ora la Parola-seme, divenne Parola-lampada, con essa Gesù viene ai discepoli come luce che illumina la quotidianità. Questo venire di Gesù è insieme consegna a discepoli del "mistero del regno di Dio". Cosa c'è ne facciamo di questa luce/mistero che permette di vedere nel modo di vedere di Dio?
Il Signore stesso dice cosa fare di Lui, Parola-lampada: " mi metti sotto il moggio o sotto il letto ... o sopra il lucerniere?"
Di fronte alla realtà Gesù si propone come "regno di Dio" che si avvicina alla vita e chiede ai discepoli la fiducia nel lasciare che quella luce illumini; Gesù chiede il coraggio di non nascondere o negare la Parola nella nostra vita, perché tutto viene sottoposto alla Parola, tutto si confronta con il regno di Dio che viene, perché nella Parola/Gesù tutto viene sottratto al nascondimento, tutto si manifesta con chiarezza.


mercoledì 27 gennaio 2021

Insegnava lungo la riva del mare ...

Ebrei 10,11-18 e Marco 4,1-20


Anche in questo caso credo che occorre immaginare come è avvenuta questa pagina di Vangelo. Gesù non ha dato appuntamento sulla spiaggia; neppure è suonata una tromba o una campana per richiamare l'attenzione e convocare la folla. Mi immagino che mentre i discepoli erano intenti a mettere in ordine le reti per la pesca, Gesù ha provocato la loro attenzione parlando di come era diversa la montagna della Galilea rispetto alla vita del Lago. Ed ecco che provocati nella curiosità si sono fermati ad ascoltarlo, e quando altri hanno visto che si erano seduti ad ascoltare, presi dalla curiosità, interrotto il loro lavoro, si sono avvicinati e si sono messi anch'essi ad ascoltare.
Perché tutto questo immaginare? Per rendere evidente come il Vangelo è prima di tutto un momento della vita quotidiana;  l'insegnamento non è una lezione di morale o di dottrina cristiana, l'insegnamento è condividere il pensiero, i ricordi, l'affetto di Gesù, il figlio di Dio. Ecco che la parabola del seme è un modo di esprimere attraverso le pratiche agrarie che Gesù conosceva, come le sue parole sono il seme che vuole prendere dimora nella vita, e come la disposizione della gente ne condiziona le conseguenze di germinazione. La vita, la quotidianità sono lo spazio dell'aridità, come anche della fertilità. Ascoltando Gesù, i discepoli e la gente percepiscono il seme della parola, Gesù stesso che si dona a loro e che può portare in loro un frutto adeguato o trovare il rifiuto disinteressato. Mi sto' convincendo che per ascoltare e comprendere il Vangelo occorre essere molto meno didattici e attivare quell'immaginazione che Sant'Ignazio tanto consigliava.

martedì 26 gennaio 2021

I settantadue amici di Gesù ...

2 Timoteo 1,1-8 e Luca 10,1-9


Avete davanti a voi un lavoro superiore alle vostre forze e al vostro numero ... Sarete come agnelli in mezzi ai lupi ... Non portate nulla con voi ... Se queste sono le condizioni del discepolato, Gesù è un pessimo gestore delle risorse umane; non è certo questa la strategia vincente per una efficace propaganda del Vangelo. Ma, cosa ci sta dietro a questo: "designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi". 
Non dobbiamo mai dimenticare come all'origine di questo essere mandati stia una amicizia, ci sta la relazione intima e profonda con il Signore. Nessuno andrebbe da nessuna parte se non sentisse in se stesso quel vincolo fedele e per sempre, di amore, che è la scelta che Gesù fa di ciascuno: lui ci sceglie come amici. È in forza di questa amicizia che il Vangelo può essere condiviso ancor prima che insegnato; ma questo accade solo attraverso il passaggio e il contatto da persona a persona. La Chiesa non è una azienda, il missionario non è una professione; essere prete, frate o suora non significa avere un compito di propaganda o di promoter. Il battezzato è uno dei settantadue ... egli cammina nel mondo, cioè vive la quotidianità,  e in forza dei suoi piedi anche Gesù cammina nel mondo e incontra uomini e donne per far a tutti la sua proposta di amicizia.


lunedì 25 gennaio 2021

Mandati ...

Atti 22,3-16 e Marco 16,15-18


Discepoli del Signore per essere che cosa? Cosa cambia nella realtà se io porto il Vangelo con la mia vita e la mia testimonianza?
Questa finale di Marco - senza entrare nel merito della critica testuale sulla storicità del testo - è comunque riconosciuta già dal II secolo dC; io personalmente ma ritengo una rilettura redazionale necessaria per dare al Vangelo una conclusione che conduce alla missione della comunità dei discepoli.
È in questa prospettiva che possiamo meditare questi ultimi versetti: come portare Cristo ai fratelli; come essere il prolungamento di quella esperienza di amicizia vissuta in Galilea e maturata fino a Gerusalemme nella passione, morte e risurrezione di Gesù?
La tensione missionaria, l'annuncio, l'invio, da sempre caratterizzano essere discepolo di Gesù. Se nel tempo ci siamo seduti sulla realtà missionaria, la sua riscoperta ci riconduce al modo originario del nostro essere discepoli.
Ecco allora che diventiamo miracolosi strumenti di grazia, attraverso le nostre mani è Dio stesso ad agire, offrendo vicinanza e guarigione, libertà e salvezza. Inviati, invitati a portare il Vangelo vissuto nella nostra quotidianità, perché le nostre parole – diventate sua Parola – possano accompagnare e convertire i fratelli che incontriamo, accostandoli al Signore che in questo modo vuole farsi loro compagno di cammino. Come inviati ai fratelli di Cristo, in tutto e per tutto, ci riscopriamo abili proprio lì dove sempre ci eravamo sentiti insufficienti; per l’amore e con l’amore diventiamo capaci di superare i limiti, ci scopriamo capaci di abitare la realtà che in questo modo si rinnova.

domenica 24 gennaio 2021

Inizia una vita nuova ...

 Gn 3,1-5.10; Sal 24; 1 Cor 7,29-31; Mc 1,14-20


Per avere una comprensione di quanto accadde in Galilea, sulle rive del lago, quando Gesù arrivò e iniziò a parlare del Regno di Dio, occorre mettere un po' insieme i diversi riferimenti presenti nei vangeli, e toglierci dalla mente certe immagini o convinzioni sedimentate nel tempo, che sono un po' una dolce ricostruzione a salvaguardia della religiosità popolare, ma che non hanno molto di veritiero.

Che cosa rappresenta questa pagina di Vangelo se non il mettere in evidenza le conseguenze di un percorso di maturazione umana di alcuni, che saranno chiamati poi, discepoli, di fronte alle provocazioni di questo giovane maestro della Galilea?

Marco, in realtà, si spinge oltre, egli, rileggendo a posteriori ci dice: guardate cosa accade quando gli uomini si incontrano con Dio!

Dio non scende da una nuvola e si mette a compiere miracoli ... Dio, ovvero Gesù, entra nella vita quotidiana. Lui stesso ha fatto esperienza della quotidianità di Nazaret, e ora si sposta a Cafarnao, e la sua stessa quotidianità si intreccia con quella di questi pescatori. È a questi che per primi arriva l'invito che Gesù ripete per tutti a cambiare vita"Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo".

Il regno è vicino, Gesù si fa accanto, si fa compagno, li chiama, entra nella loro vita e si coinvolge con loro, a tutti chiede di seguirlo, ad alcuni si propone ancora con più forza e la richiesta diviene il lasciare tutto per seguirlo oltre a una proposta di per sé assurda se presa come tale: "diventare pescatori di uomini". Ecco questo è il Vangelo che Gesù non solo sta "annunciando", ma sta vivendo concretamente. Marco racconta il Vangelo che è Gesù, racconta le conseguenze di una amicizia vera tra Gesù e quei pescatori che si sono lasciati pescare da lui e hanno in questo modo imparato a essere pescatori di uomini, cioè a considerare preziosa l'esperienza della vita dei fratelli, in quanto figli di Dio, e degna di essere contagiata dalla loro esperienza col maestro.

Essere pescatori di uomini significa essere virali, capaci di contagiare con la loro stessa esperienza di Gesù.

Stando così le cose, queste Parole, questo Vangelo che invita alla sequela è per tutti, perché a tutti è rivolta la richiesta (non l'invito) a convertire la vita; perché a tutti - ieri attraverso Gesù, oggi attraverso la Chiesa - il regno di Dio si fa vicino!

A tutti è chiesto di seguire il Maestro; meglio ... a tutti è chiesto di permettere al Signore di accompagnare il cammino della quotidianità, ed a tutti è chiesto di non rimandare ad altra occasione il mettersi in gioco. 

- Si parte dalla iniziativa del Signore che ci raggiunge nella terra di Galilea, la nostra quotidianità; prosegue mettendosi in gioco nella amicizia, nella fiducia, nelle scelte di fondo che facciamo, allo stesso modo in cui si è coinvolto nelle scelte concrete di vita di quei pescatori.

- Poi si prosegue camminando con Lui.  Nonostante tutto si cammina con lui. Non è che Gesù ci manda allo sbando, alla rinfusa ... Egli condivide il cammino, quando questo è gioia, fatica e anche fosse dolore, lui lo ha già vissuto in sé stesso. Questa è la garanzia che non verremo mai schiacciati.

Una cosa interessante in tutto questo è ... Scoprire strada facendo ... Che cosa Gesù ha visto in ciascuno di così necessario al regno dei cieli?

Perché oggi Gesù dovrebbe scegliere me, perché fare a me la proposta di seguirlo e di farmi strumento del regno di Dio? Perché proprio me?

Personalmente non l'ho ancora capito completamente. Ma così come Gesù ha visto qualcosa di buono e necessario al regno, in Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni, mi conforta l'idea che Lui sappia condurmi verso qualcosa che ora ancora mi sfugge ... ma Lui mi conduce, se sarò così coraggioso di seguirlo lasciando dietro di me un po’ tutto ... reti e pesci e anche il resto, Lui mi conduce …

sabato 23 gennaio 2021

Un Vangelo difficile ...

 Ebrei 9,2-3.11-14 e Marco 3,20-21


Dopo aver riunito attorno a sé un gruppo ristretto di amici, perché stessero con lui, una specie di nuova famiglia, ecco che l'evangelista Marco, per la prima volta introduce il rapporto con la famiglia di origine del Signore. Forse questo gruppo ristretto risponde anche alla necessità di sentirsi unito a qualcuno, di avere una relazione forte e privilegiata con qualcuno che non sia semplicemente affascinato dalle parole o alla ricerca di segni potenti. Gesù cerca realmente di generare e di alimentare vincoli profondi, il Vangelo a bisogno di questa intimità umana. Di fronte a questo, l'evangelista accosta il rapporto con le origini di Gesù. Rari sono nei vangeli i contatti con la realtà di Nazareth e con i parenti stretti e quando questo accade, la narrazione declina verso l'incomprensione fino anche al rifiuto. Non è quindi strano immaginare che il clan di origine di Gesù, per molti motivi, sia arrivato a Cafarnao con l'intento di ricondurlo a Nazareth e ridurlo al silenzio. Gesù se ne è andato da Nazareth, forse in modo anche inaspettato, magari senza l'assenso di tutti, e suscitando perplessità da parte di chi non capiva che cosa questo "giovane" stava cercando, invece di pensare a farsi una famiglia, e a proseguire il lavoro del padre: "cosa va a cercare a Cafarnao?" Da lì a poco, a Nazareth ritornano gli echi di quanto accade sul Lago, i segni compiuti e delle parole che "sconvolgono" le menti; forse anche sono giunte le sollecitazioni preoccupate degli Scribi e dei Farisei. Ecco perché l'evangelista annota: "È fuori di sé ... uscirono per andare a prenderlo ..."
Questa annotazione così colorita, ci rimanda la realtà concreta della reazione dei famigliari del Signore. Ma ci conferma anche che nelle intenzioni di Gesù è chiaro e determinato quale conseguenza ha annunciare il Vangelo a partire da chi ci è attorno.
 

venerdì 22 gennaio 2021

Stare con Lui!

Ebrei 8,6-13 e Marco 3,13-19

Il seme della Parola germina e cresce, il regno di Dio, giorno per giorno si accompagna alla vita di tanti, e diviene occasione di libertà e di salvezza; di vittoria sul male e di guarigione. A tutto questo si accompagna il condividere la vita di tutti i giorni da parte di Gesù, e molti, lo seguono, molti si legano a lui in amicizia fraterna. È a questo punto che l'evangelista Marco, ci riporta questo cambio di rotta, che segna e segnerà profondamente il modo di essere Chiesa e il modo di custodire la cura dei fratelli che la Chiesa deve avere a partire dagli insegnamenti di Gesù.
Gesù sale sul monte e dopo aver pregato, chiamò a sé chi volle, ed essi liberamente andarono da Lui; questi sono gli apostoli. Questo gruppo intimo che lo accompagnerà fino a Gerusalemme, fino alla croce, alla morte e risurrezione, sarà lo stesso gruppo che continuerà nel tempo a condurre, quella barchetta che è la Chiesa, così come il Signore a chiesto, affinché sia sempre evidente che la Parola di Gesù - il Vangelo annunciato - convoca tutti i figli e figlie di Dio, per partecipare al regno e vivere in ogni tempo il dono della salvezza. Il senso di questa chiamata non è per un privilegio rispetto agli altri discepoli, e neppure per assegnare loro quel compito che li costituisce nelle stesse possibilità del Signore: "... per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni"; ma credo che l'origine di tutto sia nel desiderio di Gesù, di dare forma a quella intima comunione a amicizia che è lo stare con Lui. Quel gruppo ristretto è segno dello stare con Lui; non solo del seguirlo, non solo dell'accoglienza, ma soprattutto dello stare con Lui. La barchetta della Chiesa, deve custodire nel suo "cuore intimo" lo stare con il suo Maestro, l'affetto per il suo Signore, l'amore per lo Sposo/Amico.


giovedì 21 gennaio 2021

Tutto in una piccola barca!

Ebrei 7,25-8,6 e Marco 3,7-12


Il Vangelo di ieri terminava con la decisione di Scribi e Farisei, di fare morire Gesù. Una scelta molto grave, ma motivata dalle conseguenze delle azioni del nuovo maestro di Galilea. Oggi i pochi versetti di Marco ci testimoniano come quella decisione nasce per la paura delle conseguenze di questo movimento che coinvolge tutta la regione del Lago, della Galilea anche oltre il Giordano, della Giudea, fino al litorale del mediterraneo: "lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne".
È questo il teatro di azione di Gesù; quel seme, quella parola gettata per le vie di Cafarnao; quegli inviti a seguirlo a picchi pescatori di una piccola attività a conduzione famigliare, si è propagata e ha prodotto frutto, che si moltiplica in tanti desiderosi di ascolto, e come anche di sequela. Il Vangelo (parola annunciato) deve contagiare,  è nella sua stessa natura. Il Vangelo è "virale" in sé stesso, deve liberare dal male che si annida nella nostra umanità; deve vincere il maligno, portandolo a riconoscere il "Figlio di Dio", che attualizza sempre la salvezza. Il Vangelo deve suscitare il desiderio di toccare Gesù, e di lasciarsi accostare dal mistero di Dio. E se tutto questo non avviene? Se il Vangelo non contagia, se l'uomo non ne è più affascinato e non apre il cuore, e se non lascia al desiderio il protagonismo della vita? Azzardo a dire che, oggi la realtà, il nostro quotidiano modo di vivere; la nostra mentalità indifferente e materialista, sta isolando l'annuncio in una irrilevanza che lo vuole fare percepire inutile. Ma è proprio questo il teatro di azione di Gesù; occorre allora che anche noi mettiamo a disposizione del Signore quella piccola barca che lo porta in salvo perché possa continuare a seminare la parola. Facciamo della Chiesa la piccola barca; facciamo della nostra comunità credente una piccola barca; allora la parola di Gesù continuerà a diffondersi e a attrarre il cuore degli uomini capaci di desiderio e soprattutto in ricerca.

mercoledì 20 gennaio 2021

Discernimento comunitario

Ebrei 7,1-3.15-17 e Marco 3,1-6


Siamo lontani da Gerusalemme, lontani dal cuore politico e religioso di Israele,  ma nonostante tutto quanto Gesù ha avviato, ha attivato in Galilea, non resta nell'anonimato. Le reazioni che suscita questo giovane maestro ci testimoniano, attraverso Marco, che da subito il suo operato, il suo agire suscitò l'interesse dei gruppi di potere, Scribi e Farisei.
È in questo contesto che oggi nel Vangelo, troviamo un ulteriore progresso circa la proposta "è vicino a voi il regno di Dio": ovvero il discernimento comunitario.
Gesù è veramente un personaggio straordinario, fin dal suo apparire, compie gesti e dice parole che lasciano nella libertà e suscitano responsabilità. Non è un ammaliatore di folle e neppure un plagiatore di coscienze; ma con la sua naturale disponibilità, si pone di fronte a tutti, e si sottopone al giudizio di quella comunità radunata per vivere la sacralità del sabato, del Sabbà! In realtà Gesù chiede a tutti di interrogarsi in coscienza sul valore della Legge, sul senso della sacralità, e come tutto si esprime in pienezza nella vita dell'uomo. È una rivoluzione, ma non una sovversione; è un rinnovamento ma non una rottamazione; tutto questo si può intendere come un'opera di discernimento comunitario.
Tutto questo è irritante è inconcepibile, fin da subito. E fin da subito, i detentori del potere politico e religioso, decidono che è meglio fare morire un uomo come Lui.
Questa espressione conclusiva di Marco è molto interessante per ricostruire una autenticità degli avvenimenti del Lago e in particolare della vita di Gesù a Cafarnao.

martedì 19 gennaio 2021

Un sabato di festa

Ebrei 6,10-20 e Marco 2,23-28


Dice Silvano Fausti che questo brano conclusivo del capitolo secondo di Marco vuole coinvolgerci nella consapevolezza che "adesso possiamo fare ciò che non è lecito, cioè mangiare di sabato".
Che cosa ha fatto Gesù?
Ha gustato un paralitico; ha perdonato i peccati; ha chiamato un pubblicano a seguirlo; ha mangiato con i peccatori; si è proposto come novità della vita come incontro esistenziale che non si adatta al vecchio che precede e che necessita di spazi nuovi capaci di corrispondere al cambiamento. Gesù propone una rivelazione del offre che non si adatta agli schemi di scribi e farisei, non si identifica con regole e precetti generati dalla razionalità religiosa ma che non convertono il cuore dell'uomo. scribi e Farisei, cercano in ogni modo di ricondurre Gesù dentro uno schema fatto di digiuni e di regole che traggono forza dall'ingabbiatura dei comandamenti, ma Gesù partendo proprio dalla misericordia e dal perdono, dalla vicinanza e dalla stima circa la preziosità umana, inaugura ciò che non è lecito fare neppure di sabato ... ma che il Signore del sabato ci chiede di fare per essere veri figli liberi e salvi. 

lunedì 18 gennaio 2021

Praticandato religioso!

Ebrei 5,1-10 e Marco 2,18-22


Dopo aver incontrato Levi (Matteo), e aver condiviso la tavola con i peccatori, il Vangelo di Marco introduce uno spaccato di quella che potremo definire la vita dei praticanti.
Ieri, come anche oggi, l'espressione praticanti, esige molto circa gli atteggiamenti esteriori; nel Vangelo tutto si concentra nella pratica del digiuno: "Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?"
Ma il "praticandato religioso", non corrisponde alla vita spirituale e all'esperienza della fede. Gesù mette subito in guardai i suoi discepoli dal pensare che gli atti esteriori traducano di conseguenza la propria relazione di fede in Dio. Il dono della Fede non si può appiccicare, come una pezza grezza ad un vestito vecchio, nell'estremo tentativo di garantire e giustificare una consuetudine passata. Il dono della fede, cioè la vicinanza di Gesù nella vita, è carico della freschezza e vitalità del vino nuovo. Questa vicinanza non si adatta a essere contenuta nella "prassi consolidata dei digiuni", ma chiede con forza un rinnovamento che nelle parole di Gesù sono gli "otri nuovi". Il coraggio della novità si esprime nella fantasia di poter pensare e inventare,anche nella religiosità, un modo alternativo, ma adatto alla situazione quel il digiuno che i discepoli di Giovanni e dei Farisei continuavano a vivere e a proporre come pura prassi penitenziale. Gesù introduce in quella pratica la dirompente presenza dello Sposo, che richiede proprio fantasia e novità di attuazione.

domenica 17 gennaio 2021

Vieni lo vedrai ... dove dimoro!

 

1 Sam 3,3-10.19; Sal 39; 1 Cor 6,13-15.17-20; Gv 1,35-42

Samuele è giovane quando il Signore gli si rivela, o meglio entra nella sua vita, e non è subito facile riconoscerlo e semplice ammetterlo, ma il Signore va riconosciuto. A volte, spesso, siamo colpiti, suggestionati dalla presenza di Dio nella nostra vita, ma anche estremamente distratti nel riconoscerla. Occorre infatti anche ammettere che Dio dimora nella nostra vita. Questa ammissione è molto complicata, perché con fatica siamo infatti disposti a rinunciare alla nostra autonomia. Vista così, la vita di un battezzato rischia di essere un’esistenza in attesa della chiamata e i tempi si dilungano in modo impressionante. Questa apertura preventiva, si manifesta nella ricerca che ci accompagna sempre, come un desiderio mai soddisfatto. La vita attende pienezza, attende compimento, attende amore, attende eternità.
Che cosa è questa ricerca se non ciò che è provocato dal dono della fede che ci viene fatto e a cui ciascuno, nella sua libertà, risponde?
Papa Francesco nell’intervista diffusa il 10 gennaio ha dato una bella e interessante definizione di cosa sia la fede: “Per me è un dono. Nessuno può avere fede con le proprie forze, è un dono che ti dà il Signore. Io credo perché ho ricevuto questo dono, gratuito. Non si può comprare la fede. Tante volte nelle difficoltà la gente si apre e riceve questo dono. Bisogna aprire il cuore per ricevere questo dono. Tanti non hanno questa capacità -  non voglio giudicare -, ma si chiudono di più. Se non viene come dono, non è fede”: “Dio è vicino, ma Gesù Cristo si è fatto più vicino. La vicinanza di Dio è quella che dobbiamo avere, dobbiamo chiedere questo dono”.
La pagina del Vangelo provoca proprio, sul nostro cercare il Signore, non come nostro sforzo ma come accoglienza del dono che lui fa di se stesso. Da una parte le parole di Gesù: “Cosa cercate?”. È la domanda che risuona nella vita. Una domanda alla quale ciascuno cerca di rispondere, nonostante la fatica per una risposta che spesso è soffocata dalle tante cose che affollano il quotidiano. Che cosa cercate? In altre parole la domanda può essere riformulata con che cosa desiderate davvero? Qual è il vostro desiderio più forte? Quale fame ha lai nella tua vita? Quale sogno? La risposta non è una  rinuncia o un sacrificio, non chiede di immolarsi sull’altare del dovere, ma di rientrare in sé, ritornare al cuore, la risposta chiede di guardare a ciò che accade nello spazio vitale, custodire ciò che si muove e germoglia nell’intimo.
Dall’altra le parole di Giovanni Battista: “Ecco l’agnello di Dio”. È Lui quello che cerchi. Se rimango indifferente all’Agnello di Dio, sono nei guai, perché di fronte all’agnello resta solo il “venite e vedrete”. Dopo l’Agnello di Dio, ci può essere solo il seguirlo e il dimorare con Lui; l’andare e il vedere. Il maestro mostra che l’annuncio cristiano, prima che di parole, è fatto di sguardi, testimonianze, esperienze, incontri, vicinanza. Per Andrea e l’altro discepolo l'incontro della vita avviene alle quattro del pomeriggio... per me invece a che ora?

sabato 16 gennaio 2021

Io chiamo i peccatori ...

Ebrei 4,12-16 e Marco 2,13-17


Continua il nostro accompagnare Gesù per le strade e nei luoghi di vita di Cafarnao. È in questa "normalità" ovvero quotidianità che Gesù incontra e chiama a seguirlo, cioè interpella la vita di chi incontra con le Parole della sua vita. L'annuncio del Vangelo è un vero incontro di vita. Ecco che dopo gli incontri di Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni; dopo gli incontri con i malati, dopo gli incontri con tanti che desiderano ascoltarlo ..., ecco che Marco intercetta un nuovo tipo di incontro, quello con i peccatori. Non è l'incontro con il peccato, inteso come incontro con il male che è in noi, e che si genera a partire da noi, ma con l'uomo ferito dal peccato. Levi, Matteo il pubblicano, un incontro che esprime tutta la preferenza, la vicinanza, la tenerezza di Gesù per i peccatori. Gesù non condivide la sua vita (il Vangelo con chi è bravo); il Vangelo è per l'uomo, per ogni uomo nella sua verità, con i suoi limiti, con i suoi difetti, con i suoi fallimenti, con i suoi peccati. Gesù viene a mostrare come Dio Padre, non cerca una umanità ideale, perfetta o particolarmente brava; il Padre, con Gesù ci rivela come Dio cerca ciascuno di noi, ci vuole condurre a sé a partire dal nostro limite, e non si scandalizza se con fatica e umiliazione arriviamo a lui zoppicando. Gesù chiama il pubblicano, il peccatore Levi, e la sua risposta sarà l'occasione per il suo cammino di Santità, ma il suo essere santo sarà proprio a partire  dalla sua vita vera e fragile. Dio fa' i Santi a partire da ciò che tutti getterebbero via!

venerdì 15 gennaio 2021

Il peccato, il male, il perdono è la guarigione.

Ebrei 4,1-5.11 e Marco 2,1-12


Siamo di nuovo a Cafarnao nella casa di Pietro, e di nuovo si ripete quell'assembramento fin sulla porta, tale che neanche un paralitico portato sulla lettiga riesce a passare, per metterlo davanti a Gesù. La casa di Pietro è diventata la casa della speranza, del desiderio, della guarigione. Le persone ferite, afflitte, malate si accalcano perché in quella casa c'è Gesù, e quel "maestro, ha parole che rigenerano la vita; le sue mani toccando liberano dal male che tiene schiavi e nella sofferenza morale e fisica. Per tutti il peccato e il male sono un vero enigma; non è solo colpevolezza morale il peccato, non è solo trasgressione a di una legge. L'uomo porta nella sua umanità, la ferita profonda che è come una paralisi che gli impedisce di raggiungere la pienezza dell'amore. Il peccato è sottrazione del desiderio di amare e indifferenza rispetto la possibilità di essere amati. Lo chiamiamo egoismo? Si, possiamo anche identificarlo come tale, ma la sua radice è ancora più profonda, il peccato è l'amore soffocato nel suo germinare, nel suo affacciarsi alla vita. Questo peccato, è scusa di tutti i mali, di tutte le nostre paralisi, di tutte le nostre inconsistenze emotive ed affettive. Gesù perdona il peccato, non come un giudice che assolve da una colpa, ma come un amico che vive il dramma di un amore ferito, e con compassione, mette tutto di sé, nella speranza che il proprio dono di amore sia fonte di guarigione, di rigenerazione per l'amico amato. Fintanto che avremo una visione legalista del peccato e lo vivremo come reazione al senso di colpa, ci legheremo all'esperienza di chi non capisce, e non vuole capire che cosa sta compiendo Gesù: "Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?"
Il peccato è il nostro male, ciò che ci paralizza, che ferisce la nostra "possibilità" umana. Gesù non compie solo un miracolo, ma dimostra che Dio Padre ci ama, e questo basata per motivare una guarigione dal male fisico per sanare la ferita dell'amore soppresso, questo è il perdono. Il perdono è origine della vita nuova e rinnovata; nel perdonare si ama sempre.

giovedì 14 gennaio 2021

Voglio che tu sia libero dal tuo male

Ebrei 3,7-14 e Marco 1,40-45


Che cosa è il Vangelo? È Gesù che chiama coinvolge, guarisce, incontra e libera dal male. È il Signore nel suo avvicinarsi e nel suo fare quella proposta che si traduce nel seguimi! Non esiste il Vangelo se non nel seguire il maestro. Il primo capitolo di Marco sembra proprio orientato a mostrarci questa novità: seguire questo maestro genera una realtà nuova nella vita, una condizione che rigenera e che è diversa da tutto il resto.
A conclusione del capitolo, ecco che Marco pone una realtà di limite, anzi il limite più grande che Gesù incontra: ciò che la legge, le regole umane e religiose hanno scartato e messo ai margini, quasi per dimenticare di un problema irrisolto e al quale nessuno sembra capace di dare soluzione; un lebbroso. In realtà che cosa è accaduto a Cafarnao? Proviamo ad immaginare dopo la guarigione della suocera e di tutti quelli che erano fuori dalla porta della casa di Pietro ... Tutti parlavano di Gesù e delle sue doti straordinarie e di guaritore ... Fino ad ora tutto si è svolto dentro un contesto di "normalità", fino a quando anche il lebbroso, lo scartato da tutti raccoglie l'eco del Vangelo, e di come la proposta di Gesù libera e chiama a seguirlo. Marco, nella conclusione del primo capitolo descrive un incontro ai limiti della legalità, anzi Gesù compie un gesto illegale: "lo tocca". Questo gesto, rivela come il Vangelo non è conseguenza delle nostre regole, e neppure è la narrazione di una bella storia, ma è l'incontro con il Figlio di Dio, nella vita. Un incontro fatto anche di fragilità e di ferite per noi insanabili, ma Il Vangelo è condizione che rende nuove tutte le cose. Anche il lebbroso viene sanato, e in quella guarigione viene annullata la condizione di uomo scartato. È questa la buona notizia che quell'uomo guarito va a raccontare a tutti: Gesù non scarta nessuno!

mercoledì 13 gennaio 2021

Quella casa non è un albergo.

Ebrei 2,14-18 e Marco 1,29-39


Chi ha visto Cafarnao, rimane sempre colpito dalla vastità della città e dalla particolarità della casa di Pietro; una casa che nei tempi successivi è stata trasformata: da Domus-Ecclesia (casa Chiesa) a vero e proprio santuario e luogo di pellegrinaggi, questo già dal primo secolo dC.
Ma guardando con gli occhi del Vangelo e togliendo strato per strato, tutto ciò che nel tempo è stato aggiunto e modificato, ecco che appare una "casa tra le altre case",un luogo di vita importantissimo per la famiglia di Simone; una  straordinaria testimonianza: appare quella soglia dove "Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta".
Gesù è accolto in una casa, e in quella casa condivide come dice la lettera agli Ebrei la "carne e il sangue", si prende cura della nostra umanità fragile.  Si prende cura della suocera di Simone (Pietro); si prende cura delle infermità di chi gli viene portato per essere guarito; Gesù a partire dalla semplicità di quella casa tra le case vuole venire in aiuto a coloro che subiscono la prova. La casa di Simone a Cafarnao, non è quindi solo un luogo, una abitazione, un santuario ... Essa è la casa in cui il figlio di Dio ha condiviso con noi, nella carne, la sua quotidianità, prendendosi cura della nostra fragilità per "liberarci dalla morte". Impariamo anche noi a prenderci cura veramente, della umana fragilità.

martedì 12 gennaio 2021

Timore e stupore a Cafarnao

Ebrei 2,5-12 e Marco 1,21-28


Il Vangelo di Marco inizia subito mettendo in evidenza cosa accade quando Gesù, da Nazareth scende al lago e va ad abitare a Cafarnao. Dopo i primi approcci personali con Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni il Vangelo allarga lo sguardo per darci una visione complessiva: l'insegnamento (la Parola) per tutti nella sinagoga; la reazione immediata alla Parola; il contatto con il male.
Non esiste un prontuario della Parola, un vademecum di frasi ed espressioni ad effetto che costituiscono il "Vangelo"; esiste Gesù e la Parola che esce dalla sua bocca ed esprime il pensiero, i sentimenti, la sapienza del Figlio di Dio. Quel Gesù-Parola, è immediata nel suo comunicarsi, è improvvisa nel suo apparire, è veloce nel suo agire; è sollecita nel suo dinamismo. È questo "insieme" che costituisce e diviene parte della relazione personale (Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni ...), come anche impatta con la realtà della vita. La Sinagoga, non è la scuola, non è il luogo del culto, ma è il luogo in cui la Parola di Dio, quella data dai Profeti risuona; la Sinagoga è lo spazio della vita comune in cui la preghiera da personale diviene occasione di tutta la comunità; la Sinagoga è lo spazio dove è possibile crescere, maturare e mutare la propria umanità. Gesù-Parola, nella Sinagoga provoca una reazione spontanea e immediata di stupore, di meraviglia, ma anche di timore perché quel Gesù-Parola resiste anche alla forza del male, anzi la domina.
Come Gesù-Parola entra in dialogo con me stesso, ora quel dialogo si dilata a tutti gli spazi della mia vita quotidiana. Quali stupori e quali timori riconosco?

lunedì 11 gennaio 2021

Una "parola potente" ?!

Ebrei 1,1-6 e Marco 1,14-20

Oggi, dopo la festa liturgica del Battesimo del Signore (celebrata ieri), riprende il Tempo Ordinario. Questa successione liturgica, possiamo sfruttarla per dare inizio ad un viaggio, in Galilea insieme a Gesù. Possiamo anche noi trasformare la lettura quotidiana del Vangelo in un itinerario (viaggio) guidato da Gesù di Nazareth.
Che cosa ci porterà questo itinerario, non possiamo dirlo a priori, certamente la traccia del cammino, il programma tecnico di viaggio è il Vangelo quotidiano. La nostra attenzione al Vangelo deriva, non dalla esigenza intellettuale di studio o di sapere, ma dalla provocazione della "sua parola potente" dei primi versetti della lettera agli Ebrei: "Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente". 
La sua Parola potente trova eco e traccia attuale nel Vangelo ... Ecco perché meditare la Parola non è un puro esercizio spirituale, ma un accostarsi al "Signore che parla", un seguire ma sua voce, lasciarsi condurre dove Lui sta camminando davanti a noi.
La Parola risuona nella realtà concreta (allora nella vicenda di Giovanni Battista; oggi nella pandemia che segna profondamente la nostra società), e da inizio al confronto tra realtà e compimento del tempo:"Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo". Il compimento inteso come pienezza significa che Gesù percorre la storia degli uomini, e continua a farlo anche oggi. La chiamata dei discepoli allora può essere certo una dimensione vocazionale, ma nell'immediato è una proposta di una "compagnia", vivere insieme al Signore una compagnia, un tempo segnato dalla conversione, cioè dal cambiamento/rinnovamento della vita, per cui loro andarono dietro a lui e lo seguirono ... Accettare questo viaggio - per ciascuno - è iniziare ad andare dietro a Lui.

domenica 10 gennaio 2021

Il cielo aperto sopra di noi

 Is 55,1-11; Sal da Is 12; 1 Gv 5,1-9; Mc 1,7-11


La festa del battesimo di Gesù conclude il periodo natalizio, e da avvio al tempo ordinario, ma al di là di questa struttura liturgica, oggi a ogni credente viene proposto di fare memoria del proprio battesimo e di legarlo al battesimo del Signore. Che cosa rappresenta il battesimo come sacramento? Cosa significa per ciascuno di noi essere dei battezzati?
Quando sento la frase "da grande poi sceglierà se battezzarsi oppure no ...", percepisco un grande senso di sfiducia e una sorta di ateismo latente. Sfiducia nella Chiesa e nella vita da credenti, immagine di una fede ormai estinta; come anche quell'ateisno che la nostra età contemporanea non declina più nello scontro ma semplicemente nell'indifferenza.
Confrontarsi con il battesimo allora cosa vuol dire oggi? C'è realmente una incidenza sulla vita in conseguenza del battesimo?
Per Gesù - così come racconta Marco - il  battesimo attesta ciò che è accaduto, e che, proprio per come è raccontato - con tutto l'imbarazzo che può suscitare il "battesimo" al figlio di Dio -, rappresenta un criterio di storicità per dirci che nessuno avrebbe mai inventato una storia del genere. Dalle poche frasi di Marco cerchiamo di capire cosa è stato il Battesimo di Gesù. L'evangelista ci parla del battesimo di Giovanni, come di un "Rito" collettivo, a cui tanti di sottoponevano: "... accorrevano a Lui tutt'a la regione della Giudea è tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da Lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati". Ma anche questo non ci permette di capire perché Gesù riceve il battesimo. Altra complicazione, non ci viene spiegata quale relazione esiste tra il battesimo di Giovanni e il perdono dei peccati, in Gesù; non ci viene neppure detto perché Giovanni accetta di battezzare chi è più "grande" di Lui.
L'unica evidenza che il breve racconto di Marco dice è che all’inizio del ministero pubblico di Gesù, c’è stato evento importante che ha rappresentato uno spartiacque, tra un prima e un dopo.
Il battesimo rappresenta la differenza tra il non conosciamo Gesù: "era tra noi e non lo conoscevamo"; ed il: "ora iniziamo a conoscerti, per ciò che sei, il Figlio di Dio".
Ciò che invece caratterizza il battesimo, in tutti i racconti dei Vangeli è la voce del Padre, che apre i cieli per essere udita da tutti.
Tutti devono sentire la voce; il Padre che vuole dirci una cosa importante su Gesù, e la vuole dire a tutti: "E venne una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento".

Quella stessa voce, apre i cieli e risuona ogni volta che il battesimo si rinnova e si ripete per ogni figlio di Dio. E senza esagerare quelle parole vogliono dire: "Ti amo, figlio, e mi piaci. Sono contento di te". Prima che tu mi dica qualsiasi sì alla mia volontà; prima ancora che tu apra il cuore e ti affidi a me; prima ancora che ... tu mi dai gioia, tu sei bello, sei come un prodigio che guarda e respira e ama e si incanta. Ecco perché il nostro battesimo non è una registrazione è una formale adesione alla Chiesa Cattolica Romana, ma è il segno nel quale Dio Padre dice anche di noi: "Ti amo, figlio, e mi piaci!" Vivere la conseguenza del battesimo allora non può essere una formalità da confermarsi nella Cresima, e basta...; ma è la risposta di che si sente amato da Dio, al punto che di fronte a tanto amore ci si chiede: quale gioia posso restituire a Dio; io con la mia vita accidentata e distratta, io che ho così poco da restituire? Quale gioia posso rendere a Dio, con tutte le volte che mi dimentico di Lui? Eppure quelle parole che sono per me rappresentano ciò che Dio Padre già vede della mia vita Santa. Sì perché per ogni discepoli, come per Gesù, il battesimo infatti, rappresenta l'inizio di una diversità di vita; rappresenta l'inizio della vita santa, del passaggio dal prima al dopo. Sì! Santo a partire non dall'ideale di perfezione, ma a partire da ciò che sono, anche se imperfetto. Quando tutta la mia umanità è immersa nel Battesimo, quando risuonano in me quelle parole che Dio padre dice di Gesù, quel momento è il mio nuovo inizio, la mia vita bella che si genera nella grazia. Signore, ti ringrazio di avermi creato, ma ancora di più di avermi dato la possibilità di essere cristiano, e di avermi chiamato nel battesimo a essere tuo figlio in Gesù, tuo unico Figlio, egli è lampada ai miei passi, lume al mio cammino di figlio amato, e tua gioia.


sabato 9 gennaio 2021

Abbiamo anche noi il cuore indurito?

1 Giovanni 4,11-18 e Marco 6,45-52


Nei racconti, in tutti, dopo la "moltiplicazione" dei pani, gli evangelisti presentano il camminare di Gesù sulle acque. Certamente a Dalmanuta, luogo di tradizione, è possibile collocare la pianura dove il pane è condiviso; il monte sul quale Gesù va a pregare, e anche il lago da dove le barche prendono il largo per raggiungere Betsaida. 
Quale può essere il giusto approccio a questa pagina di Vangelo?
Penso che le parole di commento dell'evangelista Marco siano estremamente importanti: "il loro cuore era indurito."
L'approccio dei discepoli alla realtà rischia di essere molto razionale, per cui non capiscono, come mai la realtà non corrisponde alla ragionevolezza; ma la meraviglia e lo stupore non sono sufficienti a dare ragione dell'accaduto. La durezza del cuore qui corrisponde alla non conoscenza di Gesù, del suo mistero. La ragione infatti interroga la realtà ma se accettiamo che il mistero ne è parte, allora la ragionevolezza diviene insufficiente. Il cuore indurito, è un cuore che non ha ancora accolto il Signore, è un cuore che attende la tenerezza di Dio per superare ogni paura e anche la fatica di quella navigazione notturna. Più conosco Gesù, più il mio cuore si intenerisce, cioè diviene capace di contenere il mistero: "... se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi".

venerdì 8 gennaio 2021

Il pane va condiviso!

1 Giovanni 4,7-10 e Marco 6,34-44

Scusate il ritardo mostruoso ma oggi è andata così ...
Il racconto nei Vangeli della "moltiplicazione" dei pani e dei pesci, resta a mio avviso una delle pagine più affascinanti per la provocazione che il "segno" rimanda nel tempo. Possiamo soffermarci sul "miracolo", oppure sul "segno"; come anche sul richiamo eucaristico, per non trascurare la dimensione ecclesiale; insomma una quantità di spunti di lettura che travalicano la narrazione dell'avvenimento. Oggi, fa eco in me quella espressione così spontanea di Gesù che chiede ai discepoli: "Quanti pani avete? Andate a vedere." Una espressione normale, di fronte a una realtà normale ed esagerata: una folla di persone al sopra ogni proporzione immaginabile. Ma è in una apparente insufficienza che va cercata la soluzione, ed è da quella disponibilità, cioè da quei cinque pani e due pesci che è possibile ciò che accade.
Ciò che accade non è una magia, non è illusionismo, ma è una esperienza concreta nella quale Gesù compie l'opera di Dio, cioè: prendersi a cuore i suoi figli, di averne cura. È stupendo il modo in cui ciò accade, perché è frutto di una condivisione estrema di quei cinque pani e di quei due pesci che vengono messi in comune, che vengono riconosciuti come condivisibili. Più che del miracolo della moltiplicazione del pane oggi mi piace sottolineare la condivisione del pane, tale condivisione è capace di soddisfare il bisogno di cinquemila uomini, come per dire, la condivisione soddisfa sempre!


giovedì 7 gennaio 2021

Tutto inizia concretamente.

1 Giovanni 3,22-4,6 e Mt 4,12-17.23-25


Un trattato di geografia! In questi pochi versetti di Vangelo, tra sostantivi e indicazioni di luogo, abbiamo ben 15 ricorrenze. Non è una descrizione particolareggiata, ma sufficiente per legare insieme alcune situazioni: la vita reale di Gesù; l'inizio del suo insegnamento; le profezie di Israele. La vita di Gesù non è una leggenda e neppure un mito; dopo le vicende accadute a Giovanni Battista, Gesù prende coscienza della necessità di iniziare quella esposizione pubblica, quel inizio di ministero sintetizzato nella frase: "cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». 
Per l'evangelista è estremamente importante raassicurarci di un inizio concreto, e dei primi passi di Gesù a partire da quella città di Cafarnao, dove ha inizio pure la prima esperienza di quel gruppo - che chiameremo apostoli - di amici che saranno i primi custodi dell'annuncio alla conversione di cui la Galilea è profeticamente la culla. La collocazione geografica che Matteo pone come inizio del Vangelo è quindi importantissima e ci testimonia come quei luoghi saranno pure la culla della nascita delle prime comunità cristiane.
Già dagli inizi si comprende il tenore della predicazione: la prossimità del "regno" di Dio  è ciò che provoca al cambiamento della vita. Nella Prima lettera di Giovanni, abbiamo modo di comprendere come da principio era intesa la prossimità del regno: "Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
Il Vangelo è Gesù; la legge morale è l'amore; questi capisaldi fanno la differenza rispetto al mondo, e alla comunione con Dio.

mercoledì 6 gennaio 2021

Che bell'epifania

Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12

Il Vangelo, senza pretendere nulla, racconta la suggestiva esperienza:"l'arrivo dei Magi a Gerusalemme".
A tutti chiedevano dove fosse la stella; a tutti chiedevano dove fosse colui che era nato. Tutta la speranza e l'attesa di quegli uomini d'Oriente si concentrava sul segno di una stella e sulla profezia di un nuovo nato. Tutto quanto accade, il compimento del loro cammino, il senso della ricerca, si attua in quell'atto di adorazione: "Siamo venuti per adorare il bambino".
E in quell'istante tutto si riveste di straordinaria tenerezza. La tenerezza che sgorga dal cuore di chi ha cercato, di chi ha percorso strade lontane; di chi con fatica a resistito sotto il sole, il caldo la sete e ora si trova lì a Betlemme davanti a un bambino ... Per adorarlo. Ecco cosa riempie di senso questi saggi di oriente:
Lo stupore di vedere con gli occhi come le profezie e le attese trovano il modo di manifestarsi e rendersi evidenti;
Il Mistero: essi si trovano di fronte a una realtà che non possono spiegare, che pur nell'evidenza resta misteriosa; siamo di fronte al modo unico che Dio ha scelto per "connettersi" con noi, uomini e donne di  tutti i tempi;
L'Amore; quel bambino, sua madre e suo padre sono icona della tenerezza di Dio che si affaccia al nostro mondo, per incontrare tutti, e generare la fede in lui, nel suo amarci.
Di fronte a quella tenerezza, i saggi aprono il loro cuore al dono di Dio, e loro stessi trasformano la loro ricerca, il loro desiderio in un dono esclusivo e particolare.
Ciascuno di noi, nella ricerca di verità e di senso, oggi, di fronte al bambino che è nato, deve fare sue le parole del Vangelo, e chinarsi davanti al bambino dire: "Siamo venuti qui, per adorarti, Signore."
Compiere un atto di adorazione ci fa bene, ci rinnova nel desideri di cercare e conoscere il Signore, ci rimotiva la scelta di volere essere di Gesù. Oggi la fede nel "bambinello" si sprigiona ... La fede è essere di Gesù!
La fede ricevuta non si conserva in formalina, ma ha bisogno di essere alimentata custodita e testimoniata.
Come vorrei che Gesù fosse per tutti affascinante, prezioso; che fosse il centro della fede ... Una fede che ci chiede di cercarlo sempre più; una fede che ci sprona a camminare con lui e verso di lui; una fede capace di riconosce la preziosità del mistero rivelato.
La fede, come ricerca di Dio, va custodita è alimentata ... E in questa ricerca un poco alla volta che ci si accorge del senso e del perché ... Ci si accorge del "che cosa c'entra Dio con la mia vita" ...
La fede è un Cammino ... Ma è anche un vero incontro con Gesù.
Oggi l'incontro con Gesù passa attraverso il gesto di adorazione che i Magi ci insegnano. Se non possiamo stringerlo personalmente tra le nostre braccia, possiamo però compiere i gesti che i Magi hanno fatto con tutto il loro desiderio e il loro cuore: hanno aperto il cuore alla sua voce; hanno fatto dono a lui del loro oro; hanno portato a lui affetti e speranze; hanno aperto gli occhi alla sua luce; hanno portato a lui il loro incenso e la loro mirra ... Per adorarlo!

martedì 5 gennaio 2021

Vieni e vedi!

 1 Giovanni 3,11-21 e Giovanni 1,43-51


Ieri nel Vangelo, Gesù si rivolge ad Andrea e all’altro discepolo, e dice: “venite e vedrete”; un invito alla immediatezza, come dire non vi nascondo nulla; a voi la possibilità stando con me di sincerarvi, voi stessi, circa le vostre domande.
Oggi di fronte a Natanaele, che è diffidente e sospettoso rispetto a questo giovane maestro, Filippo ripete: “vieni e vedi”. Resto affascinato da questa immediatezza. Resto colpito da questa teologia spicciola. Dio non si rivela in un impianto teologico, o in una ricca e ordita stesura di precetti morali o formulazioni filosofiche da studiare e meditare;  Dio si rivela nella immediatezza della sua presenza. Una presenza concreta, reale, umana. Che cosa mostra Gesù di sé; perché invita sempre a seguirlo?
Gesù ci si presenta come una forza che attrae, che provoca rispetto alla staticità. Stando con lui non ci si può concepire in una relazione statica e inerme; se ti accosti al Signore, come minimo vieni provocato dalla curiosità di scoprire cosa ci sta sotto, quale segreto nasconde la sua serena fermezza, la sua lucidità parola; la sua severa tenerezza. Ecco, non si può catalogare Gesù nel suo svelarsi, lo si può solo accogliere vedendolo, e il vederlo è lasciargli occupare lo spazio di senso del mio esistere. Seguire Gesù, è accettare che l'invito:"venite"; sia seguito da: "io vengo o Signore per fare la tua volontà". Il venire non è solo punto movimento verso, ma è un divenire altro ... insieme a Gesù. 

lunedì 4 gennaio 2021

Fissando lo sguardo su Gesù

1 Gv 3,7-10 e Giovanni 1,35-42

Che bella immagine quella del Vangelo di oggi: Giovanni che fissa lo sguardo su Gesù.
Chissà cosa vuole capire? Che cosa vuole vedere e scoprire? 
Eppure è proprio così, fissare lo sguardo significa cercare qualcosa oltre ciò che l'apparenza e la realtà mostrano. Fissando lo sguardo su Gesù, Giovanni vede l'agnello di Dio, e il riferimento immediato per lui non può che essere quello pasquale, quello dell'esodo dall'Egitto, quello sacrificato nella Pasqua e il cui sangue libera dalla morte. Ma nello sguardo del Battista ci sta anche lo sguardo di Giovanni l'evangelista - il discepolo amato - forse nascosto nell'anonimato dei due discepoli che seguono Gesù e mettono il loro sguardo sul maestro. A questi sguardi fissi su Gesù, uniamo anche i nostri. Che cosa cerchiamo di scoprire e di capire?
Forse non ci basta l'immagine antica dell'Agnello sacrificato nella Pasqua quando il popolo di Israele uscì dall'Egitto, e da schiavo riconquisto la libertà ...
Il Vangelo ci dice che i discepoli seguono con lo sguardo il maestro. Ed ecco che il loro sguardo, il loro seguirlo, è intercettato dallo sguardo di Gesù: "Che cosa cercate?"
Il loro guardare fisso è quindi una domanda, una ricerca: "Chi sei, cosa fai, dove vai, dove dimori?" 
La risposta di Gesù è schietta e chiara: "venite e vedete!"
Annota Giovanni che "andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio".
Come rileggere e interpretare questa risposta? Forse Giovanni ci dice che i due discepoli videro proprio anche loro l'Agnello di Dio, videro dove dimorava e rimasero con l'Agnello, insieme come nella cena pasquale dove l'Agnello dopo essere stato sacrificato, viene mangiato, così come nell'ultima cena Gesù verrà mangiato dai suoi discepoli, come agnello immolato nel segno del pane. Vedere l'Agnello di Dio è già vedere in Gesù e il suo sacrificio, il sacrificare la sua vita per amore nostro, cioè mettere la sua vita dentro la nostra, così come a vita dell'Agnello nel sacrificio scorre e custodisce la vita stessa dell'intero popolo di Dio.

domenica 3 gennaio 2021

Abbiamo contemplato la sua gloria ...

 Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18


Una notizia importantissima è stata data al telegiornale nel giorno di Natale, trasmessa su tutti i TG delle reti Rai, con insistenza e diffusione quasi quasi fosse un dispaccio governativo: “Tra le 180.000 letterine spedite dall'Italia a Babbo Natale, dirottate a Roma, all'apposito ufficio postale dove verranno lette e da cui verrà data una risposta a tutte ... Ecco in una letterina, commovente di un bambino che ha chiesto a babbo natale di liberarci da questo cattivissimo virus, che fa tanto male e uccidere tante persone in tutto il mondo”.
Senza voler giudicare e criticare il pensiero limpido e sincero del bambino, mi nasce ugualmente un senso di angoscia a pensare che tutta questa attesa, tutta questa speranza di salvezza, tutta questa fede, viene riposta in Babbo Natale, un personaggio inventato e che non esiste. Un mondo mostruoso ha suscitato la fede di un bambino in una menzogna, una invenzione fantastica e di buon cuore.
Negli anni 70 - 80 l'occidente ha scelto di trasformare il Natale cristiano nella saga del bianco barbuto in costume rosso - Babbo Natale - come d'altronde tutto il mondo ateo lo aveva già fatto per riempire il cuore e i sensi, contrapponendo una nuova "religione" fatta di regali e buoni sentimenti alla tradizione cattolica della nascita del Salvatore.
È comunque orribile, pensare che un mondo che vede nel Natale solo la possibilità di fare soldi, sfrutti l'ingenuità della fede dei bambini, e li irretisca con una menzogna che non potrà mai salvare nessuno, né dal virus e neppure da qualsiasi altra vera necessità.
Oggi rileggendo il prologo di Giovanni mi chiedo cosa è successo alla buona novella, cioè alla parola nuova che viene ancora oggi per offrirci la misericordia di Dio e a prendere una carne come la nostra per fare di noi non dei morti viventi, ma dei figli che vivono della vita di Dio.
Che cosa è successo al verbo di Dio che Maria accoglie nella sua esistenza e nel suo grembo con amorevole tenerezza?
Il bambino: "il segno del Dio con Noi"; venuto nella carne, è stato messo in ombra dai panni rossi di Babbo Natale.
Ma quale è la differenza tra Gesù e Babbo Natale? Credo di poterlo dire con sufficiente ragionevolezza: la prima differenza è la concretezza storica. Babbo natale viene solcando le nubi con una slitta tirata dalle renne; Gesù viene nella carne; viene dal cielo, dal Padre, e non sorvola la nostra esistenza calando i doni richiesti, ma entra nella nostra esistenza facendosi lui stesso dono per tutti. Ma cosa ci dona Gesù? Ci dona sè stesso, cioè la sua vita da figlio di Dio.
Forse è più facile desiderare qualcosa di concreto e immediato, che può donarmi Babbo Natale, ma che poi getto dietro di me, e che non riempie di senso la mia esistenza; Gesù non dona a richiesta, ma soddisfa una sola richiesta, ben oltre i semplici bisogni e desideri, egli dona la vita eterna.
Dice il prologo: "In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta". Facendosi carne, il Verbo di Dio mette dentro la nostra carne concreta e umana la sua stessa vita e la sua luce; nella incarnazione, la sua vita si rende un tutt'uno con la nostra, la sua Luce diviene la nostra luce.
Ecco che accogliere i doni di Babbo Natale, significa soddisfare un bisogno, un desiderio, ma anche lasciare che subito altri bisogni e desideri prendano forza in noi.
Chi accoglie il dono che è Gesù, dice sempre il prologo: "… da il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi ..."
Tra le due "favole", mi dispiace, ma quella di Gesù, se anche meno colorita e affascinante, perché troppo concreta e piena di tutta quella povertà che è la condizione umana, è però ben più radicale e densa di un senso che va oltre ogni desiderio e ogni bisogno.
Caro Babbo Natale, affidarmi a te mi rende schiavo di un desiderio che tu però non puoi soddisfare e garantire. Caro Gesù fidandomi di te, so per certo che questa mia umanità, che tu la conosci, perché ti sei fatto bambino e sei diventato carne, ti appartiene; come pure il mio cuore e la mia mente; eppure anche se ti appartengo, mi sento libero, libero e amato fino in fondo; mai abbandonato, anche se la prova è dura, anche se la morte si avvicina, saperti uomo, mi riempie della speranza certa del cielo: "Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”.

sabato 2 gennaio 2021

La promessa fatta è la vita eterna.

1 Gv 2,22-28 e Gv 1,19-28


Se per millenni l'uomo ha considerato come priorità assoluta ed  esistenziale la vita eterna; ora nel mondo scientista, globalizzato e materialista, la priorità non è la vita eterna ma il prolungamento della vita fisica. Questo atteggiamento umano, preclude l'affidamento al mistero di Dio e all'incarnazione. Tutto si basa sulla autoreferenzialità umana e personale, ma immediatamente ne emergono anche i limiti e l'estrema fragilità.
È certamente una tentazione umana, superare la fede con la concretezza e il possesso della conoscenza. Ma questo percorso umano e razionalista non conduce alla verità, ma ci porta ad affrontare un limite estremo, illusi che il superamento dei precedenti sia presupposto per la vittoria finale. Che sia anche questo l'anticristo dei nostri giorni? Si questo processo intellettuale nega il Cristo venuto nella carne, o anche solo né depotenzia l'efficacia, e quindi toglie ogni prospettiva di condividere la vita di Dio. Ma noi abbiamo l'unzione, cioè apparteniamo a Dio in forza del suo amore eterno che ci ha consacrato e marcato in modo indelebile; egli ha reso la nostra carne capace di eternità. Forse il Vangelo di oggi, non ci suggerisce che Gesù è nascosto tra noi e noi non lo conosciamo. Tutti, a quel tempo lo indagavano, ma Lui non era così facilmente identificabile, eppure era tra loro. Oggi nessuno tra noi lo cerca, nessuno sembra indagarlo, ma egli rimane tra noi ... egli resta come sempre e per sempre.