venerdì 30 giugno 2017

Genesi 17,1.4-5.9-10.15-22 e Matteo 8,1-4
La pienezza della vita


Se cento anni sono il "simbolo" della pienezza, la vita di Abram raggiunge tale pienezza nella piena rivelazione dell'alleanza con Dio. Ancora una volta il patto diviene il centro del suo destino è della sua stessa vocazione. Ora occorre individuare il contenuto del patto:
- sarai padre di una moltitudine ...;
- ti chiamerai Abramo ...;
- sia circonciso ogni maschio ...;
- Sara ti darà un figlio ...;
- stabilirò la mia alleanza con Isacco.
Si può notare, immediatamente, che non è più presente nessun accenno al possesso della terra. Infatti più che il possesso della Terra - cosa che ieri un nomade è fuori luogo - quella Terra rappresenta le coordinate spazio-temporali in cui le promesse di Dio, la sua Alleanza si concretizzano. In questo senso l'alleanza rappresenta la pienezza di vita per sempre, per tutti coloro che nella fede di Abramo avranno origine e quindi vita.
Anche i gesti di Gesù nel Vangelo, superano il semplice fatto "miracolistico" per introdurre il concetto della fedeltà di Dio alla promessa, come compimento della vita dell'uomo.

giovedì 29 giugno 2017

Atti 12,1-11 / Salmo 33 / 2 Timoteo 4,6-8.17-18 / Matteo 16,13-19
Solennità dei Santi Pietro e Paolo
Le fondamenta "Ecclesiae"


Le  parole del Vangelo di oggi, Solennità dei Santi Pietro e Paolo, oltre a rappresentare, per noi cattolici, il fondamento del primato petrino, sono parole di una sorprendente forza; è indubbio il loro riferimento a Gesù; è fori di ogni sospetto, attribuzioni posteriori per giustificare una struttura gerarchica. Gesù fonde, costituendone un tutt'uno, la Chiesa e Pietro, per sempre. Essere parte della Chiesa, allora non è la stessa cosa che appartenere a un gruppo, a una organizzazione, seppur meritoria; essere parte della Chiesa è essere parte di quelle parole che Gesù dice a Pietro. Significa essere consapevoli del divenire della salvezza nel tempo (terra) e per l'eternità (cielo) attraverso , seppur con i limiti umani, le vicende e la vita della Chiesa stessa. Ciò che siamo come Chiesa ha origine nelle parole di Gesù quando lui stesso la inizia a edificare: "costruire la sua (mia) Chiesa sulla roccia", la fede di Pietro e degli Apostoli.

mercoledì 28 giugno 2017

Genesi 15,1-18 e Matteo 7, 15-20
Non temere Abram, io sono il tuo scudo ...


L'Alleanza è ben di più di un patto o un contratto, ben di più di un documento o una formalità per regolare i tapparti tra Dio e l'uomo. Ascoltando e parole del libro della Genesi, scopriamo che l'alleanza è prima di tutto memoria di una vicinanza nella vita. Dio non vuole stipulare un contratto di salvezza, ma vuole essere compagno di vita, dentro le pieghe dell'esistenza di Abram e della sua discendenza, per generare in quella storia un evento nuovo che è salvezza. L'Alleanza è uno spazio di vita, di speranza, di amore. In quella Alleanza, e in quella soltanto, Abram riconosce l'agire di Dio e impara il timore per il Signore: amore a colui che è il suo scudo. Un Dio amico e compagno fedele è la scoperta fatta da Abram; che egli con stupore e meraviglia riconosce nei frutti della sua stessa vita. I frutti buoni di cui parla Gesù vanno quindi oltre la loro bontà morale, ci parlano infatti della vicinanza del Padre. Nessuno può compiere le opere di Dio, se Dio non è con Lui!

martedì 27 giugno 2017

Genesi 13,2.5-18 e Matteo 7,6.12-14
Echi passati ... suono del presente!


Ogni volta che si legge la Genesi, riecheggiano parole e immagini di un passato, che non è solo mitologia o storie antiche. Le immagini e le parole ci riconducono agli eventi della vita di quei patriarchi su cui si fonda la nostra fede. Quella terra di Canaa, quella valle del Giordano, in quel tempo lontano, rigogliosa come il giardino di Eden, come un paradiso; quella città di Sodoma in cui gli uomini sono malvagi, dove il fuoco e lo zolfo saranno il segno della distruzione e del giudizio... In quello spazio del tempo passato risuonano le promesse di Dio e la fede dell'uomo. Ma di quello spazio e di quel tempo è parte anche il nostro spazio e il nostro tempo. In ugual modo i "detti" di Gesù che Matteo riporta nel capitolo settimo, sono parole che riecheggiano nella nostra vita, oggi, e ci propongono uno stile che è suggerito dal Signore stesso, nello stesso identico modo in cui Lui formava i suoi discepoli.

lunedì 26 giugno 2017

Genesi 12,1-9 e Matteo 7,1-5
La promessa fatta ad Abramo...


La promessa di Dio, sgorga semplicemente dalla gratuità del Padre (il Sio amare) non è motivata e neppure necessitata. Abramo, che già si era messo in cammino da Ur dei Caldei (Babilonia) ed era giunto alle porte della terra di Canaan, a Carran si sente in modo ulteriore sostenuto da quella stessa promessa che ora lo spinge a entrare nella terra della Promessa e della Benedizione. Fidarsi di Dio, avere fede significa varcare la soglia della nostra paura e delle nostre ritrosie. In questo affidarsi, Abramo sperimenta la forza della Parola del Signore, e l'apertura dello sguardo verso un orizzonte che supera ogni aspettativa. Il deserto del Negheb è la misura della trascendenza. Uno sguardo che corre verso l'infinito, non inciampa né in travi né in pagliuzze (come una lettura morale del Vangelo di oggi ci porterebbe a fare) ma ricerca la bella visione del fratello e di Dio.

domenica 25 giugno 2017

Geremia 20,10-13 / Salmo 68 / Romani 5,12-15 / Matteo 10,26-33
Chi mi riconoscerà anche io lo riconoscerò ...

Dopo essere stati a scuola per conseguire il titolo di discepoli, siamo arrivati al momento del tirocinio, l'incontro con la realtà, con i fatti concreti.
Oggi il Vangelo è preso dal capitolo dieci di Matteo; è il capitolo in cui i discepoli del Signore si confrontano con la missione, con il mondo. Vengono mandati ad annunciare il Vangelo. Facciamo anche noi questa esperienza ...
Quale è lo sguardo che ho sulla realtà, sulle vicende della vita e della storia?
Quale relazione stabilisco con gli avvenimenti, con i fatti dei quali sono parte?
Di fronte alle difficoltà economiche, alla povertà, cosa significa realmente essere mandati da Cristo?
Di fronte alle strettoie delle leggi, delle norme, dei protocolli, cosa significa essere mandati da Cristo?
Di fronte alla paura dell'altro, alla diffidenza verso lo straniero, che cosa significa essere mandati da Cristo?
Di fronte agli scandali di cui gli uomini di Chiesa sono causa, cosa significa essere mandati da Cristo?
Di fronte al potere, al perbenismo, agli interessi personali o di parte, che cosa significa essere mandati da Cristo?
Di fronte alla comunità cristiana spesso ingessata nelle sue tradizioni e "buone abitudini", cosa significa essere mandati da Cristo?
Non sempre è facile vedere la verità delle cose, perché se fosse tutto bianco o nero, allora sarebbe facile, ma nella vita e nella realtà siamo chiamati a confrontarci con una serie di "grigi" che sono ciò che emerge come confronto col quotidiano.
Senza avere paura delle pretese altri, dei giudizi di parte e convenienza, delle strumentalizzazioni che da più parti vengono agite, Gesù, al discepolo in missione ribadisce che ciascuno di noi non è mandato per dare soluzione a problemi sociali ma a vincere il male del mondo e a sanare le malattie e le infermità del cuore dell'uomo.
Il Vangelo non è per una precettistica morale, ma per edificare un uomo a immagine di Cristo stesso.
Proprio per questo al discepolo Gesù dice:
- nessun maccheggio segreto deve turbarti nel perseguire la verità; tutto viene alla luce.
- la vita spirituale è più importante di quella fisica e biologica; è lo spazio in cui risuona il Vangelo.
- nulla cade a terra senza il padre (ne passeri ne capelli); Dio non mi esclude, non mi abbandona mai, neppure se cado.
- non temere ... mai; che corrisponde al coraggio di stare in campo, anche se la partita sembra persa.
Per cui se avrò delle buone lenti progressive ovvero buoni strumenti per vedere, avrò più possibilità di vedere secondo Gesù e quindi di cercare di essere come lui mi vuole e dove lui mi conduce.

sabato 24 giugno 2017

Isaia 49,1-6 e Luca 1,57-66.80
Solennità della nascita di Giovanni Battista
Portare la salvezza fino alla estremità della terra ...


Non ci deve sfuggire che il senso e la pienezza della realtà si chiama "salvezza". Magari, rischiamo di comprendere la salvezza come un progetto di ristrutturazione del creato a seguito del danno del peccato, e che ogni esperienza buona produce una parziale realizzazione di questo progetto di Dio ... una comprensione troppo concreta e tecnica!
La salvezza, in realtà è intimamente legata al "mistero" dell'eterno Padre. Salvezza, con approssimazione, è la realizzazione in pienezza dell'amore del Padre dal quale tutto trae origine. Tutto è salvabile, tutto è salvato, tutto attende di essere pienamente salvo a causa della morte e risurrezione del Figlio di Dio. Questo compimento si manifesta e realizza nell'esistenza e nella vita di tutti noi, perché anche la nostra vita è intimamente legata al mistero dell'eterno Padre. La vita di Giovanni, allora, diviene un segno evidente della salvezza. Attraverso la vicenda di Giovanni ci abituiamo alla originalità della salvezza di Dio, una novità in divenire. Il Vangelo, la parola è salvezza perché è la nuova e buona narrazione della salvezza. In Luca tutto e tutti sono testimoni di questa "novità", a nessuno sfugge che "davvero la mano del Signore era con lui".

venerdì 23 giugno 2017

Deuteronomio 7,6-11 / Salmo 102 / 1 Giovanni 4,7-16 / Matteo 11,25-30
Solennità del Sacro Cuore di Gesù
Attratti dall'amore

"Tu sei un popolo consacrato al Signore ..."; "Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, ..."; "il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri ..."
Queste parole del libro del Deuteronomio, sono il fulcro della percezione di un amore misericordioso di Dio che non è originato dai sentimenti, dalle emozioni, o dalla psicologia della nostra natura umana - per quanto tutto di noi si percepisce in relazione all'atto di amare - ma l'originalità dell'amore si comprende nel mistero di Dio Padre.
Le stesse parole di Gesù: "nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo", ci rimandano a una esperienza di amore che è da Dio, del quale l'uomo è partecipe attraverso Gesù stesso ... attraverso il suo cuore.
Una solennità quindi che nei tratti romantici della tenerezza di Dio chiede di contemplare un mistero che è l'amore come essenza della divinità, e come questo si rivela e ci coinvolge. Oggi è la giornata giusta per contemplare l'amore, impararlo, cercando anche di farlo. "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore" ... questa è la strada dell'amare.

giovedì 22 giugno 2017

2 Corinzi 11,1-11 e Matteo 6,7-15
Quando pregate dite ...


Quando pregate dite la vostra vita. Questo è il senso della preghiera che il Signore affida ai discepoli. Non sprecate parole in richieste, di cui il Padre del cielo conosce già tutto ... Non svuotiamo lo spazio della preghiera riducendola a una richiesta ad uso e consumo. Nella preghiera riconosciamo Dio che cammina giorno dopo giorno accanto a ciascuno; in questo modo ci abituiamo, a volte con fatica, a essere parte della sua volontà che è la nostra e di tutti salvezza. Nella preghiera impariamo a "rendicontare" il presente, in ordine ai moti del nostro cuore e agli insegnamenti del Vangelo. Noi siamo umani: carne animata, abitata dallo spirito di Dio; questa straordinaria commistione necessità costantemente di essere accolta, riconosciuta e realizzata nel quotidiano. Nel pregare, rendo possibile la consapevolezza di me stesso, in un atto di fede che è l'affidarsi a Dio, Padre e Creatore; nelle due meni poniamo tutto noi stessi. Se non prego, dove pongo me stesso? A "quali mani" mi affido?

mercoledì 21 giugno 2017

2 Corinzi 9,6-11 e Matteo 6,1-6.16-18
Hanno già ricevuto la loro ricompensa ...


Il cuore è la misura del "dono" di noi stessi. Se il nostro cuore è indurito, e non si commuove per amore, è un cuore che non contrae sufficientemente se stesso nello sforzo di dare la vita... Similmente noi stessi come parte del "cuore mistico di Gesù" ... Se non siamo fatti di tenerezza, e per la tenerezza di Dio, siamo fatti per la sclerocardia, così come la definisce Gesù. Esiste un grande limite nella vita cristiana, quello della proporzionalità delle mie azioni in ragione delle esperienze che ricevo e che sono "coinvolto" a vivere, mio o non mio malgrado. Ma quando il senso della proporzione mi prevale, allora ho già misurato anche la mia ricompensa ...
Lo strumento del cuore di tenerezza, è uno strumento preciso e infallibile, perché i criteri della sua azione sono le Beatitudini vissute e realizzate da Gesù, e ora proposte a tutti noi come allenamento della vita cristiana. Basta anche viverne una sola, e la tenerezza di Dio ci pervade! Questa condizione è quella ricompensa descritta nelle parole di Matteo quando dice: "il Padre che vede nel segreto ... Ti ricompenserà"!
Potremo dire oggi: Signore non voglio avere già ricevuto la mia ricompensa, perché so che la tua è migliore e non è paragonabile a ogni mia aspettativa.

martedì 20 giugno 2017

2 Corinzi 8,1-9 e Matteo 5,43-48Sovrabbondare in ricchezza e povertà 

"Gesù da ricco che era, si è fatto povero per voi ..." Questa espressione di Paolo, tratteggia lo stile cristiano circa la relazione con le cose, le persone e il mondo.
La povertà non è spogliazione o limitazione; la povertà è conseguenza di una grazia quella di poter condividere la ricchezza a vantaggio di molti.
Per il credente la povertà non è indigenza,  ma la povertà è essenzialità e sobrietà. Condizioni che normalmente potrebbero declinare nella spilorceria, ma che se ricondotte alla relazione con il Signore esprimono la gioia di realizzare un bene attraverso l'esperienza del dono. La relazione identificativa con il Signore ripone in noi una esigenza di Santità che è l'esercizio quotidiano di compiere le opere di Dio: "siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". Questo tentativo di essere perfetti, produce sovrabbondanza in ricchezza e povertà, esperienze non contrapposte ma cristianamente complementari.

lunedì 19 giugno 2017

2 Corinzi 6,1-10 e Matteo 5,38-42
Ecco ora il momento favorevole ...


Questa è l'esclamazione di Paolo che supera ogni titubanza circa il perché delle avversità, il perché della fatica di stare in un mondo in cui, in particolare il discepolo, si trova a sperimentare il già (cioè l'essere salvati) e il non ancora (l'eternità beata).
Il momento favorevole, risulta essere ogni situazione che progressivamente, vissuta nella fedeltà al Signore, ci avvicina al compimento.
Non è la fatica, non sono le avversità che avviliscono Paolo, ma il disamore al signore e al suo esserci accanto.
Vorrei a questo punto stravolgere la comprensione di questo passo di Vangelo, che così prontamente comprendiamo in modo morale; ma se fosse Gesù che vuole camminare con noi per un miglio? Gesù stesso ti dice con me fanne due?
Se fosse Gesù a chiederti un po' del tuo affetto, dei tuoi sentimenti ... anche solo in prestito? Gli do anche il mantello? Cioè mi spoglio del possedere me stesso per donarmi a Lui?
... Questa è la "vocazione di consacrazione, religiosa, sacerdotale e sponsale!
Se dal Signore ricevo uno schiaffo sulla guancia destra, che ferisce il mio orgoglio e la mia presunzione, sono sicuro di volergli offrire anche la sinistra, per continuare ad essere corretto nella mia vanità, della mia umanità?
Giobbe insegna a non opporsi al malvagio, non che ora vogliamo apostrofare Dio padre come il malvagio, ma quella vicenda traduce questa free di Gesù all'interno del contesto della scrittura. Quando Giobbe non si ribella al "forte" e a Satana, solo allora tutta la sua vicenda umana ed esistenziale ne viene riscattata dalla bontà di Dio.

domenica 18 giugno 2017

Deuteronomio 8,2-3.14-16 / Salmo 147 / 1 Corinzi 10,16-17 / Giovanni 6,51-58
Solennità del Corpo e Sangue di Cristo

Vera è la "comunione" con il Corpo di Cristo!

La frase che generalmente si sente ripetere dai bambini che ricevono il sacramento della prima comunione - e in generale, spesso non solo dai bambini, nonostante tutto il catechismo e le informazioni che si trasmettono - quando si chiede loro cos'è il sacramento del l'Eucaristia, è: " ... È ... quando vado a prendere l'ostia!"
Una frase che dice tutto il senso di inadeguata comprensione del "segno del pane".
Non sono sicuro che sia possibile arrivare a comprenderne la reale possibilità e le conseguenze del pane eucaristico per la vita personale di ciascuno; qua, il limite della fede personale entra in gioco pesantemente; ... ugualmente in un ascolto fedele del Vangelo di Giovanni, dovremo almeno riconoscere che esiste una Comunione Eucaristica che va oltre il semplice mangiare un simbolo di appartenenza, o appropriarci di un segno.
Proviamo a comprendere la Solennità che oggi è celebrata nella chiesa come il momento in cui si mette al centro il pane - di cui Gesù più volte ha parlato - attribuendovi anche la possibilità, in determinate condizioni, di essere il suo corpo, ma non solo come segno della sua presenza, ma anche come convergenza, e realtà efficace, di due punti di visuale diversi:
- La prima visuale, la nostra, che vede nel pane una amplificazione, un prolungamento della cena pasquale nella quale il Signore ci ha donato se stesso, nel segno del pane e del vino, per donarci in modo efficace e reale la salvezza e il perdono dei peccati; noi vediamo il segno a partire da quell'evento;
- La seconda visuale, quella del Padre, che per dare (donare/sostenere) la vita del mondo, manda il Figlio perché chi mangia il Pane del Cielo abbia la vita eterna, non muoia mai!
Il mondo ha vita, vive, in forza del Pane donato dal Cielo.
Nel momento in cui Gesù realizza il segno del pane quel: "prendete e mangiatene tutti"; e quel: "Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me", si uniscono in un'unica soluzione realizzando l'efficacia del Segno del pane.
La solennità di oggi, festa della Chiesa, non è quindi solo ricordo di un miracolo di quattro secoli fa, un miracolo che ha ribadito la verità circa la presenza reale del Signore nel suo vero corpo nel pane eucaristico; ma oggi, alla Chiesa e ai cristiani è chiesto di celebrare l'eucarestia non solo per se stessi, ma perché il mondo non muoia.
Per la Chiesa oggi, celebrare l'Eucaristia, consacrare il pane, rendere attuale il corpo di Gesù significa dare testimonianza, essere martire, spendersi per amore del suo Signore. La vita di questo nostro mondo dipende dal "pane del cielo", dice il Vangelo di Giovanni; questo pane non è come la manna, ma è il pane del cielo, quello vero. Se la Chiesa dovesse per un qualche motivo cessare di celebrare il segno del l'Eucaristia, e i cristiani iniziassero a evitare di mangiare il corpo del Signore, sarebbe inevitabile la morte di questo mondo, cioè questo mondo non avrebbe altre possibilità esistenziali. Ogni volta infatti che celebriamo l'Eucaristia, annunciamo la morte del Signore, proclamiamo la sua risurrezione, il suo essere vivo, vita, in attesa del suo ritorno.
Il mondo, è incamminato, nella prospettiva, nel suo ritorno. Forse non sappiamo che la venuta del Signore è compimento di tutto?
Il suo corpo è: anticipazione del compimento, nel dono del Padre (ricevere il dono) ed è anticipazione anche nel prendere, cioè nel mangiare dei discepoli.

sabato 17 giugno 2017

2 Corinti 5,14-21 e Matteo 5,33-37
Non viviamo più per noi stessi ...


Il giurare di cui parla Gesù è la radice del peccato, in realtà ogni giuramento che facciamo pone in noi stessi una referenzialità assoluta. Esclude qualsiasi autorevolezza al di fuori di noi stessi. Non giurare dice Gesù, perché i giuramento affermano la nostra intrinseca volontà di escludere Dio come centralità della nostra vita. Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, ha espressioni straordinarie per farce capire cosa sua la centralità di Gesù nella vita del discepolo: " l’amore del Cristo ci possiede; (...) perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per tutti, (...) se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Le realtà nuove che nascono in noi non hanno bisogno di "giuramenti" ...
Il nostro "Sì, sì, ... No, no", cioè il nostro esistere non ha bisogno di altro se non di essere immagine riflessa della Parola di Gesù, del suo Vangelo.

venerdì 16 giugno 2017

2 Corinzi 4,7-15 e Matteo 5,27-32
"Tutto infatti, è per voi ..."


Questa espressione di Paolo nella seconda lettera ai Corinzi nasconde un tesoro inesauribile, non solo una promessa, ma una realtà: noi siamo parte di quella risurrezione di Gesù che trasforma e trasfigura tutte le cose, conducendo il tempo e la storia nel mistero stesso di Dio. "Tutto infatti è per noi ...", dal momento che la vita di Gesù, il suo mistero di morte e risurrezione è inciso nella nostra stessa carne mortale.
È a partire da questa intima inabitazione che il discepolo supera ogni tentativo di trasformare il Vangelo nel paradigma Antico dell'Alleanza, non riconoscendo che il tempo nuovo in Gesù è già stato inaugurato. "Quell'avete inteso che fu detto, ma io vi dico ..." rappresenta la prospettiva del discepolo. Il superamento di un modo stretto e senza gioia evangelica di stare dentro le cose del tempo e della storia. Non possiamo tradire la certezza che Cristo in noi è fermento di risurrezione cioè di adeguamento al mistero di amore e verità. In ogni giorno della vita salvaci Signore!

giovedì 15 giugno 2017

2 Corinzi 3,15-4,1.3-6 e Matto 5,20-26
Dalle Beattudini ... alle applicazioni?


San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi ci consegna questa comprensione di noi stessi: "E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine ..."
Riflettiamo la gloria del Signore, in quanto Cristo si specchia in noi. Le Beatitudini che sono state proclamate all'inizio del capitolo quinto di Matteo, dopo questa indicazione di Paolo, acquistano un ulteriore spazio di comprensione: "Beati i poveri, ... Beati i miti, ... Beati i misericordiosi, ... Beati ..." è Gesù stesso che propone queste beatitudini come il suo stile di vita. Questo stile (cioè gloria, manifestazione, presenza) si riflette a partire da noi e ci trasforma nell'immagine di lui.
Questo "modo di essere" reinterpreta la Legge, per questo Gesù dice: "Avete inteso che fu detto agli antichi ... Ma io vi dico ..."
Lo stile del Signore, il suo modo di essere uomo, supera il buon rigore della legge e introduce applicandolo il principio della beatitudine della carità.

mercoledì 14 giugno 2017

2 Corinzi 3,4-11 e Matteo 5,17-19
Il buon senso delle cose ... "la salvezza nel tempo"

Lo sguardo di San Paolo sulla realtà è veramente innovativo, lui comprende tutta la storia passata della salvezza agita dalla gloria (presenza di Dio) pur se a servizio di una esperienza di morte; proprio per questo ora, in Cristo tutto è ora compreso nell'evento della sua risurrezione, che pure è gloria di Dio, ma che ha come fine la vita che lo Spirito sostiene nell'esistenza. La nostra contraddizione è causata dalla sfiducia per la vita dello Spirito insieme al timore della morte ... In questo siamo dei disperati, dei senza speranza certa! Proprio per questo è sempre più necessario decantare nella vita la Parola del Signore che è narrazione del "ministero" della salvezza, a partire dall'inizio; attraverso la risurrezione di Gesù; fino alla pienezza di tutto. Abbiamo bisogno di essere educati dalla Parola!
Se ogni giorno la sua Parola ci accompagna ... "nemmeno un iota, nemmeno un trattino della legge" (rivelazione di Dio) andrà perduta. Osservarli e insegnarli, come dice il Vangelo di oggi, non è un obbligo morale, ma è sperimentare ed esprimere la salvezza nel tempo presente.

martedì 13 giugno 2017

2 Corinzi 1,18-24 e Matteo 5,13-16
Sale, luce e opere ... come acqua, luce e vita ...


La proclamazione delle Beatitudini, cuore dell'Evangelo, non si esaurisce in se stessa, tutta la forza della beatitudine del discepolo, si concretizza nel Vangelo di Matteo in queste immagini che ne vogliono cristallizzare l'esistenza. Il sale, fulcro di ogni testimonianza, è segno del sapore della vita cristiana ... al punto che la non testimonianza genera uno scandalo assurdo (essere calpestati). La luce come visibilità, non ostentazione, ma come comprensione della verità a servizio di chi vive nella casa ... (gli altri). Le opere buone, esse costruiscono la presenza del regno di Dio ... la sua gloria. Non ho mai trovato un passo sinottico così imparentato nel contenuto con i temi giovannei: l'acqua della vita che sgorga dal Signore, lo Spirito che rinnova la terra arida. La luce: la mia luce, la luce che è Gesù per non camminare nella tenebra ... La vita: Lui è la vita degli uomini ... In Matteo la simbologia del sale, della luce e delle opere, apre a una comprensione profondamente esistenziale delle Beatitudini e dell'esistenza cristiana.

lunedì 12 giugno 2017

2 Corinti 1,1-7 e Matteo 5,1-12
Un mondo ideale?


La lettera di San Paolo (2 Corinti) ci propone una comprensione particolare della realtà: "Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione". La realtà per quanto possa essere difficile non è mai definitiva e immutabile. Il discepolo di Gesù, da ogni fatica, è capace di recuperare un segno di salvezza. Paolo mette in relazione il patire di Cristo con le nostre tribolazioni, come a garantirci che anche il carico del peccato e della nostra attuale fragilità, tutto appartiene al Signore. Ma anche questo non è semplicemente un scaricare sensi di colpa e responsabilità, ma, l'intima comunione con Gesù permette anche di riconoscere lui stesso come il vero nostro consolatore. La realtà gli appartiene come a colui che è risorto. La pagina delle Beatitudini del Vangelo di Matteo, non sono garantite da un "buon uomo", ma dal Cristo Risorto! In questa chiave di lettura cambia la loro comprensione. Esse sono anticipo della realtà del cielo, non di una bella idea.

domenica 11 giugno 2017

Esodo 34,4-6.8-9 / Salmo/Daniele 3,52-56 / 2 Corinzi 13,11-13 / Giovanni 3,16-18
Credere nell'unigenito figlio di Dio!

In quel dialogo notturno, Nicodemo cercava da Gesù delle risposte alle sue domande più intime, al senso della sua vita; una chiave di lettura rispetto a ciò che Gesù stava facendo e dicendo, cose per lui sconvolgenti; cercava di capire più profondamente quel Dio dei padri che era all'origine della sua fede.
Nicodemo è un uomo alla ricerca di se stesso, per questo è anche un uomo alla ricerca di Dio; questa relazione funziona anche viceversa.
In questo nostro tempo, la difficoltà di questa nostra cultura post cristiana, ovvero post credente, è data dall'impossibilita di convertire il cuore di chi è un ex credente cristiano.
Anche tantissimi battezzati, oggi giorno, hanno elaborato il concetto culturale della morte di Dio ... Come diceva Guccini già oltre 40 anni fa in una canzone di per sé profetica:
Cosa significa che Dio è morto? Significa averlo relegato alla preghiera a e all'osservanza morale dei precetti, significa che Dio non tocca minimamente i miei sentimenti e le mie scelte del quotidiano.
Dio è morto quando ... Ho visto la gente della mia età andare via,
lungo le strade che non portano mai a niente, cercare il sogno che conduce alla pazzia, nella ricerca di qualcosa che non trovano, nel mondo che hanno già, dentro le notti che dal vino son bagnate, dentro le stanze da pastiglie trasformate, dentro le nuvole di fumo, nel mondo fatto di città, essere contro od ingoiare la nostra stanca civiltà.
È un Dio che è morto, ai bordi delle strade, Dio è morto, nelle auto prese a rate, Dio è morto, nei miti dell'estate, Dio è morto.
La morte di Dio corrisponde alla indifferenza dei battezzati ... Indifferenti alla bellezza; indifferenti alla bontà; indifferenti alla verità.
Non c'è spazio nel cuore dell'uomo medio di oggi per il mistero ...
Tutto è ripiegamento sul concreto per Paura dello spirituale ... Ciò che è di Dio ci spaventa, ci inquieta, ci sembra origine di male, di fanatismo, di estremismo ...

M'han detto che questa mia generazione ormai non crede in ciò che spesso han mascherato con la fede, nei miti eterni della patria e dell'eroe, perché è venuto ormai il, momento di negare tutto ciò che è falsità, le fedi fatti di abitudini e paura, una politica che è solo far carriera, il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l'ipocrisia di chi sta sempre, con la ragione e mai col torto. È un Dio che è morto nei campi di sterminio, Dio è morto, coi miti della razza, Dio è morto, con gli odi di partito, Dio è morto.
Non c'è speranza per un uomo che ha smarrito la propria identità, non riconoscendo al divino l'origine di sé e dello Spirito che lo sostiene  nell'esistenza. Per questo occorre fare nostra anche l'attesa di questa canzone:
Io penso che questa mia generazione è preparata, ad un mondo nuovo e a una speranza appena nata, ad un futuro che ha già in mano a vuna rivolta senza armi, perché noi tutti ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge, in ciò che noi crediamo, Dio è risorto, in ciò che noi vogliamo, Dio è risorto, nel mondo che faremo, Dio è risorto - Dio è risorto.
Credere è presupposto per la fede;
volere è presupposto per la speranza;
fare è presupposto per l'amare/carità.
E così ci si apre alla Trinità di Dio!

sabato 10 giugno 2017

Tobia 12,1.5-15.20 e Marco 12,38-44
Una vedova che va al tempio ...


Letto integralmente il capitolo 12 di Marco, appare come una raccolta articolata sui contenuti della predicazione di Gesù e sulla sua identità; ma tutto questo avviene in un luogo speciale, il Tempio di Gerusalemme, nel luogo Santo, dove Dio abita.
Oltre a riportare il contenuto della predicazione, il capitolo 12 ci dà anche l'annuncio della distruzione del Tempio e di Gerusalemme. Quasi a suggellare il mistero incompreso della salvezza, nella storia di fragilità dell'uomo. Una pienezza incompresa e non accolta. La vedova,in questa narrazione, non si capisce cosa ci stia a fare!
In realtà l'evangelista consegna alla vedova il compito di testimoniare la fedeltà a Dio, anche nella prova o nella sconfitta; permette di comprendere la propria vita come spazio dello stesso mistero di salvezza. La vedova è Israele fedele a Yhwh; è la Chiesa che nasce dal Cristo; è il discepolo amato e amante del Signore. La vedova è attesa di riscatto e certezza di compimento delle realtà beate.

venerdì 9 giugno 2017

Tobia 11,5-17 e Marco 12,35-37
La numerosa folla lo ascoltava volentieri ...


Gesù sembra proprio un ottimo esegeta, non solo capace di spiegare la scrittura ma è pure capace di creare quella relazione corale per cui la "Parola" si ascoltava con piacere.
È questo che credo vada raccolto oggi dalla parola ascoltata, quale piacevolezza riconosciamo nell'ascolto della parola? Il piacere della parola, va ben oltre alla forma del discorso, va ben oltre al contenuto e al significato esposto; la piacevolezza va ricondotta all'essere la "Parola" quella di a Gesù. Un discepolo ascolta con piacere il suo maestro, il suo Signore. Il Salmo 101, proclamato da Gesù lo pone in una relazione particolare con il re Davide, che Gesù chiama Signore, ma rispetto al quale, tutto gli deriva dalla predilezione che Dio Padre ha fatto di lui, e quindi dalla sua dipendenza dalla regalità del Cristo, l'unico Signore dei Signori.

giovedì 8 giugno 2017

Tobia 6,10-11;7,1.9-17; 8,4-9 e Marco 12,28b-34
... Non sei lontano dal regno di Dio ...

L'immagine spaziale (relativa alla distanza) è molto interessante per esprimere la relazione con il regno di Dio. Perché da un lato ci mette di fronte a una comprensione puramente umana, quasi che il Regno di Dio sia il frutto dell'impegno morale e caritativo del discepolo fedele. Dall'altro lato, in verità questa vicinanza, possiamo definirla una "vicinanza intelligente", frutto della ragione umana illuminata dalla grazia di Dio. La vicinanza al Regno di Dio, quindi, non è tanto la conseguenza morale e caritativa dell'osservanza dei comandamenti, ma è il percorso interiore, un percorso del cuore. Uno spogliarsi da dentro dell'ipocrisia, delle durezze, dell'amor proprio, a partire dal voler assumere l'insegnamento di Gesù come insegnamento di verità. Questa verità che proviene da Gesù è la grazia che ci è affidata. Una verità gratuita che intelligentemente ci forma, cioè ci avvicina a ciò che è il regno.

mercoledì 7 giugno 2017

Tobia 3,1-11a.16-17a e Marco 12,18-27
... Come angeli nei cieli ...


Nessuno conosce quale sia la condizione degli angeli nei cieli, anche perché nessuno conosce come sia il "cielo". Certamente questa espressione carica di novità ogni possibile tentativo di comprensione. Forse conviene chiedersi in quale modo Dio porta a compimento la creazione? Non certamente in una logica di continuità, ma la realtà prefigura e anticipa, nella speranza, una pienezza che appartiene all'eternità.
Nella domanda fatta a Gesù si mette in luce il dramma della nostra vita, la nostra limitatezza di fronte alla morte e per di più la fragilità dell'amore umano, che tanto dona alla vita, come pienezza, ma che non riesce a "consolare" il nostro bisogno di eternità.
La Scrittura non è un prontuario di risposte al caso, ma ci introduce nel mistero di Dio, quello stesso Dio di Abramo, di Isacco e Giacobbe; un Dio dei viventi che si condivide a partire dall'esistenza. Noi spesso siamo ciechi rispetto alla visione della realtà, di ciò che esiste.

martedì 6 giugno 2017

Tobia 2,9-14 e Marco 12,13-17
Rimasero ammirato di lui ...


Andarono per coglierlo in errore nei suoi discorsi; cercavano con un pretesto come accusarlo; tornarono meravigliati.
La nostra realtà, come quella al tempo di Gesù si presta a facili interpretazioni e strumentalizzazioni, noi stessi siamo i primi che tentiamo di possedere la realtà adattandola ai nostri ragionamenti. Questo, specialmente, quando vogliamo usare della realtà per i nostri fini, a nostro vantaggio. Gesù mostra come di fronte alla realtà e i suoi condizionamenti, la "parola" non è manipolabile. La parola rimane cristallina, cioè limpida e capace di illuminare anche i nostri ragionamenti annebbiati.
Perché rimangono meravigliati?
Perché non è riuscito il loro tentativo di inganno?
Perché Gesù è stato più scaltro di loro?
O perché la risposta, senza nulla giudicare della realtà, propone una alternativa che fa bene alla vita di chi crede. Potessimo anche noi meravigliarci ogni giorno della possibilità che la "parola" del Signore pone nella nostra vita.

lunedì 5 giugno 2017

Tobia 1,3;2,1-8 e Marco 12,1-12
"... e darà la vigna ad altri ..."

Duemila anni di civiltà cristiana in Europa ... e scopriamo un continente in preda all'indifferenza religiosa, se non anche, a una certa irritazione verso Dio. Dio è una scomodità ... Dio è da evitare se si può ... Dio è la causa del fanatismo e dell'integralismo pacifico o violento.
La stranezza, in realtà, è che pur rigettando Cristo, la civiltà europea si è costruita attraverso l'Evangelo di Gesù Cristo, e ora pur rinnegandolo nei fatti, ugualmente ne porta una impronta che però è svuotata del contenuto. Questa condizione è drammatica, perché fragile e destinata inevitabilmente all'estinzione. Ancora una volta i "vignaioli" hanno cercato di impossessarsi della vigna, dei suoi frutti, hanno ucciso il figlio; Dio Padre però sta piantando altrove, nel mondo, nuove vigne, e il Vangelo continua a risuonare sulla Terra nella testimonianza di martiri e di quegli uomini che nel desiderio e nei fatti accettano di essere cristiani, cercando di esserlo fino in fondo.
"Non avete letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?"

domenica 4 giugno 2017

Atti 2,1-11 / Salmo103 / 1 Cor 12,3-7.12-13 / Giovanni 20,19-23
Lo spirito che mette in moto la Chiesa


Il capitolo 20 di Giovanni, originariamente era la conclusione del Vangelo stesso. Ma non solo, la stessa unità di questo capitolo, circa lo Spirito e la vicenda di Tommaso, danno l'idea di una necessità di dovere dare compimento alla narrazione del Vangelo. Non sto ora ad argomentare la questione e le motivazioni esegetiche della doppia chiusura del Vangelo, ma certamente pensare il dono dello Spirito come conclusione dell'attività terrena del Signore, permette di acquisire una chiave di lettura e di comprensione di ciò che dello Spirito, del Paraclito, Gesù ha più volte detto durante il suo ultimo periodo a Gerusalemme.
In Giovanni molteplici sono le affermazioni circa la venuta dello Spirito Santo.
Capitolo 7: "Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato"
Capitolo 14: "Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce." (...) "Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto".
Capitolo 15: "Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza ..."
Capitolo 16: "Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà".
Per Giovanni tutto prende vita; la Chiesa inizia ad essere missione per il mondo, quando il Risorto completa la sua gloria (rivelazione e manifestazione dell'amore del Padre) nel dono dello Spirito Santo. Un dono che in realtà non è una cosa ma una condizione, una azione. Dice Giovanni che lo Spirito pone la Chiesa in missione nell'atto di perdonare i peccati.
Riflettiamo su questo: se il peccato infatti rappresenta la conseguenza della fragilità umana, la salvezza che la Chiesa attua nel tempo è necessariamente legata a risanare dal peccato la nostra umanità per accompagnarla alla sua piena maturità ad immagine dell'umanità di Cristo.
Lo Spirito è lo "strumento" attraverso il quale Dio entra in una relazione plasmante con noi uomini e ci conduce al Padre.
Lo spirito mette in moto la Chiesa per la sua missione, ma attenzione all'assurdo che può accadere ...
Anche in una comunità cristiana può accade che "ci mettiamo di traverso" rispetto all'azione dello Spirito. Metti caso infatti ... che una persona toccata, mossa dallo Spirito nel suo intimo cerchi di vivere con fedeltà la preghiera personale; cerchi di agire con carità rispetto al bisogno dei fratelli e del prossimo; cerchi di istruire e fare riflettere chi ha accanto circa la verità della fede ... Cosa succede?
Succede che i parenti e gli amici iniziano a dire che è un invasato, che sta passando il segno, che non ragiona più, che ha solo quello in testa ... Che non è normale ...
Ma non è normale oppure siamo noi che siamo refrattari al soffio di Dio?
Non vorrei che con lo Spirito la Chiesa si mette in moto ... Ma noi facciamo le sortite dei guastatori e sabotiamo l'azione di Dio.


sabato 3 giugno 2017

Atti 28,16-20.30-31 e Giovanni 21,20-25
Il mondo non può contenerti ...


La conclusione del Vangelo di Giovanni fa eco al il Prologo dove era stato detto che il verbo era venuto nel mondo, e che tutto era stato fatto per mezzo di lui; ora la conclusione della vicenda del verbo incarnato sembra essere questo versetto 25 dell'ultimo capitolo: "il mondo non potrebbe contenere i libri che si dovrebbero scrivere su Gesù Cristo", il mondo non può contenerti.
Questa immagine non solo descrive la straordinarietà del mistero del Dio fatto uomo, ma apre alla contemplazione della nostra vita credente, come possibile libro in cui nella fede, la vita di Gesù viene ancora raccontata attraverso la nostra esperienza cristiana. Un poco come accade circa il destino del discepolo amato, di lui non è detto che non sarebbe morto, ma che la sua testimonianza sarebbe rimasta affinché il Signore continui a venire nel tempo e nella storia. L'importante è che ognuno di noi, come discepolo, segua il maestro  nella propria storia personale.

venerdì 2 giugno 2017

Atti 25,13-21 e Giovanni 21,15-19
Certo Signore tu sai che ti voglio bene ...


Una lettura profonda di questi versetti, mette a nudo una realtà psicologica umana che ci accomuna a Pietro: dire ti voglio bene non è uguale a dire ti amo. Anche noi, quando vogliamo essere brillanti, ma ugualmente non vogliamo impegnarci fino in fondo rispetto a una persona "amata o che ci ama", siamo disposti a dure "ti voglio bene", ma nello stesso tempo a non spingerci fino al "ti amo". Amare Gesù non è però cosa puramente psicologica, anche Pietro conosce quale esigenza Gesù pone di fronte ai suoi amici/amati. Come è possibile poterlo amare? Non si ama Gesù perché si crede in Dio ...; non si ama Gesù perché c'è lo ha detto la nonna ...; non si ama Gesù perché ci fa sentire meglio ... 
Si ama Gesù, in una esperienza di amore che la Chiesa, la comunità di cui prendersi cura; si ama Gesù in una esperienza di amore che è il suo gregge, le persone che ci sono affidate; si ama Gesù quando si ama colui che ti conduce dove tu non vuoi, ma dove tu dovrai dare testimonianza di amore.

giovedì 1 giugno 2017

Atti 22,30;23,6-11 e Giovanni 17, 20-26
La vera fede ...


Restare nella "vera fede", per un discepolo è cosa ben diversa dall'osservanza delle norme o semplicemente avere la percezione di essere credenti.
Forse senza accorgercene abbiamo talmente impoverito il "senso della fede" che neppure ci rendiamo conto che la nostra natura umana risulta indifferente e progressivamente tiepida rispetto al mistero di Dio. Che cosa è la fede se non l'atto di una totale partecipazione rispetto alla conoscenza di Dio, del Dio di Gesù Cristo!
Se non abbiamo mai vissuto questa partecipazione, saremo forse anche credenti, ma non abbiamo ancora vissuto l'esperienza della vera fede. Dal Vangelo di oggi, possiamo capire che la fede in Gesù non è frutto di ragionamenti ma è esperienza di amore. La fede in Dio a partire "dall’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" dice Gesù!