giovedì 31 agosto 2017

1 Tessalonicesi 3,7-13 e Matteo 24,42-51
Il Signore verrà ...


Il Vangelo di Matteo, dopo aver notato ampiamente l'ipocrisia di molti, proprio nonostante questa, introduce il contenuto della venuta del Figlio dell'uomo.
Se l'ipocrisia è dimenticanza e indifferenza, rispetto a Signore,  ugualmente il Figlio dell'uomo porta a compimento la salvezza di Dio.
La nostra ipocrisia è causata da quella tiepidezza di fede per cui in realtà non attendiamo nessuno, o meglio diciamo di essere in attesa, ma siamo completamente immersi nel garantire la nostra vita; raramente assumiamo il ruolo del buon servo che attende con dedizione. L'immagine è molto forte, ma sostiene una necessità: l'attesa del Signore corrisponde alla possibilità di percepirlo presente e accanto nella vita di tutti i giorni. Il discepolo ipocrita è colui che non si cura di custodire l'attesa.

mercoledì 30 agosto 2017

1 Tessalonicesi 2,9-13 e Matteo 23,27-32
La parola di Dio, che opera in voi che credete ...

Ciò che Paolo dice ai Tessalonicesi, circa la Parola è straordinario, per esprimere una Parola che è di Dio, e che se accolta opera, cioè agisce realizzando.
Ma questo non accade a caso, accade a Tessalonica, in una comunità di credenti, di uomini e donne che hanno scelto Gesù e la sua Parola come fonte della verità e del mistero di Dio. Se l'annuncio, il kerigma, è causa della fede (e ciò dimostra ciò che la Parola è capace di operare), la fede generata, si nutre continuamente della Parola stessa, cioè della predicazione e catechesi. Il rapporto con la parola diviene così stringente che ogni latitanza da parte dei credenti genera "scribi e farisei, ipocriti".
Nel Vangelo di oggi, Gesù, è quasi spietato verso coloro che della parola fanno uno strumento del loro status sociale e del loro potere; infatti non sono solo ipocriti, ma figli degli uccisori della Parola, e così complici di quell'ingiustizia.
Ricordo che il Profeta è colui che porta (proclama/grida) davanti a se la Parola di Dio.

martedì 29 agosto 2017

Geremia 1,17-19 e Marco 6,17-29
In te Signore mi rifugio ...


"Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti". Queste parole del Salmo 70, commentano adeguatamente la vicenda del martirio di Giovanni Battista, cioè di un uomo che ingiustamente si sente perseguitato e oppresso, che vede attorno a se crescere l'intrigo e il complotto, fino a dubitare della propria salvezza ...
Chi fa esperienza di "tale" disperazione, a chi può rivolgere la sua invocazione?
In quella prigione e di fronte al suo carnefice, quante volte Giovanni avrà ripetuto: "In te Signore mi rifugio!"
Stando ai fatti, Giovanni è uno sconfitto, come tanti testimoni della verità che in ogni tempo vengono sopraffatti dall'ingiustizia; ma la loro preghiera, in quanto invocazione della vita, è come un chiodo, che solidamente unisce a Dio. Quando invochiamo il Signore, compiamo quell'atto di fede che ci permette di superare ogni difficoltà legata alla terra, facendoci già sperimentare la redenzione attesa e sperata che è di Dio.

lunedì 28 agosto 2017

1 Tessalonicesi 1,2-5.8-10 e Matteo 23,13-22
Guai a voi scribi e farisei ipocriti ...


L'ipocrisia è una pessima caratteristica se applicata alla persona, peggio ancora se l'ipocrisia coinvolge un discepolo del Signore. Quando Gesù critica l'ipocrisia degli scribi e farisei, mette in luce come per loro interesse stravolgevano persino le loro norme e i loro precetti, pur di trarre un vantaggio e vincolare a se i fedeli ... Questo è lo scandalo maggiore, non semplicemente la manipolazione delle leggi, ma il plagio e il condizionamento dei fedeli, cioè di chi con animo credente si accosta ai misteri di Dio.
Il giudizio è esplicitamente duro: "guide cieche" ... che per la vostra ipocrisia conducete gli uomini nelle tenebre.
L'accento posto sull'ipocrisia, merita oggi la nostra attenzione e riflessione. Uno sguardo attento alla nostra ipocrisia, ai nostri atteggiamenti e scelte che non onorano né il tempio e neppure l'oro, né l'altare né il sacrificio. La maggior ipocrisia è varcare la soglia della Chiesa per non convertire la vita, per consolare la coscienza personale, ma senza alcuna intenzione di mettersi in discussione, questo per pigrizia o per presunzione. Ora capiamo in cosa consista pure la cecità di cui parla Gesù.

domenica 27 agosto 2017

Isaia 22,19-23 / Salmo 137 / Romani 11,33-36 / Matteo 16,13-20
Io sono il Cristo, tu sei Pietro (la pietra)

Ogni volta che ascolto questo Vangelo, sento profondamente quanto queste parole costituiscono l'identità profonda della Chiesa, ma anche il punto di origine delle fede.
La Chiesa non è fatta di immagini e di gossip o di Twitter o messaggi dei social network.
La Chiesa non sono i nostri progetti pastorali, le masse a San Pietro, i discorsi del Papa.
Credo che la risposta a cosa sia la Chiesa si debba proprio cercare nelle parole di Gesù a Pietro, e in ciò che anche oggi la Chiesa deve rappresentare per il mondo.
La Chiesa va amata!
Quando Gesù dice a Pietro: "tu sei Pietro e su questa pietra edifico la mia chiesa ..." é come se dicesse, Pietro, ti scelgo, sei importante per me al punto di affidare a te e su di te ciò che più amo.
Ma per amare la Chiesa occorre amare Cristo; amarlo, e non semplicemente credere in Lui, amarlo significa avere fede in Lui. Ed è proprio per generare, sostenere e nutrire la fede in lui che Gesù ti rende parte (appartenenza) alla sua Chiesa.
Verifichiamo se amiamo la chiesa?
Il punto di partenza, sembra strano ma è nell'identità dell'uomo Gesù: lui è il Cristo, così come nelle parole di Pietro: "il Cristo, il Figlio del Dio vivente".
Questa identità è la prima che i "cristo-pagani", molti dei battezzati di oggi, non sanno più riconoscere. Per questi, molti battezzati, che all'origine dell'atto di fede ci sia Gesù uomo-Dio e non una norma o un concetto culturale, non comporta alcuna differenza; in questi battezzati non si è generata la fede e non si è coltivata la "personale adesione" al Signore.
Chiamerei questo il Paganesimo Ecclesiale, cioè di quei battezzati entrati nella Chiesa in forza dei sacramenti, ma che dei sacramenti non ne vivono la grazia.
La seconda parte del dialogo, fa correre i brividi lungo la schiena, "tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli".
Cosa vuol dire amare la Chiesa oggi?
Proprio perché è di Cristo, la voglio amare, perché attraverso di Lei, amo Lui.
Amare la chiesa significa vivere l'appartenenza fino in fondo, riconoscendo tutte le fragilità umane di una Chiesa che porta in sé il limite (pedofilia, devianza, scandali, ricerca del potere ecc...) non per trovare delle giustificazioni, ma per invocare la misericordia di Dio per poter essere invece autenticamente come Gesù la vuole: una forza, un'arma contro il male, la porta che si apre sul regno dei cieli.
Come non desiderarla nella sua possibilità di esserci?
Amo la possibilità inaudita che la Chiesa realizza: "quel legare e sciogliere ..."
Non si tratta di un privilegio, ma di una certezza che ciò che agisce e compie la chiesa è la porta che è posta tra celo e terra. A Pietro è data la chiave di questa porta. Ma lo straordinario è che ciò che la Chiesa può porre nel tempo si colloca nell'eternità. Questo è straordinario ... Questo è stupendo, questa è la forza del regno dei cieli.
Come non desiderarne essere parte?
Non potrei pensare me stesso senza sentirmi parte di questa Chiesa di Cristo. Fondata su Pietro. È questa originalità che mi consegna alle radici. Ma anche alla speranza certa, alla carità perfetta e all'umiltà profonda di non essere noi i protagonisti di tutto ... Ma ugualmente insieme a Pietro siamo chiamati ad edificarla, costruirla ... a far sì che sia ciò che deve essere: la Chiesa di Cristo nel mondo!

sabato 26 agosto 2017

Rut 2,1-3.8-11; 4,13-17 e Matteo 23,1-12
Obed, padre di Iesse, che fu padre di Davide.


Questa pagina del libro di Rut, acquista ed esprime un significato non solo teologico-salvifico, ma una forza che esprime tutta la bellezza della vicenda umana e personale.
Rut, una donna sola, una moabita, trova la sua piena corrispondenza in Booz; è in questa storia di un amore umano che prende consistenza il progetto di salvezza di Dio. Queste vicende che sembrano narrare episodi di storia famigliare, danno invece il senso della grandezza del Dio con noi, di un Dio che ci cammina accanto e che fa storia con noi, fino a noi e oltre noi. Tutto è preparato nel tempo ma non con una finalità deterministica, ma come una realtà che, gravida di vita, deve generare un futuro di grazia. 
È in questo senso che possiamo rileggere questa vicenda che apre la strada alla discendenza davidica e quindi anche alla pienezza del tempo: "il verbo che si fa carne in una donna, Maria, sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe". Anche la loro storia è una vicenda di amore umano che esprime tutta la capacità di essere spazio del mistero di Dio.

venerdì 25 agosto 2017

Rut 1,1-22 e Matteo 22,34-40
La fedeltà ... Una storia ...

La storia di Rut, è una storia di fedeltà. Nella Genealogia di Gesù, secondo il Vangelo di Matteo "Bozz generò Obed da Rut"; non ci si vergogna di citare una moabita (una non ebrea, una pagana) nuora di Noemi, tra le mogli dei padri nella stirpe davidica. Nel progetto di Dio, ogni "chiamato" è nella possibilità, secondo la sua storia, secondo la sua libertà, secondo le sue capacità, di vivere fedelmente un patto che è ben più di una "legge". Scribi e farisei, hanno smarrito la libertà di appartenere al patto di amore che nella fedeltà lega Dio agli uomini, e che si esprime nella storia della salvezza. Quando Gesù risponde alla domanda sulla "legge più grande", in realtà ribadisce che non si tratta di una legge, ma descrive la condizione di fedeltà che Dio Padre a posto tra sé e l'uomo, condizione alla quale mai verrà meno, mai ...
Noi, oggi, nella dimenticanza delle nostre radici, non percepiamo il legame con un parto di amore/fedele di Dio, che è legato alle generazioni umane. Chi di noi si sente parte della storia della salvezza rappresentata dalla discendenza a partire da Abramo?

giovedì 24 agosto 2017

Apocalisse 21,9-14 e Giovanni 1,45-51
Festa apostolo Bartolomeo
Un uomo in cui non c'è falsità ...


Uno sguardo, un giudizio? Ogni persona esprime nel vivere la propria identità, e Gesù ne rivela il contenuto profondo. Non è un giudicare, ma è una esperienza straordinaria che il Vangelo solitamente mette in luce. Si tratta infatti dello sguardo di Gesù del suo modo di guardarti: ti comprende nel profondo, accoglie la tua identità e la colloca all'interno di quella vocazione che è l'amore del Padre.
Vedendo Bartolomeo (Natanaele), Gesù, riconosce la sua trasparenza e limpidità (un israelita in cui non c'è falsità), e gli prefigura le grandi opere di Dio a cui parteciperà. Ciascuno di noi a partire da Natanaele (Bartolomeo) è visto da Gesù, ma questo sguardo non è quello di uno spettatore, è lo sguardo di chi amandoti, si prende cura di te. Natanaele esclama "tu sei il figlio di Dio, tu sei il re di Israele", tutto questo significa la compiacenza di essere visto dal Signore.
Ma ciascuno di noi, lo sguardo del Signore, come lo sta percependo? Come una ingerenza, un giudizio, una intimidazione? Come un amorevole cura? Come quello di un amico carissimo?

mercoledì 23 agosto 2017

Giudici 9,6-15 e Matteo 20,1-16
Il regno della imprevedibilità e meraviglia ...

Pietro, con la sua insistenza sulla ricompensa ha messo in luce una condizione comune a tutto il gruppo: "le loro aspettative future!
Nel momento in cui Gesù gli ha proposto di seguirlo, essi hanno accettato, ma non certo con la maturità e comprensione che noi oggi attribuiamo alla sequela.
Seguire Gesù è, nella vita del discepolo, a dir poco una progressione personale. La parabola degli operai nella vigna rivela una compressione straordinaria cieca la chiamata e le sue conseguenze. Il discepolo alla prima ora crede con entusiasmo, coinvolto da un progetto  come può essere il Vangelo (Nuova/Bella Parola); poi col passare del tempo (delle ore) l'entusiasmo cede il passo ai ragionamenti circa la convenienza della scelta fatta e del rapporto impegno di vita e fatica; è il tempo delle crisi, dei cedimenti, degli abbandoni ...
Ma il rinnovarsi costante, della chiamata di Gesù (ad ogni ora del giorno) richiama ciascun discepolo all'appartenenza al regno, e alla imprevedibilità e meraviglia della relazione con Gesù stesso: "non posso fare delle mie cose quello che voglio?" Questa esperienza genera approfondimento personale e genera maturità di scelta.
La parabola non è semplicemente descrittiva, non è una struttura letteraria ermetica; la parabola per un discepolo del regno dei cieli, è la possibilità di comprendere "cose nuove e cose antiche" ... 

martedì 22 agosto 2017

Giudici 6,11-24 e Matteo 19,23-30
La felicità possibile e impossibile!

Quel giovane che si allontanò turbato e triste, non passò inosservato.
Gesù stesso commenta che per coloro che non Ascoltano la Parola, è impossibile trovare la felicità che nasce dalla Parola ... Sì, perché questo è il "senso" del Vangelo, narrare una felicità possibile. Quando le nostre cose (ricchezze) sono più importanti, affidabili, della possibilità che deriva dal Vangelo, allora è più facile infilare una fune da marinaio (cammello) in una cruna di ago, piuttosto che "entrare nel regno di Dio", cioè essere nella felicità.
... Voglio avere tanti soldi, un lavoro che non mi faccia fare fatica; voglio comandare, voglio fare carriera; voglio una bellissima casa, voglio solo due figli ecc... Questi sono spesso sono i nostri attaccamenti, le nostre ricchezze ...
Pietro rivendica, ingenuamente, di avere lasciato tutto ciò ... "Quindi cosa ne avrà in conseguenza?"
Gesù immediatamente corregge il tiro: Voi che avete lasciato voi stessi e le vostre ricchezze (attaccamenti) e avete seguito "Me", nella possibilità del Vangelo, vivete già ora la possibilità di realizzare il regno di Dio e nell'eternità possedere la piena felicità: "la vita eterna". Ma questa era la domanda del giovane che se ne andò triste per la risposta ...
La felicità passa dall'accettare di mettere tutto in discussione e di accettare che le sicurezze che mettiamo prima, possano non essere vere sicurezze.

lunedì 21 agosto 2017

Giudici 2,11-19 e Matteo 19,16-22
Non ha ascoltato ...

Nei vangeli si sottolinea generalmente la gioia di chi Ascoltato Gesù, generalmente torna nella vita con energie e possibilità nuove. Questa pagina del Vangelo invece mette in risalto un evento anomalo: "se ne andò triste!" E in più, l'evangelista commenta: "possedeva molte ricchezze!"
La tristezza come conseguenza dell'Ascolto di Gesù non è contemplata, non è possibile ... Forse questo "giovane/uomo", in realtà, non ha Ascoltato!
Credo di poter dire, senza voler giudicare, che la domanda del "giovane/uomo" rivolta a Gesù è come tante nostre preghiere e richieste rivolte a Dio con superficialità o mossi dall'entusiasmo del momento; forse questa persona si è trovata in un momento in cui Gesù parlava a delle persone, e subito, anche lui si è sentito coinvolto emotivamente.
Ma questo non è ascolto. L'Ascolto della parola non ha nulla di emozionale; l'ascolto genera, e poi alimenta la fede. Nel caso del Vangelo la fede di questo giovane è ben radicata nelle sue cose, nelle sue ricchezze, per cui  l'ascolto è rivolto a se stesso non alla Parola di Gesù. Anche le nostre "molte ricchezze": cose, affetti, interessi, ambizioni, persone, richiedono costantemente ascolto, in realtà si mettono in competizione con ogni altro genere di Ascolto, anche della Parola. Allora ... occorre attenzione al cuore ...

domenica 20 agosto 2017

Isaia 56,1.6-7 / Salmo 66 / Romani 11,13-15.29-32 / Matteo 15,21-28
Una tavola un solo pane ...


Un Vangelo che spesso non comprendiamo fino in fondo ...
Una donna dalla "grande fede", una "tavola", il "Pane dei Figli" ...
A partire dalla prima lettura, queste immagini proposta da Gesù hanno come chiave di lettura il Profeta Isaia: "I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare". Infatti quella tavola e quel "pane dei figli" rappresentavano l'altare e i sacrifici, che Israele compiva come "riti di comunione" ed espiazione nel Tempio di Gerusalemme.
Quella tavola di trasfigura nel Cenacolo della cena pasquale, dove Gesù prende il pane dei Figli (il pane azzimo, il pane dei sacrifici) e lo dona a tutti ...
Ma tutto ciò diviene in Gesù immagine di un altro tavolo, quello della Croce, dove il pane dei figli è il corpo crocifisso di Signore.
A questo punto possiamo rileggere il brano del Vangelo, e capire come nella vicenda della donna Cananea, non solo si supera l'idea esclusivista di essere popolo di Dio, fine a se stesso, ma sulla scia di Isaia si apre alla prospettiva escatologica per cui " la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli".
Ma quando questo di avvererà? Cioè quando è vero tutto questo?
Tutto questo è vero, quando nemmeno un briciolo del pane dei figli va perduto; quando quel corpo donato è dato per i molti (che sono i tutti).
Ma se questo è vero nell'idea, quando diventa vero nella realtà?
Nella realtà è vero a partire da come la Chiesa, la Comunità e le nostre Famiglie vivono e fanno propria la loro fede nel Signore Gesù.
Questa donna ha una grande fede, cioè crede che Gesù debba prendersi cura di Lei e delle sue necessità. Quando come Chiesa, Comunità e Famiglia ci leghiamo al Signore, ci accucciamo all'altare del sacrificio, al tavolo del pane dei figli, alla Croce che è tavolo del corpo del Signore.
Abbiamo troppi "pani del mondo", pane condito ..., pane integrale ..., pane per ogni circostanza ... Ma del "pane dei figli", ne facciamo poco uso; oltre l'80% dei battezzati non se ne ciba mai. Questo è il problema reale è vero. I figli non mangiano il pane e se non si mangia il pane del suo corpo, non si fa', e non si ha vita cristiana, e questo non produce briciole sotto la tavola, per la donna Cananea e chi è con "grande fede" come Lei ... come i cagnolini ...
Sarà possibile????
- Una Chiesa dove non si mangia il pane perché si crede poco;
- una Comunità nella quale il pane è appena riconosciuto nella indifferenza, senza contemplarne la fragranza e desiderarne la novità morale;
- le nostre famiglie, piene di prove e di sofferenze, ma prive del pane che è Gesù, che crea comunione e condivisione.
La "grande fede" che Gesù riconosce nella Cananea, non è sentimentale, ma è la grande fede che si genera:
nell'ASCOLTO della parola, che raramente ascoltiamo ...;
- nella prenderci cura della FORMAZIONE nostra e dei ragazzi e giovani: CATECHESI, che non vogliamo fare;
nella PARTECIPAZIONE viva della Messa, che spesso disertiamo;
- nelle OPERE di carità e giustizia, verso i poveri, malati e per i bisognosi, che con facilità rimandiamo ad altri.

sabato 19 agosto 2017

Giosuè 24,14-29 e Matteo 19,13-15
Un patto da adulti con la fiducia di un bambino


La prima lettura rappresenta un vero trattato di alleanza, con le premesse, i contenuti, le norme circa la trasgressione e l'impegno di fedeltà. Sembra proprio un atto ufficiale, un patto tra "uomini grandi", un impegno irrevocabile.
L'accostamento con il Vangelo è straordinario, perché mette in luce come nella mente di Gesù, anche questa pagina della scrittura, così formale, viene riletta nella categoria del regno dei cieli. Un patto con Dio, non esiste per regolare dei rapporti, se fosse tale sarebbe un atto di sterilità, il patto esiste in quanto esprime a parole quel regno dei cieli che è comunione con Dio. Di fronte a questo patto-regno dei cieli, Gesù utilizza una immagine che vuole dire il modo in cui tutto diviene efficace e chiaro: "essere come i bambini".
Loro, i bambini, sono immediati, e facili alla fiducia, per cui più che di impegno da sottoscrivere, si tratta di una disponibilità ad affidarsi a un Dio che ci ricorda che a noi pensa Lui, il regno inizia nella fiducia e abbandono a Lui!

venerdì 18 agosto 2017

Giosuè 24,1-13 e Matteo 19,3-12
Nel deserto ... della nostra identità.

Il deserto del Neghev, sembra essere lo spazio in cui Israele ha soggiornato lungamente ed è cresciuto e maturato nel diventare un popolo. Ma questo processo non è solo un percorso di umanizzazione e sociale, è il percorso attraverso il quale nasce il "popolo di Dio". Essere popolo di Dio corrisponde ad una appartenenza verso colui che è all'origine della "identità di popolo": Terac padre di Abramo e Nacor, Isacco e Giacobbe ... Il processo di identità ha origine nella memoria dei padri, cioè nella memoria della fede. Ma quale fede avevano i padri? La frode è in un Dio che "prende" cioè separa dal resto è predilige; un Dio che conduce nella terra delle promesse; che fa scendere in Egitto e risalire; che concede vittoria e libera il cammino da ogni ostacolo è altro popolo; è il Dio che in sintesi si prende cura e concede gratuitamente...
Scopriamo che essere popolo non è una identità di massa, ma essere popolo, per la Bibbia, è frutto di una relazione personale (che a partire da Abramo si ripete per ciascuno di noi, come elezione/prendere) e collettiva insieme. 

giovedì 17 agosto 2017

Giosuè 3,7-17 e Matteo 18,21-19,1
Quante volte dovrò perdonare?

La domanda di Pietro è estremamente corretta, per un pio israelita, osservante dei precetti della legge, è importante sapere se esiste un numero di volte rispetto al quale si è obbligati, per legge, a perdonare.
Gesù da parte sua risponde alla domanda in un modo a dire il vero incoerente: non dice a Pietro quante volte, ma inizia a generare una immagine parabolica del regno dei cieli.
Ancora una volta Gesù forza la situazione. Lui, che è il regno dei cieli dato in pienezza, e che vive la misericordia come unica risposta conveniente rispetto alle situazioni nelle quali si sperimenta la mancanza di umana comprensione e amore. Gesù soffre di fronte alle ingiustizie e prevaricazioni, soffre nel vedere come gli uomini sono incapaci di misericordia gli uni verso gli altri, e ugualmente, non si scandalizza se questa difficoltà fa parte del modo di vivere e pensare anche dei discepoli. Ma proprio per questo la parabola richiede, ed esige, un profondo e progressivo richiamo a uno stile di vita incline alla misericordia.

mercoledì 16 agosto 2017

Deuteronomio 34,1-12 e Matteo 18,15-20
Il cielo è la terra sono legati!


E con questa notizia iniziamo la nostra giornata! Noi figli della cultura del post moderno-illuminato, di fronte a questa affermazione del Vangelo ne restiamo tra la l'incredulo e la sufficienza. Increduli, perché in forza della nostra ragione, è inconcepibile e primitivo pensare anche solo che il "cielo" sia lo spazio del mistero di Dio.
La sufficienza, in quanto la superiorità che abita i nostri ragionamenti non ci permette l'umiltà guardare "cosa c'è" oltre la realtà delle cose.
Il Vangelo di Matteo, in questa sequenza, nell'affrontare una regola di comportamento morale circa le difficoltà delle relazioni, ci ricorda che la comunione che noi generiamo nella libertà e nella fatica nel tempo, appartiene pure all'eternità. Ma questa situazione presa ad esempio, si dilata al punto di dirci che noi siamo tramite del mistero eterno di Dio nel tempo della nostra vita. Gesù, è sempre in mezzo a noi, e di questa sua esperienza ne fanno parte coloro che dilatano la mente alle possibilità della fede. La fede è ciò che scioglie e lega, sulla terra e nel cielo.

martedì 15 agosto 2017

Apocalisse 11,19;12,1-6.10 / Salmo 44 / 1 Corinzi 15,20-26 / Luca 1,39-56
Solennità di Maria assunta al cielo
Una gioia rivisitata!

Quando una donna, che aspetta di partorire, sente muoversi nel suo grembo il bambino, e si mette in dialogo con lui, esprime una gioia tutta particolare: due universi distinti che si mettono in dialogo, in relazione. Quando due donne che attendono di dare alla luce i loro figli si incontrano avviene ciò che Luca racconta nel suo Vangelo: la gioia della maternità; l'accoglienza reciproca e l'esaltazione dell'attesa di ciò che deve nascere. Ecco che scopriamo come Luca abbia semplicemente descritto la bella normalità di un incontro tra due donne, che aspettavano di dare la luce ai loro figli; quell'incontro, a partire da loro stesse è compreso alla luce del mistero di Dio che è parte della loro stessa vita, della loro stessa storia. Tutto ciò che Elisabetta e Maria si dicono, è frutto della loro relazione con il Padre e dell'avere compreso come il "mistero" le coinvolge in un "disegno" che è salvezza !
È alla luce della"salvezza" che possiamo comprendere il dogma di Maria Assunta al Cielo, così come nel 1950 Pio XII lo decretò: «Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». 
Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica.
A nessuno dunque sia lecito infrangere questa Nostra dichiarazione, proclamazione e definizione, o ad essa opporsi e contravvenire. Se alcuno invece ardisse di tentarlo, sappia che incorrerà nell'indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo.
La forza di questo pronunciamento è tale, non so perché impegna la fede della Chiesa, ma perché obbliga nella fede a crede in modo risoluto e senza defezioni che Maria è passata all'eternità senza incorrere nella esperienza della morte. Per lei entrare nella gloria di Dio (eternità/cielo) rappresenta il pieno compimento dell'ascolto della sua Parola. Così, come per la potenza dello Spirito ha operato in lei l'incarnazione del Verbo (concepimento di Gesù) così la stessa Parola anticipa, compiendo in lei, le grandi opere dell'onnipotente, cioè la salvezza dell'uomo e la redenzione di quanto Dio Creatore ha chiamato all'esistenza.
Smetteremo di stupirci di tutto questo, quando impareremo pure noi a riconoscere e a considerare Dio parte integrale della nostra ordinaria realtà quotidiana.

lunedì 14 agosto 2017

Deuteronomio 10,12-22 e Matteo 17,22-27
Intrecciò di libertà


La libertà di Gesù espressa in questo secondo annuncio della passione, trova eco nelle parole della seconda preghiera carissima: "offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane ...). La libertà del Signore su esprime nel consegnarsi alla morte liberamente e per amore dell'uomo. Questa esperienza, non la contempliamo, ma non sempre la comprendiamo appieno. San Massimiliano Maria Kolbe, dimostra come la libertà di Gesù può essere anche la nostra libertà.
La nostra libertà nasce nella relazione figliale con il Padre. Noi siamo figli e quindi esenti da ogni l'imitazione o "balzello" che ci trattiene o ci affranca dall'amore a Dio e ai fratelli.
Ogni volta che il senso religioso genera una relazione di scambio, perdiamo la libertà dei figli e di conseguenza priviamo la realtà in cui viviamo della vera libertà cristiana: vivere nel dono di se per amore del mondo.
Come è difficile essere liberi per noi uomini! Lo è talmente che anche il Vangelo ci racconta di un compromesso per evitare gli scandali: "va al mare, pesca, e paga con la moneta che troverai ..."

domenica 13 agosto 2017

Solennità di San Cassiano Martire - Patrono della Diocesi di Imola
Nel 303 secondo fonti tradizionali, e non solo, si può collocare il martirio di Cassiano; la vicenda di Cassiano si articola in un intreccio di fonti tradizionali e storiche; di racconti popolari, e ricostruzioni narrative; di riscontri archeologici, studi e ricerche che confermano la autenticità del martirio ecc... Allo stato attuale emerge una immagine di una "santità moderna", in estrema sintonia con l'esperienza del martirio per la fede, ma anche per la carità.
Papà Francesco nel proporre il martirio a causa della carità dice che  “sono degni di speciale considerazione e onore quei cristiani che, seguendo più da vicino le orme e gli insegnamenti del Signore Gesù, hanno offerto volontariamente e liberamente la vita per gli altri e hanno perseverato fino alla morte in questo proposito. E’ certo che l’eroica offerta della vita, suggerita e sostenuta dalla carità, esprime una vera, piena ed esemplare imitazione di Cristo e, pertanto, è meritevole di quella ammirazione che la comunità dei fedeli è solita riservare a coloro che volontariamente hanno accettato il martirio di sangue o hanno esercitato in grado eroico le virtù cristiane”.
Una atto di amore, a tal punto che la morte fu causata dall'amore a Cristo e ai suoi studenti; mettendo così in pratica la parola del Signore: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici'” (amati).
La bellezza della santità, il coraggio del martirio, l'esempio dei testimoni, si congiunge per noi cristiani con la necessità di avere modelli da imitare. Il popolo cristiano è un popolo che vive di una "fede incarnata", non della teoria e della teologia mentale, ma vive del modo in cui Dio entra nel tempo e nella storia segnandola e accompagnandola in un percorso che si chiama salvezza. Gesù in questa storia ha messo la sua vita, ma chiede ai suoi amici di fare altrettanto.
I martiri, testimoni della fede, oggi sono molti di più di quanto pensiamo o immaginiamo, ma l'indifferenza e il secolarismo pongono sul loro esempio e sulla loro vita un velo di diffidenza e di dimenticanza che per noi diventa condizione di non conoscenza. Quanti cristiani, in tante parti del mondo, hanno dato la vita pur di non rinnegare la loro fede in Cristo (Africa, Medio Oriente, Siria ecc ...), ebbene questi sono i modelli della fede che non semplicemente resiste alla violenza, ma che si pone come alternativa alla ideologia di un mondo privo di mistero, e che nega a Dio la sua vicinanza.

1 Re 19,9.11-13 / Salmo 84 / Romani 9,1-5 / Matteo 14,22-33
Pietro cammina sulle acque ...

Ogni volta che ascoltiamo questo brano, la mente corre immediatamente a rappresentare Gesù, e Pietro lo immaginiamo immerso nelle acque mentre grida "Signore salvami".
Ma in realtà c'è un momento in cui Pietro cammina pure lui sulle acque. È il momento nel quale Pietro ha nella sua mente solo la risposta di Gesù: "Vieni!"
Pietro vorrebbe essere come Gesù, fare le cose che lui fa ... Pietro è profondamente coinvolto dal suo maestro e anche profondamente disposto a vivere la proposta di Gesù.
Dopo aver partecipato alla distribuzione di quel pane e di quel pesce che non si esaurivano ma erano sufficienti per tutti, Pietro sembra proprio non avere parole; nel vedere Gesù che cammina sulle acque, lo stupore seppure con timore lo pervade.
Riconoscere che Dio cammina accanto a lui, non è certamente una delle esperienze più ovvie, e neppure facili, ma questo è proprio quello che l'evangelista vuole farci scoprire.
Quei pescatori, sulla loro barca non sono semplicemente provocati dalla presenza di Dio, ma si accorgono di esserne parte. Quel lago di Galilea, così a loro noto è lo spazio abitato da Dio, percorso da Dio stesso. I segni che si manifestano non sono delle aggiunte alla realtà, ma sono la realtà stessa abitata dal mistero.
Noi non abbiamo Fede perché non crediamo che sia possibile moltiplicare i pani e i pesci (crediamo sempre a un significato nascosto o a un senso pedagogico, e addirittura eucaristico); noi non crediamo che sia possibile a Gesù camminare sulle acque in tempesta ...
Pietro in quel momento ha fede, non ha dubbi, vive tutto in funzione della sua esperienza di fede, per cui cammina verso Gesù sulle acque. Quando viene meno la sua partecipazione all'esperienza della fede, e il dubbio lo assale, la paura lo fa affondare, si dimentica di essere con Gesù ... Di essere accanto a Dio!
Quella condizione è lo spazio in cui Gesù lo prende per mano e lo trattiene, il Signore custodisce la fede di Pietro, e lo salva, perché Pietro possa sentire come la salvezza è la fede nel Signore .... Tutto il resto è parte di una esperienza, ma è la fede che Salva, e la fede è Gesù stesso il quale non è inerme e passivo, agisce in noi sempre...

(Per la Diocesi di Imola oggi è Solennità di San Cassiano Martire, le letture sono del proprio della Diocesi) 

sabato 12 agosto 2017

Deuteronomio 6,4-13 e Matteo 17,14-20
Per la vostra poca fede ...

Proprio quel discepoli, fedelissimi, si sentono ripresi proprio sul lato della fede ...
Forse, loro, come anche noi, diamo spesso la fede come scontata, come condizione che accompagna il nostro essere credenti, le nostre azioni, il nostro praticare l'esperienza cristiana ... Immagino che Pietro, Giacimo, Giovanni, Andrea ... e anche gli altri, avessero verso il loro maestro una profonda venerazione, rispetto, e fiducia; insieme a lui pregavano, insieme a lui frode savana quel credo del pio israelita che è lo Shcemà (ascolta) Israele ... Eppure si sentono dire: "... Per la vostra poca fede ..."
La fede che cosa è? Se non è la fiducia e la certezza, che cosa è la fede?
La fede è la vita credente! Questo mi verrebbe da dire. Quando ci arrendiamo a Dio e rinunciamo a noi stessi, resta solo la fede ...
Resta solo quel ricercare il Signore con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze ...
Forse ci sembra uno sforzo immane, più grande di tutte le resistenze umane e razionali che opponiamo, ma in realtà è una piccola cosa ... è come un granellino di senapa ... è come l'amore intimo e nascosto ...

venerdì 11 agosto 2017

Deuteronomio 4,32-40 e Matteo 16,24-28
Perdere la vita ...

Anche ieri nel Vangelo di Giovanni abbiamo meditato: "l'amante la vita di lui perde essa, e l'odiante la vita li lui in il mondo questo, per la vita eterna custodirà essa"; oggi in Matteo ritorna lo stesso concetto: "chi infatti voglia la vita di lui salvare perderà essa, ma chi perde la vita di lui a causa di me troverà essa" ...
Sembra fuori di discussione che per Gesù vivere una esistenza per sé  stessi è il modo migliore di perdere la propria vita ... cioè consegnare per sempre la propria vita al nulla.
La ricorrenza di questi concetti, attesta una insistenza del Signore, circa la qualità di vita del discepolo, la quale non può essere disgiunta da quella del suo Signore; infatti in forza di quel legame acquista significato e senso, al punto che l'evangelista Matteo ci informa anche di come entrare nell'esperienza di vivere per il Signore: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua".
Per Gesù perdere la vita per il regno dei cieli, si compie pienamente nella croce, ma non è una consegna al nulla, è un consegnare a vita per amore dell'uomo, all'amore che salva. Per ogni discepolo la croce è l'esperienza dell'amare, rispetto al quale imparare a donarsi, rinnegando se stessi, cioè perdendo i propri attaccamenti...

giovedì 10 agosto 2017

2 Corinzi 9,6-10 e Giovanni 12,24-26
Potere di ogni grazia ...


Cosa dobbiamo intendere con questa espressione? Credo che possiamo comprendere la grazia come dono incondizionato e gratuito. La "grazia" in assoluto è la salvezza, dono immeritato e gratuito del Padre verso i suoi figli peccatori.
Dio può fare abbondare in noi ogni grazia; nel senso che la gratuità di Dio nel donarsi a noi sovrabbonda ogni possibile previsione, ma anche nel senso che Dio ha il potere di generare in noi ogni grazia, a partire da noi stessi, affinché sia possibile né con tristezza, né per forza elargire con pienezza quei doni gratuiti che generano i frutti di giustizia.
La grazia come dono, per ciascuno diviene il massimo dono gratuito quando coinvolge la propria vita rispetto agli altri: "Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna".

mercoledì 9 agosto 2017

Osea 2,16.17.21-22 e Matteo 25,1-13
Santa Teresa Benedetta della Croce, patrona d'Europa
10 vergini e lo sposo = il regno

Il profeta Osea esprime, nella lirica dell'amore, l'unica relazione che salva: l'amore tra l'uomo e Il suo creatore, Dio e il suo popolo: "... parlerò al suo cuore. Là mi risponderà ...", "Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa ...". È questa relazione che, nel momento in cui si realizza esprime la novità dell'esistere che è il regno dei cieli. Il regno dei cieli è concretezza dell'amore e dell'amare.
Forse proprio in questa immagine parabolica i termini di espressione sono nuziali.
Le vergini, rappresentano il desiderio di amare e l'amore custodito; lo sposo è l'amato atteso, ma anche colui che pienamente dona il suo amore. La vigilanza è attesa che improvvisamente si concretizza, nel realizzare ed esprimere, l'amore e l'amare.
Personalmente recepisco meglio questa parabile riletta con la categoria dell'amore, piuttosto che con la categoria del merito e della prudenzialità; tanto chi non vuole o non può amare ci sarà sempre ...

martedì 8 agosto 2017

Numeri 12,1-13 e Matteo 15,1-2.10-14
Toccati sul vivo ...


Ciò che Matteo racconta, permette di comprendere come la predicazione di Gesù, in realtà, non abbia riscontrato unanime consenso, sia nei capi che nel popolo. L'espressione di Gesù che descrive la realtà è emblematica: "Sono ciechi e guide di ciechi".
La cecità fisica diviene immagine di quella cecità che è oscurità rispetto al mistero luminoso di Dio. Gesù più volte si auto definisce luce, cioè, come la luce permette di vedere la realtà ma non si differenzia dalla realtà stessa, in egual modo la realtà alla luce di Gesù è cristificata ed è quindi una realtà nuova.
A volte preferiamo restare nella tenebra, perché preferiamo essere alberi piantati da noi stessi piuttosto che piantati dal Padre celeste, incuranti e indifferenti di eventuali sradicazioni.

lunedì 7 agosto 2017

Numeri 11,4-15 e Matteo 14,13-21
Tutti mangiarono a sazietà non pane ma ... amore!


Tabga, Dalmanuta, è il luogo geografico della moltiplicazione dei pani. Egeria, pellegrina egiziana, scrive nel suo diario di aver visto in questo luogo (siamo verso la fine del 4* secolo) la roccia dove Gesù pose i cinque pani e i due pesci prima di distribuirli moltiplicati ai 5000. È solo sfondo di tutto questo che il pane diviene simbolo di amore. Quel pane non serve solo a riempire le pance, cioè a soddisfare un bisogno, ma quel pane sazia la fame di amore. Gesù chiede ai discepoli di amare quella folla e di donarsi a loro. Ma amare la gente non è facile neppure ore degli apostoli. Allora Gesù chiede il loro piccolo amore, spesso un amore rivolto solo a qualcuno, un amore quasi interessato, condizionato; ma quel poco amore consegnato al Signore è come un germe dal quale fluisce l'amore del Padre. Questo è anche ciò che accade nell'eucaristia: quel pane spezzato è amore di Dio che si moltiplica a partire dalla nostra disponibilità di assumerlo e farne parte.

domenica 6 agosto 2017

Daniele 7,9-14 / Salmo 96 / 2 Pietro 1,16-19 / Matteo 17,1-9
Festa della Trasfigurazione del Signore
Testimoni oculari della sua grandezza ...

Anche noi siamo saliti sul monte, anche noi abbiamo percorso le strade di Israele, abbiamo toccato le acque del lago di Tiberiade, abbiamo bevuto alle fonti del Giordano, nello stesso modo in cui i discepoli e Gesù avranno fatto tante volte ...
Ed è proprio in questa ordinaria esperienza della vita che si comprende ciò che è la trasfigurazione ...
La tradizione orientale pone la trasfigurazione quaranta giorni prima della Pasqua del Signore, per cui nella liturgia, si pone la festa oggi al 6 agosto perché corrisponde al quarantesimo giorno prima della festa della Santa croce il prossimo 14 settembre.
Ma anche questa annotazione ci permette di capire come il mistero celebrato so colloca nel nostro tempo ... e lo scandisce!
Pietro quando ne parla lo fa riferendosi a una esperienza vissuta:
"non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate" ... La comprensione della figura e della vita di Gesù rischia sempre di essere archiviata nel fantasioso.
Proprio per questo Pietro ci vuole fare conoscere " la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo".
Cosa è stata per lui la Trasfigurazione:
- qualcosa di concreto e di reale, l'occasione di toccare il mistero della gloria (doxsa/shekinah), "non sono favole";
- ci descrive una visione che porta l'umano alle soglie del divino: "il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce". Non possiamo fissare il sole nel suo brillare, né restiamo accecati; neppure possiamo comprendere il candore come effetto della luce;
- la trasfigurazione permette a Pietro di ascoltare la voce del Padre. Non dobbiamo immaginare le "vocine" ma accogliere il contenuto della voce, imparare ad ascoltare: "questi è il mio figlio l'amato ... In lui io metto il mio compiacimento";
- questa esperienza pone al centro della vita di Pietro, come di ogni discepolo "Gesù solo"; questa unicità non è esclusione di altro, ma inizio della fede.
Chi ha fatto esperienza del "Tabor" acquista lo sguardo della fede, che gli permette di contemplare la gloria di Cristo nella ordinarietà della vita, senza scandalizzarsi della croce e della salutare fatica della vita.

sabato 5 agosto 2017

Levitico 25,1.8-17 e Matteo 14,1-12
Economia divina ...


L'anno del Giubileo, rappresenta il modo in cui ogni attività e realtà umana trova il suo pieno riposo: "Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti ..."
L'anno del Giubileo inaugura sulla terra la signoria di Yhwh, con tutte le conseguenze Gesù ne derivano:
- liberazione della terra;
- liberazione degli abitanti.
Terra e uomo sono intimamente connessi nel riposo del Giubileo, eco e riproposizione del riposo di Dio nel settimo giorno della creazione.
Vivere l'anno del giubileo è quindi attuare e insieme fare esperienza della santità di Dio. 

venerdì 4 agosto 2017

Levitico 23,1-37 e Matteo 13,54-58
Uno scandalo che non finisce mai!


L'atteggiamento della gente intorno a Gesù assume presto il tenore dell'incredulità, noi siamo ingenuamente portati a pensare che alla predicazione di Gesù sia seguita la più ampia adesione possibile, almeno delle masse ... Ma i Vangeli ci consegnano una immagine ben diversa: "Ed era per loro motivo di scandalo".
Scettici fa rispetto ai prodigi; incredulità a causa della sua origine; le sue generalità non soddisfano un ideale messianico; sospetto circa la sua autorità di maestro.
È in questo contesto che Gesù ritorna in Galilea per completare la sua missione: annunciare la novità del Vangelo che è il Regno dei cieli. 
Se è accaduto questo a Lui, perché ci lamentiamo se questo capita pure a noi?
Nessun discepolo è più grande del suo maestro, se hanno chiamato Belzebù il Signore, tanto più i suoi discepoli. 

giovedì 3 agosto 2017

Esodo 40,16-38 e Matteo 13,47-53
... La gloria del Signore riempì la Dimora ...


La doxa, la gloria di Dio scende come nube nella dimora, nel santo dei santi; è la sua presenza che costituisce lo spazio intimo della relazione tra Dio e l'uomo.
Per secoli Israele ha sperimentato come "L’anima mia anela e desidera gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente (Salmo 84)". Israele ritrova la propria identità di popolo e la sua appartenenza in forza della presenza del Signore.
Ora per i discepoli, scribi del regno dei cieli, questa esperienza antica della presenza/inabitazione di Yhwh, diviene mistero di presenza assenza. Il sepolcro sarà sempre dopo la risurrezione il segno della sua presenza come vivente. Il sepolcro come il santo dei santi è vuoto di morte ma nella fede della novità degli "scribi del regno" è un "vuoto pieno di presenza e di gloria".

mercoledì 2 agosto 2017

Esodo 34,29-35 e Matteo 13,44-49
Ore 05,37: sul Golgota al Santo Sepolcro

Essere alla presenza di Dio faccia a faccia, come amici, produce effetti immediatamente evidenti e riconoscibili: lo splendore (trasfigurazione) del nostro volto umano.
È bello poter dire che l'intimità con il Signore non è un fatto privato ma è un incontro che dona luce all'esistenza al punto che anche la nostra carne né vivente pienamente coinvolta e il nostro volto recupera la sua vera immagine ed espressione: luminosi come i figli della luce.
Davanti al luogo in cui il Signore è stato crocifisso ed è morto sulla croce è essere alla sua presenza faccia a faccia, davanti a tutta la sua vita vissuta e donata; questa intimità è preludio alla luce vera: "io sono la luce del modo ... per non camminare nelle tenebre".
Questo è il tesoro del discepolo ... questa è la perla preziosa!
Il regno dei cieli è il contadino, è il mercante ....
Il regno dei cieli c'è quando trovato il tesoro io stesso divento il contadino che compro il campo e posseggo il tesoro e vivo di quel tesoro per sempre.
Il regno dei cieli c'è durando trovata la perla tra tutte le perle ... So bene che solo quella perla è l'ornamento giusto e conveniente ... Sono io il mercante che  non può perdere questa occasione unica e irripetibile!

martedì 1 agosto 2017

Esodo 33,7-34,28 e Matteo 13,36-43
A tu per tu con Dio


"Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico". Queste parole di Esodo rappresentano un vertice che trasforma profondamente e in modo nuovo il rapporto fra uomo e Dio, riportandolo nella sua originalità: una amicizia che corrisponde da un lato all'amore del creatore e dall'altro alla possibilità di corrispondervi. Questa manifestazione e relazione fa specchio al modo in cui Dio, in Gesù vive umanamente insieme ai dodici. La semplice ordinarietà della vita garantisce una intimità amicale per cui i discepoli possono rivolgersi a Dio faccia a faccia, in Gesù, come a un amico e chiedergli semplicemente: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo".
Nelle parole di Gesù la parabola prende una consistenza oggettiva, responsabilizza i discepoli rispetto al loro ruolo circa il "regno dei cieli": il buon seme sono i figli del Regno. Un discepolo, quindi, in forza della Parola ascoltata e accolta, viene generato in figlio del Regno; e producendo il frutto necessario concorre a quella mietitura dell'ultimo giorno, per la quale tutto ritrova ordine nelle mani del creatore. In questo modo, i "figli del maligno e la zizzania" ... ogni sorta di scandalo e di iniquità, cesserà di essere una condizione penalizzante.