lunedì 31 luglio 2017

Esoso 32,15-34 e Matteo 13,31-35
Idolatria


Questo popolo è incline al male, questa è la risposta di Aronne per giustificarsi di fronte a Mosè. Come se Mosè non lo sapesse ... Quaranta anni di deserto sono serviti proprio per mitigare il male che abita il cuore di questo popolo e per educarlo alla fedeltà. Ma nonostante tutto, questo popolo cede di fronte all'idolatria ... Avere un idolo, da adorare, possedere e ... Amarlo identificandosi in lui. Questa è la colpa che scatena la collera di Mosè, questo popolo non è ancora capace di amare. 
Imparare ad amare Dio, è un duro lavoro ... Coinvolge i sentimenti e l'esperienza. Coinvolge la fede in un atto di amore che ci precede e che vuole provocarci ad amare. 
Il regno dei cieli ci parla di questo amore; esso è piccolo come un piccolissimo seme che se tu, lo pianti nel tuo cuore, dove è la tua possibilità di "sentire e rispondere"; esso germoglia e cresce e diviene un albero accogliente e capace di esprimere amore a Dio e al prossimo.

domenica 30 luglio 2017

1 Re 3,5-12 / Salmo 118 / Romani 8,28-30 / Matteo 13,44-52
Il regno dei cieli, il tesoro, un mercante, una rete ...

E se nelle svariate immagini esistesse anche l'ipotesi che ciascuno discepolo del Signore è il Regno dei cieli? Ipotesi non poi così impropria, in ragione della nostra partecipazione al disegno di Dio Padre: "poiché siamo predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo".
Per cui, ecco, ciascuno di noi nella sua esistenza è una rete gettata nel mare della vita, che raccoglie ogni genere di cose; ma se da giovani e "stolti" si ha la tentazione di trattenere tutto, divenuto adulto, col tempo, "saggiamente" si è condotti a scartare ciò che è buono da ciò che è cattivo. Scartare è gettare la zizzania della vita: ciò che è nella rete e la rende pesante e incapace di raccogliere altro. Nel Vangelo si parla di scartare ciò che è marcio, ma anche ciò che marcisce!
Nelle immagini paraboliche, scartare significa anche selezionare la zizzania, raccoglierla per essere bruciata nel fuoco; diversamente soffoca e infesta il buon seme della Parola del Signore.
Ma nel nostro prendere coscienza della dignità di essere "figlio del regno", inevitabilmente, veniamo condotti a trattenere ciò che è buono.
Mentre la nostra ipocrisia ci spinge ad attaccarci alla zizzania che è come dire "la ricchezza non è la felicità, però aiuta ad essere felici", ma in questo modo nessuno andrà mai oltre la ricchezza delle cose, nella ricerca della ricchezza che è Gesù. Questo almeno fintanto che ci ostiniamo a restare "giovani e stolti", reti che gettate nel mare raccolgono ogni cosa senza discernere.
Ma quando come discepolo inizio a seguire il Signore ... Ecco che ciò che è buono ci appare davanti: è una scoperta che ti lascia esterrefatto, appunto come scoperta del buon seme, che in te, ha prodotto il cento, il sessanta e il trenta.
È a questo punto della nostra esistenza che comprendiamo che essere cristiani significa essere felici/beati ben oltre le "cose che possiedi", ben oltre tutte le ricchezze che ti surrogano la felicità. Le cose tuttalpiù sono strumenti, ma non sono il "tesoro nascosto nel campo", che ora, trovato, tu stesso vuoi possedere ad ogni costo, anche al prezzo più alto ed esclusivo: "poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo".
Se abbiamo visto anche solo una volta la perla preziosa è bella che è Gesù e la sua Parola, da quel momento non smetterò neppure un giorno della vita di ricercarla come un mercante di perle preziose, un mercante di quella parola che è unica ricchezza ed unica felicità.
La Parola è il buon seme che Gesù seminatore getta nella storia e nel tempo, perché un uomo, di fronte ad essa possa scoprirsi discepolo del regno dei cieli, ma è in questa scoperta che egli rigenera tutta la sua vita con quella sapienza di chi vuole essere felice e conosce come esserlo.

sabato 29 luglio 2017

Esodo 24,3-8 e Matteo 13,24-30
I nemici del regno dei cieli ...

La parabola del buon seme e della zizzania, rivela all'improvviso un personaggio inatteso, "mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò la zizzania ...".
Per analogia la zizzania è una infestante che cresce nel campo dove è seminato il buon seme. Possiamo intuire la zizzania come il germe della confusione, o anche il seme di ciò che sottrae forza ed energia al regno dei cieli. Nella manifestazione estrema la zizzania è il regno in alternativa. Così come il figlio dell'uomo semina il buon seme del suo regno; così il suo nemico semina la zizzania, seme del suo regno. La zizzania corrisponde all'opera e all'agire del nemico. Interessante è l'atteggiamento suggerito dal Signore: "Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura ..."
Il buon seme, è consapevole che il regno non si esaurisce nel momento presente ma che per tutto, buon seme e zizzania giunge al tempo della mietitura: il tempo in cui il nemico sarà costretto alla resa.

venerdì 28 luglio 2017

Esodo 20,1-17 e Matteo 13,18-23
Io sono il Signore tuo Dio ...

Con queste Parole inizia la rivelazione di Yhwh nella legge di Israele. Quella legge che noi conosciamo come il "decalogo" assume in questo modo un carattere particolare, non è infatti, paragonabile a nessun altro codice legislativo,  frutto dell'intelligenza umana. Il decalogo ha un fondamento etico e morale che è Dio stesso. Da qui tutto il carattere divino della scrittura per Israele e per tutti i Cristiani.

giovedì 27 luglio 2017

Esodo 19,1-20 e Matteo 13,10-17
Ecco io sto per venire verso di te ...


Con queste parole dell'esodo di introduce l'incontro tra Yhwh e il popolo di Israele, nel deserto, dopo la liberazione dall'Egitto.
Se possiamo definire una modalità esplicita di Dio è proprio il suo venire verso di te ... Non sarai mai tu a fare il primo passo, ma è Dio che si rende presente e si avvicina. Questo non è in contrasto con quanto dice il Vangelo, riportando nelle parole di Gesù la profezia di Isaia: "Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete ...", perché la durezza, cioè la nostra indifferenza verso Dio è causa della non accoglienza della sua vicinanza. Le parabole stesse, sono il modo in cui la vicinanza di Dio si rende evidente nella Parola del Signore. Ricordo che le parabole, non sono favole, né storielle pedagogiche e neppure modalità espressive, esse sono Parola di Dio!

mercoledì 26 luglio 2017

Esodo 16,1-5.9-15 e Matteo 13,1-9
Chi ha orecchi ascolti ....


Il nostro rapporto con la Parola è spesso incostante e privo di vero ascolto.
Quando si ascolta quella parola diviene efficace nello stesso modo in cui il seme gettato dal seminatore "impatta" con il terreno. L'ascolto non è mai uguale, c'è chi è impermeabile all'ascolto della parola, al punto che la parola corre il rischio di essere sottratta o persa ... divorata dagli uccelli. C'è chi è frettoloso nell'ascolto al punto che la parola ascoltata non è custodita e non si radica nel cuore. C'è chi di fronte alla parola "chiude gli orecchi" e a vita, e la parola ascoltata muore, diventa muta. Tutto questo può generarsi a seguito del nostro modo di ascoltare. Ma può accadere, e accade, che la Parola trova la nostra disponibilità ad essere accolta, cioè "ascoltata", per cui in base al desiderio di Dio quella parola genera effetti inaspettati di conversione, misurabili in 100, 60 o 30 ... Già 30 sarebbe un bell'effetto ...

martedì 25 luglio 2017

2 Corinzi 4,7-15 e Matteo 20,20-28
Festa di San Giacomo Apostolo
Lo "stile" che serve!

Questa pericope (la pericope è una parte compiuta) del Vangelo di Matteo, profuma di rilettura ecclesiale. Ciò significa che quella situazione imbarazzante per il gruppo apostolico è servita alla comunità di Matteo per assumere in concreto lo Spirito del Vangelo. Di quale Spirito parliamo?
"...chi vuole diventare grande tra voi?"
"...chi vuole essere il primo tra voi?"
"Servo, schiavo, figlio dell'uomo ..."
Per un cristiano corrispondere al senso di pienezza della propria vocazione non è coronamento di una ambizione personale, ma adesione allo stile di Gesù. Lui è la vocazione riuscita! Lui è il prototipo di come umanamente ricondurci a una pienezza che corrisponde alla mente di Dio.
Chi sarà alla destra e sinistra del Signore? Quelli per i quali il Padre lo ha preparato ... Tutti coloro che "servendo" bevono il calice di Cristo (coloro che rinunciano alla ambizione personale), e mettono/donano la loro vita per la vita del mondo.

lunedì 24 luglio 2017

Esodo 14,5-18 e Matteo 12,38-42
Malvagi e adulteri ...


È' un giudizio quello che esprime Gesù rispetto a "quella generazione", i cui rappresentanti sono scribi e farisei.
Malvagia, cioè volutamente cattiva; adultera, volutamente infedele. Questa falsità è tale che per giustificare la propria nefandezza, si pretende un "segno di giustizia che sia portatore dell'obbligo alla conversione ... diversamente si continuerà nella malvagità e nell'adulterio.
Ma quella generazione, può e passere anche questa generazione, il cui cuore è indurito ... La prova che viene invocata da Gesù è ancora una volta il segno di Giona, che Gesù applica a sé stesso, "tre giorni nel cuore della terra" a riposare ...
La deposizione nel sepolcro, prima della risurrezione si riveste ora di una veste di tenerezza, la quale da al segno una potenza inaudita. La morte di Gesù passa da evento doloroso ad abbandono alla misericordia del Padre cioè, diviene il "riposo nel cuore della terra".  Quel "Segno" diviene giudizio per chi non crede nel Figlio, per chi vuole essere malvagio nel vivere e adultero nel cuore.

domenica 23 luglio 2017

Sapienza 12,13.16-19 / Salmo 85 / Romani 8,26-27 / Matteo 13,24-43
Parabole per non capire ... Ma tutto è nelle parabole!

Ma che cosa è il Regno dei cieli?
In base a quanto ascoltato domenica scorsa, occorre abbandonare ogni pretesa di capire secondo le nostre logiche un eventuale regno dei cieli.
Per noi, cercare il regno dei cieli è spesso una questione di sicurezze psicologiche; di garanzie e certezze circa la fede; di compensazioni per le nostre fragilità etiche e morali. Il regno lo percepiamo come il premio per i buoni, per chi ha vissuto secondo i precetti del Signore. Il regno lo percepiamo come una sorta di "istituzione" alternativa alla nostra realtà spesso ingiusta e priva del senso religioso. Il regno lo viviamo come il divenire del Vangelo in contrasto con la mentalità del mondo.
A veder bene, Gesù parla del regno usando Parabole, semplicemente, perché ci sono cose che lo hanno colpito, e da quelle cose trae le immagini che identificano il suo modo di esprimere e condividere se stesso, ossia l'amore del padre, il "Regno" appunto!
Gesù ha parlato, insegnato, fatto segni ecc ... eppure ha raccolto anche rifiuti, diffidenza e critica. Si è confrontato con l'ingiustizia del suo tempo, e ha sperimentato come il suo insegnamento non incideva la vita dei tanti che lo seguivano. Sembra proprio che la zizzania fosse ciò che più attraeva e coinvolgeva; la zizzania lavorava e cresceva con maggior vivacità; la zizzania si confondeva con le sue parole... Eppure nonostante tutto questo, la zizzania non è destinata a essere infestante per sempre; ora cresce insieme, ma alla fine, solo il seme buono produce il frutto che rimane. Gesù ci dice che lui, le sue parole rimangono, nonostante tutto e tutti i segni di sconforto.
Passando fra le mani un piccolissimo seme, Gesù avrà chiesto, almeno una volta: "che seme è questo". Gli hanno risposto che era "Senapa" e gli avranno anche mostrato la pianta. Quale meraviglia, quali imponenza, quale possibilità ha quella pianta ...
Guardando in casa una donna che impastava il pane, rimane positivamente stupito e meravigliato ... Come sempre, dal fatto che quella donna non si curava della lievitazione, ma dopo avere impastato la farina, da dentro, scaturiva una forza che rendeva il pane lievitato e buono!
Non credo dobbiamo imparare cose particolari circa il regno dei cieli, se non che Gesù in quelle immagini racconta e propone se stesso. Lui si immedesima in quelle immagini e le propone come occasione per stare di fronte a qualcosa che ci richiama il mistero di Dio.
Lui è il seme buono che rimane buono pure se c'è tanta zizzania; lui è lo straordinario che si nasconde, piccolo piccolo nella realtà ordinaria; lui è la vita buona che se impastata con la nostra farina tutto fa crescere ... Il regno è tutto questo ... Non riduciamolo a una istituzione o a delle esperienze "strette" da dover fare e archiviare.
Il regno dei cieli è più una condivisione del mistero di Dio, perché ci accorgiamo che ci affianca e ... riconoscendolo nella vita ne restiamo toccati e meravigliati, per questo coinvolti.

sabato 22 luglio 2017

Cantico 3,1-4 e Giovanni 20,1-2.11-18
"Ho cercato l'amore dell'anima mia ..."
Dal sentimento all'amore!


Il Cantico dei Cantici crea una cornice particolare al Vangelo di Giovanni, dove l'evangelista racconta il dialogo tra Gesù risorto e la Maddalena.
Fuori da ogni strumentale polemica, il Cantico dei Cantici ci rinnova l'amore a Gesù come condizione indispensabile e irrinunciabile dell'essere discepoli. Essere di Cristo, significa essere coinvolti in una relazione, che umanamente si inserisce nella struttura stessa della nostra affettività e capacità di amare. Non si è cristiani per semplice educazione, e nemmeno per "catechizzazione" di principi "belli". L'appartenenza  al Signore è prima di tutto amarlo. Il Vangelo di Giovanni, nel dialogo tra Gesù e la Maddalena, descrive quanto Maria Maddalena amasse Gesù, di un amore vero. Un amore che faceva sintesi di tutta la sua vita riscattata e rigenerata, perché amata dal Signore. Per Maria Maddalena questo amore trasforma radicalmente la relazione amicale ... e l'amato del suo cuore è divenuto il "maestro"!

venerdì 21 luglio 2017

Esodo 11,10-12,14 e Matteo 12,1-8
Il Figlio dell’uomo è Signore del sabato ...


Essere Signore del sabato, significa essere oltre e sopra le leggi e i rituali; significa essere nella logica della misericordia e non del sacrificio; ma significa pure essere parte di quel sabato che è principio e compimento di tutto (cfr Genesi): "compimento della creazione e inizio del tempo e del riposo". Il tempo infatti non inizia il primo giorno della creazione ma nel compimento della creazione, cioè nel riposo. Il tempo è realizzazione e attualizzazione dell'opera della creazione. I'inizio/principio, come realtà nuova, si pone nel sabato. Il "Sabbá" assume in questo modo tutt'a la sua rilevanza morale, etica, religiosa ed esistenziale; esso diviene la festa del "nuovo inizio", una festa perenne, di settimana in settimana, di generazione in generazione. Non credo sia errato affiancare il "Sabbá" alla pienezza della Pasqua (del popolo di Israele), per cui a partire dall'uscita dall'Egitto rappresenta il nuovo inizio; come pure alla Pasqua del Signore, per cui il sabato è compimento della realtà e del tempo che confluisce nella Risurrezione. La Risurrezione, come piena Signoria di Cristo, è il sabato senza fine ...

giovedì 20 luglio 2017

Esodo 3,13-20 e Matteo 11,28-30
Venite a me ...


Si va a Lui, con il cuore, la ragione e con la vita. Non si può andare a Lui se non c'è unità di sentimenti: se i miei affetti non sono anche per il Signore, il mio legarmi a lui non sarà mai un atto di fede, ma solo un atto di formare religiosità.
Non si può andare a Lui senza una ragionevolezza: assumere la ragione come criterio per rileggere gli avvenimenti del tempo e della storia per darvi senso logico e credibile.
Non si può andare a Lui senza una vita che esprima una reale appartenenza: essere cristiano con la vita significa altro dall'essere semplicemente credente in Cristo.
Forse è questo il motivo per cui la maggior parte dei battezzati, non trova quel ristoro promesso, nonostante la grave fatica che sperimenta nel quotidiano, e oltre tutto, non si carica del giogo del Signore, della croce: andare a Lui è corrispondere alla vocazione della vita, non è un movimento nello spazio e nemmeno dell'intelletto.

mercoledì 19 luglio 2017

Esodo 3,1-6.9-12 e Matteo 11,25-27
Ti rendo lode, Signore ...


Questa esplosione di gioia spirituale e non solo, di Gesù, corrisponde alla spontanea e corroborante relazione tra Gesù e il Padre. Gesù vive una intimità, frutto della preghiera e dello stare accanto al Padre, che motiva il moto gioioso che si evidenzia nelle sue parole. Nello stesso modo Mosè impara la meraviglia del roveto che arde, e non si consuma. Nel momento stesso in cui la distanza tra Mosè e il roveto (Yhwh) si riduce, Dio stesso "grida"dal roveto; quanto più la distanza si accorcia, tanto più forte è l'intensità della presenza di Dio, e più forte risulta la relazione con Lui.
La lode di Gesù non è frutto di naturalezza (visto che lui è il figlio di Dio) ma è conseguenza della relazione vissuta con fedeltà e verità tra il Figlio e il Padre; quindi questo diviene vero anche per noi, quando tutto (o almeno, molto ...) ci giochiamo nella relazione con Dio. La nostra scarsa gioia e aridità, non deriva forse proprio da questo scarso coinvolgimento; se Mosè si fosse accontentato di stare a distanza, il grido di Dio sarebbe stato un sussurro.

martedì 18 luglio 2017

Esodo 2,1-15 e Matteo 11,20-24
È un bambino degli ebrei!


Mosè, tratto dalle acque del Nilo, è quel bambino che rappresenta da subito la speranza, il capovolgimento della storia di Israele.
Quando il popolo schiavo in Egitto, inizia l'itinerario di conversione; quando Mosè inizia la sua personale conversione, in quel momento si riattiva la salvezza come prospettiva futura. Dalla parte di Mosè la salvezza è la stessa rivelazione del nome di Dio (io sono colui che c'è), dalla parte del popolo la salvezza è la liberazione dalla schiavitù: paradigma della liberazione dal peccato e dalla morte.
La chiave di lettura degli avvenimenti - sia personali che di popolo - consiste nella comprensione della conversione come evento esistenziale. La conversione supera e precede quella disposizione morale che si esaurisce nelle opere. La conversione parte dall'esperienza delle "opere" di Dio/Cristo.

lunedì 17 luglio 2017

Esodo 1,8-22 e Matteo 10,34-11,1
"... chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato".


Visto che siamo sensibili alle ricompense, per cui chi accoglie un profeta avrà la ricompensa del profeta! Quale?
Il profeta più importante è Mosè, ma prima di lui Elia ed Enok hanno sperimentato in loro la consolazione dell'essere profeti di Yhwh; Elia è stato assunto in cielo, ed Enok, cammina con Dio, Dio lo prese con sé, subito.
Chi accoglie un giusto, avrà la ricompensa del giusto! Quale?
In Matteo al capitolo 25, ai giusti verrà detto: "venite benedetti del padre mio ricevete in eredità il regno promesso, perché ..."
E quale è la ricompensa a chi da 1 bicchiere di acqua a un discepolo?
Credo sia la stessa ricompensa che Gesù promette alla samaritana: "un'acqua che zampilla per la vita eterna..."
Alla luce di tutto questo, quale è la ricompensa per chi accoglie Gesù?
Per chi accoglie il Cristo, e decide di stare con Lui? Di perdere la vita per lui?
In questo caso la ricompensa è: "si spogliò le vesti, si cinse i fianchi con l'asciugatoio e si mise a lavare loro i piedi ... e li serviva".
Questa immagine del Vangelo di Giovanni al versetto 13, diventa escatologica (il senso della fine) e ci permette di completare l'immagine della parabola del giudizio in Matteo 25.
Nulla di ciò che accade nel tempo, a causa della venuta di Cristo è paragonabile alla ricompensa che ne deriva per chiunque lo accoglie.

domenica 16 luglio 2017

Isaia 55,10-11 / Salmo 64 /  Romani 8,18-23 / Matteo 13,1-23
Beati i vostri occhi perché vedono e orecchi perché ascoltano!


Quando sono una strada, quando un terreno sassoso, quando un terreno coperto di rovi e quando sono un buon terreno in cui cade il seme della parola ..." Basta!
È assurdo che continuiamo a capire la parabola, a fare le applicazioni alla vita e a non attualizzare cioè trasformarmi nella Parola ascoltata.
Credo che Gesù quel giorno fosse alquanto alterato, si mise a parlare in parabole ma non voleva farsi capire. Lo stesso evangelista per giustificare si rifà a una profezia di Isaia: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”.
In realtà con la parabola Gesù metteva in risalto l'indifferenza e non curanza rispetto alla Parola. Essa viene gettata e nessuno se ne cura, e quindi il maligno la porta via, ne veniamo privati. Il male occulta la Parola seminata.
La parabola mette in risalto la nostra insufficienza della vita: non vivendo secondo lo Spirito del Signore, la Parola non trova un ambiente idoneo per radicare.   
Presi dalla frenesia della vita, dall'affanno delle cose, la Parola vivente soffocata dalla mancanza di priorità! Ma fintanto che queste condizioni ci coinvolgono al punto di condizionarci la vita, la relazione con la Parola non produce frutto.
In realtà non siamo convinti della relazione esistenziale tra Parola e vita. Noi siamo persuasi solo di una dimensione educativa, morale e pedagogica.
Ma la Parola Seminata, dal Seminatore è presenza reale del Signore. È lui stesso nella Parola, per cui la relazione con la Parola è di natura esistenziale.
Quando l'evangelista interpreta la parabola, Gesù stesso afferma che il seme coinvolge la vita e produce un frutto insperato solo in una vita buona ... Ovvero beata, beati voi che vedete e ascoltate... Occorre andare a scuola della parola, con la parola e nella parola...

sabato 15 luglio 2017

Genesi 49,29-50,26 e Matteo 10,24-33
Seppellitemi presso i miei padri ...


Non avevo mai fatto caso quanto fosse importante questa terra di sepoltura ... Abramo acquistò la caverna e il campo, come luogo di sepoltura, di sua moglie Sarà, da Efron l'ittita, ma non si tratta di una tomba, si tratta di un luogo sacro per riposare nella promessa. Con questa acquisizione, Abramo anticipa il compimento della promessa circa la terra come possesso che Yhwh fa a lui e alla sua discendenza per sempre. Questa comprensione è alla base della sepoltura di tutti i patriarchi e delle loro mogli in quella tomba: "Là seppellirono Abramo e Sara sua moglie, là seppellirono Isacco e Rebecca sua moglie e là seppellii Lia". Pure Giuseppe, in verità, a compimento della propria vita, chiede che le sue ossa siano portate nella Terra della Promessa, affinché già nel tempo sia evidente appartenere a una Promessa che è per sempre. Al possesso della terra possiamo abbinare il possesso dei beni eterni che Yhwh concede come vita per sempre ai suoi eletti. La fede nella vita eterna si genera nella Promessa che è per sempre.

venerdì 14 luglio 2017

Genesi 46,1-30 e Matteo 10,16-23
"Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato".


Questa espressione di Matteo, la dice lunga sul progetto di una vita cristiana; non si dà salvezza, cioè pienezza, senza un totale coinvolgimento, per cui ogni momento rappresenta il compimento della propria esistenza, e quindi l'occasione di partecipare all'amore che salva. Questo è lo sguardo con cui stare nella realtà: non esiste una condizione o un traguardo che rappresenti l'occasione di vittoria o di conquista del premio della salvezza; ma è la perseveranza lo stile della quotidianità.
Alla luce di questo, perseveranza, è lo stile di Giacobbe, la cui vita ed esperienza, non è un compimento risolutivo, ma è parte di un cammino iniziato con Abramo, e che in Israele si rinnova continuamente. Questo cammino è il cammino nelle promesse di Yhwh, e quindi della salvezza.
La perseveranza di cui parla Matteo, è la capacità di stare saldi e fermi nell'amore di Gesù, anche se tutto fosse segnato dall'assurdo: "fratelli contro fratelli, figli contro genitori, persecuzioni e uccisioni ..."
Ci sono uomini e donne che anche ai nostri giorni (in Siria) hanno fatto esperienza "dell'assurdo", eppure hanno perseverato nella fede e nell'amore di Cristo ... Perché?
Fede, fedeltà, cammino, salvezza ... Tutto a causa e per causa Sua!

giovedì 13 luglio 2017

Genesi 44,18-45,5 e Matteo 10,7-15
Annunciate (gridate) il regno dei cieli!


Si sta diffondendo l'idea che il Vangelo sia una proposta tra le altre, rispetto alla quale chiunque ne viene in contatto è invitato a reagire e a rispondere in un senso o in un altro. Sembra quasi di essere di fronte a una proposta "commerciale", e l'evangelizzazione altro non sia che il modo di pubblicizzare questa proposta. Tutto questo è frutto della globalizzazione e del relativismo etico del nostro tempo è della nostra cultura.
Il Vangelo, non è una proposta, "il Vangelo è il discepolo che cammina", e strada facendo , questo discepolo compiendo le opere del suo Signore, in questo modo rende operativo il Vangelo. Il Vangelo è un grido che rompe la piatta monotonia priva di speranza di una umanità vinta da peccato. "Il peccato" è molto più dei singoli peccati personali; il peccato è la condizione di Sodoma e Gomorra; il rifiuto del Vangelo è sinonimo di radicalità nel peccato. Ma l'accento delle parole di Gesù è il contenuto dell'essere vangelo: guarire i malati; risuscitare i morti; purificare i lebbrosi; cacciare i demoni... Questi aspetti dell'essere Vangelo, non l'abbiamo ancora assimilati!

mercoledì 12 luglio 2017

Genesi 41,55-42,24 e Matteo 10,1-7
Diede loro il potere sugli Spiriti immondi ...


Sarebbe più facile inquadrare l'invio del gruppo dei dodici, attraverso la lettura del l'istituzione del gruppo stesso (elenco dei nomi) e il comando di andare piuttosto alle pecore perdute della casa di Israele ... Avremmo così una idea di una missione legata alla conversione del popolo di Israele, una esclusività per esprimere una dimensione di "segno" per tutti. Ma ciò che caratterizza questo invio, è il conferimento del potere sugli Spiriti impuri, per scacciarli e per guarire ... Il male che affligge la vita dell'uomo, non è lo spazio della sua sconfitta, e neppure è chiesto all'uomo di combattere il male in una lotta impari, nella quale soccombere. Ciò che spesso non riconosciamo è che l'annuncio del Vangelo, della buona/nuova novella è connesso intrinsecamente con la liberazione dal male. Se riduciamo il Vangelo a un precetto morale restiamo vincolati al giogo della legge; se il Vangelo è strumento di liberazione, il riscatto esistenziale raggiunge l'originalità del nostro essere ed esserci. "Il male non è una favola, o un retaggio di ancestrali paure ..."!

martedì 11 luglio 2017

Proverbi 2,1-9 e Matteo 19,27-29
Festa di San Benedetto, Patrono d'Europa
Chi avrà lasciato, ... riceverà!

Pietro sottolinea l'esperienza del lasciare (noi abbiamo lasciato ...); Gesù invece parte dal seguire Lui (Amen dico a voi! Voi che avete seguito me ...).
La prospettiva di Pietro è quella di chi è ancora legato a progetti personali, per cui ciò che faccio per Gesù, quale vantaggio mi produce? Il mio credere in Te, e seguirti, Signore, comporta una serie di scelte, di rinunce e anche di abbandoni (non sempre con debita convinzione), ma quale prospettiva mi di offre? Pietro non si lascia sfuggire queste parole: "cosa dunque sarà a noi?"
Le parole di Gesù invece pongono tutto dentro una esperienza di sequela, cioè, se segui il Signore, tutto il resto non è poi così importante; la sequela non è più una scelta ma diviene uno spazio di vita, in cui hai già il centuplo per ciò che hai lasciato. La sequela stessa è il centuplo e la possibilità della vita eterna come eredità (come diritto legittimo).
Fin tanto che Pietro sta dalla sua parte, non riesce a comprendere cosa sia seguire il Signore. Quando Pietro smetterà di preoccuparsi della propria parte, le cose cambieranno profondamente.

lunedì 10 luglio 2017

Genesi 28,10-22a e Matteo 9,18-26
Quando ci svegliamo dal sonno ...


Quando ci si sveglia dal sonno, ci si trova alla presenza di Dio. Il sonno è lo spazio della vita in cui noi siamo tutto, in cui tutto ruota e fa appello a noi, è una vita che sfibra e stanca. Il sonno diviene la condizione in cui ci arrendiamo all'opera di Dio, e nel risveglio, riconosciamo la sua presenza, e comprendiamo la sua Parola (promessa).
Giacobbe, nel desiderio di ritrovare le sue radici ripercorre tutta la terra di Canaa, da Bersabea (città alle porte del Deserto del Neghev) fino a Carran (città alle porte della Terra promessa), sono in luoghi di Abramo. In questo itinerario, Giacobbe, si rimette all'interno della promessa di Dio fatta ai padri: la discendenza numerosa e il possesso della terra. Sentirsi parte della promessa significa per Giacobbe, ristabilire quella relazione profonda, fedele ed unica, con colui che aveva promesso.
Nel risveglio, si è toccati da Dio o tocchiamo Dio ... 

domenica 9 luglio 2017

Zaccaria 9,9-10 / Salmo 144 / Romani 8,9.11-13 / Matteo 11,25-30
Trovate ristoro, tenerezza e amorevolezza di Gesù.

Nessuno, Padre, ti conosce se non chi conosce me ...
Queste parole di Gesù ci mettono tutti in una stranissima posizione e di fronte ad un interrogativo: io, cosa conosco di Dio?
Il rischio è di dover ammettere di non conoscere "proprio nulla " ... O forse poco poco! Perché?
Perché ci fidiamo di immagini e concetti che abitano i nostri ragionamenti e che soddisfano le nostre idee, ma che in realtà hanno ben poco a che fare con Dio.
In questo modo ci immaginiamo un Dio padre, più intento a spiare la nostra vita e quasi a giudicare ogni nostro respiro, piuttosto che quel Dio padre che Gesù ci ha raccontato. Ma ... forse noi vogliamo un Dio così severo, dal quale difenderci, per poterlo tenere ai margini della nostra vita, mai coinvolto pienamente, perché mai conosciuto fino in fondo.
"Ti benefico Padre" perché ti nascondi ai dotti e agli intelligenti, a coloro che sanno troppo  di tutto; a loro sfugge la semplicità di Dio che si rende evidente nella vita di chi ci ama; anche noi cristiani rischiamo di essere troppo sapienti e intelligenti per riconoscere la semplicità e bellezza dell'amore. Tutto questo non è un concetto ma è frutto è conseguenza di esperienza.
A questa conoscenza di Dio - esperienza personale fatta anche da Gesù - corrisponde pure la tenerezza della sua vicinanza del suo esserci accanto.
Ci sono momenti della vita nei quali vogliamo, chiediamo di poter conoscere Dio, di poterci accostare a Lui, di sentirlo accanto. Quegli stessi momenti, spesso drammatici e di crisi, sono lo stesso spazio in cui fare esperienza della tenerezza di cui parla il Signore: "venite a me voi che siete stanchi e oppressi, e troverete ristoro!"
Ma esiste questo luogo di ristoro? In cosa consiste?
Credo che si tratti di questo:
Il Santo Curato d'Ars incontrava spesso, in Chiesa, un semplice contadino della sua Parrocchia. Inginocchiato davanti al Tabernacolo, il brav'uomo rimaneva per ore immobile, senza muovere le labbra. Un giorno, il Parroco gli chiese: "Cosa fai qui così  a lungo?". "Semplicissimo, rispose. Egli guarda me ed io guardo Lui".
Il ristoro credo che sia proprio questa situazione: Puoi andare al tabernacolo così come sei. Con il tuo carico di paure, incertezze, distrazioni, confusione, speranze e tradimenti. Avrai una risposta straordinaria: "Io sono qui!".
"Che ne sarà di me, dal momento che tutto è così incerto?". "Io sono qui!".
"Non so cosa rispondere, come reagire, come decidermi nella situazione difficile che mi attende". "Io sono qui!".
"La strada è così lunga, io sono così piccolo e stanco e solo...". "Io sono qui!".
... Stiamo troppo poco in ginocchio davanti al tabernacolo, troppo poco!

sabato 8 luglio 2017

Genesi 27,1-5.15-29 e Matteo  9,14-19
Inganni e convenienze.


Mi soffermo sulla narrazione del libro della Genesi, attirato da una vicenda in cui si "mescolano" misteriosamente: benedizione paterna (racchiude il divenire delle promesse fatte ad Abramo); preferenza della madre rispetto ai figli (Esaù e Giacobbe); inganno del fratello minore, Giacobbe ...
Eppure la promessa di Dio, la sua benedizione di generazione in generazione non viene minata e neppure indebolita dal vissuto dei discendenti di Abramo.
Credo proprio necessario il soffermarci a considerare la fedeltà di Dio non come stabilità della volontà divina circa la salvezza; ma come la sua forza di redenzione all'interno della   storia. Quello che voglio dire è che non si tratta del detto: "Dio scrive diritto nelle nostre righe storte", ma che la sua promessa, è tale, attraverso e mediante le nostre "storture", essa non cessa di essere una promessa in divenire, una promessa che si compie!

venerdì 7 luglio 2017

Genesi 23,1-4.19; 241-8.62-67 e Matteo 9,9-13
Sono venuto a chiamare i peccatori ... 


Cosa può mai venire di buono da un peccatore?
Il nostro giudizio moraleggiante, un poco da perfetti farisei, ci mette subito in guardia dai peccatori. Un po' forse, perché all'idea di peccatore corrisponde il concetto di sleale, delinquente, infido ... 
Ma in realtà chi è il peccatore? La scelta di peccato è quella scelta che vi fa preferire altro a Dio. Prima di una qualsiasi azione, e delle conseguenze morali, il peccato è realmente una distanza, la distanza tra la nostra vita e Dio stesso ... "quel faccio da solo, senza di te ..." 
Chiamare i peccatori, ovvero richiamare; ovvero ancora, richiedere un peccatore, rappresenta per Gesù il tentativo da parte di Dio Padre, di colmare una distanza, una lontananza nella vita stessa.
Ciascuno di noi è un peccatore perché relega Dio ai margini della propria vita! Quando Gesù chiama Matteo, immediatamente il Vangelo ci porta in una situazione di famigliarità quotidiana. Matteo lascia che Gesù dimori nella sua vita.

giovedì 6 luglio 2017

Genesi 22,1-19 e Matteo 9,1-8
Dio mise alla prova Abramo ...


Occorre molta attenzione nel leggere questi capitoli di Genesi;  infatti questi racconti oltre a un risvolto pedagogico; contengono anche un presupposto teologico e si dispiegano in una vicenda reale ma anche un po' mitica o allegorica.
Infatti, può Dio essere così cinico da chiedere ad Abramo di sacrificare quel figlio che lui stesso ha donato nella sua piena libertà è gratuità? Può Dio mettere in cuore ad Abramo il dubbio che la promessa di discendenza, a partire spesa quel figlio, in realtà non ha nessun valore?
Quale è il vero contenuto del "mettere alla prova Abramo?"
Provo di dare una chiave di lettura e comprensione: Yhwh vede e si fa vedere!
Yhwh vede, ma non come semplice osservatore distaccato, egli compatisce; ha un amore così grande per Abramo, che lo spinge a rivelarsi nell'amore stesso. Isacco è segno concreto dell'amore di Yhwh, di Abramo, di Sara, e di tutte le generazioni che in lui sono benedette; è in quel figlio amato che Yhwh si fa vedere. Tutto, ogni vicenda, ogni atteggiamento ogni espressione di umanità deve fare vedere Dio, il suo grande amore.
Non è quindi Abramo che è messo alla prova, ma Dio si rivela ad Abramo in quella "prova".

mercoledì 5 luglio 2017

Genesi 21,5.8-20 e Matteo 8,28-34
Non allontaniamo Gesù dal nostro territorio...


Sei passato dalle nostre parti, hai scacciato il demonio, ci hai restituito la libertà, ma noi ti allontaniamo dalla nostra vita. Questa "rappresentazione" corrisponde al senso della lettura del Vangelo. Vivere le conseguenze della tua presenza non sempre corrisponde al desiderio del nostro cuore. La Tua presenza non solo suscita meraviglia, ma suscita anche perplessità, infatti nello stesso modo in cui smascheri il demonio, sei capace di mettere a nudo le nostre ipocrisie e i nostri tradimenti. L'attaccamento a quei maiali, il legame con quegli interessi, si dimostra più importante della liberazione dal maligno dei due indemoniati. Per non ricadere in questa contraddizione occorre che maturiamo progressivamente un vero apprezzamento non solo degli atti di liberazione compiuti da Gesù, ma assumiamo Gesù stesso come principio di libertà. Accogliere lui significa essere veramente liberi dal male. Accoglierlo implica il suo prendere dimora in noi. 

martedì 4 luglio 2017

Genesi 19,15-29 e Matteo 8,23-27
Distruzione di Sodoma e Gomorra


Il Vangelo presenta l'immagine di Gesù, Signore e dominatore delle forze della natura, una sintesi un attimo riduttiva del senso evangelico. Forse sarebbe meglio cogliere il coinvolgimento di Gesù nelle reali condizioni del creato. Il suo coinvolgimento con gli eventi e con le vicende della storia. Dio non è una astrazione spirituale, ma come dice San Paolo in lui noi viviamo, ci muoviamo ed esistiamo. Gesù in quella attraversata del lago entra in relazione con i discepoli, chiedendo la loro attenzione circa la loro poca fede. Anche il passo della genesi ci apre alla comprensione dell'agire divino nella storia dell'universo. Abramo contempla la valle, vede il segno della distruzione, il fumo che saliva. Oggi quella valle parla ancora di un passato florido è pieno di vita; parla di eventi catastrofici che hanno mutato profondamente il territorio; parla del sale di quel mare che non ha vita in sé: la moglie di Lot divenuta una statua di sale. Ma chiede pure, a noi, di comprendere tutto ciò non come esclusivo castigo di Dio sulle città di Sodoma e Gomorra, ma come Dio stesso è coinvolto in ciò che accade è come la fede in lui ci permette di leggere le vicende congiungendo fede e ragionevolezza.

lunedì 3 luglio 2017

Efesini 2,19-22 e Giovanni 20,24-29
Festa di San Tommaso, apostolo
Dal credere all'aver fede!


Nel Vangelo di Giovanni la parola che esprime il credere e l'aver fede è la stessa, ma possiamo ugualmente riconoscere una differente sfumatura di significato.
Nell'uso della parola il "credere" implica una relazione verso qualcuno o qualcosa, mentre l'aver fede implica una relazione con Dio o Cristo.
Tommaso, rispetto alla sua esperienza di Gesù deve passare dal credere in qualcuno/qualcosa all'aver fede in Cristo. La duplice apparizione del Signore risorto sottolinea nelle parole del l'apostolo il suo itinerario dal credere all'aver fede: "credere/non credere ai segni"; al affermazione: "mio Signore e mio Dio".
Anche ciascuno di noi è provocato nel discernimento dei segni, per passare ad oltre, per convergere nell'esperienza della fede.

domenica 2 luglio 2017

2 Re 4,8-11.14-16 / Salmo 88 / Romani 6,3-4.8-11 / Matteo 10,37-42
Non è degno di me ... In realtà vorrei sentirmi dire ...

Oggi vorrei sentirmi dire, che sono degno di te, cioè che tu Signore sei contento di me.
Può sembrare strano, ma a forza di esortazioni, mi sento inadeguato, mi sento in un cammino continuo senza certezza di riuscita.
Vorrei sentirmi dire che l'amore che ho per te, anche se non è il massimo, se è limitato, se non è puro ... Per te è importante, che lo riconosci come frutto della mia fatica e delle mie limitazioni. Ma è comunque un amore importante ...
Vorrei sentirmi dire che l'impegno della vita cristiana non è un vanto, ma vivere da cristiano testimoniando la mia fede, pur nell'ingarbuglio della quotidianità - è quel caricarsi la croce ogni giorno e seguirti. Vorrei sentirmi dire che anche questo fa parte del seguirti nella via del calvario.
Vorrei sentirmi dire che ogni minuto speso per la Chiesa non è un tempo perso, ma che quel "perdere tempo" per te Signore è così importante che dentro ogni minuto metti tanta vita che ora nemmeno immagino, e che gusterò in eterno.
Vorrei sentirmi dire che ogni tanto sono riuscito ad accoglierti, vorrei sentirmi dire che con me tu Signore ci stai bene, che la mia vicinanza e compagnia è desiderabile come quella di un caro amico, che è buona e salutare come un bicchiere di acqua fresca.
Vorrei sentirmi dire, che oggi è fine settimana e quindi è giorno di paghetta, e che tu hai deciso di tanti a me come ricompensa.
Ecco questa è la cosa più importante, non voglio perdere te Signore come mia unica e sola ricompensa.
Perché solo così, io possedendoti e tu possedendomi, amandoti, non mi sembrerà di fare inutili contrapposizioni o torti nell'amore e nell'amare. Anzi, amandoti, mi riuscirà meglio amare un po' più, tutti quanti....
Perché solo così imparerò il "segreto" del caricarsi la croce: la croce è un attrezzo esistenziale, io portandola sulle spalle mi incarico di trascinarla per terra; la croce come un vomere solca la terra, ara la vita, e la prepara per la semina della parola. È un gran lavoro portare la croce.
Ma la croce è anche il sostegno del Tuo cuore di Gesù ... Come se fosse il Tuo "portacuore" ... Me lo mette sempre innanzi, come un invito incessante a raggiungerlo, a possederlo ... La croce ci spinge avanti!
Mi sto accorgendo che perdere la vita per Te, non ha grosse convenienze, certamente non quelle economiche, ma che dare la vita come Te, libera la vita, per comprenderla impegnata pre un progetto del Padre, che di svela solo strada facendo ... Così come Tu Signore hai speso tutta la vita per la volontà del Padre.
Questo Vangelo di oggi, non mi piaceva subito appena meditato. Mi è parso pesante faticoso .... Ora invece mi piace perché mi aiuta a lasciare a terra tutta la zavorra, e a capire che quel pesso non c'entra con Te, che il peso della vita non riesce a sopprime la dolce esperienza dell'essere il mio Signore , amico e Dio.

sabato 1 luglio 2017

Genesi 18,1-15 e Matteo 8,5-17
"Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie".


Per Abramo la mancanza di discendenza è un problema tale che egli stesso si adopera per risolverlo attraverso l'adozione di un suo servo; anche la stessa Sara cercherà di dare attraverso la sua schiava un figlio al marito. All'interno di questo dramma esistenziale irrisolto, si colloca la presenza di Yhwh. La sua visita alle querce di Mambre rappresenta la rivelazione della "gloria", "kabod e Shekinà". La vita dell'uomo è anche lo spazio dell'agire di Dio. Le sue promesse costituiscono il contenuto del patto; la fragilità della fede espressa nel sorridere di Abramo e di Sara trova uno spazio di  concretezza di realizzazione: il figlio Isacco, nome che significa "egli ride". Non è possibile separare nell'esistenza, l'opera del creatore - in tutta l'autonomia delle creature - dal creatore stesso. Il segno del pasto che Abramo fa preparare, non esprime solo il gesto dell'ospitalità semitica, ma ci introduce in una accoglienza di cui siamo parte attiva, ci introduce in una comunione per cui le "nostre cose" appartengono a Dio. Nella linea di questo coinvolgimento, il brano di Vangelo, ci prospetta la profezia di Isaia come motivazione per la rivelazione di Gesù, nel segno (miracolo di guarigione) e nella fede, l'umanità e il creatore trovano unità/comunione.