domenica 30 aprile 2023

Oggi 60 giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Oggi giornata diocesana del Seminario.

Atti 2,14a.36-41; Sal 22; 1Pt 2,20b-25; Gv 10,1-10

Quando mi presento come Rettore del Seminario di Imola, la seconda domanda che sempre mi viene fatta è: "Quanti seminaristi ci sono in Seminario a Imola?" Bene, per soddisfare la curiosità, a Imola in Seminario non ci sono seminaristi, ma tutto il percorso di formazione si svolge a Faenza nella comunità Propedeutica delle diocesi della Romagna - per almeno due anni- , ora frequentata da due seminaristi (Emanuele e Stefano); a Bologna nel Seminario Regionale - per almeno 6/8 anni-, ora frequentato da due seminaristi (Stefano e Matteo). In totale 4 seminaristi. In totale, se vi appassionano i numeri, in regione tra Emilia e Romagna ci sono attualmente 57 seminaristi tra teologi e propedeuti, questo a fronte di una popolazione di oltre 6 milioni di persone di cui oltre il 85% battezzati. Questi numeri non danno nessuna sicurezza, tantomeno certezze per il futuro, anche perché altrove è anche peggio: in Irlanda (la cattolicissima Irlanda) 20 seminaristi per una popolazione di circa 4 milioni di cattolici ... o ex cattolici.
Credo che ormai sia giunto il tempo in cui noi tutti dobbiamo abbandonare certe immagini romantiche di una vocazione che viene fuori quasi magicamente dai seminari, pronta per essere inviata ad animare la pastorale delle comunità parrocchiali diffuse un poco ovunque.
Credo sia giunto il tempo in cui prendere coscienza che una comunità in cui tutti sono anziani è difficile che fioriscano vocazioni, nel modo in cui eravamo abituati a pensare.
In questa giornata possiamo fare un salto di qualità nella nostra prassi cristiana e credente,  sentiamoci corresponsabili di ciò che è la vocazione nella vita dei giovani, e nella Chiesa. Cioè responsabili coinvolti di ciò che la vita può offrire per illuminare il cammino e le scelte di un giovane.  Se non siamo responsabili della vocazione alla vita il nostro pregare è sterile, è solo una prassi annuale di comodo.
Corresponsabili della vocazione nella vita ... cosa significa?
Significa interrogarsi e reagire rispetto ciò che io adulto offro propongo ai giovani della mia comunità di fede.
Cosa gli offro, quali esperienze gli propongo, quali progetti prospettive vivo e condivido?
Una vocazione è frutto di comunità che vivono realmente l'ascolto della Parola di Dio, cioè di Dio che ci parla; di comunità che si spendono nella carità vicendevole e nella comunione. La carità è solidarietà, vicinanza, attenzione, premura. La carità è attenzione al mondo. La carità è tenerezza, la carità è ... l'opposto della indifferenza!
La "vocazione" di suo ha il cuore, ed è una Comunità che vivono la Messa e l'Eucaristia ... senza eucaristia non c'è  cuore non c'è vocazione.

sabato 29 aprile 2023

Camminare nella luce

1Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 11,25-30

Qual'è la distanza tra noi e Dio? È la distanza tra le tenere e la luce. La distanza è ciò che genera l’impossibilità di comunione tra noi e Lui, perché noi conosciamo bene “le tenebre” che sono in noi, e quanto queste tenebre sono il vero limite della nostra libertà e possibilità umana. La distanza si concretizza in quella autoreferenzialità abominevole di chi ha la pretesa di essere in comunione con Lui, e per assurdo continua a camminare nelle tenebre. L'obiettivo della nostra esistenza è camminare nella luce!
Ma è possibile questo per noi?
La risposta credo stia in queste Parole "Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità." Confessare il peccato, non è solo il sacramento del perdono, ma è prima di tutto condizione della consapevolezza di noi stessi e del nostro pensiero intimo.

venerdì 28 aprile 2023

La vocazione di Saulo

Atti 9,1-20 e Giovanni 6,52-59

L'esito della chiamata di Saulo è che questo persecutore diventa amico e fratello di quegli stessi discepoli di Gesù, che era venuto a perseguitare. Gesù ha chiamato con voce potente Sàulo, e questa ne è la conseguenza estrema: entrare nel numero dei suoi amici, anzi dei suoi discepoli: colui che annuncerà Gesù Cristo, in tutto il mondo greco-ronano.
Gesù agisce nella storia e nella sua Chiesa attraverso il suo Spirito, che parla ora con voce di tuono, ora con sussurro leggero. Ma non può fare niente se noi non prestiamo orecchio al sussurro, o se resistiamo alla forza del tuono: Sàulo ha dato ascolto alla voce di Gesù, e tutto per lui è stato diverso...

giovedì 27 aprile 2023

L'incontro con la diversità

Atti 8,26-40 e Giovanni 6,44-56

È singolare questa narrazione di Atti, proprio a partire dagli attori principali, Filippo e l'eunuco etiope. Quell’uomo, diverso dagli altri, privato da altri uomini della possibilità di procreare, di essere debole o forte per le proprie emozioni; mutilato di una sua umanità per asservirlo a un egoismo terreno. Questo uomo, nel suo dramma esistenziale porta in sé la domanda di senso, verità che approda nel chiedere di essere immerso nel mistero della salvezza. Nessuno è escluso o può essere escluso, dall'amore di Dio in Cristo Signore.
Non ci sono altre parole, c’è solo il perdono e l’acqua che rigenera le ferite che spesso noi uomini creiamo, c'è la potenza della misericordia. Filippo prega per l'eunuco, lo fa sentire importante, sana le ferite, lo rigenera figlio amato. E la Parola conferma le opere ...

mercoledì 26 aprile 2023

Persecuzione anche oggi

Atti 8,1-8 e Giovanni 6,35-40

Erano quelli i tempi della violenta persecuzione contro la Chiesa. Gli effetti della persecuzione della Chiesa di Gerusalemme sono immediati, tutti si disperdono, meno gli apostoli, attorno tutto parla di atrocità, di pericolo, di distruzione e di morte. Ci viene anche ricordata la pietosa sepoltura di Stefano. In quel clima, quelli che si erano dispersi vanno di luogo in luogo e annunciano la Parola. In questo nostro tempo, la Chiesa vive, forse, la persecuzione più globale mai prima sperimentata, vive la frammentazione dell'unità, vive l'infamia della menzogna, vive il dramma dell'isolamento culturale e sociale; non perché è in atto una azione speciale contro la Chiesa, ma perché il mondo ha scelto ciò che non corrisponde al Vangelo, cioè il profitto invece che la carità, la speculazione invece della solidarietà, la discriminazione invece che l'uguaglianza, lo scarto invece della fraternità ecc... Ecco che la Chiesa per sua natura, se è Chiesa di Cristo non può che essere perseguitata.

martedì 25 aprile 2023

Umili per il mondo di oggi

1 Pietro 5,5-14 e Marco 16,15-20

L’indicazione di Pietro è quella di “umiliarsi” sotto la potente mano di Dio.
Cosa vuole dire? Perché oggi ci è cosi incomprensibile ed ostile l'umiltà?
Forse solo perche la viviamo come umiliazione? Come una ferita che si apre nella nostra autoaffermzzione?
Perché il farsi piccoli, il rifugiarsi, il mettersi nelle mani di Dio, ci è così difficoltoso? Forse occorre avere un'altra prospettiva, un'altro sguardo: Dio vuole avere cura di noi - "Egli ha cura di voi", perché gli importa di noi! Gli siamo cari. Questo suo desiderio si concretizza solo nella nostra disponibilità ad affidarci a lui, a umiliarci! Quindi una umiliazione che in realtà è reciprocità nell'amare. È solo in questa prospettiva che l'umiltà è una Virtù cristiana che apre ai fratelli,  alle loro sofferenze, alla loro passione ...
È questa la prospettiva che inaugura Gesù, nella dua umiltà-umiliazione che attraverso la croce diviene nostra salvezza e consolazione.


lunedì 24 aprile 2023

Attiare i processi

Atti 6,8-15 e Giovanni 6,22-29

La modalità è la stessa, non è cambiata: l'intrigo, la menzogna e la delazione sono gli ingredienti necessari per distruggere in modo definitivo ogni persona buona. Stefano non nasconde nulla di sé. Egli non è un rivoluzionario idealista, ma semplicemente un diacono, un membro di una comunità di fede, la cui vita è dedicata ai più fragili, per realizzare attraverso la stessa vita la vocazione che il Signore risorto ha suscitato in lui.
Non c'è nulla di straordinario in ciò che vive il diacono Stefano, nulla rispetto ciò che ogni discepolo di Gesù può sperimentare vivendo la propria vocazione. Ma è proprio questa "normalità" causa di un conflitto, di un cambiamento. Stefano rappresenta l'origine di un processo, egli attiva, un processo che è di suo già cambiamento; è novità per il mondo consolidato nelle sue prassi. Forse questo nostro mondo, non comprenderà o accoglierà mai i processi che la nostra fede ci porterà ad attivare, e la reazione che ci attende sarà proprio uguale a ciò che ha vissuto Stefano.

domenica 23 aprile 2023

Dal nascondimento al riconoscimento

At 2,14.22-33; Sal 15; 1Pt 1,17-21: Lc 24,13-35

Oggi vorrei parlarvi della prima Santa Palestinese.

Otto anni fa Mariam Baouardy, diventava santa. Carmelitana, al secolo suor Maria di Gesù Crocifisso, veniva canonizzata da Papa Francesco in piazza San Pietro: prima santa palestinese. Poverissima, praticamente analfabeta, Mariam (1846-1878) nella sua breve vita fu protagonista di fatti inspiegabili, di fenomeni mistici, di rivelazioni profetiche: a cominciare dalla sua prodigiosa guarigione dopo l’assassinio tentato da un musulmano che voleva indurla ad abiurare dal cristianesimo. E poi una profusione di altre estasi, sogni premonitori, segni fisici eccezionali che – insieme alle molte difficoltà incontrate nel cammino per farsi religiosa carmelitana e poi in convento – resero movimentata la sua vita tra Pau (Francia), Mangalore (India) e Betlemme. Ma cosa c'entra con i discepoli di Emmaus?

A me piace andare all'origine e sfatare che ritiene che questo vangelo di oggi sia semplicemente una bella storia post risurrezione.

Nel 1878 suor Miriam ebbe una visione nella quale Gesù rivelò che Amwas era la vera Emmaus. Di conseguenza quel luogo santo fu acquistato dai musulmani da parte delle monache carmelitane per insediarvi un loro monastero.

Gli scavi archeologici a Amwas, Emmaus Nicopolis, iniziarono verso la fine del XIX secolo, precisamente furono effettuati nel 1880-1888 e nel 1924-1930 e stanno continuando ancor oggi. Durante gli scavi furono scoperti dei resti delle fortificazioni di Emmaus risalenti al periodo Asmoneo (più di un secolo prima di Cristo), così come dei bagni romani del III secolo d.C., delle caverne sepolcrali ebraiche del I secolo d.C., degli impianti idrici romano-bizantini, pressoio per l’olio e tombe,v il muro posteriore di est, a tre absidi, della chiesa bizantina fu portato alla luce, insieme ad un battistero esterno e a mosaici policromi, così come i muri della chiesa dei crociati che furono costruiti appoggiati all’abside centrale bizantina (XII secolo). 

Tre livelli che ci testimoniano il periodo crociato, quello bizantino e quello delle origini, la Domus ecclesiae.

L'esperienza di Emmaus, ci insegna qualcosa di realmente esistenziale, cioè che nella nostra vita, e attraverso la nostra vita, il mistero di Dio rivelato in Gesù Cristo, passa dal nascondimento al riconoscimento.

 

Gesù si fa presente nella nostra vita come in quella dei suoi discepoli, e ci trova tutti più o meno incapaci di incontrarlo. 

Per questo Gesù mette in atto una sorta di “strategia” che ci rende ancora capaci di riconoscerlo e, quindi, capaci di entrare di nuovo in relazione con Lui; o meglio, potremmo dire, che ci rende capaci di una relazione nuova con Lui.

La risurrezione si compie, infatti,  completamente, non solo quando Gesù esce vivo dal sepolcro, ma quando, vivo, rientra nella vita dei suoi, quando, in modo definitivo, è di nuovo il cuore della vita dei singoli credenti e delle loro comunità. Perché la risurrezione non è un fatto puramente privato e personale.

Nel Vangelo dei discepoli di Emmaus possiamo riconoscere il dono di uno sguardo nuovo, una nuova capacità di vedere.

Gesù non fa nulla se non restituire la memoria che abbiamo perduto, la memoria di quella scrittura che da sempre ci parla di lui. È questa memoria che rende capaci di rileggere quegli stessi avvenimenti in una luce nuova, la luce che ristabilisce il legame tra gli eventi e la storia della salvezza, cioè il disegno di Dio. Questa memoria, questa lettura, non è un’operazione intellettuale, ma è qualcosa che si risveglia nel cuore, come una nebbia che pian piano svanisce, e restituisce lo spazio alla luce. A questo punto accade a noi ciò che è accaduto ai due discepoli a Emmaus: "si aprono i loro occhi, desiderano di nuovo qualcosa. Desiderano continuare ad ascoltare una storia detta così, in un modo nuovo, che loro, da soli, non sarebbero stati capaci di raccontare.

Ecco che il riconoscimento del Risorto è graduale, e non accade improvvisamente, ma solo dopo che è nato nei discepoli il desiderio del maestro, del risorto.

Anche noi, pellegrini del nostro tempo, viandanti nella nostra quotidianità, discepoli di Gesù in questo tempo travagliato e complesso, pure noi oggi, non dobbiamo dubitare del misterioso viandante, lui, il Signore si avvicina e cammina con noi, per riaccendere il desiderio di lui, e per farsi riconoscere nello spezzare del pane.

Lo riconosciamo nella Chiesa ferita e sfregiata dal peccato e dal nostro agire umano chiuso al mistero di Dio; lo riconosciamo in questa comunità quando a partire dalla eucaristia, da quel gesto semplice e famigliare dello spezzare il pane,  mette il Risorto al centro della vita, delle scelte e prospettive future.

Solo allora anche noi, dopo averlo riconosciuto potremo dire “resta con noi”, e lui, resterebbe con noi per sempre, perché quello spezzare il pane, è il segno della sua presenza il segno di passaggio dal nascondimento al ri conoscimento, e sempre così lo vediamo nella nostra vita e nella storia che viviamo.




 



sabato 22 aprile 2023

A cosa servono i diaconi: A servire la comunità.

Atti 6,1-7 e Giovanni 6,16-21

Gli apostoli si trovano a gestire la complessità di un gruppo di discepoli che cresce, con origini, culture, linguaggi diversi. Nel brano osserviamo fratelli di lingua greca ed ebraica che devono armonizzare le energie per colmare i loro gap, le loro mancanze, le loro diversità. Luca sa che la Comunità è fatta di uomini con le loro fragilità, ma quando gli uomini con le loro fragilità si fanno guidare dallo Spirito nascono cose nuove.
Occorre saper cogliere dalle difficoltà e dalle diversità, opportunità nuove, per crescere e tirarci fuori dalla monotonia e dalla pigrizia. Non è un caso da un po’ di tempo la Chiesa si interroga su Sinodalità e Corresponsabilità.
L’azione degli apostoli è concreta: il gruppo si riorganizza e supporta i più deboli. Non esaltando le differenze, ma rispondendo come un’unica comunità, come ci ha insegnato Gesù. Aiutare chi è rimasto solo dà più forza al percorso di evangelizzazione! «E la parola di Dio si diffondeva..»


venerdì 21 aprile 2023

Un "sano" masochismo

Atti 5,34-42 e Giovanni 6,1-15

Gli Atti degli Apostoli, ci rimandano a un inciso speciale: "ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo".
La priorità della nostra testimonianza o riflette questo inciso, oppure è fuori strada. Gli Apostoli ci mostrano come la fede si esprime attraverso una missione che ha origine da Dio. Pur umiliati, derisi, censurati nel nominare il nome di Gesù, non trattano, non cedono, nel diffondere la Parola. Anzi dopo la prigionia, e una volta liberi, si sentono «onorati di aver subito oltraggi per il nome di Gesù». Non è una contentezza paranoica la loro, ma la straordinaria consapevolezza e forza che deriva dalla fede come testimonianza e libertà per inverare la sequela di Gesú, che ti ama e che ti sostiene nell'amare questo mondo "strano" e contraddittorio.

giovedì 20 aprile 2023

Di questo siamo testimoni

Atti 5,27-33 e Giovanni 3,31-36

Sono pagine dalle quali traspare la luce del Risorto. Non esiste più la paura come all’interno del Cenacolo. La venuta dello Spirito ha invaso i loro cuori e le loro menti. Lasciata dietro di sé la casa dalle porte chiuse, ora gli apostoli si aprono al mondo, e iniziano a dare la loro testimonianza. Questa testimonianza schietta e semplice è all'origine di ciò che crede la Chiesa. Questi uomini si sentono salvati dal sacrificio di Cristo, che come agnello si è sacrificato per il peccato del mondo. Anche noi siamo chiamati ad essere testimoni di un amore totale, umanissimo, di un Dio che si è fatto simile a noi anche nella sofferenza e che non ci lascia soli, ma li rende veri apostoli.

mercoledì 19 aprile 2023

La Parola ci sospinge

At 5,17-26 e Giovanni 3,16-21

Il brano di Atti di oggi sembra proprio voler evidenziare l’incontenibile libertà della Parola di Dio, ma anche il mettersi a servizio della stessa da parte dei due Apostoli.
È bello scoprire come la stessa libertà della Parola, come anche il dinamismo degli Apostoli, si rendono evidenti nella normalità della vita, tutto accade senza sotanziali stravolgimenti. La fuga degli Apostoli dal carcere altro non è che la conseguenza della libertà della Parola di Dio, che non può essere incatenata. La fuga non è un sottrarsi alla reclusione per potesi dare alla fuga e salvarsi, ma é una ulteriore occasione per mostrare coraggio di fronte al mondo e di testimoniare la novità del mistero di Gesù, ciò che gli Apostoli hanno vissuto.

martedì 18 aprile 2023

Una vera comunità possibile ...

Atti 4,32-37 e Giovanni 3,7-15

Come è fatica oggi essere una comunità! Forse ci siamo troppo fissati sulla struttura formale e sulla realtà istituzionale; oppure illusi di una comunità di affettuosa comunione? Questa pagina di Atti, la risolviamo ancora più spesso come un ideale irrealizzato.
Credo invece che occorra leggerla con lucidità e realismo storico. La comunità di fede non ha mai un volto stabile, unico e immutabile; ma varia in ragione delle persone che la costituiscono, si adegua alla realtà e viene a formarsi in conseguenza della cultura dominante.  A tutto questo non significa che lo Spirito Santo sia assente in essa, anzi, è lo Spirito di Dio che ispira i cuori e le azioni nella direzione dell’amore reciproco. È lo Spirito che anima il cuore della comunità affinché possa esprimersi in un'anima sola, cioè un moto unitario nel perseguire il bene e la verità, nel rispetto della libertà e della diversità. Quanto occorre ancora camminare ...

lunedì 17 aprile 2023

La gioia come allora

Atti 4,23-31 e Giovanni 3,1-8

Duemila anni fa, Pietro e Giovanni sono presentati come esempio fiero e valoroso di amore a Gesù, dopo i giorni della paura per l'uccisione del maestro. Ma ormai Gesù è con loro.  A volte non riescono a crederci, ma ora nella loro vita la presenza del Signore, vivo e risorto è più forte di ogni paura.
Oggi le nostre comunità credenti sono capaci di dare risonanza della presenza viva del risorto? Riescono i credenti a esprimere nella vita le conseguenze dirompenti della risurrezione? Il coraggio di chi spera e crede la risurrezione fa ballare, li fa gioire, permette di avere uno sguardro capace di scorgere la novità e di non vivere nel rimpianto del passato ma nel presente, aperti all'eternità.
È questa gioia che contagia e fa superare la paura della prova, dell'incomprensione e della persecuzione. Lasciamoci convincere e coinvolgere dalla gioia.

domenica 16 aprile 2023

Ti possiamo vedere e toccare...

Giovanni 20,19-31

Noi spesso rimaniamo imprigionati tra venerdì e Sabato santo; stentiamo a credere in un Cristo risorto che con la sua umanità e divinità coinvolge ogni uomo nella salvezza che egli stesso ha realizzato con la sua morte e risurrezione. La nostra fede, oggi, non è incline alla speranza della risurrezione, spesso in tutto ciò che è la fede cristiana, questa centralità la dimentichiamo, perché non la sentiamo essenziale alla vita. Ma questo è come tralasciare l'unico necessario; è lasciarci vincere dalla indifferenza che non è superficialità ma allontanamento dalla verità di cio che esiste.
Gesù, il risorto rompe il muro della nostra tiepida indifferenza, prende l'iniziativa e ci chiede di toccarlo; ci chiede di starci accanto, di avvicinarsi a noi; di essere dalla nostra parte.


sabato 15 aprile 2023

Cosa abbiamo visto ascoltato?

Atti 4,13-21 e Marco 16,9-15

Magari ci minacciassero al silenzio, invece discegliere il silenzio come atteggiamento della nostra fede. Oggi sempre piu spesso siamo noi cristiani nel puntuale tentativo di omertà che ogni volta mettiamo in atto: è più facile rimanere in silenzio davanti alla vita, alla gioia, al dolore. È più facile rimanere in silenzio davanti a Gesù. Tenerlo nascosto, segreto, provarne vergogna. Ma perché questo silenzio? Credo che tutto sia dovuto alla nostra scarsa intimità con lui; al nostro non stare in sua compagnia; al nostro allontanarlo dalla vita quotidiana. Lo esiliamo, lo isoliamo.
E se domani ti chiedessero: “ma tu ci credi in Dio?”
Sinceramente cosa risponderesti? Risponderesti  sempre con un laconico e disinteressato “boh”.
E se per una volta ti fidassi dell'esperienza di Pietro e Giovanni?
Proviamoci non tacere quello che tante volte abbiamo visto e ascoltato.

venerdì 14 aprile 2023

Gesù pietra angolare

Atti 4,1-12 e Giovanni 21,1-14

Nel percorso fatto ieri pomeriggi negli scavi del Tempio a Gerusalemme, ho visto la riproduzione della pietra custodita nella Moschea della Cupola d'Oro. Questa pietra, rappresenta secondo la tradizione giudaica e islamica, il centro e fondamento dell'universo. Da quella pietra tutto ha origine; quella pietra è il fondamento di tuttto ciò che esiste ...
Oltre la simbologia e i parallelismi, Gesù è veramente la pietra fondamentale il fondamento, perché senza di lui nulla ha senso della nostra fede. Ecco allora che ciò che dice Pietro non è solo dare testimonianza a Gesù, ma è la sintesi di cosa rappresenta Gesù: "Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti ..."
La nostra fede i Gesù non può non essere imbevuta della risurrezione di Cristo. É questo ciò che rappresenta il senso di ciò che crediamo. Che strano, oggi i cristiani parlano tanto di Gesù, ma poco della vita eterna.

giovedì 13 aprile 2023

Se mi guardi ti dono Gesù

 Atti 3,11-26 e Luca 24,35-48

Pietro ci dice che il miracolo avvenuto allo storpio avviene a causa della fede nel nome di Gesù. La fede in Gesú si concretizza in una vicinanza e in una relazione nuova che coinvolge lo storpio e Pietro. Anche noi dobbiamo riconoscere la paralisi quotidiana a cui siamo condannati a causa dei nostri limiti e delle nostre ferite. È la paralisi della vita priva di senso; senza progetti e bloccata nel vivere il presente. L'assenza del miracolo è ripiegamento in noi stessi; invece di alzare lo sguardo verso colui che ci dona gratuitamente la vita, la sua. Pietro non ci fa una elemosina per soddisfare un attimo presente; neppure crea una dipendenza, ma ci prega di guardare a lui; per guardare a colui che è stato crocifisso . È in quello sguardo che posso stabilire quella relazione nuova con Gesú, ma allora cambia tutto!


mercoledì 12 aprile 2023

Basta uno sguardo ...

Atti 3,1-10 e Luca 24,13-35

Con uno sguardo possiamo realmente raffreddare ogni attesa e speranza, come anche riuscire a regalare quel poco che ciascuno è come se fosse il regalo più prezioso, la cosa più bella tra tutte le cose più belle. Se il nostro sguardo è come quello di un innamorato, è in grado anche di riuscire a togliere il respiro come di dare la vita, fare esistere. Lo stesso vale per lo sguardo di Gesù ... Come noi abbiamo bisogno di guardarlo, lui ha desiderio di guardarci. E allora guardami. Guardami o amami, che in fin dei conti è la stessa cosa. Quando mi guardi, mi alzo e cammino. E poi addirittura corro, corro come non ho mai corso in tutta la mia vita. Non smettere di guardarmi, non ti dimenticare di me.

martedì 11 aprile 2023

La risurrezione provoca il cambiamento

Atti 2,36-41 e Giovanni 20,11-18

Pietro a Gerusalemme si mostra provocatore! Non sembra una tattica vincente, anzi per noi, si tratta proprio di un agire improprio. Non sembra una scelta opportuna accusare la gente di Gerusalemme della morte di Gesù. Ma, stupore! Invece di difendersi, la folla dei Giudei rimane toccata dalle parole di Pietro e chiedono “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?” In poche parole Pietro invita i giudei a salvarsi da questa generazione perversa capace di generare dolore, intolleranza e tutti quei comportamenti che continuano a “crocifiggere Cristo”. Il miracolo è che gran parte della folla cambia davvero! È possibile cambiare davvero!

lunedì 10 aprile 2023

Anche noi possiamo vedere e udire

Atti 2,14.22-33 e Matteo 28,8-15

Siamo fatti così: Gesù deve per forza passare attraverso qualcosa di materiale, qualcosa che possiamo a fondo guardare, sentire, toccare, vedere ecc... In realtà questa nostra necessità corrisponde al suo, farsi carne. Altrimenti mica gli crediamo.
Per credere vogliamo le prove, pretendiamo dei testimoni. Ed ecco allora il nostro indagare; ecco allora i nostri dubi, il nostro cercare si scontra col mistero, che non si lascia mai imprigionare dalle nostre pretese, per quanto giuste ci possano sembrare. Vorrei, sapermi fidare anche di quello che non posso vedere e udire. Vorrei non aver bisogno di prove per credere in un mostero che altro non è che l'amore. Vorrei saperlo toccare anche senza toccarlo. Vorrei saperlo capire senza pretendere di capire. utto questo è solo la possibilità data dall'amare; amare senza gesti, senza parole ..., un amore in silenzio che vive unicamente di fiducia.

sabato 8 aprile 2023

Andare in Galilea per vederti ...

Matteo 28,1-10

Questa notte ritorno a quel sepolcro nel quale per grazia di Dio, più volte con grande commozione ho celebrato la Pasqua di risurrezione. Si perché nel Sepolcro si celebra sempre la Messa della Risurrezione. Infatti, quel sepolcro è tuttora vuoto, il Signore è presente e vivo.
Gesù esce allo scoperto con la sua resurrezione. Lascia dietro di sé la tomba vuota, il luogo della sua morte, lo spazio del suo corpo senza vita, ed emerge nella piena luce del mattino per forza dell’amore, dell'unico amore che salva e fa vivere, l'amore del Padre.
Possiamo dire che Lui viene allo scoperto, per condurci allo scoperto. Quante volte, invece, nella nostra vita abbiamo scelto con fatica e sofferenza la tomba, il nascondimento, il non vivere; quante volte il mondo preferisce la tomba, il morire alla vita e al vivere.
Ma come possiamo liberarci dall'enorme oscurità mortifera?
Gesù ci invita, meglio, ci insegna, che occorre superare i blocchi che generano delle nostre scelte miopi, spesso egocentriche; ci mostra come vincere la cultura dello scarto (capace di fare solo vittime); si contrappone all'indifferenza del cuore, condizione che è presagio e attuazione di ogni tomba vuota.
I Giudei misero i sigilli al sepolcro ... Gesù rappresenta il superamento di ogni genere di sigillo, di ogni nostra tomba vuota.
Abbiamo vissuto la quaresima, nella riscoperta di relazioni vere e buone che mostrino la possibile bellezza della comunità credente.
Abbiamo celebrato la Settimana Santa e forse ci siamo anche accorti di ricalcare schemi e stereotipi tradizionali, ma di non essere entrati nella novità di questa Pasqua.
Questa notte, occorre che ciascuno di noi senta il bisogno di risorgere con Cristo. Devo desiderare la risurrezione come condizione del mio esistere e non solo una vaga speranza della vita; è quel desiderio di vita e di speranza futura che spezza i sigilli che ci vincolano nella paura, al senso di colpa, alla vergogna, all’odio per i fratelli e per noi se stessi; perché tutto questo ci blocca nella tomba senza possibilità di scampo.
Oggi fare Pasqua significa venire fuori, venire allo scoperto, incamminarsi verso la Galilea della gente.
Venire fuori: significa smettere con i nostri pettegolezzi, con i nostri confronti giudicanti, con i nostri pregiudizi, con il nostro volere per forza restare attaccati a gesti che nulla celebrano se non la nostra piccolezza e arida fede. Il coraggio di venire fuori è un abbandonare ciò che è vecchio e abbracciare l'avventura di una Chiesa che vuole essere nuova e occasione di novità e verità per ciascuno. Non siamo il lievito vecchio ma nuovo, il lievito che è Cristo ci fermenti tutti.
Venire allo scoperto: Venire allo scoperto è un atto di umiltà e di accettazione di noi stessi e delle nostre fragilità, non temiamo di offrire noi ai fratelli.
Venire allo scoperto significa essere ciò che siamo anche agli occhi e nella volontà di Dio.
Gesù esce dal sepolcro, viene allo scoperto, mostra la sua piena identità, ci parla di sé stesso, della sua vita, di tutta la sua vita e del suo destino di figlio di Dio.
Incamminarsi verso la Galilea: Gesù risorto non è solo un fatto storicamente collocato, statico e definitivo. No, egli è dinamico, la risurrezione tutto coinvolge nella vita piena di Dio. Nell'apparizione dell'angelo: "Non è qui, è risorto" e poi con Gesù stesso: "... andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno"; emerge tutta la tensione di questo andare, tutta la tensione tra ciò che siamo stati e ciò che stiamo diventando, ciò che possiamo essere in Galilea.
Andare in Galilea significa fare parte della vita gli uni degli altri. La Galilea delle genti del tempo di Gesù, oggi è la Galilea della gente, sono gli spazi, i problemi, le necessità, le aspettative che tutti abbiamo.

Signore Risorto
perdonaci per le volte in cui abbiamo ignorato
coloro che tra noi sono feriti.
Perdonaci per quando siamo stati noi a ferirli.
Perdonaci per quando siamo stati indifferenti di fronte a loro.
Aiutaci a vedere coloro che non vediamo.
Aiutaci a sentire il loro dolore.
Dacci la forza di combattere per il diritto di ciascuno
di appartenere alla nostra comunità.
Dacci la forza di gridare e di usare la nostra voce
per chi tra noi non ha voce.
Metti in noi quel desiderio straordinario di essere agenti della tua vita risorta, cercando di ascoltare, vedere, sentire e includere coloro che abbiamo ignorato.
Che possiamo accogliere questo giorno come inizio di un nuovo tempo nella nostra vita e di questa comunità.
Questo chiediamo nel nome di Gesù Cristo, la nostra Resurrezione e la nostra Pace. Amen

giovedì 6 aprile 2023

Cena del Signore

Giovanni 13,1-15


Questa sera dobbiamo proprio entrare nei sentimenti e negli atteggiamenti di Gesù.
Quali sentimenti ha Gesù? Credo che quella sera Gesù abbia provato il più profondo sentimento di amore/amicizia per i discepoli insieme alla fatica e al dolore per il tradimento che Giuda aveva nel suo cuore. Sentimenti che non sono una teoria o una astrazione, ma sono la concretezza di ciò che in quella cena egli stava vivendo.
Quale atteggiamento rappresenta il lavare i piedi ai discepoli e l'insegnare a farlo gli uni gli altri come lui ha fatto?
Sintetizzerei questo Vangelo con l'espressione: sentimenti che vedono e gesti che amano. La nostra comunità credente è, e sarà credibile se sarà capace di esprimere sentimenti che corrispondono a ciò che vede; e sarà altrettanto credibile se agirà con quella tenerezza che è solo di Dio, una tenerezza che accoglie, che non esclude, che soccorre, che si interessa.
Quali sentimenti devono accompagnare i nostri sguardi.
Quali gesti di tenerezza devono avviare processi e progetti che esprimano il nostro agire nella fede?

Profezia e speranze

Isaia 61,1-3.6.8-9 e Luca 4,16-21

Questo testo di Isaia ci è molto familiare perché Gesù, nella sinagoga di Nazaret lo applica a sé lasciando tutti disorientati e allo stesso tempo affascinati, almeno in un primo momento. Si tratta del ribaltamento di quella logica che generalnente si sperimenta nel mondo attuale, dove sembrano vincenti la forza e il potere. In Isaia invece si afferma che i vincenti sono altri, sono coloro che, provati dalla vita in tanti modi diversi, sono capaci di riconoscere la carezza di Dio e trovarsi liberi di volare. La gente presente nella Sinagoga, quelli che stanno in casa, si sentono figli unici e vogliono restare tali. Ma è una scelta di morte, senza futuro e bellezza.

mercoledì 5 aprile 2023

Terzo canto del Servo di Yhwh

Isaia 50,4-9 e Matteo 26,14-25

Il terzo canto del Servo, oggi ci consegna questo invito, o meglio, ci ricorda che, prima di parlare, prima di tutto, è necessario aprirsi all’ascolto. Dovremmo ricordarcelo tutti che, prima di parlare, prima di “giudicare", prima di formulare le nostre sentenze, è necessario ascoltare tutte le voci, le storie, le vite vissute, le fragilità, le difficoltà che ciascuno/a, nella propria vita, affronta! Questo è quanto dovremmo imparare a fare sempre più: aprire il nostro orecchio, del cuore e dell’anima, e ascoltare!

martedì 4 aprile 2023

Secondo canto del Servo di Yhwh

Isaia 49,1-6 e Giovanni 13,21-33.36-38

Dio sceglie l’uomo per uno scopo, e lo fa chiamandolo per nome. Così ha fatto anche per il suo Servo, al quale ha dato la missione di riunificare il popolo di Israele.
Ma il suo Servo ha fallito, e i suoi sforzi sono stati vani. Eppure il Servo non si è scoraggiato, ma ha continuato a ripone tutta la sua fiducia in Dio. A questo punto ci si potrebbe aspettare che il Signore abbandoni il suo Servo, ma Yhwh non lo abbandona a sé stesso. Anzi, se essere il suo servo non è sufficiente per riunire il popolo di Israele, allora occorre qualcosa di più grande, qualcosa che superi le umane fragilità. Dunque, il servo diventerà "luce delle nazioni", per portare "la salvezza fino all’estremità della terra". 

lunedì 3 aprile 2023

Primo canto del Servo di Yhwh

Isaia 42,1-7 e Giovanni 12,1-11

Nelle varie epoche gli studiosi hanno fatto molte ipotesi sull’identità del Servo in Isaia. Due sono le più ricorrenti: una identifica il Servo con un individuo eroico, l’altra con Israele come collettività. In entrambi i casi, la realtà di contatto con il Servo, esprime la sintesi dell'esperienza umana che travalica ogni singolo contesto particolare. C’è molta gioia in questo passo, la gioia che deriva dalla lotta. C'è attesa per ciò che il Servo realizza: “stabilire il diritto sulla terra”; la giustizia per tutti, ovunque. Questa lettura ci permette di ipotizzare che l'opera del Servo non si esaurisce in un "adesso" storico e particolare, ma che tutto il tempo e l'universo è coinvolto sempre nel suo agire. La tensione tra la promessa universale di Dio e la sua realizzazione particolare è stato ciò che ha portato a rileggere la vicenda di un popolo come scelta particolare di privilegio, non come un essere tutti amati ed eletti.

domenica 2 aprile 2023

Passione per il mondo

Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mt 26,14-27,6

Inizia la più Santa delle settimane dove rinnoveremo nella morte e la Resurrezione di Gesù, la nostra fede in Lui nostro salvatore e nostra vita. Oggi, Gesù entra nella Città Santa, la città di Davide, il monte del Tempio di Dio ma sa perfettamente che quel viaggio terminerà in maniera tragica. C'è contraddizione tra i sentimenti di Gesù e la gioia della folla: Gesú ha pianto alla vista della Città Santa, mentre le folle ora lo acclamano vedendolo arrivare con la modesta cavalcatura dei Re di Israele, la mula. Ecco allora lo acclamiamo e alziamo rami di palma e stendiamo drappi e mantelli ai suoi piedi: “Osanna al Figlio di Davide!”
È la contraddizione d'un mondo antico, come anche del nostro mondo moderno, dove la verità non esiste e dove non interessa più scegliere il bene non il male; dove la vita non ha più valore se non per un profitto vantaggioso per qualcuno, scafista e mercante di profughi, come anche ad una etica e a una morale non solo soggettiva, ma che esalta il ruolo del più forte del momento; dove la parola pace riempie la bocca di tutti, ma poi rimane insieme alla parola guerra, ai tanti mercanti di armi ed agli speculatori dell'energia e delle derrate alimentari.
È in questo guazzabuglio che Gesù non si sottrae, ma si consegna per entrare caricarsi di tutto ciò che rappresenta anche oggi la nostra vita, perché tutto transiti dalla gioiosa esultanza alla drammaticità della passione, per essere innalzato sulla croce w issato sulmondoco e segno di salvezza e di vita eterna.
Anche oggi vogliamo piegare Dio, il suo unico figlio, alle nostre idee, adattare Dio alla nostra misura umana, dove Dio stesso è irrilevante e di accompagna alla nostra indifferenza. Non ci disturba Dio, purché sia indifferente.
Tutto questo è accaduto duemila anni fa; tutto questo accade ancora oggi: Gesù è piegato, a seconda delle circostanze e dei luoghi, secondo la necessità del momento. Continuerà ad accadere, così come alle porte di Gerusalemme, finché non saremo in grado di scorgere in Lui la verità dell’Amore, altrimenti lo condanneremo e lo uccideremo ancora e ancora perché mai soddisferà le nostre aspettative.



sabato 1 aprile 2023

Siamo suo popolo

Ezechiele 37,21-28 e Giovanni 11,45-56

In cosa si esprime l'identità di Israele?
Direi che tutto parte dalla coscienza di essere il popolo di Dio: il bisogno esistenziale di legami forti. Non ci contamineremo più con gli idoli: saremo purificati dall'amore che è misericordia infinita. Non quindi una non contaminazione come segregazione ma al contrario come segno di contagio dell'amorevolezza. Essere popolo significava avere un Re; ecco che la regalità di Davide ripropone la presenza, l'abitare di Dio nello stesso popolo, nel mezzo di loro. E in ultimo, essere popolo significa essere parte di una alleanza. Nnostante che il popolo abbia rinnegato ogni patto, l'essere popolo di Dio realizza il suo amore per loro. Un essere amati che pur mettendo in evidenza ogni fragilità, i realtà conferma l'unico amore che ci rigenera sempre.