sabato 31 ottobre 2015

Romani 11,1-29 e Luca 14,1.7-11
I doni e la chiamata sono irrevocabili ..


Il Vangelo di oggi non solo ci invita all'umiltà, ma ci apre allo sguardo rispetto alla verità. Il banchetto a cui partecipa Gesù è lo stesso in cui era presente anche quell'uomo idropico, (quello di ieri) un invitato, non invitato ... La Chiesa, la comunità dei Cristiani non può essere per sua natura una cerchia chiusa, un gruppo di elezione (amici farisei) che si atteggiano "santi" nel definire i loro rapporti di forza, ma deve essere costantemente una comunità capace di includere quell'idropico (l'uomo escluso) che attraverso l'accoglienza impara a riconoscere il Signore. Gesù insegna come noi tutti dobbiamo imparare ad osservare ... e ad osservarci.
Così come sono irrevocabili le promesse di Dio a Israele, ugualmente è irrevocabile, cioè immutabile l'identità che la comunità dei credenti riceve dal suo Signore!

venerdì 30 ottobre 2015

Romani 9,1-5 e Luca 14,1-6
Lo stavano a guardare ...


Guardano e tacciono... I farisei, non sanno come reagire. Forse nemmeno se un figlio cadesse nel pozzo si muoverebbero per salvarlo; mentre - Gesù insinua questo - si muoverebbero per salvare il bue. La strana commistione tra leggi, formalità e interessi snatura l'espressione della nostra umanità, la rende falsa e ipocrita. Ciò che Gesù in modo provocatorio pone di fronte a tutti è l'uomo malato, egli è un figlio ... non è una malattia applicata a un corpo, non è un caso umano, non è una sciagura da cui difendersi ... ma un figlio che attende di essere salvato. Questo figlio deve muovere la nostra commozione, deve scuotere la nostra compassione. È necessario che ci lasciamo toccare dalle fragilità umane per sovvertire la durezza che ci rende osservatori inermi. Noi che viviamo nel giorno di Dio,in un sabato che si rinnova in ogni istante, impariamo a fare gli stessi gesti e azioni del Signore ... Si tratta di tirar fuori il bue e il figlio dal pozzo! E sarà sempre un vero sabato! Sarà vera carità!

giovedì 29 ottobre 2015

Romani 8,31-39 e Luca 13,31-35
Una situazione privilegiata ...


Siamo dei raccomandati e neppure ce ne accorgiamo ... e neppure ne usiamo pienamente!
Noi che abbiamo Gesù che ci ama e che è totalmente fedele a questo amore che nulla può separarci da Lui, né "la tribolazione, né l'angoscia, né la persecuzione, né la fame, né la nudità, né il pericolo, neppure la spada"; "ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati".
Tutto questo è stupendo per quanto straordinario. Questo amore di Gesù è semplicemente quell'amore, di cui noi tutti, siamo mendicanti a causa della nostra fragilità umana e delle nostre infedeltà. Dal Vangelo raccogliamo i sentimenti del cuore di Gesù verso di noi oggi: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!". Lasciamoci amare dal Signore e impareremo la nostra vera umanità. Mettiamo da parte le paure, le animosità e soprattutto l'orgoglio.

mercoledì 28 ottobre 2015

Efesini 2,19-22 e Luca 6,12-19
Chi e cosa costruiamo ...


Oggi la Chiesa, ma anche ogni Comunità si presentano come il luogo in cui risuona la preghiera del Signore per coloro che sono scelti e chiamati ... Noi, scelti e chiamati, non qualcun altro ...
La maggiore difficoltà che incontriamo è fare tacere le troppe voci, che sono le troppe sollecitazioni, che affollano la nostra vita ... Farle tacere perché nessuna, anche se attraente e corrispondente ai nostri desideri, ha in se la possibilità di corrispondere alla chiamata che risuona come voce del Signore per edificare il suo tempio Santo! Cioè la comunità dei discepoli, di chi crede; questa è l'abitazione di Dio. Questa "costruzione" non può essere né piccola ne grande, ma deve essere abitabile, capace di accogliere, deve permettere a tutti di fare esperienza di misericordia.
Tutti comprendiamo che fare delle scelte in obbedienza alla "parola" di Dio è fatica, ma ci rende parte di quella costruzione di cui la pietra angolare è Cristo. Ma se Cristo è la pietra d'angolo tutto di me ne assume la conformazione.

martedì 27 ottobre 2015

Romani 8,18-25 e Luca 13,18-21
Vivere come una primizia ...


Pensarci come primizia non sempre è facile, ma occorre provarci! Siamo una primizia, un anticipo e l'inizio di un percorso di gradualità che conduce al compimento di quanto sperato. Ma la speranza non si genera i una idea vaga, ma nella realtà della primizia.
Che cosa è questo essere primizia?
E' primizia (cioè anticipo del regno di Dio) essere liberi figli di Dio ... è primizia esprimere i doni dello Spirito, è primizia la salvezza di cui è già segna la nostra carne in forza della redenzione di Cristo.
Ciascuno di noi non può dimenticare di essere primizia, pur nel pieno delle sofferenze del momento presente, ciascuno è primizia (anticipo) della novità della salvezza che progredisce verso la sua definitiva rivelazione. Questo essere "primizia, questa gradualità è il Regno di Dio nel suo divenire nella storia e nel tempo ... un granellino di senapa ... poco lievito nascosto ... 

lunedì 26 ottobre 2015

Romani 8,12-17 e Luca 13,10-17
Quella donna è stata guarita!


"... era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta." Curva su sé stessa e in sé stessa. Tutti i nostri ripiegamenti i sommano l'uno all'altro generando una catena di frustrazioni: diciotto anni di infermità di debito verso la propria "carne" come ci direbbe San Paolo. Gesù di fronte a questa sofferenza si pone come colui che guarisce: la chiama a sé, impone le mani ... "Sii guarita" ... La volontà di Gesù si esprime in quel gesto plastico del suo agire, quasi come se lui stesso la riplasmasse in quel l'incontro nella sinagoga. Il sabato è sia il giorno del riposo di Dio che il giorno in cui i figli di Abramo vengono "rifatti" ad immagine del creatore e liberati dalla schiavitù di satana. Nel giorno di sabato, Gesù diventa il dono del suo Spirito, per renderci figli di Dio.

domenica 25 ottobre 2015

Geremia 31,7-9 / Salmo 125 125 / Ebrei 5,1-6 / Marco 10,46-52
La fede che grida: "abbi pietà di me"

Mio padre e mia madre mi hanno educato cristianamente ...
Vado a messa ogni domenica ...
Prego tutti i giorni ...
Mi confessò a Pasqua e Natale ...
Faccio le cose buone per chi ha bisogno ...
Acquisto i biglietti delle lotterie di beneficenza ...
Ma questa è fede? ... Pur dopo aver fatto tutto questo mi accorgo che questa non è fede? Non mi può bastare la fede derivante dalle buone abitudini, ma urge una fede consapevole e capace di testimoniare. Abbiamo bisogno di rinnovate, rimontiate la nostra ricerca di Gesù.
Lasciamoci scuotere dalle parole di Gesù: "cosa vuoi che faccia per te?"
Tu (Gesù) cosa devi fare per me? Se Gesù può fare qualcosa per me, bisognerà che abbia chiaro cosa lui può fare ... Questo cieco sa che Gesù compie segni straordinari, ed è proprio per questo che gli chiede quel segno che nessuno è in grado di realizzare per Lui.
Abbiamo bisogno di vedere Gesù come figlio di Dio ... Non come uomo straordinario, ma figlio dell'unico Dio.
Abbiamo bisogno di vedere Gesù come maestro, come colui che mi insegna il senso della vita. Il cieco urla disperazione e desiderio insieme, urla abbi pietà di me ...
Non è un peccato urlare Signore pietà di me! Non è una umiliazione, ma è ricerca di senso, quel senso che solo Lui sa dare.
Abbiamo bisogno di vedere Gesù come salvatore, come colui che unico può dare alla mia storia un fine eterno, una realizzazione nell'amore, un vero significato.
Abbiamo bisogno di vedere Gesù, di vederlo bene, di comprendere che lui c'entra con la nostra vita e che per questo c'entra con la fede ... Ho bisogno di vederlo, nella chiesa, nei fratelli, nell'uomo, nei segni, nella Parola, nei sentimenti nell'amore ... Ho bisogno di vederlo per potermi innamorare di Lui. Se non ti vedo non mi innamoro, se non ti vedo non ti amo. Gesù invece vuole che io lo veda, e vedendolo lo segua.
Dice Marco che quando il cieco ci vide, "iniziò a seguire Lui nella strada ..."
Questa conclusione in realtà è l'inizio di quel cammino che accompagna Gesù nel salire da Gerusalemme a Gerico, per compiere, nella città Santa, la volontà del Padre.
In quel l'incontro il cieco di Gerico diviene discepolo ... Quale incontro fa di me un discepolo? Signore figlio di Davide fa che io ti veda.

sabato 24 ottobre 2015

Romani 8,1-11 e Luca 13,1-9
Lo spirito per la carne!


Contrapposizione carne e Spirito? Non basta soffermarci sulla reale fragilità della carne: desideri, inclinazioni, inadeguatezze ... Ma neppure sulla radiante apertura dello Spirito: tendere verso la vita e la pace. Paolo ci suggerisce inoltre due interessanti notizie; la prima è che Dio Padre ha mandato a noi il figlio in una carne come la nostra, e che lo stesso figlio, con la sua vita, morte e risurrezione salva il nostro corpo.
La carne da sola è morta, lo Spirito da solo non dà vita ... Spirito e carne, sono i costituenti del corpo di un "uomo nuovo", quello che non solo è destinato alla vita eterna, ma che nel tempo, con gradualità e costanza anticipa e afferma la vita eterna.
Il cristiano, ogni giorno converte la sua carne con lo Spirito del risorto! Ogni giorno! Non una volta per tutte; la carne, ogni giorno, per divenire "carne del corpo" ha necessità dello Spirito di Cristo, quello spirito che la porta a compimento.

venerdì 23 ottobre 2015

Romani 7,18-25 e Luca 12,54-59
Psicoterapia divina ... Il nuovo della fede


La confusione, il senso di inadeguatezza, l'esperienza del limite ... tutto quanto è parte della normale vita umana, ciascuno di noi ne ha provato le condizioni, spesso disarmanti e umilianti. Quanto è importante in queste condizioni fare quel discernimento che ti apre una prospettiva nuova e di libertà, una prospettiva che non sia rinchiudersi nelle conseguenze del limite. "Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!"
Questa esclamazione di Paolo è illuminante ... La fede in Cristo cessa di essere un atto razionale per diventare il cuore esistenziale della vita. La fede è quella compensazione che permette di colmare le fragilità e i limiti portando non nella condizione di un semplice accomodamento, ma dischiudendo la possibilità data alla nostra natura umana: "nel battesimo siamo nuove creature", "rivestiti di Cristo", ciò significa che possiamo accedere e generare la realtà nuova della Grazia.

giovedì 22 ottobre 2015

Romani 6,19-23 e Luca 12,49-53
Peccato o giustizia? La Santificazione!


Paolo non ha mezzi termini, ciò che è del mondo è determinato dall'impurità e dall'iniquità. Ciò significa che il mondo non ha quella trasparenza e verità che gli sarebbero necessarie per corrisponde al bene di tutti gli uomini. La contrapposizione che il cristiano suscita, come Gesù stesso, non è una intensificazione dell'ingiustizia, ma una espressione della libertà...
Per raggiungere il bene occorre convertire il cuore dall'ingiustizia. Questo cambiamento da gioia, certamente, ma non è del tutto indolore. La nostra stessa vita è fatta di costante mediazione tra scelte di iniquità e di giustizia (tra male e bene), essa porta in sé le ferite e le tracce di questo cammino di conversione, tracce che esprimono la loro sofferenza come anelito a chi ci può salvare dall'oppressione del male, non sono semplici sfoghi psicologici. Paolo non ha dubbi, la sofferenza e la fatica della conversione sono ripagate ampiamente dai frutti della nostra santificazione, perché di questo si tratta: la conversione del mondo è santificazione! La fatica è quindi operare la santità!

mercoledì 21 ottobre 2015

Romani 6,12-18 e Luca 12,39-48
Offrire se stessi a Dio


Ieri ho fatto un grave errore, sarà la vecchiaia ... ho anticipato la meditazione delle letture del giorno seguente ... Per cui oggi recuperiamo quelle di ieri ... Oggi poi, ricordiamo nella memoria liturgica San Giovanni Paolo II, nel giorno in cui ha iniziato il suo ministero di vescovo di Roma, e di Papa della chiesa universale.
Tutta la vita è un continuo cercare e ricercare a chi, o dove, poter offrire se stessi.
In questo cercare il porto dove gettare l'ormeggio, non è sempre facile evitare e discernere le realtà di peccato, ma se anche fosse, basta che una sola volta ci sia in noi il desideri di obbedire a Cristo, che si infrange l'obbedienza al peccato per "iniziarci"al l'obbedienza per la vita, questa richiede di offrire noi stessi alla giustizia di Dio.
Offrire se stessi indipendentemente dalle debolezze, esprime la fedeltà dell'essere servi in attesa del proprio Signore; la fedeltà esprime l'obbedienza del cuore, la fedeltà è un percorso umano che Cristo accompagna con la misericordia

martedì 20 ottobre 2015

Romani 5,12-21 e Luca 12,35-38
Pioggia abbondante...


Il dono di Dio, che si rende evidente ed efficace attraverso Gesù, come misericordia che sana il peccato e pone nella morte la possibilità della vita eterna, è per il credente, simile alla pioggia che cade abbondantissima e impregna la terra, ne gonfia i corsi d'acqua fino a farli esondare. La grazia di Dio non può che essere abbondante!
È alla luce di queste parole di Paolo che siamo invitati a fecondare con la fede la nostra giornata, perché sia lo spazio sacro dell'agire e del manifestarsi della salvezza, una condizione da riconoscere e verificare.
Come verifico che la salvezza è una realtà in atto?
Se Gesù non lo attendo, cioè non ne desidero la presenza, la vita, l'amore, con la stessa disposizione d'animo di colui che sta "con la cintura ai fianchi e ma lucerna accesa", non sarò mai capace di verificare la salvezza. L'esperienza della salvezza non è una conseguenza esterna derivante dalla fede, ma è prima di tutto una condizione personale che viene donata dal Signore "nell'amicizia" con Lui.

lunedì 19 ottobre 2015

Romani 4,20-25 e Luca 12,13-21
Pienamente convinti?

Tutte le promesse fatta ai Padri orientano il nostro sguardo verso Gesù; si fissano sulla sua vita, morte e risurrezione, e a loro volta, diventano oggetto della nostra speranza e del nostro credere. In questo modo possiamo trovare consolazione circa un cammino dell'uomo che non è un brancolare nel buio della storia ma che è un progredire di fede in fede verso il compimento della promessa, quella apocalisse che è svelamento del volto del Padre: "lo vedremo così come egli è".
Nel Vangelo di oggi, sono descritti due limiti del nostro camminare nella storia: un primo limite è la prospettiva ristretta dello sguardo: "Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia", questa non è una prospettiva eterna, durevole nella quantità e nemmeno nella qualità; e il secondo: "Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni", i surrogati dell'esistenza, il modo di vedere e gustare il presente. La fede colora il realismo cristiano, che non è mai fatalismo e cedimento rispetto agli accadimenti, ma è credere che le promesse di Dio sono sempre implicate nella realtà. È questo atteggiamento che ci rafforza nella fede per la gloria di Dio.

domenica 18 ottobre 2015

Isaia 53,10-11 / Salmo 32 / Ebrei 4,14-16 / Marco 10,35-45
Servus servorum Dei!


Nella Chiesa cattolica, il vertice che la guida viene così indicato: Vescovo di Roma; Vicario di Gesù Cristo; Successore del principe degli apostoli; Sommo pontefice della Chiesa universale; Primate d'Italia; Arcivescovo e metropolita della Provincia Romana; Sovrano dello Stato della Città del Vaticano; Capo del Collegio dei Vescovi; e in ultimo, Servo dei servi di Dio ..
Quest'ultimo titolo risuona diversamente da tutti gli altri, e liberandosi da ogni condizionamento storico e culturale ci immerge totalmente nel cuore del Vangelo e della vita di Gesù. Appunto, questo Vangelo è un eco attuale di quelle sue parole che scandalizzano e di come da subito, accoglierle, ha generato problemi già nella piccola comunità nascente.
Ma così come è colui che guida la Chiesa, allo stesso modo è ogni battezzato: le parole di Gesù riguardano tutti, e tutti i secoli.
Un servo come il servo di Yhwh ... Gesù ... Il servo del servo ...
Che cosa è il SERVIZIO nella Chiesa? Quel "tra voi non è così come nel mondo", non è un suggerimento ma la condizione di un popolo nuovo, l'identità di chi appartiene al regno e vuole realizzarlo ... Perché se tra noi è come nel mondo, non esiste alcuna novità e nessuna differenza ... Allora diventa importante esprimere e vivere il SERVIZIO come identità cristiana a partire da questa nostra comunità parrocchiale.
Gesù individua alcune condizioni proprie di chi vive e scelte di Servire:
Bere il suo calice ...
"Padre grazie ma se è possibile passi ad altri il calice della passione che sta per compiersi ..." Il servo non è un volontario, ma è chi cerca la volontà di Dio ed è disposto a farla fino in fondo.
Essere immersi nella sua stessa immersione ...
Gesù è immerso (incarnazione) nella nostra natura umana al punto che non si scandalizza ne allontana dalle sue fragilità: "non sono venuto per i sani ma per i peccatori ..." Il servo non si scandalizza della fragilità umana ma, anche con fatica la fa propria.
Chi vuole diventare grande sarà di voi servo ...
La grandezza è la conseguenza dell'amore profuso e donato. La grandezza non è il mio "ego" rigonfio di gratificazione, ma l'eco del mio amore come dono gratuito.
Chi vuole essere il primo sarà di tutti schiavo ...
Servo ci può stare, mi da l'idea di mettermi a sevizio di una buona causa, ma schiavo è troppo forte. Lo schiavo non ha più diritti, non appartiene a se stesso, non ha identità sua propria. Lo schiavo ha un'unica referenza: il suo padrone ... E Gesù dice che i suoi discepoli sono schiavi di tutti ... Una Chiesa schiava ... Una comunità schiava, non una comunità dove il servizio è tradotto in opportunità lavorative, di interesse, di azioni  religiose ... Educative ... Formative ...
Il servizio del discepolo che cosa è:
Servire non corrisponde al fare le cose, quella è praticoneria; ma del servire come nostra comune vocazione ... Servire non è attendere che il parroco ti chieda di fare qualcosa ...
La motivazione del servire è semplicemente l'amore per l'uomo e l'umanità.
Coltivare la compassione è permettere al servizio di farsi strada in noi; ma non basta!
Occorre avere il gusto del rispetto del mio fratello! Il rispetto dell'altro!
Il servizio non corrisponde al far fronte ad una necessità, per quanto grave e impellente - nel qual caso si chiama aiuto o volontariato - ma è profeticamente mettersi a disposizione non occasionalmente, ma come modo e stile di vita.
È in questa chiave di lettura del nostro discepolato, che possiamo adeguare la nostra conversione, il nostro rinnovamento comunitario, alla luce delle Parole profetiche del Signore.

sabato 17 ottobre 2015

Romani 4,13.16-18 e Luca 12,8-12
La fede non è di tutti...

Brutto a dirsi... ma oggi è proprio così! Quella fede che è di Abramo è necessaria per giustificare la nostra ma non è sufficiente a garantirla. Se ammettiamo che la fede è dono, cioè una grazia che è da Dio, dobbiamo anche ammettere che deve trovare dimora nella nostra libertà umana; diversamente è una grazia in potenza e non in atto.
Ogni battezzato è in potenza un uomo o una donna di fede, ma non in atto!
Il passaggio dall'essere in potenza all'essere in atto è il percorso di Abramo, fino ad arrivare alla condizione di chi contro le cose sperate (attese/desiderate), come la vita eterna, mise il proprio aver fede in quelle stese cose sperate. Questa è la fede: credere in ciò che si spera ... contro ogni cosa sperata!
Vangelo di oggi: "Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio". Tutta la fede è allora nel crede in Gesù figlio di Dio!

venerdì 16 ottobre 2015

Romani 4,1-8 e Luca 12,1-7
Quando a fede scricchiola ...


Il punto di partenza è questo: Abramo credette a Dio e questo suo atto di fede fu causa della sua salvezza. Dio ha amato Abramo e a riversato su di lui la sua misericordia per il semplice fatto che Abramo ha creduto. Tutto quindi nella logica dello scambio? Io ti do la mia fede e tu mi dai la tua giustizia? Troppo facile e scontato! Troppo umano!
Forse è proprio per questo ragionamento troppo umano che la nostra fede spesso viene meno, e che non si riesce a gustare il "sapore" della salvezza. L'indifferenza rispetto alla fede, rispetto alla possibilità di credere, è come un buco nero rispetto all'universo, tutto dissolve nel nulla e nel vuoto. Nel Vangelo di oggi Gesù si rivolge ai discepoli con questa espressione: "Dico a voi, amici miei" ... La fede che Gesù accende non è conseguenza razionale rispetto a una dottrina, ma è proposta di amicizia; una relazione che chiede reciprocità. Forse proprio per questo, Abramo è detto nella scrittura: "l'amico di Dio". La mia fede si alimenta in una relazione di amicizia con il Signore?

giovedì 15 ottobre 2015

Romani 3,21-30 e luca 11,47-54
Con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione.

Le parole di Gesù non riscuotono successo da parte di scribi e farisei, così pure le parole di Paolo trovano una ostilità e incredulità, da parte di quei fratelli che sono partecipi della comune, cioè di tutti, giustizia di Dio.
Si ha così l'impressione di un farsi strada della misericordia del Padre attraverso una ostilità umana che tenta di opporsi all'unica realtà che può liberare l'uomo dalla sua situazione di peccato, cioè di limite morale: la fede in Gesù.
Il cuore del discorso di Paolo (in Romani) è questo: "Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge".
É Gesù lo strumento che il Padre usa per causare la nostra salvezza (la sua giustizia e la giustificazione). Il legame (relazione/conoscenza/amicizia) che ho con lui costituisce e rappresenta il mio "atto personale di fede". 

mercoledì 14 ottobre 2015

Romani 2,1-11 e Luca 11,42-46
Dal Vangelo alla vita

Spesso leggendo san Paolo siamo portati a considerarne principalmente la valenza morale; in realtà Paolo ha solo un approccio un poco duro, ed un carattere pungente ... ma anche un amore al Signore, che rappresenta il fulcro di ogni sua azione, sia intellettuale che pratica.
Ciò che muove Paolo è aver sperimentato la ricchezza di Dio: "O ti prendi gioco della ricchezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione?"
Lui stesso è passato attraverso la conversione!
Tale conversione rappresenta il tentativo quotidiano di dare forma alla vita come "vita del discepolo": consapevole di appartenere a Dio, di essere artefice di giustizia ed espertio di amore. Paolo non può negare il suo temperamento, ma con umiltà lo ripone in Dio.

martedì 13 ottobre 2015

Romani1,16-25
Cosa rivela il Vangelo?


Domanda interessante, la risposta non è così scontata. Per molti il Vangelo racconta la storia di Gesù;per Paolo, ne rivela primariamente il suo volto. Lui che mai ne ha fatto diretta esperienza, attraverso il Vangelo lo ha conosciuto realmente. Il volto di Gesù, la sua persona, è ciò che il Vangelo ha generato per Paolo; ed è solo attraverso Gesù che Paolo ha compreso "la giustizia" di Dio, cioè la sua misericordia, il suo essere Padre provvide te e buono. La giustizia di Dio quindi, non in ordine alla legge e al giudizio, ma in ordine all'amore, quell'amore per il mondo che ha causato il dono del proprio Figlio: in questo, "tutto Gesù" è rivelazione del Padre e quindi è Vangelo. Dire Vangelo è dire rivelazione di Dio. Vangelo: tutt'altro che un libro impolverato! Vangelo: il modo della "vicinanza" di Dio.

lunedì 12 ottobre 2015

Romani 1,1-7 e luca 11,29-32
Il Vangelo promesso ...

Certo che Paolo vede più lontano di ciascuno di noi ... 
Noi che non siamo ancora capaci di vedere bene il Vangelo promesso nelle scritture ... E forse nemmeno abbiamo ancora chiaro come quel Vangelo riguarda Gesù ... e riguarda la fede.
Vangelo: genere letterario narrativo della storia, di una vicenda riguardante un uomo più o meno significativo? No!
Vangelo: "C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico" (L'aquiline - G.Pascoli). L'eco della consolante amicizia di Dio risuona nelle Parole dei profeti, per portare nel mio giorno quella salutare nostalgia di Dio, che con Gesù diviene certezza di un amore eterno. Questo è il "Segno di Giona" di cui Gesù si fa interprete e concretezza.   Quel segno che rappresenta non un semplice richiamo ma l'occasione scatenante il cambiamento. Il Vangelo, allora, non è una narrazione ma il segno vivente, causa scatenante la mia vita cristiana. 

domenica 11 ottobre 2015

Sapienza 7,7-11 / Salmo 89 / Ebrei 4,12-13 / Marco10,17-30
Vivente è la parola di Dio ...


Questa espressione di Ebrei, supera ogni aspettativa circa l'efficacia della parola ... Essa è vivente! Quasi a portarci davanti a noi stessi la vita di Dio, la sua stessa vita! La mia parola è suono di un vivente ... Quella Parola di Dio è viva in se stessa ... Ha vita per sé stessa, ed implica non solo una risposta, ma pure una dinamica relazione.
In questo modo l'incontro con quel tale che vuole avere in eredità la vita si apre a una triplice domanda di Gesù:
- conosci i comandamenti?
- quanto è difficile, per chi possiede ricchezze entrare nel regno di Dio?
- cosa sei disposto a lasciare per seguirmi?
Tre domande che delineano una progressione ben precisa di chiunque vuole essere discepolo di Gesù. Una progressione che ha origine non da noi stessi, non è una nostra iniziativa, ma da quella Parola di Gesù che è viva!
Quella Parola è il suo sguardo di amore, che mi penetra nel profondo e mi conosce (Salmo 138: Signore tu mi scruti e mi conosci ...).
Il primo impatto con la Parola da parte mia è sentirmi giudicato; da parte di Gesù è darmi una altra prospettiva di sguardo: "tutte queste cose ho osservato ..."
Ma il mio guardare era riflesso di me stesso, escluso del vedere di Dio e verso Dio, incapace del suo sguardo di amore. Per questo il mio volto è scuro e il mio andare è triste!
Se guardo con amore, ogni cosa, in risposta mi interroga sul modo che ho di amare; le persone che ho accanto, non mi sono neutre, mai!
Le amo o non le amo, le apprezzo o le ignoro, le stimo o le disprezzo ... Proprio perché sono umanamente combattuto, Gesù mi dice: fa come me, amale! Prenditele a cuore.
Che fatica ... Ci vuole veramente un grande impegno ...
Per questo è più facile legarsi alle cose, al potere, ai soldi, al prestigio ... È facile legarmi a tutto ciò che posso amare, con un amore autosufficiente e gratificante: "amare le ricchezza", è gratificante al massimo, ma con quel tipo di amore mi privo dell'unico amore necessario: amare l'altro. L'altro è ciò che mi permette di ereditare la vita, entrare nel regno. Per questo è difficile coniugare ricchezza e regno, perché è una questione di cuore, di amore ... Non di semplice conto corrente ... Anche se una cosa resta: "chi è ricco non entra"!
Rapito dallo sguardo di amore di Gesù, educandomi ad amare con sobrietà i fratelli, imparo a mettere ordine alla vita. Il "lasciare" non è un rinnegare, ma un consegnare ... I miei affetti la mia possibilità di amare non li rinnego, ma li offro a tutti; abbandono una relazione esclusiva per generare una relazione nella comunione.
Che cosa devo lasciare?
Tutto ciò che vivo come "cosa" esclusiva, tutto ciò che dice: questo è mio ... Il "mio" mi conduce ad amare le ricchezze ... E a non entrare nella vita eterna.
Il discepolo diventa capace di trasformare tutto ciò che è "il mio" spazio, "il mio amico", "il mio lavoro", "il mio stipendio", "la mia casa", "la mia famiglia" ... In quella condizione di dono, di gratuita che genera la Chiesa.
La Chiesa non come rassicurante spazio dei servizi religiosi, ma come condizione nella quale con i miei fratelli sto in relazione, in compagnia e comunione con il Padre: questa è già adesso la vita eterna, questa è la ricompensa.

sabato 10 ottobre 2015

Gioele 4,12-21 e Luca 11,27-28
La mia gioia sei tu ...


Quella donna che d'in mezzo alla folla Ti benedice, esprime tutta la gioia di chi Ti incontra e trova nelle Tue parole quella consolazione che mette pace nella vita. Quella donna più di tutti gli scribi e i farisei ha compreso che il mistero di Dio non è nascosto nelle norme della Legge, ma si rivela nella carne. Quella carne nella quale, il mistero stesso diviene beatitudine e benedizione, di generazione in generazione. Gesù però immediatamente riconduce la felicità della donna alla condizione per cui, in ogni momento è possibile la memoria di quel l'incontro apportatore di pienezza. Noi interpretiamo le "parole ascoltate" come il Vangelo, per  la donna invece, le "parole" sono il contatto, l'incontro reale con Gesù stesso. Mettersi in ascolto delle parole, e farle, non è semplicemente un leggere e un agire morale; l'ascolto diviene risonanza nella vita della memoria che io posso fare del Signore. Questa memoria è eco e pienezza, mi riporta a Gesù e mi riempie di Lui.

venerdì 9 ottobre 2015

Gioele 1,13-15.2,1-2 e Luca 11,15-26
Vieni Gesù nella tua casa...

Lo spirito maligno, viene figurato come il conquistatore e il devastatore della casa, immagine della nostra vita e dello spazio in cui Dio trova la sua dimora. Ogni occasione in cui Dio dimora in noi, manifesta quella "fortezza" che è la virtù umana e divina di vincere il male con il bene. Quando Gesù dice "allora è giunto a voi il regno di Dio".
La condizione della casa soggetta al male è una condizione di dispersione, nulla raggiunge il suo fine, tutto è dominato dalla forza e dalla prepotenza del numero...
Ma quando il Signore viene a dimorare nella vita, lui stesso si pone a difesa della casa, della vita affinché tutto sia al sicuro in vista dell'eternità.
Come si fa a dire che Il Signore dimora in noi? Tutto ciò che ci riconduce alla comunione e all'unita di un solo corpo è un solo Spirito, tutto questo è segno di ciò che non si disperde e annuncia il regno di Dio, la presenza del Signore nella vita.

giovedì 8 ottobre 2015

Malachia 3,13-20 e Luca 11,5-13
E' inutile servire Dio ...

Se Dio, come un amico bussa alla tua porta e chiede di entrare per essere ospitato da te, per essere parte della tua vita, tu cosa rispondi?
Non mi importunare ...
Che vantaggio abbiamo avuto nell'osservare i tuoi comandamenti ...
Non c'è nulla di sensazionale nel seguire la tua Parola ...
Ma Dio continua a bussare con timorosa insistenza ... Tu cosa rispondi?
Dio stesso continua a bussare alla soglia della nostra vita per entrarvi e così dare inizio alla sua venuta. Quando viene il Signore? Il Signore viene quando io apro la  porta del cuore con una scelta di libertà che coinvolge sia i miei interessi che la mia ragione ... ma soprattutto la mia piena umanità ... Non si può scegliere Dio se non in una libertà in cui l'unico vantaggio che riconosco è di immergermi nell'esperienza dell'amare.
Quell'amore divino che è il compimento di tutto il mio amare umano: "Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!".

mercoledì 7 ottobre 2015

Giona 4,1-11 e Luca 11,1-4
Porgi l'orecchio, Signore, alla mia preghiera ...

A quale preghiera il Signore dovrebbe porgere l'orecchio? A quella di Giona?
A quella di Gesù?
La preghiera in entrambi i casi è lo spazio in cui viene trasformato il cuore, si converte e raggiunge i vertici di quella misericordia che è riflesso dell'amore del Padre.
Ciò che Giona recrimina è che Dio in fin dei conti è "misericordioso e clemente, longanime, di grande amore e che ti lasci impietosire", ed è questo Dio che Gesù chiede a noi di imparare a conoscere. La preghiera insegnata al discepolo è innanzi tutto un esercizio/esperienza di memoria, poi di contemplazione ed infine di conversione nell'azione. Quando la preghiera diventa espressione di questa "completezza" non sarà mai una richiesta a Dio, perché venga esaudita, ma sarà il modo in cui il tutto della vita entra nel mistero di salvezza.

martedì 6 ottobre 2015

Giona 3,1-10 e Luca 10,38-42
Giona converte Ninive ...


Ninive si converte perché Giona si converte; anche se contrastato nelle sue motivazioni, Giona si pone a servizio della misericordia di Dio. È la misericordia di Dio che fa breccia nel cuore di Giona e lo dispone a spendersi per accogliere la missione che Dio gli ha affidato: fare breccia con la medesima misericordia nel cuore di Ninive, uomini e animali. Per convertirci è necessario fare esperienza di quella sosta rinfrancante propria di chi accoglie di Gesù nella vita ed è disposto a gustarne sua presenza, ad ascoltare la sua parola e a dimenticarsi di tutto pur di stare in lui ... Santi momenti di dimenticanza ai suoi piedi. Come pure per convertirci occorre che convertiamo! Chi mai ho convertito attraverso la mia conversione? Occorre fare esperienza di quel l'agire senza sosta che è la missione: spendersi senza riposo, consumarsi come condizione per cui la misericordia diventi un vero dono, totalizzante, e non una concessione.

lunedì 5 ottobre 2015

Giona 1,1-16.2,1.11 e Luca 10,25-37
Desiderare Dio ...


Il desiderio nasce nell'esperienza!

Non si può mettere Dio a forza bel cuore dell'uomo. Quando il dottore della legge interroga Gesù, su come entrare nella vita, in realtà confessa la sua fatica rispetto a una osservanza della legge che non lo ha portato a "conoscere" Dio veramente. Gesù gli chiede di entrare in una esperienza che è quella del Samaritano: conoscere Dio attraverso la misericordia. Usare dell'amore per imparare ad amare ciò che ci è difficile e contrario, ciò che ci è lontano e ripugnante, ciò che ci è indifferente e ostile. Questo perché Dio si rivela nell'amore, e si incarna nell'amore; in quel l'agire lo si riconosce. L'esperienza dell'amore ti permette di superare il Levita che è in te; il Sacerdote che è in te, e di approdare a quel Samaritano che è disposto a pagare di persona (due denari, cioè la compassione) il costo dell'amore; ma questo è Dio!

domenica 4 ottobre 2015

Genesi 2,18-24 / Salmo 127 / Ebrei 2,9-11 / Marco 10,2-16
Il Regno dei Cieli va accolto come lo può fare solo un bambino!


Dopo avere per più volte descritto e raccontato il Regno di Cieli, come la realtà nuova, come il modo in cui si rende concreto ciò che è Dio, e ciò che è di Dio nella vita umana, Gesù va oltre, chiede di comprendere come fare spazio a questa realtà nuova.
Ogni discepolo deve essere come un bambino che di fronte a una proposta, la fa sua attraverso un desideri totalizzante, che lo coinvolge senza riserve.
Questa è una immagine che suggerisce quella accoglienza che va oltre alla assimilazione, che va oltre al l'adeguamento, ma ci coinvolge da subito una conversine rispetto alla proposta che il Regno dei Cieli contiene.
Il discepolo allora diviene portatore della proposta di Dio, di una relazione con lui, di un amore che ha origine nell'eternità, di una tenerezza che è misericordia ...
Tutte esperienze che possono appartenere all'uomo, ma che sono una esclusiva di Dio.
Anche la famiglia fa parte delle esperienze che appartengono al Regno dei Cieli.
Nonostante i continui tentativi di spogliarla della sua trascendenza, la famiglia appartiene al Regno e alle "cose sacre".
"Monsignore ama un uomo", ultimo scandalo Vaticano, esplicita come il tentativo di svuotate la sacralità viene perseguito a tutti i livelli e in tutti i modi.
L'antifamiglia, perché di questo ormai si tratta, serve ad azzerare il valore delle relazioni affettive e a fissare in modo istituzionale i vincoli parentali e di amore. La scusante della libertà di amare come assoluto e forma di rispetto ci parla solamente di un amore vissuto, pensato e generato dentro la natura umana ... Trascurando che ciò che è umano è opera di Dio ... Le relazioni umane trovano la loro verità è il loro compimento solo in quella trascendenza che le porta a Dio. Diversamente tutto si esaurisce in forme gratificanti più o meno sofisticate e giustificate.
L'antifamiglia porta all'isolamento, all'individualismo al baratro della solitudine esistenziale, pur all'interno di vincoli che risultano semplici convivente, semplici accompagnamenti ma mai vere comunioni, mai vera incarnazione: "unità di una sola carne".
Il discepolo di Gesù è l'uomo è la donna che dalla Parole viene a conoscere il modo in cui Dio ha creato l'uomo e il suo modo di essere. Conosce Dio come origine e fondamento ... E impara che le relazioni umane so collocano e si generano nell'esperienza della fedeltà e sacralità ... Poi viene tutto il resto ...

sabato 3 ottobre 2015

Baruc 4,5-29 e Luca 10,17-24
Gesù esultò nel suo spirito!

Questa espressione significa che Gesù ha gioito intensamente della testimonianza dei discepoli.
Il Vangelo non ci fornisce semplicemente la cronaca, il raccontino una esperienza, ma ci rende partecipi di un evento di Dio: come il Signore si sente parte di quella stessa esperienza.
La potenza di Dio, la novità del Regno dei cieli che essi andavano raccontando (annunciando/vivendo) trapelava dalla loro vita e dava ragione delle parole del maestro. La vita toccata dalla misericordia di Dio si converte e dischiude il cuore alle "cose" nuove che l'amore è capace di generare.
Questa è la vera beatitudine, quella che in tanti avrebbero desiderato vedere e non videro ... Noi in Gesù, con Gesù e per Gesù non solo la vediamo ma come i 72 la possiamo realizzare.

venerdì 2 ottobre 2015

Esodo 23,20-23 e Matteo 18,1-5.10
L'amico invisibile

Quando eravamo bambini, era facile con l'immaginazione, pensare e credere che un amico invisibile ci custodiva e giocava con noi. Un amico fedele che mai ci avrebbe tradito. Spesso questa convinzione trovava il sorriso disincantato degli adulti, spesso incapaci di sentirsi custoditi e accompagnati e ormai abituati a vivere  nella solitudine.
L'affidamento al "messaggero divino" rappresenta una parte della promessa a Israele. Tale Parola ha un fine: condurre nella terra promessa, cioè portare a compimento quel cammino di liberazione e di fedeltà che in altro modo possiamo intendere come entrare nel Regno dei cieli. Questo custodiarci e questo accompagnarci,  non è suggestione psicologica, ma si traduce in una educazione al regno dei cieli.
"Farsi piccoli come i bambini" ... ci permette di superare il limite di chi "troppo grande" non si lascia custodire e non si lascia codurre a ciò che vede l'amico invisibile. 

giovedì 1 ottobre 2015

Neemia 8,1-12 e Luca 10,1-12
La gioia della Parola


All'ascolto della Parola, della Legge, il popolo pianse quasi riconoscendo la propria infedeltà; ma la parola del Signore trasforma la tristezza in una occasione di Gioia: "Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza!"
Ogni Parola di Dio è data per la gioia, perché ogni Parola ascoltata non si ferma alle orecchie ed entra nella testa, ma nel cuore e nella vita. La gioia corrisponde alla risposta della vita, la quale si riconosce visitata da Dio. In questo senso comprendiamo anche l'invio dei 72 discepoli in tutti i luoghi nei quali il Signore stava per recarsi, in tutti i villaggi e le città di Israele. Gli spazi della vita umana sono visitati anche oggi dal Signore in una modalità concreta: attraverso la sua Parola, quella stessa parola che si lega alla umana quotidianità.
È un invito fuori dal tempo e dalle circostanze quello di divenire annunciatori della gioia del Vangelo: "la messe e molta ma pochi sono gli operai" ... Oggi la mia stessa vita può essere utile a comunicare la gioia del Vangelo.