giovedì 31 dicembre 2015

1 Giovanni 2,18-21 e Giovanni 1,1-18
" ... pieno di grazia e verità".

"Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia".
A conclusione dell'anno, cosa abbiamo ricevuto? Ma ... in quale senso abbiamo ricevuto?
La nostra vita non si comprende se non come dono di chi ci precede rispetto al passato e al futuro. Il fatto che Dio si è incarnato, pone nella storia il segno di ciò che da senso e significato al passato e garantisce pure il futuro. Ridurre tutto il significato dell'esistenza a una convergenza di possibili teorie scientifiche, se pur suffragate da una logica razionale, ma finita, svilisce il segno profondo di ciò che è la vita. A conclusione di questo anno, dove nella vita abbiamo toccato tutte le esperienze possibili, dal nascere al morire, dal gioire al soffrire, dell'amare all'odiare, dal patire al guarire ecc... Non possiamo non riconoscere che la vita ha una pienezza che le è riversata da qualcun altro o addirittura dall'alto, dal cielo. Il "Verbo" si fece carne, si fece vita ... Quel farsi carne porta nella carne (cioè nella vita e nell'esistenza) cioè nella nostra vita quella pienezza che Giovanni evangelista chiama "grazia e verità" cioè grazia su grazia, grazia dopo grazia ... Accostarmi con stupore alla vita mi permette di accogliere ciò che ho ricevuto e con gratitudine restituirlo, ciò rappresenta il modo di vivere il mistero del verbo incarnato.

mercoledì 30 dicembre 2015

1 Giovanni 2,12-17 e Luca 2,36-40
Non amate il mondo!


Come è difficile per noi gente "post-moderna" non amare questo mondo. Noi che siamo completamente partecipi di ciò che il mondo è, noi che questo mondo lo abbiamo creato  e da cui siamo in una dipendenza "totale". Siamo noi che al "mondo" abbiamo dato esistenza e vita; è questo mondo quello in cui riflettiamo le nostre "concupiscenze". È da questo mondo che provengono le nostre aspirazioni, le gioie e le sofferenze ... tutto quello che siamo è un riflesso del mondo, ma il mondo di per sè non è "persona". All'inizio del brano di 1 Giovanni, vengono chiesti alcune disponibilità per poter "vincere il mondo":
- fare esperienza di perdono; poter gridare "Gesù salvami!";
- vincere il peccato a partire dalla coscienza delle proprie fragilità;
- vincere il Maligno, evitare i compromessi con colui che è principe usurpatore del mondo;
- fare esperienza viva della Sua Parola che lascia nel mondo la traccia di Dio.
Nelle piaghe di questo "mondo", tutti noi, siamo capaci di nascondervi con colpevole complicità "la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita ... "
Sulla concupiscenza andrebbe fatto un ampio discernimento, ma quando essa perde il suo fascino ... ciascuno recupera quello sguardo che va oltre l'orizzonte di questo mondo e si aprono quegli spiragli per incontrare lo sguardo di Dio.

martedì 29 dicembre 2015

1 Giovanni 2,3-11 e Luca 2,22-35
C'è amore e amore ... e novità...

L'invito a essere "nuovi" accompagna il messaggio natalizio di luce e di pace, questo si intreccia con la novità della vita che non deriva dalle nostre buone intenzioni ma da Lui. Lui in noi, è la garanzia dell'essere nella novità che è Dio. Lui in noi, in una vera obbedienza ai comandamenti; questi ci immergono nella pienezza dell'amore di Dio. Così pure l'obbedienza ai comandamenti ci permette di dimora in Cristo; questo dimorare si manifesta in un comportarsi come lui si è comportato (prima lettura).
Ma cosa rappresenta il nuovo? Perché non è possibile permanere in ciò che è antico?
Ciò che è antico, per quanto buono possa essere, conduce alla nostalgia di ciò che era, e impone al presente una conformazione che è una limitazione rispetto l'originalità del presente. Ciò che è nuovo è conseguenza di ciò che è antico, ma nell'essere nuovo apre alla possibilità di adempiere l'originalità dell'amore. Amare in antico è nostalgia di ricordi gratificanti, amare in novità di vita è passione per la vita, quella reale.

lunedì 28 dicembre 2015

1Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 2,13-18
Da Qumran a Gesù, verso noi...


Un certo influsso dualista (luce/tenebre), forse riflesso della comunità di Qumran, risuona come sfondo della prima lettura; ma in 1 Giovanni, non ci si limita a consolidare l'esperienza di chi sceglie la luce alle tenebre, ma rivela ciò che genera la luce stessa, cioè il sacrificio di Cristo. È il suo sangue, il suo donarsi che permette alla luce di dilagare e di essere fonte della comunione con lui. Il sacrificio del suo sangue è il dono della sua stessa vita. Dare a noi la sua vita, permette a ciascuno di trasformare la propria esistenza da bene personale ed esclusivo a esperienza di condivisione e di comunione: un amare gratis. La luce è quindi ben più di una scelta morale ed etica, ma è la possibilità di vedere la nostra vita trasformata grazie al dono del sacrificio di Gesù; vivere della luce e nella luce è condizione per fuggire la tenebra dell'egoismo e della solitudine. La tenebra, vivere per se stessi, è causata dal peccato e alimenta il peccato.
Erode è nella tenebra, i Magi gli hanno dato la possibilità di accogliere il dono della luce vera, ma la tenebra della sua esistenza lo ha trattenuto nei vincoli di morte, e la morte ha generato solo altra morte. La luce invece ha generato in quel peccato figli della testimonianza, testimoni inconsapevoli dell'amore.

domenica 27 dicembre 2015

1Samuele 1,20-28 / Salmo 83 / 1Giovanni 3,1-2.21-24 / Luca 2,41-52
Storie di famiglia ...

(...) Le letture di oggi suggeriscono almeno tre immagini e situazioni di vita famigliare:
- la famiglia di Samuele, una famiglia dove si sperimenta la sterilità ... Una famiglia che non vive la gioia di essere realizzata ... Ma anche una famiglia che chiede di potersi realizzare. Samuele è un dono, chiesto con fede e in quanto tale, Anna (la madre) si rende conto che non è un suo possesso, ma che è un dono che va restituito.
La famiglia vive di relazioni di dono, situazioni che non possono esprimersi in un possesso e che progrediscono attraverso una continua reciproca restituzione.
Quando in famiglia non si restituisce, si inizia a stare male ... Le difficoltà diventano macigni e chi ci è accanto un concorrente detestabile.
- la famiglia dei figli di Dio, coloro che riconoscono come Padre il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe ... Cosa vuole dire?
Credo voglia dire che la famiglia non è esclusiva, ma è fatta di una moltitudine di fratelli ... Essere famiglia non lo si è per decreto dello "stato di famiglia", ma per una identità che si genera nell'obbedienza al comandamento dell'amore. Generati nell'amore e attraverso l'amore, siamo famiglia ... Se non c'è l'amore all'origine delle nostre famiglie, generiamo dei mostri ... famiglie mostruose, relazioni mostruose ...
- la famiglia di Nazareth ... Una come tutte e come tante, chiamata a crescere e camminare grazie anche a tanti errori ... chiamata ad essere famiglia ogni giorno, misurandosi continuamente con la necessità compiere la propria missione-vocazione.

sabato 26 dicembre 2015

Atti 6,8-10.7,54-59 e Matteo 10,17-22
Parole che non si vogliono sentire


Fare esperienza della Misericordia, sentire Dio che ti ama da vicino, si accompagna anche con una umanità ferita dal peccato al punto che può anche chiudersi gli orecchi per non sentire parlare di amore e per non sentire parlare di Gesù. Il martirio di Stefano è la manifestazione di come una umanità ferita è capace di divorare anche ogni gesto di amore. Proprio per questo la Misericordia ha il sapore di un amore che è solo dono senza nulla pretendere e attendere ... Solo un amore gratuito infatti può "calmare e colmare" ferite come quelle del cuore dell'uomo. Nel Natale, Dio si è consegnato al cuore dell'uomo, e anche nel nostro, ma non è così scontato che la nostra umanità sia capace di corrispondere al dono ricevuto. Il Natale toglie ogni distanza tra Dio e l'uomo, tra la terra e il cielo; Dio sceglie la vicinanza (Emmanuele) come condizione di rivelazione. Nel martirio Stefano sperimenta come attraverso la sua stessa vita Dio si fa vicino al l'umanità ferita è arrabbiata dei suoi fratelli.

venerdì 25 dicembre 2015

Messa della Notte di Natale
Isaia 9,1-6 / Salmo 95 / Tito 2,11-14 / Luca 2,1-14

(...) Quel bambino chiede di essere amato ... Amiamo la misericordia (Gesù stesso) e così diventeremo anche noi un po misericordiosi. 
Noi, ciascuno di noi oggi ha bisogno solamente di una cosa, una fra tutte ... di tornare a imparare che si è cristiani non di nome ma di fatto ... Saremo veramente cristiani se la misericordia tradirà il nostro agire umano, se la misericordia darà forma alle nostre azioni, se la misericordia farà capolino nel nostro quotidiano, magari richiamandoci a una fedeltà rispetto alla quale facciamo fatica, rispetto alla quale proviamo durezza.
Tra le tante fatiche delle nostre relazioni complicate, tra le energie che impieghiamo a gestire tutta la nostra vita dobbiamo ritornare a pensare che il nostro Dio è misericordioso e che la misericordia è fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza ... è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro.
La misericordia allora non è un concetto intellettuale ma una modo di pensare la vita e un modo di viverla.
Misericordia dice papà Francesco: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.
I pastori riconoscono nel Segno la misericordia di Dio e se ne tornarono lieti, pieni di gioia e di stupore cantando per sempre, in eterno la misericordia del Signore.

giovedì 24 dicembre 2015

2 Samuele 7,1-16 e Luca 1,67-79
Canterò in eterno l'amore del Signore (Salmo 88)


Due canti di lode (il Magnificat e il Benedictus) rendono il primo capitolo del Vangelo di Luca una sorta di annuncio di grande gioia.
È una lode non di chi è spettatore, ma di chi è parte di una proposta che non ha eguali.
Dio entra nella storia e lo fa da uomo. Dio entra nella storia e vuole fare la storia insieme a noi. Dio non è il grande burattinaio, ma un attore comprimario, che divide con me (uomo) la scena di questo racconto che è la vita. Una vita che in forza della presenza di Dio cessa di essere un puro evento spazio-temporale ma diviene un evento di salvezza che si chiama eternità, la vita redenta diviene eterna. Ed è questa vita che diventa capace di cantare in eterno l'amore del Signore, solo una vita così!

mercoledì 23 dicembre 2015

Malachia 3,1-4.23-24 e Luca 1,57-66
Giovanni è il suo nome ...

Nelle parole di Zaccaria, sta, una esperienza che mi auguro ciascuno possa fare: "arrendersi a Dio".
Si! Proprio così, arrendersi!
Noi discepoli del Signore, forti della nostra vita da credenti, il più delle volte resistiamo alla volontà di Dio.  Ma quando Egli, Yhwh, il Figlio dell'uomo viene, come dice Malachia, "chi resisterà al suo apparire?"
Proprio così resistere a Dio è prima di tutto sfuggire a quell'accompagnarsi con lui nella nostra risposta alla sua chiamata! E noi di modi di resistere ne conosciamo molti ...
Zaccaria nel momento in cui fa sua la parola "Giovanni" e si arrende alla "volontà di Dio"  fa delle sue parole la Parola è solo in quella Parola cessa di essere muto.
Arrendiamoci a Dio per  meravigliarci anche noi di quella Parola che realizza la nostra vocazione, la nostra chiamata.

martedì 22 dicembre 2015

1 Samuele 1,24-28 e Luca 1,46-55
Consacrati cioè RICHIESTI


Nelle parole della prima lettura di oggi ciascuno è rappresentato nel "segno" di Samuele: essere prediletto e consacrato. Samuele è stato desiderato e amato, sperato e atteso; nei sentimenti materni e paterni si rivela tutta la predilezione di Dio; tutto il suo amore per la creatura ... tutto il suo amore per ciascuno di noi. Esistere, è sinonimo di predilezione, è condizione per essere amati dall'eterno e per l'eternità. Per questo, "esistere" ha una qualità superiore a ogni circostanza di vita. Samuele non solo è amato ma è dedicato, consacrato ... Per questo vengono fatti sacrifici al Signore; ogni sacrificio  significa infatti riconoscere un dono che è di Dio e in quel dono vivere la comunione con chi ce lo ha donato. Un sacrificio non è una privazione a favore di qualcuno e neppure una semplice compensazione. Il sacrificio per ciascuno di noi non sarà però un giovenco, un po di farina e un orcio di vino, ma sarà riconoscere che "siamo richiesti per il Signore". Chi può resistere a questa voce? Maria nel Magnificat accoglie nella gioia l'essere richiesta per il Signore.

lunedì 21 dicembre 2015

Cantico dei Cantici 2,8-14 e Luca 1,39-45
Beati coloro che credono ...


Quante volte sentiamo l'espressione "beato lui che ci crede ..." oppure "Lui si che è fortunato perché ha la fede ..."
In un qualche modo queste espressioni ci confermano che chi crede non sta nelle cose del mondo subendole o affannandosi inutilmente, ma la fede apre la possibilità di comprendere il "mondo" a partire dal pensare di Dio. È bellissimo rileggere il saluto che Elisabetta fa a Maria come lettura nella fede di ciò che è "accaduto" in Maria. La fede a partire dalla disponibilità all'ascolto; la fede come docilità a una proposta; la fede come l'obbedienza alla Parola nonostante il dubbio è il timore ...

Sia per Maria che per Elisabetta, avere fede, si esprime nella gioia di gustare la realtà come l'accadere del mistero di Dio. La Parola si compie in Maria, ma questo significa semplicemente che Dio c'è in Mara; Elisabetta vede tutto questo.

domenica 20 dicembre 2015

Michea 5,1-4 / Salmo 79 / Ebrei 10,5-10 / Luca 1,39-45
Mi prendo cura di me?


In men che non si dica siamo già arrivati a Natale. La quarta domenica di Avvento segna, come dire, l'ultimo tocco della campana, l'ultima candela accesa ...
Vivere con consuetudine l'avvento significa lasciare che le circostanze distruggano la possibilità per ciascuno di essere: uno specchio per il cielo; una occasione di armonia e di bellezza.
Siamo all'inizio di un tempo straordinario, l'anno santo; siamo immersi nella vicinanza di Dio che è la misericordia; abbiamo il dono della tenerezza di Dio che si esprime nella possibilità di mettere amore nelle nostre relazioni ... cioè cuore ... vita ... verità ... non sorrisi compiacenti ... In tutto questo dobbiamo, non solo imparare, ma con caparbietà, esercitarci praticamente. Ciò significa imparare a prendermi cura di me stesso!
Come fare per prendermi cura di me?
Il Vangelo di questa domenica racconta come Maria si prende cura di sé. In quei giorni straordinari e attesi con trepidazione da secoli, certamente ciò che è accaduto ha sconvolto la vita di quella giovane ragazza, ma non per questo, Lei, si chiude in se stessa. Capisce che per prendersi cura di se deve raggiungere la cugina Elisabetta. In fretta senza perdersi in chiacchiere o pigrizie, percorre la Samaria e arriva alla casa della cugina. Per prima Maria vorrebbe prendersi cura di Elisabetta ormai al sesto mese di gravidanza, mA in realtà Elisabetta, immediatamente si prende cura di Maria. Al saluto di Maria, Elisabetta la avvolge di gioia, la rassicura nelle sue paure, la consola confermando che la sua felicità (beatitudine) sta proprio nella Parola ricevuta dall'angelo. Non esiste timore per chi vive nell'amore dell'onnipotente.
Prendersi cura di se stessi significa, per noi cristiani, lasciare che Dio rispecchi se stesso in noi, la sua tenerezza e misericordia di Padre. Significa, essere rapidi e decisi, nell'allontanare chi ci vuole predare. Prendersi cura di noi, significa: lasciare che i fratelli si prendano cura di me come io di loro; questa è una comunità cristiana, questa è la parrocchia, questa è la chiesa.

sabato 19 dicembre 2015

Giudici 13,2-7.24-25a e Luca 1,5-25
Nazirei del Signore


Non certo per esserci astenuti dal bere vino, non certo per non aver tagliato i capelli o aver evitato ogni impurità di impurità, siamo "nazirei" del Signore.
Quando si percorre anche oggi a Palestina e lo stato di Israele è facile notare giovani e ragazzi con i "boccoli" di capelli agli "angoli del capo" ... Ciò rappresenta un segno di consacrazione, visibile ed esteriore, che manifesta quella appartenenza a Dio, quella separazione sancita nella carne come circoncisione del prepuzio o profeticamente nella circoncisione del cuore. Nelle letture di questo giorno, anche la vicenda del Battista, manifesta una identità profetica che nasce nella appartenenza/consacrazione a Dio. Tutti noi, siamo consacrati a Dio con il segno del "Crisma" che incide non tanto sul capo, ma in tutta la natura umana il segno di appartenenza a colui che per amarci si avvicina e accompagna nell'esistenza. La consacrazione non è un privilegio, ma un segno nel particolare (ciascuno di noi) per manifestare una misericordia universale.

venerdì 18 dicembre 2015

Geremia 23,5-8 e Matteo 1,18-24
Ecco verranno giorni nei quali ...


Passato, presente e futuro, sono queste le tre possibilità attraverso le quali leggiamo e comprendiamo la storia e il tempo. Ma se invece non fosse così?
E se invece il tempo fosse un unico divenire che dal suo inizio si protende nel suo compimento?
Dio Padre, presente accanto all'uomo che ha creato e che ama da sempre, continua a rivelare sé stesso nelle vicende del suo popolo, un continuo accadere della salvezza.
La stessa narrazione di Matteo vuole garantirci che gli avvenimenti della storia appartengono alla "salvezza" di Dio. Il sonno di Giuseppe, i suoi sentimenti e timori, le sue scelte definitive sono lo spazio reale del divenire della salvezza, rappresentano "quell'ecco verranno giorni nei quali ..." ciascun uomo riconoscerà la misericordia di Dio come la possibilità di riconoscere che siamo parte della eterna felicità.
Anche i nostri sono i giorni nei quali ... Dio si rivela come amore che salva, cioè che trasforma la tristezza in gioia, la morte in vita, la paura in beatitudine.  Non sono cose invisibili, anzi tutt'altro!

giovedì 17 dicembre 2015

Genesi 49,2.8-10 e Matteo 1,1-17
Davide significa 14 ... prediletto/amato


Una delle pagine più enigmatiche del Vangelo di Matteo la fa riferiamo al genere letterario della "genealogia"; ossia la narrazione del tempo e della vita dalla sua origine al suo compiersi. In questa particolare narrazione emergono due dati: il nome del re Davide e il numero 14. In realtà il numero rappresenta il nome del Re, nome che nel significato dice "perdilezione" e "amato". Tutto conduce nella sua origine, da una scelta di predilezione del Padre a una condizione di amore del Padre per il suo figlio: Gesù.
Questa condizione espressa nella genealogia 
del Signore, in realtà, appartiene a tutti noi, prescelti dal Padre e amati. In questa luce impariamo a vivere di questa predilezione di amore anche attraverso l'esperienza dei nostri sentimenti: anche noi abbiamo le nostre "predilezioni" e i nostri "amati"; questi non possono rappresentare semplicemente delle ingiuste preferenze o differenze, ma sono espressione del desiderio di amore che è semplicemente partecipazione alla "grazia".

mercoledì 16 dicembre 2015

Isaia 45,6-25 e Luca 7,19-23
Se ci scandalizziamo di te ...


Ma sei veramente te che sei venuto e che verrai? Dobbiamo proprio attendere te?
Oggi forse è vero, in molti si scandalizzano di te, inciampiamo sulle tue parole sui tuoi gesti, sulla tua stessa pretesa di essere il nostro salvatore. Noi non vogliamo essere salvati! Salvati da cosa? Dal peccato? Dalla morte?
Al nostro peccato siamo affezionati come ciò che si accompagna alla vita e, la morte ormai non ci turba più, ora che per tutta la vita l'abbiamo nascosta, bene bene, nelle pieghe del benessere e della felicità a buon mercato. Il morire sarà l'ultimo atto della vita ... ma il copione di quell'ultima scena nessuno lo vuole leggere e interpretare ... Come dire, il sipario si chiuderà e quella scena nessuno la vedrà: come se non esistesse.
Essendoci scandalizzati di te, nessuno potrà essere beato! Nessuno potrà gioire dei  ciechi che riacquistano la vista, degli zoppi che camminano, dei lebbrosi che vengono sanati, dei sordi che odono, dei morti che risuscitano ....
Nessuno potrà godere della sua povertà riempita di "buona novella".

martedì 15 dicembre 2015

Sofonia 3,1-13 e Matteo 21,28-32
Bellezza del pentimento


Il pentimento è troppo spesso collegato al senso di colpa psicologico. In realtà ciò che caratterizza il nostro pentimento deve sfociare nella domanda dei pubblicani e peccatori ascoltata domenica nel Vangelo: noi cosa facciamo?
Di fronte a Giovanni Battista, pubblicani, prostitute e peccatori mostrano come il pentimento è la via per quel cambiamento che conduce alla novità di vita. La vita nuova secondo il Vangelo non nasce da una opzione, una scelta morale o di fede, ma dal desiderio di vivere come Gesù e alla luce del Vangelo. È il desiderio di ciò che è bello 
e nuovo che induce al pentimento, e il pentimento dilaga nella conversione. Non può essere la paura a muoverci a conversione, ma solamente la bellezza! La bellezza di Gesù! 

lunedì 14 dicembre 2015

Numeri 24,2-7.15-17a e Matteo 21,23-27
Profeti per una benedizione...


Balaam benedice Israele, nonostante le molte imposizioni e contrarietà, perché non è possibile all'uomo impedire il piano di salvezza.
Con queste parole Balaam benedice Israele: "Oracolo di Balaam, figlio di Beor, e oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante; oracolo di chi ode le parole di Dio, di chi vede la visione dell’Onnipotente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi. Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele! (...)"
La storia, il compiersi delle vicende di Israele sono la "strada" dell'avvicinarsi del Figlio dell'uomo; del "verbum caro factum est", che assume la nostra umanità attraverso la carne. Ma è anche la profezia del continuo divenire del Figlio dell'uomo fino al compimento del tempo. Nessuno può impedire questo avvento. Noi possiamo inserirci in questa benedizione che risuona dall'antichità o cercare di opporci assumendo come giustificazione il nostro giudizio ovvero il nostro intrigo, come fanno sommi sacerdoti e gli anziani del tempio. Di fronte all'avvento del Signore, dobbiamo, per quanto è in noi, congiungere cielo e terra: la "grazia" come dono del cielo e il desiderio di "grazia" come aspettativa dell'uomo. È in questo modo che la misericordia trova la sua dimora; solo in questo "dimorare", il mistero del Dio con noi ci si rivela. 

domenica 13 dicembre 2015



Sofonia 3,14-18 / Isaia 12 / Filippesi 4,4-7 / Luca 3, 10-18

Esortiamoci nel vivere la buona novella ... Evangelizzare ...



Giovanni esortava la gente annunciando la buona notizia ...

Quale notizia? Quella che il regno dei cieli è vicino, e che la sua vicinanza ci è data nella venuta
del "più forte di Lui e nelle scelte di vita.
L'incontro con l'annuncio provoca immediatamente una domanda.
Le folle ... di fronte alle parole di Giovanni si chiedono che cosa facciamo?
I peccatori ... (pubblicani) chiedono: e noi cosa facciamo?
I soldati  .... chiedono: è noi cosa facciamo?
In queste domeniche di avvento abbiamo ascoltato un invito a preparare una strada:
preparare il cambiamento è prepararci al cambiamento.
Abbiamo ascoltato che questo cambiamento si realizza in ciò che ciascuno può fare
come risposta all'annuncio del regno, cioè il regno si realizza attraverso la mia stessa vita.
Ci sono qui di alcune condizioni che realizzano in concreto il regno dei cieli:
- Donare al fratello ciò che gli appartiene e che io sto trattenendo ... Forse ho realmente
ricevuto tanto e non mi accorgo di dover restituire.
- Avere una relazione con l'altro impostata sulla giustizia, sulla trasparenza,
sulla verità ... A chi usa del denaro, della ricchezza è chiesto di non usare il metro del peccato,
del tornaconto, come misura del loro agire.
- Ai soldati, a chi è rivestito di autorità, è chiesto di agire per il rispetto dell'altro, sempre.
In conclusione l'esportazione di Giovanni è semplice, viviamo ciò che annunciamo
e annunciamo ciò che il Vangelo ci invita a vivere.
Se lo faremo saremo parte della venuta nella carne del Figlio dell'uomo.

sabato 12 dicembre 2015

Siracide 48,1-4.9-11 e Matteo 17,10-13
Così anche il figlio dell'uomo dovrà soffrire ...


Scendono dal monte, dal "Tabor"; hanno visto la "Gloria" e sono ancora confusi nello stupore. Non è possibile udire, vedere e restare impassibili ...
Ora occorre che il mistero incontrato prenda parte della realtà della vita di tutti i giorni.
È nella vita di tutti i giorni, che Elia è già tornato, è nella vita di tutti i giorni che il figlio dell'uomo viene e soffre ... Si la sofferenza di chi è da Dio è necessaria, come è necessario l'amore per convertire la durezza del cuore. Non è una differenza mortifera, ma è una sofferenza come passione, vicinanza e condivisione. Una sofferenza "per opera loro", rappresenta la sofferenza generata da un amore più grande di ogni rifiuto e dimenticanza. Forse non è possibile soffrire per amore? Si! È possibile! Ma occorre chiedere la grazia della "fortezza" ... La forza di Elia!

venerdì 11 dicembre 2015

Isaia 48,17-19 e Matteo 11,16-19
Beato l'uomo che ...  si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. 


Queste parole del Salmo 1 innalzano il nostro sguardo rispetto "ad ogni presente" e ci suggeriscono la comprensione della realtà a partire dalla "rivelazione" di Dio. Il Salmo ci suggerisce che cosa è "la legge". Essa rivela l'esperienza profonda di Dio dove è coinvolto come creatore e come colui che libera e cammina e insieme al suo popolo. Discernere le vicende umane nella loro spesso intricata condizione è proprio di chi ha questo sguardo. Tale sguardo nasce dal custodire la sua "legge" come preziosa e fonte di vita. Esiste una sapienza di Dio, che agisce ed opera anche nella nostra vita, questa sapienza si genera nel dimorare della Legge di Dio in noi. Abramo, Isacco, Giacobbe ... Mosè ... Elia ... Giovanni il Battista ... il figlio dell'uomo ... gli apostoli, i martiri (testimoni) passati e moderni ... Tutti hanno fatto esperienza della sapienza di Dio, nel dimorare della Legge in loro.

giovedì 10 dicembre 2015

Isaia 41,13-20 e 11,11-15
Ti renderò una "trebbia accuminata"


Una immagine di fantasia, quasi una immagine apocalittica, la Trebbia accuminata, una macchina da guerra che avanza stritolando e sbaragliando ogni ostacolo: così è l'avanzare, l'avvicinarsi del Signore Dio.
Si, Yhwh, per la sua misericordia non indietreggia mai, non si arresta di fronte a nulla, ma fedele al patto di amore, si avvicina e soccorre il suo (vermi vistolo di Israele). Ciascuno da sempre è coinvolto nel "venire di Dio" perché ciascuno di noi fa parte di quella storia che è parte e appartiene a Dio. Le parole di Gesù circa Giovanni Battista e il "regno dei cieli", confermano di lui, di Giovanni, l'essere quella "Trebbia accuminata". La storia della salvezza non può trovare limiti di compimento... Noi siamo i testimoni di come anche oggi, Dio opera nella sua Chiesa, nonostante i molti violenti. Comprendiamo questi testi come immagini di forza e insieme di profonda tenerezza. 

mercoledì 9 dicembre 2015

 Isaia 40,25-31 e Matteo 11,28-30
Anche i giovani faticano e si stancano ...

"Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi".
Mettere ali ... Correre senza affannarsi ... Camminare senza stancarsi ...
Venite a me voi tutti ... e troverete ristoro.
Sia Isaia che il Vangelo ci aprono una consolante prospettiva, ma che cosa la origina, quale condizione la determina?
"Levate in alto i vostri occhi e guardate" dice Isaia, distogliere lo sguardo dalla fatica e orientarlo a Dio, al Santo, è condizione di forza!
Imparare da Gesù, distogliere il pensiero da ciò che ci opprime (non per negarne la presenza), per orientare la nostra esistenza a chi con umiltà e mitezza ha atteso dalla volontà del Padre la forza della consolazione. Ogni consolazione viene dal Padre, non da suggestioni psicologiche o affettive; la vera consolazione è da Dio! Gesù ottiene consolazione dalla croce, dal giogo della volontà del Padre ... dal "suo giogo soave!"

martedì 8 dicembre 2015

Genesi 3,9-15.20 / Salmo 97 / Efesini 1,3-6.11-12/ Luca 1,26-38
Solennità dell'Immacolata
Piena di grazia ... = (uguale) a misericordia

A Nazaret inciso su una pietra all'ingresso della grotta della casa di Maria c'è un grafito datato tra il secondo e terzo secolo, che riporta in greco la scritta Kaire Maria ... Cioè rallegrati Maria. Le stesse parole dell'angelo che abbiamo ora udito nel Vangelo.
Cosa significano queste parole se non che la gioia, in Maria, è il frutto dell'essere riempita di grazia, cioè di dono, di amore che è Dio. Una vicinanza inaudita ...mai pensata e sperimentata prima da nessun'altra creatura.
A pensarci bene, quella gioia è la conseguenza e il contenuto, la veste" della Misericordia che in Maria diviene efficace e concreta (lo Spirito sarà sopra di te; ti avvolgerà con la sua ombra), ma da Maria in poi rappresenta la modalità preferita dal Padre per incontrare ogni uomo. La misericordia motiva ed inizia la storia della salvezza. In questa storia di amore ci siamo anche noi, tutti noi ... Con Maria allora anche noi possiamo dire: "sia in me la tua parola". La parola "avviene", "avviene" sempre ...
Oggi, Io posso "avvenire" insieme ad essa. Spero che il verbo "avviene" e "avvenire" sia chiaro per tutti.

lunedì 7 dicembre 2015

Isaia 35,1-10 e Luca 5,17-26
Lo zoppo salterà come un cervo ...


Questa immagine del Vangelo mi ha sempre attratto, un poco per la sua dinamicità un poco perché quell'uomo che se ne va con lettuccio sotto braccio attira tutta la mia simpatia. Se ne esce sereno, rassicurato nell'aver trovato misericordia; certo che Gesù è realmente il figlio del Dio vivente, colui che togliendo il peccato gli fa gustare la vita vera. Tutti gli altri, o rimangono sbalorditi e meravigliati, oppure ottusamente rinchiusi nei loro ragionamenti acidi e mortiferi.
Nella nostra vita, tutti i giorni, Gesù compie segni di guarigione, anche senza che lo chiediamo. Qualcuno pensa che Gesù risponda alle richieste e alle preghiere, ma in realtà non è solo così, egli opera, tocca e guarisce secondo il suo modo di amarci e di prendersi cura di noi. Il problema è che la scarsa famigliarità con lui non ci permette di accorgercene. Uno degli esercizi più importanti della vita spirituale, e di una vera nostra umanizzazione, è quello di glorificare Dio. Come si fa?
Scopriamo come la nostra giornata è lo spazio dove le parole del Salmo 85 si realizzano, sempre ... "Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo. 

domenica 6 dicembre 2015

Baruc 5,1-9 / Salmo 125 / Filippesi 1,4-6.8-11 / Luca 3,1-6
Voce gridante ...


La voce di Dio, la sua parola irrompe oggi nella nostra vita; cosa significa tutto questo?
La voce di Dio non si separa mai dalla storia dell'uomo, per cui nemmeno dalla nostra. Fin dalle origini la su voce accompagna il nostro esistere; con Abramo la voce diviene rivelazione dell'unico Dio dei Padri. Una voce, una Parola che non si preoccupa della vicende umane, ma si "incarna" nelle vicende umane.
Nel Vangelo di Luca, veniamo informati circa la voce di Dio sopra Giovanni il Battezzatore ...
Cosa dice quella voce
, dice: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!".
Preparare la strada Significa agire per evangelizzare. La strada è il percorso che sono disposto a tracciare nella vita, per cui la sua via è la mia stessa quotidianità dove il mio essere cristiano diventa credibile oppure dove il mio essere cristiano risulta una esperienza di scandalo, di inciampo.
Forse è il caso che lo ammettiamo, con estrema franchezza: noi siamo muti rispetto alla voce di Dio. Non sappiamo dare voce alla parola di Dio, non abbiamo passione ... La nostra strada non è per il Signore ma è una strada di solitudine e di interessi umani, spesso una strada di giustificazioni per la nostra incredula fede, carente di umanità.
Giovanni mi affida nella "parola" una vocazione: "perché ogni uomo veda la salvezza di Dio"; in che modo la salvezza di Dio mi coinvolge? È tempo di cambianti!

sabato 5 dicembre 2015

Isaia 30,19-21.23-26 e Matteo 9,35-38.10,1.6-8
Seguirti ...

C'è chi pensa che seguire Gesù sia una scelta che inizia nella libertà personale ... non è vero!
Seguire Gesù inizia nella predilezione che il Signore esprime verso ciascuno di noi ... Per questo posso dire che è più il NO rispetto al SI a prevalere nell'espressione e concretizzazione della sequela. Non è un giudizio, ma una constatazione, circa il modo in cui noi tutti corrispondiamo all'amore del Signore con gli spiccioli o le briciole del nostro.
Quando, Gesù prega il padre insieme ai docili, perché mandi operati "nella messe", non prega perché i suoi amici siano disponibili a dare un poco del loro tempo, della loro vita (non è una questione quantitativa) alla causa del regno, ma perché diano la VITA per quella messe abbondante (è una questione qualitativa) ... 
Di quella messe, quella gente, di cui Lui ha compassione. Il motivo della mia sequela, allora, non è la mia libera scelta, ma la compassione di Gesù, del maestro, che ora mi dice: "Coraggio, seguimi, il regno dei cieli è vicino!"
E a ciascuno di noi dice ... coraggio, seguimi ...

venerdì 4 dicembre 2015

Isaia 29,17-24 e Matteo 9,27-31
Credete che possa fare questo?

Il vangelo di Matteo ci presenta due ciechi; la loro condizione di disperazione; la loro fermezza nell'affidarsi al "figlio di Davide". Credere alla guarigione significa affidarsi all'agire di Gesù. Questa immagine apre a tutte quelle considerazioni circa la fede e la possibilità di vedere. Il piano della guarigione apre alla comprensione del vedere nella fede: la fede permette di vedere. Non è quindi il miracolo la "gratificazione" del credente, ma piuttosto è la prospettiva nuova che si apre nella vita: uno sguardo sulla realtà oltre i nostri usuali limiti. C'è un aspetto che spesso ci sfugge quando ascoltiamo questo vangelo, è la diffusione dell'evento di ciò che è accaduto. Dire (diffondere la notizia) che ci "vediamo", dire "cosa vediamo" e soprattutto dire che a farci vedere è stato Gesù; quando questo non accade, siamo ancora cechi e nella tenebra.

giovedì 3 dicembre 2015

Isaia 26,1-6 e Matteo 7,21.24-27
La mia roccia eterna ...


Ciò che nelle parole della scrittura sembra riferirsi alla roccia che dura per sempre, in realtà appartiene alla natura stessa di di Yhwh, cioè la stabilità e la forza, quindi, la gloria e la potenza. Yhwh si mostra nella sua presenza che non solo guida la storia ma ne è anche l'origine.
In questa prospettiva di Isaia possiamo comprendere meglio le parole di Gesù circa il fondamento del nostro legame è la nostra appartenenza, ma anche, esistenza in Dio. La "casa" sulla roccia non è la conseguenza di ciò che siamo e scegliamo, ma è il nostro esistere a partire da Dio. Queste parole hanno una radicalità estrema 

non perché sono un giudizio, ma perché ci rivelano la condizione originaria della nostra salvezza. 

mercoledì 2 dicembre 2015

Isaia 25,6-10 e Matteo 15,29-37
Sento compassione ... Non voglio che vengano meno ...


Occorre entrare con discrezione nel cuore di Gesù per capire come anche la moltiplicazione dei pani e dei pesci diventa immagine della vita del Signore e di un pieno rendimento di grazie! Di un perfetto sacrificio. Gesù non sperimenta nei segni una esperienza di gratificazione, quanto di unità nella volontà e nell'agire con il Padre.
Gesù passa dall'osservazione della povertà e fragilità degli uomini, al voler sostenere e "riparare" la loro insufficienza, alla compassione per loro, perché non vengano meno, non siano sopraffatti; tutto questo non diventa una richiesta al Padre, ma diviene una offerta di vita, affinché il Padre corrisponda la sua grazia. A questo punto tutto è una "comunione" esistenziale, che trova nel segno del pane la sua storicità e nel "corpo e sangue" di Gesù il compimento della profezia di Isaia. Oggi vivo con compassione l'eucaristia.

martedì 1 dicembre 2015

Isaia 11,1-10 e Luca 10,21-24
Coltivare il germoglio ...


Iniziare la giornata con questa profezia di Isaia permette a tutti noi di riconoscere che in questo giorno lo spirito del Signore agisce nella nostra storia e nella vita; la sua proposta è: cambiamo la realtà, non accontentiamoci della dura ragionevolezza, desideriamo la sapienza di Dio che rinnova tutte le cose.
Come si può desiderare la sapienza di Dio?
È Gesù che ci svela questa sapienza, a noi, suoi discepoli, in disparte, la svela nella Sua Parola. Questo significa che occorre lasciarsi prendere in disparte da Lui e compromettersi con Lui. È la compromissione con la Sua Parola che mi rende idoneo a operare e agire quanto lo Spirito genera in me. 

lunedì 30 novembre 2015

Romani 10,9-18 e Matteo 4,18-22
Festa di S. Andrea Apostolo
Chiunque crede non sarà deluso!

Cosa spinge un uomo a rispondere subito con immediatezza alla "chiamata" di Gesù a essere un suo "particolare amico"?
Quel lago di Tiberiade nasconde un magnifico segreto, è il segreto della amicizia, quelle rive del lago custodiscono le parole di una relazione, di un incontro quotidiano, di una scoperta di un uomo che veniva da Nazareth, e nel tempo quell'uomo risulta così famiglia e così importante, unico e speciale che ... Quella sua parola: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini" a ben altra risonanza della solita lettura teologica o esegetica; significa infatti un progetto e una proposta di vita.
Il bello della chiamata è proprio il coraggio di Gesù di fare una proposta che è un progetto. All'inizio del nostro cammino di avvento a ciascuno, Gesù, fa questa proposta di sequela, qualcuno risponderà in modo semplice e forse non troppo convinto, qualcun altro avrà il coraggio di rispondere con quella immediatezza che caratterizza gli amici del lago. Chi ha visto il lago ... Capisce certamente cosa intendo!

domenica 29 novembre 2015

Geremia 33,14-16 / Salmo 24 / 1 Tessalonicesi 3,12-4,2 / Luca 21,25-28.34-36
Che questo avvento sia un segno ...


Nelle letture di oggi ritorna con forza l'invito alla vigilanza, al vegliare, al pregare ... Condizioni necessarie al cristiano per trasformare il tempo in attesa. Affermare che attendiamo il ritorno di Gesù, ci lega indissolubilmente alla sua prima venuta nella carne, al mistero del suo diventare uomo, ma ci costituisce in questo modo,trasformatori del tempo e della storia. Tutto il nostro discernimento della vita è infatti fondato non sopra una fede passiva ma a una fede operosa che incide profondamente la realtà. Tutto il nostro tempo sto traduce nella possibilità di piacere a Dio, e di agire in funzione di questo compiacimento; così San Paolo ci invita a essere nella sua lettera: in attesa per piacere a Dio.
Buon cammino di Avvento a Tutti!

sabato 28 novembre 2015

Daniele 7,15-27 e Luca 21,34-36
Apocalisse!


Tutte le immagini apocalittiche ed escatologiche; anche le parole dei vangeli legate ai tempi ultimi; vanno prima di tutto ascoltate in modo narrativo, non sono una previsione, ma sono innanzi tutto un "genere letterario" che con un suo linguaggio rilegge le vicende umane e pone il discernimento rispetto a ciò che Dio rivela nella nostra storia.
Il crescente intreccio delle vicende umane e la loro complessa interrelazione con il bene e il male è proiettato nell'idea di compimento, che nelle parole di Daniele è indicato nel regno dei Santi; realtà che noi possiamo tradurre col compimento della gloria di Yhwh. Il Vangelo di Luca riprende il tutto nella figura del Figlio dell'uomo che viene sulle nubi del cielo. Il Vangelo entra nel particolare per rivelare ai discepoli che la preghiera e la veglia sono le condizioni necessarie per vivere nonostante la realtà si manifesta pesante e ingannevole. La preghiera e la veglia generano, nei discepoli di Gesù, la forza per accompagnare il figlio dell'uomo nel suo giorno, che è anche ogni giorno della nostra vita.
Da domani ... Buon cammino di Avvento.

venerdì 27 novembre 2015

Daniele 7,2-14 e Luca 21,29-33
Osservate ...


Ogni lettura della storia, ogni esperienza che ci coinvolge, anche l'evolversi della nostra stessa interiorità, ha bisogno di un costante discernimento, che significa dare alla storia e alla vita un significato trascendente. Qui sta la differenza tra chi crede e chi non crede, tra l'uomo puramente razionale e l'uomo spirituale, su chi vive del mistero e su chi vive della paura della fine. La frase conclusiva del Vangelo di oggi, "l cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno", ci invita alla comprensione della realtà a partire dalle sua Parola. Cosa significa tutto questo?
Non è questa comprensione visibile nello sforzo di rileggere tutta l'esperienza della Chiesa alla luce del Vangelo, che è il cuore del pensiero di Papa Francesco? La preghiera di ogni giorno può essere, a partire dalla Parola, lo spazio per osservare e per decidere.

giovedì 26 novembre 2015

Daniele 6,12-28 e Luca 21,20-28
Servire Dio con perseveranza...


La lettura di Daniele, pur se molto li punga resta un capolavoro di narrazione, dove gli eventi, le vicende personali e la fede si intrecciano; i dialoghi non sono semplicemente logici, ma vogliono affermare che il Dio di Israele - che non ha abbandonato il suo popolo nell'esilio babilonese - si rende pienamente manifesto attraverso la fedeltà di Daniele definito dal re: "servo del Dio vivente". Vivere nella fedeltà del servizio a Dio significa avere quella perseveranza che è propria di chi vive il presente, con tutta la sua "gravità" di buono e di prove, ma ugualmente ci si prepara alla "liberazione che è vicina".

mercoledì 25 novembre 2015

Daniele 5,1-28 e Luca 21,12-19
Mene, Tekel, Peres ...


Al ripetere di queste "strane parole", il libro di Daniele, ci conduce al giudizio finale di Dio, di Yhwh, sulla storia e sugli uomini, espresso nel giudizio sul re di Babilonia e il suo impero.
L'idea che Dio porta a compimento l'opera della creazione con il giudizio sulla storia e sulla vita degli uomini, appartiene alla rivelazione di Israele e al pensiero stesso di Gesù.
Nel Vangelo, questo giudizio si esprime nell'immagine della storia intima e personale e anche di prova dei discepoli. Il giudizio non è una dichiarazione esteriore, una sentenza, ma il giudizio è la condizione che si instaura tra il discepolo del Signore, le sue scelte, lo stile di vita e la storia vissuta. Il giudizio non è una sentenza di condanna o assoluzione, ma il segno della fedeltà di Dio che per amore non viene meno, e il segno di esprime proprio nella vita stesa dei discepoli. I cristiani, non sono semplicemente degli uomini che appartengono a una particolare espressione religiosa ... Ma noi siamo segno di Dio, segno efficace di Lui ...

martedì 24 novembre 2015

Daniele 2,31-45 e Luca 21,5-11
Il tempo della distruzione ...


Nelle parole dell'evangelista Luca, il tempo della distruzione è il tempo di Gesù, quindi non della catastrofe o dell'apocalisse ...
Anche ciò che rappresenta il segno del Tempio, di fronte al segno che è Gesù viene "distrutto", cioè soppiantato dal segno stesso che è il Signore. È a partire da Lui che tutto trova "subbuglio", inquietudine e superamento. Più che caricarsi di ansia e angoscia nel tentativo di leggere nei nostri tempi i segni premonitori della venuta di Gesù: "Molti verranno sotto il mio nome dicendo: Sono io, e: Il tempo è prossimo ...", mettiamo tutta l'attenzione nel cercare di rimanere uniti al Signore nel vivere con fedeltà la storia è il tempo che ci è affidato. Questo tempo va riempito di "attesa" con la consapevolezza che "... Non sarà subito la fine", per cui il primo discernimento deve essere proprio sulla qualità del nostro attendere. Una attesa ancorata nella fedeltà di Dio; una attesa gravida di amore; una attesa che disarma la paura del futuro con la gioia del Vangelo; una attesa densa di misericordia. Tutti questo è molto più importante delle belle pietre del tempio di Gerusalemme.

lunedì 23 novembre 2015

Daniele 1,1-20 e Luca 21,1-4
Mettiamo la vita nel tesoro?


Il tesoro del Tempio, non è il gruzzoletto dei preti o dei sacerdoti, ma nell'immagine e nel segno reale, esprime l'appartenenza a Dio, a Yhwh, che nell'antica alleanza significava riservare per offrire. Una rinuncia intesa non come una parte o uno scarto ma, riservare la primizia per offrirla come segno di amore a quel Dio che ti è Padre e ti ama, che ha stretto con te un patto di vita eterna.
Per noi Cristiani, discepoli del Signore, le sue parole ci dicono con evidenza il modo di offrire noi stessimo Dio. Non è possibile essere Cristiani se non si è scelto di offrire se stessi a Dio, nello stesso modo in cui Gesù offre se stesso. Gesù rimane colpito dalla vedova, perché quel suo gesto, rappresenta il suo pensiero e la sua condizione. Quel gesto della vedova, in realtà, come dono della sua stessa vita è come anticipazione di quella eucarestia che è il segno di Gesù che eternamente si offre e dona la sua vita in noi, che in questo modo diventiamo il suo tesoro ... Noi rischiamo di essere il tesoro del Tempio!

domenica 22 novembre 2015

Daniele 7,13-14 / Salmo 92 / Apocalisse 1,5-8 / Giovanni 18,33/B -38
Il suo regno in questo mondo!

Ciò che meditiamo oggi - meglio sarebbe dire: ciò che viviamo oggi - è l'epilogo della storia del regno dei cieli. Quel regno di cui Gesù in molti modi si è fatto portavoce, interprete e maestro ora viene rivelato nella vita stessa del suo re: un regno che non è di questo mondo ma che con la passione, morte e risurrezione di Gesù entra nel mondo. E ci starà fino alla fine dei tempi.
Che regno è?
È il regno espresso nelle Beatitudini, nelle Parabole, nella Misericordia, nell'Amore che è scaturito nel contatto tra Gesù e gli uomini e le donne lungo quelle strade di Galilea che sono la vita di tutti i giorni.
Il regno dei cieli si radica sulla terra, si fa spazio tramite il Vangelo e i segni di Dio e ne diventa realtà permanente e stabile.
Gesù ne è il garante, il re...
Un interrogatorio molto diretto e scarno, ma pur sempre una occasione per carpire qualcosa da questo uomo; uno sconosciuto per lui - il Governatore Romano - ma per i giudei un vero problema.
"Allora la questione è che tutti dicono che sei Re, ma è vero? Si io sono Re!"
Tutto il Vangelo di questa domenica si esaurisce in questa parole, ammissione di Gesù di fronte alla domanda di Pilato.
Noi troppo abituati al racconto della passione, rischiamo di non coinvolgerci, quasi come chi sta guardando una replica televisiva, pur anche di uno spettacolo a noi particolarmente gradito; invece a questo punto dovremmo sentire un orgoglio interiore, un orgoglio di commozione e ci dovremo sentire chiamati in causa, perché chi viene condotto in giudizio è il nostro Re, il nostro capo, il nostro maestro il nostro amato ... Il nostro Dio.
Come allora Gesù, oggi il cristiano si riveste della regalità di Cristo con quella stessa umiltà con la quale Gesù presenta a Pilato il senso di questo mondo, frutto del l'invidia, dell'ingiustizia, del male; un modo che non sapendo amare storpia anche solo il senso di questa parola.
Tutto ciò che Gesù ha cercato di suscitare nei suoi discepoli è l'idea di un regno di Dio, possibile anche dentro la nostra realtà finita. Quel l'idea che aveva origine lassù, a fatica riuscì a fare breccia fintanto che quel regno non dimostra la sua vera natura, quella di regnare attraverso il servire l'amore. Il re dei giudei ha oggi il volto di ogni cristiano che sta di fronte al mondo con la verità che è lo stile di Gesù, cioè chi fa del servire e dell'amare lo scopo della propria vita; lì non ci sono dubbi, è il Re del regno dei cieli ... I giudei avevano fatto un po' di confusione!

sabato 21 novembre 2015

1 Maccabei 6,1-13 e Luca 20, 27-40
"Essendo figli della risurrezione sono figli di Dio


Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui». 

venerdì 20 novembre 2015

1 Maccabei 4,36-59 e Luca 19,45-48
“La mia casa sarà casa di preghiera”


Esiste uno spazio reale, come il Tempio al tempo di Gesù,  oppure come lo spazio del nostro cuore, della nostra esistenza, che rappresenta con immediatezza quella stessa "casa di preghiera" che è il luogo del dimorare del Signore.
Così come al tempo di Giuda Maccabeo (prima lettura), riconsacrare il tempio che era stato profanato dai pagani, rappresenta la possibilità di realizzare la dimora di Dio in mezzo al suo popolo; nello stesso modo, Gesù scacciando i venditori dal tempio, riconduce all'origine la nostra religiosità: lo sazio della preghiera è lo spazio esistenziale dove Dio dimora in noi, noi siamo la sua sua casa di preghiera.
Custodire, difendere, e allontanate da questo "spazio" tutto ciò che appesantisce (venditori, ladri ...) l'espressione della nostra relazione con Dio, significa permettere alla preghiera di essere autentica e di guadagnare ogni giorno quel ruolo priorità che è essenziale per riconoscere chi abita in noi. Oggi mi "guadagno" lo spazio di preghiera!

giovedì 19 novembre 2015

1 Maccabei 2,15-29 e Luca 19,41-44
Sei stata visitata ...


Gesù piange alla vista delle bianche mura di Gerusalemme, piange nel pieno di una accoglienza trionfale...
Perché piangere, ora è il momento della contentezza della gioia! Ogni aspettativa sembra finalmente realizzarsi...
Non è la prima volta che Gesù sale a Gerusalemme, non è la prima volta che arrivato a Betania, presa la strada di Betfage e arrivato al Monte degli Olivi, il suo sguardo si posava sulla città di Davide, sul Tempio di Dio, sul luogo della Presenza...
Che cosa c'è di diverso questa volta?
C'è un popolo osannante, la gente che lo aspetta, un popolo che lo invoca, sono quegli stessi uomini e donne che lo abbandoneranno nella notte del sacrificio, nel momento in cui corrispondere all'amore significa fedeltà...
Gesù piange la città che ama, piange la città del Dio di Israele, perché come è già accaduto anche nel passato, Gerusalemme non riconoscerà un amore vero al suo Dio, ma solo un amore che tradisce; Gerusalemme risulta essere come una amante che si stanca dell'amato.
Gesù piange perché vede attraverso i suoi occhi come la distruzione e la morte si accompagnano all'amore negato o rifiutato. Ogni amore tradito porta sempre in se un grido di sofferenza.
Gesù piange, sono lacrime di uomo, ma sono anche lacrime di Dio; piange il pianto di chi ci viene a visitare con il suo amore e trova solo le grida di una gioia momentanea.
Quelle lacrime di Gesù scendono anche sui nostri quotidiani tradimenti; sono lacrime di amore ma soprattutto servono per suscitare in noi quella giusta commozione che è il primo passo di un cuore che si apre all'essere visitato dall'amore.

mercoledì 18 novembre 2015

2 Maccabei 7,1.20-31 e Luca 19,11-28
Credevano che il regno dei cieli ...

Si, i discepoli credevano che il regno dei cieli si dovesse manifestare presto ... e anche a modo loro.
La parabola ... o meglio la narrazione di Gesù parte dalle aspettative dei discepoli per arrivare alla consapevolezza di un regno dei cieli che si manifesta sconvolgendo le nostre logiche ... anche quelle più ovvie e buone.
Il regno dei cieli è una realtà che si compie e si realizza ...; per Gesù quella realtà è tutto ciò che vivrà a Gerusalemme.
Per i discepoli il regno si manifesta nel prendere parte attiva alla volontà di Dio, nell'amore a Gesù, al naestro, nell'agire in ragione dei doni di Dio che ci sono stati assegnati; non si tratta solo di una mina consegnata e delle mine fruttate, ma anche nell'essere a capo delle città.
La logica del regno è la logica del coinvolgimento globale nella fedeltà che sperimentiamo, e ci introduce, in una relazione unica con quell'uomo di "nobile stirpe".
Per noi la manifestazione del regno è possibile solo in relazione a Lui. Da soli e con i nostri pensieri, del "regno dei cieli", capiremo sempre ben poco.

martedì 17 novembre 2015

2 Maccabei 6,18-31 e Luca 19,1-10
Ed ecco un uomo di nome Zaccheo ...
Ciò che caratterizza Zaccheo appartiene a tutti noi: un uomo/donna; peccatore; ricco ...
Non possiamo nasconderci dietro un dito, a Gerico nella "città degli uomini", siamo tutti accomunati da queste condizioni ... Nessuno è più santo dell'altro!
Il Vangelo si sviluppa attraverso una duplice dinamica di scaltrezza: visto che sono "baso" e non potrei mai riuscire a vede "questo Gesù" (troppe cose mi rendono basso") correrò più avanti degli altri, li anticiperò e salirò su quel sicomoro, alto e possente, da lì vedrò chi è come è questo Gesù! Questo desiderio di vedere un  "uomo bello", non si riesce mai a sradicare, lo portiamo ontologicamente dentro di noi.
La seconda è scaltrezza è questa: come Zaccheo anticipa gli altri nel volerlo vedere, ora Gesù anticipa Zaccheo autoinvitandosi a casa sua! Questo invito scalza ogni giudizio di moralità anticipando la misericordia per chi è "basso".
È la misericordia che Gesù ci mostra e che agisce verso ciascuno che ci fa "grandi" al punto di stare sempre nella possibilità di vederlo ... come la possibilità inaugurata per il cieco di ieri ...

lunedì 16 novembre 2015

1 Macabei 1,10-64 e Luca 18,35-43
Passa Gesù Nazzareno!

Siamo arrivati a Gerico... seguendo la strada che scende da Gerusalemme, un prete poco ospitale ci ha fatto capire come è facile non avere occhi di misericordia a partire da chi hai di fronte, a partire da chi hai vicino.
Il cammino prosegue sul sentiero tracciato e improvvisamente nell'orizzonte del Wadi Qelth si apre la visione di Gerico ...
Quando Gesù si è avvicinato alla città tanta gente è corsa a vederlo!
Anche un cieco, corre pure lui, ma per lui vedere è solo nel desiderio... che almeno Gesù gli sia vicino.
È proprio la vicinanza di Gesù che diventa la possibilità reale e concreta di vedere.
Vedere non è proprio solo una senso del corpo umano, vedere è apertura e possibilità di comprendere, e possibilità  per entrare nel mistero del "figlio di Davide".
Si può  certamente dire che per credere in lui occorre che lo vediamo e che ogni desiderio di lui sia trasformato in una possibilità concreta.
La nostra fede è una sorgente di desiderio ma è pure la possibilità di vederlo concretamente in quella strada di Gerico che è la nostra storia quotidiana.

domenica 15 novembre 2015

Daniele 12,1-3 / Salmo 15 / Ebrei 10,11-14.18 / Marco 13, 24-32
"Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno."

Quando entriamo nei capitoli apocalittici dei vangeli, un senso di timore normalmente ci pervade; misurarci con il compimento di tutte le cose, con la venuta del Figlio dell'uomo, mette in evidenza tutta la nostra inadeguatezza.
Siamo inadeguati rispetto alla comprensione dei testi;  siamo sempre impreparati a un incontro con il Signore che porta compimento anche in noi. L'incontro con il "figlio del'uomo" generalmente lo identifichiamo con il momento della morte, ma in realtà ad ogni istante della vita è chiesto di trasformarsi in tempo di attesa, non per generare angoscia, ma per far maturare in noi il desiderio pieno di Lui.
Ogni momento della nostra vita intessuto della fede nel Signore Risorto diventa tempo che da pienezza, che mostra il compiersi di tutte le cose.
Sarà la sua stessa Parola a condurci in questo itinerario di compimento, formandoci alla comprensione e al discernimento degli eventi.
Nulla di ciò che viviamo é casuale,  tutto deve essere ricondotto al fine che è Dio Stesso.
Le letture di oggi sono quindi certamente una immagine sul compimento di tutto ciò che esiste nell'ultimo giorno, ma sono ancor prima l'occasione per imprimere in noi il Sigillo di Dio. Quando gli apparteniamo, la nostra esistenza riecheggia del sua parola di salvezza; quando gli apparteniamo la paura della fine cede li  passo alla gioia del fine. La nostra vocazione - meglio dire chiamata a seguire il maestro in una vita di fede e di amore a Lui - ci apre alla possibilità di essere da Lui condotti alla nostra vera pienezza.
Le parole del Salmo possono suggerire il giusto atteggiamento per accogliere la parola di Gesù: "Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra".
La tua Parola che "rinane" mi conduce nella vita; nella gioia della tua presenza...una dolce tenerezza mi invade!

sabato 14 novembre 2015

Sapienza 18,14-16;19,6-9 e Luca 18,1-8
Preghiera, salvezza, vita e fede sulla terra


E' necessario pregare, e farlo anche nonostante la stanchezza. Spesso la nostra stanchezza deriva dalla distrazione della vita, dal tedio e dalla mancanza di fiducia rispetto a chi ascolta la preghiera, ma anche dalla frustrazione e dalla sconfitta. La preghiera vissuta come atto dovuto o come condizione per ottenere una qualche grazia, non è la preghiera della vedova. La sua preghiera esprime un desiderio di giustizia, di difesa rispetto al nemico. Questa donna, vedova, è immagine della fede in chi può difenderne la vita. L'oggetto della preghiera è la vita, una vita riscattata dal nemico, cioè la salvezza. Prima di tutto, prima di ogni necessità, la perseveranza nella preghiera deve essere rivolta a chiedere a Dio di vivere ogni istante della vita come vita salvata. Gustare la salvezza prepara all'incontro gioioso con il Figlio dell'uomo quando tornerà sulla terra.

venerdì 13 novembre 2015

Sapienza 13,1-9 e Luca 17,26-37
«Dove, Signore?»


"Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà." La prospettiva futura in cui trova compimento la manifestazione del Figlio dell'uomo, nulla toglie alla possibilità di comprendere la manifestazione nel divenire del tempo e del suo compimento. Neppure il linguaggio escatologico un po' criptico deve scoraggiarci rispetto al fascino del mistero di Dio.
Le parole del Vangelo di Luca svelano un legame con gli eventi del tempo di Noè, con il tempo di Sodoma, tutto si riassume nel susseguirsi degli eventi umani: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito (...) mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma l'inevitabile fine pone un termine che è una sconfitta per le fatiche degli uomini.
La manifestazione di Gesù è quindi la novità che irrompe, ben più di un suo giungere puntuale, ma è riconoscere nella vita la possibilità di compimento grazie all'irruzione del mistero di Dio.

mercoledì 11 novembre 2015

Sapienza 6,1-11 e Luca 17,11-19
La gratitudine


"In ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi" (1Ts 5,18). È la parola "eucarestia" che fa da perno alla gratitudine. Il rendere grazie si riveste di ben altro significato! Non si tratta certamente di una prassi di galateo o di buona educazione, ma possiamo iniziare a intendere la gratitudine come la dimensione dell'esistenza che incontra il mistero di Dio. Grato è chi si riconosce amato e riempito di un bene talmente necessario e bello che nel momento in cui lo ricevi - in colui che te lo dona - ti senti rigenerato e vivo nel suo amore, nel suo stesso dono. Grato è chi si sente vivere dell'amore di un altro. Tutto questo è vero per Gesù rispetto al Padre, per cui Gesù vive la gratitudine quando lui stesso si percepisce il dono del Padre, si percepisce come la Sua misericordia che salva ogni uomo. Il lebbroso samaritano vive la gratitudine verso Dio, quando sperimenta in Gesù il modo in cui l'amore misericordioso di Dio incontra la sua vita; nella sua fede è grato. Noi come viviamo la gratitudine dell'incontro dell'amore che ci salva?

martedì 10 novembre 2015

Sapienza 2,23.3,9 e Luca 17,7-10
La logica superiore del servizio


Nell'immagine del Servo si cela nella vita stessa di Gesù quella del "servo di Yhwh"; una immagine che prende forma nella lavanda dei piedi dell'ultima cena, dove il maestro venuta la sera prima di mangiare la cena con i discepoli, si china sui commensali e lava i piedi, poi si prodiga nel cibo della cena fino all'estremo simbolismo del dare se stesso, "ha fatto quanto doveva fare".
Queste parole del Vangelo di Luca, svelano il sentimento profondo di amore del Signore nel compiere la sua vocazione come servizio al Padre. Attraverso una immagine di rigore, quasi di durezza, ma che diviene occasione per educarci con umiltà alla priorità del servire. Anche noi, i discepoli possiamo passare dalla logica della fatica del servire alla logica del servizio come occasione nella quale comprendiamo la nostra cooperazione all'opera di Dio ... La nostra parte: "Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".

lunedì 9 novembre 2015

Ezechiele 47,1-12 e Giovanni 2,13-22
Dedicazione della Basilica Lateranense
Santo è il Tempio di Dio che siete voi!


Se ciò che è sacro diviene indifferente, non solo è possibile distruggere il tempio del corpo di Gesù, ma viene meno la possibilità di attingere alle acque che risanano. Nel segno del tempio è racchiusa una molteplice quantità di significati: è una immagine viva della presenza di Dio; del corpo di Cristo; del nostro corpo e del corpo vivo che è la Chiesa. Il tempio di Dio è il segno della sua presenza (dòxa e scekiná) che diviene possibilità di vita e che sgorga come acqua dalle sue fondamenta; il tempio del corpo del Signore è il segno del risorto, il Signore risorge con e attraverso il suo corpo per essere vita eterna per tutti; il nostro corpo è segno dell'opera di Dio che sempre si rinnova e si rende evidente come vita; il corpo vivo che è la Chiesa riassume tutti i simbolismi dalla sacralità del tempio di Dio alla sacralità della vita dei singoli. Amare,  custodire e conservare i luoghi, come pure le persone, esprime lo zelo per ciò che è segno e appartiene a Dio, zelo per ciò che è sacro: "Lo zelo per la tua casa mi divorerà".

domenica 8 novembre 2015

1 Re 17,10-16 / Salmo 145 / Ebrei 9,24-28 / Marco 12,38-44
Scribi ... Chi? Noi?


Quando Papa Francesco, in questi giorni, si esprime con una parola così netta a commento e giudizio dei vescovi, preti e religiosi che parlano di povertà e vivono come "faraoni",  tutta la Chiesa è chiamata a ripensare il proprio stile evangelico. Quando poi diciamo Chiesa, non nascondiamoci dietro un dito ... pensando alle gerarchie, tutti siamo coinvolti in questa appartenenza, ciascuno per la propria responsabilità.
Come risuonavano le parole di Gesù per scribi e farisei, per coloro che ambivano lunghe vesti, vesti sante per coprire la propria ipocrisia, la propria arroganza, la propria cupidigia, allo stesso modo risuonano oggi per noi.
La Chiesa deve essere come la vedova del Vangelo! Deve! Se non è così è come gli altri ricchi che mettono della loro ricchezza ma trattengono la vita.
La Chiesa, e ogni credente, deve avere il coraggio di quell'abbandono che permette di non trattenere la vita per scopi e interessi personali o particolari. Quando i discepoli di Gesù sono capaci di metterci la vita, allora la Chiesa dona vita al mondo ... Quando non avviene questo il mondo soffre e stenta a vivere nella verità. Il vero dono della Chiesa non è una semplice elemosina, ma sono le sue piccole e inaudite ricchezze: i sacramenti (il pane e il vino, la misericordia.. ), l'amore e la tenerezza di Dio e non ultimo il dono del Consolatore ... Solo questo apparirne alla Chiesa ... Il resto è nulla ...
I nostri tempi di stanno dimostrando abitati dallo spirito di Dio. La comunità cristiana come non mai è convocata a prendere coscienza della propria vocazione, forse come non mai, o come in tempi lontani la Chiesa sta vivendo il tempo del rinnovamento, ma soprattutto il tempo in cui il Vangelo del Signore chiede fedeltà e autentica adesione.

sabato 7 novembre 2015

Romani 16,3-27 e Luca 16,9-15
Uno stile esigente ... No, lo stile del Vangelo!

Non sarai più amministratore ...
Procuratevi amici con la disonestà ricchezza ...
Chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto ...
Nessuno può servire due padroni ...
Tutte espressioni che possono fondare una etica e una morale circa i comportamenti, ma sono anche parole che suggeriscono il Vangelo come esperienza di per sé etica. Essere buoni amministratore della ricchezza di Dio, è già il fondamento etico di chi amministra anche i beni umani. Lo stile evangelico permea tutta la vita del discepolo, diversamente ogni credente in Cristo risulta diviso tra Dio e "mammona". Cosa significa essere un buon amministratore, magari scaltro, ma ugualmente onesto, capace di amministrare il poco o il molto affidato? Significa chiedersi sempre: come usare di queste parole per farne un pezzetto della mia vita?

venerdì 6 novembre 2015

Romani. 15,14-21 e Luca 16,1-8
Mi è stato affidato il Vangelo di Gesù ...


Paolo, consapevole di avere ricevuto dal Signore il compito di diffondere il Vangelo, usa nel farlo tutta la forza che deriva dalla "grazia ricevuta", ma anche quella delicatezza che deriva dalla tenerezza di Dio che il Vangelo propone. Paolo custodisce il Vangelo come il tesoro prezioso di cui è ministro.
Pure il Vangelo ci richiama al compito di chi ha ricevuto una "amministrazione" per conto di un altro:  il Vangelo che è Gesù Cristo, ed è di Gesù, ci è stato affidato, a tutti, perché lo amministriamo con la sua stessa autorevolezza e tenerezza.
A volte con la nostra indifferenza, rischiamo di essere solo amministratori incapaci e scarsi, magari fossimo disonesti, ma dimostriamo solo che il nostro cuore e la nostra vita non ha nel Vangelo di Gesù il bene prezioso da amministrare.

giovedì 5 novembre 2015

Romani 14,7-12 e Luca 15,1-10
... siamo dunque del Signore!


Stando alle narrazioni del Vangelo, Gesù teneva relazioni con tutti, peccatori, pubblicani,  scribi e farisei; le sue parole sono una provocazione per tutti. Di fronte a loro, la parabola della pecora smarrita afferma non solo una lettura della realtà ma prima di tutto una affermazione circa la misericordia di Dio. Il cuore del Padre non si da pace se una sola delle pecore del gregge si è persa. Questa preoccupazione indipendentemente dall'essere la pecora smarrita, pubblicano o fariseo. Certamente la parabola ha una sua realtà dove trova significato, la presunzione di essere giusti degli scribi e farisei; il giudizio di condanna rivolto ai peccatori e pubblicani; ciò non toglie che Dio non preclude a nessuno la sua misericordia e tenerezza di Padre; per cui la gioia del cielo corrisponde semplicemente alla conversione del cuore di qualsiasi uomo che scopre o riscopre di appartenere in Cristo a Dio Padre. "Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore ...".

mercoledì 4 novembre 2015

Romani 13,8-10 e Luca 14,25-33
Tradire il nostro amore


Che cosa rivela l'amore? Rivela tutto di noi, rivela il nostro bisogno profondo di essere amati, il nostro desiderio di corrispondere a qualcun altro; ma rivela pure le nostre ipocrisie cioè l'uso strumentale che facciamo dell'arte di amare: amare per un vantaggio e non nella gratuità e gratitudine. Tradire l'amore è il primo adulterio che viviamo in noi stessi, ci illudiamo di amare ma in realtà ci amiamo; in questa dinamica non si dona nulla e quindi non si da compimento a nulla ...
Luca nel Vangelo, pone con chiarezza la possibilità di amare Gesù (andando oltre se stessi) mettendo in evidenza che solo in quella condizione di amore a Lui si è discepoli e non semplici curiosi. Amare Gesù ... è realmente ciò che mi sta muovendo? Forse semplicemente dovrei iniziare a chiedermi se Gesù mi basta ... Quale sorpresa sarà il momento in cui scopro che l'amore a Lui è il buon fondamento di tutto il mio amare.

martedì 3 novembre 2015

Romani 12,5-16 e Luca 14,15-24
Come entro oggi nel regno di Dio

Ogni giorno è l'occasione per domandarmi se voglio entrare o no nel regno di Dio. Anzi ogni giorno devo chiedermi se far entrare o non il regno di Dio nelle mie "cose" ... Potrei con sorpresa meravigliarmi quando accade. Il Vangelo nella parabola di Luca pone in evidenza la condizione di rifiuto di chi non riesce a riconoscere nell'invito del re l'occasione per avere parte con il regno ... Entrare da ospiti e non essere più mendicanti al di fuori. Come riuscire a sviluppare una sensibilità che mi permette di riconoscere quando l'attaccamento alle cose, l'impegno nelle occupazioni, la gratificazione dagli affetti, mi tolgono la libertà di essere "figlio di Dio"? La lettera ai Romani è la risposta che stiamo cercando: nell'esercizio di riconoscerci membra gli uni degli altri, nel realizzare questa reciprocità viviamo la nuova realtà del Regno dei cieli.

lunedì 2 novembre 2015

COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI
2^ formulario della messa della commemorazione
Isaia 25,6-9/ salmo 24 / Romani 8,14-23 / Matteo 25,31-46


Il ricordo dei defunti è per noi una questione molto importante, chi è nella memoria affettiva è ancora vivo nella nostra vita, ma chi non ha memoria non è semplicemente morto, ma è inghiottito nel nulla.
San Giovanni Paolo II scriveva: «Dio ha affidato agli uomini la loro stessa salvezza... Ha affidato a ciascuno i singoli e l’insieme degli esseri umani. Ha affidato a ciascuno tutti e a tutti ciascuno». Questo è il fondamento della Comunione dei Santi e della preghiera della Chiesa, e in particolare della preghiera di intercessione. Oggetto della preghiera sono «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi» per usi il cuore della preghiera di intercessione è un atto di amore a vantaggio dei miei fratelli, amati e meno amati. (cf Varcare la soglia della speranza, Milano 1994, pp. 21. 24).

La preghiera dei vivi per i defunti è professione della fede che afferma che la morte fisica non è la fine della vita; per il cristiano tutto si vive nella fede in Cristo; non c’è nulla che possa essere escluso dalla sua fede, nemmeno il ricordo dei defunti, ai quali la vita «non è tolta, ma trasformata» (Prefazio I nella Messa dei defunti). I legami intessuti tra i credenti per la partecipazione al Corpo e al Sangue del Signore non vengono interrotti dalla morte e la preghiera ci permette di ravvivarli continuamente. Non si tratta dunque di pregare per influenzare una qualsiasi decisione di Dio nei confronti di chi è morto, bensì per raccomandarlo alla sua misericordia di giusto giudice e di salvatore.

Fissato il motivo della preghiera di intercessione e della possibilità di pregare a favore e insieme ai defunti, possiamo ben comprendere le parole della scrittura e i gesti che questa mattina stiamo compiendo.
1) la misericordia diviene il criterio attraverso il quale plasmare il presente e dare nuova forma alla nostra vita ... Dovrò pur iniziare a cambiare la mia vita in una vita cristiana non accontentandomi della mediocrità ... Iniziamo coll'invocare da Dio il perdono dei nostri peccati e per il perdono dei peccati per coloro che morti, in vita non sono riusciti a comprendere e vincere il peccato, pur sperando nella misericordia di Dio.

2) la preghiera di suffragio è oggi il segno della consapevolezza che tutti, vivi e morti siamo legati dal l'unico destino di eternità, di cui gli affetti e i ricordi sono solo tiepida immagine e riflesso. È da questa preghiera che possiamo rinfrancare e fortificare la fede nella risurrezione in e di Cristo.

3) questo luogo è Terra Santa, resa santa non solo dalla benedizione con l'acqua e l'incenso, non solo con le paro le della liturgia e della preghiera, ma resa Santa dalla presenza dei resti Santi dei corpi dei nostri cari.
Non è un deposito di morti, il cimitero, né un museo di reliquie, ma la convergenza nello spazio, attraverso la condizione di morte della sacralità della vita e della creazione, che tutta attende, nella speranza, di entrare nella gloria della risurrezione.

4) onorare i morti attraverso un gesto di amore come sono i fiori di carità, non è la possibilità di risparmiare rispetto ai fiorai, ma come insegna il Vangelo è il modo di trasformare una elemosina in un gesto di amore, e permetto a chi in quel gesto è ricordato, di compiere oggi, nel tempo quello stesso gesto di amore... Tutto questo diviene coinvolgimento di Dio, opera di Dio nella storia. 

domenica 1 novembre 2015

Apocalisse 7,2-14 / Salmo 24 / 1 Giovanni 3,1-3 / Matteo 5,1-12a
Beati ben più che felici!


Non basta essere buoni per essere beati/felici, occorre essere Santi.
A dei bambini, per semplificare, si può dire che per essere Santi occorre essere buoni, ma tutto questo mostra subito il suo limite di fronte alla fragilità umana e al peccato che avvolge e trasforma ogni bontà.
Gesù non si limita a dirci di essere buoni, ma di desiderare di essere Santi. Una santità che neppure possiamo identificare con una perfezione astratta, intellettuale o estetica.
Essere santi, significa fare della propria vita il riflesso della vita del Signore. Non una fotocopia, ma una esperienza filtrata attraverso la propria originalità e individualità. Cristo in me e attraverso di me; la novità di Cristo attraverso di me.
Quando ero giovane ... alcuni anni fa mi dissero di farmi Santo, e che per esserlo avrei dovuto fare la volontà di Dio. Se questo sembra una complicazione, in realtà attraverso le beatitudini, tutto diventa una proposta possibile e pure un poco più semplice.
Queste righe del Vangelo di Matteo ci riportano come Gesù ha cercato di essere felice, di essere beato.
Essere povero in spirito, cioè non posseduto dalle cose, rende attenti al regno dei cieli e a Dio; essere parte della afflizione del mondo fa essere compassionevole e parte della sua consolazione; essere mite rende capace di ascolto disinteressato; essere affamato di giustizia permette di farsi compagni di chi è esiliato e profugo; essere misericordioso fa riconoscere il volto di Gesù in ogni volto del fratello; essere puro di cuore, smaschera tutte le nostre ipocrisie e falsità; operare per a pace mi da il gusto della comunione; costruire la giustizia è farmi corresponsabile della creazione di Dio.
Questo modo di vedere la vita, non è da persone buone, ma è il modo in cui Gesù ha cercato di dare senso alla sua esistenza, e di corrispondere alla volontà del Padre, ed è la proposta che lui stesso fa a noi. Vivere in questo modo è fare a volontà di Dio! Allora ogni giorno deve essere il modo in cui la vita si avvicina a questa proposta e la realizza. Giunti a questo punto la Chiesa può anche dire che chi ha vissuto come Gesù è un Santo!

sabato 31 ottobre 2015

Romani 11,1-29 e Luca 14,1.7-11
I doni e la chiamata sono irrevocabili ..


Il Vangelo di oggi non solo ci invita all'umiltà, ma ci apre allo sguardo rispetto alla verità. Il banchetto a cui partecipa Gesù è lo stesso in cui era presente anche quell'uomo idropico, (quello di ieri) un invitato, non invitato ... La Chiesa, la comunità dei Cristiani non può essere per sua natura una cerchia chiusa, un gruppo di elezione (amici farisei) che si atteggiano "santi" nel definire i loro rapporti di forza, ma deve essere costantemente una comunità capace di includere quell'idropico (l'uomo escluso) che attraverso l'accoglienza impara a riconoscere il Signore. Gesù insegna come noi tutti dobbiamo imparare ad osservare ... e ad osservarci.
Così come sono irrevocabili le promesse di Dio a Israele, ugualmente è irrevocabile, cioè immutabile l'identità che la comunità dei credenti riceve dal suo Signore!

venerdì 30 ottobre 2015

Romani 9,1-5 e Luca 14,1-6
Lo stavano a guardare ...


Guardano e tacciono... I farisei, non sanno come reagire. Forse nemmeno se un figlio cadesse nel pozzo si muoverebbero per salvarlo; mentre - Gesù insinua questo - si muoverebbero per salvare il bue. La strana commistione tra leggi, formalità e interessi snatura l'espressione della nostra umanità, la rende falsa e ipocrita. Ciò che Gesù in modo provocatorio pone di fronte a tutti è l'uomo malato, egli è un figlio ... non è una malattia applicata a un corpo, non è un caso umano, non è una sciagura da cui difendersi ... ma un figlio che attende di essere salvato. Questo figlio deve muovere la nostra commozione, deve scuotere la nostra compassione. È necessario che ci lasciamo toccare dalle fragilità umane per sovvertire la durezza che ci rende osservatori inermi. Noi che viviamo nel giorno di Dio,in un sabato che si rinnova in ogni istante, impariamo a fare gli stessi gesti e azioni del Signore ... Si tratta di tirar fuori il bue e il figlio dal pozzo! E sarà sempre un vero sabato! Sarà vera carità!

giovedì 29 ottobre 2015

Romani 8,31-39 e Luca 13,31-35
Una situazione privilegiata ...


Siamo dei raccomandati e neppure ce ne accorgiamo ... e neppure ne usiamo pienamente!
Noi che abbiamo Gesù che ci ama e che è totalmente fedele a questo amore che nulla può separarci da Lui, né "la tribolazione, né l'angoscia, né la persecuzione, né la fame, né la nudità, né il pericolo, neppure la spada"; "ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati".
Tutto questo è stupendo per quanto straordinario. Questo amore di Gesù è semplicemente quell'amore, di cui noi tutti, siamo mendicanti a causa della nostra fragilità umana e delle nostre infedeltà. Dal Vangelo raccogliamo i sentimenti del cuore di Gesù verso di noi oggi: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!". Lasciamoci amare dal Signore e impareremo la nostra vera umanità. Mettiamo da parte le paure, le animosità e soprattutto l'orgoglio.

mercoledì 28 ottobre 2015

Efesini 2,19-22 e Luca 6,12-19
Chi e cosa costruiamo ...


Oggi la Chiesa, ma anche ogni Comunità si presentano come il luogo in cui risuona la preghiera del Signore per coloro che sono scelti e chiamati ... Noi, scelti e chiamati, non qualcun altro ...
La maggiore difficoltà che incontriamo è fare tacere le troppe voci, che sono le troppe sollecitazioni, che affollano la nostra vita ... Farle tacere perché nessuna, anche se attraente e corrispondente ai nostri desideri, ha in se la possibilità di corrispondere alla chiamata che risuona come voce del Signore per edificare il suo tempio Santo! Cioè la comunità dei discepoli, di chi crede; questa è l'abitazione di Dio. Questa "costruzione" non può essere né piccola ne grande, ma deve essere abitabile, capace di accogliere, deve permettere a tutti di fare esperienza di misericordia.
Tutti comprendiamo che fare delle scelte in obbedienza alla "parola" di Dio è fatica, ma ci rende parte di quella costruzione di cui la pietra angolare è Cristo. Ma se Cristo è la pietra d'angolo tutto di me ne assume la conformazione.

martedì 27 ottobre 2015

Romani 8,18-25 e Luca 13,18-21
Vivere come una primizia ...


Pensarci come primizia non sempre è facile, ma occorre provarci! Siamo una primizia, un anticipo e l'inizio di un percorso di gradualità che conduce al compimento di quanto sperato. Ma la speranza non si genera i una idea vaga, ma nella realtà della primizia.
Che cosa è questo essere primizia?
E' primizia (cioè anticipo del regno di Dio) essere liberi figli di Dio ... è primizia esprimere i doni dello Spirito, è primizia la salvezza di cui è già segna la nostra carne in forza della redenzione di Cristo.
Ciascuno di noi non può dimenticare di essere primizia, pur nel pieno delle sofferenze del momento presente, ciascuno è primizia (anticipo) della novità della salvezza che progredisce verso la sua definitiva rivelazione. Questo essere "primizia, questa gradualità è il Regno di Dio nel suo divenire nella storia e nel tempo ... un granellino di senapa ... poco lievito nascosto ... 

lunedì 26 ottobre 2015

Romani 8,12-17 e Luca 13,10-17
Quella donna è stata guarita!


"... era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta." Curva su sé stessa e in sé stessa. Tutti i nostri ripiegamenti i sommano l'uno all'altro generando una catena di frustrazioni: diciotto anni di infermità di debito verso la propria "carne" come ci direbbe San Paolo. Gesù di fronte a questa sofferenza si pone come colui che guarisce: la chiama a sé, impone le mani ... "Sii guarita" ... La volontà di Gesù si esprime in quel gesto plastico del suo agire, quasi come se lui stesso la riplasmasse in quel l'incontro nella sinagoga. Il sabato è sia il giorno del riposo di Dio che il giorno in cui i figli di Abramo vengono "rifatti" ad immagine del creatore e liberati dalla schiavitù di satana. Nel giorno di sabato, Gesù diventa il dono del suo Spirito, per renderci figli di Dio.

domenica 25 ottobre 2015

Geremia 31,7-9 / Salmo 125 125 / Ebrei 5,1-6 / Marco 10,46-52
La fede che grida: "abbi pietà di me"

Mio padre e mia madre mi hanno educato cristianamente ...
Vado a messa ogni domenica ...
Prego tutti i giorni ...
Mi confessò a Pasqua e Natale ...
Faccio le cose buone per chi ha bisogno ...
Acquisto i biglietti delle lotterie di beneficenza ...
Ma questa è fede? ... Pur dopo aver fatto tutto questo mi accorgo che questa non è fede? Non mi può bastare la fede derivante dalle buone abitudini, ma urge una fede consapevole e capace di testimoniare. Abbiamo bisogno di rinnovate, rimontiate la nostra ricerca di Gesù.
Lasciamoci scuotere dalle parole di Gesù: "cosa vuoi che faccia per te?"
Tu (Gesù) cosa devi fare per me? Se Gesù può fare qualcosa per me, bisognerà che abbia chiaro cosa lui può fare ... Questo cieco sa che Gesù compie segni straordinari, ed è proprio per questo che gli chiede quel segno che nessuno è in grado di realizzare per Lui.
Abbiamo bisogno di vedere Gesù come figlio di Dio ... Non come uomo straordinario, ma figlio dell'unico Dio.
Abbiamo bisogno di vedere Gesù come maestro, come colui che mi insegna il senso della vita. Il cieco urla disperazione e desiderio insieme, urla abbi pietà di me ...
Non è un peccato urlare Signore pietà di me! Non è una umiliazione, ma è ricerca di senso, quel senso che solo Lui sa dare.
Abbiamo bisogno di vedere Gesù come salvatore, come colui che unico può dare alla mia storia un fine eterno, una realizzazione nell'amore, un vero significato.
Abbiamo bisogno di vedere Gesù, di vederlo bene, di comprendere che lui c'entra con la nostra vita e che per questo c'entra con la fede ... Ho bisogno di vederlo, nella chiesa, nei fratelli, nell'uomo, nei segni, nella Parola, nei sentimenti nell'amore ... Ho bisogno di vederlo per potermi innamorare di Lui. Se non ti vedo non mi innamoro, se non ti vedo non ti amo. Gesù invece vuole che io lo veda, e vedendolo lo segua.
Dice Marco che quando il cieco ci vide, "iniziò a seguire Lui nella strada ..."
Questa conclusione in realtà è l'inizio di quel cammino che accompagna Gesù nel salire da Gerusalemme a Gerico, per compiere, nella città Santa, la volontà del Padre.
In quel l'incontro il cieco di Gerico diviene discepolo ... Quale incontro fa di me un discepolo? Signore figlio di Davide fa che io ti veda.

sabato 24 ottobre 2015

Romani 8,1-11 e Luca 13,1-9
Lo spirito per la carne!


Contrapposizione carne e Spirito? Non basta soffermarci sulla reale fragilità della carne: desideri, inclinazioni, inadeguatezze ... Ma neppure sulla radiante apertura dello Spirito: tendere verso la vita e la pace. Paolo ci suggerisce inoltre due interessanti notizie; la prima è che Dio Padre ha mandato a noi il figlio in una carne come la nostra, e che lo stesso figlio, con la sua vita, morte e risurrezione salva il nostro corpo.
La carne da sola è morta, lo Spirito da solo non dà vita ... Spirito e carne, sono i costituenti del corpo di un "uomo nuovo", quello che non solo è destinato alla vita eterna, ma che nel tempo, con gradualità e costanza anticipa e afferma la vita eterna.
Il cristiano, ogni giorno converte la sua carne con lo Spirito del risorto! Ogni giorno! Non una volta per tutte; la carne, ogni giorno, per divenire "carne del corpo" ha necessità dello Spirito di Cristo, quello spirito che la porta a compimento.