mercoledì 30 novembre 2016

Romani 10,9-18 e Matteo 4,18-22
Gesù vide ... e subito lo seguirono!


Questo brano del Vangelo di Matteo, risuona sempre con un fascino tutto suo, la Parola, oggi suggerisce di riflettere circa l'essere guardato. Essere visto da Gesù, sentirsi nel suo sguardo, assume nella mia vita una consapevolezza tutta particolare: quando io stesso vedo, guardo, qualcuno, qualcosa, ciò che è guardato e visto non mi è mai indifferente; stabilisco infatti una preferenza che ne determina una permanenza; essere visto è quindi un sentirsi abbracciati dallo sguardo di Dio. "Così amati", Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, reagiscono con un "subito" (come il Vangelo annota), essi ... corrisposero al Signore, lo seguirono, non si sottrassero più dal suo sguardo. Pure noi, con i nostri "subito" restiamo nel suo vedere!

martedì 29 novembre 2016

Isaia 11,1-10 e Luca 10,21-24
Ai suoi discepoli, in disparte, ...


Quasi una confidenza, ma anche un mettere i discepoli di fronte alla realtà: "... voi vedete, voi ascoltate ..."
Gli occhi di re e profeti non videro il volto del figlio dell'uomo.
La nostra unità con il Signore a Gesù ci colloca dentro uno sguardo che supera ogni nostra miopia, è lo sguardo della fede; ci apre a un ascolto che supera ogni nostra sordità e si fa attento ad ogni voce: alla voce della Parola e alla voce di ogni uomo. Vedere e ascoltare Gesù trascende, cioè va oltre la fisicità del vedere e ascoltare, e trasforma i nostri sensi in uno spazio di mistero, uno spazio in cui il mistero di Dio può essere accolto. Ed è proprio per questo che le parole di Gesù si soffermano sulla conoscenza di Lui, nessuno lo conosce e nessuno può conoscere Dio se non a partire da una intimità umana convissuta e condivisa. Lo spazio esistenziale di questa intimità è la preghiera, il servizio e la carità!

lunedì 28 novembre 2016

Isaia 2,1-5 (oppure Isaia 4,2-6) e Matteo 8,5-11
Una fede così grande ...


Che cosa ha di speciale questo centurione? Quale "fede così grande" possiede?
Credo che questo soldato romano, abbia dimostrato a Gesù prima di tutto quanto per lui l'amicizia/amore verso quel servo/amico era importante, e soprattutto quanto il "venire e guarire del Signore" rappresentasse non un semplice entrare nella sua casa e compiere un miracolo (livello normale di comprensione), ma il "venire" di Gesù era già anticipato come presenza nell'amicizia/amore, e il "guarire" era la salvezza che si esprimeva nella fedeltà, rispetto al servo/amico.
La venuta del Signore, è già, e realmente, dentro le nostre relazioni, in ciò che siamo, nel cammino di fede che siamo disposti a percorrere. Con lo sguardo del centurione anche noi possiamo "vedere" già la venuta di Gesù. Con Isaia oggi: "... Camminiamo nella luce del Signore".

domenica 27 novembre 2016

Isaia 2,1-5 / Salmo 121 / Romani 13,11-14 / Matteo 24,37-44
Un arrivo improvviso ... ma atteso!

Uno sguardo preoccupato, ma forse è lo sguardo di molti cristiani, vedrebbe la venuta del figlio dell'uomo come una catastrofe, una sciagura.
Gesù non vuole suscitare la nostra paura circa l'attesa, ma metterci in guardia da noi stessi e dalla nostra durezza di cuore e ottusità.
Una visione cristiana della venuta del figlio dell'uomo è cogliere nella improvvisa sua venuta il compiersi di una attesa buona, desiderata, positiva.
Una attesa buona: come quella di noi cristiani che impieghiamo questi 60,70,80 anni, cioè lo spazio della vita, per riempirli di bene, di gioia, di ricerca di verità. 
Saper attendere è realmente fare fruttare,  in quel tempo, la moneta d'oro ricevuta; usare il tempo affinché la nostra vita sia ricca di opere buone, di frutti. I credenti che disattendono ai loro frutti, non attendono più nessuno, se non la loro inevitabile morte.
Una attesa desiderata: "Vieni signore Gesù, Marana tha", è quella del cristiano innamorato, come l'attesa del giovane che che, sotto casa, in macchina aspetta l'arrivo della fidanzata ... Proviamo a fare memoria ... quanti sguardi allo specchio, quante frasi ripassate, quanti cambi di abbigliamento ... Il desiderio di Dio si coltiva con tanti atteggiamenti e cura dei particolari che sono parte della nostra vita, al di fuori non si coltiva nulla ... Se non l'indifferenza.
Una attesa positiva: noi abbiamo bisogno che Dio in Gesù ci si accusati, si faccia nostro compagno e che assuma le sembianze e "l'immagine e somiglianza" dei piccoli, dei poveri, degli abbandonati. Ne abbiamo bisogno perché solo così riconosceremo l'atteso!

sabato 26 novembre 2016

Apocalisse 22,1-7 e Luca ,34-36
Marana tha! Vieni, Signore Gesù


Queste sono le parole conclusive del libro dell'Apocalisse, esse rappresentano la condizione del discepolo dopo aver letto e ascoltato la parola, tutto diventa per lui attesa e desiderio del suo Signore.
Lo sguardo sulla realtà, riesce anche a trasfigurare la storia e gli avvenimenti è tutto prefigura il suo compimento: "... non più maledizione; ... Non vi sarà più notte; ... Non più lampada o luce di sole ..."; perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli. Ora possiamo comparire davanti al figlio dell'uomo.

venerdì 25 novembre 2016

Apocalisse 20,1-4.11-21,2 e Luca 21,29-33
Ispirazione delle scritture...

È nello "spazio" di queste parole (letture di oggi) che possiamo comprende cosa sia l'ispirazione delle scritture.
Scritti per una funzione di insegnamento didattico? Per una indicazione morale? Oppure per esprimere un contenuto teologico o catechetico?
Credo per nessuna di queste nobilissime funzioni. Per l'evangelista, tutte Le parole di Gesù (e qui l'evangelista si pone in relazione con tutta la narrazione dei quattro vangeli), sono sintetizzate in questa frase: "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno", cioè non solo non verranno dimenticate, ma quelle parole risuoneranno in eterno come "Parola fatta carne". L'ispirazione della scrittura è la possibilità inaudita di quelle parole di rappresentarci al presente, svelandolo, lo stesso mistero di Dio. Nello stessa condizione, Apocalisse, trova nelle parole di Gesù la possibilità di essere, non l'insieme di visioni, ma lo spazio in cui la realtà, attraverso le immagini e i segni, costantemente si rigenera nella narrazione della storia della salvezza. La fatica di leggere l'Apocalisse è proprio questa, quella di voler a tutti i costi interpretare in modo categorico le immagini ... Attenzione, quelle immagini sono linguaggio di Dio, pensiero di Dio. Che cosa stupenda è la Scrittura, sua Parola!

giovedì 24 novembre 2016

Apocalisse 18,1-2.21-23; 19,1-3.9 e Luca 21,30-28
Dalle immagini alla realtà ...

Risulta difficile non scivolare nelle tentazione di interpretare in modo storico una immagine come quella di "Babilonia la grande"; il rischio è appunto quello di trasformare un simbolo è una immagine apocalittica in un fatto contingente, mentre l'immagine è trasversale rispetto agli avvenimenti della storia. Ugualmente però ogni avvenimento della storia va accostato alle immagini apocalittiche e da queste riceve inevitabilmente luce per il discernimento. In questo modo il Vangelo di oggi può essere riletto e meditato. Le parole apocalittiche di Gesù risuonano in una realtà che è quella dell'assedio e della distruzione di Gerusalemme dell'anno 70 dC. Da questo contatto emerge l'atteggiamento del discepolo che certo della fede in Cristo si pone con stabilità dentro la storia, per testimoniare la liberazione dal male e dalla corruzione del peccato. Il discepolo è colui che "si alza e leva la testa, verso liberazione ormai vicina". Il nostro sguardo, Signore, si alza verso il cielo da dove a me verrai!

mercoledì 23 novembre 2016

Apocalisse 15,1-4 e Luca 21,12-19
Salvare l'anima ...


L'immagine del libro dell'Apocalisse ci introduce nella visione della salvezza realizzata: è stata sconfitta la bestia e il suo numero. Questa è la certezza che accompagna il giudizio di Dio, alla fine, tutti verranno ad adorare e si prostreranno al cospetto di Dio, tutto ciò è immagine dei salvati.
A questa immagine (apocalittica) di un genere letterario non più consono ai nostri stili, accostiamo le parole del Signore del Vangelo di Luca. Ai segni dei tempi, si accosta il segno della testimonianza e della perseveranza. Il valore della testimonianza supera ogni avversità, è infatti nella testimonianza che noi ci giochiamo la salvezza. Cioè la salvezza che è dono gratuito, immeritato, del Signore, trova nella testimonianza lo spazio della realizzazione personale. Nella testimonianza la salvezza si concretizza e ci fa partecipare a quella visione gloriosa di Apocalisse.

martedì 22 novembre 2016

Apocalisse 14,14-19 e Luca 21,5-11
... e dal cielo segni grandi ci saranno!


La comprensione dei "segni dei tempi" non deve sottrarci alla compressione del "Dio con noi". Tutta la storia del mondo, da sempre, come pure la nostra storia e la nostra vita, sono nel travaglio di un "parto". Questo evento corrisponderà alla piena manifestazione del Signore "nel suo giorno", quando, le messi della terra e la vigne della terra saranno mietute e vendemmiate.
Portare Gesù nella vita fa parte del travaglio, fa parte della nostra possibilità di maturare i frutti della mietitura e della vendemmia. La stessa vita di fede, cioè la nostra testimonianza di credenti, è lo spazio nel tempo in cui i "segni" vengono gettati per ravvivare l'attesa ma anche esaltare la presenza di Gesù con noi, egli che mai si stanca di accostarsi al mostro cammino. Viviamo quindi nel presente una attesa di realtà, e non di semplice desiderio!

lunedì 21 novembre 2016

Apocalisse 14,1-3.4-5 e Luca 21,1-4
Nessuno comprendeva quel canto ...

"E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra." Queste parole del quattordicesimo capitolo dell'Apocalisse, quasi quasi  ... suggeriscono il modo ci accostarci ai fatti e alla vita della Chiesa dei nostri giorni. Ieri è stato chiuso l'Anno Santo, al canto dell'inno del giubileo, "Misericordes sicut Pater!", misericordiosi come il Padre ... Un canto nuovo che pervade la Chiesa, ma che non tutti riescono ad intendere, forse troppo timorosi che la misericordia cancelli la giustizia di Dio. Ma questa "Ecclesia semper reformanda est", trova nei moti di rinnovamento la forza di mettere se stessa, due spiccioli, nel tesoro della grazia di Dio, per trarne tutto il beneficio possibile per ogni uomo. Questa Chiesa che non vive per se stessa è la Chiesa sposa di Cristo che vive di Lui e per lui: "La Chiesa, cioè il regno di Cristo già pre­sente in mistero" (Lumen Gentium, n. 3)".

domenica 20 novembre 2016

2 Samuele 5,1-3 / Salmo 121 / Colossesi 1,12-20 / Luca 23,35-43
"Salva te stesso"


Silvano Fausti, che ora è nella gloria, scriveva: "Gesù è religiosamente un maledetto, politicamente un impotente, personalmente un fallito ..."
Ma, proprio per questo è veramente il Re, Lui salva prima di tutto gli altri,  quelli che il Padre gli ha affidato, assicurandogli, .. sembra ..., che nulla sarebbe andato perduto.
La regalità di Cristo, che oggi la liturgia ci fa conoscere, non è un privilegio, ma è il modo migliore per esprimere il servizio di amore.
È una regalità che si fa storia, che diventa il re atteso, il vero re Davide.
É una regalità che diventa carne per accogliere Dio, fino ad essere il Dio e Re crocifisso. È una regalità che trova una "immagine e somiglianza" in ogni uomo "immagine e somiglianza" di quel Re.
Dove si esprime la regalità?
Si esprime in quel dialogo tra due crocifissi, il Figlio di Dio e il Ladrone.
Il dialogo sulla croce tra Gesù e il ladrone, ora possiamo rileggerlo scoprendovi un senso misterioso che svela la nostra identità e dignità umana.
Da queste parole comprendiamo tutto ciò che c'è da sapere sulla regalità, su quella di Cristo e sulla nostra: "in verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso!"
"In verità" (amen): questa è una legge immodificabile, stabile! ... "Promulgo per tutto il mio regno che ..."
"Io ti dico": siamo di fronte a un decreto, a una autorità che determina ciò che vale per tutti.  ... "Oggi": questo tempo di salvezza inizia adesso, per tutto ciò che mi appartiene, per ogni suddito, io dispongo che ..."
"Con me sarai": "la garanzia della nostra salvezza è la sua misericordia, il suo essere Dio con noi" ... "Chi viene a me non lo respingerò perché sono venuto per salvare e non per condannare ...". Gesù ci viene a cercare fin sulla croce, dove noi siamo inchiodati dai nostri peccati.
"In paradiso": "la condivisione dello stesso destino di morte ci accomuna nello stesso destino di gloria" ... "La condivisione dell'amore ci fa pregustare il paradiso come possibilità eterna di vivere nell'amore".
La regalità di Gesù determina la condizione nuova ed eterna per cui anche un ladro, uno scarto, un colpevole, può, anzi è il primo che viene salvato.
Gesù non poteva salvare se stesso, perché prima doveva salvare quel ladrone, ma salvando lui, ha salvato tutti, e tutti ha unto con l'olio dell'amore come Re.

sabato 19 novembre 2016

Apocalisse 11,4-12 e Luca 20,27-40
Dopo tre giorni e mezzo ...


La testimonianza, non può soccombere alla Bestia! Questo è il senso più immediato dell'immagine di Apocalisse; coloro che sono testimoni della Gloria, della Presenza, cioè della Misericordia di colui che siede sul trono, questi, in forza della testimonianza sono figli della risurrezione e sono figli di Dio, quindi non possono morire. È in questo stretto legame che possiamo dare sintesi alla Parola di oggi. La nostra testimonianza di amore a Dio, va ben oltre il nostro desiderio e volontà di corrispondere alla scelta di fede. La testimonianza rappresenta lo spazio della presenza di Dio in noi e con noi; quindi non è solo un esempio, perché la Presenza che porta con sé tutto il mistero di vita che è il "Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe". Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui. Quando quindi, avremo concluso la nostra testimonianza, dopo tre giorni e mezzo il soffio di vita entrerà in noi e ci alzeremo in piedi, pure noi! Non possiamo escluderci dall'immagine di Apocalisse!

venerdì 18 novembre 2016

Apocalisse 10,8-11 e Luca 19,45-48
Quel libro dolce e amaro

Quando vengono sciolti i sette sigilli del "libro" (rotolo), assistiamo a un susseguirsi di immagini e di simboli, che ci conducono progressivamente al compiersi del tempo, al giudizio del Signore su quanto esiste e vive. Quel libro custodisce in se la storia dell'umanità è quella della salvezza, in un "unicum" di straordinario mistero. Vivere la vita e la salvezza significa nutrirsi di tali eventi, non lasciare che essi ci passino sopra la testa oppure che noi ne restiamo indifferenti o inermi. Dolcezza e ammarezza descrivono correttamente la gioia e la fragilità, la pienezza e il limite, l'amore e l'odio, la vita e la morte. Un contrasto che è parte di ciò che siamo; ma ugualmente un contrasto che non si conclude nelle nostre viscere, ma che e ci proietta nel compimento. Il nostro esistere contiene già da ora in segno della gloria di Dio.

giovedì 17 novembre 2016

Apocalisse 5,1-10 e Luca 19,41-44
Il libro con sette sigilli ...

Un'altra immagine antica legata all'idea della conoscenza della verità di ciò che deve accadere ... Comprendere le chiavi di lettura velate nelle immagini non è cosa facile, l'idea del libro suggerisce che la vicenda umana, della storia e del tempo, cioè tutto ciò che viviamo nel tempo ha un ruolo importante rispetto alla rivelazione di Dio. Gli avvenimenti della storia, il susseguirsi del tempo altro non è che il cammino della "salvezza", cioè il modo in cui la redenzione porta a compimento il progetto di amore di Dio e rende "il tutto" capace di esprimere la trascendenza che racchiude, il suo destino di eternità. Anche le lacrime di Gesù su Gerusalemme non sono solo un pianto sconsolato, ma l'annuncio di una storia anche di sofferenza, che liberata dal peccato, si compie nel mistero di Dio. Quando pensiamo la storia senza Dio, il tempo senza Dio, la vita senza Dio, nascondiamo a noi stessi il "giorno che porta alla pace".

mercoledì 16 novembre 2016

Apocalisse 4,1-11 e Luca 19,11-28
Fatele fruttare fino al mio ritorno ...


La parabola delle monete d'oro, sempre molto suggestiva, ci pone di fronte a un comando, quello di fare frutto. Il tempo della vita, tempo dell'attesa del ritorno del Signore, non può essere un tempo di staticità, di attesa inerme. Chi nasconde la sua moneta d'oro, si sottrarre alla conclusione festosa del "frutto". Ai molti non sembrerebbe poi così grave custodire in un fazzoletto "quella moneta", ma in realtà quella scelta non prepara per nulla al ritorno del Signore. Il Suo ritorno infatti è un evento che si compie a partire dal presente e a partire da noi stessi. Anche dell'immagine di Apocalisse, che descrive la corte divina, la gloria e l'adorazione, forse noi la comprendiamo in una estatica staticità, ma non è questo il modo corretto. La sala del trono del grande Re, del Signore dell'universo è un luogo che è raggiungibile attraverso la vita nel tempo, quella stessa vita della Chiesa che  stimolata dalle parole del suo Sposo e Signore (le sette lettere alle chiese) fa fruttare il tesoro di grazia che me è stato affidato nel tempo, fino al suo ritorno glorioso.

martedì 15 novembre 2016

Apocalisse 3,1-6.14-22 e Luca 19,1-10
Signore tu mi scruti e mi conosci ...

Le sette lettere dell'Apocalisse, inviate alle sette Chiese, sono immagine delle malattie della Chiesa; le parole del Signore rivolte a queste comunità non hanno solo una valenza di moralità, esse descrivono la Sposa di Cristo nel travaglio della storia.
Ieri, la sottolineatura era circa la mancanza di memoria del primo amore; oggi, si sottolinea la smemoratezza circa la Parola ascoltata e la tiepidezza di chi non si lascia educare e purificare dalla verità. Lo Sposo della Chiesa non cessa mai attraverso queste parole di condurre la Chiesa, passo dopo passo al compiersi del tempo, al momento del Suo ritorno. Questo momento è simile all'incontro voluto da Gesù e desiderato da Zaccheo; sotto quel sicomoro si realizza l'invocazione "vieni signore Gesù" ... "Oggi la salvezza è venuta per questa casa!"

lunedì 14 novembre 2016

Apocalisse 1,1-5;2,1-5a Luca 18,35-43
Il "vedere" che cambia


Sono due le sottolineature che oggi mi suggerisce la Parola di Dio:
- tornare al primo amore ... Compiere le opere di prima! A volte capita che nel passare del tempo, si stemperi la passione dell'incontro con il Signore, non perché non sia importante, ma perché la nostra umanità, fragile, si nutre della stessa passione e la consuma. Tornare al primo amore, non è nostalgia, ma è prima di tutto, rinnovare le azione (non solo ripeterle) che caratterizzano quell'amore; ad esempio ritornare a fare fatica del Vangelo, non rifiutarla; sopportare (farsi carico) esercitando in tal modo la perseveranza.
- un ceco chiede di vedere, vede da gloria a Dio; la gente vedendo, vede e da lode a Dio. Dal desiderio personale e nell'accostarsi di Gesù ci è dato di vedere la "Gloria" di Dio, cioè la sua presenza; ma dal mio vedere scaturisce anche il vedere di altri, che altrimenti resterebbero cechi.

domenica 13 novembre 2016

Malachia 3,19-20 / Salmo 97 / 2 Tessalonicesi 3,7-12 / Luca 21,5-19
Salvare la vita nel bel mezzo del "guazzebuglio"


Una lettura apocalittica dei nostri giorni:
- crisi economica conclamata dal 2008. Ormai sono 8 anni, abbiamo assistito al crollo delle sicurezze economiche, all'impoverimento di tanti, alla crisi dei mercati e delle speculazioni. Rovina di molti e spregiudicata ingiustizia di altri;
- il mondo si rovescia, popoli che sono in guerra contro altri popoli; migrazioni di massa, profughi che invocano pane, diritti negati e giustizia;
- terrorismo internazionale, forze occulte e potere economico intrecciati per tracciare nuove strategie di forza e soprattutto ridisegnare col sangue il volto della terra; le stesse persecuzioni alla chiesa, ai credenti agli uomini di pace;
- progressiva indifferenza e disumanizzazione. L'uomo perde la sua identità e dignità; non è più un popolo ma una massa. Un corpo senza cuore e senza volto, del quale nessuno si prende cura;
- la stessa natura manifesta tutta la sua contrarietà e disarmonia, terremoti, catastrofi atmosferiche e cataclismi. Ancora una volta le forze della natura dimostrano la loro violenza e corruzione apportatrice di morte e distruzione;
- confusione politica, tra riforme e referendum; incertezze su un leadr che eletto nella sorpresa di molti, inevitabilmente eserciterà il suo influsso sulle scelte dei popoli e la storia di questo mondo, nello stesso modo in cui è accaduto in passato.
Discernere il tempo, in forza della nostra vita e fede, significa non restarne imbrigliati, incatenati, imprigionati.
Nonostante tutto questo sguardo preoccupato e preoccupante, il nostro è anche un tempo in cui la Chiesa con forza e profezia sta rinnovando se stessa. Si spoglia e si spoglierà di tutta la pesantezza di orpelli che sono i tradizionalismi, che nulla hanno a che vedere con la santa tradizione; si rinnoverà nello stile del Vangelo recuperando la povertà evangelica come sfondo della comprensione di sé. Recupererà la missione come vocazione, cioè chiamata ad essere per il mondo prima che per sé stessa.
Anche le nostre comunità sentono l'urgenza del rinnovamento e allo stesso tempo alla fedeltà al pensiero di Cristo, e contemporaneamente sperimentano la fatica del "si è sempre fatto così" ... Che grande fatica.
Di fronte a tutto questo non si può stare inermi, ma come cristiani siamo chiamati a fare la nostra parte, incuranti delle nostre sicurezze ... Tanto sappiamo bene che: "... nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto ..."

sabato 12 novembre 2016

3 Giovanni 1,5-8 e Luca 18,1-8
Pregare stanca?


La nostra preghiera rischia di essere una esperienza deludente perché frutto di una praticoneria piuttosto che di una vera azione dello Spirito. L'insistenza la comprendiamo come ripetitività, fino a una forma di sfinimento di chi può esaudirci. Ma l'insistenza per Gesù non si esaurisce nell'azione ripetuta, l'insistenza è lo "stato di preghiera" ...
Cosa possiamo intende per stato di preghiera? Credo voglia dire: lasciare che la vita scorra tra le mani di Dio. Nelle sue mani, come se fosse un rosario; ogni "grano" è accarezzato dalle dita del Signore, senza esserne trattenuto, perché uno dopo l'altro, compongono una preghiera compiuta ...
Si comprende che l'esaudimento non è quindi il frutto della fatica o ripetizione, ma è la conseguenza dello stato di preghiera; è il frutto che si genera nello "stato orante", quindi non è detto che corrisponda a un desiderio, ma è una vera consolazione,dono dello Spirito Santo. Questa è un'ottima stanchezza!

venerdì 11 novembre 2016

2 Giovanni 1a,3-9 e Luca 17,26-37
"Cadaveri" e "avvoltoi"


Abituati alla dolcezza e tenerezza di un Dio misericordioso, nel modo in cui l'evangelista Luca ce lo rivela, il brano di Vangelo di stamattina rompe la nostra comprensione abitudinaria. Il Vangelo non è una raccolta di discorsi, ma narrazione di salvezza, data e realizzata nella vita stessa del Signore; per cui accanto alle "belle pagine delle parabole" ci stanno pure le belle pagine dallo stile "escatologico" (tempi ultimi) ricche di immagini dal sapore apocalittico (genere letterario che descrive per immagini gli eventi finali). Quale chiave di lettura dare oggi?
I discepoli non chiedono quando accadrà, ma dove accadrà tutto questo; quasi a dirci che non è più questione di tempo, ma che il tempo è già arrivato a compimento in Gesù... I discepoli che sono partecipi dei segni, ne ricercano la manifestazione: il discernimento dei tempi per colmarli dell'esperienza della loro fede. Quando ciò accade tutto rivela "il figlio dell'uomo" nel suo venire glorioso (cadaveri e avvoltoi). Allora sarà la fine, ma in realtà sarà l'inizio di ogni desiderio di vita, sarà infatti la misericordia di Dio per sempre. Questo, nella storia, si traduce in una "fatica" causata dalla corruzione (peccato) della creazione stessa.

giovedì 10 novembre 2016

Filemone 1,7-20 e Luca 17,20-25
Il sollievo del cuore ...


Paolo, in catene, chiede a Filemone di essere esaudito nelle sue richieste, e ottenere in tal modo un sollievo e consolazione tale che Paolo lo esprime "in Cristo". Mi sono chiesto, il perché di questo coinvolgimento. Paolo, racconta gli antefatti della sua richiesta, e da questi si comprende che anche la nostra vita, come la sua, è lo spazio dell'esperienza della grazia e della carità. Le nostre "storie" sono "l'universo" in cui risuonano non solo le nostre esistenze, ma tutto risuona in Cristo, tutto è in lui compreso. La consolazione è la gioia interiore di chi sa bene come Cristo manifesta la sua Signoria nel "Regno di Dio che è in mezzo a noi" (Vangelo di oggi).

mercoledì 9 novembre 2016

Ezechiele 47,1-12 e Giovanni 2,13-22
La memoria dei discepoli ...


I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: "Lo zelo per la tua casa mi divorerà", e ancora essi stessi si ricordarono che aveva detto questo (... Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere ...) "e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù".
La memoria del discepolo sfugge al ruolo di archivio del semplice ricordo, e diventa spazio e strumento  della presenza attuale del Signore. Quando i suoi discepoli non ricordano più le sue parole, non sanno più tratteggiare il suo volto umano, né gioire della sua consolante presenza nel segno del pane, allora apprendiamo che il cuore è malato di indifferenza. Non c'è cosa peggiore di un credente indifferente ... un uomo senza memoria ... senza misericordia, senza speranza certa!

martedì 8 novembre 2016

Tito 2,1-8.11-14 e Luca 17,7-10
La grazia necessaria ...


Prima di ogni moralità, anzi a fondamento di ogni moralità, "È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, (...). Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone". Questa grazia, dono che rinnova e rivoluziona tutto è Gesù. Quando avremo fatto, realmente, e non solo a parole, tutto in lui, con lui e per lui,  allora con soddisfazione e gioia potremo dire "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare". Credo infatti che l'esperienza dell'incontro con Cristo altro non sia che decidersi a mettersi a servizio di un tale "Signore". Rinunciare a ogni personale ambizione, per essere a suo servizio! Oggi nella Chiesa e nelle comunità non abbiamo più bisogno di carismatici, ma di servi di Cristo, di servi della grazia!

lunedì 7 novembre 2016

Tito 1,1-9 e Luca 17,1-6
Sradicati e piantati nel mare ...

La frede di tutti i giorni, seppure irrealmente semplice come un granello di senape è sufficiente per il discepolo di Cristo per compiere le opere di Dio, tutte le opre del Padre, cioè la sua volonta, la sua misericordia...
Alla fede grande non è detto che corrisponda la grandezza delle azioni compiute; la fede piccola non significa una espereienza "da poco". La fede non si misura con il metro della grandezza o della quantità, ma attraverso il desiderio di voler conoscre Dio ed essere suoi. Quando manca questo desiderio di lui, quando manca la voglia di stare con Gesù Cristo, la nostra fede è tale che non è capace di sradicare neppure un radicchio ... La fede è fare l'opera di Dio! 

domenica 6 novembre 2016

2 Maccabei 7,1-14 / Salmo 16 / 2 Tessalonicesi 2,16-3,5 / Luca 20,27-38
I figli di Dio risorgono!

Per comprendere questo brano occorre capire cosa sta accadendo:
- I Sadducei, il nome deriva da Sado, sacerdote al tempo del re Davide, erano una casta sacerdotale, aristocratica e ricca; non credono nella risurrezione, accettano come ispirati solo i 5 libri della Bibbia (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio). Questi nel mondo e nella vita presente hanno messo buone radici.
- levirato, espressione che indica lavorassi giuridica attraverso la quale si garantiva la continuità del nome per l'uomo che moriva senza figli. Il cognato doveva mettere incinta la donna vedova. Una pratica squalificante la donna è il segno del figlio, emblema della vita che nasce.
- figli di questo mondo e figli della risurrezione ... I figli di questo tempo sono i Sadducei, impegnati a prendere mogli e mariti per fare sopravvivere un nome, un casato ...
I figli del tempo futuro sono figli della risurrezione ... Figli di Dio ... Sono come gli angeli che hanno ma vita e l'esistenza da Dio ...
La fede dice San Paolo non è di tutti, parole durissime, ma danno il senso della necessità di usare il tempo della vita per fare della fede lo spazio della comprensione dei misteri, lo spazio in cui la ragione è l'intelletto si attivano per ricercare la verità è scrutare il trascendente.
Il nostro tempo che mette al bando ogni trascendenza e si aggrappa a cercare nel benessere e nel piacere (edonismo) il modo per esiliare ogni pensiero di morte, non da risposte circa il destino dell'uomo e il perché delle cose create.
Le parole di Gesù spezzano il grigiore dell'uomo "grigio" e sazio delle suor "cose", un uomo che non ha speranza, non ha aspettative (desideri), un uomo per cui la felicità è condizionata dalle situazioni e dal possesso, ma non è una vera beatitudine esistenziale.
Nelle sue parole conclusive, Gesù, dice: "Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: ‘Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe’ (Es 3,6). Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché in lui tutti vivono". La fede in Dio, la stessa fede di Abramo nostro padre, contiene già in se la garanzia che la nostra vita gli appartiene, e che nemmeno la morte cancella la promessa di amore che si concretizza nell'essere tutti figli.

sabato 5 novembre 2016

Filippesi 4,10-19 e Luca 16,9-15
La vera ricchezza


"I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui". L'attaccamento al denaro, alla ricchezza, è la dimostrazione che la nostra vita cerca di compensare la sua indigenza, e se non vogliamo intenderlo solo negativamente, possiamo dire che la nostra esistenza non basta a se stessa. Discernere ciò che da compimento è l'esercizio della vita stessa: il tempo, i giorni, i mesi gli anni rappresentano lo spazio dell'esperienza in cui come San Paolo ci racconta, attraverso le cose terrene si intuiscono i valori più grandi, le vere ricchezze: i frutti preziosi di una comunità credente. La ricchezza è uno strumento e non un fine! L'attaccamento allo strumento è abominio davanti a Dio; è idolatria!

venerdì 4 novembre 2016

Filippesi 3,17-4,1 e Luca 16,1-8
Scaltrezza, scaltrezza ...

"La nostra cittadinanza è nei cieli, e da là aspettiamo il Signore Gesù Cristo ..." Questa affermazione di Paolo ci riconduce al senso del cammino e al valore del tempo della nostra vita. Una esistenza nel tempo che va "amministrata" anche con scaltrezza, non con inganno, ma col fine di anticipare, al presente l'esperienza della Misericordia di Dio. In realtà l'amministratore capitalizza a suo vantaggio, i beni del suo Signore, con un criterio che è esclusivamente del suo Signore. Il suo agire è quello di chi attiva la misericordia per i fratelli, gratuitamente, innestando in tal modo non un vantaggio per se, ma la stessa misericordia: "Siate misericordiosi ... e sarete come il padre vostro che è misericordia infinita".

giovedì 3 novembre 2016

Filippesi 3,3-8 e Luca 15,1-10
Convertiti in misericordia ...


La prima applicazione dell'immagine parabolica deve essere personale ... Ciascuno infatti è la pecora "quella perduta"; la moneta "che era perduta" e il peccatore per cui c'è gioia in cielo se si converte.
Il senso della Misericordia non è infatti una conversione legale e morale, ma ha come obiettivo la gioia del cielo come conseguenza della scoperta di essere speciali per il "pastore" e per la "donna" ... Scoprire di essere amati da Dio padre, in Gesù converte la vita. La "conversione in misericordia" è la vera trasformazione, non parte dall'esame di coscienza, ma dalla scoperta di essere cercato, portato sulle spalle e ricondotto nella casa ... cercato scrupolosamente perché prezioso agli occhi della donna e delle amiche. La vera conversione non è quindi la conversione attraverso la misericordia ma in misericordia. Di questa se ne può solo fare esperienza ... Non la si impara in teoria...

mercoledì 2 novembre 2016

Giobbe 19,1.23-27 / Salmo 26 / Romani 5,5-11 / Giovanni 6,37-40
Commemorazione dei defunti
Cristo è morto per noi ... Cristo è risorto con noi!


A chi crede in lui appartiene la vita eterna, e sarà risuscitato nell'ultimo giorno. Questa affermazione traduce la fede Cristiana nella risurrezione di Cristo. Il cuore del nostro credere è la risurrezione di Cristo. A volte ci incamminiamo in una esperienza della fede più legata alle conseguenze morali o alle indicazioni catechistiche, dimenticando il centro di tutto.
Se Cristo non è risorto, inutile è la nostra fede, ci ricorda San Paolo. Credere la risurrezione significa comprendere che la morte (del corpo) rappresenta quella condizione di normalità in ordine alla creazione che conclude l'esistenza temporale, dell'uomo, ed in modo paradigmatico anche di tutto ciò che esiste. Senza il Risorto, ogni interpretazione e riflessione del "dopo morte", non ha senso, sarebbe solo fantasia. Invece, esiste uno luogo nel tempo e nello spazio, un luogo in tutto l'universo, ed è qui sulla nostra Terra, in cui la morte cessa di essere condizione definitiva e si infrange nella potenza della vita eterna che è Dio stesso. Lo scorso 28 ottobre hanno tolto, il marmo che copriva il sepolcro di Cristo; quelle sono le coordinate della vita eterna.

martedì 1 novembre 2016

Apocalisse 7,2-4.9-14 / Salmo 23 / 1 Giovanni 3,1-3 / Matteo 5,1-12a
Santità per immagini ... otto  immagini di santità!

L'immagine dell'Apocalisse sembra uscita da una riproduzione digitale, virtuale ... È una immagine che supera, e vuole superare i limiti del tempo e della storia.
Anzi vuole affermare che nonostante il tempo e la storia limitata e corrotta dell'umanità, tutto "sboccia" in una condizione completamente rinnovata.
L'immagine cerca di raccontare come la realtà di un popolo di tribù scelte da Dio, incamminato in una storia che è salvezza, "sboccia", dischiude il suo destino nella stessa eternità di Dio da cui deriva. I centoquarantaquattromila sono il segno di ciò che è opera dell'uomo e della creazione di Dio. Tutta quella moltitudine partecipa alla gloria di colui che siede sul trono e all'agnello; tutto partecipa della santità di Dio!
Tutti però sappiamo che ciò che è virtuale ciò che è digitale, in un Clik ... si "spegne" e scompare dalla realtà fintanto che un altro Clik ... lo riattiva.
Per cui, il rischio che corriamo è quello di vivere tutto in modo irreale disincarnato.
In questo ci soccorre il Vangelo, richiamandoci a una realtà che non è solo cruda, ma è prima di tutto concreta. Otto beatitudini reali, non astratte ci garantiscono la santità come condizione della vita concreta:
1) Beati i poveri in spirito ...
Questi sono l'anima del mondo, sono coloro che amano Dio e precedono nell'amore i fratelli. Sanno che tutto è di Dio, e che noi non ci apparteniamo.
2) Beati quelli che sono nel pianto ...
Questi sono le lacrime di dolore e di gioia, segno di una vita che cerca salvezza. Sono coloro che si caricano della compassione del mondo e la vivono.
3) Beati i miti ...
Questi sono coloro che con tenerezza accarezzano le piaghe dell'umanità, coloro che leniscono anche le mie ferite.
4) Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia ...
Questi sono i profughi, quelli in fuga dalla guerra, dalla fame, dalla disperazione e sono in cerca di una briciola di "giustizia umana" per loro.
5) Beati i misericordiosi ...
Questi sono quelli che come Gesù, non riescono a pensare male, che prima di tutto si fanno accanto per capire e dimostrare la loro fedeltà nell'amare. Come Dio è misericordioso, così anche questi cercano di esserlo.
6) Beati i puri di cuore ...
Questi sono i cristiani perseguitati, perché nella testimonianza della loro fede purificano il loro cuore e rinnovano la vita del mondo. Loro vedono Dio.
7) Beati i facitori della pace ...
Questi sono i testimoni della carità (dell'amore), sono quegli uomini e donne che hanno nel cuore la passione per il superamento dei conflitti; di tutti i conflitti.
8) Beati i perseguitati per la giustizia ...
Questi sono la stragrande maggioranza di noi tutti, che ogni giorno, siamo schiacciati da qualche ingiusto giudizio è situazione opprimente. Questi uomini e donne, non rinunciano a pensare che il domani sarà il tempo del riscatto e che Dio viene a visitare il suo popolo.
La solennità di Tutti i Santi ci provoca nel vivere il presente consapevoli di  essere simili a lui: sua immagine e somiglianza.