martedì 28 febbraio 2017

Siracide 35,1-15 e Marco 10,28-31
E noi ... che abbiamo lasciato tutto?


Di fronte a tutto ciò che vedeva e sentiva, Pietro rimane interdetto, la sua domanda, da un lato è una provocazione, dall'altro una chiara incomprensione rispetto a quanto viveva. Pietro è preoccupato, forse proprio come noi, quando non riusciamo a capire dove ci conduce il seguire Gesù, o meglio ancora, quando il seguire Gesù rischia di essere un andare esigente, rispetto al quale, per molti motivi, facciamo fatica e ci sentiamo inadeguati. La risposta di Gesù è estremamente chiara: "so bene a cosa hai rinunciato: la moglie, i figli, la casa, il lavoro ..."; stare con Gesù è stato da subito esigente, ha chiesto un impegno reale, con un risvolto nella vita concreta. Ma la risposta di Gesù, non è solo un "grazie"per le rinunce già fatte; essa è un progetto. Gesù rilancia immediatamente il senso della sequela rispetto al progetto del "regno di Dio" e al senso della propria esistenza: portare tutto ciò che siamo nella eternità del Padre. Condizione che non tutti sono disposti ad accettare e nella possibilità di realizzare, ma il progetto di Dio "sconvolge" ogni nostro progetto.

lunedì 27 febbraio 2017

Siracide 17,20-28 e Marco 10,17-27
... A noi che conosciamo i comandamenti ...


Proprio a noi che li conosciamo (tutti i comandamenti), cioè li abbiamo imparati, Gesù chiede di andare un poco oltre; in realtà, obbedire alla legge non conduce alla felicità, come anche il disubbidire non porta a una vera e piena libertà. A noi ricchi, della legge di Dio, Gesù chiede di donare la nostra ricchezza a chi non la vive, a chi non la possiede (missionarietà ?). Quella legge che possediamo come esperienza della fede ricevuta e vissuta, Gesù, ci chiede di condividerla: "va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!"
Queste parole di Gesù spiegano come tutto ciò che possediamo e siamo, ci è dato per entrare in quella eredità (tesoro in cielo) che è Lui stesso (...vieni! Seguimi!).
Quando avremo, anche con fatica, iniziato a vincere l'attaccamento a noi stessi per amore Suo, e lo avremo scoperto come nostra vera ricchezza, allora con gioia, comprenderemo come è facile per un cammello, o la "cima" di una nave, passare nella cruna di un ago ... Scopriremo infatti che il "regno dei cieli e la sua giustizia" altro non è che la misericordia del Padre che ci attrae a se, o anche che non si distacca mai dai noi, suoi figli, perché è vicinanza incondizionata, esperienza permanente di conversione, compimento e gioia.

domenica 26 febbraio 2017

Isaia 49,14-15 / Salmo 61 / 1 Corinzi 4,1-5 / Matteo 6,24-34
A chi apparteniamo?

Prendiamo coscienza della appartenenza! Parola strana, parola andata in declino, parola che ci suggerisce ancora una volta l'importanza delle relazioni che generiamo. È infatti nella relazione che ci concediamo, che ci doniamo, oppure che escludiamo e ci isoliamo.
Quando facciamo esperienza dell'appartenere, vincoliamo la nostra libertà non in un obbligo, sarebbe una schiavitù, ma in una relazione di amore che mi impone di donarmi, perché quella è la dimensione della appartenenza, il donarsi liberamente.
Il nostro concetto di appartenenza invece è più simile a quello di affiliazione, o di inclusione in un gruppo di interesse ...
Appartengo, faccio parte di quel partito ... di quel gruppo sportivo ... di quella associazione ... di quella parrocchia ... Ma tutto si risolve e dissolve nel momento in cui quella relazione non mi soddisfa più e non corrisponde al mio desiderio. Possiamo dire che oggi è molto di moda, appartenere in modo relativo, ... a tempo, ... parzialmente, ... part-time.
Questa condizione si evidenzia profondamente anche negli stili di vita comunitaria e nelle scelte vocazionali ...
- se la comunità è sentita come lo spazio dei servizi religiosi e di un benemerito gruppo di fratelli, mi apparterrà solo nel tempo del bisogno delle pratiche religiose e delle necessità ludiche e aggregative ... Ma la comunità è lo spazio della Chiesa di Cristo, se non vivo l'appartenenza alla Chiesa, ne avvilisco inevitabilmente la sua concretezza, il suo essere "regno di Dio" ... 
- se le relazioni non riflettono l'appartenenza reciproca, ci concederemo solo un poco ... e forse nemmeno un poco alla volta ... Ma solo un poco, nella convinzione di garantirci la libertà; ma con l'effetto di smarrire il senso del dono di sé. Come conseguenza immediata non saremo più in grado di vivere la fedeltà e la durevolezza dell'amicizia e dell'amore, acconsentendo alla frantumazione e estinzione dei legami. Così la mia vocazione sarà solo un part-time esistenziale, una sorta di impegno da volontario, ma mai una condizione stabile e definitiva. Non farò mai scelte per sempre ma solo scelte di opportunità.
La vita cristiana implica una appartenenza. La prima appartenenza è a Cristo. Con il battesimo non faccio una affiliazione, una sottoscrizione, ma creo la condizione di appartenenza, io ne divengo parte di Lui, e Cristo di me. Esperienza di appartenenza è scoperta quotidiana, ma non semplice scelta quotidiana. È scoperta quotidiana, che attraverso la ricerca del suo Regno, sposta ogni preoccupazione dal lato della superficialità umana allo spazio della esistenza, della vita di fede.
La fede ci apre ad alcune comprensioni della appartenenza:
- l'evidenza di sentirsi figli, che hanno bisogno di essere amati dal padre. "Il desiderio di essere amati" si congiunga con l'affidarsi alla paternità di Dio: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai".
- la gioia di non affannarci, di non preoccuparci del presente e del domani, ma di vivere il tempo con lo sguardo di colui che cerca Dio nelle "cose che vive". Come discepoli recuperare la realtà a Dio, significa rimettere Dio al centro dell'uomo, e quindi anche l'uomo al centro di tutto.

sabato 25 febbraio 2017

Siracide 17,1-13 e Marco 10,13-16
"... a ciascuno ordinò di prendersi cura del prossimo."


Quella del Vangelo è una immagine di una forza straordinaria: "chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso". E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.
Ci sono due dinamismi che si intrecciano, forse in modo indissolubile: il regno di Dio che nell'essere accolto diviene, e il prendersi cura accogliendo i "bambini". Due azioni in realtà fuse nella stessa dimensione dell'accoglienza.
Il regno di Dio non si aggiunge alla vita degli uomini; il regno di Dio non è un fregio decorativo e nemmeno un premio. Il regno di Dio, trova nella vita del discepolo di Gesù, l'occasione e la condizione per divenire e avvicinarsi, nella misura in cui l'accoglienza ne prepara la possibilità di manifestarsi; come un bambino che vive di desideri, e trasforma i desideri in realtà. L'altro dinamismo è la cura dei "piccoli", che alla luce di Siracide è un comando imperativo: prendersi cura del prossimo. Sembra proprio che per tutti noi, il regno di Dio passi dentro le belle relazioni di cui siamo capaci. 

venerdì 24 febbraio 2017

Siracide 6,5-17 e Marco 10,1-10
Amicizia e adulterio ...


La fedeltà nei legami, è ciò che la Parola oggi mette davanti a noi. Non solo la qualità, e il discernimento dell'amico, ma ciò che è all'origine non istintiva delle nostre relazioni: la fedeltà.
È la fedeltà il fondamento dell'amore tra un uomo e una donna, quindi non semplicemente il naturale istinto che suscita il desiderio di appartenersi, è fondamento della relazione dei figli di Dio, ma proprio il patto che stabilisce la comunione della "carne": "saranno una carne sola". La fedeltà non rappresenta l'obbligo o l'impegno legale, ma l'inviolabilità dell'amore. Se tale l'amore è di Dio e da Dio, è fonte di trascendenza ed eternità; per questo è fedele, ed è da e per sempre.
Ma questa fedeltà da consistenza e vita anche alle relazioni di amicizia. Così come l'adulterio spezza e distrugge la fedeltà dell'amore tra un uomo e una donna, così il tradimento distrugge la fedeltà nell'amore di amicizia.

giovedì 23 febbraio 2017

Siracide 5,1-10 e Marco 9,41-50
Non aspettare a convertirti ...


"Non aspettare a convertirti al Signore e non rimandare di giorno in giorno ..." Che strano invito, rivolto a chi con il cuore, la volontà e i desideri vuole servire il Signore ... Alcuni giorni fa, Siracide, invitava a prepararsi alla tentazione, chiunque volesse servire il Signore. Questo camminare con Dio, diventare amici di Dio, si prefigura come un percorso non scontato, in cui l'essere messi alla prova scatena il proposito di convertire la mentalità, di educare e plasmare in modo nuovo la stessa esistenza. Anche il Vangelo, in realtà, ci induce a scegliere un cambiamento. Nell'esercizio del "togliere" mano, piede, occhio ecc..., non si esalta una privazione, ma la condizione di vita nuova che ne deriva. Lontano dall'essere solo esortazioni etiche e moraleggianti, i detti di Gesù raccolti da Marco, accompagnano il cammino della conversione, come condizione in cui "si è salati dal fuoco". Oggi è un giorno propedeutico alla quaresima ....

mercoledì 22 febbraio 2017

1 Pietro 5,1-4 e Matteo 16,13-19
Festa della Cattedra di San Pietro
E io ti dico ...


"Cosa dice la gente ..." La risposta è molteplice ma tutta confluisce verso la domanda successiva: "voi chi dite che io sia?"
La risposta di Pietro, in verità, è la risposta di Gesù stesso. Se Gesù avesse dovuto affermare sé stesso non avrebbe potuto dire meglio. In forza di questa verità che accomuna Pietro e a Gesù, si genera una promessa, che già nell'essere detta ("io ti dico"), diviene realtà, ed è piena manifestazione della potenza del Regno dei cieli: "tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa ..."
Questa Chiesa, che è la Chiesa di Cristo fondata sulla fede di Pietro rappresenta, a ben guardare, il compimento nel tempo delle promesse fatte ad Abramo (la terra e il popolo/il mondo e l'umanità) e sigilla la salvezza operata dal Dio attraverso la passione, morte e risurrezione di Cristo. Questa Chiesa di cui noi siamo parte, Santa e Peccatrice; misera e misericordiosa; miserabile e giusta, è il baluardo della salvezza per chiunque invocherà il nome del Signore, affermando che Gesù è il "Cristo, il Figlio del Dio vivente".

martedì 21 febbraio 2017

Siracide 2,1-13 e Marco 9,30-37
La saggezza che la vita esprime


La lettura del Siracide può suscitare due reazioni opposte:
- per chi è giovane, la sensazione di un'imbrigliamento rispetto alle esperienze e alla libertà personale;
- per chi è "maturo", la sensazione consolante della solidità del cammino e del compimento.
La vita di un uomo è affascinante proprio perché contiene in sé la possibilità del cambiamento, non come negazione, ma come perfezione e progressione. In verità, la delicatezza del libro del Siracide, saggiamente, non impone, ma suscitando curiosità invita a riflettere e ad appropriarsi di una possibilità che ancora non si conosce, non si possiede.
La saggezza che la vita nel suo divenire è capace di esprimere; è la stessa che accompagna il discepolo nel divenire tale e nell'appropriarsi delle parole del Maestro: "chi è il più grande?"
... "Colui che serve!" ... Ci vuole saggezza per capirlo!

lunedì 20 febbraio 2017

Siracide 1,1-10 e Marco 9,14-29
Ciò che ottiene la preghiera ...


Non siamo mica abituati a considerare la forza della preghiera come antidoto alla presenza, radicata, del maligno. Il demonio, cioè il divisore, colui che separa in noi la vita da figli dalla vita del Padre, per condurci alla pazzia, alla schizofrenia esistenziale, occorre vincerlo, bisogna scacciando. Non sto ... impazzendo ... ma come Gesù (... e non possiamo considerarlo uno "sciamano" più potente dei suoi discepoli) che è capace di scacciare il demonio con la preghiera, anche noi possiamo farlo quando la preghiera è esperienza di comunione e vincolo di unità. Si tratta di quella preghiera che sgorga per la forza della fede, quella stessa preghiera è come "ago e filo" per cucire, capace di risaldare ogni frattura e divisione, e rigenerare quella tenera vicinanza del Padre che Gesù esprime nel prendere per mano e nel fare alzare: "ti tengo con me, ti stringo a me e ti ridono vita, risorgi dalla morte".

domenica 19 febbraio 2017

Levitico 19,1-2.17-18 / Salmo 102 / 1 Corinti 3,16-23 / Matteo 5,38-48
"Voi, dunque, siate perfetti ..."


Le parole di Gesù, nel Vangelo di questa domenica, risuonano come un appello ad accogliere con determinazione e con estrema serietà ciò che rappresenta il "nuovo" del Vangelo. Non è una opposizione n'è uno slancio in avanti, ma è prendere coscienza della potenzialità della proposta cristiana e come questa rappresenta una svolta per la nostra umanità.
Noi non siamo vincolati a leggi e precetti che limitano la nostra natura di uomini e figli di Dio, che come dice il rito del battesimo, "lo siamo realmente", ma siamo posti di fronte alla possibilità di prenderci cura della nostra natura e di educarla.
È questa prospettiva che rende possibile "essere perfetti come il Padre celeste".
La nostra natura, è nella possibilità di esprimere la sua "immagine e somiglianza" con il creatore; ciò corrisponde a quanto Gesù afferma: vi è stato detto, secondo la vostra "natura" umana, ma io vi dico, secondo la vostra "sopranatura" di figli ...
Le parole di Gesù non contraddicono proprio nulla, semplicemente svelano il mistero che ci appartiene, la nostra vera identità.
Quando tutt'e le nostre energie umane sono spese per gestire le relazioni complicate, al punto che abbiamo tolto il saluto ai nostri vicini di casa, che non frequentiamo più alcuni parenti, che ci accaniamo con chi ci lavora accanto ... Quante energie spendiamo nel gestire tutto questo! In questa condizione avviliamo la nostra natura umana, recludendola nella sua indole naturale segnata da un egoismo esistenziale. La proposta del Vangelo non è solo una novità, ma è la possibilità di plasmare noi stessi secondo quella grazia che è rendere evidente in noi la Santità di Dio, la perfezione del Padre. Questo percorso è fatto di "educazione e cura" della nostra natura umana.

sabato 18 febbraio 2017

Ebrei 11,1-7 e Marco 9,2-13
"La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede ..."


Spesso siamo più inclini a ricercare le fondamenta della fede, ma è proprio questo tentativo della ragione a distruggere il contenuto di ciò che è la fede, la fede non ha delle fondamenta, ma è la fondamenta. È questa prospettiva che permette di assumere la fede non semplicemente come criterio di lettura della realtà e delle esperienze umane, ma, prima di tutto, come condizione di esistenza. L'esistere delle "cose" rivela ed è già da sé implicito riferimento alla stabilità, fedeltà, eternità di Dio creatore, che è il senso è contenuto del nostro credere, della nostra professione di fede. In altri termini, l'esistenza delle cose, del tempo, della realtà implica non solo una relazione con esse, in esse e attraverso esse, ma attesta l'esistere assoluto dal quale sono tutte le cose. La fede è quindi vera immersione nel mistero, non è semplicemente "cosa" nascosto, ma come afferma la lettera agli Ebrei, è condizione sorgiva (sorgente), fondamenta e prova insieme.

venerdì 17 febbraio 2017

Marco 8,34-91
"Se qualcuno  vuol venire dietro a me ..."

Il Vangelo di Marco non fa promozione vocazionale, così come intendiamo noi oggi, ma mette in correlazione la sequela, il mettersi nella strada, nello stesso cammino di Gesù come condizione ore prendere parte a quell'opera di salvezza che è azione di Dio ma che coinvolge pienamente ogni uomo.
È la salvezza il cuore, il fine e il senso pieno di ogni scelta di seguire Gesù. Non può essere che questo, diversamente cadiamo nelle logiche di propaganda, nelle logiche di compensazione e convenienza, tipiche del nostro mondo.
Una sequela che immerge nell'agire salvifico, è tipicamente seguire Gesù fino all'estremo, per tutto ciò che lui umanamente è; per cui non è un assurdo dire:
- rinneghi se stesso;
- prenda la sua croce;
- perdere la vita per la causa del Vangelo;
- perdere la vita per causa mia.
Credo che dovremo smettere di stare di fronte a queste parole in atteggiamento difensivo, ma accogliere in queste parole una proposta di "corresponsabilità" e soprattutto di condivisione di un amore grande, quello di Dio, per ciascuno di noi, un amore che si realizza nel donarsi a Lui attraverso l'amore della vita di Gesù.
Genesi 11,1-9 e Marco 8,34-9,1
Perché hai confuso le nostre lingue?


La pianura di Sinar, anche se non di esplicita individuazione, la si può collocare con sufficiente certezza sulle rive dell'Eufrate in prossimità Est di Babilonia. Una collocazione assunta dal confronto di testi biblici ed extra biblici. Non è un toponimo inventato, o di esplicita mitologia, ma un toponimo importante, certo è che quella pianura si presenta come un paese di progredita civiltà già nei più antichi tempi, di un suolo povero di pietra, ma ricco d'argilla e di bitume (Genesi, XI, 3), un terreno d'alluvione, ove fiorivano le industrie laterizie e tessili, di cui il commercio propagava i prodotti (Giosuè, VII, 21). Genesi esprime due concetti originali: gli uomini erano un solo popolo; gli uomini vollero costruire una Torre (simile alle costruzioni sumeri). La sommità della Torre, nella tradizione sumera, era abitata "dal cielo, della divinità". Per comprendere la dispersione delle lingue e dell'umanità come opera di Dio, da un punto di vista biblico e di coerenza del teso, occorre introdurci nella contraddizione  circa l'unicità del popolo umano, una condizione con valenza negativa (ancora una volta salire fino a Dio per essere come Dio). Da qui potrebbe nascere il riscatto di un nuovo popolo ... È impressionante vedere come il popolo di Dio abbia radici così antiche, abbia radici nel cuore della storia e dell'umanità.

giovedì 16 febbraio 2017

Genesi 9,1-13 e Matteo 8,27-33
Annuncio della passione ...


Si comprende a fatica, e come fatto reale, un annuncio della passione così puntuale e descrittivo di ciò che sarebbe accaduto. Effettivamente potrebbe essere una rilettura post-eventum (dopo il fatto accaduto), ma comunque una rilettura rispetto a un momento reale del rapporto tra Gesù, i discepoli e Pietro.
La questione identitaria: Chi sei Gesù? Che cosa è questo gruppo di discepoli?
La questione della guida del gruppo: Chi propone gli obiettivi, chi indica il cammino da percorrere?
Forse in origine siamo di fronte al tentativo di influenzare Gesù circa il modo in cui questo gruppo si presentava alla gente, circa il messaggio che da loro passava alle autorità religiose e non solo.
Rispetto a una lettura complessiva alcuni punti emergono con determinazione:
- "Tu sei il Cristo" (il riconoscimento che tutti devono giungere a fare, superando la tentazione di bastare a se stessi);
- "Va dietro a me satana" (la comunione con il Cristo si traduce nel porsi sempre in una sequela che mai può essere un precedere, un anticipare il maestro).

mercoledì 15 febbraio 2017

Genesi 8,6-13.20-22 e Marco 8,22-26
Vedeva bene da lontano ... (L'alleanza Noachica)


"L’anno seicentouno della vita di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, ... Allora Noè edificò un altare al Signore ..."
Occorre vedere bene per distinguere questo nuovo inizio della creazione. Ma se il compimento della creazione fu la pienezza della nostra umanità, come altare a Dio, dell'offerta dell'esistenza, ora, con Noè, la prima azione compiuta dalla nuova umanità uscita dall'arca e introdotta nel mondo, fu quella di costruire un altare per il sacrificio. Questo Segno è importante per comprendere, da ora in poi, il senso di ogni gesto religioso. L'uomo stabilisce con Dio un patto che si celebra nella religiosità in modo costante e anticipa e prefigura il calice della "nuova ed eterna alleanza" versato per tutti in remissione dei peccati. Occorre vedere bene e vedere da lontano perfettamente, occorre non perdersi in "chiacchere inutili", occorre "dimorare" con e in Cristo.

martedì 14 febbraio 2017

Atti 13,46-49 e Luca 10,1-9
Santi Cirillo e Metodio, patroni d'Europa
Festa degli innamorati ... San Valentino


Solo l'amore permette di mettere tutta la vita a servizio del Vangelo, cioè della buona notizia: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio ...".
Amare è darsi, disperdersi, non per perdersi ma per ritrovarsi mai soli ma insieme.
Questo non è sentimento ma è il cuore dell'esperienza cristiana, è "fede" esplicita è viva.
La Chiesa, la famiglia, la società, le relazioni, gli affetti, l'educazione, la prova, la malattia ... se vissuti con questa "attenzione", acquistano una marcia in più ... e manifestano una trascendenza che normalmente viene disattesa e trascurata.

lunedì 13 febbraio 2017

Genesi 4,1-15.25 e Marco 8,11-13
Le vicende iniziali ...


Il racconto della Genesi racchiude in sé una grande riflessione sul senso dell'uomo. Mette in evidenza la nostra natura nella sua trascendenza e nel suo limite. Mette ciascuno di noi di fonte alle proprie radici, fino a portarci all'origine, cioè a Dio stesso.
Ma proprio questa vicenda umana, rivela come il limite si snoda nelle stesse generazioni. 
Lo "spazio" generato e del generare i fogli, diviene pure lo spazio della negazione di ciò che è stato generato. Questa estrema contraddizione rappresenta il peccato di Caino: la negazione dell'amore, negazione della fratellanza, negazione della relazione, negazione del bisogno dell'altro ... Contraddizioni dell'umanità.
La crudezza del racconto vuole rappresentare una verità che ci sconcerta senza giustificazioni e atteggiamenti giustificativi.

domenica 12 febbraio 2017

Siracide 15,16-21 / Salmo 118 / 1 Cor 2,6-10 / Matteo 5,17-37
Ma io vi dico ... 

Sono due le tentazioni che abitano oggi nel cattolicesimo; da un lato il ricercare nel passato la sicurezza che oggi non riusciamo a vedere e provare. Quel "fu detto agli antichi" viene Interpretato come risorsa rispetto alla scarsa incisività e autorevolezza della proposta cristiana. Dall'altro il ritenere che tutta l'esperienza cristiana vada rivisitata è pensata in modo completamente nuovo, adeguandosi alla realtà sociale e culturale, aprendosi al progresso e abbandonando posizioni ormai ritenute superate.
"Ma io vi dico" non vuole affermare assolutamente questa posizione "progressista".
Queste tentazioni sono quelle che riducono il pensiero e la visione cristiana e cattolica negli schieramenti tra conservatori e progressisti: un modo di concepire la Chiesa e il cristianesimo quasi come un evento puramente umano e frutto di un processo storico e culturale.
Ma non è così! La Chiesa non è fatta, e non è espressione dei conservatori e dei progressisti ... Non è immagine di una certa politica.
Quel "ma io vi dico", ha ben altro significato e senso. Innanzi tutto va contestualizzato nel Vangelo di Matteo e nel pensiero (volontà e autorevolezza di Gesù). Solamente in questa rilettura queste "Parole" risuonano correttamente, per essere oggi attualizzate.
Dopo aver proclamato a chiara vice le "Beatitudini", Matteo, colloca l'urgente vocazione dell'essere sale e luce del e per il mondo. A questo punto emerge per il discepolo il discernimento delle "cose", della realtà come conseguenza di un cuore rinnovato e generato nell'esperienza della vita del Signore. È da questa comprensione, che tutte queste "antitesi", ovvero opposizioni, esprimono il desiderio di Gesù di portare a compimento un progetto di vita e di salvezza narrato nelle Scritture e concretizzato nella Legge e nei profeti. Queste "antitesi" risuonano come una litania, non per giudicare e condannare il passato e neppure per inneggiare alla rivoluzione, ma offrire una nuova centralità in Gesù stesso: "è Lui che ci dice" ... proprio lui ci parla del modo nuovo, ovvero secondo ilRegno di Dio, di stare dentro le cose e di viverle.
Questo è il nucleo forte e indistruttibile di questa pagina del Vangelo: "io vi sto dicendo" cosa vuol dire non stravolgere il pensiero di Dio, ma come si accompagna alla vita dell'uomo per realizzare il "regno dei cieli".
Un'altra è a questo punto la conseguenza immediata: chiediamoci quale reale conoscenza abbiamo del pensiero e delle parole di Gesù. Non è che noi tessiamo le poche conoscenze di lui nella trama delle nostre convinzioni, o in modo di giustificare le nostre ideologie?
Così facevano scribi e farisei, così fanno quegli uomini di Chiesa che vorrebbero una esperienza ecclesiale rispondente al progresso umano senza tener conto della "viva tradizione cattolica", che nulla ha a che fare col tradizionalismo.
Sono convinto che la maggior parte dei cristiani (oltre al battesimo ricevuto), di cristiano abbia veramente poco ..., manca in assoluto la comprensione e conoscenza, anche solo intellettuale, della figura del Signore. Quel "ma io vi dico", ben pochi saprebbero declinarlo nel concreto.
Un discepolo di Gesù di fronte a queste parole, non può non sentirsi chiamato a riconoscere quale sia la volontà del suo Signore, quale il Suo pensiero, e contestualmente proporsi come interlocutore per suggerire nel tempo presente un modo nuovo di stare nella storia e nel tempo. La fede non è frutto di estremismo di destra o sinistra, di conservazione e progresso, non è una ideologia spirituale, la fede è approccio alla vita secondo il pensiero di Dio, che dimora in noi in forza dello Spirito donato da Cristo nella sua morte e risurrezione. Questa fede è un grido di attesa e di speranza: "ma io vi dico!" ... Non siate pigri in questo mondo; non siate imbrigliati dagli imparaticci umani; siate secondo la parola del Vangelo, siate la mia stessa parola la mia stessa voce. Allora sorge una urgenza: la responsabilità cristiana, di ciascuno, di conoscere il pensiero e le parole di Gesù.

sabato 11 febbraio 2017

Genesi 3,9-24 e Marco 8,1-10
Inganno dell'inganno ...


"Il serpente mi ha ingannata ..." Il serpente ha mentito e la donna non ha compreso fino in fondo quella proposta. Infatti il serpente non ha detto alla donna che da quella libertà, da quella conoscenza del bene e del male sarebbe derivata anche una diversa esperienza di vita, comprendente anche la corruzione della morte ... Una proposta incompleta, con una conseguenza che avrebbe trasformato radicalmente il "progetto" iniziale ... se per comprendere meglio possiamo esprimerci in questi termini.
La risposta di Dio è importante: alla corruzione messa dal Maligno, Dio risponde con una maledizione, che porta in sé un epilogo ambiguo, ma che evidenzia un continuo coinvolgimento di Dio nella storia dell'uomo. Dio non si nasconde all'uomo, ma fa breccia  costantemente nella nuova condizione che si è determinata. Infatti la narrazione dell'inganno non è arginata dalla maledizione, ma dalla dimensione salvifica che assume la vita umana, che da questo momento diventa espressione del "segno sacramento" dell'uomo e della donna.

venerdì 10 febbraio 2017

Genesi 3,1-8 e Marco 7,31-37
"... conobbero di essere nudi ..."


Mi soffermo volentieri sul l'immediato biblico di aver mangiato del frutto dell'albero proibito. "Gli si aprirono gli occhi di tutti e due ..."
Il testo biblico in questa immagine, particolare, non ci impone una morale circa l'atto di disubbidienza al divieto posto da Dio, ma mette in luce come questa apertura del vedere è uno "sguardo nuovo", che trova l'uomo e la donna impreparati, anche di fronte a sé stessi, al punto che la loro stessa natura diventa una sorpresa (sono nudi); devono inventare immediatamente una "soluzione" per compensare questa improvvisa capacità di conoscere bene e male. Ma a questo punto essi stessi hanno timore anche di guardare Dio, non solo di essere visti da lui, e si nascondono. L'uomo e la donna sono intimoriti di fronte a Dio, hanno paura di Lui, temono il suo sguardo, il suo volto ... Solo con Gesù l'uomo è la donna torneranno a cercare il suo volto senza timore di sorta.

giovedì 9 febbraio 2017

Genesi 2,18-25 e Marco 7,24-30
Superamento dei miti ...

Già Origène, nel terzo secolo, spiegava che il racconto della creazione di Eva non doveva essere preso alla lettera (cfr. Contra Celsum). Ora senza scendere nel dettaglio delle spiegazioni esegetiche, offriamoci una lettura che tenga conto del superamento dei miti e delle credenze popolari. La creazione della donna rappresenta la piena realizzazione di una umanità che è maschile e femminile. L'uomo (maschio) sta di fronte (Dio la condusse ...) alla donna (femmina), come carne della sua carne e ossa delle sue ossa. La donna non è una "ricreazione" della costola, ma è il lato/metà di ciò che è l'umanità. Il superamento di certi stereotipi permette di comprendere lo sguardo di Gesù anche sulla donna Siro-Fenicia citata nel Vangelo: il dialogo tra la fedeltà di Dio e la fede della donna offrono l'occasione di recuperare sempre l'originalità della relazione tra Dio e questa donna;  nessuna cultura, nessuna legge permette di imbrigliare la forza dell'amore come espressione viva della fede.

mercoledì 8 febbraio 2017

Genesi 2,4b-9.15-17 e Marco 7,14-23
Possibilità e limite.


Nel fare ciò che era necessario alla "creazione" (Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra) Dio, si accorge della strana incompiutezza, e da ciò che era rimasto, la polvere ... crea l'uomo e lo chiama ad esistere: "soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente". A questo punto la creazione, da ciò che sembrava qualcosa di appena abbozzato, prende una svolta decisiva e si trasforma in un giardino: "Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male".
Tutto entra nella possibilità e libertà dell'uomo. Una immagine bellissima, come pure è bella la limitazione che si lega ad "ogni possibilità". Come qualsiasi padre nel far crescere e maturare i propri figli pone delle limitazioni che si modificano in ragione della maturità raggiunta, così pure il Signore Dio: "... potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare ...".
Per comprendere "possibilità e l'imitazione" occorre conoscere il proprio cuore; questa conoscenza è frutto di esperienza, diversamente si può anche confondere puro e impuro, bene e male, buono e cattivo e soprattutto che cosa sta all'origine di tutto ciò.

martedì 7 febbraio 2017

Genesi 1,20.2,4a e Marco 7,1-13
E fu sera e fu mattina: sesto giorno.

Nel racconti di Genesi dobbiamo riconoscere una strana anomalia: arrivati al sesto giorno tutto assume una esuberanza, un di più di narrazione, una maggiorazione di contenuto: di "generazione".
"Così furono portati a compimento il cielo e la terra, e tutte le loro schiere".
Questo di più, si rivela in ciò che è " immagine e somiglianza di Dio", di Yhwh. Un compimento che dilaga nel giorno del riposo e che mette in luce che la Parola è narrazione di salvezza. La Parola genera e rivela ciò che è buono, o addirittura molto buono. La salvezza è questa buona, intima e vitale relazione tra creatura/creative creatore. La nostra ipocrisia al pari degli scribibe farisei è sostituire la Parola con le "nostre molte tradizioni" o interpretazioni, questo annulla la Parola privandola delle sue possibilità: il riposo del settimo giorno e della narrazione di ciò che è "buono".

lunedì 6 febbraio 2017

Genesi 1,1-19 e Marco 6,53-56
Un nuovo inizio ...

Primo giorno della settimana ... Il libro della Genesi ci introduce nella possibilità del "nuovo inizio" che sempre la creazione porta in sé. Nel racconto dell'opera della creazione, nella ciclicità dei sette giorni sta la straordinaria novità del "nuovo inizio" che sempre pone la possibilità di redenzione per l'opera dell'uomo in quanto compresa e parte dell'opera di Dio. Ecco faccio nuove tutte le cose è possibile solo da un inizio che può essere anche principio di ciò che è nuovo. L'opera di Dio che veicola la storia della salvezza, ha un "inizio",  un "in principio", che prelude alla novità. Anche le azioni di Gesù, anticipano il nuovo inizio; da un lato infatti il desiderio della gente di incontrarlo e toccarlo si unisce alla possibilità che da quel l'incontro può nascere: essere non semplicemente guariti, ma salvati!

domenica 5 febbraio 2017

Isaia 58,7-10 / Salmo 111 / 1 Corinzi 2,1-5 / Matteo 5,13-16
Brillerà fra le tenebre la tua luce ...


Voi siete sale... Voi siete luce ... 
Propongo di leggere questa immagine a due figure prima rispetto alla condizione dell'essere e poi su quella del fenomeno di salificare e illuminare.
Il versante dell'essere, descrive la condizione del discepolo. Un discepolo è "fatto" in un certo modo, esiste in un certo modo, e solo per come esiste può essere luce e sale ...
Credo che spesso dimentichiamo questa nostra condizione di origine a vantaggio dell'effetto che ne consegue. Ma per essere luce e sale non lo si è a caso o per caso ...
La vita del discepolo, non è il semplice frutto di una scelta, di una sequela. Il discepolo che è affascinato dal maestro e lo segue, si nutre del suo maestro. Altrimenti diventa un autoreferenziale con delle belle idee, ma autoreferenziali.
Essere luce e sale per il mondo, significa essere come "Gesù ..."
Non posso "essere come Gesù" senza alimentarmi di Lui, ma questo non tutti lo capiscono ... E lo vogliono capire ...
Non basta essere battezzati per dirsi cristiani ...
Non basta desiderare la fede per averla ...
Non basta aderire alla Chiesa per essere discepoli ...
Non basta saperne di religione per educare al mistero di Dio ...
Non basta frequentare la parrocchia per essere sale e luce del mondo ...
Occorre essere abitati dalla grazia del Signore; occorre alimentarsi "dei cibi di grazia" che sono i segni dell'amore di Dio, i sacramenti.
La vita cristiana, cioè esistere come discepoli, dipenda dall'essere sacramentali.
Nutrirsi del pane della vita; non è solo prendere l'Eucaristia, ma è accogliere totalmente il mistero di Dio in quel pane: cielo e terra, pace, amore, eternità e potenza ... Se non mi nutro mai di questo pane ....
Sperimentare la misericordia; non è solo chiedere e ottenere il perdono dei peccati, ma è attingere a quell'amore fedele che non dipende dal mio desiderio o volontà, ma che genera il rinnovamento della mia vita ... Se non sento questo amore a portata di mano ...
Avvolti dalla luce dello spirito dell'amore; immergersi in una "Trasfigurazione" permanente. Ricevere lo spirito Santo per donare lo Spirito Santo ... Questa trasfigurazione è dono di grazia ...
Amare la carne per gustare la grandezza di un amore eterno. Non possedere la carne del fratello per rapirne il sentimento di amore, ma amarla per abitarla, farvi dimorare il mio sentimento di amore ... Questo mistero è grande perché è immagine dell'amore di Cristo per la sua Chiesa, questo è il matrimonio.
Consacrare, donare se stessi, perché solo il dono libero di sè, offerto per amore è sacrificio e consacrazione perfetta ... Il sacerdozio ne esprime tutta la contingenza, ed esprime tutta la realtà della consacrazione del Cristo.
L'unzione dell'esistenza che si esprime e consuma nel vivere ogni giorno è immersine della nostra povertà nella sua grandezza ... Nella sua volontà di salvarci ...
Tutto questo insieme alla Parola del Vangelo rappresenta la nostra esistenza Cristificata, esistere come cristiani. Solo questa esistenza permette di generare "sale e luce" dal nostro esserci. La luce dell'aurora permette all'uomo di riconoscere la bellezza delle opere di Dio; il sale che suscita costantemente il gusto di ciò che, buono, alimenta i nostri desideri e attese.
Alla fine di tutto ... Solo la Chiesa è garanzia di essere Luce e Sale ... di Cristo per il mondo.

sabato 4 febbraio 2017

Ebrei 13,15-17,20-21 e Marco 6,30-34
"... perché possiate compiere la Sua volontà ..."


Stupisce il modo in cui la volontà di Dio si compie. Cioè in quali condizioni si ha la certezza di essere nella volontà di Dio; un modo che al giorno d'oggi viene rigettato continuamente. È la sottomissione, ovvero l'obbedienza ... Se per un uomo/donna che scelgono i "consigli evangelici" (povertà,castità e obbedienza) siamo disposti a riconoscerne la correttezza, per tutti gli altri, soprattutto la sottomissione la viviamo come un attentato all'autonomia e alla libertà personale. Invece, nell'esperienza cristiana la sottomissione è affidamento nell'amore. Nulla ha a che vedere con la prevaricazione o sopraffazione, e tanto meno con la limitazione della libertà. La lettera agli Ebrei descrive questa sottomissione come la condizione di una cura amorevole della quale si rende conto a Dio stesso. Venendo meno questa obbedienza, viene meno parte della relazione fraterna e cristiana.

venerdì 3 febbraio 2017

Ebrei 13,1-8 e Marco 6,14-29
La nostra condotta ...


Il Vangelo di oggi racconta la macabra e intricata vicenda che ha accompagnato la fine della vita di Giovanni il Battista; non è difficile credere che tutto sia storicamente vero, considerando certe vicende che hanno segnato i secoli passati e anche i nostri giorni ... l'umano è capace anche di tutto questo ...
Ma è proprio di fronte a questo "peccato intriso nella natura" dell'uomo, che occorre reagire fortificando il tenore della nostra esistenza: l'amore fraterno resti saldo.
Che cosa rende la nostra natura umana capace di rigenerarsi è capace di esprimere la "grazia di Dio"? Credo proprio che sia solo l'amore che su genera e oro a rispetto ai fratelli, all'altro.
La lettera agli Ebrei lo traduce (l'amore fraterno) con: "non dimenticate l'ospitalità ..."; "ricordatevi dei carcerati ..."; "... e dei maltrattati ..."; "... avere cura del matrimonio ..."; "... non siate avari ..."; "... ricordatevi dei vostri capi, quelli che vi annunciano la parola ...".

giovedì 2 febbraio 2017

Malachia 3,1-4 / Salmo 23 / Ebrei 2,14-18 / Luca 2,22-40
Presentazione di Gesù al Tempio
Preso fra le braccia ...


La figura di Simeone, così come è raccontata dall'evangelista Luca, ci comunica una grande tenerezza. Quasi come se un nonno abbracciasse con amore un suo nipote. Un abbraccio che esprime accoglienza umana di un dono prezioso: l'attesa di vita e di futuro. Ma contemporaneamente scaturisce la lode a Dio, il ringraziamento e il congedarsi in pace.
"Andare in pace secondo la tua Parola": Simeone è ora un uomo compiuto, contento; la tenerezza di fronte al mistero dell'amore di Dio, realizza tutta la sua vita. Quando un uomo arriva a sperimentare la "tenerezza verso il mistero" è un uomo maturo; non è più un uomo che attende, uno che spera, ma è un uomo che dimora nella misericordia di Dio,  che ne ha fatto esperienza e che la abita. Questo tipo di uomo può giustamente consegnare tutta la sua vita alla fonte della tenerezza.

mercoledì 1 febbraio 2017

Ebrei 12,4-7.11-15 e Marco 6,1-6
Ci scandalizziamo di te ... 

Ci è di scandalo la tua vicinanza ai poveri, i malati, gli scartati ed emarginati!
Ci è di scandalo la tua preferenza per la povertà ed essenzialità!
Ci è di scandalo la tua preghiera non rituale, non schematica ma umana!
Ci è di scandalo la tua misericordia, che viviamo un poco con invidia, perché tu sei buono!
Sono questi, oggi, i motivi di scandalo. Come a Nazareth, oggi nella Chiesa, in casa Tua ci scandalizziamo. A volte, accade proprio così: ci scandalizziamo come il Signore Gesù riassume e vive il Vangelo che annuncia. Ed è per questo che non può compiere segni e miracoli in mezzo a noi e in noi, occorre che ci prendiamo cura della nostra incredulità e formalità.