venerdì 31 marzo 2023

Filtro nel giudicare

Dan 13,42-62e Gv 8,1-11

Quando i nostri giudizi sono filtrati dalle nostre fragilità, dai nostri compromessi, fino anche dai nostri peccati? La vicenda narrata in Daniele esprime pienamente la situazione della vita in cui il giudizio come atto di giustizia, decade nella piena stoltezza umana: "distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi". Quando i nostri occhi non guardano verso il Cielo, quando non ci facciamo ispirare dallo Spirito e seguiamo invece desideri che non ci portano alla felicità, è allora che i nostri giudizi non possono essere autentici né giusti. Le scelte prese in queste condizioni non sono per la felicità vera.

giovedì 30 marzo 2023

Mi affido al Signore ...

Geremia 20,10-13 e Giovanni 10,31-42

La misura, la prova della nostra fede trova espressione nelle parole di Geremia, che di fronte al disprezzo che sente e vede attorno sé, deve continuare ad annunciare in nome di Yhwh. Il Profeta, riconosce che solo in Dio ha affidato la sua vita. Credo sia una esperienza disarmante ed estrema. Un pieno affidamento che non nasce da una autodeterminazione o autoconvincimento,  ma dal sentire Dio cosí accanto e coinvolto, al punto di percepirne l'esperienza di seduzione e di violenza, pari all'essere conquistato.
Che bella esperienza percepire la fede come dinamica di conquista e di seduzione dell'amato. Questa relazione di fede/amore per il profeta, come anche per noi, resta un cammino non sempre facile, talvolta è causa di lotte e incomprensioni. Tuttavia proprio quando la misura dello sconforto e del dolore sembra colma, proprio quell'estremo della resa, l'amore di Dio ci raggiunge inaspettato e risolutivo come non avremmo mai immaginato. 

mercoledì 29 marzo 2023

Protagonisti di una promessa

Genesi 17,3-9 e Giovanni 8,51-59

Quale è l'impegno che Dio si prende con Abramo? Quale è il cuore dell'alleanza?
"Padre di una moltitudine ...". Il rapporto tra Dio e Abramo si concretizza in una promessa che per giunta Abramo non vedrà mai realizzata, se non in un modo del tutto originale in Isacco. Nell'alleanza si parla di progetto, di futuro, di generazione in generazione, per sempre. Nel patto di alleanza c’è la promessa della terra. L'alleanza è una proposta, una offerta che Dio fa ad Abramo; in quella proposta ci siamo anche noi. Alleanza è dare concretezza a ciò che Dio promette nel quotidiano e a ciò che Dio ci chiede, consapevoli del nostro essere protagonisti della medesina proposta di Dio ad Abramo, non semplici e anonime comparse.

martedì 28 marzo 2023

Fede provata al fuoco della vita

Daniele 3,14-20.46-50.91-92.95 e Giovanni 8,31-45

Daniele e i suoi compagni si dichiarano fedeli al loro Dio anche nella morte, non chiedono al loro Dio di salvarli, si dichiarano fedeli a Dio che non li ha mai abbandonati e che dà senso alla loro vita e per questo sono disposti al sacrificio estremo, ma saper riconoscere la fedeltà di Dio nella propria vita è l’esperienza piena della fede.
Sembra una storia fuori dal tempo, noi forse , come Nabucodonosor, restiamo stupiti di un tale affidamento, e a questo punto affascinati della grandezza di Dio. È sola la loro giovane età ha permettere tanta fiducia in Dio? La nostra fede, oggi ci permette di affidarci senza bisogno di vedere e toccare?

lunedì 27 marzo 2023

Mormorazioni

Numeri 21,4-9 e Giovanni 8,21-30

Anche noi mormoriamo, se non con le stesse parole, ma anche noi rifiutiamo di riconoscere le cose buone con le quali Dio accompagna la nostra esistenza. "Ingordi e ingrati" risultiamo vittime delle nostre stesse difficoltà. Siamo come chi non sopporta il viaggio – che è la vita – e cerchiamo rifugio, o negli idoli o nelle lamentele, o in tante altre cose che ci avvelenano, e a poco a poco ci fanno morire, spegnere il cuore. Questo spirito di stanchezza in noi cristiani ci porta ad essere degli insoddisfatti privi dell'entusiasmo della fede; viviamo lamentandoci, viviamo criticando, viviamo insoddisfatti, fino al punto di dire che "nulla cambierà”. Di fronte a questo delirio esistenziale, ci sta Gesù, come serpente innalzato, egli può cambiare le nostre abitudini sbagliate.

domenica 26 marzo 2023

Relazioni, amicizia e vita

Ez 37,12-14; Sal 129; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45

Abbiamo percorso il nostro itinerario quaresimale nella riscoperta del valore della relazione; dell'essere comunità; di uno sguardo sull'altro, nella scoperta di Dio.

È stato un modo per rimettere al centro ciò che rende speciale la nostra fede. Ma forse occorre anche ammettere che siamo ancora molto lontani dal cambiamento di mentalità e di atteggiamenti che in realtà abbiamo solo avviato come processo. La fede infatti che viviamo è spesso pura formalità religiosa; l'appartenenza alla comunità, cioè essere Chiesa,  una registrazione anagrafica e la scelta di fede, una opinione variabile.

È molto forte e diretto il Dialogo tra Marta e Gesú,  tra Gesù e Maria, le sorelle di Lazzaro,  un dialogo sul senso della vita e della sua appartenenza al mistero della eternità, e da dove questa vita ha realmente origine. 

Ciò di cui ci parla il Vangelo, e tutto ciò che ci viene detto è il frutto di una relazione di amicizia a cui non siamo abituati, come espressione della fede rispetto a Gesù: la nostra fede è l'amicizia con lui.

So per certo che Gesù amava Lazzaro, Marta e la sorella Maria, più volte Giovanni ci dice questo. Li amava proprio tanto, e proprio per questo non lascia Lazzaro chiuso in quel sepolcro, ma con le lacrime agli occhi grida davanti a quella tomba: "Lazzaro vieni fuori!"

Dio piange e grida ... Non solo per sfogo, ma per trasformare l'amore e l'amicizia in una forza di vita. 

Che bello un Dio che piange ... ci avete mai pensato ...

Siamo di fronte a una amicizia vera e ricambiata. Per questi amici di Gesù la fede non si era costruita sulla meraviglia per i segni, o sul fascino delle sue parole, ma sull'amicizia. Una amicizia che dimostra di essere fonte di risurrezione e di vita. Questo è straordinario per noi. Come posso gustare l'amicizia con Gesù oggi?

Questa è possibile solo nell'esperienza dell'amicizia che facciamo tra noi. Quando le nostre amicizie ci danno il gusto della vita, ci sostengono, ci comunicano e condividono affetto... Lì in quella condizione rivive lo stesso clima di Betania della casa di Marta, Maria e Lazzaro.

Tutto ciò che accade nell’amicizia ha un altissimo e profondo valore teologico, umano ed esistenziale ... Ma soprattutto ci dice che tutto questo accade perché  Gesù ci ama. Gesù ci ama, per questo alla nostra vita succederà la risurrezione, la vita di eterno amore.

Questa relazione ci permette di riconoscere la bellezza struggente dell’umanità di Gesù: lo vediamo fremere, piangere, commuoversi, gridare. Un Dio umanissimo, quello che ogni uomo cerca: non un Dio da adorare e venerare nell’alto dei cieli, ma un Dio coinvolto e si coinvolge, che ride e piange con i suoi figli. Gesù sembra proprio forzare la potenza di quelle parole così assolutamente umane, ora così assolutamente divine.

L’amicizia, infatti, è lo spazio privilegiato delle nostre relazioni. Nelle amicizie viviamo la relazione, soffriamo la relazione, cresciamo e maturiamo nelle relazioni. Anche Gesù cerca la nostra amicizia per donarsi a noi totalmente. Nella Comunione Eucaristica, nel segno del pane, Gesù esprimere il livello più alto dell'intimità e della relazione con noi: una vera fratellanza.

Ecco allora la motivazione più profonda del nostro itinerario quaresimale: uscire dai nostri sepolcri relazionali, seguire la voce di Gesú e coinvolgere nell'amicizia con lui.

Noi oggi, per certi versi, viviamo chiusi nei nostri sepolcri esistenziali. Corriamo il rischio di abituarci anche a questo genere di morte, rischiamo di morire alla relazione umana; l'altro non è più un fratello, ma un estraneo. Gli amici non sono più così importanti, non riempiono più i miei pensieri, le mie attenzioni o le mie giornate ... e poco per volta li sto dimenticando.

È necessario che dai nostri sepolcri esca il puzzo di morte! Diamo aria fresca, diffondiamo l'odore fragrante dell’amicizia.

 

sabato 25 marzo 2023

Segni del quotidiano

Isaia 7,10-14;8,10 e Luca 1,26-38

Solitamente sono gli uomini a chiedere un segno a Dio, qui è Dio a dare il segno che supera la stessa incredulità del re che sembra pretende di essere il vero credente: "Pertanto il Signore stesso vi darà un segno". Circa due anni dopo queste parole rivolte da Isaia ad Achaz, il re d’Assiria conquistò Damasco e uccise Retzin, re di Aram. L’impero assiro distrusse anche il regno di Israele, deportando i suoi abitanti, mentre Gerusalemme resistette proprio come Isaia aveva assicurato. È questo il compimento del segno? Sapere leggere la storia come segnale non come un melodramma in cui trovare i segni della presenza di Dio, questo credo sia il vero compimento delle profezie.

venerdì 24 marzo 2023

Profezia della Passione

Sapienza 2,1.12-22 e Giovanni 7,1-2.10.25-30

Siamo di fronte a un passo della Sapienza di Israele che rivela la piena consapevolezza del destino di vita e di morte, dei giusti e degli ingiusti.
Sembra che l’autore del Libro della Sapienza voglia mettere in chiaro l’argomento della vita eterna. Per gli ingiusti che "non conoscono i misteri di Dio” e quindi non credono alla vita eterna, anche per essi è “ricompensa per la rettitudine” e “premio per una vita irreprensibile”. Certo, essi non credono che questo “giusto povero” sarà liberato dalla morte, ma ammettono che tale è la fede di colui che ora vogliono uccidere.
L'autore descrive il pensiero degli ingiusti: “Hanno pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati”. Essi sembrano infatti ben consapevoli dell’azione divina di salvezza: “Se il giusto è figlio di Dio, Egli verrà in suo aiuto e lo libererà”, essi vogliono “conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione”!


giovedì 23 marzo 2023

Siamo duri di cuore

Esodo 32,7-14 e Giovanni 5,31-47

Mentre Mosè si trova sul monte faccia a faccia con il Signore, il popolo percepisce l’assenza di Dio e di qualcuno o qualcosa che lo rappresenti. É in questo contesto di fragilità, come oggi potremo rileggere quell'avvenimento, che convincono Aronne a creare un segno, e a celebrare un giorno di festa per la “ritrovare” la presenta del Signore.
A volte anche noi siamo convinti che attraverso l’osservanza fedele di pratiche religiose ci garantiamo la vicinanza di Dio o almeno una certa protezione dalle disgrazie, per poi crollare al minimo problema che ci capita all’improvviso. Anche oggi dobbiamo riconoscere la nostra fragilità quando ci poniamo in quella stretta correlazione che pretende di dare una misura proporzionata alla relazione tra Dio e il nostro essere religiosi e devoti. Oggi potremmo valutare con attenzione come anche oggi sia facile il passaggio dalla ritualità di prassi necessaria per giustificare la presenza di Dio alla mancanza di un vero senso di relazione col Dio vero: "il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra di Egitto, si è pervertito".


mercoledì 22 marzo 2023

La memoria di Dio

Isaia 49,8-15 e Giovanni 5,17-30

In ogni epoca sentiamo il grido disperato di chi dice: perché Dio ci ha abbandonato? 
Sicuramente, ci appare evidente il nostro bisogno di restare vicini, nelle nostre premure, nella cura che dimostriamo nelle relazioni. Quando questa vicinanza viene a mancare, per allontanamenti involontari o per scomparse improvvise, che cosa succede? Ci sentiamo soli e abbandonati, giriamo a vuoto … Ecco che le parole di Isaia dicono proprio il contrario. Dio non ci abbandona, Dio non si dimentica di noi, perché è nel ricordo che vive l’amore, nella memoria ha la sua dimora.

martedì 21 marzo 2023

Immersi nel nostro battesimo

Ezechiele 47,1-9.12 e Giovanni 5,1-16

La lettura profetica di oggi ci pone di fronte a una visione con tutte le incognite dell'interpretazione. Certo,  il profeta Ezechiele, ci obbliga a misurarci col mistero di Dio e con i segni che lo rivelano. È forse, per tutti immediato, il riferimento al nostro Battesimo, che rappresenta la nostra immersione in quelle acque che purificano e guariscono tutto, fanno sì che i campi producano frutti abbondanti e che il Mar Morto diventi il Mare Vivo, capace di donare vita. È un'acqua che ci sovrasta di vita. C'è quindi un mistero che ci pervade, il mistero della vita di Dio, una vita che genera in noi l'essere figli. In questo modo, giorno per giorno, diventiamo capaci di essere segno di Dio nel mondo. Sta a noi, allora, affidarci a Gesù, perché sia Lui a ricreare in noi la propria immagine con il dono del Suo Spirito, il dono dell'acqua viva, l'acqua della vita.

lunedì 20 marzo 2023

Solennità di San Giuseppe ... in recupero

2 Sam 7,4-5.12.14-16 e Matteo1,16.18-21.24

Il dono di una discendenza è il segno di una provvidenza di Dio che è per sempre, sia per il re come per tutto il popolo. Una provvidenza che significa il non venir meno rispetto alla contingenza del tempo della storia. Israele nei secoli subirà deportazioni, diaspore, oppressione e lo sterminio, come anche la distruzione di quella casa di pietra che é il Tempio, costruito per onorare Yhwh. Tutto può venire meno, ma la fedeltà di Dio nella discendenza non viene meno. Dio abita la storia de il tempo, non verrà meno. Egli si rivela nei germi di bene e verità che seminati nella nostra vita portano i suoi frutti. La provvidenza di Dio nella discendenza umana è il cammino verso la pienezza del tempo, il mistero della incarnazione; e nella pienezza del tempo, che è il tempo della risurrezione. La provvidenza di Dio nella discendenza è proprio la sua vicinanza per sempre.


domenica 19 marzo 2023

Vedere Dio, vedere i Fratelli!

1Sam 16, 1.4 6-7. 10-13; Sal 22; Ef 5, 8-14; Gv 9, 1-41

La domanda incalzante che in vario modo ma per sette volte abbiamo ascoltato in questo Vangelo è: "Come ti si sono aperti gli occhi?" Tutti vogliono sapere come fa a vedere, e chi gli abbia aperto gli occhi. Vedere è fondamentale, per vivere bene e gustare in pienezza la vita: vedere significa entrare in una consapevolezza nuova circa la relazione con Dio. Esiste una stretta relazione tra il vedere le cose, la realtà e vedere la profondità della vita e del mistero di Dio. Il cieco nato, guarito da Gesù, vede la vita attorno a lui, ma non solo, egli in quel vedere percorre il cammino di fede che gli permette di riconoscere il Figlio dell'uomo, ossia il Signore, che i Farisei pur vedendolo non riconoscono. Vedere significa: avere quella fede che permette di riconoscere il Cristo, il Messia, il Figlio di Dio, cioè come il mistero di Dio prende forma nella nostra realtà e quotidianità. Questa guarigione non avviene per quei giudei, quei farisei che restano ciechi.

C'è una grande tristezza in questa pagina di Giovanni, una profonda amarezza: I farisei vogliono mettere Dio contro l’uomo. Questa è la peggiore esperienza che possiamo vivere nella nostra fede.

Mettere Dio contro l'uomo significa dimostrare che è possibile essere credenti, ma cattivi; credenti ma senza essere buoni; credenti e insieme duri di cuore.
Ecco il rischio che corriamo pure noi, come i Farisei; dice Bonhoeffer: "essi non vedono il cieco illuminato ma solo una legge violata. Non sono meravigliati dal miracolo accaduto di sabato. Non si salvano vite di sabato; c'è il riposo il sabato. Di sabato Dio ci vuole ciechi! Ma che religione è mai quella che non guarda al bene dell’uomo, ma che parla solo di se stessa, a se stessa? Una fede che non si interessi dell’umano non merita che ad essa ci dedichiamo.

Oggi occorre allora non essere gente cieca, ma servono uomini e donne con quella fede che è capace di esprimere i sentimenti di colui che è la nostra fede: Gesú. È lui che ci fa vedere la realtà nella luce di Dio, una luce che sconvolge i nostri miopi orizzonti. È lui che dona occhi aperti, occhi meravigliati, occhi grati e fiduciosi, occhi speranzosi, occhi capaci di ridere e di piangere con i fratelli che abbiamo accanto
È solo questo vedere che mi permette di vedere la Chiesa oggi ... nella nostra comunità significa sapere vedere le ferite, le fragilità, senza scandalizzarmi come pure i germi del regno che, come tanti progetti avviati, si incamminano verso la pienezza, pur senza pretesa di pienezza ...
Vedere oggi la bellezza della Chiesa ... è possibile?


La cecità ci blocca in ogni prospettiva di crescita e di conversione e del nostro modo di essere Chiesa oggi.
Vedere allora significa prima di tutto accorgersi dell'altro, lo vedo e posso entrare pienamente in comunione e relazione con lui. Vedere significa accorgersi dei bisogni e delle necessità dei miei fratelli, delle famiglie, dei giovani, degli anziani, delle persone sole ... Vedere significa, riconoscerli accanto a me, in questo medesimo cammino di vita.

Il Segno della pace che viviamo nella messa è esplicito e chiaro per superare ogni distanza e indifferenza. Il segno della Pace rende visibile il nostro vedere l'altro e riconoscerlo; è il segno della comunione con lui. Signore metti la tua luce nei miei pensieri, illumina le mie parole, sii luce nel mio cuore.

sabato 18 marzo 2023

Un amore al dì sopra!

Osea 6,1-6 e Luca 18,9-14

Leggere e meditare Osea può fare riscoprire l'amore incredibile di Dio. Un amore che sceglie ancora e sempre l'amato/a, nonostante le sue infedeltà. Dopo i giorni più grigi, in cui ci siamo sentiti abbandonati e aridi, la pioggia della sua Parola è pronta a fecondare il nostro terreno, l’aurora dell’amore di Dio sorgerà a inondare di luce le nostre prospettive, come anche le nostre tenebrose oscurità. Spesso le parole dei profeti sono state espressione del duro giudizio di Dio, una parola talmente tagliente che pare spietata e indifferente alle nostre ansie e alle nostre angosce; ma sotto la superficie delle sciagure di Israele e della rovina di Gerusalemme pulsano la luce e l’amore, che non solo sono il segno distintivo di Dio ma che devono diventare anche il contrassegno di chi la parola profetica l’ha ascoltata, accolta e fatta propria, con amore e gratitudine.

venerdì 17 marzo 2023

Sarò come rugiada per Israele

Osea 14,2-10 e Marco 12 28-34

È il brano poetico che conclude il libro di Osea, ma per noi è anche un invito vivere questo tempo di quaresima in quelle poche parole che tracciano un cammino: tornare al Signore; preparare le parole; toglire l'iniquità.
Il tornare al Signore, per trovare lui. Tornare per quel mistero che è la nostalgia della sua tenerezza di Padre. Preparare le parole, parole da dire. Parole che descrivono e riconoscono insieme la nostra fragilità e la nostra durezza.  Togliere l'iniquità significa inaugurare il cambiamento, avviare un processo di vita nuovo nell'amore e nella fedeltà che ci viene sempre rinnovata.

giovedì 16 marzo 2023

... ma non ti ascolteranno.

Geremia 7,23-28 e Luca 11,14-23

Geremia è un profeta scomodo. Egli non è ascoltato perché denuncia il formalismo dell’apparenza, indifferente alla sostanza e che genera disinteresse per la vera fede. Questo significa che è facile scadere in un conformismo religioso che progressivamente si sostituisce alla fede autentica e ne fa dimenticare la forza originaria. È in questa indifferenza che viene meno la capacità di custodire le promesse di Dio e sua fedeltà. In una tale condizione, come potremo porci in ascolto della Parola di Dio, di quella pienezza e felicità di cui Dio è il termine ultimo e insieme obiettivo e origine. Israele in questa dialettica della relazione con Dio sceglie ciò che è male agli occhi del Signore. Si manifesta ancora una volta il dramma di una libertà ferita che sceglie di allontanarsi dalla tenerezza del Padre nel tentativo vano di affermarsi contro Dio stesso, in un crescendo di orgoglio e presunzione.

mercoledì 15 marzo 2023

Il senso di una Legge

Deuteronomio 4,1.5-9 e Matteo 5,17-19

La memoria, il ricordo sono fondamento della nostra identità. Gesú non è un Fariseo e neppure un pubblicano ragioniere esattore di tasse, individui attenti alle regole e alle leggi, rigorosi nel chiederne il rispetto. È la nostra deformazione mentale e legalista a snaturare il senso della legge. In Deuteronomio, la Legge, rappresenta un approdo, il vertice, un momento in cui il cammino dell'uomo giunge a riconoscere la sintesi della manifestazione/rivelazione di Dio e della comprensione di se stessi. Dalla barbarie, dalla sopraffazione del fratello, dalla indifferenza al mistero, si giunge al riconoscere attraverso la memoria del proprio cammino e della propria vita; il "focus" della legge impressa nel nostro cuore. La legge è connaturale al cuore.

martedì 14 marzo 2023

Preghiera di Azaria

Daniele 3,25.34-43 e Matteo 18,21-35

Fare propria la preghiera di Azaria, calandola nella situazione personale, significa riconoscere che la verità di noi stessi, delle nostre fragilità e dei nostri peccati, può essere umiliante e mortificante. La preghiera nella prova ci offre lo sguardo più vero della nostra fragilità, come anche della nostra speranza. Ricordare le promesse di Dio significa riconoscere che sono reali anche nella nostra vita, sono vere e Dio è fedele a quanto promesso. Ecco perché non bisogna mai perdere la speranza: Dio non gode della morte del peccatore, ma che si converta e viva. Dio non cessa di essere misericordioso con chi gli apre la vita.

lunedì 13 marzo 2023

Purificati dal peccato

2Re 5,1-15 e Luca 4,24-30

La guarigione di Naamàn, ci dice come la malattia costituisse un problema serio, pur se probabilmente la malattia di cui Naamàn era affetto non era veramente lebbra, infatti non era escluso dalla vita sociale, tuttavia la sua malattia costituiva per lui un vero problema rispetto al quale molti guaritori dell’epoca avevano provato a curarlo, senza successo. Una cura banale e stupida, è inconciliabile con la razionalità del militare, ma Elisèo vede nella malattia l'occasione per provocare la spoliazione della corazza del guerriero, un alleggerimento del cuore dalle vanità che lo appesantiscono. Solo dopo questa pulizia interiore Naamàn scoprirà la guarigione fisica, ma soprattutto il recupero della purezza di sé stesso: la sua pelle purificata come quella di un bambino.

Dall'IO al NOI

Es 17, 3-7; Sal 94; Rm 5, 1-2.5-8; Gv 4,5-42

Una immagine di grande efficacia, un pozzo antico, il pozzo del patriarca, del padre Giacobbe, quello che diede a suo figlio Giuseppe il vice re d'Egitto; un’ora inusuale per stare sotto il sole, come anche per andare a fare acqua; un incontro straordinario tra una donna sola, per modo dire, e Gesù figlio di Dio … il Cristo, il Salvatore del mondo.
Andare a prendere acqua era fondamentale per poter sopravvivere … le donne generalmente ci andavano al mattino dopo il sorgere del sole. I luoghi dell’acqua, le sorgenti, erano anche i più semplici e comuni ritrovi sociali, erano per lo spazio per ritrovarsi nel tempo delle quotidiane occupazioni.
Anche la Samaritana va al pozzo per attingere acqua, ma non vuole incontrare nessuno, vuole garantirsi la solitudine, l’anonimato; forse per evitare i giudizi e le critiche … D'altronde era una donna chiacchierata per la sua dubbia moralità … ma non per questo priva del desiderio di un’acqua viva …
Quel pozzo a cui attingere, è essenziale, e tutti lo sanno … un luogo essenziale alla vita, capace di generare la vita e di sostenerla.
Un uomo, Gesù, sta seduto sul pozzo, e attende … sembra proprio volere attendere quella donna … proprio quella donna lì non una qualsiasi.
Credo che oggi questa immagine interpelli e riguardi tutti NOI. Gesù attende, al pozzo dove NOI attingiamo l'acqua per vivere, egli attende tutti noi …
Oggi a quale pozzo Gesù ci attende? Quale è il mio pozzo da cui prendo l'acqua essenziale?
Credo che il pozzo di Giacobbe oggi per NOI è la nostra comunità di fede. Sono le nostre relazioni di fraternità. E' il nostro sentirci parte di una comunità credente che è Chiesa.
Ma questo pozzo non è come tutti gli altri pozzi del mondo, non ha solo acqua fresca e dissetante, a quel pozzo trovo sempre, all'ora più impensata, nel momento che meno aspetto, trovo Gesù seduto che attende sempre me.
Gesù è sempre lì con quella domanda provocatoria: "Dammi da bere". Gesù sempre cerca con il nostro IO personale una relazione, egli sempre ci tende la mano, ci provoca chiedendoci da bere in un modo forte e delicato insieme. Gesù vuole sempre partire dall incontrarci nella vita per valorizzare i doni e le risorse di ciascuno, anche i più piccoli e fragili, questo lo fa con la Samaritana, ma anche con chiunque incontra.
Ma questo incontrarci non è mai fine a se stesso, dall'incontro con il mio IO, la mia persona, a cui dona acqua viva, Gesù mi apre alla visione del NOI, dell'essere in relazione con dei fratelli. Questa fraternità, questa fratellanza esprime il segno più bello e chiaro di ciò che l'acqua viva può generare: l'amore fraterno, il passare dall'io autoreferenziale al NOI di una famiglia di figli di Dio, e quindi di fratelli.

Il dono che ci fa fratelli è Gesù Cristo, non si impone, non comanda, ma si offre a tutti per superare la sete delle nostre aridità e dei nostri limiti umani; non lasciamoci prendere dalla tristezza, non deprimiamoci per la scarsità dei nostri successi, non cediamo alla tentazione di quantificare i risultati, ma guardiamo a colui che è seduto sul pozzo per farci dono dell'acqua viva!Ciascuno di noi diviene nel suo IO lo strumento del dono per gli altri … ciascuno di noi diviene in questo modo sorgente viva …
Ecco allora che oggi siamo messi di fronte al senso della nostra comunità, alla ricchezza e l'importanza delle nostre relazioni, lo esprimeremo nella Preghiera del Padre Nostro, che non sarà semplicemente recitato insieme ... ma dovrà essere occasione per trasferire attraverso la preghiera il nostro sguardo dall'io personale al noi comunitario.
Qual'è il nostro pozzo a cui attingiamo l'acqua per la nostra vita, per la nostra fede?
Non saremo pure noi, come la donna samaritana ... solitaria e schiva ... con la presunzione di avere un'acqua solitaria e incapace di soddisfare la sete, un'acqua che che vorrebbe tenere solo per sè stessa?
Gesù mi sta dicendo di vivere la comunità di fare la Chiesa insieme agli altri ... ma io cosa sto facendo
Resto nel mio IO solitario e intimo o mi unisco al NOI che genera se uniti a Cristo questa comunità?
Passare dall'IO al NOI significa fare una scelta comunitaria. Significa chiedersi cosa rappresenta per ciascuno la Comunità e se ci interessa farne parte e renderla un'esperienza viva e vera. La Samaritana è corsa dai suoi fratelli e vicini di casa a raccontare tutto ciò che gli era accaduto, e tutta la città di Sicar si è stretta attorno a Gesù. La Samaritana è passata dall'IO al NOI ... e ciascuno di NOI?

sabato 11 marzo 2023

Ciò che resta per sempre

Michea 7,14-15.18-20 e Luca 15,1-3.11-32

Abbiamo una certezza: Dio si ricorda delle sue promesse, della sua fedeltà.
Dio si ricorda prima di tutto del suo amore, quasi a sussurrarci ogni giorno che Lui è la sua promessa, è il suo amore eterno che non si annullerà mai; forse per noi diventerà oscuro o incomprensibile, ma Lui, Lui non cambia e rimane costante e fedele.
Se in noi ci sono i famosi “lati oscuri” i tempi in cui rinneghiamo l’affetto e l’amore, in Dio, che è Padre, rimane indelebile la promessa di cancellare i nostri peccati, cioè di ricondurci alla verità, al buono e al bello della nostra vita. Quando guardo e mi accorgo di tutto questo suo esserci per me … tutto il brutto tempo della tempesta, già non esiste più … è iniziata di nuovo la pace.

venerdì 10 marzo 2023

Storia di relazioni

Genesi 37,3-4.12-13.17-28 Matteo 21,33-43.45

Una storia che irrompe nel contesto variegato di Genesi, la storia dei rapporti umani,la storia delle nostre relazioni. Da un lato c’è l’amore di un Padre verso l’ultimo dei propri figli, avuto in vecchiaia, dall’altro il sentimento che nasce e si alimenta tra fratelli che, se mal riposto, può portare ad allontanamenti. Amore e disprezzo, vicinanza e allontanamento; tutte dinamiche che ciaccompagnano visceralmente. È nel rapporto con l’altro che ci definiamo, che ci conosciamo, come anche nello stesso rapporto con ogni probabilità, cresciamo. L’uomo senza l’altro chi è o addirittura cos’è? I fratelli di Giuseppe vengono definiti e determinati dalle proprie azioni: di poco rispetto e amore verso il padre e di disprezzo verso il fratello. Eppure, in ogni azione, si dispiega nonostante tutto il disegno di Dio, e una ricaduta sul vissuto umano.

giovedì 9 marzo 2023

Un Tamerisco di maledizioni

Geremia 17,5-10 e Luca 16,19-31

Nelle parole di Geremia, la voce di Dio si dispiega attraverso la sua drammatica esperienza di vita e quindi l ammonimento diventa un richiamo per tutti e per noi una provocazione forte. Il grande inganno che ci portiamo dentro il cuore è la persuasione di poter confidare solo in noi stessi, magari ostentando una salvezza puramente fatta con le nostre mani. In realtà la nostra indifferenza culturale, l’irrilevanza del cristianesimo nel contesto sociale e l’esodo del Padre dal desiderio quotidiano decretano la morte di Dio o al più la sua rottamazione culturale ed esistenziale; a Dio resta solo il ruolo dello scarto. La negazione o riduzione della relazioni con Dio, siamo poi certi che ci faccia bene… che serva alla nostra riuscita umana? Vogliamo proprio essere un Tamerisco nella steppa? Vogliamo proprio dimorare in luoghi di aridità? Di fronte alla nostra autoreferenzialità Dio chiede di accogliere i nostri limiti umani e la nostra impossibilità… per essere lui la nostra consolazione e fiducia.

mercoledì 8 marzo 2023

Vittime e carnefici

Geremia 18,18-20 e Matteo 20,17-28

Il passo del profeta Geremia, è davvero una profezia che possiamo applicare alla Passione del Signore. Cosa dicono i suoi nemici? "Venite, ostacoliamolo quando parla; non badiamo a tutte le sue parole. Mettiamogli degli ostacoli, rendiamogli difficile la vita, tormentiamolo. È questa la sofferenza del profeta, ma lì c’è la profezia su Gesù e sulla sua sofferenza.
E' possibile comprendere umanamente tutto ciò? Forse solo nella misura in cui ciascuno riconosce le proprie esperienze di amore tradito, di abbandono e di scarto. Ogni volta che ci consegnamo ai fratelli, li poniamo nella possibilità di farci soffrire, di rivelarsi nostri oppositori e nemici. ma è proprio questa esperienza, assurdamente umana, che esprime il Consegnarsi del profeta come anche il consegnarsi di Gesù. Dobbiamo riconoscere di essere peccatori, di essere talora tra coloro che si voltano dall’altra parte per non vedere e non essere coinvolti. Ingratitudine, ignavia e pigrizia da cui solo la misericordia di un amore geloso e fedele ci può salvare, se ad esso torniamo pieni di riconoscenza e di speranza.

martedì 7 marzo 2023

Su venite discutiamo ...

Isaia 1,10.16-20 e Matteo 23,1-12

Nonostante le nostre continue disubbidienze, o meglio i tradimenti del suo amore misericirdioso, il Signore non rinuncia a un invito accorato e aperto: «venite e discutiamo». Sì, Dio non ci lascia nella nostra fragilità, nel nostro limite e nella sconfitta. Anzi, di fronte al nostro tentativo di abbandonarlo, di respingerlo, in vista di un nostro riavvicinamento, è disposto a perdonarci qualsiasi errore, egli desidera lavarci da qualunque colpa. "Venite, discutiamo!" Discutere è prima di tutto disponibilità ad ascoltare la sua parola. Lui non ci abbandona, ma ci parla, ci parla se ci avviciniamo. In questa parola del profeta, troviamo una grande promessa di speranza.

lunedì 6 marzo 2023

A noi la vergogna sul volto ...

Daniele 9,4-10 e Luca 6,36-38

Dopo aver ricevuto tante visioni, aver interpretato sogni ora Daniele deve fare ammenda: chiede perdono a Dio, a nome suo e del popolo, per non aver ascoltato, per non essere stato fedele. Daniele chiede perdono, si veste di sacco e digiuna, confessa le mancanze e chiede misericordia e perdono. Daniele confida nella misericordia di Dio, nella possibilità di essere perdonati. Dobbiamo sempre sperare, pregare e affidarci, anche nel peccato più profondo, nell’infedeltà, nel buio e nell’angoscia, Daniele ci insegna a chiedere il conforto del perdono a non lasciarci spaventare dalle nostre mancanze. Il nostro limite e il nostro peccato, pronti a guardarlo e consegnarlo nelle mani di Dio. Anche la vergogna è allora una grazia da chiedere "Io mi vergogno di avere fatto questo. Ti chiedo perdono con vergogna”. E la vergogna per i nostri peccati è una grazia, dobbiamo chiederla: “Signore, che io mi vergogni”.

domenica 5 marzo 2023

Trasfigurati dalla bellezza

Gen 12,1-4; Sal 32; 2 Tm 1,8-10; Mt 17, 1-9


Quell'incontro luminoso è spesso, per noi solo un'immagine, forse troppo standardizzata e compresa secondo schemi da catechismo: la sua gloria, l'anticipo della passione, la morte e la risurrezione; Mosè ed Elia; i tre discepoli prescelti come testimoni ecc...

Ma il Tabor, che cosa è stato e che cosa può oggi rappresentare per noi?

Per i discepoli, vedere la gloria di Gesù, essere dentro la sua Trasfigurazione, essere avvolti dalla nube e sentire la voce del Padre, ha certamente segnato un’esperienza relazionale profondamente intima, essi hanno vissuto l'incontro tra Dio e l'umano (uomo/donna), ma soprattutto sono le parole di Pietro che ci dicono cosa è stato quell’incontro: è "bello" per noi essere qui ... facciamo tre capanne ... 

La trasfigurazione è esperienza di bellezza.

La bellezza che gli occhi dei tre discepoli hanno potuto contemplare non era una immagine virtuale o una visione ipnotica della mente, ma una realtà che si svela a loro, una realtà che aveva origine da una relazione e dall’intimo, una esperienza quindi che si rendeva esteriore e concreta, come concreta era la loro relazione con Gesù. È infatti il Gesù concreto che si trasfigura davanti ai loro occhi, è il volto di Cristo che ora vedono luminoso, sono le sue vesti che sono bianchissime ... 

La trasfigurazione, per Pietro, Giacomo e Giovanni è possibile solo in forza di una relazione e di una concretezza, perché è in quella relazione e concretezza che si realizza quell'incontro tra Dio e l'uomo che tutto trasfigura come "gloria".

Diceva Sant'Ireneo che la "gloria di Dio" è l'uomo vivente - ciascuno uomo, l'unico vero uomo Cristo -, e che la gloria dell'uomo è la visione di Dio.

Questa espressione di Ireneo, oggi mi aiuta a comprendere cosa sia in questo nostro tempo, la trasfigurazione; come fare oggi concretamente l'esperienza trasfigurante del monte Tabor.

Tre parole: Bellezza, relazione e concretezza.

Credo che oggi l'unico spazio in cui sia possibile recuperare l'esperienza della trasfigurazione sia proprio la comunità di fede, la comunità dove non si sta insieme per semplice aggregazione o affinità, ma dove si cerca di vivere l'essere insieme ricercando la bellezza l'uno dell'altro. È difficile; non siamo pronti; siamo limitati ... Tutto vero, ma questo non toglie che è proprio la comunità, come esperienza di fraternità il luogo, lo spazio in cui il Signore ci chiede e ci offre di fare esperienza di bellezza, perché questa comunità quando si realizza è la Chiesa, che è sua sposa bellissima!

La bellezza non sarà allora una questione estetica ma l'amarci gli uni gli altri, l'apprezzarci gli uni gli altri, lo stimarci gli uni gli altri, e da qui il passo è breve per amare i fratelli tutti ... l'amore che abita dentro di noi sarà trasfigurazione, sarà trasfigurante. La nostra comunità allora sarà bella, perché il nostro essere Chiesa è bellezza. Cercare, riconoscere ed accogliere la bellezza della comunità sarà un affascinante intreccio di sguardi e di mistero che renderà attuale la trasfigurazione, sarà allora nel volto di ogni uomo, nel volto di mio fratello che vedrò il volto luminoso di Gesù, il Signore della gloria.

La relazione con l'altro sarà la condizione in cui, superando i limiti e le fragilità che porto in me stesso, mi permetterà di trasfigurare la mia stessa vita. È amando l'altro che rendo bello me stesso.

Nella relazione con i fratelli mi scopro cercatore di quella bellezza che è nella loro stessa umanità e vita. Ecco allora che la relazione non sarà solo una approccio all'altro ma il mettermi nel cuore l'altro, sarà il prendermi cura di lui, sarà il custodirlo. Quanto è difficile la relazione ...

La concretezza significa non aspettare più un momento opportuno, ma significa accogliere l'invito di Gesù a salire sul Tabor, per fare esperienza di bellezza attraverso le relazioni che ci sono date. Concretezza significa avere lo sguardo per l'altro, uno sguardo amorevole per i fratelli. È da questo sguardo concreto che capiremo che “a noi non interessa un Dio che illumini solo sé stesso e non illumini l’uomo, non ci interessa un divino che non faccia fiorire l’umano. Un Dio cui non corrisponda la fioritura dell’umano”. (D. Bonhoeffer).

Come Pietro, siamo tutti mendicanti di luce, e sarà bellissimo scoprire quanta luce sono i miei fratelli, e di quanta luce è capace la nostra comunità. La vita cristiana infatti altro non è che la fatica gioiosa di liberare tutta la luce e la bellezza seminate in noi.


sabato 4 marzo 2023

Egli sarà Dio per te ...

Deuteronomio 26,16-19 e Matteo 5,43-48

Oggi torna esplicita in molti giovani questa espressione: "ci sarà anche un ente superiore, un creatore dell'universo, ma a me non interessa; che ci sia non mi coinvolge e stravolge la vita". Siamo di fronte alla più chiara indifferenza rispetto Dio, frutto, forse della nostra autoreferenzialità narcisista ed egocentrica: "tutto ruota attorno a me e in funzione di me".
Siamo ben lontani dall'esperienza descritta in Deuteronomio, dove il "focus" della vita umana è: Come si fa ad ascoltare la voce del Signore? Come si fa ad osservare e mettere in pratica le sue leggi? Di fronte a te Signore, ci sta sempre il nostro cuore!
Io penso che tu Dio vedi davvero in profondità il nostro cuore, abiti la nostra vita; tu ti riveli a chi ha nel cuore il desiderio e il cercarti con sincerità. Un cuore ed un’anima che si mettano in gioco in profondità. Allora, se daremo spazio a noi stessi per entrare in profondità, in ascolto del nostro cuore e della nostra anima, allora tu sarai inevitabilmente, il nostro Dio.

venerdì 3 marzo 2023

Desistere dal male ...

Ezechiele 18,21-28 e Matteo 5,20-26

È possibile per noi comprendere l’amore? È possibile che nel profondo del nostro cuore ci possa essere uno spazio capace di comprendere cosa significa amare edessere amati? È posibile perpetuare l'esperienza di amare di fronte al suo mancato riconoscimento?
La nostra logica è spesso sorda, cieca e incapace di interpretare o comprendere l'amore. La nostra logica si sforza di assecondare un amore promettendo perdono o condanna per ciò che compiamo nei nostri atti finali, senza considerare il frutto delle nostre azioni passate. Ma l'amore è più grande del nostro cuore. Nell'esperienza di amare riscopriamo Dio e diamo a lui la possibilità di dimorare in noi. Nell'amore tutto di noi é coinvolto in un abbraccio indulgente di misericordia che supera ogni calcolo e ogni logica. Lasciamoci coinvolgere dall'amore.

giovedì 2 marzo 2023

Insieme a Ester...

Ester 4,17k-u e Mt 7,7-12

Ester è la moglie ebrea del re persiano Assuero (il leone); Ester deve esporsi e dichiararsi per il suo popolo (ebrei in esilio), perché Dio possa portare a compimento il piano di salvezza, ma questo accadrà solo dopo un periodo di digiuno e preghiera. Ester cerca di attingere la forza dall’Altissimo mentre sente prossima la morte accanto a sé. Con le parole di Ester, preghiamo per tutti gli uomini e le donne che soffrono, discriminazioni, oppressione; coloro che sono scartati, esclusi, disprezzati e che subiscono violenza. Aiutaci a riconoscere il tuo Spirito in movimento, dacci la forza di collaborare alla realizzazione del tuo regno, aiutaci ad essere la tua Chiesa, rinnovata e sempre bisognosa di rinnovamento, aiutaci ad essere il tuo popolo, aiutaci a essere Vangelo.

mercoledì 1 marzo 2023

La penitenza ci apre il cuore

Giona 3,1-10 e Lc 11,29-32

Dice Papa Francesco: “si vede che predicava bene, perché i niniviti hanno avuto paura, tanta paura e si sono convertiti. Grazie al suo intervento la forza della parola di Dio arrivò al loro cuore. E nonostante fosse una «città molto peccatrice», i suoi abitanti hanno cambiato vita, “hanno pregato, hanno fatto digiuno”.  Accade così che “Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece”. Ci si potrebbe chiedere: “Ma allora, Dio è cambiato?”. In realtà, “loro sono cambiati”. Prima “Dio non poteva entrare nella loro vita perché era chiusa nei propri vizi, peccati”; poi loro, “con la penitenza hanno aperto il cuore, hanno aperto la vita e il Signore è potuto entrare”.