sabato 30 aprile 2016

Atti 16,1-10 e Giovanni 15,18-21
Obiettivo: che conoscano te, Padre!


L'ateismo, l'indifferenza, il secolarismo ... Tutti mali della nostra epoca in realtà li possiamo riassumere in queste parole di Gesù: " perché non conoscono colui che mi ha mandato". Nel cuore di molti, e soprattutto dei più giovani, oggi abita una strana idea: Dio non è necessario alla mia vita; posso vivere bene ed essere felice anche senza Dio. Dio è semplicemente il frutto di una necessità!
Gesù non ci ha parlato del Padre come la risposta a dei bisogni, ma come Padre misericordioso, la cui esistenza amorevole, imprime nella nostra vita una qualità che non è legata al tempo e allo spazio, ma che è amore per sempre. La nostra vita umana, appartiene, è parte della vita di Dio, ed è esperienza concreta del suo amore misericordioso. Gesù con tutta la sua vita, morte e risurrezione, ci vuole narrare questa storia eterna, frutto di amore. Una vita così è una vita che ha senso; una vita di amore umano non basterà mai, nemmeno a se stessa!

venerdì 29 aprile 2016

1 Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 11,25-30
Festa di Santa Caterina da Siena
La fede alimenta l'amore


L'amore di un cristiano non è naturale, non è la conseguenza del desiderio, dei sentimenti o di una qualche forza interiore che positivamente si sprigiona. L'amore del cristiano si alimenta di fede. Fede, che significa: "imparate da me" ... Questa espressine chi convoca a comprendere Gesù come punto di riferimento della nostra esistenza. Non tanto per una adesione morale e neppure per un adeguamento delle nostre azioni; imparate da lui è assumerne lo stile di vita, condividerne l'esistenza. Per Caterina, tutto ciò che la poneva in relazione vitale con Gesù (la Chiesa, il papa ecc...) era occasione di amore, per cui amava la Chiesa, amava il "dolce Cristo in terra", amava la sua gente ...
L'amore alimentato dalla fede ha un sapore diverso da quello solamente umano che spesso ha solo il sapore della passione; ha il sapore dell'eternità, sapore dell'umiltà e della mitezza di cuore: esperienze che appagano ben più di ogni espressione consumabile dell'amore. Spero di imparare da Gesù ad amare ...

giovedì 28 aprile 2016

Atti 15,7-21 e Giovanni 15,9-11
Come il Padre mi ha amato...


Tutto ha origine dal Padre, il principio originante è l'amore del Padre. Per Gesù questo amore lo riconosciamo in alcuni momenti particolari e nelle parole stesse del Signore. Al capitolo terzo v. 35, Giovanni dice: "Il Padre ama il figlio ..." Ma in che modo? Credo che l'espressione più chiara di questo amore sia al capitolo 11,41b: "Padre rendo grazie a te perché hai ascoltato me ..." Amare è corrispondere all'ascolto dell'altro; l'ascolto delle parole, della presenza, della vita. È bello capire che il Padre non si esaurisce nella parola creatrice, ma si comprende come parola ascoltata: una condizione di relazione che genera amore, quindi, non solo esprime amore. Il Padre ascolta il Figlio perché in questo è l'amore ... Rimanere nell'amore significa rimanere in questo ascolto delle parole, della presenza e della vita. Per Israele il primo comandamento è "Ascolta Israele ...", così come ci ricorda il Deuteronomio. 

mercoledì 27 aprile 2016

Atti 15,1-6 e Giovanni 15,1-8
Portare frutto


L'immagine del tralcio è adeguata solamente per la modalità di fruttificare della vite; il cuore del mio portare frutto sta nella "purificazione".
Cosa dobbiamo intendere? Un processo simile a quanto pensata dai Catari? Dice Papa Francesco "La Chiesa dei puri è una eresia!"
Quindi cosa posso intendere dalle parole di Gesù riproposte oggi nel Vangelo da Giovanni?
Non portare frutto è condizione di esclusione dalla relazione e intima unione con Cristo.
L'intima unione con lui è condizione, non solo di fruttificazione, ma anche di continua "purificazione"; solo chi adegua se stesso attraverso la Parola, in realtà si purifica gradualmente attraverso una comprensione e una conoscenza che è l'amore al Signore.
La purificazione non è quindi in prima istanza una questione morale o l'assenza di peccati. La purificazione è condizione di Santità di vita, di vocazione alla santità, cioè alla vita bella! Questa vita bella è il frutto desiderato e desiderabile.

martedì 26 aprile 2016

Atti 14,19-28 e Giovanni 14,27-31
La mia pace ...


Sembrano parole confuse, un discorso da riordinare; forse sono solo parole di un uomo che percepisce imminente un evento drammatico, carico in incognite. In realtà in quesa manciata di versetti emerge chiaro che Gesù ci vuole fare conoscere che lui ama il padre, lo ama talmente che questo amore diventa obbediente al punto di esprimersi in tutto ciò che egli compie. Questa testimonianza di amore deve colmare nel cuore dei discepoli, ogni dubbio e ogni paura. Dubbi e paure dovuti alla drammaticità della realtà e delle parole di Gesù circa il suo "andarsene". Questa certezza di amore è la qualità della pace che lui lascia. L'amore colma ogni distanza e separazione, ed è qualitativamente diverso da quello del mondo; l'amore di Gesù è la vera pace.

lunedì 25 aprile 2016

1 Pietro 5,5-14 e Marco 16,15-20
Festa San Marco evangelista
Un linguaggio nuovo


"Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano".
... Partirono (essendo uscito) ...;
... Predicarono (annunciation) ...;
... Il Signore operava  (il Signore operando insieme) ...;
... Confermava la Parola ...;

domenica 24 aprile 2016

Atti 14,21b-27 / Salmo 144 / Apocalisse 21,1-5a / Giovanni 13,31-35
Amore dentro!


Pochi versetti di Giovanni per comprendere come il "guazzabuglio" del nostro cuore, può continuare ad essere spazio dei tradimenti (Giuda) o lo spazio del "faccio nuove tutte le cose".
Il figlio dell'uomo, rappresenta il segno e il simbolo delle "cose" nuove. Queste nascono da uno seme che se messo nella nostra vita germoglia e mette radici ... Non si tratta di una cosa appiccicata, aggiunta, quel seme ha la pretesa di mettere radici dentro di noi, e se ce ne prendiamo cura, allora ci cambia le cose dentro e da dentro.
Questo seme si chiama amore reciproco. Gesù ci comanda l'amore reciproco, come "comandamento nuovo" cioè come realtà nuova. La reciprocità non si motiva nella convenienza, ma nell'obbedienza a Gesù. Ma è in quella obbedienza, appunto dalla reciprocità dell'amore, che nasce il suo amore per noi, cioè il "come io vi ho amati": si ama con la vita, tutta la vita, non a pezzetti. Questo rappresenta il "fare nuove le cose", un amore che permette di farle nuove.
Lasciamoci condurre dalla reciprocità dell'amore e allora scopriremo come la realtà, il nostro guazzabuglio può cambiare ...
L'amore reciproco, non è solo un modo di amarsi, ma è amore dentro le cose che viviamo.

sabato 23 aprile 2016

Atti 13,44-52 e Giovanni 14,7-14
Vedere il Padre ...


Dopo aver ascoltato Gesù, Filippo sente un desiderio profondo: vuole vedere il Padre. Gesù gli ha parlato del Padre, ma forse ne ha usate anche di più belle e convincenti per raccontare che vista è per lui il Padre ... e a Filippo non resta altro che chiedere a Gesù di permettere anche a lui di vedere, di essere presso il Padre.
A questo desiderio Gesù risponde non semplicemente con "chi vede me vede il Padre" ma risponde chiedendo a Filippo di essere parte della sua stessa vita. Le opere non sono semplicemente delle azioni, ma sono l'espressione di tutta la vita del maestro, in questa manifestazione si rende presente l"opera" del Padre. Vedere il Padre diviene condizione dell'esistenza di fede e di amore che generiamo con Gesù.

venerdì 22 aprile 2016

Atti 13,26-33 e Giovanni 14,1-6
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me


Non è detto che quanto detto da Gesù, in quella sezione che noi abbiamo definito "discorsi di addio", sia da riferirsi esclusivamente all'eternità e alla dimensione di passaggio da vita a morte e risurrezione. Se invece fosse il vertice, il compimento delle parole sul pane e sul calice? Mangiare il suo corpo, bere il suo sangue, così si ha parte con la sua vita, nuova per noi, perché è la vita del Padre? La strada per quella vita è appunto l'esistenza vissuta con Gesù: via, verità e vita. In questa logica si comprende l'immenso valore del tempo presente, del quotidiano, e dei "segni" che generano la fede. Non sono io che do valore al "segno" del pane o del vino, ma è quel segno che mi provoca la fede, cioè mi offre una relazione che in questo caso è esistenziale e nuova, ovvero dall'alto, come Gesù confidò a Nicodemo.

giovedì 21 aprile 2016

Atti 13,13-25 e Giovanni 13,16-20
Sarete beati se ...

Questa è la beatitudine del discepolo di Gesù: praticare l'umiltà di appartenere a un altro che suscita e motiva le scelte di libertà. Sono una relazione vera e un amore incondizionato, può motivare l'esito di questa beatitudine. Il gesto della lavanda dei piedi è di per se umiliazione, umiltà, mitezza e amore. Gesù propone ai discepoli un gesto che è del Padre, affinché la comunione con i discepoli si costruisca e si generi con la stessa modalità. È da questa esperienza che la missione e l'invio dei discepoli trova la sua forza e possibilità di riuscita. Se la Chiesa dimentica questo punto di origine, non potrà mai uscire in cerca dell'uomo, perché sarebbe ripiegata in un "autolavaggio" dei propri piedi, ma i piedi su cui chinarsi e da lavare, sono quelli dei fratelli ...

mercoledì 20 aprile 2016

Atti 12,24-13,5 e Giovanni 12,44-50
Come il Padre le ha dette a me!


Questa frase del Vangelo di stamattina mi ha invaso i pensieri: "le cose che dunque io dico, come ha detto a me il Padre, così parlo"!
Questa coscienza che Gesù imprime nelle sue Parole, le caratterizza a tal punto che non potrò mai ridurle a precetti, o pratiche morali. Se le parole traducono sentimenti, volontà, libertà, identità ... Ciò che Gesù ci offre nelle sue parole è il cuore del Padre.
Parole che che vogliono salvare il mondo e non condannarlo o schiacciarlo a causa del peccato e della sua inadeguatezza. La Parola, dono di Gesù all'uomo, è la proposta per rigenerare in noi il desiderio del Padre, immettere nei nostri sentimenti, nella nostra volontà, nella nostra libertà quella scintilla di Dio, che ci riconduce alla condizione originaria ... ovvero finale. Non credo che potrò mai più ascoltare le Parole di Gesù con la mia ordinaria superficialità, ma neppure con l'atteggiamento dello studioso delle scritture ... Le sue parole sono spirito e vita, parola di Dio!

martedì 19 aprile 2016

Atti, 11,19-26 e Giovanni 10,22-30
Sei tu il Cristo?


In altri termini e contesti, la stessa domanda era stata rivolta al Battista, lui aveva risposto: "non sono il Cristo, né il profeta e neanche il messia".
Questa domanda, rivolta a Gesù, ottiene una risposta diversa, una  contro domanda implicita: voi a chi appartenete? Di chi siete?
La prima lettura, quella di Atti, ad Antiochia, emergere una condizione che si afferma da sé stessa, cioè che chi si unisce ai discepoli di Gesù è detto Cristiano.
Finalmente al "gregge" delle "sue" pecore è riconosciuta una identità, una appartenenza. Anche dal Vangelo si riconosce che solo le "sue" pecore "ascoltano la sua voce, le conosce ed esse lo seguono". Non si tratta di un seguire per simpatia, o di un appartenere per convenienza o di un conoscere i vincoli di una affiliazione, essere cristiani, cioè di Cristo è la qualità del quotidiano, condizione per operare come Lui, almeno provarci...

lunedì 18 aprile 2016

Atti 11,1-18 e Giovanni 10,11-18
La vita e il gregge


Il "pastore bello", il "pastore buono", quello che si prende cura delle pecore, quello che le conduce e che viene seguito, quello che le conosce, quello che ha altre pecore in altri ovili ... ebbene quel pastore è il Risorto. I suoi amici, i suoi discepoli, il suo popolo, non è una associazione di benemeriti, ma è lo spazio dove esiste nella realtà la sua stessa vita di Dio. La vita da Risorto è la vita eterna donata come espressione dell'amore del Padre, per noi, suoi figli, sue pecore. Dice Gesù, nel ricordo che ci fa Giovanni: "Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio". La vita del gregge,  allora, la comprendiamo come vita donata, come amore che ci raggiunge e ci genera in una relazione vivificata, vitale. È una vita che non ci appartiene, non possiamo pretenderla o pensare di possederla singolarmente, da soli; è vita donata, eternamente donata, ma eternamente del Risorto. (Leggendo il Vangelo, oggi, pensiamo alla qualità della nostra vita, personale e nella Chiesa).

domenica 17 aprile 2016

Atti 13,14.43-52 / Salmo 99 / Apocalisse 7,9-17 / Giovanni 10,27-30
Ascoltare, camminare (seguire), conoscere ... 
53^ Giornata di preghiera per le vocazioni
Quando è stata l'ultima volta che ho pregato Dio perché ognuno di noi uno possa corrispondere alla propria vocazione, realizzarla e viverla in pienezza? Quando mi sono chiesto come io sto realizzando e vivendo la mia chiamata? Sembrano domande strumentali, quasi di propaganda. Invece dimostrano solo se la vocazione mi sta a cuore o se è una di quelle realtà che considero con "sospetto". Un criterio di comprensione di come si corrisponde alla vocazione, sono i tre verbi utilizzati nel Vangelo da Gesù per raccontare come le pecore si legano a lui. Non è quindi una questione di voci ... Di visioni ecc... Ascoltare, è espressione della identità cristiana "Ascolta Israele ...", il discepolo ascolta il maestro, e trasforma le sue parole in vita. La chiesa è in ascolto, vive del l'ascolto della Parola. Camminare, non passeggiare (una vita presa come trastullo), non correre (una vita nell'ansia) non indietreggiare (una vita indifferente e pavida), ma camminare nel senso di seguire, quindi camminare insieme. La vocazione non è fare dei progetti belli per l'avvenire, ma riempire di fede i giorni della nostra vita. Questo è possibile solo se seguo quello stile di vita che è Gesù: lui è la mia vita! Conoscere, conoscere Gesù significa amarlo, imparare a conoscere è imparare ad amare Lui e a partire da Lui amare tutto il resto. La conoscenza è condizione di intimità, di forza e di vi raggio. Io non spendo la mia vita per una illusione che non conosco, ma conoscendo imparo a giocarmi il tutto per tutto! Dice papà Francesco: " ... come vorrei che, nel corso del Giubileo straordinario della Misericordia tutti i battezzati potessero sperimentare la gioia di appartenere alla Chiesa! E potessero riscoprire che la vocazione cristiana, così come le vocazioni particolari, nascono in seno al popolo di Dio e sono doni della divina misericordia. La Chiesa è la casa della misericordia, ed è la “terra” dove la vocazione germoglia, cresce e porta frutto".

sabato 16 aprile 2016

Atti 9,31-42 e Giovanni 6,60-69
"Forse anche voi volete andarvene?"


Andare dove? Giovanni identifica questo andarsene di molti discepoli con l'espressione  "non più con lui camminare ..."
Una bellissima immagine che ci porta a ripensare tutto il "camminare" insieme a Gesù come un incontrare, come un cercare e un salire ... Un camminare che ci conduce a Gerusalemme, e ancora una volta, in quella condivisione del pane che è il suo corpo e che diviene vita del mondo. Le parole del Signore, in questo cammino non si sono affaticate, non si trascinano di stanchezza, ma sono invece diventate rigide, sono fortificate. La "durezza" in questo caso è come la tempra del ferro che lo trasforma in acciaio. È la potenza delle parole che rivelano il mistero stesso di Dio. Il discepolo è posto di fronte al figlio dell'uomo, coeterno con il Padre (dove era prima); il discepolo riconosce parole che sono capaci di realtà nuove perché sono Spirito e danno la vita... Ora il discepolo sa di poter camminare in questa vita; Pietro comprende che quelle parole non sono parole ma vita eterna ...

venerdì 15 aprile 2016

Atti 9,1-20 e Giovanni 6,52-59
Avevano capito benissimo ...


In questa parte conclusiva del lungo discorso sul "pane della vita" la nostra intelligenza viene fortemente provocata, come lo è stata quella dei giudei, i quali avevano compreso benissimo ciò che Gesù diceva, per questo si scatena fra loro una discussione che è descritta come una lotta (una discussione accesa e contrapposta). Lo stesso sacrificio rituale (sgozzare l'agnello), e tutto ciò che rappresenta come espiazione del peccato diviene simbolo della realtà del cielo del modo di comunicare la vita eterna. Infatti come il sacrificio comporta la comunione, allo stesso modo la comunione con il Figlio dell'uomo genera la vita eterna. Ogni realtà simbolica raggiunge in Gesù la pienezza, il compimento, e da Gesù diffonde non una simbologia, ma una condizione di esistenza. Il lungo discorso sul "pane della vita" è bello e importante perché l'evangelista e la comunità, partendo dalle parole del Signore, sono stati capaci di esprimerne tutto il contenuto rivelativo del mistero.

giovedì 14 aprile 2016

Atti 8,26-40 e Giovanni 6,44-51
"E come potrei capire, se nessuno mi guida?"

Nelle parole dell'Etiope, di Atti, emerge una condizione particolarissima legata alla comprensione delle scritture: non si tratta solo di un "capirle" o di uno "spiegarle", nelle scritture occorre essere "guidati". Guidati dalla stessa a Rivelazione, cioè dal Padre. Nel Vangelo di Giovanni, è possibile, per il discepolo, comprendere il nesso tra vita eterna, pane della vita e Gesù, solamente se in questo si è "ammaestrati" da Dio. Giovanni sembra dirci che Gesù non è convincente,  o affascinante di suo, egli è il compimento, quindi ciò per cui noi esistiamo. Al pane della vita, siamo guidati e portati, affinché lo stesso pane della vita ci dia alla possibilità di comprenderci come mistero. Il capitolo sesto di Giovanni ci guida nel comprendere le scritture proprio in questa direzione, come possibilità per la realtà di non esaurirsi in se stessa, ma di trascendersi in forza del segno stesso a cui partecipa.

mercoledì 13 aprile 2016

Atti 8,1-8 e Giovanni 6,35-40
"... lo risusciti nell'ultimo giorno!"


L'eternità non è il premio per tutti quelli che sono giunti all'ultimo giorno, in quella strenua maratona che è la vita quotidiana. L'eternità innanzi tutto nelle parole di Gesù è la "vita eterna"; questa vita è espressione della sua stessa risurrezione. Leggendo Giovanni in questi giorni non dobbiamo cercare troppi significati nascosti, ma centellinare le parole e assaporarne il gusto, sorseggiarle. Al versetto 40, letteralmente dice: "questa infatti è la volontà del Padre mio: che ognuno vedente il figlio e credente in lui abbia (la) vita eterna, e risusciterò lui io in l'ultimo giorno". Vedere il figlio e credere in lui è espressione della vita reale, di quella vita credente generata dal segno del pane. La risurrezione sarà ultimata nell'ultimo giorno, ma ciò significa che quel compimento è anticipato nella realtà di chi vede e crede.

martedì 12 aprile 2016

Atti 7,51-8,1 e Giovanni 6,30-35
Obiettivo: essere realmente sazi


"... chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!" Nelle parole di Gesù, con la forza di chi è il pane della vita che si dona per riempire ogni "fame" della vita e di vita, raccogliamo non solo un compimento straordinario delle promesse fatte ai padri (il segno la manna è pienamente realizzato nell'eucaristia), ma la straordinaria consapevolezza che Dio sazia la nostra esistenza, e la nutre con il pane che lui stesso ha preparato per noi: "colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo". Non credo che possiamo stare di fronte a queste parole con sufficienza o superficialità. Il nostro essere discepoli, costantemente convocati per il "fate questo in memoria di me!", si comprende in una configurazione al Signore attraverso la continua mai esaurita comunione col suo "corpo".

lunedì 11 aprile 2016

Atti, 6,8-15 e Giovanni 6,22-29
Mi cercate perché vi siete saziati!


Chi ha mangiato il pane che Gesù ha moltiplicato, ha raccontato quel fatto al punto che la sua fama si accrebbe talmente che nei giorni a seguire, nelle città e paesi del lago non si parlava di altro. La gente, se poteva, cercava il Signore per vederlo e ascoltarlo. Questa gente non ha compreso il "segno" che rivela l'agire del Padre, di Yhwh in Gesù, ma ha saziato la fame. Questa condizione è umanamente sufficiente per innescare il desiderio di ricerca. Gesù sazia la fame umana, specchio della "umana inquietudine". Il cuore dell'uomo è in una ricerca di per sè compulsiva. Gesù sazia, compensa la mancanza, mette quiete e soddisfa il bisogno. In realtà mangiando il pane "ci iniziamo" a comprendere il segno, e "ci iniziamo" al fascino dell'agire di Gesù, secondo la volontà del Padre.

domenica 10 aprile 2016

Atti 5, 27b-32.40s / Salmo 29 / Apocalisse 5,11-14 / Gv 21,1-19
... Io vado a pescare ... Non avete nulla da mangiare? ... Mi ami più di costoro?

Il capitolo conclusivo di giovanni ci testimonia la terza apparizione del risorto, ciò significa che da quel giorno in poi Gesù si manifesterà risorto, sempre in quel modo, per sempre! E si manifesterà risorto attraverso l'esperienza e la vita della Chiesa, della comunità cristiana.
Come è la comunità del Risorto?
1) È una comunità che come Pietro e soci, è obbediente al suo Signore e fedele al mandato, va a pescare; almeno ci prova, forse con scarsi o nulli risultati, ma prende il largo per la pesca: "vi farò pescatori di uomini". Anche noi ci proviamo ad essere "pescatori di uomini, nella ricerca del modo di condividere la vita cristiana e di comunicarla. Fallimenti? Forse tanti e continui; gli attaccamenti alle nostalgie sono la causa più evidente delle reti vuote.
2) È una comunità che riconosce, di non possedere l'essenziale; che ciò che le serve è la Parola di Gesù e il suo segno, che dice tutta la sua presenza, pane e pesce, simbolo del suo sacrificio, del suo corpo e sangue, della sua vita per noi. Senza quel segno siamo privi del risorto, non alimentiamo noi stessi con ciò che ci rende dei risorto in Cristo.
3) È una comunità che costantemente si sente richiamata ad amare il suo Signore! È un appello personale e comunitario; è una richiesta esplicita di un innamorato, il Signore, che chiede la conferma al suo amore.

sabato 9 aprile 2016

Atti 6,1-7 e Giovanni 6,16-21
"... videro Gesù che camminava sul mare ..."


L'inquietudine del mare si unisce alla paura che la notte porta con sé, è questo lo spazio esistenziale in cui i discepoli sono posti a navigare, a raggiungere i luoghi di attracco.
Un discepolo di Gesù, nonostante la sua inadeguatezza, percepisce che il Signore non si distacca mai da lui, e anche nella paura, nell'inquietudine della notte, il Signore cammina non solo verso ciascuno di noi ma accanto a ciascuno di noi. Se saprai affidare a lui le paure e le inquietudini, insieme a lui arriverai alla sponda sicura. Questo è il segreto della fede in Cristo: lui è sempre con noi.

venerdì 8 aprile 2016

Atti 5,34-42 e Giovanni 6,1-15
"...  cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?"


Quel poco che sono i cinque pani d'oro e i due pesci (simboli profetici), in realtà sono tutto! E anche in sovrabbondanza, molto di più dei 200 denari necessari perché tutti abbiano il loro pezzo. La risposta di Filippo, ironica nello stile di Giovanni, mette in luce, la non comprensione e conoscenza che la folla ha di Gesù, e di come questa "sfiducia" si accompagna con la curiosità; ma mette anche noi di fronte all'idea che ciò che sembra così insufficiente ai bisogni vitali di ciascun uomo, un pezzetto di pane, in realtà racchiude l'abbondanza che supera ogni aspettativa: quel pezzetto di pane è fermento per la vita eterna e della vita eterna, la provoca e la realizza, è la nostra eucaristia! In questo modo, tutto il capitolo 6 di giovanni diviene segno, segno di Cristo salvatore, segno della presenza della Gloria (doxsa e Shekinà) di Yhwh.

giovedì 7 aprile 2016

Atti 5,27-33 e Giovanni 3,31-36
Insegnare nel suo nome


"Insegnare": dal latino, imprime segni; traduce anche il greco "didaskein" che nell'insegnare dice un atto di autorità. Ciò che corrisponde alla Vangelo è l'azione di imprimere un segno nella realtà, un segno che rivela e rende presente Gesù stesso, in ciò si comprende anche l'autorità che il Segno porta in sé, quella appunto di Cristo. Se affianchiamo a tutto questo, le parole del Vangelo di Giovanni, non possiamo illuderci circa il segno che è il Vangelo: "Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito". La bellezza del credere in Gesù non è motivata da una estetica umana, ma dall'origine delle Parole del Signore e dallo Spirito che anima le stesse parole. Solo chi è al di sopra di tutto intuisce e ne comprende la "bellezza".

mercoledì 6 aprile 2016

Atti 5,17-26 e Giovanni 3,16-21
Nel carcere non abbiamo trovato nessuno!

Alcuni anni fa lessi un libro dal titolo "Io, prigioniero del Signore", ricordo poco, ma una cosa mi è rimasta chiara la libertà di chi è di Cristo non si rinchiude dietro le sbarre delle prigioni o dei campi di concentramento. Questa libertà immagine della liberazione degli apostoli, affinché annunciassero le parole di vita, è la conseguenza di un amore grande al Signore, solo amando Cristo si può intravedere quanto è grande l'amore del Padre per il mondo. Le parole di Gesù a Nicodemo risuonano come di una bellezza inaudita: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" ... La libertà conquistata nell'amore è vita eterna, la vita che nessuna prigionia può contenere; ciò significa che la vita di Cristo è già eternità e nel tempo presente libertà di amare.

martedì 5 aprile 2016

Atti 4,32-37 e Giovanni 3,7-15
Deponevano il ricavato ai piedi degli apostoli ...

Come sono cambiati i tempi; dalla semplicità del dono alla complessità di amministrare dei beni, spesso senza competenza e criterio; da cui l'inevitabile tentazione nel gestire in modo "personale" e quindi mazzette, concussione, favoritismi, peculato ... Tutte parole che ormai fanno parte del lessico comune.
Quanto è necessario nascere dall'altro o da Dio, nascere dal cielo per stare sulla terra. Per stare nelle "cose" del mondo non occorre solo scaltrezza per non farsi omologare, ma occorre di essere abitati dallo Spirito, cioè da un grande amore, o almeno amore per Cristo: "Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito"; è Cristo che ci conduce sulle strade del mondo; è la sua voce che dobbiamo distinguere tra tutte le voci. Per stare nel mondo è quindi urgente nascere dallo Spirito.

lunedì 4 aprile 2016

Isaia 7,10-14 e luca 1,26-38
Annunciazione ...

L'annunciazione non dice solo che Dio si fa uomo nel grembo di Maria, ma ci obbliga a valutare la volontà e la libertà di Dio rispetto alla nostra. "Pertanto il Signore Dio vi darà un segno ..." (Isaia); "Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù..." (Luca). Il Padre si mette in gioco rispetto alla nostra capacità e volontà di accoglierlo. Spesso noi siamo bravissimi a dire: "sia fatta la tua volontà", ma in realtà sono spesso parole che non corrispondono alla realtà del cuore, sono espressioni di circostanza e forse neppure di desiderio. Maria ci dà l'immagine di chi accoglie la volontà di Dio a partire dalla sua stessa natura, dal suo stesso corpo ... Non è un accettare a livello razionale o intellettivo ... Ma un "fare" e "farsi fare" dalla libertà e volontà di Dio.

domenica 3 aprile 2016

Atti 5,12-16 / Salmo 117 / Apocalisse 1,9-19 / Giovanni 20,19-31
Tutto parte da quel giorno, il primo della settimana ...

Oggi solennità della "Divina misericordia", la comunità riunita insieme, riceve dal risorto la consegna nel tempo, la sua identità di Chiesa, a chi interessa essere Chiesa di Cristo, interessa ciò che Gesù rivela alla sua comunità, oggi rappresentata in ogni Chiesa particolare e in ogni parrocchia.

Prima attenzione, quando accade tutto ciò: il primo giorno della Settimana, era il 7 aprile dell'anno 30, quel primo giorno, più volte citato per confermare quando il risorto appare ai discepoli, vivo, diviene da subito il giorno in cui la comunità si trova per "essere insieme" in attesa della venuta del risorto. La tristezza delle nostre domeniche in cui la comunità dei battezzati non è insieme in attesa del risorto testimonia che la maggior parte di noi non attende proprio nessuno e che non ha più fede in Cristo.

Seconda attenzione: Gesù per due volte (in questo racconto di Giovanni) entra nel luogo della comunità ... le porte sono chiuse per paura ...
Una comunità che non è ancora del Risorto, ha paura, ha paura del mondo; ha paura dei fratelli; ha paura di tutto ... Queste porte chiuse, sono immagine di una Chiesa incapace di Vangelo, di annuncio, di una Chiesa codarda, di Cristiani tiepidi. Ciò che oggi manca alle nostre Comunità è la voglia di annunciare, cioè di vivere in Cristo risorto.
Cosa ci rende coraggiosi e con l'ardore di Emmaue nel cuore? Solo l'aderire intimamente è realmente a quel fatto che è il risorto, solo Lui è fonte di coraggio, non lo sono i miei ragionamenti razionali; solo Lui è fiamma che arde nel cuore, Spirito Santo donato; l'ardore non è l'entusiasmo momentaneo, ma è il coraggio e la voglia della testimonianza.

Terza attenzione: nelle parole di Gesù si dà iniziò a dei processi che determinano e plasmano una umanità nuova, che prima non c'era. Si dà inizio; è il primo giorno ... Il giorno in cui si è insieme non come semplice aggregazione ma come esperienza di comunione; in quel giorno, si dà inizio alla vita nuova nello Spirito Santo; si dà inizio alla misericordia del Padre come perdono e recupero personale e dei fratelli.
Nella Evangelii gaudium i sono racchiusi 4 principi che danno identità al nuovo popolo, quello del Risorto, principi che comprendiamo alla luce di questo primo giorno della settimana:
Il tempo è superiore allo spazio; il tempo è la dimensione in cui si dà inizio ai processi nuovi e buonisenza preoccuparsi del loro compiersi, avviamo dei processi ...
L'unità prevale sul conflitto; il superamento delle divisioni come strada per imparare ad amare e perdonare.
La realtà è più importante dell'idea; non soggiacere alle ideologie ma formare e generare  la realtà alla luce della verità del Vangelo.
Il tutto è superiore alla parte; la bellezza di un popolo che fa comunione.

sabato 2 aprile 2016

Atti 4,13-21 e Marco 16,9-15
Una fiducia azzardata ...


L'accostamento delle letture oggi genera inevitabilmente alcune perplessità ... "Che gente a scelto" Gesù, chi ha selezionato negli anni come suoi collaboratori e discepoli?
Secondo il Vangelo di Marco la "triplice manifestazione" del risorto è di per sè un fallimento, ha come esito: "... non credettero ..."; " ... ma non credettero neppure a loro"; " ...  e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto ...". Ma nonostante tanta ottusità e chiusura del cuore e della mente a comprendere la Scrittura, La risurrezione di Gesù è proprio affidata a questi "incapaci" e "peccatori". Gesù parte da loro, da questa povertà per poter mettere nel mondo, per sempre, fino al suo ritorno, l'annuncio del Vangelo, in greco: "Evangelizzare il Vangelo".
Se leggiamo Atti, alla luce di questa "chiave di interpretazione", scopriamo come Luca, ci attesta che Pietro e Giovanni (per Gesù e i dodici, il primo è l'amato) sono considerati: "persone semplici e senza istruzione", e che nonostante ciò il Vangelo non può essere taciuto: "Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato"; allora anche noi intuiamo con stupore la forza della Risurrezione.

venerdì 1 aprile 2016

Atti 4,1-12 e Giovanni 21,1-14
... Era la terza volta ...


Oggi "postiamo" due pensieri in riferimento alle letture. Il primo ispirato da Atti: "Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati". Questa affermazione di Pietro, è il vertice della testimonianza di chi ha visto il risorto. La pietra scartata ... risuona tuttora come estremo tentativo ordinario di escludere Gesù dalla realtà umana, dalla vita ... La cultura dello scarto, produce inesorabilmente anche lo "scarto" di Dio, ma questo scarto i primi ad operarlo sono i "credenti". Il secondo è la conclusione della pericope del Vangelo: "Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti". Quando nella Scrittura si fa riferimento a un fatto il cui accadere è triplice, non si è di fronte a una successione temporale, ma a un evento definitivo, in senso assoluto e di stabilità. Sul lago di Tiberiade, la comprensione del Risorto e la Comunione che è capace di realizzare, ed è capace di lasciare nei "simboli" e nel "segno" è inequivocabile, essa è "piena" ... Siamo di fronte a una rivelazione compiuta.