mercoledì 31 maggio 2017

Sofonia 3,14-18 e Luca 1,39-56
"D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata".


"... tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ’l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura ..."
Questo versetto del poeta Dante Alighieri ci consegna la "cifra" di un mistero, il quale è nella possibilità della natura umana abitata dalla grazia di Dio. Ciò che nell'antichità era quasi un capriccio degli dei: il concepimento di un semidio, nella redazione e del Vangelo di Luca assume un tratto tutt'altro che mitologico. Luca come autore si presenta come colui che non si lascia incantare dalle favole, ma che ricerca con dovizia le fonti e le testimonianze, per redigere uno scritto che possa servire alla fede di chi legge. Luca in questo primo capitolo, si mostra da subito profeta e anticipatore di ciò che sarà la Madre di Dio nella tradizione Cristiana delle Chiese dei primi secoli.
Luca ci condivide immediatamente lo stupore, non per un prodigio in sé, ma per la straordinaria bellezza che ne deriva alla nostra natura umana, quando come nel caso di Maria, essa è inabitata dall'amore del Padre. La nostra natura umana è in se stessa capace del mistero di Dio, questa possibilità esplicita, manifestata nell'incarnazione, dice pure la dignità altissima dell'uomo in relazione al suo creatore ... Non avviliamo e umiliamo mai nell'umano, il mistero nascosto del Dio fatto uomo.

martedì 30 maggio 2017

Atti 20,17-27 e Giovanni 17,1-11
La gloria del Padre ... si vede ...


Spazio, tempo, eternità ... Nel confronto con queste dimensioni tra loro contrastanti; le prime due rappresentano i cardini della tridimensionalità della realtà creata; la terza rappresenta una categoria astratta per definire il concetto di "tutto per sempre" in un istante non quantificabile, ma in una presenza assoluta. La gloria di Dio, la glorificazione di Gesù, e quella dei credenti può aiutarci a comprendere come Dio Padre manifesta sé stesso come esperienza di amore; questa esperienza (presenza assoluta) propria del Padre e del Figlio si rivela come dono dello Spirito, è tale che nel presentarsi nel tempo e nello spazio la percepiamo come "Gloria".
I primi 11 versetti del capitolo 17 di Giovanni sembrano un "ingarbuglio" di concetti ... È un poco lo sono ... La ciclicità di Giovanni da un lato esaspera il mistero, dall'altro rivendica la percezione del mistero a partire da Cristo, e il suo dilatarsi nel tempo e nello spazio, così pure nella testimonianza ed esperienza di fede e amore di chi crede. Se sostituiamo al termine glori/glorificazione il concetto "amore", tutto stranamente acquista una comprensione immediata.

lunedì 29 maggio 2017

Atti 19,1-8 e Giovanni 16,29-36
Adesso credete?


Gesù si stupisce delle affermazioni dei discepoli, che in modo improvvisato esprimono un atto di fede in lui, motivato da loro stessi, e dalle conclusioni a cui erano giunti circa il loro maestro.
A questo punto l'esperienza della fede entra nel pieno del mistero di Dio: la fede non si gioca in una adesione formale o nello stupore dell'ascolto di parabole o del vedere segni straordinari. Gesù previene i facili entusiasmi ponendo come esperienza della fede la fedeltà, la costanza e la stabilità nel momento della "ora". La notte della passione, nel Getzemani, i discepoli di disperderanno ... Tutto ciò in cui "credevano di credere" non è sufficiente a garantirli nella fede/fedeltà/amicizia. Ma è da questa esperienza o da esperienze come questa, che il discepolo e ciascuno di noi, può sperimentare l'estremità della fede, cosa c'è alla fine dell'atto di fede, dove questo si conclude giungendo a pienezza. Avremo realmente fede quando non chiederemo più nulla realmente, quando ci basterà sapere: "... abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!"

domenica 28 maggio 2017

Atti 1,1-11 / Salmo 46 / Efesini 1,17-23 / Matteo 28,16-20
Elevarsi ...

A Gerusalemme c'è un luogo che ricorda l'ascensione del Signore (ci hanno fatto un attentato religioso anche poche settimane fa), ora è una moschea. C'è una roccia in cui è impressa l'impronta del piede di Gesù prima di salire al cielo ...
Eppure, in realtà quell'impronta, ci parla di una presenza e soprattutto di una Solennità che vuole riportarci a comunicare con il cielo, e non a sottrarre Gesù dalla terra.
Faccio quattro domande a cui ciascuno può rispondere, ... per non dire deve rispondere ...
Cosa succede quando vogliamo restare ancorati e legati al mondo? Alla terra?
Credo che se il nostro sguardo resta legato al mondo, rischia di diventare una visuale puramente orizzontale. 
È sorprendente scoprire la bellezza del cielo, ed è sorprendente riconoscere la bellezza della terra, se la guardiamo dal cielo. Due bellezze che si toccano. Non posso pensare l'una senza l'altra.
Se resto solo ancorato alla terra ... Sarò un uomo di terra, al massimo una fragile terracotta ... La fragilità delle realtà umane.
Cosa ha insegnato e comandato Gesù nella sua vita?
Dobbiamo riconoscere che Gesù ci ha insegnato che anche il figlio di Dio ha imparato ad essere un uomo, un figlio, un falegname, un messia, un cristo, un crocifisso, un risorto ...
Ha insegnato a vivere la sua vita secondo Dio Padre ...
Cosa significa per Gesù l'ascensione?
L'ascensione per Gesù rappresenta l'occasione per farsi vedere, per essere visibile, in forza della missione affidata alla Chiesa. Oggi c'è una gran paura di essere cristiani, c'è paura di testimoniare la fede. Siamo onesti! Non insegnamo più neppure ai nostri figli ad essere cristiani, non condividiamo ciò che la Chiesa insegna e propone di credere. Il Cristo asceso al cielo chiede di testimoniare Lui, non i nostri interessi e le nostre riduzioni personali della fede.
Cosa è per noi elevarci al cielo?
Quando siamo disposti a seguire Gesù, nel cammino, allora inevitabilmente pure ci innalziamo verso il cielo, e il cielo verrà attratto sulla terra... Noi diventiamo operatori dello scambio cosmico della gloria di Dio. Quando ci eleviamo ... Usiamo la nostra fede come alimento della nostra umanità ... Quando ci eleviamo, succede di tutto.

sabato 27 maggio 2017

Atti 18,23-28 e Giovanni 16,23-28
Vi parlerò del Padre ...


Non possiamo dire che questo capitolo sia semplice da comprendere. Gli intrecci e le espressioni che partendo dalle parole di Gesù reinterpretano la realtà di allora proiettandosi nel futuro della comunità, creano quella condizione tipicamente giovannea "dell'ora e non ancora". È in questo sfondo di compimento della salvezza che si realizza adesso, ma che lo sarà solo nel ritorno del risorto, che dobbiamo collocare alcune affermazioni del Signore, riportate dall'evangelista:
- "il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio";
- "dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre".
Nei versetti precedenti tutto parla del dono dello Spirito ai credenti, questo dono non è fine a se stesso, e neppure un corollario trinitario; il dono dello Spirito introduce (porta) nella comunità credente la relazione di amore, unica ed esclusiva tra Gesù e il Padre. Di quella relazione, il Risorto farà partecipare per sempre ogni credente ... Ora possiamo dire Padre nostro ...

venerdì 26 maggio 2017

Atti 18,9-18 e Giovanni 16,20-23
Il necessario travaglio ... 

Il modo in cui Giovanni descrive il nascere della fede, è nell'immagine del travaglio e del parto. Già all'inizio del Vangelo, nel dialogo con Nicodemo, ci è stata rivelata la necessità di rinascere di nuovo come condizione della rinascita dall'alto, cioè rinascere attraverso la vita di fede implica una relazione esistenziale con Dio. Tutto questo non è solo frutto di ragione o di scelta personale. È un percorso in cui ogni uomo deve "travagliare" in sé stesso; deve desiderare la gioia di essere di Dio come traguardo definitivo ed esclusivo; deve attraversare il dolore del parto come percorso della realtà accompagnato dalla certezza della presenza del Signore stesso.
Così si genera a fede ... Il dono dello Spirito è la gioia di vivere in noi Gesù! Questo è nascere dall'alto ma anche il travaglio e il parto!vivere Gesù è l'esperienza della gioia cristiana.

giovedì 25 maggio 2017

Atti 18,1-8 e Giovanni 16,16-20
Io ho vinto il mondo ...


Se scortiamo pochi versetti a seguire nel Vangelo di Giovanni, troviamo questa espressione di Gesù: "Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!" (Gv 16,28)
In questo capitolo, in cui si uniscono insieme annunci del dono dello Spirito, letture pasquali della realtà e riflessioni posto risurrezione, ci sono motivi sufficienti per comprendere la riflessione della comunità delle origini a partire dalla comunità apostolica e da Gesù.
Ciò che inevitabilmente emerge come attualizzazione della Parola è la certezza che la "tristezza" che deriva dal rapporto con il mondo (tribolazione) non può stravolgere e vincere la gioia che si accompagna alla rivelazione del risorto e del dono dello Spirito. Questa gioia è per sempre, perché Gesù ha vinto il mondo: ora gli appartiene!

mercoledì 24 maggio 2017

Atti 17,15.22-18,1 e Giovanni 16,12-15
Mi glorificherà ... Oggi bisogna fare un po' di fatica ... di testa ...


Nel Vangelo di Giovanni, spesso si parla di "gloria", ma non sempre ne comprendiamo il senso reale. La gloria in Giovanni corrisponde alla manifestazione di Dio, così come si rivelò a Mosè sul monte; tale rivelazione di Yhwh è la sua presenza, ovvero in ebraico Shekinà; la sua "pesantezza", kabod e in greco "la doxa" cioè appunto la gloria. Detto questo, la rivelazione di Gesù in quanto risorto e figlio di Dio è rivelazione gloriosa del Padre. Lo spirito Santo, allo stesso modo è rivelazione gloriosa di Dio. Dice Giovanni: "lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future". Il senso si comprende se ciò che rivela lo Spirito è ciò che spesso definiamo con il termine "mistero di Dio", in questo senso tutto ciò riguarda la "gloria e la glorificazione". 

martedì 23 maggio 2017

Atti 16,22-34 e Giovanni 16,5-11
... Manderò il Paraclito ...


Gesù teologo? No, non credo che Gesù abbia parlato con i suoi in modo così specializzato. Infatti siamo di fronte a un capitolo molto interpolato, cioè meditato nella comunità giovannea ed elaborato come contenuto.
Partiamo dalla promessa del Paraclito, del consolatore e difensore, della presenza nella comunità dell'amore di Gesù e del Padre; da questo, la comunità di Giovanni si è chiesta cosa sarebbe cambiato, nel tempo, nella realtà è tra di loro?
La comunità riflette e comprende che la presenza dello Spirito, è da intendersi non come un "accanto", ma come spazio e comunità che rivela e mostra lo Spirito, il Paraclito.
Per questo la comunità dei discepoli diventa discriminante circa il peccato del mondo; circa la sequela, ovvero l'obbedienza alla volontà del Padre (la giustizia); e circa il cammino dei discepoli e degli uomini nella storia (il giudizio).

lunedì 22 maggio 2017

Atti 16,11-15 e giovanni 15,26-16,4
Perché sappiate che io ve l'ho detto!

Per i discepoli Gesù non ha mezze parole, a coloro che hanno condiviso tutto fin dal principio, cioè dal suo Battesimo, dal momento in cui Gesù ha riunito attorno a sé il gruppo dei dodici, a questi Gesù, arrivato al momento della passione, chiede esplicitamente di lasciare che lo Spirito li renda "testimoni" e "martiri".
Parole queste che per noi, discepoli di oggi, non sono molto congeniali; però la verità è questa, essere di Gesù, essere del suo "gruppo" comporta inevitabilmente schierarsi non per un ideale politico o per una ideologia, ma per l'amore di Lui. Non possiamo e non dobbiamo temere, e nemmeno disdegnare la possibilità di essere suoi testimoni, fin'anche al martirio: "... Vi scacceranno (scarteranno); vi uccideranno (vi renderanno amara la vita)..."
L'amore di Lui ... Basta! Gesù non ha mezze parole ... verso i suoi discepoli ...

domenica 21 maggio 2017

Atti 8,5-8.14-17 / Salmo 65 / 1 Pietro 3,15-18 / Giovanni 14,15-21
Se amate me ...


Nel Vangelo, Giovanni, ci parla più volte dell'amore secondo Gesù ... Ci parla dell'amore e della necessità di amare, ci invita a vivere fino in fondo un comandamento che conosciamo molto bene:
"Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati ...";
"Amare Dio con tutto il cuore, la mente e la forza ...";
"Nessuno ha un amore più grande di questo: d la vita per i propri amici ...";
Per noi la risposta all'amore di Dio è generalmente nella logica dello scambio, per cui io corrispondo, preghiere, offerte, sacrifici, obbedienza ai comandamenti ...
Ma ora le parole di Gesù dal promuovere un comandamento si trasformano in una domanda estremamente personale ... "Se amate me ..."
Se amiamo lui ... se lo amiamo, cosa cambia?
Noi abbiamo spesso la pretesa di essere amati; questa pretesa esprime sia il desiderio di consumare amore, come pure la necessità di sentirci amati ...
Il nostro bisogno rivela lo sguardo umano dell'amore ... un bisogno per noi stessi ...
Ma nelle parole di Gesù si intuisce una condizione nuova ... quel "se amate me" non dice il desiderio di Gesù di consumare il nostro amore per lui, ma rivela l'esperienza divina e umana insieme dell'amore: Gesù sposta immediatamente le conseguenze dell'amore, che è beneficio per noi stessi e per il nostro prossimo.
Nel capitolo 21 di Giovanni, Gesù a Pietro per due volte chiede: "mi ami tu ..."
Ma alla fine, anche Gesù trasforma la domanda in un "mi vuoi bene ..."
Amare come Gesù non ci è naturale. La nostra umanità, ferita e limitata, deforma la possibilità dell'amore traducendolo in uno scambio compensativo.
In verità, se siamo disposti ad amare Gesù, cioè se siamo disposti a lasciarci provocare dall'amore per lui e a metterci alla scuola dell'amore possiamo passare dalla "pulsività" umana, alla concretezza dell'esserci per l'altro e anche per Lui, per il Signore.
Allora, riscopriremo i comandamenti come il cammino dell'amore e non come un obbligo della legge morale; ma una occasione per modellare ed educare la nostra umanità.
"Se amiamo Lui ..." usciremo dalle logiche puramente umane dell'amore, supereremo lo sguardo umano dell'amore e attraverso Gesù, entreremo nel suo sguardo di amore e nella sua esperienza di amare. Questa esperienza si chiama Spirito Consolatore, Spirito Santo. Di questo amore la Chiesa ne è maestra.

sabato 20 maggio 2017

Atti 16,1-10 e Giovanni 15,18-21
... Vi ho scelto, io dal mondo ...


La vita cristiana la si può intendere come risposta alla propria scelta di aderire al Vangelo, oppure, come conseguenza della propria vocazione, ovvero della chiamata/scelta che il Signore fa per ciascuno di noi. Ma questa prospettiva non è particolarmente compresa; il Vangelo infatti, non rappresenta una proposta di semplice adesione; il Vangelo rappresenta la chiamata del Signore a mettersi nella sua sequela: "ricordatevi delle mie parole: non c'è schiavo più grande del suo padrone ..." 
Questa immagine descrive la condizione che è all'origine del nostro discepolato. La scelta che Gesù fa di ciascuno di noi, determina l'esser sradicati dal mondo per essere ripiantati in lui: questa condizione impone una scelta a partire dalla vita, a partire dalla testimonianza della vita. Questa condizione svela le nostre ipocrisie.

venerdì 19 maggio 2017

Atti 15,22-31 e Giovanni 15,12-17
Ma amare quanto può fare male ....

Non è solo un comandamento ... è un accorato appello a non stancarci di fronte alle prove della vita; a non scoraggiarci di fronte ai tradimenti, alle accuse, alla disperazione, al male, alle tentazioni, alle fragilità che abbiamo e di cui a volte non riusciamo a fare a meno ... È un appello nel momento supremo della vita, quando la vita viene donata, versata, tolta ...
"Amatevi gli uni gli altri, come io vi amo" perché solo l'amore è risposta per tutto ciò che è incomprensibile, compresa la morte ... E di questo amore noi siamo continuamente debitori e mendicanti ... Essere uomini e donne significa non poter rinunciare all'amore.

giovedì 18 maggio 2017

Atti 15,7-21 e Giovanni 15,9-11
Rimanete nel mio amore ...


Che cosa è la gioia? È una sensazione piacevole? Soddisfazione esistenziale? Il raggiungimento del successo? La manifestazione della contentezza?
Della gioia bisogna farne esperienza: quella di essere cullati nelle braccia di nostro padre/madre; sentirne il calore e il battito del cuore; percepirne la presenza amorevole. La gioia piena è sentirsi parte di un amore che ti avvolge in ogni spazio del tuo essere.

La vera gioia nasce nella pace,
la vera gioia non consuma il cuore,
è come fuoco con il suo calore
e dona vita quando il cuore muore;
la vera gioia costruisce il mondo
e porta luce nell'oscurità.

La vera gioia nasce dalla luce,
che splende viva in un cuore puro,
la verità sostiene la sua fiamma
perciò non tiene ombra nè menzogna,
la vera gioia libera il tuo cuore,
ti rende canto nella libertà.

La vera gioia vola sopra il mondo
ed il peccato non potrà fermarla,
le sue ali splendono di grazia,
dono di Cristo e della sua salvezza
e tutti unisce come in un abbraccio
e tutti ama nella carità.

E tutti unisce come in un abbraccio
e tutti ama nella carità.
(Marco Frisina)


... Rimanete nel mio amore ... Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».

mercoledì 17 maggio 2017

Atti 15,1-6 e Giovanni 15,1-8
Diventare suoi discepoli ...


Come essere cristiani "docg" (denominazione di origine controllata e garantita)?
Leggendo il brano di Atti, siamo messi davanti a un problema che da subito ha attraversato l'esperienza della fede dei discepoli: l'osservanza della Legge, il legame con Mosé per alcuni era discriminante ... Anche oggi non viene meno una sorta di Legalismo e moralismo; un legalismo clericale che trasforma il discepolo in un "clericofideles" e un moralismo apologetico che crea una frattura ed esclusività  tra giusti e peccatori, e non conduce alla conversione. Nel Vangelo della "vite e dei tralci", il Signore racconta come diventare suoi discepoli. Incontrare il cristianesimo è già in sé un dono; ma se questa realtà, nella quale siamo inseriti, non viene riconosciuta, vanifichiamo in origine l'opera di Dio Padre. Ma con questa minimizzazione, introduciamo nella nostra esperienza di fede un vizio di casualità emancipandoci dalla volontà del creatore.
Prenderci cura della nostra esperienza di fede è agire insieme al Padre per garantire quel legame espresso nell'immagine "tralcio vite": "senza di me non potete fare nulla!"

martedì 16 maggio 2017

Atti 14,19-28 e Giovanni 14,27-31
Viene il principe del mondo ...

"Pace lascio a voi, pace quella mia do a voi" ... Questa premessa introduce la conoscenza dell'andare di Gesù verso la sua stessa morte. Gesù non lascia un vuoto dietro di se, egli si fa precedere dal vincolo della pace che è la comunione con Lui.
Non dobbiamo intendere la pace nell'ordine psicologico e sociale, la pace che Gesù lascia è la comunione con lui; la sua pace è il vincolo di amore che costituisce il credere in lui e l'avere fede in lui.  La pace di Gesù non è come quella che dà il mondo ... che si trasforma in una sorta di inerte dimenticanza; una sorta di impassibilità rispetto al tutto. Il principe del mondo, anche lui, infatti porta la sua pace e dona la sua pace.
La pace di Gesù ci è data mediante la sua passione; la pace del principe del mondo ci è concessa a ben più buon prezzo: semplicemente rinunciare alla pace di Cristo ...  alla pace/comunione con la croce del Signore.

lunedì 15 maggio 2017

Atti 14,5-18 e Giovanni 14,21-26
Perché a noi e non al mondo?


Nel Vangelo di Giovanni c'è l'eco di una domanda che da subito è risuonata nelle comunità cristiane e da subito si è avvertita la necessità di una risposta. Perché il Signore non si manifesta nella sua potenza a tutti, vincendo in questo modo ogni dubbio ed esistazione?
Non esiste una risposta scontata o di prassi; certamente la storicità della vita di Gesù ne condiziona anche i modi di rivelazione. Il Signore prende parte alla realtà esistenze, e nello stesso tempo la realtà fornisce gli spazi e strumenti della sua manifestazione. 
È facile pensare: "se Gesù è il figlio di Dio può fare tutto ciò che vuole superando anche le leggi di natura ..."
Ma se anche questo è vero, non ci può essere sfuggito come le opere e le parole di Gesù, anche se comandamenti, "esigono" la libertà di scelta. Solo una libera scelta per amore a Lui, crea la condizione necessaria per il dimorare del mistero di Dio in noi. Solo questa libertà riscatta ogni uomo dalla sua condizione di fragilità mortale. Credo che spesso non valutiamo sufficientemente lo spazio della libertà nella nostra vita.

domenica 14 maggio 2017

Atti 6,1-7 / Salmo 32 / 1 Pietro 2,4-9 / Giovanni 14,1-12
Amen, amen, chi crede in me ...


È un po' di tempo che continuo a "sbattere la testa" sulla differenza che c'è tra credere e avere fede.
Sono ormai convinto, che anche Gesù voglia condurre i discepoli a fare una esperienza di fede, a partire dal credere in Lui e alle sue opere.
Ma questo passaggio non sembra così scontato ...
A volte ci areniamo sugli aspetti formali del credere, ci accontentiamo di conoscere dei concetti senza tradurli nella vita reale.
Ci irrigidiamo sugli aspetti organizzativi degli eventi religiosi, tipo date di prime comunioni e cresime e di celebrazioni varie, credendo che in ciò si esprima la fede ...
Ma spesso sono proprio queste esperienze a metà che mettono in evidenza la fragilità della nostra fede.
Gesù ha chiesto di credere in Lui, e di credere di fronte all'evidenza delle sue opere.
Il credere in lui non si conclude in un ragionamento o in una esperienza a tempo. 
La fede ha bisogno di uno spazio di esistenza perché la fede è congiunzione tra due vite che si costudiscono reciprocamente nel cammino del tempo: la mia vita e quella del Signore risorto. Noi non comprendiamo, spesso, l'urgenza di una fede incarnata, di una fede che dia spessore all'esistenza.

sabato 13 maggio 2017

Atti 13,44-52 e Giovanni 14,7-14
Chiedere nel suo nome ...


In realtà non siamo abituati a chiedere nel Suo nome, forse nemmeno ne siamo capaci.
Solo in alcuni momenti ho visto persone chiedere nel nome di Gesù ... Le ho viste piangere e senza più nessuna speranza, rivolgersi a Dio e ai fratelli non solo con umiltà ma con una confidenza straordinaria. Chiedere nel suo nome è frutto di intimità, una intimità che può nasce anche improvvisa ... Chiedere non è solo domanda, chiedere è confidare in un bene grande che ora non è nelle nostre possibilità ... mai che deve essere chiesto ... 
"In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste ..."

venerdì 12 maggio 2017

Atti 13,26-33 e Giovanni 14,1-6
Abbiate fede ...


Dopo avere parlato del tradimento, Gesù, parla ai discepoli della prossima separazione: "ancora per poco sono con voi ..."; in queste parole si consuma il dramma della passione e morte. In realtà il Vangelo di Giovanni si spinge oltre: "dove vado io voi non potete venire ..." La condizione dei "dodici" dopo la morte di Gesù, come smarrimento, dubbio e paura, corrisponde alla condizione del discepolo nel mondo: egli fa esperienza della fede rispetto alle parole del Signore. Cosa è la fede? Se non il posto che Gesù promette di preparare ai suoi? Giovanni parla di "topon" ... un posto appunto che non è un luogo fisico o uno spazio di eternità. Credo che dobbiamo intendere il "posto" come Gesù stesso; in lui risorto, in quanto Dio è compreso l'esistere di tutti gli uomini; in lui ciascuno può riconoscere il senso (posto) del suo esistere. "L'espressione via, verità è vita", sono ben di più di semplici qualificazioni; in realtà sono le parole chiave per riassumere il senso all'esistenza: "dove vado; chi sono e perché esisto?"

giovedì 11 maggio 2017

Atti 13,13-25 e Giovanni 13,16-20
Una vita da mediano ...


"... una vita da mediano
a recuperar palloni
nato senza i piedi buoni
lavorare sui polmoni
una vita da mediano
con dei compiti precisi
a coprire certe zone
a giocare generosi
lì, sempre lì
lì nel mezzo
finchè ce n’hai stai lì ..." (Ligabue)

Questa canzone di Ligabue, mi è risuonata in mente dopo aver letto queste parole del Vangelo di Giovanni, come a descrivere la figura del discepolo cosi come emerge nel pensiero di Gesù, "in verità in verità ...": "un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica". L'umiltà del discepolo rappresenta la sua forza e la sua virtù, il suo valore e la sua tenacia. Lì, sempre lì, in questa partita che si gioca nel tempo e nella storia; un gioco il suo, spesso in ombra, con compiti precisi e impegno generoso ... Perché il discepolo, come un buon mediano, si impegna a servizio di un ALTRO ... di altro ...
In questo caso a servizio del suo maestro, del Signore. Questa condizione non è umiliante o avvilente, ma costituisce il cuore della beatitudine del vero discepolo.

mercoledì 10 maggio 2017

Atti 12,24-13,5 e Giovanni 12,44-50
La parola di Dio cresceva ...


... E si diffondeva; il crescere della parola (come è descritto in Atti) è da intendersi come importanza, come manifestazione e possibilità di potenza, piuttosto che come moltiplicarsi dell'annuncio. La Chiesa infatti non cresce per proselitismo ma per conversione al Vangelo. La conversione, prima di essere una aggiunta numerica al numero dei proseliti è assunzione della Parola di Gesù come condizione della propria e personale esistenza.
I capitoli 10, 11, 12 del Vangelo di Giovanni, sono una bella narrazione della fatica di riconoscere nella Parola di Gesù la stessa Parola rivolta ai Padri e annunciata dai Profeti. Il modo in cui Giovanni ci colloca di fronte alla Parola di Gesù, infatti, non lascia scampo: "Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me".

martedì 9 maggio 2017

Atti 11,19-26 e Giovanni 10,22-30
Sei tu il Cristo?


"Dillo a noi apertamente, sei tu il Cristo?"
Questa domanda sulle labbra dei farisei, sembra una stana forzatura; è stata posta a Giovanni Battista, all'inizio del racconto del Vangelo, poi non viene più ripresa da Giovanni, quasi a volere che il discepolo che legge sia lui a dovere affermare che Gesù è il Cristo, l'unto del Signore, il messia di Israele.
Colui che crede in Gesù, trasforma la sua consapevolezza, nella fede nel Cristo: questa affermazione, che può essere solo di fede, fa di noi dei cristiani, coloro che ascoltano la sua voce e lo seguono ...
"Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano".
Essere suoi ... L'esercizio della vita cristiana è consacrare se stessi a Lui, ovvero cristificarsi.

lunedì 8 maggio 2017

Atti 11,1-18 e Giovanni 10,11-18
... pongo (metto) la mia vita per le pecore ...


All'immagine del pastore buono (bello), Giovanni associa il porre la vita per le pecore. Nella nuova comunità che è la Chiese, ciò che attrae è la bellezza della proposta: la vita secondo il Vangelo! Oltre a definire la "buona notizia" come il "Vangelo della gioia" ora possiamo definirlo pure come "il Vangelo della bellezza/bontà" come pure "il Vangelo della vita". Vivere secondo il Vangelo, significa vivere non semplicemente ricalcando la vita di Gesù, sarebbe riduttivo, ma assumendo i criteri del Vangelo nel proprio stile di vita. Ed ecco che ciò che caratterizza la bellezza di Gesù, la sua stessa vita, ci apparterrebbe!
Che cosa ci affascina nella vita dei Santi che spesso ci spinge all'emulazione? Semplicemente lo stile di vita che incarna quello del Signore, la sua bellezza, il suo fare il suo agire e pensare.

domenica 7 maggio 2017

Atti 2,14.36-41 / Salmo 22 / 1 Pietro 2,20-25 / Giovanni 10,1-10
Varcare la porta ... della "vita abbondante".

Oggi, 54^ giornata mondiale di preghiera per le vocazioni ... Ci siamo di nuovo, promozione per trovare preti e suore?
Tra i cristiani, l'idea che ci sia questa proposta pubblicitaria è tale, che anche gli appelli più spudorati e ben costruiti cadono nel deserto del dubbio e della paura.
Nel messaggio che il papa ha inviato per sostenere la preghiera per le "vocazioni", la preoccupazione è rispetto lo smarrimento di senso, rispetto alla necessità di essere una vocazione vivente.
La vocazione è il modo in cui una vita Cristiana prende forma..
Per cui la nostra vocazione non può non partire dall'amicizia con il Signore.
Ciò che si vede oggi, ben oltre la crisi numerica delle vocazioni religiose e sacerdotali, è la crisi dell'idea vocazionale. CHI HA CONSAPEVOLEZZA DELLA PROPRIA VOCAZIONE?
La nostra personale Vocazione nasce nella fede battesimale...
Fede battesimale, significa, essere di Cristo per vivere il Vangelo e generare la Chiesa, annunciare il Regno e portare hai fratelli il Vangelo ...
... Vocazione inconsapevole, affidata all'impossibilita genitoriale ...
Vocazione è dare forma alla vita cristiana ...
Come adulto (forse più o meno adulto), nel ricevere lo Spirito Santo (cresima), scopro che il Signore mi vuole per se, ed è solo in questa scoperta relazionale che posso dare forma alla mia vita adulta.
È solo in questa consapevolezza che prende forma la vocazione di consacrazione matrimoniale; la consacrazione verginale laicale; la consacrazione attraverso i voti religiosi; la consacrazione sacerdotale.
Se non abbiamo relazione con lui, allora siamo soli ... Siamo autoreferenziali nel dare la risposta alla chiamata vocazionale che nasce dentro la nostra vita: "COSA SONO CHIAMATO A ESSERE?"
Questa domanda, prima o poi nasce in tutti e tutti sentiamo la necessità di rispondervi.
Il Vangelo di oggi ci propone immediatamente Gesù come fulcro, riferimento unico ed esclusivo della nostra esistenza, e per dare consistenza all'esistenza. La crisi della vocazione cristiana non è crisi numerica, ma crisi di consistenza, crisi di senso e tutto si traduce in fragilità e paura di essere ... Inadeguatezza ...
Tornando al Vangelo, Gesù ha appena ritrovato il cieco nato, è l'occasione per mettere in chiaro alcune cose: "quell'uomo è stato appena messo fuori, scartato, escluso dalla sua comunità di fede, di appartenenza ..."
Di fronte a questo Gesù descrive e propone la sua comunità; ci conduce a immaginarla come un ovile, in cui c'è una porta, un pastore, delle pecore, un gregge ...
Un ovile a cui accedono le pecore; le pecore riconoscono la porta ed entrano ed escono attraverso la porta. Le pecore riconoscono la parola del pastore e lo seguono ... Una comunità diversa dalle altre, una comunità in cui la porta, il pastore, non sono accessori o parte di una struttura, ma sono il fulcro della vita e dell'esistere.
La vocazione cristiana si comprende solo dentro questa immagine esistenziale.

sabato 6 maggio 2017

Atti 9,31-42 e Giovanni 6,60-69
Vi sono alcuni tra voi che non credono ...


Hanno mangiato, hanno ascoltato, hanno visto e toccato, eppure non credono!
Credere in Gesù, coinvolge ciascuno di noi, come allora, rispetto al modo di stare con Lui. Dalle parole di Pietro, comprendo, che il discepolo crede in Gesù quando permette allo Spirito di dare vita e concretezza alle Parole e ai Segni del Signore. Quando le sue Parole non sono solo parole ma descrivono lo stile della mia vita, o almeno il modo di orientare la vita; quando il pane spezzato non è solo un simbolo religioso comunitario, ma il segno della relazione di amore con lui, il segno della sua fedeltà e della mia appartenenza; allora anche io con Pietro posso dire: "Signore non voglio andare da nessun altro, Tu solo hai parole di Vita eterna". Credere, non è una questione di ragionamenti, ma è questione di: "dove voglio stare"; è questione di non desiderare di andarmene lontano dal Signore. Rimarremo tutti stupiti, un giorno, quando dopo i 50 anni, ci accorgeremo che la nostra fede si è generata semplicemente nella disponibilità a non allontanarci da Lui. Quel dimorare genera la fede; vedere con la "saggezza degli anni" lo riveleranno!

venerdì 5 maggio 2017

Atti 9,1-20 e Giovanni 6,52-59
Cosa accade a chi mangia ...


Il punto di partenza di questa pericope, un discorso molto evoluto, difficilmente pensabile come discorso estemporaneo o di insegnamento, anche se in una sinagoga ... è il confronto tra la gente di Cafarnao, poi la comunità giovannea e infine noi stessi con l'esperienza di chi ha mangiato la manna nel deserto: "... mangiarono ... e morirono."
La manna non modificò in nulla la relazione con colui che la donò. Nella comprensione dei fatti legati alla moltiplicazione dei pani e dei pesci, e delle parole di Gesù, sviluppiamo una relazione completamente nuova: il mangiare e il bere, espressione del nutrirsi, creano una relazione nuova con colui che dona è colui che si dona: "Chi mangia questo pane vivrà in eterno." Questa comprensione è tipicamente post Pasquale, alla luce del pane spezzato dell'ultima cena e del cibarsi insieme al risorto. Mangiare di lui non è una forma di cannibalismo, ma simbolicamente, traduce nella realtà la comunione con Lui.

giovedì 4 maggio 2017

Atti 8,26-40 e Giovanni 6,44-51
La novità degli eunuchi ...


È necessario, dopo aver letto il brano di Atti, meditare le parole del Vangelo di Mt 19,12 (eunuchi per il regno dei cieli). Questo ministro della regina di Etiopia, eunuco, è un uomo a cui è stata tolta una parte, che rappresenta la sua pienezza, la sua possibilità di vita ... È come tutti gli umani che non possono comprendere ... A cui manca la possibilità di capire. Siamo in cammino, sulla strada del mondo, ma, se pur a contatto con il mistero, la Parola resta spesso incomprensibile ... Una vita che rinasce nel battesimo, è invece una vita di pienezza, una vita a cui mai sarà possibile togliere una parte. Il mistero a cui apparteniamo, rigenera l'esistenza stessa dell'eunuco, che se nella sua naturalità vive il limite, ma nella sua verità più piena, la sopranaturalità non può che essere completo: un uomo in pienezza. Il cristiano è un uomo in pienezza. Il pane della vita, ci colloca sempre in quel mistero di pienezza che la Parola annuncia per chiamarci alla verità di noi stessi. Occorre riconoscere almeno un poco, di essere "eunuchi", per poterlo essere per il regno dei cieli.

mercoledì 3 maggio 2017

1 Corinzi 15,1-8 e Giovanni 14,6-14
Festa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo
Compiere le sue opere ...


Leggendo il Vangelo, subito siamo portati a immaginare che la nostra fede, in Gesù, il nostro credere ci porti a illuderci circa il mostro agire: "opere più grandi ..."
Una illusione che spesso si scontra con la nostra fragilità umana. A questo punto occorre lasciare che le parole di Gesù entrino più profondamente in noi ...
Gesù non copie delle opere, non fa delle cose ... Egli compie l'opera, l'unica è la sola opera del Padre. L'agire di Gesù è realizzazione dell'opera di Dio: l'atto creativo nell'amore per cui le cose sono chiamate all'esistenza per corrispondere all'amore e così realizzare la loro pienezza e perfezione. Essere compresi in questa "opera", significa anche compierla nel suo divenire, esserne parte facendola. Quindi, nella nostra quotidianità noi non aggiungiamo nulla, ma dal credere in Lui, diamo alla nostra vita (in Cristo) la possibilità di aderire alla verità che ci indica la via che conduce al Padre.

martedì 2 maggio 2017

Atti 7,51-8,1 e Giovanni 6,30-35
... Il pane di Dio ...


Nel discorso a Cafarnao, in realtà ci viene presentata la prima disputa eucaristica nella comunità cristiana/giudeocristiana. Il segno che Gesù ha fatto, come interpretarlo? Dove collocarlo? È stato un miracolo per soddisfare un bisogno reale, oppure è un segno che rivela e manifesta l'agire di Dio Padre? Si colloca nella rievocazione della manna data ai padri o ci proietta nel corpo di Gesù come dono di Dio per la vita del mondo?
Nella consapevolezza di questo segno possiamo restare saldamente legati a una lettura veterotestamentaria, per cui il miracolo del pane dimostra che Dio si prende cura del suo popolo, fedele all'alleanza stabilità; oppure nella comprensione del segno siamo proiettati nella dimensione del sacramento, cioè della simbologia che rende efficace la grazia che salva. Il Cristiano si lascia condurre da Gesù, con stupore nel comprendere il segno del pane come sacramento. Questo è infatti il pane di Dio, "colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo". Il suo corpo e il suo sangue sono essenziali per la vita del "mondo", nel tempo e nell'eternità.

lunedì 1 maggio 2017

Atti 6,8-15 e Giovanni 6,22-29
... fare le opere di Dio ...


Di fronte a chi lo cercava perché aveva mangiato del pane e del buon pesce; a chi gli faceva proposte di un impegno rivoluzionario e politico, Gesù si era allontanato, ma di fronte all'insistente ricerca, Gesù stempera le attese in un confronto che azzera ogni pretesa ... Gesù si sottrae a ogni nostro fine e ribalta ogni aspettativa. Il segno del pane e del pesce non è per saziare un bisogno ma per proporre una prospettiva di vita eterna, di salvezza. In quel Segno, Gesù, ha tradotto il modo in cui realizzare, fare, la volontà di Dio. Allora, la proposta del Signore, rivolta alla folla e anche ai discepoli, è di collocarsi nella medesima attività, e partire quindi dal desiderio di compiere la volontà del Padre. 
Il cuore dell'agire e quindi della nostra azione, se non vogliamo essere semplicemente consumatori di pane, è la volontà del Padre.