domenica 28 aprile 2024

Il mare che è Dio

1 Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 11,25-30

Santa Caterina

Conoscere Dio, conoscere il Pdre non è una estenuante conquista intellettuale, ma semplicemente un dono da accogliere e solo un cuore umile entra in questa relazione di reciproca conoscenza. Oggi facciamo memoria di una campionessa di umiltà: Santa caterina da Siena, che sia lei a dirci come le siano state rivelate le cose di Dio. La Santa Patrona d'Italia ha paragonato il mistero del Dio uno e trino al mare… un mare sconfinato e profondo, dal quale attingere conoscenza e vita: "Tu, Trinità eterna, sei come un mare profondo, in cui più cerco e più trovo, e, quanto più trovo, più cresce la sete di cercarti!".

Vita da tralci ... vita da discepoli

At 9, 26-31; Sal 21; 1 Gv 3,18-24; Gv 15,1-8

Portare frutto sembra essere la costante di questo vangelo, ma anche della vita cristiana, cioè dell'essere discepoli. Ma poi, portare quali frutti? I miei frutti? I frutti che produco se Gesù è unito a me? E di che frutti si tratta?
Si perché essere cristiani per molti è seguire delle regole e dei precetti religiosi, ma essere discepoli é altra cosa, è innanzi tutto avere coscienza di essere in una relazione reciproca e viva con Gesú, col maestro.
Questa differenza mette in evidenza l'impossibilità di portare frutto seguendo e obbedendo a delle regole, mentre il frutto è conseguenza della gioia dell'amicizia.
Vogliamo portare frutto? Ma cosa significa e come si fa?
Tutta la relazione tra la vite e i tralci ha questo fine, questo obiettivo: portare frutto.
Il termine “frutto”, ricorre cinque volte, e questa frequenza evidenzia la sua importanza: l’agricoltore ha cura della vigna, la pota, se ne prende cura ma il fine di tutto questo non è tanto il benessere della pianta, quanto il frutto che intralci porteranno ...
Si perché sono solo i tralci che portano frutto. E se un tralcio non porta frutto significa che manca qualcosa ... come minimo manca quella linfa della vite che lo rende vivo.
Alla luce di questa immagine la nostra esistenza  acquista chiarezza, acquista senso e significato.
Ciascuno di noi desidera che la propria vita non sia sterile, ma che porti frutto; desideriamo che la nostra vita abbia un senso compiuto, abbia consistenza, e soprattutto che la nostra vita non finisca con noi.
Ebbene, quando e come accade tutto questo? E anche: quando e come non accade?
Un elemento da tenere presente, ma che non basta da solo è il nostro desiderio di realizzare una vita bella e feconda, occorre riconoscere anche e insieme  il desiderio di Dio che precede il nostro e lo accompagna. Dio desidera per noi una vita buona, proprio come ogni padre lo desidera per i suoi figli.
Oltre il desiderato, Gesù ci dice che occorre rimanere: un tralcio non può far frutto da solo, senza una vite che lo faccia vivere. Se la nostra vita si lega a dei precetti religiosi, sarà solo un continuo giudizio, ma se è unita a Gesù sarà una vita piena dei suoi sentimenti, dei suoi pensieri, delle sue parole ... rimanere significa stare in quei sentimenti, pensieri e parole, significa abitarli ... non passarci sopra o accanto, ma possederli come uno spazio vissuto abitato. 
Ecco che emerge una condizione particolare della vita cristiana: essa cresce quanto si diventa accoglienti della vita di Dio, e tanto quanto si è consapevoli che senza di Lui non possiamo fare nulla.
Si tratta allora di rimanere in una vita più grande di noi, nella vita di Dio.
E perché questo accada, la strada è quella di accogliere la Parola, di rimanere in ascolto: Gesù dice infatti che rimaniamo in Lui tanto quanto le sue parole rimangono in noi. Se la sua Parola è per noi importante e preziosa, come la parola di una persona amata, se ad essa ci affidiamo, se le diamo credito, allora diventiamo con Lui una cosa sola: abbiamo lo stesso modo di pensare, di vedere, di giudicare la vita.
Ma come si fa concretamente per portare frutto e portarne molto?
Un uomo decise di scavare un pozzo. Non trovando traccia d’acqua dopo aver scavato una ventina di metri, smise e cercò un altro posto. Questa volta scavò più profondamente ancora, ma non trovò nulla. Scelse allora un terzo posto e scavò ancora più a fondo, ma senza risultato. Completamente scoraggiato, abbandonò l’impresa. La profondità totale dei tre pozzi aveva raggiunto i cento metri. Se avesse avuto la pazienza di scavae per solo la metà di tale scavo, ma in un unico posto, avrebbe trovato l’acqua. Così è di chisi scoraggia continuamente o che non si fida realnente di Gesú. Per giungere a un risultato bisogna impegnarsi con costanza e poi fidarsi senza mai dubitare. Così è anche per produrre molto frutto ...fidiamoci di Gesù e ne porteremo moltissimi.

sabato 27 aprile 2024

Vedere bene

At 13,44-52 e Gv 14,7-14

Anche noi che da una vita, ben più dei discepoli, siamo stati con lui, abbiamo visto il Volto del Padre? Cosa abbiamo visto di lui? Gesù dice: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”.
O forse anche noi ci  aspettavano un altro Dio e non vediamo ne Gesù è neppure il padre? Spesso la nostra relazione con il Signore è come stare insieme ad una persona e non conoscerla. Spesso abbiamo una conoscenza superficiale che non arriva mai alla conoscenza profonda. In altre parole che cosa ilvangelomi rivela del volto di Gesu e del padre? Ma spesso quando leggiamo il Vangelo, leggiamo il segno senza capire il significato, il mistero che c’è dietro, che esige il coinvolgimento, l’impegno, esserci di persona.

venerdì 26 aprile 2024

Io sono ... come posso esserlo anche io?

At 13,26-33 e Gv 14,1-10

Siamo immagine e somiglianza di Dio! Ma cosa significa? Al di là di una interpretazione puramente letterale - un poco infantile e riduttiva -, questa immagine può essere  rispetto alla nostra esistenza, alla nostra identità personale e umana; alla nostra vita nella sua potenzialità eterna. In questo percorso di riconoscimento dell'immagine e della somiglianza, Gesù si pone come "(...) la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me". Parole che assumono ora un significato tutt'altro che morale o figurativo, sono parole che ci definiscono in una relazione che ci conduce a Dio; parole misteriose che si riferiscono al nostro essere mistero.

giovedì 25 aprile 2024

Andate e annunciate cosa?

1Pt 5,5-14 e Mc 16,15-20

San Marco

La fine del vangelo di Marco è la bella sintesi della predicazione del Vangelo é l'essenziale per l'annuncio del Regno. Pensiamo se fosse stato sempre così nella storia. Se avessimo sempre fatto così. Andate per le strade in tutto il mondo! Ma quale è la conseguenza di questo andare? La conseguenza é la fraternità della comunità; è realizzare una comunione fatta di relazioni che non vengono meno, ma che esprimono la gioia di essere uniti nella stessa fede. Spesso invece non lo abbiamo compreso che l'annuncio fosse in realtà l'invito libero e festoso a partecipare al Regno di Dio.

mercoledì 24 aprile 2024

Ascolto responsabile

Atti 12,24-13,5 e Gv 12,44-50

Tutti i primi 12 capitoli del vangelo di Giovanni, raccontano cosa significa essere Gesù la luce del mondo. Nessuna pretesa, nessun giudizio, ma solo offrire la possibilità di vivere la salvezza! Gesù infatti afferma di sè stesso di essere venuto a distruggere le tenebre del peccato e della morte. Ascoltata questa parola a ciascuno resta la libertà di accogliere o respingere la parola; siamo così condotti al cuore del mistero dell’uomo e di Dio, in cui l’amore misericordioso e onnipotente di Dio si confronta con la libertà dell’uomo. Chiediamo che la potenza della misericordia, che scaturisce dall'amore di Cristo, salvi tutti gli uomini e ogni uomo. 


martedì 23 aprile 2024

Profezia evidente

At 11,19-26 e Gv 10,22-30

Ogni anno nel tempio si svolgeva la festa solenne della Dedicazione, nella quale risuonavano le profezie messianiche di Ezechiele. Attraverso le parole di Gesù, riportate da Giovanni, ogni discepolo è condotto a rileggere nei segni e nella liturgia una attesa che si realizza pienamente proprio nel Signore. Gesù non solo è il messia atteso, egli è il Tempio da cui scaturisce l’acqua della salvezza. Le opere stesse che egli realizza per volontà del Padre testimoniano la sua messianicità. Con questa chiave va riletta anche la sua morte in croce, che egli compie consegnando lo Spirito Santo. Tutti i segni e le opere di Gesù si riassumono in questo dono.