sabato 30 settembre 2017

Zaccaria 2,5-15 e Luca 9,43-45
Essi però non capivano ...

In tutti i vangeli, a volte, l'incomprensione è la normale reazione di fronte alle parole di Gesù. Non solo le parabole risultano immagini non sempre chiare, ma ancor di più i discorsi che Gesù fa, circa ciò che doveva accadere a Lui a Gerusalemme.
Anche per noi, le profezie di su Gerusalemme sanno di prospettiva irrealizzabile: "Rallégrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te. Oracolo del Signore. Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno suo popolo, ed egli dimorerà in mezzo a te".
Anche la storia attuale sembra contraddire queste parole, ma nella prospettiva del compimento, un discepolo di Gesù, alla luce del mistero di Cristo, comprende il compimento della profezia come un percorso senza ritorno. Dio è venuto e viene ad abitare nella sua "Città Santa", la Gerusalemme terrestre, nella sua passione, morte e risurrezione. La storia umana è abitata dal Signore risorto, il risorto dimora nella santità di chi crede e a fede in lui. Ed ecco che Gerusalemme sarà il luogo santo, in cui dimorerà ogni uomo che costruisce la pace! La profezia e le parole di Gesù ci rassicurano che tutto questo non solo accadrà, ma sta accadendo anche ora.

venerdì 29 settembre 2017

Daniele 7,9-14 (oppure Apocalisse 12,7-12) e Giovanni 1,47-51
Festa dei Santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele
Cielo aperto ... salire ... scendere ...

Natanaele, l'apostolo Bartolomeo, secondo la tradizione, viene coinvolto da Filippo nella conoscenza di Gesù. FIlippo provoca Natanaele con questa frase: "Vieni e vedi!"
Il rapporto tra Gesù e Natanaele si sviluppa sulla possibilità di seguire ciò che si "vede". Il vedere in Giovanni rimanda inevitabilmente ad altro: è prima di tutto il vedere oltre i veli dell'apparenza, oltre la realtà delle cose. Ma è anche un vedere del Signore che ci precede, un essere nello sguardo di Dio dall'eternità: "prima che Filippo ti chiamasse io ti ho visto ..."
Ma sono le parole di Gesù che gettano nella mente degli apostoli un turbine di stupore: "Amen, amen dico a voi, vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salenti e discendenti su il figlio dell'uomo". Il cielo aperto è come il vedere di Dio sull'uomo, nulla è nascosto, nulla è segreto; il figlio dell'uomo è il dono di Dio per la salvezza del mondo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio"; ma in quel Figlio dell'uomo è la nostra carne che diviene parte del mistero di Dio, ed è di questa carne umana che gli angeli si prendono cura. "Nell'eucaristia di questa mattina ho visto gli angeli di Dio salire e scendere su il figlio dell'uomo!"

giovedì 28 settembre 2017

Aggeo 1,1-8 e Luca 9,7-9
Faticare senza Dio ...

"Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; avete mangiato, ma non da togliervi la fame; avete bevuto, ma non fino a inebriarvi; vi siete vestiti, ma non vi siete riscaldati; l’operaio ha avuto il salario, ma per metterlo in un sacchetto forato".
Imperfezione e incompiutezza della vita. Questo è il senso delle parole del profeta Aggeo. Nonostante l'entusiasmo del ritorno a Gerusalemme, nonostante la gioia di ricostruire la propria città, ciò che viene meno è la vicinanza, l'accompagnamento al Dio dei padri ... Tutto, senza di Lui non raggiunge il fine, l'obiettivo, la pienezza. Dio non è semplicemente il coronamento di tutto, ma è "l'opera di Dio" che si esprime "nell'opera delle nostre mani". Questo è vero per l'agire pratico, ma è altrettanto vero per quello morale e per l'agire dei sentimenti ... anche dell'amare.
Non c'è inquietudine umana, lì dove il desiderio di Dio si accompagna con una sana accoglienza. Questa è frutto dell'ascolto della Parola e della missione, della testimonianza.

mercoledì 27 settembre 2017

Esdra 9,5-9 e Luca 9,1-6
Dall'ascolto all'annuncio!


Se l'ascolto si traduce solamente in un contenere, quell'ascolto è sordo, è morto, tacita la Parola. Dal Vangelo comprendiamo che la Parola ascoltata è dinamica, è viva. Dopo aver ascoltato la Parola, Gesù chiama a sé i discepoli e li istruisce per la missione; è questo la conseguenza dell'ascolto: chi ascolta, ora annuncia!
La missione, allora, diviene  nuovo spazio di ascolto; nuovo spazio in cui la Parola porta frutto, dove il 30, il 60 e il 100.
L'ascolto della Parola trasforma le nostre possibilità, da alla nostra fede i requisiti per essere una testimonianza autentica: "... diede loro potere e autorità su tutti i demoni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi".
L'ascolto della Parola da a noi il potere di resistere e vincere il male con il bene (l'unzione battesimale dell'olio dei catecumeni ci abilità a questo); l'ascolto da a noi la sensibilità di essere accanto a chi soffre, a chi è malato; anche questo è parte dell'ascolto della Parola. L'ascolto ci rende liberi da ogni altra priorità, ogni altro condizionamento, che generalmente "ingessa" la nostra vita cristiana. L'ascolto della parola, così, provoca inevitabilmente l'annuncio che è testimonianza.
Ma se non abbiamo ascoltato? 

martedì 26 settembre 2017

Esdra 6,7-20 e Luca 8,19-21
Le conseguenze dell'ascolto ...


Il re Dario ha "ascoltato" la parola di Dio, del Dio di Israele, e decreta la ricostruzione del Tempio in Gerusalemme. La conseguenza dell'ascolto è prima di tutto la dimora della Parola in un duplice senso: la Parola dimora in chi ascolta e la Parola stessa diviene dimora, spazio in cui abitare; il Tempio in Gerusalemme è un po' tutto questo, è immagine e opera della Parola, ma è pure lo spazio nel tempo, in cui dimorare nella Parola.
Per Gesù questo dimorare nella Parola e dare dimora alla Parola, appartiene alle conseguenze dell'ascolto. Coloro che stanno "dentro", in contrasto con chi è "fuori", ha nell'ascolto la dimora; in termini giovannei, dimora in Cristo. Ma ancora di più chi ascolta è in un vincolo così stretto, pari a essere fratello, sorella e madre: Gesù, Parola fattasi carne, dimora in chi ascolta. L'ascolto, non si traduce in una funzione propedeutica alla comprensione, ma per il Vangelo, ascoltare significa lasciarsi accompagnare, permettere alla parola di condurti. Solo chi ha fatto esperienza della consolazione che è la compagnia della Parola, comprende questo tipo di "ascolto"! 

lunedì 25 settembre 2017

Esdra 1,1-6 e Luca 8,16-18
Come ascoltate?


L'ascolto - Luca - non lo intende nella funzione uditiva, ma è quell'ascolto della Parola che presuppone una totalità di ricezione ; come se ogni aspetto della propria vita ed esistenza si mettesse in "ascolto". L'ascolto cambia inevitabilmente i propri criteri di giudizio, di discernimento circa le "cose"; l'ascolto è una lampada! Chi ascolta è nella luce e fà luce, chi non ascolta vaga a tentoni, e non vede nulla. Chi ascolta è predisposto alla conoscenza, alla verità, chi ascolta si forma nella chiarezza, nella trasparenza; chi ascolta non gioca sul non detto e sui sotterfugi; chi ascolta percepisce una abbondanza costante e rinnovata ... una abbondanza di grazia che si rinnova ogni mattina. L'ascolto della Parola (lettura, meditazione ...) permette a ciascuno di "adempirla", di farla.

domenica 24 settembre 2017

Isaia 55,6-9 / Salmo 144 / Filippesi 1,20-24.27 / Matteo 20,1-16
Il regno dei cieli è simile ... come pensa il padre

Non è proprio che il regno dei cieli è simile al racconto - la parabola - che Gesù ha presentato a chi ascoltava, ma il regno dei cieli si avvicina a ciò che la parabola è capace di suscitare in noi.
Infatti ... se quella vigna fosse simile alla nostra comunità cristiana?
Dove tutti noi siamo chiamati a dare concretamente forma al Vangelo, e attraverso la comunità dobbiamo dare forma al nostro mondo, mediante quella missione che è ciò che fa il padrone della vigna?
Bene, la vigna è la nostra parrocchia ... 
Ma, … è vero che c'è chi si lamenta del fatto che lavora più di altri, che ci sono quelli che non fanno mai nulla, che c’è chi si imbosca, chi fa poco e si mostra come “salvatore della patria” ecc ...
Ma … è pure vero che ci si aspetta una ricompensa, un riconoscimento ... Giustamente proporzionato ... Questa infatti è la mentalità del mondo di oggi.
Queste sono le dinamiche che spesso si generano in ciò che è simile, ma che non è il regno dei cieli … la nostra comunità cristiana …
Ma la parabola è tremendamente efficace nel dirci cosa pensa Dio di tutte le nostre differenze e delle nostre strane pretese.
La conclusione della parabola è il tratto principale per descrivere il Padre: "Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?"
Il Padre, Il Padrone ci Chiede di vivere il regno nella nostra comunità a partire da:
·        Tutti dentro, inclusi, ma a partire da ciò che è fuori. Il padrone è insistente nel voler coinvolgere lavoratori per la vigna … il regno … la Chiesa … la comunità parrocchiale!
·        Non esistono paghe dovute. Non esistono contratti sindacali che garantiscano dei diritti acquisiti, perché qua, tutti devono essere contenti, e per esserlo ciascuno deve lavorare per l’altro, e così facendo scopre di lavorare per il Regno!
Siamo una comunità in cammino in cui tutti dobbiamo imparare a ragionare come Dio. Non è certo facile, ma quando ci riusciamo, scopriamo la bellezza e lo straordinario di un Dio originale: buono e misericordioso sempre. Per cui non si fanno delle “cose” perfette, ma ciò che si fa è un modo di camminare per esprimere in noi il regno dei cieli, e umilmente ammettiamolo, non sempre ci riusciamo.
Il cambio di mentalità è frutto di un esercizio che ci coinvolge tutti. Occorre che ogni giorno ci chiediamo se vogliamo vivere in modo ordinario oppure vogliamo essere lo straordinario di Dio …
A partire da questa parabola ci viene proposto di sbaragliare i nostri schemi per far posto al pensiero del Padre.

sabato 23 settembre 2017

1 Timoteo 6,13-16 e Luca 8,4-15
Figlio mio ... ti ordino! 


Paolo, mai si è mostrato così autoritario, al punto che la sua autorevolezza si trasforma in un comando che non permette giustificazioni: occorre conservare senza macchia e irreprensibile il comandamento ... Cioè le Parole di Gesù!
È questa perseveranza, fino alla fine, che permetterà di essere nella manifestazione del Signore. Ciò significa che la rivelazione del mistero non sarà semplicemente un evento trascendente, ma che ogni discepolo (figlio carissimo) del Vangelo ha l'impegno e la responsabilità di prepararla attraverso la sua vita.
In questo modo, anche la parabola esprime un contesto di realtà: quando il discepolo accoglie la Parola, in obbedienza alla parola stessa deve custodirla farla fruttificare; in ogni altro modo la Parola è dispersa: strada, rovi, sassi ...

venerdì 22 settembre 2017

1 Timoteo, 6,2c-12 e Luca 8,1-3
I soldi e la fede ...

Paolo, riesce ad essere estremamente efficace, quando a Timoteo dice: "Certo, la religione è un grande guadagno!"
È vero sia nel senso teologico, perché avere fede apre gratuitamente al tesoro della grazia, concedendo una eredità insperata.
Ma è pur vero in senso concreto e pratico, perché nel mondo, l'aspetto economico è parte della vita dell'uomo e quindi si lega anche alla espressione della religiosità e della fede. Proprio per questo Paolo mette in guardia dal cadere nella tentazione di"imbavagliare" la fede attraverso le facili e seducenti condizionamenti che il guadagno è capace di proporre.
Ci sono fratelli che vivono la fede in funzione del guadagno: quello economico, della stima, del prestigio, del potere ... "Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci".
Occorre una gran libertà rispetto gli attaccamenti della vita e del mondo (c'erano con i didici alcune donne); occorre educarsi nella verità del Vangelo (Gesù predicava la buona notizia del regno) per evitare di distogliere lo sguardo da Gesù per guardare insanamente "mammona"; occorre vivere in comunità, aprendosi ai bisogni morali e materiali dei fratelli (che li servivano con i loro beni) in modi da comprende il grande valore strumentale della ricchezza e dei beni, che nulla a a che fare col profitto e il guadagno. 

giovedì 21 settembre 2017

Efesini 4,1-13 e Matteo 9,9-13
Festa di San Matteo Apostolo

La speranza della nostra vocazione ...

Paolo, in prigionia, vaglia la propria vocazione in quella esperienza. Può il Signore averlo chiamato ad annunciare il Vangelo, per concludere la sua vita in prigionia, e per mettere a rischio la sua vita stessa? Sembrerebbe proprio che Paolo, nelle parole: "io prigioniero a motivo del Signore ...", riconosca nella prigionia l'esperienza e l'occasione di dare testimonianza della vocazione ricevuta: annunciare Cristo in ogni circostanza, opportuna e non opportuna. Per Paolo la vocazione, la chiamata è stata come per ogni apostolo una sorprendete scoperta, non un incarico affidato, ma una scoperta di giorno in giorno della vicinanza con il Signore, perché si manifestino le sue grazie. Nessun privilegio, nessun vantaggio, se non di capire, nel tempo, la speranza che la vocazione racchiude: vivere del e per il dono che è Cristo, per essere pieni di lui, cioè come dice Paolo, per "raggiungere la misura della pienezza di Cristo".

mercoledì 20 settembre 2017

1 Timoteo 3,14-16 e Luca 7,31-35
Chi sono i figli della sapienza ...


Non sono figli della sapienza coloro che di fronte a Gesù sono come gli adolescenti, ai quali non va mai bene nulla, che vanificano ogni proposta, che indolenti e pigri non si coinvolgono in nessun progetto. E continuando nella similitudine, non sono figli della sapienza, coloro che criticano la gioia del Vangelo (il canto) e rigettano la fatica della conversione del cuore (il lamento).
Ma chi sono dunque questi figli? Timoteo è un figlio della sapienza, figlio spirituale di Paolo, ed è generato dalla Sapienza; egli  "sapendo come comportarsi nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità" (cfr 1 Timoteo 3,15), riconosce la fonte della sapienza nel mistero che è Cristo.
Timoteo è direttamente coinvolto e partecipe della vita di Gesù, il quale precede ogni esistenza (fu visto dagli angeli); si è fatto carne (fu annunciato fra le genti); ha riconciliato il cielo con la terra (fu creduto nel mondo) e dischiude per tutti l'eternità (elevato nella gloria). Se queste realtà non ti danno gusto sei ancora un "adolescente inquieto".

martedì 19 settembre 2017

1 Timoteo 3,1-13 e Luca 7,11-17
Donna ecco tuo figlio


In ascolto della Parola, la consolazione, a mio avviso, come espressione della presenza del Signore, meglio sintetizza il racconto lucano e anche le parole di Paolo a Timoteo. In quell'incontro a Nain, sembra che Gesù anticipi quella consolazione che è affidare il figlio (Giovanni) a Maria, sua madre. Quasi a consolare ogni possibile dolore e angoscia: neppure la morte può lacerare quell'amore che c'è tra madre e figlio, immagine dell'amore tra Dio e l'uomo. La consolazione vince ogni solitudine, ogni mortifero isolamento.
Ma rileggendo le parole di Paolo a Timoteo, non sembra anche a voi che vadano ben oltre alle semplici raccomandazioni di un datore di lavoro?
Il servizio del vescovo (nobile lavoro) ossia il suo ministero è espresso nell'insegnare, santificare e governare. È un farsi accanto e incontro alla sua Chiesa, per garantirne la consolazione. È appunto il "prendersi cura della Chiesa". È bello, è importante pensare il Vescovo come colui che ti consola, cioè che non ti lascia solo, ma che nel suo esserci come maestro, sacerdote e guida, è accanto a te, come segno della consolazione del Signore Gesù. 

lunedì 18 settembre 2017

1 Timoteo 2,1-8 e Luca 7,1-10
Non ho mai visto una fede così grande


È così! Anche oggi ascoltando il Vangelo si frantumano le granitiche convinzioni circa il dono della fede. Più che comprendere la fede come un atto di consapevolezza e di affiliazione, tutto sembra definirsi nella obbedienza e nella subalternità: "Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno ..."
Proviamo a capire meglio ... Il subalterno è colui che rispetto a chi gli è superiore è disposto a consegnare la propria possibilità, e nella libertà gli affida la propria volontà. Un subalterno non è uno schiavo, privo di libertà! La subalternità è quindi una esperienza legata alla libertà. Mi verrebbe quasi da adire che il centurione arriva fino a definirsi subalterno di Gesù. D'altronde la subalternità si esprime nelle scelte che questo uomo ha fatto: come pagano, come occupante romano, ama il popolo di Israele più che tanti israeliti, ed è lui che ha costruito la sinagoga. La fede così "grande" non è nella speranza di un miracolo, ma è nella relazione che si è generata tra il centurione e Gesù: io sono indegno di stare alla tua presenza, perché tu sei il Kyrios, tu sei Dio.

domenica 17 settembre 2017

Siracide 27,33-28,9 / Salmo 102 / Romani 14,7-9 / Matteo 18,21-35
Il regno dei cieli è: quando la misericordia è per sempre

Una parabola sul perdono?
Forse per farci capire che il perdono ha a che fare con quella misericordia di Dio che è un sacramento e non semplicemente con il nostro buon cuore.
La parabola mostra a grandi linee il percorso che avviene nel sacramento della Misericordia di Dio: ovvero la Confessione; o Penitenza o Riconciliazione.
La Confessione: in quanto una delle sue caratteristiche essenziali è l'accusa dei peccati.
La Penitenza: a indicare l'aspetto di risarcimento e fatica, di purificazione  che è parte del processo di conversione e riabilitazione.
La Riconciliazione: ristabilisce la Pace; pace tra Dio e l'uomo, tra il cielo è la terra, tra i fratelli e con la Chiesa.
È opportuno ricordare e comprendere che il perdono è:
- Un sacramento;
- Un fatto sociale e comunitario;
- Superamento del senso di colpa soggettivo.
Dice Gesù nella parabola dice al servo: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. 
Il perdono, la misericordia, tocca nel profondo la nostra umanità, e quindi va vissuta nel profondo per poter essere efficace. Tocca la nostra malvagità; il nostro essere ogni giorno toccati da offese, tradimenti, trasgressioni, tristezza, divisioni e al contempo bisognoso di fiducia, di incoraggiamento, di sostegno e di pace.
Di fronte a queste parole del Signore, chiediamoci cosa è oggi per ciascuno il SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE?
Prima di tutto sta venendo meno il senso del sacramento, e si accresce una visione solo psicologica del perdono. Ci perdoniamo tra di noi con un valore umano e sociale, per eliminare l'alienazione di relazioni conflittuali e difficili; ma nulla comprendiamo e viviamo rispetto a un perdonare che è il modo di Dio di entrare nella nostra vita come dono di amore. Non riconosciamo più che il Padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito: il sacramento viene dal Padrone!
Ma se scompare il senso del Sacramento, si dissolve pure il concetto oggettivo di peccato. Il peccato è quello che io voglio riconoscere come leccato, ma non comprendo il peccato come un male in se stesso, forse perché con i peccati abbiamo fatto un patto di convivenza ... Io li faccio e loro non mi fanno sentire in colpa, di conseguenza non c'è più peccato. E se non c'è peccato da essere perdonato, io non riconosco cosa perdonare si fratelli: Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Questa situazione, raccontata attraverso la parabola, mette in evidenza che tutto il percorso del perdono e della grazia sacramentale, confluisce nella pace.
Il perdono senza la pace è inefficace, è inutile, è una situazione di ipocrisia e premessa per una ulteriore insoddisfazione, che dilagherà progressivamente in un ulteriore peccato. La pace è comunione con Dio e con tutti! 
"Dio padre di misericordia che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda mediante il ministero della Chiesa il perdono e la Pace"




Inv

sabato 16 settembre 2017

1 Timoteo 1,15-17 e Luca 6,43-49
Stabili nella profondità ...


Paolo al suo discepolo prediletto, Timoteo, apre il cuore raccontandogli come l'esperienza della misericordia ricevuta è la forza che permette di annunciare il campanello, di testimoniarlo e di viverlo. Paolo ha posto a fondamento delle sue scelte e della vita l'aver toccato la vicinanza amorevole di Gesù, e il suo perdono. Per questo Paolo è un albero buono che produce frutti buoni ... Non li fa' da se stesso ...
Paolo è una casa con le fondamenta profonde e stabili ... Non le ha gettate lui le sue fondamenta ...
Noi sappiamo che credere in Gesù ci permette di dire "Signore, Signore ...", ma cosa diversa è fare ciò che il Signore dice. Occorre fare sintesi, la Parola di Gesù è il Vangelo che Lui stesso a vissuto e condiviso con i discepoli; è questo Vangelo che ci affranca dai nostri limiti e dalle nostre incoerenze convertendoci in piante buone capaci di frutti buoni. È il Vangelo che entra in noi, nel profondo, e vi si stabilisce come roccia Gesù  (amore misericordioso).

venerdì 15 settembre 2017

Ebrei 5,7-9 e Giovanni 19,25-27
Maria sotto la Croce


Chi vede innalzato sulla Croce? Vede suo figlio! Non siamo dentro a uno struggente dramma umano, ma stiamo contemplando per prendervi parte al pieno abbandono al Padre che è causa della nostra salvezza.
Per chi è immerso nella modernità un evento come la crocifissione, è al massimo un dramma umano che si consuma nell'ingiustizia. Nessuno oserebbe parlare di evento di salvezza, e questo solo per una incapacità di contemplare il mistero, e soprattutto di accostarsi al vissuto umano come spazio di rivelazione dell'amore di Dio.
Maria sotto la croce, non è lì per essere l'Addolorata, da portare in processione, si trova sotto la croce come ogni madre che per amore di suo figlio lo vuole accompagnare e abbracciare anche nel momento della più atroce sofferenza: il morire.
Ma è questa espressione di amore che traduce il suo essere parte dello stesso affidamento al padre.
In quel momento nel cuore e nella mente di Maria sono riemerse le promesse di Dio e le parole dell'Angelo: "non temere Maria ... Lo Spirito Santo ti coprirà con la sua ombra ... E sarà chiamato Figlio di Dio ..."
In realtà, ciò che racconta Giovanni, è l'offerta sull'altare della croce di un amore senza misura per tutti coloro che da quella croce ottengono salvezza.

giovedì 14 settembre 2017

Numeri 21,4-9 e Giovanni 3,13-17
Festa della esaltazione della Santa Croce
Guardare per essere salvi ...


La festività, il 14 settembre, ricorda il ritrovamento della Vera Croce di Gesù da parte di sant'Elena (madre di Costantino) avvenuto, secondo una tradizione, il 14 settembre del 327. Il 4 luglio del 1187 presso i corni di Hattin, i crociati venivano sconfitti e, da quel giorno non si hanno più notizie della Vera Croce, forse distrutta dal Saladino. Le vicende storiche legate alla Croce fanno pensare ... Come il ritrovamento corrisponda al guardare per essere salvi: un segno di innalzamento pre esprime la salvezza in quanto amore di Dio; la sua distruzione si consuma quando la Croce diviene uno stendardo di parte, in una guerra tra i figli di Dio. Sembra quasi che ci sia stato tolto un segno, perché lo abbiamo svuotato della sua valenza salvifica.
Per Gesù, secondo il Vangelo di Giovanni, la Croce, è rivelazione della gloria: il figlio di Dio crocifisso, fa della Croce, non un patibolo, ma l'altare per dell'offerta di se stesso: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna"; sulla croce avviene e di compie tutto questo!

mercoledì 13 settembre 2017

Colossesi 3,1-11 e Luca 6,20-26
Uomini vecchi e uomini nuovi ...


Scusate ma oggi vi propongo un breve passo di San Giovanni Crisostomo: "Ripeto sempre: «Signore, sia fatta la tua volontà» (Mt 26, 42). Farò quello che vuoi tu, non quello che vuole il tale o tal altro. Questa è la mia torre, questa la pietra inamovibile, il bastone del mio sicuro appoggio. Se Dio vuole questo, bene! Se vuole ch'io rimanga, lo ringrazio. Dovunque mi vorrà, gli rendo grazie".
È in questa esperienza che ci si spoglia dell'uomo vecchio e ci si riveste di quello nuovo, così come Paolo in modo acuto ci rivela. Ma come è fatica spogliare l'uomo vecchio, quando l'essere vecchio è impronta di quella natura ferita che ci accompagna per tutta la nostra esistenza. Forse che ci si spoglia del vecchio, se ci si riveste del nuovo? Occorre iniziare a rivestire il nuovo, per spogliare di conseguenza il vecchio?
Leggendo il Vangelo si intuisce che è proprio questo rivestirsi che precede lo spogliare ... Se la volontà di Dio si manifesta nelle beatitudini, queste sono un nuovo rivestirsi, queste in verità ci uniscono alle cose del cielo, a Cristo vivo e risorto.

martedì 12 settembre 2017

Colossesi 2,6-15 e Luca 6,12-19
La scelta finalizzata ...


Esisteva ai tempi di Gesù una comunità di "illuminati", che separati dal mondo giudaico, cercavano la via della conoscenza, della luce, e attendevano la venuta della redenzione di Dio, del Messia. Una comunità di eletti che vivevano in funzione, principalmente di sé stessi. Alcuni studiosi ritengono che nel cristianesimo delle origini sua confluita gran parte della loro tradizione religiosa; si tratta della comunità Essena. In realtà anche Gesù sceglie una comunità ristretta; l'elenco dei dodici esprime la conseguenza di questa scelta. Ma una comunità non per sé stessa, una comunità che viene immediatamente la stessa esperienza del maestro: il contatto con una umanità che soffre, crede e dieta in lui; "tutti cercavano di toccarlo".
La tentazione di isolarci e garantirci rispetto alla vita spirituale è molto facile, ma va immediatamente respinta se ci allontana dal mondo, se la separazione non alimenta un canale di grazia per la fede di chi resta nel mondo (es. il monachesimo).
"Come avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato"; le orale di Paolo sono una mobilio e ma anche un progetto, un incalzarci per garantire un progetto di vita che abbia Cristo al centro, a fronte di una diffusa vita cristiana fatta di parallelismi.

lunedì 11 settembre 2017

Colossesi 1,24-2,3 e Luca 6,6-11
La gioia nella fatica


Ormai è uno slogan che il Vangelo è gioia, ma per non cadere in un facile entusiasmo, mossi da un sentimentalismo istintivo, ci fa bene leggere Colossesi, dove Paolo racconta la sua gioia: la gioia che nasce dal vedere che si genera la fede delle comunità attraverso la Parola annunciata. Ebbene questa gioia si fonda sulla sua fatica; sulla testimonianza; sulle sofferenze patite per rendere ognuno (perfetto) un altro Cristo, cioè realizzare l'uomo nuovo, l'uomo della Parola.
Credo sia questa la chiave di lettura delle nostre esperienze pastorali, quando soprattutto sono segnate dall'evidente insuccesso, ma quando la fatica è per il Signore, resta la consolazione che Lui stesso la porterà a compimento. Nessuna aridità è ai suoi occhi insanabile, nessun vincolo, leggevo precetto, può essere di ostacolo per rendere l'uomo libero dal suo male, per testimoniare così, nonostante tutti (scribi e farisei, persone dabbene) la grande misericordia di Dio.

domenica 10 settembre 2017

Ezechiele 33,1.7-9 / Salmo 94 / Romani 13,8-10 / Matteo 18,15-20
Le regole non fanno la comunità ...

Le regole nella vita comunitaria servono al discepolo per non demordere dall'idea che in quella esperienza si nasconde un tesoro inesauribile: "vita comune massima gioia e massima penitenza" diceva Bonhoeffer. (Da: La vita comune, Queriniana, Brescia 1973, p. 46-47)
Infinite volte tutta una comunità cristiana si è spezzata, perché viveva di un ideale ...
... quant'è vero che Dio vuole condurci a riconoscere la realtà di una vera comunione cristiana ...
... Soledo la comunità che è profondamente delusa per tutte le manifestazioni spiacevoli connesse con la vita comunitaria, incomincia ad essere ciò che deve essere di fronte a Dio, ad afferrare nella fede le promesse che le sono state fatte. Quanto prima arriva, per il singolo e per tutta la comunità, l'ora di questa delusione, tanto meglio per tutti.
Ciò che Pietro ha sperimentato è il limite degli ideali, per cui è vero che uno si interroga sul "quante volte dovrò perdonare ..."
Ma è proprio la Chiesa questa esperienza straordinaria, dove l'ideale, scontrandosi con il nostro limite diventa capace di costruire una realtà che supera se stessa, anche se non sarà mai perfetta.
Credo che ci siano molte idee confuse e molti limiti che da un lato sono la realtà ma dall'altro essendo la penitenza della vita comune sono anche il punto da cui partire per percorrere sulla Parola di Gesù un vero itinerario di conversione. Non una volta, non per poter dire di aver ragione ... Ma un itinerario di conversione, redenzione comunitaria che è generare il bene necessario prendendo coscienza del limite e del peccato di ciascuno.

sabato 9 settembre 2017

Colossesi 1,21-23 e Luca 6,1-5
Cristo viene prima ...


Nella lettera ai Colossesi Paolo dice: "... purché restiate fondati e fermi nella fede, irremovibili nella speranza del Vangelo che avete ascoltato"; per chi ha ascoltato le parole di Gesù ed è stato unito a Lui nel battesimo, non ha senso vivere come se Cristo per lui non fosse nulla. Gli "stranieri" non conoscono per ignoranza; i "nemici" non vogliono conoscere per pregiudizio; ma noi, i battezzati nel Signore, riconosciamo che la mostra esistenza è un itinerario di Santità, cioè un itinerario di vita secondo il Vangelo, e in questo si manifesta l'essere immacolati: cioè quella condizione, che generata nel battesimo, chiede di essere attuata nella vita (fondati e irremovibili nel Vangelo). È in questa esperienza che si percepisce come essere cristiani è ben altro che osservate qualche precetto morale o alcune norme rituali; Gesù viene prima ...

venerdì 8 settembre 2017

Michea 5,1-4 (Romani 8,28-30) e Matteo 1,1-23
Festa della Natività di Maria

Predestinata(ti) a essere conforme(mi) al figlio.

Oggi nel mondo virtuale, prendiamo coscienza che esiste un'enorme differenza tra ciò che è irreale, o astratto, e quello che è reale e concreto. Il nascere, ancor più che il concepimento, causa una relazione con la realtà che non ha confronti. Nascere significa varcare la soglia del tempo e dello spazio, divenendo a nostra volta artefici del divenire del tempo e della storia. Se questo è vero per la nostra nascita, ancor più per quella di Maria. La lettura di Rimani 8,28-30 ci orienta a considerare come la nascita di Maria rende evidente e concreta una somiglianza che è preludio di una realtà che non è solo nella "mente di Dio", quasi come se fosse virtuale, ma è parte del tempo e della storia. Per cui, proprio nella nascita si manifesta: la nostra predestinazione ad essere figli; la gloria che si deve rivelare in noi; la vocazione o compimento di una esistenza Santa; la giustificazione ovvero la salvezza che il Padre opera attraverso e nel figlio. Tutto questo esiste dal nascere, e in modo straordinario nel nascere di Maria, già tutto questo si affaccia sulla storia umana.

giovedì 7 settembre 2017

Colossesi 1,9-14 e Luca 5,1-11
Quelle reti piene ...


Le reti della barca di Simone sono piene in forza della parola ascoltata e accolta ... Se Simone avesse eluso la richiesta di Gesù nessuna barca sarebbe partita e nessuna rete sarebbe stata gettata. Questa esca miracolosa, mi piace accostarla alla missione della chiesa: la Parola annunciata alla gente, quella stessa Parola chiede di prendere il largo e chiede che vengano gettate le reti. La Parola interpella la Chiesa nella sua missione: non si può essere Chiesa ormeggiata,  anche se annuncia la Parola. La Parola riempie la Chiesa e la fa "risuonare per la missione", quella di prendere il largo e gettare le reti per raccogliere tutto ciò che è nel mare, ogni pesce ... Ogni uomo, Simone, dovrà cercare di pescare! Ecco allora che la missione della Chiesa diviene un appello alla sequela: non si ascolta la Parola per consolazione gratificazione, ma per corrisponde a un maestro, per il quale vale realmente la pena lasciare tutto, ora anche le barche e le reti ... C'è infatti un'altra barca da condurre e altre reti da gettare.

mercoledì 6 settembre 2017

Colossesi 1,1-8 e Luca 4,38-44
È necessario dare testimonianza.

La tentazione è quella di "trattenere" Gesù per se stessi, di pensarlo in funzione della propria fede e della propria condizione. Gesù parla bene, compie segni e miracoli stupefacenti, scaccia il male del demonio ecc... È la tentazione dei discepoli del signore che pensano alla Chiesa in funzione di se stessi, e all'esperienza religiosa come alla grande consolazione della vita. Non è così, e nemmeno Gesù la pensava così; infatti di fronte alla proposta di rimanere (legato a un luogo, una città ...), la sua risposta è: "È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato!"
È necessario che l'annuncio del Vangelo risuoni anche altrove; è necessario che si compia ovunque la guarigione dei malati, così come ovunque il male deve essere vinto e la gente possa incontrare il Signore. Ogni mattino, presto Gesù si liberava dalla tentazione di essere solo per qualcuno e si offriva ore essere per tutti; a questo serviva la sua preghiera il suo stare da solo nel deserto. Ogni discepolo, ogni mattina, occorre che faccia il medesimo proposito ... Da questo si dimostra e realizza la missionarietà della Chiesa, il suo essere in uscita ...

martedì 5 settembre 2017

1 Tessalonicesi 5,1-6.9-11 e Luca 4,31-37
"... viviamo insieme con lui ..."


Paolo nella lettera a Tessalonicesi ha detto proprio così: "viviamo insieme con lui"; legando ogni aspettativa circa l'eternità; ogni concreta realtà presente alla relazione che noi stabiliamo con Gesù, e Lui con noi. L'immagine, propria dei vangeli del ladro che viene di notte, traduce molto bene da un lato la volontà del Signore di entrare dentro "le nostre cose", che gelosamente tratteniamo solo per noi stessi; e dall'altro la vigilanza che siamo sempre capaci di attivare rispetto a ciò che è improvviso e inaspettato ... ma che non sempre si identifica col Signore.
Imparare a vivere con Lui: "vigilando e in sobrietà!"
Ma soprattutto esercitandoci nel "confortarci" a vicenda gli uni gli altri, cioè nell'essere gli uni verso gli altri testimoni della consolazione che viene da Dio, della consolazione che è Gesù, nostra gioia!
Vivere così, vivere insieme tra noi, con Lui, è il passo in avanti che è necessario fare per non continuare ad alimentare l'esperienza meravigliata ma bloccata dal maligno, quell'esperienza che hanno vissuto a Cafarnao, quando Gesù ha abitato con loro.

lunedì 4 settembre 2017

1 Tessalonicesi 4,13-18 e Luca 4,16-30
Amarezza e realtà di compimento.


Tornato a Nazareth, Gesù fa l'esperienza amara di non sentirsi più a casa sua. Ma è proprio questo consapevolezza che spinge Gesù a vivere con più intensità e consapevolezza il passare da città a città, da villaggio a villaggio, per annunciare il Vangelo, scacciare di demoni e guarire i malati. Gesù legge la realtà, ciò che accade, e ne riconosce il senso più profondo il relazione a se stesso; la realtà ci parla.
Gli abitanti di Nazareth si aspettavano la "potenza dei segni", quasi per soddisfare a loro curiosità rispetto al "fenomeno attrattivo" che era diventato Gesù, ma la loro idea del "figlio del falegname" prevale e demolisce ogni aspettativa.
Ciò che a Nazareth non riescono a comprendere è il compiersi delle Profezie; la realtà che loro vivono è spazio di compimento. Le profezie continuamente portano a compimento il tempo e la realtà, perché a questo sono chiamate dalla manifestazione di Dio.

domenica 3 settembre 2017

Geremia 20,7-9 / Salmo 62 / Romani 12,1-2 / Matteo 16,21-27
Pensare secondo Dio...

Cosa pensa Dio? Quale è la sua volontà?
Pietro si sente dire da Gesù: "Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!"
Pensare secondo Dio ... Pensare ciò che esiste, il mondo, l'universo, il cosmo, tutto ciò che è creato, nuovamente in quella relazione originaria che è "paradiso". Pensare ciò che è ingiustizia, violenza, odio ... Pensarlo nella possibilità di essere giusto, amabile è capace di tenerezza! Questa è la salvezza ... La salvezza è il pensiero di Dio, vincere il male è il peccato con la piccolezza fragile dell'amore ... Per questo suo figlio "è necessario che vada a Gerusalemme", la città Santa, spazio dell'odio e dell'amore.
Per comprendere questo Vangelo, vi riporto un passo degli Atti di Pietro, un testo apocrifo da cui nasce la traduzione legata a una Chiesa di Roma dedicata al "Domine, quo vadis". Secondo la tradizione apocrifa, in quel luogo Pietro ebbe la visione di Gesù, mentre stava uscendo da Roma per sfuggire alla persecuzione di Nerone. Pietro vedendo Gesù che si incamminava verso Roma gli chiese: "Signore dove vai?"   Alla risposta di Gesù, "Vado a Roma a farmi crocifiggere di nuovo", Pietro capì che doveva tornare indietro per affrontare il martirio ... e con stupore e meraviglia, attraverso la croce.
Per attualizzare il Vangelo occorre focalizzare due situazioni:
- Amare Gerusalemme ... Le necessità della vita;
- Desiderare la Croce ... La possibilità del compimento.
Gli "Atti di Pietro" rappresentano una bella sintesi del Vangelo di oggi: Pietro ha finalmente realizzato il seguire Gesù e il prendere la croce.
Ciascuno deve scoprire la propria Gerusalemme ...
Per Gesù Gerusalemme rappresenta tutto:
- La prospettiva presente e futura ...
- È la città del grande Re, per essa Gesù ha pregato, a pianto, in essa si è arrabbiato e ha gridato, di essa ha amato gli abitanti ...
- Gerusalemme è il crocevia tra tempo e storia tra mistero ed eternità tra uomo e Dio: è a Gerusalemme che come Abramo immoló il primo sacrificio a Dio; lì, Dio Padre immola il proprio sacrificio, il figlio, per redimere il male che è nel mondo.
La mia Gerusalemme è lo spazio della mia esistenza a cui sono chiamato a dare compimento. Imparando ad amare anche ciò che non è subito amabile, smettendo di fuggire ciò che mi disturba, affidando a Dio la realizzazione della mia volontà. Il Padre ci attende a Gerusalemme ... Per fare della nostra esistenza lo spazio del suo manifestarsi.
Prendere la croce ... Prendere attivamente la croce, non passivamente caricarsela ...
Pietro, per essere fedele alla sua stessa vita deve prendere la sua croce e tornare a Roma ... Così come Gesù, pur con molto turbamento, ma con decisione sceglie di andare a Gerusalemme sapendo che avrebbe abbracciato la croce.
Prendere la mia croce, significa smettere di fuggire; si fugge l'impegno della vita cristiana, si sfugge la carità, ci si allontana dalla vita spirituale ... Si trovano mille scuse per giustificare tutto questo ... Ma alla fine il motivo è semplicemente il fascino delle fosse del mondo ... Di fronte a questa tentazione già il Vangelo di Matteo ci pone una domanda: "... quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?"Ecco che seguire a Gesù e prendere la croce, ha a che fare con il senso della nostra vita, ha a che fare con il nostro essere in parrocchia, e con il nostro vivere la comunità e il servizio. Solo in questo modo tutto acquista un senso pieno e non è vanità. Prendere la croce non è amore al soffrire, non è desiderio di morte, ma consapevolezza della vita cristiana come una esistenza cristificata, cioè di cristo, in cristo e con cristo, rompendo la congiuntura del mondo che ci porterebbe altrove...

sabato 2 settembre 2017

1 Tessalonicesi 4,9-11 e Matteo 25,14-30
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò ...


In una parabola siamo messi di fronte a una immagine che volutamente tradisce una intenzionalità; nelle parabole di Gesù, la sua volontà. La parabola è costruita attraverso un antefatto che tratteggia l'immagine; un punto critico che dispiega un evento successivo, come un apice o un cuneo; una conseguenza che interpella il lettore nella identificazione personale; e una dichiarazione conclusiva, una sorta di sentenza o giudizio che ne consegue.
Ora, il ritorno del padrone, sta nell'intenzione di Gesù come il suo tornare continuamente rispetto alla vita dei discepoli; un tornare che si compie progressivamente fino al momento in cui il ritorno è nella "gloria".
Anche il rendicontare dei servi, va collocato in questa prospettiva: guadagnare progressivamente per preparare l'incontro glorioso ...
Chi nulla "genera"/guadagna nella sua vita, nulla genera/partecipa della Sua gloria.
Oggi Paolo a Tessalonicesi, ricordando come portare frutto, come guadagnare i talenti preziosi che ci rendono parte della gloria del Suo ritorno: "voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri (...), progredire ancora di più e a fare tutto il possibile per vivere in pace, occuparvi delle vostre cose e lavorare con le vostre mani (...).

venerdì 1 settembre 2017

1 Tessalonicesi 4,1-8 e Matteo 25,1-13
L'olio in piccoli vasi ...

Questo particolare della Parabola ha colpito il mio interesse, rispetto a tutto la narrazione, sembra proprio volutamente collocato. "Piccoli vasi" custodiscono l'olio che alimenta le lampade necessarie alla veglia. L'attesa dello sposo, può causare anche assopimento, ma la tensione verso la sua venuta è garantita dalla luce della lampada che al suo arrivo permetterà di essere subito desti. Non possiamo illudere noi stessi, correremo il rischio dell'ipocrisia; occorre che ogni discepolo raccolga dalla vita di fede l'olio da custodire anche in piccoli vasi; questo olio è garanzia per non distrarsi rispetto alle nozze. Appunto le nozze sono il nostro obiettivo, ma se questo obiettivo non è chiaro? Poveri noi ... ci toccherà restare fuori, consapevoli della nostra mancanza di premura.
San Paolo ci dice: la fede è un appello, una chiamata a santificare la vita quotidiana: "Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione ..." È questa santificazione che produce l'olio dei piccoli vasi.