giovedì 31 marzo 2022

Come potete credere alle mie parole

Esodo 32,7-14 e Giovanni 5,31-47

Giovanni continua nell'autorivelazione di Gesù, un monologo che ci porta sempre più nell'intima conoscenza del Signore. Anche se sono espressione ben circostanziate e in relazione al rapporto con i giudei, scribi e farisei, il contenuto è talmente radicale che la sua forza dirompente giunge fino a noi. Ciascuno  di noi, anche oggi, è provocato rispetto a Gesù da una triplice testimonianza: quella di chi lo ha conosciuto (testimoni), le profezie (Mosè), la scrittura (la parola di Dio).
La verità su Gesù non si trova in un compiaciuto ripiegamento su noi  stessi: per questo i farisei, che scrutano le Scritture, non hanno compreso che Dio (il figlio) è di fronte a loro. Ma la verità emerge sempre da una relazione di amore fecondo ed umile: come il Padre e il Figlio che si rivelano reciprocamente, non solo nella Parola, in una esperienza concreta di amorevolezza, di opere e di memoria.

mercoledì 30 marzo 2022

Un discorso che deve fare pensare

Isaia 49,8-15 e Giovanni 5,17-30 

I primi versetti del vangelo di oggi, rappresentano ben più di una spiegazione sintetica e redazionale di ciò che accade e, anticipatamente dire che Gesù sarebbe stato ucciso. Gesù è salito a Gerusalemme (seconda volta) per una festa giudaica, non sappiamo quale (secondo alcuni si tratta della pasqua: "la festa"); ma insieme giunge, anche, tutta la sua nomea e ancor prima le sue parole e i segni che egli ha compito in Galilea. Ora Giovanni, ancora una volta, entra in profondità, per non lasciare tutto a una cronaca narrativa e ci mette di fronte alle dinamiche che si sviluppano tra scribi, farisei e Gesù, come anche ciò che Gesù non evita di dire di sé stesso. Per Giovanni non è un mistero che Gesù è la manifestazione più alta della misericordia di Dio: un Dio che si piega verso l’umanità per innalzarla alla sua divinità, cioé dare la vera vita. Questa pienezza si rivela in Gesù nel momento stesso in cui lo si riconosce figlio dell’uomo. Per questo Gesù pone il suo operare e agire nello stesso spazio dell'agire e dell'operare di Dio. È importante a questo punto accostare alla persona di Gesù il contenuto esplicito delle sue parole, perché diversamente il suo agire resta un fatto straordinario ma privo di prospettiva salvifica. Noi abbiamo bisogno di un Gesù a tutto tondo, perché sia compagno del nostro quotidiano.




martedì 29 marzo 2022

Voglio essere guarito? Non è sempre detto che lo voglia!

Ezechiele 47,1-9.12 e Giovanni 5,1-16

Ci immergiamo anche noi nello spazio narrato della pagina di Giovanni; anche noi portiamo i nostri limiti, quelli che paralizzato la possibilità della vita; forse da molto tempo; ma una speranza sempre ci accompagna, essere liberati dalla fragilità, grande o piccola che sia. Quando avviene l'incontro, spesso inaspettato con il Signore, la vita ne viene trasformata, perché tutto riparte in forza della sua domanda: "Vuoi guarire?" (...) "Alzati, prendi la tua barella e cammina".
Nelle parole di Gesù c'è un dinamismo che sprigiona sempre il cambiamento: noi gli offriamo solo ciò che siamo affinché Lui ci trasformi. È questo desiderio che si intreccia alla semplicità disarmante del "Vuoi guarire?" di Gesù che apre alla possibilità.
Ma ciò che segna in profondo è la conseguenza dell'incontro: una volta guariti siamo invitati a  portare con noi la nostra barella, forse, perché insieme all’uomo nuovo, guarito, venga redenta e illuminata, ma non cancellata, anche la vita passata.
In questa Quaresima ci sentiamo un po' come alla piscina di Siloe, in cui portiamo il peso delle nostre infermità col desiderio di incontrare l'unico che può veramente guarirci.

lunedì 28 marzo 2022

Non teniamo la fede a "stecchetto"

Isaia 65,17-21 e Giovanni 4,43-54


Quante volte ci siamo sentiti aridi e privi di speranza di fonte al dolore? Quando la percezione che abbiamo di noi stessi è di essere lontani …, di esserci allontanati dal Signore? Quando una sorta di indifferenza, non colpevole, completamente ci prosciuga il desiderio di infinito e di ciò che è eterno?
Ma è proprio in un momento di così grande criticità, come anche per questo padre, funzionario del re, che Gesù invita a fare un atto di fede nelle sue parole: “Tuo figlio vive!”
È nello spazio di questo incontro che anche noi possiamo entrare nella dinamica dell'atto di fede.
Il nostro atto di fede non si misura con le Messe partecipate, o con le preghiere recitate e neanche per tutte le opere buone, che con rinuncia ad altro, abbiamo fatto.
La fede è fatta di un moto del cuore e della mente, di un andare a cercare Gesù; la fede è fatta di accoglienza di una parola, ciò che Gesù dice; la fede è fatta di domanda: "Gesù metti un senso al mio vivere, disintegrato da ciò che accade". Sono i tre passi della fede che consentono di spostare le montagne. Sono indispensabili non solo per salvare un figlio dalla morte, ma anche per ridarci speranza quando il dolore ci fa sentire più aridi, lontani e allontanati dal Signore.è di questo atto di affidamento che la fede si nutre.

domenica 27 marzo 2022

Figli degni, figli indegni e figli

Gs 5,9-12; Sal 33; 2 Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32

 

Ci stiamo avvicinando rapidamente alla Pasqua, e la Chiesa ci offre questa immagine di un Dio in attesa, un Padre che, nonostante che i figli si siano allontanati, non perde mai la speranza che possano tornare e che, appena li scorge da lontano, gli va incontro per riportarli a casa e far festa (gioia) con loro.

Mi viene da pensare che questa immagine è ben più di una parabola, ma è il racconto di una scoperta, di una esperienza: quella che Gesù ha fatto di suo Padre, di Dio; quella che lui ha vissuto come esperienza di paternità, con Giuseppe e con il Padre che ha nei cieli.

Proprio per questo, credo, sia necessario riscoprire le vicende che tratteggiano l'esperienza che anche noi abbiamo fatto della paternità, condizione necessaria per riconoscerci figli e fratelli. Gesù ci racconta una parabola attraverso vari personaggi, definendo da subito due figure di figli:

- i Figli degni, scribi e farisei, uomini e donne pii e devoti delle leggi e delle tradizioni del popolo di Israele; figli spesso rinchiusi nella rigidità della morale.

- i Figli indegni, pubblicani e peccatori, uomini e donne che si sono allontanati, scegliendo una vita fatta di ricerca e di autonomia, come anche di scelte morali ed etiche non condivise, se non giudicate addirittura contro la legge di Dio.

Ciò che emerge come interessante è proprio l'atteggiamento di Gesù che si lascia avvicinare da entrambi, figli degni e figli indegni, perché lo sguardo di Gesù va oltre le nostre categorie umane e morali, cogliendo l'urgenza del nostro cuore; egli comprende le nostre ferite e fragilità, perché “dove ci fu colpa, sovrabbonda la misericordia”.

Gesù vuole che nessuno vada perduto, dei figli del Padre suo; tutto si spende affinché ciascuno sia accolto nel grembo del Padre. Ciò che Gesù imprime nella parabola è: "rendiamoci partecipi dello sguardo amorevole di un Padre concreto”. Un padre che è costretto vivere l'esperienza dell'abbandono, essere messo da parte da entrambi i figli, sia degni che indegni.

Ecco proprio l'esperienza di abbandono: il figlio più giovane se n’è andato perché pensava che la felicità e la libertà si trovassero lontano dal padre, e che insieme a lui sarebbe vissuto sempre condizionato.

Il figlio maggiore si era allontanato molto prima perché, se pure vivevano sotto lo stesso tetto, non lo facevano come padre e figlio ma come padrone e servitore.

Il Padre diviene oggetto di un abbandono che vuole cancellare la sua paternità; la cancellazione di ciò che significava essere padre. L'abbandono vissuto dal Padre è lo strappo della relazione viscerale, è l'uscire di casa, il non volerci entrare, ciò rappresenta l'abbandono e il rifiuto dell’intimità che ti ha generato…

Entrambi i figli hanno fatto sparire davanti ai loro occhi la figura del Padre, che non esisteva più come tale.

Il rapporto fra il padre e i figli era stato destrutturato e la conseguenza di tutto ciò è che sia il Padre, che i figli, erano rimasti soli.

È in questa immagine che ciascuno è invitato a riappropriarsi, se non a rielaborare la propria esperienza di paternità vissuta o subita, e ora quella che si esprime nel rapporto con i figli, i fratelli, gli altri e Dio stesso.

Il rischio della paternità è di non viverla in pienezza; per cui, come io vivo la mia esperienza di paternità? Come la esprimo? Cosa mi aspetto da un Dio che mi è Padre?

Nella parabola si afferma che soltanto quando siamo capaci di concedere libertà agli altri (ai figli), anche se li perdiamo per sempre, viviamo in pienezza la paternità. Libertà di essere e di permettere di essere, è uno dei passaggi più importanti per comprendere la paternità e l'essere figli. Tanto importante per quanto è difficile. Come si recupera la paternità, come ritornare al Padre per un abbraccio che riconcili la vita e i ruoli? Occorre credere che è possibile cambiare. Occorre spendersi, coinvolgersi nel rendere la paternità uno spazio bello di amorevole cura e attenzione. Uno spazio che possa essere luogo della festa, della gioia intima, della pazienza e dell'attesa benevola, non rancorosa, ma la condizione in cui nel frattempo si moltiplica in noi la misericordia da offrire ai figli, ai fratelli ... Questa credo, sia vera esperienza di paternità, quella che desidero per me e quella che spero di poter offrire ai miei figli.

sabato 26 marzo 2022

Il cuore ci svela

Osea 6,1-6 e Luca 18,9-14


Solo a parole possiamo fingere, e a volte anche "raccontarcela", quasi a rassicurare noi stessi di una giustizia personale. 
Con le parole possiamo mentire a noi stessi e illuderci di essere giusti, e così stare di fronte a Dio con "presunzione di innocenza", ma c'è in noi qualcosa che rivela il nostro intimo, che non si assoggettata alla finzione: il nostro corpo.
È proprio l'atteggamento del corpo che rivela l'intimo del cuore. È questo che il vangelo di oggi ci suggerisce di guardare con attenzione, nel confronto tra fariseo e pubblicano: ciò che esprine il corpo.
Lo stare a distanza del pubblicano, quel non riuscire ad alzare gli occhi, quel battersi il petto sono il contenuto autentico di una fede che cerca il perdono, che cerca un Padre, che cerca casa. 
Se a parole possiamo anche fingere di amare, Dio ci chiede di amare con tutto noi stessi. Così il pubblicano esprime, con una distanza che è pudore, tutto il desiderio di tornare a essere figlio. Dice il bisogno di essere amato e il desiderio di poter amare. A questo punto possiamo ben intuire, che cosa esprime nel corpo il fariseo?

venerdì 25 marzo 2022

Proposta e risposta

Isaia 7,10-14; 8,10 e Luca 1,26-38

Che cosa narra il vangelo di Luca di oggi? Non è forse l'espressione più concreta della volontà di Dio, del suo progetto di amore su di noi?
Il suo Amore incondizionato per ciascuno di noi! "Allora Maria disse: Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola. E l’angelo si allontanò da lei." Dalla risposta di Maria, possiamo intuire, che più che un annuncio, l'angelo fa una proposta alla vergine, la quale dopo un dialogo articolato - il come avverrà  -; segue l’accettazione da parte di Maria. Mai, mai, mai, Dio ha obbligato qualcuno a fare qualcosa contro la propria volontà. È in questa dinamica fra proposta e libertà che si colloca l'accettazione del mistero, che da quel SI, umile e disponibile, verrà custodito e vissuto nella quotidianità, fino alla piena manifestazione del SI di Gesù a compiere liberamente la volontà del padre. Le proposte di Dio, non sono annunci a senso unico, ma proposte da accogliere e vivere in libertà e con amore.

giovedì 24 marzo 2022

È giunto a voi il regno di Dio…

Geremia 7,23-28 e Luca 11,14-23


Gli chiedono un segno, non sono certi di ciò che dice e compie, sono scettici; la realtà li conduce a pensare altro: una predicazione nuova …; una occupazione militare ostile è insopportabile …; la sfiducia su ciò che avviene e può avvenire, porta a essere scettici anche di fronte ad un miracolo, sospetto, mormorazione, la richiesta di gesta e prove eclatanti. Ed ecco che di fronte a tutto resta stabile e imprescindibile la risposta di Gesù: "È giunto a voi il regno di Dio".
Quale allora il segno distintivo di questa presenza anche nella piena contraddizione della storia e della realtà vissuta.
Il segno distintivo è l’unità, l’amore, la comunione, la fraternità vissuta e realizzata che permette all'uomo e alla donna di ogni tempo di recuperare la propria dignità e identità di figli; a questo serve il miracolo, non certo per stupire, meravigliare e convincere.

mercoledì 23 marzo 2022

Amare la volontà di Dio.

Deuteronomio 4,1.5-9 e Matteo 5,17-19


"Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento".
Spingiamoci anche oltre: arriviamo riconoscere in Gesù il compimento della Legge e dei Profeti?
Che cosa significa per noi, oggi dire che Gesù è la nostra Legge e Profezia?
Per Gesù e per i suoi contemporanei, il cuore della Legge era Mosè e il decalogo; mentre la pienezza della Profezia era l'esperienza di Elia. Gesù riporta in sé stesso l'origine della Legge e della Profezia,come rivelazione e manifestazione del Padre.
Che cosa è Legge tra Dio e Gesù, se non la relazione di comunione e di amore tra loro due?
Che cosa è la Profezia tra Dio e Gesù se non l'esserci del Padre a dare senso alla stessa vita del figlio?
Ecco allora che compimento della Legge è Gesù che ama.
Pienezza della Profezia è realizzare in nella vita la volontà di Dio.
Chi ama realizza la Legge di Dio vissuta da Gesù e sarà un grande nel regno dei cieli.
Chi compie la volontà di Dio da compimento alla propria vocazione e chiamata a realizzare il regno dei cieli, e rende così concreta la Profezia nella realtà presente.

martedì 22 marzo 2022

Ad amare si impara

Daniele 3,25.34-43 e Matteo 18,21-35


La lettura che generalmente facciamo di questa parabola è sempre insufficiente. Il più della volte rielaboriamo i suoi contenuti con il filtro morale dei nostri criteri di giustizia, e ciò che ne esce, è a dir poco una sentenza senza appello. Ancora una volta, chiediamo, qual'è il pensiero di Gesù?
Credo che con la parabola, Gesù, volesse provocare Pietro e gli altri discepoli, sul loro modo di perdonare e perdonarsi. Gesù, sembra chiedere se a tutti loro va bene un criterio di perdono in cui ciò che conta è la reciprocità ...
Come è difficile accettare che Dio non è reciproco; che a Gesù preme fare sperimentare un perdono viscerale, cioè che abbia origine lì dove nascono i desideri e i sentimenti, ma il tutto come espressione di dono e gratuità. Questo è il perdono cristiano, in cui non c'è alcun merito. Questo è amare alla scuola di Gesù: amare scegliendo di amare sempre.
Qual'è il metro di misura del nostro amare e del nostro perdonare? Non sarà per caso sempre un metro di 100 cm? Misuriamo tutto, anche il perdono e l'amore. E invece Gesù ci invita ad amare senza misura con la stessa gratuità con la quale siamo amati e generati nell'amore del Pade e di Gesù stesso.

lunedì 21 marzo 2022

… si mise in cammino.

2 Re 5,1-15 e Luca 4,24-30


Gesù percepisce benissimo che le sue parole, quelle pronunciate nella sinagoga dì Nazareth, fanno problema, non sono accolte con speranza e neppure con quella docilità di cuore che ogni israelita pone di fronte alle scritture di Dio; quasi che, nella bocca di Gesù, il passo di Isaia non sia più ascoltato e accolto come “scrittura”.
Ma se loro, si scandalizzarono, noi invece, il nostro mondo, rimane indifferente rispetto a tutto ciò che fa riferimento a Gesù, quasi come fosse qualcosa di superato e ormai privo dì significato per la vita.
Ma ciò che Gesù continua a ripetere di sé, ciò che resta del suo esserci, è di essere davvero Via, Verità e Vita.
La provocazione dì Gesù rifacendosi ai profeti dell’antico testamento Elia ed a Eliseo, porta ciascuno a confrontarsi con la profezia, cioè con la potenza di quella Parola che è di Dio e che agisce nella storia e nella vita secondo un progetto tutto suo, non standardizzato e certamente non convenzionale. Ma è questa originalità della Parola che va a recuperare coloro da cui non speriamo nulla: stranieri, scartati, non credenti, lontani dalla Chiesa, tutti coloro che non “sentendosi apposto” si mettono in cammino insieme al Signore, un cammino di ricerca e di verità, un cammino di amorevolezza.

domenica 20 marzo 2022

Perseveranza di Dio

Es 3,1-8.13-15; Sal 102; 1 Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9

Sono tante le domande che nuovamente affiorano... dopo due anni di pandemia ... ora l'orrore di una guerra così vicina di cui iniziamo ad avere paura, perché ci coinvolgerebbe direttamente. Di fronte al limite siamo quasi costretti a riconoscere la mostra fragilità, ancora una volta risuona quella domanda, quasi un appello disperato, una invocazione dal nostro profondo: Dio dove sei di fronte a quanto ci accade?
Per molti il silenzio imbarazzante di Dio esprime la totale indifferenza rispetto al dramma dell'uomo; per altri significa solo che Dio non c'è, non esiste!
I tempi sono cambiati, ma la realtà ci ripresenta la stessa domanda: Perché tutto ciò? Forse che quelle donne e bambini ucraini su cui cadono le bombe sono più peccatori di tutti quanti noi?
Ma la tua risposta, Signore, sarebbe anche oggi: "Ma se non vi convertite perirete allo stesso modo".
Come convertire oggi il nostro cuore?
Capita di essere convinti che la conversione sia qualcosa che riguarda la penitenza, l'impegno nelle buone opere, la trasformazione radicale della vita. La conversione come conseguenza della moralità del nostro agire; stando così le cose, difficilmente faremo mai esperienza di vera conversione, perché la penseremo come una opera delle nostre mani, dei nostri meriti, e non come una esperienza che parte da Dio.
Gesù ci dice che: con questa visione della conversione periremo tutti.
"Convertitevi, altrimenti perirete tutti".
Non è un comando, neppure un consiglio ma è una preghiera, dove non è l’uomo che si rivolge a Dio, ma è Dio che prega l’uomo.
Ci implora di accogliere la sua proposta di amore e di salvezza. Dio ci offre il suo criterio di amore e di libertà per stare dentro la nostra storia, tornando ad essere umani!
Convertire il cuore non è una questione di moralità delle azioni buone o cattive, ma è questione e di umanità; la conversione da voce al bisogno di giustizia e verità che sgorga dal nostro cuore abitato dalla grazia di Dio. Conversione significa che quella grazia è in noi sorgente di vita nuova.
L'appello alla conversione, nelle parole di Gesù si colora con l'immagine della parabola del fico. La conversione diviene la perseveranza di Dio di fronte alla nostra incapacità di generare frutti ... é a quel punto infatti che Gesù, da buon contadino della vigna, convince suo Padre a pazientare ancora, e s'impegna lui in prima persona a zappare e concimare, affinché la mostra umanità produca i suoi frutti migliori.
In questa immagine, Gesù rappresentata anche per noi la misericordia di Dio, che ci lascia sempre un tempo per la conversione. Tutti noi abbiamo bisogno di convertirci, di fare un passo avanti, e la pazienza di Dio, la misericordia, ci accompagna in questo, a volte lentissimo cammino della vita, fatto anche di quella sterilità, che a volte segna la nostra esistenza; Dio ha pazienza ed è lui il protagonista della nostra conversione, offrendoci la possibilità di cambiare e di fare progressi sulla strada del bene.
Questa Quaresima è per ciascuno il tempo della perseveranza di Dio, come pure della pazienza, ma anche del mostro corrispondere con amore all'amore.
Oggi, ognuno di noi cosa deve fare davanti a questa misericordia di Dio che ci spetta e che sempre perdona? Cosa devo fare? La risposta segnerà è mostrerà la nostra conversione.

sabato 19 marzo 2022

San Giuseppe ... a te ci affidiamo

2 Samuele 7,4-5.12-14.16 e  Matteo 1,16.18-21.24


Il vangelo di oggi parte dalla genealogia di Gesù, nella quale si colloca Giuseppe di Nazareth.una concretezza storica della salvezza di Dio che si lega alla "carne" dell'uomo. Il il Dio cristiano è un Dio che realizza concretamente i suoi progetti di salvezza in un momento preciso della storia, per cui eternità e umanità vengono sempre tenute unite dall’amore e dal rispetto per la libertà. Inoltre, il Dio cristiano è un Dio umile, che quando predilige qualcuno, come nel caso di Giuseppe di Nazareth, si nasconde silenziosamente nella semplicità della sua vita, riempendola ugualmente di mistero.
Un misteroche trova accoglienza nella libertà di un uomo che con fede si pone in obbedienza della volontà di Dio: "Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo".

venerdì 18 marzo 2022

Quel Figlio unico … donato

Geremia 37,3-4.12-13.17-28 e Matteo 21,33-43.45


Ogni parabola segue la logica della narrazione, e in questo processo veniamo condotti all’estremo della rivelazione di Dio.
Occorre sempre fare attenzione al contesto nel quale la parabola è stata detta da Gesù e anche alla diversità di situazione in cui oggi viene proclamata. Il rischio è una rigidità nella comprensione e nell’interpretazione. Le immagini descrivono la determinazione dell’elezione di Israele, come anche la cura premurosa della vigna esprime la pazienza di Dio. Tutto si confronta con la custodia ripetuta nelle vicende avverse fino a manifestare un gesto estremo di amorevolezza nel donare il proprio Figlio.
Perché a fronte di tanto amore, come è possibile tanto disprezzo e calcolo meschino?
Eppure questa è la condizione umana, la possibilità che si determina nell’esercizio della libertà: rifiutare il dono dì un amore grande e senza condizioni, determinando la propria auto condanna.
Il dramma che Gesù descrive nella parabola supera la storicità di quegli eventi ponendoci tutti quanti di fronte alla responsabilità che la predilezione di Dio genera in noi. Siamo infatti custodi di una parola, di una elezione che richiede corresponsabilità per il dono ricevuto e verità nel dare un frutto atteso di amore. Sarà solo la nostra negligenza, a privarci della grazia di vivere e agire per il regno dei cieli. A noi aggi è chiesto di nuovo di accogliere il dono del Figlio unico, e per lui fare una scelta di amore e non di superbia.
A noi è chiesto di non cadere nella logica e tentazione dello scarto, per essere adeguati al dono di amore ricevuto.

giovedì 17 marzo 2022

Infido è il cuore

Geremia 17,5-10 e Luca 16,19-31


Dice Geremia: "Niente è più infido del cuore ... Chi lo può conoscere? Il Signore scruta la mente e saggia i cuori, per dare a ciscuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni."
Spesso queste parole ci portano immediatamente a una lettura apocalittica, al giudizio, all'inferno e al paradiso; come d'altronde anche la parabola del Vangelo sembra suggerire, ma non è così! L’inferno e la possibilità della dannazione eterna sono verità di fede ma non sono il centro di questa parabola, non rappresenrano il "focus" del pensiero di Gesù; la chiave di volta che dobbiamo saper individuare sta sempre nella capacità di amare. Questo è il discrimine tra inferno e paradiso, e anche il metro della giustizia di Dio. Il povero Lazzaro ha bisogno di essere amato; il ricco ha urgenza di amare, tutto si gioca nello spazio del cuore, dove l'amore può nascere o morire ... ecco perché il cuore è infido! Ma è anche l'unico spazio umano dove si trova l'amore allo stato puro.

mercoledì 16 marzo 2022

Vivere è servire …

Geremia 18,18-20 e Matteo 20,17-28


Questa notte Luciano, è tornato a casa … nella casa del Padre. Il diacono Luciano ora “serve” in paradiso, e con Gesù si china a lavare e asciugare i nostri piedi durante il cammino di questa nostra esistenza terrena.
Nelle parole del Vangelo Gesù racconta il senso più vero e profondo della sua vita, facendo della propria sconfitta terrena, fatta di condanna, flagellazione, crocifissione, morte e risurrezione l’esperienza umanamente più importante: vivere e servire per poter amare realmente, perché amare è già risorgere con Cristo.
Come la madre di Giacomo e Giovanni chiede un destino di pienezza per i propri figli, così anche noi uniti in Gesù siamo legati allo stesso destino di donazione gratuita e totale.
Le parole di Gesù non sono un obbligo, neppure un rimprovero ma un dono di amore … nel suo amarci e servirci, Gesù ci conduce a scoprire la nostra vera vocazione: “chi vuole diventare grande … sarà vostro servo e chi vuole essere il primo … sarà vostro schiavo”; questo deve esserci tra noi!

martedì 15 marzo 2022

Frange e filatteri …

Isaia 1,10.16-20 e Matteo 23,1-12


Da certe espressioni bibliche ricaviamo che Mosè è un condottiero, un leader, che non sa parlare, è una guida che spesso viene criticata, è un maestro che non viene ascoltato. Eppure Dio sceglie proprio Mosè per liberare il popolo di Israele dalla schiavitù dell’Egitto e per schiacciare la superbia del faraone.
Ciò che Gesù denuncia degli scribi dei farisei noi facilmente lo applichiamo ai preti, ma sarebbe riduttivo, questa descrizione degli scribi e farisei ci fa da specchio per vedere quel male radicale che s'annida in ciascuno di noi e che poi emerge anche nei nostri capi: quelle lunghe frange e filatteri …
È un vangelo che ci porta a pensare con grande libertà, snidando quel male sottile che sta dentro ciascuno di noi: quello dell'incoerenza tra il dire e il fare, dicono e non fanno; quello del volere apparire a tutti i livelli; quello di esser importanti, dell’essere maestri, dell’essere Padri …
Gesù richiama ciascuno a ricercare la vera stima che devo avere di me stesso e degli altri, perché siamo figlio di Dio. Non pensiamo di essere maestri dei nostri fratelli, pensando di possederli, ma doniamo noi stessi ai fratelli per essere grandi nell’amore, e superare l’apparenza delle cose per viverle concretamente in noi e nella vita.
Che fatica spogliarsi di frange e filatteri … ma se si impara ad amare, ben venga tutta la fatica …

lunedì 14 marzo 2022

Un grembo misericordioso

Daniele 9,4-10 e Luca 6,36-38


“Siate misericordiosi come è misericordioso il padre vostro celeste …”
La perfezione di Dio, del Padre, è nella misericordia, nell’usare misericordia, nell’essere misericordioso.
In questo nostro tempo, le vicende drammatiche vissute e che siamo chiamati a vivere, devono profondamente scuoterci rispetto alla misericordia, che nulla ha a che fare con uno sdolcinato atteggiamento buonista, ma che tutto esprime il mistero di amore di Dio e la sua volontà rispetto a tutti noi. Della misericordia il nostro mondo ha un bisogno urgente ed estremo, c’è bisogno di comprendere il dolore e la sofferenza di tanti uomini, donne, bambini, anziani e malati; di fronte a tutto questo c’è bisogno di condividere la misericordia di Dio che ci viene donata in Gesù di Nazareth: nella sua vita, nei suoi atteggiamenti, nella sua tenerezza e vicinanza. C’è in questi due versetti una immagine bellissima: è la pienezza, scossa e ben pigiata versata nel nostro grembo …
È il grembo lo spazio vitale dove sentiamo visceralmente quando amiamo. È il grembo che è capace di generare il frutto dell’amore: la vita …
Il nostro grembo, é lo spazio umano del nostro “sentire” ha bisogno di essere totalmente riempito della misericordia di Dio. Ne va della nostra vera umanità di figli di Dio … della nostra perfezione e felicità.

domenica 13 marzo 2022

Trasfigurati dall'ascolto.

Gen 15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9,29-36

 
Seconda domenica di quaresima: trasfigurati. Se c'è qualcosa di difficile per ciascuno di noi è proprio la possibilità di trasfigurarci,  di cambiare; cambiare atteggiamento, cambiare stili, modo di fare e di pensare; siamo spesso inamovibili, granitici, testardi, rigidi.
È il prezzo che la nostra umanità ferita paga al peccato del mondo.
Il Vangelo che abbiamo ascoltato descrive un momento ben preciso della vita di Gesù: egli ha appena condiviso con i discepoli che avrebbe "sofferto molto, sarebbe stato ucciso, per poi risorgere il terzo giorno". Una comunicazione a senso unico, perché i discepoli ascoltano e non comprendono, non lo accettano. Come fare a prepararli a tutto ciò? Ecco che Gesù li porta con sé in preghiera, sul monte ...
Nessuno di loro si aspettava una esperienza simile; essi si immaginavano semplicemente un momento di preghiera con il maestro, come altre volte avevano già fatto. Invece tutto assume i connotati dello straordinario, della manifestazione di Dio.
Ecco che, mentre prega, Gesù è trasfigurato e i discepoli sono completamente travolti dallo stupore e dalla meraviglia, al punto che possono solo dire: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa».
Poi tutto si concentra e riassume nell'invito della voce del Padre, all'ascolto: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Di fronte a questo Vangelo, saliamo anche noi con Pietro, Giovanni e Giacomo, facciamolo attraverso la preghiera di questi giorni di quaresima: preghiera silenziosa, la preghiera del cuore, la preghiera che sempre cerca il Signore. Rimaniamo qualche momento in raccoglimento, ogni giorno un pochettino, fissiamo lo sguardo interiore su Gesù, lasciamo che la sua parola ci tocchi e il suo volto dia chiarore alla nostra vita, perché la preghiera con Gesù trasforma la persona dall’interno e ci può rendere luminosi e capaci di illuminare gli altri e il mondo attorno a noi. 
La trasfigurazione del Signore, oggi coinvolge tutti noi, perché nell'ascolto della parola, anche noi siamo trasfigurati.
Se ogni momento di preghiera, è un tempo favorevole per fare unità e raccogliere i sentimenti, per compiere il discernimento degli spiriti e per lasciarsi così guidare da Dio attraverso i successi e gli insuccessi, le gioie e le prove della vita; ciò significa che la Parola di Gesù diviene veramente lampada ai miei passi e luce al nostro cammino.
L'ultima parola di Dio, nella nube è: "Ascoltatelo!"
Perché è così importante ascoltarlo?
Perché dall'ascolto di Gesù anche noi possiamo, anzi veniamo trasfigurati.
Che cosa è per noi la trasfigurazione?
Se le parole hanno un senso, un significato, allora quelle di Gesù sono tali che sono capaci di trasfigurarci.
Oggi abbiamo bisogno di trasfigurare noi stessi, la nostra umanità, la nostra vita personale e la nostra storia. Oggi comprendiamo che se non saremo trasfigurati, il mondo, gli uomini e le donne saranno privati di quella bellezza che Pietro ci ha detto esistere.
La nostra prima trasfigurazione è il cambiamento del nostro aspetto, che da tenebroso diviene radioso; da musone a sorridente; da triste a gioioso; da sconsolato a rassicurante, ecc... Un cambiamento che parte dall'ascolto delle parole di Gesù e che trova conferma nelle persone vicino a noi, che ci dicono con gioia che siamo diversi, e ci testimoniano il nostro cambiamento.
In che cosa consiste allora la nostra trasfigurazione?
Di fronte alle prevaricazioni, l'ascolto di Gesù ci trasfigura e ci rende forti e pazienti nella prova.
Di fronte alla guerra, l'ascolto di Gesù ci trasfigura in amore anche per i nemici.
Di fronte agli egoismi, l'ascolto di Gesù ci trasfigura in gratuità.
Di fronte alle sofferenze e allo scarto, delle persone, l'ascolto di Gesù ci trasfigura in consolazione.
Di fronte alla bruttezza, l'ascolto ci trasfigura in bellezza.
Di fronte a una Chiesa muta, l'ascolto ci trasfigura ancora in vangelo.
In un mondo disperato, l'ascolto ci trasfigura in fraternità, in cui sentirci tutti a proprio agio. 
Di fronte alla morte l'ascolto delle sue Parole trasfigura la nostra vita mortale e la rende risorta con Lui.

sabato 12 marzo 2022

Amate i vostri nemici?

Deuteronomio 26,16-19 e Matteo 5,43-48


Amare il prossimo non basta: bisogna andare in fondo alla legge dell’amore. Amare fino in fondo forse non ci appartiene, o non appartiene a tutti noi. Amare richiede di essere disposti a rimuovere ogni resistenza di persone e di situazioni: l'amare è integrale. Amare significa gratuità e totalità: amare tutti, sempre, senza pensare di ricevere nulla in cambio. Amare è impoverirsi al punto di non possedere più nulla di sè stessi, e scoprirsi ricchi dell'altro che ci possiede: amare è rivestirsi di quella povertà (di Francesco) che è umiltà ed è feconda. Amare è la forma concreta della perfezione di Dio Padre, cioè della Misericordia, che apre la nostra vita, a scoprirsi dono per tutti i fratelli e anche per Dio stesso. Scrivendo questo, sento quanto cammino devo ancora da fare per avvicinarmi a quella "perfezione" che è del Padre celeste. Mi accorgo, cammin facendo, che la mia inadeguatezza non mi basta, ma è nello stesso tempo limite e stimolo per maturare e crescere nella possibilità di amare. Non possiamo mai arrenderci all'evidenza di essere insufficienti nell'amare.

venerdì 11 marzo 2022

Una logica disarmante ...

Ezechiele 18,21-28 e Matteo 5,20-26


Di fronte a ciò che viviamo oggi, siamo portati a giustificare e a promuovere azioni e pensieri che in realtà non corrispondono proprio al Vangelo. Lo stesso diritto all'autodifesa che è parte dell'etica cattolica, non trova rispondenza evidente nel Vangelo, ma piuttosto nei principi del diritto o  in una logica di azione proporzionata rispetto all'aggressore. Si ha l'impressione che le nostre logiche servono prima di tutto a giustificare il prostrarsi di un conflitto che si consuma sulla pelle di civili inermi. La mediazione, il dialogo, più che per un cessate il fuoco vogliano definire i confini e gli sviluppi del conflitto. Ecco forse questa è "la giustizia che non supererà quella degli scribi e dei farisei ..."Lo spazio di compromesso nelle parole di Gesù, non esiste!
... “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio.
... chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio.
Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Gesù ci mette tutti di fronte a una evidenza: prima di tutto c'è tuo fratello, da tutelare da amare, da onorare. Alla logica del "politicamente corretto" e del "diplomaticamente ragionevole", Gesù premette il perdono e la riconciliazione. Questo è lo spazio evangelico per rigenerare le nostre relazioni, ma è anche ciò che dovremo testimoniare con la nostra vita, e che dovremo mettere alla base del nostro pensiero.
Che fatica ..., non accettare di stare dalla parte di qualcuno, ma tenere per entrambi; a volte è più facile la strada del compromesso ...

giovedì 10 marzo 2022

Vieni in nostro aiuto

Ester 4,17k-u e Matteo 7,7-12


La lettura di Ester, ci pone immediatamente i fronte alla storia attuale, nella quale si consuma di nuovo il dramma dei popoli: la narrazione, il grido di chi è oppresso e condannato al genocidio ... Da allora, non si contano gli eventi che caratterizzano i piani malvagi di chi progetta crudelmente  per i propri fini il sacrificio dei piccoli, dei poveri e degli inermi di un popolo straziato. Ester invoca Dio come liberatore di fronte all'ecatombe che si prefigura si suoi occhi: lo sterminio della sua gente. La crudeltà dell'animo umano è tale che può raggiungere anche l'abisso del male, cioè la soppressione della vita del fratello. Non a caso il primo genocidio della Bibbia, si consuma, nelle vicende dei progenitori Adamo ed Eva, ed è l'uccisione premeditata di Abele, per gelosia, ad opera del fratello, Caino.
Ma la nostra preghiera non può limitarsi a una richiesta di aiuto, non può essere una semplice invocazione di rivincita per l'ingiustizia subita.
Quel chiedete e vi sarà dato; cercare e troverete; bussate e vi sarà aperto, raggiunge l'ottenimento di una cosa buona. Il "buono per tutti i figli di Dio", del Padre; in questo consiste la preghiera: in un Padre che sempre, da cose buone ai figli che gliele chiedono. È in questo momento così critico che la nostra preghiera supera il tenore della richiesta infantile per essere una invocazione esistenziale, per partecipare alla bontà del creatore. Gesù ci sprona a una preghiera intensa e profonda, espressione di un bisogno inaudito di amore, di buon senso, per cui faccio agli altri ciò che vorrei che gli altri facessero a me. Questa è la "cosa" buona!



mercoledì 9 marzo 2022

E noi che segno siamo?

Giona 3,1-10 e Luca 11,29-32


Ciascuno di noi è "segno" di se stesso, ed agisce ed incide la realtà e la vita. Ma se siamo accecati dal nostro egoismo quale "segno" esprimiamo? Se siamo chiusi nel recinto delle nostre insicurezze o anche delle sicurezze, quale segno siamo capaci di dare? Giona fu un segno per gli abitanti di Ninive ed è un segno anche per noi oggi. Gesù lo indica come segno esplicito di Dio, nel suo farsi accanto, vicino, per suscitare la conversione della vita, il cambiamento personale. Infatti, la vicenda stessa di Giona incide profondamente nella vita della città di Ninive. Egli porta a Ninive un segno e diviene lui stesso segno per loro. Anche Gesù porta un segno e diviene quel segno di contraddizione, per svelare i segreti dei cuori e per donare la salvezza ad ogni uomo (Simeone). Il segno che è Giona, il segno che è Gesù,  è un segno fragile, non è mai un segno di potenza, di forza, col quale potersi misurarsi e mercanteggiare dei nostri compromessi al ribasso. Il segno di cui parla Gesù è il segno dell'amore umile e gratuito, è il segno che si rivela nelle nostre fragilità e che non si erge in un giudizio. È il segno di una benevolenza che genera amorevolezza e tenerezza insieme. Questo segno non porta a nessun compromesso nella vita, ma porta a conversione. Forse non ci rendiamo conto che ciascuno di noi è un segno, per la grazia che rappresenta, ed è un cercatore di segni per dare consistenza e superare la propria fragilità. Oggi cerchiamo anche solo ora un attimo di essere segno di vicinanza, di tenerezza, di amore!

martedì 8 marzo 2022

Azione e reazione

Levitico 19,1-2.11-18 e Matteo 25,31-46

Il nostro modo di esprimere le relazioni si concretizza in un costante rapporto tra azione e reazione. I nostri sentimenti, le nostre strutture interiori, sono il filtro del mostro agire e del nostro reagire. Spesso tutto si muove per istintività, per impulsività, per emotività.
Che cosa c'è al cuore delle nostre relazioni? Dobbiamo ammetterlo, c'è sempre il nostro io, questo ingombrante io,  questo spesso egoista io. Ma esiste una possibilità alternativa al nostro esuberante io che ci spinge ad agire e reagire? Le parole di Gesù, quando dice: "lo avete fatto a me", devono interrogarci, devono metterci in difficoltà proprio nel nostro agire e reagire. Quelle parole: "l'avete fatto a me", risuonano per importanza e forza come quelle dell'ultima cena: "fate questo in memoria di me!"
Ecco allora che Gesù ci dice che la nostra intimità con lui, la nostra amicizia con lui è capace di dare senso alle nostre relazioni con gli altri. È capace di trasformare il nostro agire da egoistico ed autoreferenziale in vera esperienza di amore; nello sporcarci le mani con la loro vita; in un vero fare per i fratelli.
Come è bello sentirsi abbracciare, come è bello potersi abbracciare e sentire nella carne dei fratelli il dono del loro amore ... E se tutto questo fosse lo spazio di Dio, il modo in cui Gesù diviene parte della nostra vita? Allora le sue parole non sono semplici congetture, ma esprimono la sacralità delle nostre reazioni capaci dell'abbraccio e della vicinanza di Dio. In chi ho accanto esprimo la sacralità della relazione; in chi ha fame e sete esprimo la stessa sacralità, come pure nel rivestire, accudire e consolare esprimo la sacralità della relazione, perché è umana, gli appartiene.

lunedì 7 marzo 2022

Quando riusciamo a dire: "Padre nostro ..."

Isaia 55,10-11 e Matteo 6,7-15


La preghiera è conseguenza dell'ascolto. Ascolto del proprio cuore, cioè dell'intimo di noi stessi, e ascolto della Parola di Dio. La preghiera cristiana - ci ricorda Gesù -, non è un fiume di parole per chiedere e ottenere ciò che speriamo o desideriamo.
La preghiera di cui Gesù ci ha reso partecipi, è come la sua, come lui pregava. Scendendo nell'intimità di sé stesso, egli rivedeva i volti e ripercorreva gli incontri avuti con le tante persone; raccoglieva le lacrime e le sofferenze di chi malato si rivolgeva a lui; riascoltava le sue stesse parole di consolazione e di amorevole tenerezza. Nell'intimità del cuore Gesù ritrovava il Padre.
La preghiera non è un chiedere, ma una evidenza! La preghiera esprime l'evidenza della nostra umanità, e nello stesso tempo della nostra fede. La fede in Dio si esprime come preghiera, come modo di coinvolgere la vita quotidiana nella relazione che abbiamo con Dio.
Ecco allora che la preghiera ci porta dialogare in noi stessi con il Padre e a riconoscerlo, prima di tutto come: "Padre nostro ...". Ma che cosa c'è a fondamento di questa relazione con Dio?
C'è una esperienza di amore, c'è il sentirsi e percepirsi amati da Dio e insieme desiderosi e bisognosi di poter amare. Non si ama per istinto, si ama per necessità e la preghiera esprime ed incarna questa necessità.

domenica 6 marzo 2022

Tentazione

Dt 26,4-10; Sal 90; Rm 10,8-13; Lc 4,1-13


Iniziamo il percorso quaresimale con lo sguardo sulla tentazione. Parlare di tentazioni significa riconoscere quel mistero di iniquità che accompagna da sempre la nostra libertà, la nostra umana possibilità di scegliere e vivere il bene e l'amore, oppure il male e l'odio, con tutto ciò che ne deriva.
1) La tentazione e Gesù.
Gesù per quaranta giorni nel deserto, è in lotta col demonio, cioè con lo spirito del male. Gesù lo combatte insieme allo Spirito che è con lui, quello Spirito che lo riempie e lo conduce. Trascorso quel tempo di quaranta giorni, Gesù subisce quella triplice tentazione che esprime in senso pieno la contrapposizione tra bene e male, la lotta continua tra l'opera e l'agire di Dio, cioè il bene, e l'opera di sabotaggio, cioè il male, del maligno di Satana.
A Gesù, Satana chiede di poter entrare nella sua vita per riempire, per sostituire e colmare la sua relazione di amore con Dio Padre: ed ecco il pane, il potere e la fiducia, sono per Satana l’occasione di auto proporre se stesso in modo avvincente e convincente ... Ma per Gesù non è sufficiente questa abile strategia di vendita, quei tre "prodotti" per quanto alettanti, per Gesù non soddisfano la sua esigenza più vera, il suo essere figlio di Dio, il suo essere vero uomo, la sua vita con noi, il suo destino di eternità.
2) La tentazione e noi.
Le tentazioni ci accompagnano ogni giorno nei nostri deserti della vita, dove il nostro limite o le nostre debolezze prevalgono sulle nostre virtù. Il deserto della noia, il deserto della solitudine, il deserto dell'indifferenza, il deserto dell'amarezza, il deserto dell'amor proprio, il deserto della durezza di cuore, il deserto della nostra rabbia ...
Quel deserto che nella notte, con gli ultimi pensieri della giornata, ci assale e contorce le miste viscere ..., e lo percepiamo in quel vuoto nello stomaco, che poi in realtà è un vuoto nell’anima. La tentazione mette in evidenza la nostra fragilità e la nostra debolezza, e si esprime con quell’inquietudine, quel vuoto che, nel fare capolino nella vita, sembra mostre di averla vinta.
Satana anche a noi, come a Gesù si propone come alternativo, nascondendoci il suo essere menzogna, falsità ed ipocrisia. Ma l'ambizione estrema di Satana, l'ambizione del male è quella di rendere vuoto e insignificante la sacralità del nostro cuore, della nostra vita, al punto di riempire il nostro senso religioso con la sua idolatria e spegnendo in noi l'amore che è fondamento della nostra fede. 
3) La tentazione e la realtà.
Oggi di fronte alla realtà che viviamo siamo posti davanti alla fatica di scegliere tra umano e disumano, tra più vita e meno vita. Le tentazioni e le scelte di Gesù nel deserto ridisegnano il mondo delle relazioni umane: il rapporto con me stesso e con le cose, con Dio e con gli altri, ma è proprio in questo dialogo con la realtà che subiamo la tentazione del disinteresse, dell'egoismo del pensare e chiuderci in noi stessi.
La tentazione più subdola è pensare che la guerra sia una via possibile di soluzione. Pensare anche solo che potrò avere pace, attraverso una diplomazia arida e condita con interessi economici e qualche crisi di borsa. 
La tentazione è fare affidamento solo nei nostri mezzi per la soluzione di questo conflitto, di questa crisi. Occorre alzare lo sguardo dell'uomo al cuore della verità assoluta, altrimenti ogni uomo precipita nell'abisso della meschinità, cioè nella tentazione di Satana al male.
Preghiera, digiuno, e carità sono gli stringenti più esigenti ma anche i più sicuri per ricondurre il cuore alla verità di noi stessi.
La tentazione vince quando mi accontento della proposta di Satana, quando mi lascio affascinare da ciò che il male mi offre come alternativa alle conseguenze del bene; ma  sono sempre scelte al ribasso!
Non è forse per questo che il Papa in queste settimane di quaresima ci dice quando ci invita a non stancarci nel fare il bene?
Di fronte alle tentazioni, occorre avere chiaro alcune priorità, cristiane e umane,  altrimenti si è vinti, travolti dalle strategie del maligno.
Quindi, quando entriamo nel deserto della vita quotidiana, non possiamo credere o pensare di poter fare senza il pane di Dio, senza la sua Parola, senza la preghiera, senza la carità operosa.
A dispetto delle tentazioni a cui possiamo per tanti motivi cedere, cerchiamo di non smettere di coltivare la speranza, perché è dalla speranza che genera la forza cristiana di vincere il male con il bene.
Come per Gesù, anche per noi, Dio Padre abita la speranza, e non ci abbandona, sussurrando al nostro cuore che lui è il solo amore che ci attende per esserlo per sempre.

sabato 5 marzo 2022

Esperienze al limite

Isaia 58,9-14 e Luca 5,27-32


Il testo di Isaia illumina senza veli, quella ipocrisia che spesso accompagna il nostro vivere ed agire cristiano e non solo. Con infinita tristezza, e con imbarazzo, guardiamo come l’invidia, la mormorazione, l’attaccamento alla giustizia meschina ci rende ciechi di fronte alle possibilità di riscatto e cambiamento. Isaia chiede fiducia alla proposta-presenza di Dio, collegando tutto alla fedeltà alle promesse fatte ai padri; quelle promesse non sono mai state cancellate.
La forza di quelle promesse risuona nelle parole e negli atteggiamenti di Gesù, che il Vangelo riassume nella frase conosciuta: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano". La fedeltà alle promesse diviene un appello al recupero di ogni possibilità di bene e di vero. La mostra umanità è lo spazio da recuperare. Ed ecco che, quando ci sediamo sulla nostra vita e ci ripieghiamo su noi stessi, quando non sembra esserci nulla di diverso per noi se non il pregiudizio degli altri, ecco che Gesù ci chiama, e se vede in noi un piccolissimo segno di desiderio di accoglierlo, egli ci sceglie; se non lo vede, egli spera di poterlo trovare, prima o poi. Questo è lo stile di Gesù e rappresenta il punto centrale di tutto il suo annuncio. Il pubblicano Matteo, non è una eccezione, ma è la norma.

venerdì 4 marzo 2022

Il digiuno che voglio

Isaia 58,1-9 e Matteo 9,14-15


Nel messaggio di Papa Francesco per la quaresima 2022 egli dice: "Non stanchiamoci di estirpare il male dalla nostra vita. Il digiuno corporale a cui ci chiama la Quaresima fortifichi il nostro spirito per il combattimento contro il peccato".
In un contesto culturale e sociale come il nostro, in cui si è smarrito il senso del peccato, il digiuno non può più essere semplicemente una mera pratica penitenziale. Ecco che per noi digiunare deve significare: svuotarsi per fare spazio a Dio, al suo amore che ci rinnova e ci risana.
Proprio in questo giorno (venerdì di quaresima), nel Vangelo ma anche la prima lettura di Isaia, siamo messi in guardia dal confinare la nostra fede a pratiche pie ed abitudinarie. Il nostro digiuno è un tempo di discernimento, di riflessione per ritrovare la via maestra di relazioni autentiche e vere tra di noi e con il Padre. La meta dunque non è la mortificazione ma il ritrovare se stessi, il ridestarci da una vita morta a causa del peccato a una vita risorta, scoprirci nell'abbraccio tenero e amorevole di Dio.

giovedì 3 marzo 2022

Seguire con la vita

Deuteronomio 30,15-20 e Luca 9,22-25

Il percorso della Quaresima che abbiamo appena iniziato è fatto di scoperta, di verità di se stessi e di umiltà. Il confronto con Gesù sarà per questo determinante per rinnovare i nostri pensieri; l'ascolto della sua Parola ci attrarrà in una sequela intelligente e piena di amore per lui. Legare la nostra vita a Lui, significherà porla fra le sue mani, affinché egli ne faccia un dono maturo di salvezza per tutti i fratelli. Il nostro itinerario avrà quindi due luci di riferimento: la sequela e la vita. Ecco perché oggi riecheggia importante la domanda: Che cosa sei disposto ad accettare e testimoniare per seguire Gesù?

"Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua". Cioè Gesù è davanti ai tuoi occhi o dietro le tue spalle? E l'altra domanda riguarda la vita: La tua vita è per te stesso o ha il sapore del dono e dell'amore?

"Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà." Amare e donare ci permettono di non fare della nostra vita una esperienza di egoismo.

mercoledì 2 marzo 2022

Un tempo per seminare il bene

Gl 2,12-18; Sal 50; 2 Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18


Se siamo qui stasera non è per celebrare una Messa penitenziale, ma per iniziare con una Messa un tempo di penitenza, un vero tempo di conversione e di carità, cioè di amore concreto e avvincente. Perché chi ama compie ciò che di più bello l'umano possa compiere.
Questo giorno, quindi particolare per la liturgia della cenere, vuole risvegliare in tutta la Chiesa l'urgenza di fare penitenza, cioè non una lista più o meno lunga di peccati commessi di cui chiedere perdono, ma prima di tutto ci invita a vivere l’intimità con Dio secondo un autentico sentimento d’amore.
Le parole di Gesù ci invitano ad una reale intimità con Dio, ad una più autentica relazione con Lui. Ogni digiuno, sacrificio o preghiera, hanno senso solo se ci aiutano ad approfondire il dialogo quotidiano, semplice, con Lui, il Signore.
Cerchiamo di vedere questo tempo come veri figli, per cui attenti a quella mortificazione di noi stessi, che risulta fine a sé stessa, fatta più per toglierci il senso di colpa causato dal nostro rimorso di coscienza o, peggio, fatte per attrarre il consenso degli altri, ma che allontanano Dio da noi, perché fa spazio a quella ipocrisia che è ostentazione di religiosità perché Dio non abita il nostro senso di colpa e neppure i rimorsi. La misericordia di Dio, la sua vicinanza, non si mette in cattedra a giudicarci; ma si mescola con la nostra povertà e la nostra miseria, ed è da questo incontro che sperimentiamo la giustizia di Dio, che realizziamo nel non stancarci di fare il bene! Il messaggio di papa Francesco per la quaresima di questo anno è proprio su questa urgenza.
Dice: Di fronte all’amara delusione per tanti sogni infranti, di fronte alla preoccupazione per le sfide che incombono, di fronte allo scoraggiamento per la povertà dei nostri mezzi, la tentazione è quella di chiudersi nel proprio egoismo individualistico e rifugiarsi nell’indifferenza alle sofferenze altrui. (...) La Quaresima ci chiama a riporre la nostra fede e la nostra speranza nel Signore, perché solo con lo sguardo fisso su Gesù Cristo risorto, possiamo accogliere l’esortazione dell’Apostolo: «Non stanchiamoci di fare il bene». Non perdiamo il coraggio di fare il bene.
Non stanchiamoci di pregare. Gesù ha insegnato che è necessario «pregare sempre, senza stancarsi mai». Oggi più di ieri abbiamo bisogno di pregare perché abbiamo bisogno di Dio. Prima di tutto per chiedere la pace tra gli uomini.
Se la pandemia ci ha fatto toccare con mano la nostra fragilità personale e sociale, la guerra che è così incombente ci fa inginocchiare di fronte alla nostra incapacità di custodire la pace e l'amore. La fede che non ci esime dalle tribolazioni della vita, ma ci permette di attraversarle uniti a Dio in Cristo.
Non stanchiamoci di estirpare il male dalla nostra vita con il digiuno corporale, fortifichi il nostro spirito per il combattimento contro il peccato. Non stanchiamoci di chiedere perdononel sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, sapendo che Dio mai si stanca di perdonare. Non stanchiamoci di combattere contro la concupiscenza, quella fragilità che spinge all’egoismo e ad ogni male, trovando nel corso dei secoli diverse vie attraverso le quali far precipitare l’uomo nel peccato.
Non stanchiamoci di fare il bene nella carità operosa verso il prossimo. Durante questa Quaresima, pratichiamo l’elemosina donando con gioia. (...). Mettiamo in pratica l’appello a operare il bene verso tutti, prendendoci il tempo per amare i più piccoli e indifesi, gli abbandonati e disprezzati, chi è discriminato ed emarginato.
La Quaresima ci ricorda ogni anno che «il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno». In questo tempo di conversione, trovando sostegno nella grazia di Dio e nella comunione della Chiesa, non stanchiamoci di seminare il bene. Il digiuno prepari il terreno, la preghiera irriga, e la carità lo feconda.

martedì 1 marzo 2022

È possibile lasciare tutto?

1 Pietro 1,10–16 e Marco 10,28-31


Che cosa intendeva Pietro con quel "lasciare tutto"? Siamo sinceri, quel tutto ci inquieta e ci spaventa! È possibile che seguire ..., stare con Gesù significhi lasciare veramente tutto? Ma cosa è questo tutto?
Gesù non si paragona a tutte le nostre "cose" ..., ai nostri affetti, agli attaccamenti e a qualsiasi "ricchezza" di cui abbiamo bisogno ...
Gesù prima di tutto chiede con discrezione alla nostra libertà di essere scelto in riferimento alle scelte della vita.
Gesù ci rassicura e ci ripete di essere Lui il cento volte, in "casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi ecc..." È lui il centuplo nella vita, è lui che chiede di essere accolto per poter dare frutto di vera felicità e pienezza di vita. A Dio è possibile, ciò che a noi non lo è, cioè essere la nostra piena felicità, cioè dare senso eterno al nostro esistere ... Ecco perché seguirlo significa sceglierlo!
Ogni altro discorso è ciò che in quel momento vive Pietro, cioè il limite degli attaccamenti, il contare cosa occorre limitare e lasciare umanamente per fare posto a qualcos'altro ... Ma Gesù non è qualcos'altro ...
Questo passo del Vangelo va compreso in ordine a questo duplice sguardo: quello di Pietro che è sul piano della concretezza e delle cose che compensano; quello di Gesù che si pone su quello della scelta di vita, della pienezza dell'esistenza ..., della libertà che apre alla gioia.