sabato 31 dicembre 2016

1 Giovanni 2,18-21 e Giovanni 1,1-18
Ore 5,57 davanti al Santo Sepolcro
Alla fine ... Il principio


Di nuovo a Gerusalemme, di nuovo qui davanti alla sepoltura del Signore; è l'alba dell'ultimo giorno dell'anno 2016. In questo luogo dove tutto sembra finire ... una tomba che sigilla la vita e il tempo; il suono delle campane; il sacerdote che inizia la Messa sull'altare delle sepolcro nuovamente sistemato e sigillato come sempre ... È in questa successione che risuonano le parole del prologo di Giovanni: "il Verbo era Dio" ... "In Lui era la vita ... era la luce degli uomini" ... "Il verbo si fece carne" ... "E noi abbiamo contemplato la sua gloria" ...
Il Prologo del Vangelo di Giovanni ci racconta come tutto, proprio tutto ciò che ci riguarda, e che riguarda la nostra vita e il nostro esistere, si compie nel mistero stesso di Gesù. La sua tomba, la Santa Tomba, non è un contenitore per il tempo passato e neppure il sarcofago per le spoglie di un corpo di carne morto. Giovanni ci racconta che tutto questo è il sigIllo, lo "sfraghis" il segno efficace dell'unzione dello Spirito (1 Giovanni) che consacra nell'eternità e con l'eternità la risurrezione del Signore: "abbiamo visto la sua Gloria"; consacra l'eterno mistero del Dio fatto uomo a causa e per  la nostra vita divina, per provocare, nuovamente in noi la vita di Dio; questo è il nuovo ed eterno "principio" ... per sempre!

venerdì 30 dicembre 2016

Siracide 3,3-7.14-17 / Salmo 127 / Colossesi 3,12-21 / Matteo 2,13-15.19-23
Magdala, Tabga, Monte Beatitudini, spiaggia del primato e Cafarnao
La famiglia di Gesù 

Il Vangelo di Matteo ci mostra come Giuseppe, vive concretamente il suo affidarsi alla volontà di Dio. Non dimentichiamo che la prima reazione di fronte al mistero fu di fare di testa propria: " ... di rimandare Maria a casa sua, senza farne un atto pubblico ... Perché lui amava Maria e non voleva ripudiarla". È bello scoprire che all'origine della manifestazione e realizzazione della volontà del Padre troviamo l'amore pieno e gratuito di un ragazzo e una ragazza, un amore giovane e pieno di futuro. Da quel momento Giuseppe ha cercato nella volontà di Dio il modo di realizzare e garantire il segno reale e concreto del suo amore: "il bambino e sua madre". A volte, a tutti noi, capita di stare di fronte alle nostre vicende e storie di famiglia solo con la nostra umanità, ma sbagliamo, perché, in questo modo proviamo la nostra famiglia della sua dimensione trascendente, occultiamo il dono di grazia che in essa si genera e da cui essa è alimentata perché essa è cuore del mistero di amore di Dio. Quando,come discepoli di Gesù, neghiamo la dimensione di grazia della famiglia, cioè di "luogo" della volontà di Dio, generiamo una tale ferita, che, farà male fintanto che un amore riconosciuto e condiviso non si affaccerà all'orizzonte della ragionevolezza e dei sentimenti pretendendo il suo spazio esistenziale e redentivo. Rileggere Siracide, oggi ci fa molto bene, ci fa bene per ripensare ai nostri legami famigliari passati, ma soprattutto per imparare a generarli in futuro, a generarli non solo umanamente ma nel misterioso compiersi del desiderio di Dio per ciascuno di noi: "Il Signore ha glorificato il padre al di sopra dei figli e ha stabilito il diritto della madre sulla prole ...".

giovedì 29 dicembre 2016

1 Giovanni 2,3-11 e Luca 2,22-35
Haifa, Nazareth, Monte Tabor...


Iniziamo stamattina il pellegrinaggio in Terra Santa; iniziamo da Haifa, dal Monte Carmelo, dove la tradizione colloca  la vicenda del profeta Elia e l'uccisione dei profeti di Baal; Ma anche l'origine della spiritualità carmelitana.
Le parole di Simeone possono essere la giusta cornice per questa giornata: "... i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele ...".
In questa terra dove le promesse fatte ai padri giungono a compimento, da oggi lo sguardo su di noi e sulla nostra storia "salvata" è nella luce di Cristo. 

mercoledì 28 dicembre 2016

1 Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 2,13-18
Se camminiamo nella luce ...

Se camminiamo nella luce siamo in comunione gli uni con gli altri e il sangue di Cristo ci purifica da ogni peccato.
La conseguenza immediata della vita in Cristo sta nella qualità delle relazioni fraterne. La luce di Cristo è luce per vedere il volto dei fratelli, e per mettere in luce anche il nostro volto, immagine del suo. Pure immediata conseguenza della luce di Cristo è l'esistenza nell'evento di purificazione dal peccato: immersi nel suo sangue versato sulla croce. Forse quesa immagine non ci appartiene come consuetudine di pensiero, ma noi siamo immersi nel suo sangue, quel sangue che è nostra vita.

martedì 27 dicembre 2016

1 Giovanni 1,1-4 e Giovanni 20,2-8
L'altro discepolo ...

In tutto il Vangelo di Giovanni, dell'altro discepolo, quello amato dal Signore, mai viene data chiara identità, sembra quasi quasi una astuzia letteraria per poterci immedesimare in lui. Allora conviene proprio mettersi nel ruolo dell'altro discepolo, e scoprire in questo modo, cosa significa essere amati dal Signore. Essere stati con lui nel cenacolo; aver posato il capo sul suo petto; averlo pianto durante il supplizio, sotto la croce; e ora correre all'impazzata, con lo stesso impeto e battito del cuore, per poi non vederlo nel sepolcro ... Essere amato, essere l'altro discepolo, significa, oltre la realtà, vederlo e credere. Lo si vede amando e lo si crede risorto. Giovanni sembra dirci: come io sono il discepolo amato, così l'altro, amato come me sei tu!

lunedì 26 dicembre 2016

Atti 6,8-12;7,54-60 e Matteo 10,17-22
Santo Stefano, protomartire
La salvezza è nella perseveranza fino alla fine ...


È evidente che la testimonianza della Fede si chiama martirio. I martiri del nostro tempo, i martiri cristiani di ogni parte del mondo, sono oggi molto di più di quelli delle persecuzioni dei primi secoli. I martiri sono il segno di quella identità che non viene meno rispetto a un modo che cerca in tutti i modi di sopraffare la luce di Cristo. Il sangue dei martiri, il rosso, è il colore della fedeltà all'amore ricevuto. Ha il calore del sangue vivo, della vita di Cristo, è versato da Stefano fino a noi per dare la vita pure alla nostra stessa vita. Oggi è il tempo in cui siamo consegnati al giudizio del mondo, per un giudizio di condanna e per una testimonianza suprema di amore. Testimoniare significa riprenderci lo spazio del tempo come spazio dell'incontro con Dio, uno spazio da condividere nella misericordia. Testimoniare significa esporre nella città dell'uomo non un semplice vessillo, ma esporre la verità ed essenzialità, ciò che per noi è la vera bellezza, quella di Cristo e del Vangelo.

domenica 25 dicembre 2016

Isaia 52,7-10 / Salmo 97 / Ebrei 1,1-6 /  Giovanni 1,1-18
Solennità del Natale del Signore
Egli di è ricordato del suo amore ...

Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Sono parole che Dio oggi sta dicendo a noi ... Quando i cristiani, smarriscono la loro identità di popolo di Dio e si limitano ad essere cristiani all'anagrafe battesimale, ma nella vita non vivono la loro appartenenza alla Chiesa e al Signore Gesù Cristo ... Dimenticando che "la Chiesa, e solo la Chiesa di Cristo custodisce il mistero della nostra vera umanità: "il figlio di Dio si è fatto uomo!"
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Quando i genitori e le famiglie, sono incapaci di trasmettere il germe della fede e riducono l'esperienza del Natale del Signore a un "cenone famigliare" e a qualche regalo, compensativo per le loro inadeguatezze e mancanze genitoriali ... Lì prevale lo spirito del mondo e non quello di Cristo!
Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
Quando la comunità si limita a vivere il rito di una Messa della notte o del giorno di Natale senza incarnare nel quotidiano la novità del Vangelo ... O almeno cercare di incarnarla ... Viene meno la vera gioia ...
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo ...

sabato 24 dicembre 2016

2 Samuele 7,1-16 e Luca 1,67-79
"... Io farò a te una casa ..."

La promessa di fedeltà di Dio non si basa su situazioni astratte ma diventa efficace e concreta, racchiusa nelle nostre vicende personali.
Così come per il Re Davide, che riconosce l'irruzione del "mistero" in quel progetto che lui stesso stava realizzando: una casa e un casato regale ... un Tempio per Yhwh ...
Così come per Elisabetta e Zaccaria, pure loro vedono e rifiniscono il  "mistero" nella vita che il loro amore fedele e perseverante è stato capace di attendere ....
Così come in Giuseppe e Maria, il "mistero" della Misericordia e dell'eterno amore diventa una possibilità non più sperata ma realizzata ...


Anche noi oggi a fine avvento 2016 possiamo cantare "benedetto il  Signore Dio di Israele, perché ha visitato è salvato il suo popolo!".

venerdì 23 dicembre 2016

Malachia 3,1-4.23-24 e Luca 1,57-66
... Perché possiamo offrire una offerta secondo giustizia ... La nostra vita!


La nostra umanità attende lei pure di essere visitata dal "Dio con noi", questa attesa porta a misura la nostra solitudine esistenziale, che trova concretezza nel desiderio di quel Dio e Padre, che nulla ha a che fare con il Dio della legge e del giudizio, ma che rappresenta l'esperienza manifesta della Misericordia. Il desiderio di Dio è desiderio di misericordia, questa mette nella nostra umanità la beatitudine dell'appagamento e della meraviglia. Anche oggi possiamo sperimentare la sua venuta invocandolo: "che io ti cerchi ancora Signore", e dopo averti cercato, continui a cercarti!

giovedì 22 dicembre 2016

1 Samuele 1,24-28 e Luca 1,46-55
"... per sempre"


Nelle parole che l'evangelista Luca attribuisce a Maria, la conclusione assume una forza dirompente ... quel "per sempre", conclude infatti la serie di azioni, quasi una litania, che descrive l'agire di Dio come salvatore: "ha spiegato ..., ha disperso ..., ha rovesciato ..., ha innalzato ..., ha ricolmato ..., ha rimandato ..., ha soccorso ... come aveva promesso ... per sempre".
Dopo questa questa comprensione della storia della salvezza, può non corrispondere corrisponde la nostra "consacrazione" dentro questo mondo? Un poco come quella di Maria: "l'anima mia magnifica il Signore ...", una pienezza dentro il tempo; come pure quella di Samuele: "... egli è richiesto per il Signore".
Se il Natale celebra il mistero di Dio dentro la storia umana, allora anche la nostra esistenza nella storia ha un il sapore del mistero.

mercoledì 21 dicembre 2016

Cantico dei Cantici 2,8-14 e Luca 1,39-45
Alzati amica mia ...

L'avvento del Signore, il suo Natale non sono mai stati esclusivamente un movimento dal cielo verso la terra; nelle parole del Cantico percepiamo il gioco dell'amore divino. La venuta del Signore si trasforma nella ricerca dell'amata del suo cuore! Che bello poter sentire che in questo Natale è racchiusa la dichiarazione d'amore del Dio del cielo per la sua Sposa incantevole, la Chiesa. Che meraviglia sentirsi parte della Chiesa che è l'amata del suo cuore! Misticamente tutto ciò si è compiuto in Maria, "E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto".
Quando Elisabetta e Maria si abbracciano, la gioia e l'esultanza non sono semplice soddisfazione dei sentimenti, ma è il riconoscimento reciproco del mistero di Dio nel suo compiersi: questa è vera gioia, frutto dell'amore.

martedì 20 dicembre 2016

Isaia 7,10-14 e luca 1,26-38
Perché non chiedere ... un segno?

Acaz non vuole chiedere un segno, cioè non vuole coinvolgere Dio negli avvenimenti e difficoltà che si stanno abbattendo su Gerusalemme: la guerra è alle porte.
Ma il segno del Signore, va ben oltre la soddisfazione immediata, o una garanzia circa il momento presente. Ilsegno è Dio stesso che efficacemente agisce nella storia.
Maria non chiede un segno e neppure lo rifiuta, ma con timore e disponibilità, si interroga e si apre al mistero di Dio in ciò che gli viene proposto.
A ciascuno di noi è fatta la proposta di vivere il presente con la promessa che lo Spirito  non è estraneo e neppure neutro spettatore. Dio ci meraviglierà quando dalle preoccupazioni del quotidiano saremo disposti a non caricarci di tutto il peso e di tutta la fatica, ma, con timore e disponibilità, accetteremo che ogni soluzione è una grazia già intessuta nella storia.

lunedì 19 dicembre 2016

Giudici 13,2-7.24-25a e Luca 1,5-25
Non hai creduto ...


Era una evidenza, un uomo religioso come Zaccaria, avrebbe potuto e dovuto capirlo, eppure non ha creduto ... Come Zaccaria che non credere alla possibilità che Dio mette bella sua storia personale così pure noi rischiamo la stessa esperienza.
Esercitarci nel discernimento, nel comprenderci davanti a Dio ... Ciò significa non ridurci a un agire religioso, che è rituale, come compiere i gesti dell'offerta dell'incenso. Non basta portare davanti al Signore nella preghiera la nostra vita con tutte le sue difficoltà. Esercitarsi nel discernimento significa decidere insieme a Dio i passi del nostro cammino. Ma questo è possibile solo per chi sa ascoltare il Signore, la cui voce, come quella degli angeli, non si amplifica oltre e sopra la nostra voce; per questo occorre avere attenzione a non ascoltare se stessi e trascurare l'ascolto di che da dentro le cose ci chiama a conversione, cioè a plasmarci secondo il Vangelo. Le preoccupazioni del quotidiano rischiamo di toglierci la serenità, ma la serenità è frutto della fortezza di Dio.
Il Signore è la mia forza! Vieni Signore Gesù!

domenica 18 dicembre 2016

Isaia 7,10-14 / Salmo 23 / Romani 1,1-7 / Matteo 1,18-24
Sognare la realtà ...


Se i sogni sono fantasie e frutto di desideri irrealizzabili, resta ben poco se non una magra consolazione. Ma se i sogni sono il modo di entrare nella realtà del regno di Dio che si attua come mistero nella quotidianità, allora anche il "Sogno" di San Giuseppe diviene qualcosa di straordinario.
Il sogno di Giuseppe, in realtà anticipa che Maria, sua moglie, ha nel grembo ciò che è generato dallo Spirito Santo. Giuseppe si confronta da subito con una realtà che non ha mai considerato: il mistero di Dio si dispiega belle vicende ordinarie della vita. È infatti attraverso Maria che Giuseppe è chiamato a misurarsi, aprirsi al mistero.
Il sogno di Giuseppe, gli anticipa un parto reale, come se lui stesso, e non solo Maria, debba generare quel bambino, non suo, ma quel bambino che nasce nella carne, Giuseppe deve partorirlo insieme alla sua sposa. Quel bambino è anche suo.
Il sogno anticipa a Giuseppe che quel bambino è un Figlio, quindi che lui ne sarà il padre.  Un essere padre per esprimere concretamente la paternità di Dio.
Il sogno anticipa a Giuseppe che quel bambino; e Maria stessa, realizzano le attese di un popolo, le attese espresse nella profezia. Ciò significa che il desiderio di Dio non solo si realizza ma che si congiunge ai desideri di tutti gli uomini e diventa espressine di come Dio legge la nostra storia: l'uomo non è un viandante solitario nel tempo, ma Dio ne è il compagno di cammino.
Il sogno di un cristiano, credente, non è mai frutto di un sonno inconsapevole o una macchinazione dell'inconscio. Il sogno rivela l'immanenza della trascendenza, cioè come il Dio del cielo (trascendenza), non sta nei cieli, ma vuole rivelarsi (immanenza) in terra.
Educhiamoci a sognare la realtà, non illudendoci, ma diventando artigiani del desiderio di un Dio incarnato: facciamo il desiderio di Dio, così come si fa conoscerei nelle pieghe della storia. Sogno di fraternitá, amore e pace.

sabato 17 dicembre 2016

Genesi 49,2.8-10 e Matteo 1,1-17
Di generazione in generazione ...


Il Vangelo di Matteo inizia senza introduzioni di alcun genere; inizia immediatamente con  la parola "genealogia". Questa parola accosta il Vangelo al primo libro delle Scritture la Genesi. Infatti, ciò che è narrato nel primo capitolo di Genesi è una "genealogia", che esprime il rapporto tra ciò che è parte della creazione di Dio e la sua origine. Anche a Gesù, generato nella carne e parte della storia umana, l'evangelista Matteo, vuole dare radici nella storia della creazione, per farci comprendere che l'incarnazione non è un evento alieno, che si intromette ad un certo punto, ma è espressione di ciò che di generazione in generazione si è puntualmente manifestato, ma che è parte del desiderio di Dio espresso fin dall'origine di tutte le "cose". Un Dio di carne, non dice semplicemente una qualità materiale, ma traduce l'intima appartenenza della natura umana - immagine e somiglianza della divina - al mistero stesso del creatore; ma questa intimità è trasversale a tutto - tutto, di generazione in generazione - ed è fin dall'origine parte del mistero di Dio.

venerdì 16 dicembre 2016

Isaia 56,1-3.6-8 e Giovanni 5,33-36
La testimonianza delle opere ...


L'evangelista Giovanni non ha dubbi nel mettere in evidenza che l'agire di Gesù era l'agire del Padre in lui. Questo significa che le sue opere, non solo erano buone, ma erano capaci di dare testimonianza. Il mistero di Dio Padre traspariva dell'agire del Signore, così pure il partecipare attraverso l'agire alla compassione e all'amore per i fratelli. Dice Papa Francesco: Nella vita del cristiano c’è una «doppia testimonianza»: quella dello Spirito che «apre il cuore» mostrando Gesù, e quella della persona che «con la forza dello Spirito» annuncia «che il Signore vive». Una testimonianza, quest’ultima, da portare «non tanto con le parole» ma con la «vita», anche a costo del martirio.
Oggi inizia la "novena di Natale", ci accompagni la doppia testimonianza dell'agire cristiano: mostrare Gesù e annunciare la sua venuta.

giovedì 15 dicembre 2016

Isaia 54,1-10 e luca 7,24-30
Respingere il disegno di Dio...


Il commento di Gesù quando gli inviati di Giovanni se ne vanno, si conclude senza mezzi termini: "respinsero da loro il progetto di Dio". L'immersione operata da Giovanni, il battesimo, non  corrisponde alla semplice riabilitazione morale, e sociale, rispetto alle colpe commesse, ma rappresenta quel "segno degno della conversione". Nell'immersione pubblicani e peccatori corrono avanti nella strada del regno, raccolgono il testimone del precursore - "colui che davanti prepara la strada sul Signore" - e danno forma al disegno di Dio su di loro. Ritenere di non aver bisogno di quel gesto di immersione, rappresenta il primo atto per "respingere" lo stesso progetto. "Il progetto di Dio" è il suo desiderio di Padre amorevole; nel rifiutare l'immersine, esso si dissolve nella presunzione di bastare a se stessi. L'immersione rappresenta la "compromissione" il mettervi la faccia circa "Il progetto di Dio", la nostra salvezza, ossia felicità.

mercoledì 14 dicembre 2016

Isaia 45,6-8.18.21-25 e Luca 7,19-23
Facciamo vedere ciò che Gesù fa vedere!


Domenica scorsa questa pagina di Vangelo, in Matteo risuonava in modo particolare rispetto alla domanda: "Sei tu colui che deve venire o attendiamo un altro?"
Oggi lo sguardo aperto da Luca è invece centrato sulla risposta: "dite a Giovanni ..."
La risposta non è solo un riportare il testo di una profezia, ma Luca sottolinea che Gesù volontariamente e provocatoriamente compie i segni annunciati nella profezia. A volte la nostra realtà va provocata a essere luogo e rivelazione delle profezie: il senso cristiano dell'esistenza e dell'agire. Una vera azione pastorale, una vera vita spirituale, un vero cammino di Chiesa, la nostra vera conversione, non può esulare dal corrispondere alla forza delle parole del Signore, e dal suo agire. Forse occorre, aderendo sempre e comunque al Vangelo, dare un po' di scandalo... Non scandalizzare mai nessuno significa spegnere le profezie!

martedì 13 dicembre 2016

Sofonia 3,1-2.9-13 e Matteo 21,28-32
Tra Si e No ...


Quando i Si e i No sono tutt'altro che affermazioni e negazioni, ma esprimono il contenuto del nostro itinerario di conversione.
Un Si al Signore corrisponde a un Figlio che realizza la sua esistenza a servizio del Regno; un No al Signore corrisponde a un Figlio che si auto realizza nel suo esistere. La differenza non è semplicemente nell'esisto rispetto al Regno di Dio, ma in ordine alla propria Fogliolanza. Essere Figli è la condizione che trova nel si di adesione e nel no di rifiuto la sua concreta manifestazione. Credo che il punto di snodo per comprendere queste parole sia proprio la consapevolezza di essere Figli, una consapevolezza come quella dei pubblicani e delle prostitute, che la vivono come itinerario esistenziale di conversione. Tutto questo corrisponde alla nostra conversione in Figli di un Padre, che costantemente si rivolge a noi ...

lunedì 12 dicembre 2016

Numeri 24,2-7.15-17 e Matteo 21,23-27
Con l'occhio penetrante ...


Nel Vangelo di oggi è evidente che per gli anziani dei sacerdoti e i capi del popolo, la realtà di cui fanno parte è impenetrabile, presi e ingabbiati nei loro "pensieri e ragionamenti"; per loro ogni vedere è un vedersi ... Siamo di fronte al soggettivismo assoluto. La prima lettura invece ci offre l'immagine di cosa significa vedere. Balaam, profeta, pur senza appartenere al popolo di Israele, profetizza ciò che è Israele, come popolo prediletto e amato da Dio. Per dare concretezza al "vedere e udire",  il testo usa l'espressione "occhio penetrante" che vede la visione dell'onnipotente. Per fare questo, il profeta "cade" in una sorta di "trance", in un'estasi paragonabile a certe forme di dissociazione dalla realtà causate da sostanze stupefacenti. Ma, senza entrare nel particolare, è importante notare che solo in questa condizione di abbandono della realtà per affidarsi all'onnipotente, il profeta entra nella visione di Dio circa la storia, il tempo e la vita. Rileggere la profezia, serve per entrare nella storia odierna, e comprenderne il senso rispetto alla narrazione della salvezza.

domenica 11 dicembre 2016

Isaia 35,1-6.8.10 / Salmo 145 / Giacomo 5,7-10 / Matteo 11,2-11
Questa attesa significativa ...

Da sempre Gesù, nel Vangelo che leggiamo e meditiamo, attraverso le parole e l'esperienza di Giovanni Battista, ci rinnova la stessa domanda: "sono io quello che attendi ... o in realtà attendi un altro?"
Al dubbio di Giovanni, segue la risposta di Gesù; ai nostri dubbi, quale risposta segue?
L'impressione personale è che oggi, più che dubbi, siamo di fronte a una assenza di domanda; il desiderio che muove interessi e progetti si spegne progressivamente dentro un contesto culturale e sociale che si vuole fare garante, a parole, di ogni soddisfazione, ma che in realtà ci sottrae a noi stessi.
Ma come nascono i desideri?
I desideri si coltivano e crescono quando la vita di tutti i giorni non si richiude e ripiega in se stessa. È l'apertura all'altro, il confronto con le idee, lo spendersi gratuitamente che alimenta la "fabbrica dei desideri". Una fede viva, dinamica, in confronto, diventa una fede che domanda a Gesù di essere presente e parte attiva della vita stessa.
Quando il dubbio nasce dalla frustrazione e dalla tristezza, dall'avvilimento e dal l'indifferenza, quel dubbio non è germe di scoperta, e neppure di crescita e di progetto. Quel dubbio è insano, è il dubbio di senso e significato che annichilisce l'uomo occidentale contemporaneo.
Il Vangelo, come sempre vuole essere uno strumento per suscitare i desideri, quasi un "arnese" della "fabbrica dei desideri". Gesù vuole che nasca in noi una domanda che implica la richiesta del suo venire. Di fronte a questa domanda, come per il Battista, la risposta del Signore chiede di essere cercata in ciò che è piccolo, povero e in ciò che rappresenta un limite: "I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo".
Gesù in queste domande e risposte ci vuole condurre a una costante presa di coscienza: una decisione che ci soddisfi, non tanto per la sua originalità, oppure per la sua compiutezza, quanto per la sua semplicità. L'evidenza della rivelazione, lo ripeto da anni, si impone a se stessa, senza la necessità di essere giustificata dal ragionamento e dal consenso. Rileggere la seconda lettura, questa settimana ci può solo fare bene, per capire perché Gesù continua a chiederci se è proprio Lui che aspettiamo. Ma soprattutto come si fa ad attenderlo.
"Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore".

sabato 10 dicembre 2016

Siracide 48,1-4.9-11 e Matteo 17,10-13
Beati coloro che si sono addormentati nell'amore.


Con questa espressione si chiude la seconda settimana di Avvento, dando una visione di consolazione, ma soprattutto di direzione. Tutta la storia di Elia è un susseguirsi di colpi di scena, ma nonostante tutto, l'epilogo è la brezza del mattino che nella pace rivela l'amore di Dio. Nascosto nel susseguirsi degli eventi, tra un sorriso e una preoccupazione, si cela quella presenza di Dio che fa storia attraverso di noi. Il Vangelo stesso ci invita ad avere occhi per vedere e orecchi per udire la salvezza che cammina nei passi di coloro che amando il Padre si affidano coraggiosamente al Suo amore misericordioso. Gesù stesso ci insegna questo cammino, che è un vero attivo abbandono nell'amore.

venerdì 9 dicembre 2016

Isaia 48,17-19 e Matteo 11,16-19
Mangioni e demoni ...


"Se avessi prestato attenzione ai miei comandi ..."
La nostra preparazione di Avvento arriva al punto nodale: "all'attenzione ai suoi comandi". Da oggi occorre che ciascuno i noi seguendo l'invito della Parola, si metta realmente in un ascolto obbedienziale. La sapienza di Dio si manifesta nelle sue opere giuste, ed è una giustizia che si impone a noi indipendentemente dalla ragione, per questo sono "comandi". Togliamo perciò il dubbio e la diffidenza, quella diffidenza che ci rende miopi e sordi. Una miopia che svia il nostro riconoscere il Signore come compagno di vita ... Una sordità che tura le orecchie rispetto al suono della Parola, che è melodia per la vita santa: non balliamo e non siamo nella gioia. Da oggi, per l'Avvento, diamo credito alla sapienza.

giovedì 8 dicembre 2016

Genesi 3,9-15.20 / Salmo 97 / Efesini 1,3-6.11-12 / Luca 1,26-38
Solennità dell'Immacolata Vergine Maria
Ci ha scelto per essere santi e immacolati nell'amore ...

In questa Solennità di Maria; del suo concepimento immacolato; per una volta, vorrei contemplare la bellezza della madre di Dio, attraverso la nostra natura umana, di cui Lei è  primizia e anticipazione e immagine del suo reale compimento. Per questo motivo le Parole di Efesini sono particolarmente significative: "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato".
1) La nostra esistenza, non è un caso, esistiamo nel desiderio di Dio e nella sua volontà, per cui, dal nulla ci ha chiamati alla vita, infondendo in noi la vocazione ad essere Figli, in Gesù Cristo. Questa condizione di esistenza corrisponde anche alla nostra dignità di uomini. 
Paolo, poi, aggiunge una serie di aggettivi, che non solo ci nobilitano, ma che dicono il valore e il senso della nostra vita terrena: "santi e immacolati nell'amore".
Possiamo dire che noi siamo chiamati ad esistere "in un atto di amore", e che l'amore e l'amare, ci determinano non solo nei sentimenti, ma soprattutto nella felicità e realizzazione della vita. Chi non ama è triste; chi non ama si avvilisce; chi non ama inaridisce e disumanizza.
2) Poi Paolo usa una parola inusuale: immacolati. Sembrerebbe quasi che essere senza peccato sia la condizione che meglio corrisponde alla nostra pienezza. La vera beatitudine è essere senza peccato. Maria ci dice che è possibile, per Lei è un dato di fatto, per grazia, per noi è un educare la nostra umanità alle scelte di bene, di vero e di bello.
3) E poi essere santi ... ma esserlo, non è fine a se stesso; esserlo neppure significa essere bravi o buoni, esserlo significa fare la Chiesa. La santità non è un premio, ma una condizione della vita che esprime il fare la volontà di Dio. La chiesa traduce nella storia la santità di Dio. 
Personalmente questa solennità ha sempre detto cose magnifiche circa la Chiesa, e circa il modo di amarla; in Maria credo di aver imparato ad amare la Chiesa nella sua bellezza ed espressione femminile, e non è un caso che in questa solennità moltissime espressioni dei doni e carismi dei laici, e del loro modo di essere Chiesa, trovino la loro origine e il loro radicamento nello stato di grazia della Madre di Dio.

mercoledì 7 dicembre 2016

Isaia 40,25-31 e Matteo 11,28-30
Quanti sperano nel Signore riacquistano forza ...


Dice Isaia: chi spera nel Signore, mette ali, corre senza affanno, cammina senza stancarsi ... La vita di tutti i giorni, per ciascun è condizione di grande fatica, ma la speranza, cioè l'affidarsi al Signore diventa nella vita stessa motivo di sostenibilità: anche la grande fatica trova una ragione. Forse è proprio questo lo sguardo attraverso il quale caricarsi il giogo del Signore... Non come una cosa in più da sostenere con tenacia insieme alle altre, ma il farsene carico per amore Suo, per dare un senso alle cose che ci sono chieste, che scegliamo o che sono doverose. La promessa racchiusa in questa offerta di amore al Signore, è una sorta di consolazione di cui lui stesso sembra farsi carico: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro". Gesù non ci aggiunge un peso da portare, ma si accompagna nel portare il peso, Lui non è il peso ulteriore, Lui, come amico, porta i nostri pesi e noi stessi ...

martedì 6 dicembre 2016

Isaia 40,1-11 e Matteo 18,12-14
Consolate, consolate ...


"... La sua misericordia si esprime anche nella vicinanza, nell’affetto e nel sostegno che tanti fratelli e sorelle possono offrire quando sopraggiungono i giorni della tristezza e dell’afflizione. Asciugare le lacrime è un’azione concreta che spezza il cerchio di solitudine in cui spesso veniamo rinchiusi. Tutti abbiamo bisogno di consolazione perché nessuno è immune dalla sofferenza, dal dolore e dall’incomprensione. Quanto dolore può provocare una parola astiosa, frutto dell’invidia, della gelosia e della rabbia! Quanta sofferenza provoca l’esperienza del tradimento, della violenza e dell’abbandono; quanta amarezza dinanzi alla morte delle persone care! Eppure, mai Dio è lontano quando si vivono questi drammi. Una parola che rincuora, un abbraccio che ti fa sentire compreso, una carezza che fa percepire l’amore, una preghiera che permette di essere più forte... sono tutte espressioni della vicinanza di Dio attraverso la consolazione offerta dai fratelli". ("Misericordia et misera", papa Francesco)

lunedì 5 dicembre 2016

Isaia 35,1-10 e Luca 5,17-26
Quale è il potere del Figlio dell'uomo?

"Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?" Se nel nostro cuore/mente pensiamo così, abbiamo un problema non solo di durezza, ma non conosciamo la vera identità del Figlio dell'uomo. Ciò che caratterizza questa identità è la misericordia di Dio, che si rivela nel salvare chi è perduto, e nel sanare chi è malato. Nel cuore di coloro che portano il paralitico è già riconoscono il potere del Figlio dell'uomo, di Gesù. Per loro, il giudizio di giustizia e legalità dei farisei e dei maestri della Legge è improponibile rispetto alla realtà di dolore e sofferenza di quel loro amico. Il potere del Figlio dell'uomo, è il potere della Misericordia, essa è l'azione di Dio che rinnova la faccia della terra a partire da una umanità ferita e umiliata. Ma questo potere del Figlio dell'uomo, ora è affidato alla Chiesa e a chi nella Chiesa ha il potere di sciogliere e legare sulla terra e sciogliere e legare nel cielo ... e nel regno dei cieli!

domenica 4 dicembre 2016

Isaia 11,1-10 / Salmo 71 / Romani 15,4-9 / Matteo 3,1-12
Il frutto della conversione: cambiare!


Il profeta Isaia descrive una situazione che si può pensare solo tra "favola e realtà", al punto che per molti, oggi, ma anche a suo tempo poteva essere compresa solo come illusione. Ma siamo sicuri che Isaia intendesse proporre una immagine di suggestione?
E se invece voleva provocare le persone rispetto alla disumanità della vita di quel tempo? Ecco che queste immagini messianiche, non sono un auspicio di una realtà nuova che si realizza alla venuta del Messia, ma sono denuncia di una realtà dura in cui occorre realmente l'agire dello Spirito, per animare con i suoi doni una vera umanità.
Ed ecco che la forza di Isaia non si estingue e riemerge nel grido forte di Giovanni: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!" E ancora, "fate frutti degni della vostra conversione !"
Quel convertitevi, letteralmente "metanoeite", cioè, cambiare mentalità, perché, essendo vicino il regno dei cieli, bisogna adeguarsi al cambiamento, alla novità del regno di Dio.
La conversione, non traduce, in questo caso l'ammenda dei peccati, il chiedere perdono, ma propone il cambiamento dello sguardo sulla realtà e sulle cose.
Abbiamo un grande bisogno di conversione, per poter dare vita alla realtà secondo Vangelo. Le parole di Paolo nella lettera ai Romani sono una vera strada aperta nel deserto della mediocrità: "... il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù ... Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio."
La prima conversione riguarda lo sguardo reciproco. La conversione riguarda sempre più l'essere Chiesa di Cristo: una conversione alla misericordia. La conversione riguarda sempre più tutti noi per adeguarci alLa 
realtà secondo il cuore di Dio, che è misericordioso!

sabato 3 dicembre 2016

Isaia 30,19-21.23-26 e Matteo 9,35-10,1.6-8
"Vedendo le folle ne sentì compassione ..."


Solo chi si accompagna realmente nel cammino, può sentire compassione per chi cammina. Ascoltando le parole del Vangelo di Matteo, oggi, siamo sostenuti nell'idea che la compassione non è un sentimento fugace, ma una condizione scelta e vissuta.
Farsi accanto fisicamente, per Gesù, ha significato caricarsi della fragilità umana: malattia, morte, impurità, tentazione. A tutto l'uomo egli si accosta, e il suo patire insieme diviene il dono gratuito di se stesso. Da questa offerta nasce la missione della comunità dei discepoli e quindi della Chiesa. Il nostro agire missionario, l'agire della Chiesa, non è quindi proselitismo, ma l'essere inviati per "accompagnare" nella compassione.
Nella compassione di Gesù, che è la compassione del Padre, lo Spirito realizza la compassione della Chiesa, cioè della comunità cristiana: "il Signore curerà la piaga del suo popolo e guarirà le lividure prodotte dalle sue percosse".

venerdì 2 dicembre 2016

Isaia 29,17-24 e Matteo 9,27-31
La liberazione dall'oscurità ...


Le nostre oscurità che attendono la liberazione, sono esplicito richiamo alla salvezza. Cosa debbo intendere per oscurità? È una condizione di peccato? È un limite o fragilità umana? Credo che a volte siamo troppo determinati nel voler a tutti i costi individuare lo stato di tenebra e quello di luce; la nostra vita invece è un insieme di luce e tenebre che si alternano a seconda della nostra consistenza e inconsistenza. Essere nella luce non è semplicemente la condizione morale positiva, buona, questa è una conseguenza. Essere nella luce è cercare, desiderare e custodire la relazione con il Signore, con colui che è la "luce del mondo". I due cechi del Vangelo, sono attratti da Gesù-luce che illumina la vita. Essi pur nella loro cecità percepiscono la luce, pur senza vedere sentono che quella luce è per loro ...
Il loro grido: "Figlio di Davide, abbi pietà di noi", rappresenta la condizione di tanti di noi che vivono il desideri della luce ma anche la loro fragilità, la loro "tenebra". Al desiderio di vedere, corrisponde l'essere salvato dal Signore, e si sperimenta quotidianamente nell'essere compresi nella luce di Cristo. 

giovedì 1 dicembre 2016

Isaia 26,1-6 e Matteo 7,21.24-27
Tra saggezza e rovina


E' ovvio, non ci vuole un genio a capire che chi costruisce sulla sabbia lo fa a suo rischio e pericolo! Gesù, ci pensi così sprovveduti?
Attenzione perché la risposta del Signore potrebbe essere: "Certo, figliolo ... perché allora continui a mettere da parte ma mia Parola e ti intestardisci nella ricerca di cose che non sono volontà di Dio, ma solo la tua?"
L'uomo saggio di cui parla Gesù, è l'uomo che costruisce sulla roccia. La saggezza è: non cedere alla tentazione della nostra vanità, del nostro amor proprio; alla nostra presunzione; quella condizione per cui io penso di essere meglio della parola di Gesù. Come discepoli la Parola va seguita, amata e vissuta, anche quando è in contrasto con il mio stato d'animo, con le mie abitudini, con i miei desideri. La roccia è Dio ("... il Signore è una roccia eterna ..."), la Parola edifica e mi costruisce ("... chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica ..."). L'effetto di tutto ciò è la stabilità, essere del regno dei cieli.