mercoledì 31 agosto 2016

1 Corinti 3,1-9 e Luca 4,38-44
San giuseppe di Arimatea
Priorità ... annunciare


"È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato". Questa frase del Vangelo unisce l'agire di Gesù con l'agire di ogni discepolo. Anche noi sappiamo benissimo che come discepoli non possiamo non farci carico della necessità dell'annuncio, cioè della testimonianza "nelle altre città" cioè in quella periferia che è "intorno alla nostra vita". L'annuncio se da un lato corrisponde a una necessità, così come Gesù la esprime, dall'altra invece ci condivide una appartenenza che esprime la vicinanza con il Signore. Così come le folle cercavano di trattenerlo per non distaccarsi da Lui, così la sua presenza ci è garantita nel nostro agire come "... collaboratori di Dio". 

martedì 30 agosto 2016

1 Corinzi 2,10-16 e Luca 4,31-37
Il Sabato della Parola


Sono due le situazioni che vengono privilegiate in Luca, quando ci racconta che cosa faceva il Signore: il Sabato e la Parola. L'esorcismo, la liberazione dal male, rappresenta il segno di ciò che la Parola è capace di agire nel giorno del Signore. Per un Ebreo, il sabato è ben più di un giorno festivo: è "lo Shabbat", il riposo, o meglio la cessazione dal lavorare. È la festa più importante tra le Liturgie ebraiche; riconduce il credente alla libertà dalla schiavitù dell'Egitto e ci offre il tempo in cui Dio contempla l'opera delle sue mani, la creazione. Il Sabato è ben più di un precetto, di una legge, ci introduce nello spazio della libertà dei figli di Dio. È la massima espressione della libertà, quella dal male: quando il male occupa il nostro tempo/spazio, la libertà non c'è più, è stata imprigionata, divorata. La Parola, del Signore, che è Parola del Padre, risuona nel Shabbat e redime lo spazio di schiavitù in spazio di libertà. L'unico capace di questa attività è "il Santo di Dio".

lunedì 29 agosto 2016

Geremia 1,17-19 e Marco 6,17-29
Martirio di Giovanni Battista
Il prezzo del coraggio


Nella vicenda della morte di Giovanni, possiamo leggere, non solo un contrasto tra personaggi del potere e un uomo che si eleva a scuotere la loro coscienza, ma anche lo scontro tra chi pretende di adeguare a sé la Legge e la morale, e chi della legge fa un cuore per vivere da uomini. Giovanni rappresenta la vittima dell'ingiustizia. Egli ha nella Legge di Yhwh (di Dio) il senso di cui riempire le relazioni e la vita. La fedeltà e la grandezza dell'amore sono i presupposti e i cardini della Legge. La vicenda di Erode ed Erodiade mostrano tutto il degrado dell'esistenza umana quando smarrisce questi fondamenti. Per giustificare sé stessi e mascherare le loro passioni, si può pure negare la giustizia e uccidere il giusto innocence: questo, da sempre, fa parte del gioco. 

domenica 28 agosto 2016

Siracide 3,19-21.30-31 / Salmo 67 / Ebrei 12,18-19.22-24 / Luca 14,1.7-14
Chi inviteresti a pranzo da te?

Le parole usate da Gesù per descrivere questo pranzo ci imbarazzano, perché descrivono benissimo il nostro mondo e le sue logiche, tra le quali non trova spazio l'umiltà. Un mondo dove le relazioni si basano sul concetto di superiorità e su quello di convenienza. Ma purtroppo, questo accade anche nelle nostre comunità cristiane. Siamo ancora noi a fare delle differenze, ad applicare delle etichette, a scartare alcuni a favore di altri. Il pensiero di Gesù vuole azzerare una logica puramente umana e mondana per farci intuire come l'essere "sua Chiesa" rappresenti ben altro che un modo di esprimere un rito o una credenza, ma sia prima di tutto la condizione nuova in cui i discepoli si sentono fratelli e vivono realtà nuove secondo il Vangelo.
L'immagine del banchetto e della tavola è una finestra aperta sulla fraternitá. Dopo averli osservati tutti, Gesù, svela quali realtà nuove occorre mettere in atto. L'umiltà non è solo una virtù occasionale ma è un percorso per scoprire chi sono io e chi sono i miei fratelli, e come questi sono il senso e il gusto della mia vita. "Chi umilia sé stesso sarà esaltato"! Chi vive l'umiltà cerca i fratelli perché loro sono importanti, essi sono il "senso" della vita. Fratelli sono gli uomini e le donne che vivono sulla faccia della terra, tutti, anche quelli "poveri, storpi, zoppi, ciechi". Una fraternitá  che passa attraverso le esperienze quotidiane. I miei fratelli oggi sono i terremotati, i profughi, gli esiliati, i vicini di casa,  i parenti, i colleghi di lavoro, gli amici di parrocchia. Nella categoria dei fratelli scopro che la fraternità scuote l'albero della mia autosufficienza.
"Fratello e sorella sono parole che il cristianesimo ama molto. Gesù Cristo ha portato alla sua pienezza anche questa esperienza umana dell’essere tutti fratelli e sorelle, assumendola nell’amore trinitario e potenziandola così che vada ben oltre i legami di parentela e possa superare ogni muro di estraneità".
"È tra fratelli, poi, che si impara la convivenza umana, come si deve convivere in società, perché il legame di fraternità che si forma in famiglia tra i figli, se avviene in un clima di educazione all’apertura agli altri, è la grande scuola di libertà e di pace".
"Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna alberga, infatti, il desiderio di una vita piena, alla quale appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare". (Papa Francesco)
La vera grandezza non si trova nella presunzione di contare o nel successo raggiunto a ogni costo, ma nella fraternità, questa dilata il desiderio di amare.

sabato 27 agosto 2016

1 Corinti 1,26-31 e Matteo 25,14-30
Prendi parte alla gioia ...


Sei stato un "servo", "buono e fedele" allora pendi parte alla gioia del tuo padrone. Sei stato fedele nel poco, ora avrai autorità su molto. Gesù continua a "ribaltarci", ogni volta che cerchiamo di trovare una qualche sicurezza circa la nostra salvezza, lui la rimette in discussione, e ci riporta in quella condizione in cui tutto si gioca nella fede: "la fedeltà al padrone". Ciascuno di noi, nella sua unicità, ha una vita che esprime delle possibilità, questa vita dice tutto l'amore di Dio: il volerci per lui, il darci una esistenza che ora nel tempo è amore e vita e che eternamente sarà pienezza. Il nostro poco è possibilità per esprimere un grande mistero: la vita eterna che nelle parole del Signore è quel "molto" che si traduce nella gioia. La fede del servo, la nostra fede, non si basa su una conoscenza teologica delle realtà divine, ma sull'incontro di amore-amicizia che abbiamo fatto di Gesù, un incontro che già anticipa la gioia eterna: la fede è la gioia della vita ... chissà che non siano già parte delle sue "cose"!

venerdì 26 agosto 2016

1 Corinti 1,1-9 e Matteo 24,42-51
Una attesa non ipocrita  ...

Quando Gesù parla degli scribi e dei farisei li accomuna all'ipocrisia e ad essere degni della "Geènna", dove appunto c'è pianto e stridore di denti, una immagine forte che porta a compimento la mancanza di misericordia e la fedeltà a Yhwh. La vita del discepolo, invece, si caratterizza per quella relazione con il suo Signore, che è attesa di Lui, e che si esprime in un dialogo di responsabile esercizio della libertà nell'amore: "lo metterà a capo di tutti i suoi beni"; egli  è un servo, un servo amato, "fidato e prudente". San Paolo nella prima lettera ai Corinzi, di oggi, cosi esprime il desiderio che deve abitare in noi: "La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo". Vieni Signore Gesù, in ogni giorno, in ogni istante, in ogni avvenimento della nostra vita.

giovedì 25 agosto 2016

1 Corinzi 1,17-25 e Matteo 25,1-13
Il regno dei cieli cerca la verginità

Siamo soliti fissare la nostra attenzione sulla differenza di atteggiamento delle vergini di fronte alla venuta dello Sposo, ma raramente consideriamo come la condizione principale non è l'olio, ma la verginità: "Il regno dei cieli è simile a dieci vergini ..."
Ciò che caratterizza la verginità è la completa disponibilità per lo Sposo: l'attesa operosa e custodita dello Sposo. Non esiste una verginità fine a se stessa, o che si improvvisa tale. La vergine è se stessa, se è per offrire sé stessa allo sposo nelle nozze. Il regno dei cieli, allora, può essere compreso come il compimento delle attese di gioia e di felicità, ma anche di amore e fecondità che il tempo, la storia è ogni uomo o donna portano in sé. La verginità non va colta nel senso della privazione, ma nella condizione del dono, e del desiderio di pienezza. Per le vergini la pienezza è: "arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze ...". Il regno si realizza nell'incontro "nuziale" tra la nostra verginità (che è di ogni discepolo), e il Signore.

mercoledì 24 agosto 2016

Apocalisse 21,9-14 e Giovanni 1,45-51
Festa di San Bartolomeo Apostolo
Gesù è colui di cui hanno scritto ...


L'entusiasmo di Filippo quando incontra Natanaele (Bartolomeo) è difficilmente descrivibile per noi non ebrei; dire che di Gesù ha scritto Mosè e i profeti, ha un valore assoluto, significa affermare che nella esperienza di fede che per Israele inizia con la Genesi, che continua nella storia e vita dei Patriarchi (Abramo, Isacco e Giacobbe e dei padri ...) fino a compiersi nelle parole profetiche che sono rivelazione della parola di Yhwh, Gesù è raccontato, Gesù ne è parte e protagonista; questo cambia tutto, cambia il senso è la considerazione delle Scritture, cambia e da pienezza al tempo di Gesù e porta a compimento ogni tempo successivo. A Bartolomeo, Filippo, chiede di "venire e vedere": venire come condizione di chi si accosta e si lascia avvicinare da Dio, non è così scontato avvicinarsi a Dio e lasciarsi accostare; vedere, iniziare a comprendere come le cose e la realtà possono essere viste, cioè osservate in pienezza, noi abbiamo occhi e non vediamo quasi mai nulla (... da Nazareth può venire qualcosa di buono?) non osserviamo mai nei particolari.

martedì 23 agosto 2016

2 Tessalonicesi 2,1-3.13-17 e Matteo 23,23-26
Ancora "Guai a voi!"

Essere nei "guai" lo percepiamo come una condizione a dir poco sfavorevole, dalla quale difficilmente riusciremo a venirne fuori. Se come discepoli ci riduciamo a vivere e pensare come uno scriba o un fariseo, allora siamo proprio nei guai. Siamo nei guai perché abbiamo frainteso la proposta di Gesù, e abbiamo insegnato un Vangelo che non è la "buona notizia" ma una serie di precetti umani ... Come evitare di entrare nei grandi "guai"?
Giustizia, misericordia e fedeltà rappresentano la sintesi che ci preserva dai fraintendimenti e ci garantirà rispetto al Vangelo. La giustizia, mi richiama a essere giusto davanti a Dio, mi svela la giustizia di Dio, come quell'equità  che non è uniformità ma è essere come lui, secondo il suo cuore, "siate santi come il Padre!". La misericordia, mi riconduce all'amorevolezza e alla tenerezza che deve dimorare nel mio cuore e manifestarsi nei sentimenti. Non dimentichiamo che il Dio di Gesù è misericordioso per sempre ... La fedeltà, mi mostra una proposta che è per sempre e che nessuno mi può togliere, o ritrattare. Dire che il Vangelo è la fedeltà di Dio, significa riconoscere la fedeltà del Padre nella vita di Gesù, e come Gesù l'abbia vissuta e ora ce la garantisca.

lunedì 22 agosto 2016

2 Tessalonicesi 1,15.11-12 e Matteo 23,13-22
Gaui a voi ... ipocriti; ... guai a voi guide ceche ...


Ma se un discepolo diventa come uno scriba e un fariseo? Le parole di Matteo vogliono proprio metterci in guardia da questa scorciatoia, quella di trasformare la proposta del Vangelo e del Regno dei cieli nella via per la "Geènna". La Geènna non è un luogo bello e neppure sacro, è la discarica della città di Gerusalemme, lì si bruciano i rifiuti, e la loro combustione genera un odore insopportabile, come pure la loro decomposizione. Per Gesù, scribi e farisei sono degni di questo luogo! Certi atteggiamenti "religiosi" e certe scelte di "fede" sembrano portare ben lontano dalla novità che è il Vangelo e dalla proposta di salvezza che è liberazione dal male e dal peccato. Confronta il Vangelo di ieri circa la possibilità di entrare attraverso Gesù (che è la porta stretta) nel mistero di un Dio che ti si offre per amarti e attraverso l'esperienza dell'amore, non certo della coercizione delle regole e delle leggi.

domenica 21 agosto 2016

Isaia 66,18-21 / Salmo 116 / Ebrei 12,5-11 / Luca 13,22-30
Verranno da oriente e da occidente ...

La porta stretta di cui parla l'evangelista Luca è la medesima che in Giovanni permette alle pecore di entrare e uscire: è Gesù stesso. Per entrare nel regno, in una esperienza di ricerca di misericordia e non di senso di colpa per la nostra miseria; di giustizia donata e non di autogistificazione; di bene e non di male, occorre diventare alla misura della porta. Tutti possono entrare attraverso Gesù, nessun escluso. Resta fuori, escluso, chi è ricco di una ricchezza da cui non vuole staccarsi; chi è gonfio del proprio io, per cui questa enormità ingombra ogni vera esperienza del Signore; resta fuori chi non ha bisogno!
Alla luce di questo, possiamo dire che la salvezza, è la conseguenza di una grazia di Gesù e del nostro desiderio di entrare in quel regno dei cieli di cui il Signore stesso ne è l'accesso. È l'incontro con lui che salva ogni uomo; ma per incontrarlo occorre varcare la soglia di quella porta che è Lui stesso. Non posso studiarlo a distanza, e neppure fare una "presa in visione".
Guardiamo la situazione dal punto di vista della porta: "Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio", l'universale incontro con Gesù rende la salvezza il dono di Dio accessibile. Gesù è in questo senso sacramento originale di salvezza, e la Chiesa ne è il segno sacramentale universale.
Le porte del cielo non sono solo passaggio all'eternità. Ogni porta che permette un passaggio, che avvicina a Cristo, o permette l'incontro dell'uomo con il mistero di Dio, è una porta del suo regno, è una occasione di salvezza, è porta del cielo.
Attenzione alle porte chiuse verso i migranti, i profughi e gli esiliati ... Verso gli uomini che cercano salvezza. La salvezza dell'anima non è separata dalla salvezza della vita.

sabato 20 agosto 2016

Ezechiele 43,1-7 e Matteo 23,1-12
Voi siete tutti fratelli ...


Una espressione, questa, "voi siete tutti fratelli ...", che per noi moderni rischia di essere fraintesa, è collegata allo stretto legame famigliare, per cui i fratelli rischiano di essere anche un po' scomodi, soprattutto se le relazioni tra famigliari sono difficili.
Un popolo di fratelli, è invece un concetto diverso; la fraternità prima di un vincolo esprime una appartenenza;  prima di un obbligo, un legame o un rispetto verso un altro, dice, secondo Gesù, la mia accoglienza dell'altro. In Israele parlare di fratelli significava includere un'ampia parentela; dire fratelli significava dire appartenenza "al popolo dei fratelli", alla cui origine c'è un padre e a seguire dei fratelli ...
In questo modo il vincolo famigliare si dilata e trasfigura nella appartenenza reciproca. Questa condizione non è legale, cioè non discende dalle leggi di Israele, ma si genera nel porsi a servizio dell'altro, recuperando l'indole di appartenenza nell'amore propria del Maestro che non è venuto per farsi servire ma per servire. In queste parole riecheggia il brano del capitolo 13 di Giovanni, della lavanda dei piedi. Quando ci laviamo i piedi l'un l'altro, diventiamo fratelli.

venerdì 19 agosto 2016

Ezechiele 37,1-14 e Matteo 22,34-40
Cristiani "chewing gum"


I cristiani di oggi: "tipi di gomma", che puoi masticarli, si trasformano ma non si modificano. L'eredità di scribi e farisei è passata in "toto"al popolo di Dio, e così come allora ci si interrogava sulla grandezza del comandamento, oggi ci si interroga sul compiere la volontà di Dio. I termini sono diversi ma il contenuto non cambia. Siamo bravissimi nell'allenarci all'elasticità rispetto alle parole del Signore, esse rimbalzano su di noi come su un "chewing gum" che se anche è plasmato dalla parola in realtà è talmente elastico che l'effetto rimbalza e non si imprime stabilmente. Quelle parole: "amare Dio con tutto il tuo cuore, tutta la tua anima e con tutta la tua mente; e amare il prossimo tuo come /se stessi", continuano a rimbalzare su di noi come su una gomma da masticare. Quelle parole le intendiamo come un comando a cui corrispondere una serie di atteggiamenti morali: le azioni mosse dalla carità. Invece esse pongono una condizione esistenziale. Questa è la novità evangelica, che supera il moralismo etico; la "gomma" occorre vulcanizzarla!

giovedì 18 agosto 2016

Ezechiele, 36,23-28 e Matteo 22,1-14
Una tavola già apparecchiata ... non ci interessa

Gesù sapeva bene come suscitare il desiderio; nella parabola del banchetto nuziale; chi di fronte alla proposta di andare a tavola già apparecchiata e senza nulla dover pagare, si sarebbe rifiutato? Ma questa non è l'immagine del regno e neppure l'intento della parabola. Il regno è il banchetto di nozze per il figlio; un regno che trova espressione e manifestazione proprio attraverso la commensalità con il Figlio. Rifiutare il banchetto di nozze è rifiutare il Figlio; entrare al banchetto senza l'abito nuziale è mancanza di amore al Figlio. Se un uomo non è parte del banchetto di nozze, causa la priorità rovina, il regno allora nelle parole di Gesù è invito alla salvezza. Il Figlio, rende efficace la festa di nozze, una festa che il Padre ha aperto a tutti, nessuno escluso. La salvezza è diretta a tutti, è un invito aperto e non selettivo, ma per questo non senza il valore apportato da chi accetta l'invito. L'abito nuziale è la condizione nuova che la salvezza è capace di realizzare per esistere in modo salvato indosso a un uomo che vive l'invito alle nozze come un evento esistenziale.

mercoledì 17 agosto 2016

Ezechiele 34,1-11 e Matteo 20,1-16
Senza meritocrazia? No, ma, un nuovo "metro" di merito!


Un'altra parabola circa il regno dei cieli, con un taglio che sembra annullare ogni concetto di merito. In realtà il concetto di merito non è espressione della benevolenza e impegno dei singoli, ma è la risposta alla richiesta del padrone del campo (il merito è il rispondere). Rielaborare il concetto di merito a partire da colui che chiama; se la mia risposta è all'inizio del cammino per il regno, il merito è corrispondere a quella chiamata, e se è dall'inizio, grande è il merito. Se la risposta è al termine del cammino, minore sarà quindi il merito. Noi rispetto al merito, chiediamo un contraccambio; nella logica del regno dei cieli non esistono contraccambi, nemmeno la paga giornaliera è il tanto desiderato contraccambio. Essa invece rappresenta il nostro essenziale nutrimento, ciò di cui nessuno può fare a meno; il padrone, lo sa bene, per cui a tutti provvede di quella unica moneta che è la sua "cosa"preziosa: la sua misericordia, senza di essa nessuno può vivere ed esistere. La paga non è la giusta ricompensa per dei meriti acquisiti.

martedì 16 agosto 2016

Ezechiele 28,1-10 e Matteo 19,23-30
Ecco, noi abbiamo abbandonato tutto ... O niente!


Pietro, a causa dell'amicizia con Gesù, si è coinvolto in una vicenda talmente impegnativa che ha lasciato la società di pesca, le barche, le reti, i compagni, portando con se il fratello Andrea e altri amici. Questa rinuncia, non è pacifica, non è ancora compensata nella logica della gratuità, del dono e del servire; la sua domanda allora non è retorica o fuori luogo: "noi abbiamo abbandonato tutte le cose e abbiamo seguito te; che cosa dunque sarà a noi?" Ma anche la risposta di Gesù non è così neutra; tutto d'ora in poi si misura nella relazione con Lui, il Signore. La pretesa di Gesù è di essere il criterio ultimo di ogni esperienza, di ogni decisione, di ogni speranza, perché con lui inizia la nuova creazione. Con Gesù i discepoli sono coinvolti in una "storia nuova" dove non c'è spazio per il compromesso con la ricchezza, e con l'attaccamento morboso alle cose e alle persone.  
Le domande che ci ritornano sono: la ricchezza è una condizione esclusiva o uno strumento per il bene comune? Se tu sei ricco e tuo fratello è povero, la tua ricchezza a cosa serve? Lasciare vuol dire perdere oppure essere Libero? Libertà dal possesso e la libertà nell'amore: tutto questo non è semplicemente una rinuncia. La libertà nell'amare è l'esperienza più bella e importante della nostra maturità umana.

lunedì 15 agosto 2016

Apocalisse 11,19; 12,16.10 / Salmo 44 / 1Corinzi 15,20-26 / Luca 1,39-56
Solennità di Maria Assunta al cielo
La bellezza incontaminata

(...) In questa solennità, cioè in questa liturgia in cui noi cristiani cattolici viviamo attraverso l'Eucaristia un evento che ha segnato la fede della Chiesa, diamo testimonianza della certezza della beata condizione di Maria, a causa della sua santità personale, cioè della sua bellezza di donna,  come creatura e di madre del Salvatore e della Chiesa.
Credo che il Vangelo di Luca nella forma che ci è giunto non abbia nessuna pretesa di riportarci esattamente le parole della Vergine Maria, ma certamente ci riconduce alla consapevolezza originaria di Maria e della Chiesa: "Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome. Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono ...."
La sua misericordia, il suo amore fedele che non viene meno, è sopra coloro che lo temono, che vivono del timore del Suo santo nome; cioè vivono nella Sua presenza, nella Sua amicizia, nella Sua compassione e tenerezza. Ciò che di grande riconosce in se stessa, Maria, è la bellezza di un cuore capace di accogliere il timore del Signore.
Maria scopre la sua bellezza in quanto arca dell'alleanza, dimora del verbo, inabitata dal Spirito del Signore...
tutta la vita della Madonna è Santa perché cerca di essere la risposta umana di una donna alla bellezza di Dio in lei.
A questo punto, senza certezza razionale o scientifica, posso solo affermare che Maria si è addormentata nella morte per essere assunta al cielo in corpo e anima perché è semplicemente la bellezza della madre di Dio che ci è stata donata nel tempo, ma non era per il tempo e proprio perché bellezza, non poteva essere deturpata.
Noi siamo capaci di abbruttire la bellezza con il peccato e le nostre umane fragilità, Maria non deve essere deturpata perché la bellezza è il mistero di Dio che ci è stato affidato e donato, ma che ci mostra anche la via per il cielo. La donna Maria ha gustato le grandi opere di Dio Padre in Lei ... Ha desiderato essere santa come Dio l'aveva pensata e voluta, ora sale al cielo come primizia del nostro destino di figli.

domenica 14 agosto 2016

Geremia 38.4-6.8-10 / Salmo 39 / Ebrei 12,1-4 / Luca 12,49-53
Da bravi piromani ... mettiamo a fuoco il mondo!

"Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli". Sono queste le parole usate da Papa Francesco sulle crisi internazionali. Il Pontefice ha denunciato l'efferatezza delle guerre non convenzionali e che sia stato raggiunto "un livello di crudeltà spaventosa" di cui spesso sono vittime civili inermi, donne e bambini. "La tortura è diventata un mezzo quasi ordinario". Questi "sono i frutti della guerra, qui siamo in guerra, è una Terza guerra mondiale ma a pezzi". Quanti sono i conflitti oggi nel mondo? Se attraversiamo i cinque continenti possiamo renderci conto che il mondo è a ferro e fuoco... Un fuoco di distruzione, di male e disumanità.
Le guerre del mondo ... dai conflitti che travagliano il mondo islamico, a quelli contro gli estremismi islamici, contro i trafficanti di droga e contro tantissime sigle estremiste, integraliste e terroriste ... Per poi passare alla guerra dei poveri, quella della sopravvivenza delle masse di profughi, esiliati e migranti ...
Ma non è questo il fuoco che Gesù è venuto a portare nel mondo, e del quale vorrebbe infiammare ogni cosa.
Il fuoco di Gesù è l'ardore, la passione che nasce nel discepolo quando scopre che la parola di Gesù è quella forza nuova che sola è capace di rimettere apposto un po' le cose. Il cristiano nel mondo non porta il fuoco della distruzione ma il fuoco della passione per l'uomo.
Non posso avere paura e disprezzo per un profugo; non posso neppure tacitare la mia coscienza con 5, 10, 15 euro al mese che invio in Siria per i cristiani di Aleppo... Il fuoco di Gesù esprime amore all'uomo, e anche compassione per le sue ferite. Il fuoco è passione, interesse e anche comprensione della realtà...
Il fuoco di cui parla Gesù è il fuoco dello Spirito dell'amore, che arde e brucia per generare la novità del Regno di Dio.
Il fuoco di cui parla Gesù è quel fuoco che è custodito in ogni comunità parrocchiale, perché li il Signore lo ha gettato nel mondo; ma forse è coperto dalla cenere della "fiacca pastorale", dalla cenere della nostra pigrizia ed inerzia.
Nelle parole di Gesù non c'è giudizio di distruzione, ma desiderio di suscitare il Regno di Dio. Se il desiderio di Gesù arde nel cuore dei discepoli, è inevitabile che la realtà del mondo, in cui il principe del mondo regna, si avventi con ira e prepotenza per spegnere il fuoco dello Spirito gettato dal Signore.
Occorre che da oggi alimentiamo il fuoco di Cristo con le braci e la lega della comunione, della fraternità, della fedeltà, dell'impegno, del dono, della gratuità ... Solo così la comunità è fuoco che arde senza distruggere ma rivelando l'amore di Dio e il suo esistere. Quel roveto che arde e non si consuma e non distrugge ... Quel fuoco di Dio è il fuoco che Gesù ci affida per incendiare il mondo ...
Questo incendio sarà la pace ... Una pace che nasce nell'immergere nella realtà tutto di noi, con lo stesso stile di Gesù: "Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!" Con questa determinazione la pace vincerà le divisioni di questa terza guerra mondiale.

sabato 13 agosto 2016

Esechiele 18,1-32 e Matteo 19,13-15
Se ... egli è giusto ed egli vivrà, ...


"Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo ... Convertitevi e vivrete"
Quando pensiamo alle opere di misericordia, ne intuiamo la portata del "fare" come veicolo della grazia, ma forse non esplicitiamo realmente come quel fare non agisce solo esternamente a noi, ma è condizione ed espressione di conversione. La conversione non è semplice cambiamento, ma è un modo di vivere; la conversione non è una presa di coscienza ma è una rivoluzione del pensiero; la conversione attraverso la misericordia non è esercizio di bontà ma creazione di un cuore nuovo da parte di Dio. Nelle opere di misericordia Dio non solo agisce per mezzo di noi, ma opera e continua quella creazione in cristo che è dal principio. Forse solo i bambini possono intenderla ...

venerdì 12 agosto 2016

Ezechiele 16,1-15.60.63 e Matteo 19,3-12
... io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità ...


Il brano di Ezeciele di questa mattina merita proprio di essere meditato per rileggere attraverso questa parola la nostra storia personale; la storia di Israele diviene immagine di ogni uomo e donna e del patto di alleanza che Dio stabilisce con il suo popolo e con ciascuno. Ma questa immagine non solo descrive e racconta, ma stabilisce un criterio di fedeltà che ci deve sempre accompagnare. La nostra vita è lo spazio della fedeltà, le nostre azioni, desideri e scelte sono realtà che esprimono la fedeltà a Dio e tra noi stessi. Anche il Vangelo ci riporta all'origine della fedeltà: l'amore tra uomo e donna è infatti ben di pio di una unione psico-affettiva che compensa la fragile solitudine esistenziale; essa rappresenta l'origine della comunione che rende efficace l'esperienza di fedeltà della coppia. L'amore esige fedeltà oltre ai sentimenti.

giovedì 11 agosto 2016

Ezechiele 12,2-12 e Matteo 18,21-19,1
Come un esiliato ...


Ezechiele è per Israele un segno, il segno dell'esule, della tribolazione che colpirà il popolo e l'intera nazione: "Fa’ alla loro presenza un’apertura nel muro ed esci di lì. Alla loro presenza mettiti il bagaglio sulle spalle ed esci nell’oscurità. Ti coprirai la faccia, in modo da non vedere il paese, perché io ho fatto di te un simbolo per gli Israeliti".
I profughi e gli esuli, sono un segno? Non saranno anche per noi un segno come lo è stato Ezechiele? Il segno da guardare l'uomo nella sua sofferenza e fragilità, l'uomo in balia delle ingiustizie e delle discriminazioni frutto delle "politiche" delle nazioni. Il segno di un uomo che cerca i fratelli e trova fratellastri. La fraternità (quella che impariamo dal Vangelo di oggi) supera e appiana ogni differenza e distinzione.

mercoledì 10 agosto 2016

2 Corinzi 9,6-10 e Giovanni 12,24-26
Dio ama chi dona con gioia.


Come buon seme di grano e della parola, a tutti noi è chiesto di moltiplicare il nostro frutto, morire nelle opere per risorgere nei frutti. È con questo sguardo che l'apostolato e ogni ministero, ordinato e laicale diviene espressine e appartenenza al Regno dei Cieli.
Perdere la vita, può essere anche il martirio, ma è prima di tutto "donare con gioia" cioè con generosa gratuità; perché perdendo in tal modo la vita, la si genera per l'eternità.
La gioia infatti non è di un momento, ma è parte dell'amore del Padre.

martedì 9 agosto 2016

Osea 2,16.17.21.22 e Matteo 25,1-13
Santa Teresa Benedetta della Croce
Ti farò mia sposa ...pure io!

La condizione sponsale non si esaurisce nella condizione di fedeltà sancito dal patto, ma è il continuo riaffermarsi della passione del primo amore. Nella parabola delle vergini, la correttezza morale e degli atteggiamenti delle vergini prevale rispetto al desiderio di essere parte con l'amato. La relazione umana che si stabilisce con Cristo rispetto e attraverso la Chiesa, è una relazione sponsale; se è una relazione viva, ogni momento della vita trasuda di passione per il Signore. Ogni giorno diventa il giorno in cui Lui arriva e ci conduce, dentro, alla festa di nozze, diversamente non è sponsalità ma una convivenza, uno stare puramente assieme. Convivere sarà pure bello ma nulla ha a che vedere con la possibilità che la sponsalità porta in sé: amare nella verità.

lunedì 8 agosto 2016

Ezechiele 1,2-5.24-28 e Matteo 17,22-27
Passione, morte e risurrezione ...


Devo confessarlo, non riesco a immaginare cosa abbia potuto rappresentare un annuncio come questo,ascoltato da un discepolo. Matteo ci dice "tristezza" io credo anche una sorta di ribellione, di rabbia. Nessuno infatti è disposto ad accettare che il "mistero di Dio" (ciò che Dio è) passi attraverso la consegna (cattura), la morte e la risurrezione, della quale ci manca totalmente l'esperienza. Ci sono esperienza che si impongono nella vita, alcune si impongono per necessità, altre si impongono perché sono una "gloria", quindi secondo la logica dello Spirito e non della ragione. Gesù, per farlo capire a Pietro, lo costringe a confrontarsi con le tasse del tempio, ma proprio dove si comprende la logica puramente umana,  si insinua la possibilità dello Spirito, cioè quella moneta che lega nel riscatto dalle tasse Pietro a Gesù: "... va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te". La passione, morte e risurrezione sono l'esperienza, la gloria, che ci associa a Gesù, al mistero di Dio.

domenica 7 agosto 2016

Sapienza 18,6-9 / Salmo 32 / Ebrei 11,1-19 / Luca 12,32-48
Realizziamo il Regno!


Attraverso una descrizione parabolica Gesù descrive come il Regno prende forma, ma l'evidenza più importante è che il Padre lo ha affidato al "piccolo gregge della chiesa". È infatti con stupore e anche con diffidenza che Pietro interviene chiedendo se tutto ciò è per tutti o solo per i discepoli più stretti ... È una distrazione dall'obbiettivo. Le parole di Gesù vogliono centrare il regno nel suo divenire. La comunità realizza il Regno nel suo modo di determinarsi e di essere. La qualità di essere "piccolo gregge" corrisponde all'idea del segno che non verrà mai meno. Il regno non verrà mai meno perché ci sarà sempre un piccolo gregge che farà del Vangelo lo stile di vita: la libertà dal possesso delle cose; l'elemosina come espressine di ciò che sono disposto a donare gratuitamente; un cuore che trova casa in ciò che è prezioso, cioè in Dio stesso e che sta in ascolto della Parola.

sabato 6 agosto 2016

Daniele 7,9-14 e Luca 9,28-36
Festa della Trasfigurazione
... Rimase Gesù solo ...


Dopo tutto, ancor prima di ogni possibile commento o interpretazione, i Vangeli ci riportano questa immagine di unicità, che non è solitudine. La visione gloriosa, il volto cambiato, la luminosità del vestito, gli ospiti straordinari, la piacevolezza della condizione, la voce stessa di Dio ... ebbene tutto questo non si annulla e non sparisce ma si concentra in Gesù stesso, tutto questo è parte di quel Gesù della storia, uomo e Dio, verbo incarnato! È da lui che dobbiamo sempre ripartire per riconoscere lo straordinario di Dio nell'ordinario del quotidiano; è da lui che dobbiamo iniziare a vivere in modo trasfigurato, ed è sempre da lui che dobbiamo iniziare ad ascoltare l'amato, come dice il padre. La trasfigurazione in realtà è una piacevole esperienza di immersione nella bellezza!

venerdì 5 agosto 2016

Naum 2,1.3; 3,1-7 e Matteo 16,24-28
Il valore della vita

Il Figlio dell'uomo "renderà a ciascuno secondo le sue azioni". Le nostre azioni prima ancora di essere buone o cattive sono espressione della nostra vita. Il giudizio del Figlio dell'uomo, che viene nella gloria, rende presente ed attuale lo stesso giudizio di Dio Padre. In questa oggettività, la nostra vita viene in un certo qualmodo "pesata, valutata ... resa" in ragione della sua stessa qualità: "...  che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?"
Una vita persa, ovvero resa a Cristo, al figlio dell'uomo, è una vita pienamente ritrovata.
Nel giudizio infatti la condizione peggiore è aver disperso la propria vita dietro a mille suggestioni o mille interessi che sono i modi in cui ciascuno cerca di "salvare se stesso".
La sequela di Gesù conduce progressivamente e gradualmente al Figlio dell'uomo, ma anche alla vita persa per causa sua!

giovedì 4 agosto 2016

Geremia 31,31-34 e Matteo 16,13-23
... Edificherò la mia Chiesa!


Sentire queste parole dalla bocca di Gesù è estremamente consolante, perché toglie ogni dubbio circa la Chiesa e la sua origine. La Chiesa è la risposta di amore di Gesù a Pietro. Lui che, finalmente, è riuscito a dire chi è e cosa rappresenta per lui il maestro, ora si sente abbracciato dal Signore in un patto eterno: "tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa..."
In queste parole, Pietro, può sentire la fiducia eterna che Gesù gli riconosce, e la presenza per sempre del maestro. Pietro riconosce, un dono di amicizia (a te darò ...) che supera ogni aspettativa (le chiavi ... sciogliere e legare ...). La chiesa si mostra, ora, non come istituzione umana o come sola realtà di Dio, ma come segno e strumento, nel tempo, per la vita dell'uomo, per la redenzione che si realizza nella vittoria sul male. Come dice il Concilio Vaticano II, "chi sei Chiesa?"
La chiesa è "Sacramento universale di salvezza" perché Pietro ha detto di Gesù: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente".

mercoledì 3 agosto 2016

Geremia 31,1-7 e Matteo 15,21-28
Ti ho amato di amore eterno...

L'amore fedele è ciò che esprime la misericordia di Dio, nonostante le vicende umane e le complicazioni della storia, Israele è per Yhwh la sola amata del cuore.  È per questa fedeltà, sperata, desiderata e vissuta dal popolo, che Gesù può a ragione dire di essere inviato solo alle pecore perdute della casa di Israele; come pure, accogliere l'atto di fede di una donna cananea che grida a lui per dire tutto l'amore per la figlia. 

martedì 2 agosto 2016

Geremia 30,1-22 e Matteo 14,22-36
Camminare sulle acque

La fede è camminare sulle acque. Pietro quando ha fede in Gesù cammina con entusiasmo, quando Pietro dubita sprofonda nella sua stessa fede ... Questa pagina del vangelo è una bella descrizione dei nostri "moti di fede"... Di come la nostra fede oscilla tra gli atti di ragione e gli slanci degli affetti; tra lo stupore dei segni e dei miracoli e la paura dei limiti e delle nostre fragilità.
Gesù non esprime un giudizio sulla fede di Pietro ... Lo interroga solo nel rendersi conto dei suoi dubbi ... I dubbi diventano una "strana" occasione ... Gesù tende una mano e non smette di ripetete il primo "vieni..." La nostra fede non può essere fatta di cetrezze ... Sarebbe razionslismo. La nostra fede è fatta di prossimità e di quella parola di Gesu che ci avvicina a Lui, di quel gesto di Gesù che ci unisce a lui: è la sua mano tesa che genera la nostra fede.

lunedì 1 agosto 2016

Geremia 28,1-17 e Matteo 14,13-21
La folla e Gesù


Cinquemila di allora mangiarono i pani ... Oggi una folla di corrispondente entità ascolta ancora la ha parola è ancora mangia di quel pane che condiviso tra tutti è comunione.
Le folle della GMG attorno a Papa Francesco ci riportano alla riva del lago di Tiberiade, a Tabga, dove nella folla si prefigura il segno e non solo l'immagine del popolo di Dio, della Chiesa. Il segno della folla non è dato per gratificare, o per suscitare timore o per esprimere forza e potenza; la folla di uomini, donne e bambini, sono i figli che Dio Padre ama, quella folla che solo dopo il cammino nel deserto diventerà popolo di Dio; il popolo da Lui guidato, verso la vita eterna. Il pane e la parola sono in questo senso viatico perenne del cammino. Noi non siamo folla e neppure popolo di Dio se non a partire dalla Parola che ci convoca e dal pane che ci genera nella comunione per essere un solo corpo e un solo spirito. "Egli faccia di noi un sacrificio perenne a Te gradito, (...), per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo".