1 Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 11,25-30
Santa Caterina
1 Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 11,25-30
Santa Caterina
At 9, 26-31; Sal 21; 1 Gv 3,18-24; Gv 15,1-8
Portare frutto sembra essere la costante di questo vangelo, ma anche della vita cristiana, cioè dell'essere discepoli. Ma poi, portare quali frutti? I miei frutti? I frutti che produco se Gesù è unito a me? E di che frutti si tratta?At 13,44-52 e Gv 14,7-14
At 13,26-33 e Gv 14,1-10
1Pt 5,5-14 e Mc 16,15-20
San Marco
La fine del vangelo di Marco è la bella sintesi della predicazione del Vangelo é l'essenziale per l'annuncio del Regno. Pensiamo se fosse stato sempre così nella storia. Se avessimo sempre fatto così. Andate per le strade in tutto il mondo! Ma quale è la conseguenza di questo andare? La conseguenza é la fraternità della comunità; è realizzare una comunione fatta di relazioni che non vengono meno, ma che esprimono la gioia di essere uniti nella stessa fede. Spesso invece non lo abbiamo compreso che l'annuncio fosse in realtà l'invito libero e festoso a partecipare al Regno di Dio.
Atti 12,24-13,5 e Gv 12,44-50
At 11,19-26 e Gv 10,22-30
At 11,1-18 e Gv 10,1-10
At 4,8-12; Sal 117; 1 Gv 3,1-2; Gv 10,11-18
At 9,31-42 e Gv 6,60-69
Non solo i Giudei, ma ora anche i discepoli di Gesù si scandalizzano. Tutti ragionano secondo la carne, ossia secondo i ragionamenti e i pensieri umani. Umanamente stare con Gesù non porta a nulla. Solo Pietro è toccato da una luce interiore che supera la ragione: "Gli rispose Simon Pietro: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio". Il Santo di Dio, colui che pronunzia parole di vita eterna. Pietro può arrivare a questa professione di fede grazie alla sua conoscenza intima e profonda di Gesù. Aiutaci, Signore, a condividere la vita con te, come Pietro, e a ri-conoscerti come il Santo di Dio.
At 9,1-20 e Gv 6,52-59
At 8,26-40 e Gv 6,44-51
At 8,1-8 e Gv 6,35-40
At 7,51-8,1 e Gv 6,30-35
Atti 6,8-15 e Giovanni 6,22-29
Atti 6,1-7 e Giovanni 6,16-21
Atti 5,34-42 e Giovanni 6,1-15
Atti 5,27-33 e Giovanni 3,31-36
Atti 5,17-26 e Giovanni 3,16-21
Atti 4,32-37 e Giovanni 3,7-15
Luca 1,26-38
At 4,32-35; Sal 117; 1 Gv 5,1-6; Gv 20,19-31
Anche se tanti ironizzano circa la veridicità dello stile di vira della prima comunità apostolica, come descritta in Atti, ugualmente occorre lasciarsi interrogare circa il necessario cambiamento che la fede cristiana imprime nella vita dei singoli credenti. È questo cambiamento lo stimolo continuo nella vita delle stesse comunità; la necessaria novità nasce in forza della risurrezione.Atti 4,13-21 e Marco 16,9-15
Atti 4,1-12 e Giovanni 21,1-14
Atti 3 11-26 e Luca 24,35-48
Atti 3,1-10 e Luca 24,13-35
Atti 2,36-41 e Giovanni 20,11-18
Atti 2,14.22-33 e Matteo 28,8-15
Marco 16,1-8
Sono anni ormai anni che celebriamo la Veglia Pasquale immersi in una strana sensazione di incertezza, dolore, disorientamento ... gli anni dei migranti morti nei naufragi dei barconi; due anni da pandemia ... con veglie a Chiesa vuota ... poi Veglie pasquali tra gli echi di guerra, dall'Ucraina alla Terra Santa.
Immersi in tutto questo, tante domande si affacciano sulla mente ... tante non risposte ... e tra queste ... "perché Signore ci succede tutto questo"?
In questi giorni ripensavo alla "Leggenda del grande Inquisitore" di Dostoevskij, mi provocava l'idea di Gesù che tornava oggi in mezzo a noi ... Oggi, quel romanzo più che in altri tempi, può ispirare la comprensione della nostra realtà e attualità alla luce della risurrezione.
Siamo in Spagna ai tempi della Santa Inquisizione, dopo quindici secoli dalla morte e risurrezione del Signore. Gesù ritorna e pur se cerca di restare anonimo, tutti lo riconoscono e viene subito incarcerato per ordine del Grande Inquisitore, proprio dopo aver fatto risorgere una bambina di sette anni, pronunziando ancora quelle sue parole: "Talitha kumi" (parole aramaiche che significano: fanciulla alzati).
L'Inquisitore è un vecchio che dopo l'arresto si reca da Gesù in carcere esordendo con queste parole: "Sei tu? Sei tu?" Non ricevendo risposta, aggiunge rapido: (...) “Perché sei venuto a infastidirci? Perché sai anche tu che sei venuto a infastidirci. Ma sai cosa accadrà domani? (...) ti brucerò sul rogo come il più empio degli eretici...”
“Perché sei venuto a infastidirci?” Poi il vecchio Inquisitore conclude: “Vattene e non venire più... mai più, mai più!”.
La nostra realtà sembra proprio affermare che con lui non vogliamo avere a che fare, che ci infastidisce ... meglio che se ne vada e non torni mai più ... non sappiamo cosa farcene di un risorto che non risolve.
Forse l'uomo di oggi smarrendo il senso della propria umanità, non sa più cosa farsene della risurrezione di Gesù.
Ma che cosa è la risurrezione?
Per alcuni è una intromissione o irruzione celeste nella vita degli uomini, per altri una storia a lieto fine per donne ingenue e uomini falliti e fragili.
Ma che cos'è la risurrezione di Gesù se non il segno di una immensa tenerezza che si chiama amore, che ci dice come Dio Padre ama ogni uomo e donna anche se loro si dimenticassero di chi li ha creati, di chi li ama.
La risurrezione ci dice che neppure l'odio esacerbato nella passione cancella o impedisce all'amore di essere la forza della vita che si comunica e rinasce sempre ...
Eppure in questo mondo, in questo tempo di rassegnazione e di disperazione in molti non gli perdoniamo di essere il risorto e di non risolvere quel male che continua a devastarci. Non gli perdoniamo le malattie, non gli perdoniamo le guerre, i terremoti e le alluvioni, non gli perdoniamo la sopraffazione degli innocenti e le vittime della disumanità, ma soprattutto non gli perdoniamo di lasciarci nella nostra infelicità, e in una libertà incapace di farci veramente liberi.
Dobbiamo rimotivarci nel fare Pasqua
Fare pasqua significa fare l'incontro con il risorto, che non avviene nel sepolcro, ma fuori, sulla strada che riporta le donne dai discepoli.
Incontrare il Risorto nella vita di ogni giorno proprio a partire dai segni della fragilità e del limite. Proprio lì dove il morire sembra prevalere e il sepolcro rappresenta l'unica condizione possibile. Il risorto non ha cancellato quei segni storici della sofferenza, ma sembra averli assunti in sé. Quei segni sono la nostra esistenza fragile.
La risurrezione non è quindi una sorta di favola a lieto fine, ma il compimento di un mistero: il mistero della vita di Dio che tutto unisce e porta in sé, riempiendo e colmando tutto del suo stesso mistero.
Ecco allora che è proprio a partire dai nostri limiti, dalla fragilità della nostra esistenza, dalla sconfusionata realtà che possiamo, se vogliamo, consegnarci a quell'amore che nell'immagine tenera di un Padre amorevole tutto tiene in sé.
Oggi non ci è chiesto di essere perfetti, di essere dei ragionatori del mistero, ma bensì di affidarci al mistero di cui siamo parte, e di abbandonare il sepolcro vuoto, sospinti dall'annuncio di vita e di pace vera, perché non dobbiamo dimentichiamo che questa è la bella notizia dell’alba di quel nuovo giorno: “Non è qui. È risorto, come aveva detto”.Isaia 50,4-9 e Matteo 26 14-25
Isaia 49,1-6 e Giovanni 13,21-33.36-38
Isaia 42,1-7 e Giovanni 12,1-11
Domenica delle Palme
Ezechiele 37,21-28 e Giovanni 11,45-56
Geremia 20,10-13 e Giovanni 10,31-42
Genesi 17,3-9 3 Giovanni 8,51-59
Matteo 1,16.28-21.24
Giuseppe ha custodito Maria e Maria ha custodito Gesù. Si dice infatti di Maria che custodiva queste cose nel suo cuore. Quindi un passaggio di consegne. Giuseppe custodisce Maria, la donna, se ne prende cura, e Maria custodisce il Mistero nel cuore nell’intimo. IL verbo custodire tratta la concretezza della vita ma anche l’invisibilità del mistero. (...) Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende. (...) Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!"
Papa Francesco 19.03.2015
Daniele 13,42-62 e Giovanni 8,1-11
Ger 31,31-34; Sal 50; Eb 5,7-9; Gv 12,20-33
Sapienza 2,1.12-22 e Giovanni 7,1-2.10.25-30
Esodo 32,7-14 e Giovanni 5,31-47
Isaia 49,8-15 e Giovanni 5,17-30
Ezechiele 47,1-9.12 e Giovanni 5,,1-16
Isaia 65 17-21 e Giovanni 4,43-54
2Cro 36,14-16.19-23; Sal 136; Ef 2,4-10; Gv 3,14-21
Osea 6,1-6 e Luca 18,9-14
Osea 6,1-6 e Luca 18,9-14
Osea 14,2-10 e Matteo 12,28-34
Geremia 7,23-28 e Luca 11,14-23
Deuteronomio 4,1.5-9 e Matteo 5,17-19
Daniele 3,25.34-43 e Matteo 18,21-35
2Re 5,1-15 e Luca 4,24-30
Es 20,1-17; Sal 18; 1Cor 1,22-25;Gv 2,13-25
Terza domenica di Quaresima, siamo di fronte a un maestro che ci sconcetta. Abituati all'immagine di bontà e mansuetudine ..., un Gesù cosi ci scuote e forse pure ci spaventa. Un Dio arrabbiato?ichea 7,14-15.18-20 e Luca 15,1-3.11-32
Genesi 37,3-4.12-13.17-28 e Matteo 21,33-43.45
Geremia 17 5-10 e Luca 16,19-31
Geremia 18,18-20 e Matteo 20,17-28
L'impressione, leggendo i vangeli, è che Gesù parla e, se ascoltato, generalmente, non è capito. Eppure Gesù ha parlato chiaro: Solo con il cammino della croce si conquista la resurrezione. Ecco che il calice della passione bisogna berlo anche se è un calice amaro. In realtà gli evangelisti ci rivelano aspetti inediti, ma veritieri del gruppo di coloro che Gesù ha scelto e delle persone che ruotano loro attorno. Ma anche questo è importante per comprendere che questo gruppo di amici, sono simili a noi, per cui non dobbiamo scandalizzarci, ma crescere ulteriormente nella maturazione umana e di fede.
Isaia 1,10.16-20 e Mt 23,1-12
Daniele 9,4-10 e Luca 6,36-38
Gen 22,1-2.9.10-13.15-18; Sal 115; Rm 8,31-34; Mc 9,2-10