mercoledì 28 febbraio 2018

Geremia 18,18-20 e Matteo 20,17-28
La realtà tra due fuochi

Gli annunci della passione, morte e risurrezione, presenti nei vangeli sembrano meteoriti che, improvvisamente, tracciano nella narrazione una idea che sembra quasi non appartenervi. Sono annunci che dicono tutto insieme il mistero del Signore, del suo essere stato mandato, della sua incarnazione, della sua missione per la salvezza dell'uomo.
Se non fosse tutto finalizzato a esprimere la Salvezza, la passione sarebbe solo un tragico avvenimento di sangue. Deve invece essere chiaro a tutti che Gesù, il Messia, il Cristo, è il Salvatore: cioè colui che vince la morte e redime il peccato nella sua stessa morte e risurrezione. Questo è il primo fuoco rispetto al quale si confronta la realtà dei progetti umani. Il secondo fuoco è rappresentato dal modo di vivere del Salvatore, dallo Spirito che anima il suo servire per poter dare la vita in riscatto dei molti. Ogni discepolo impara che deve - deve proprio - ricollocare i propri desideri e progetti in ordine alla Salvezza rappresentata da Gesù e impregnare del servizio all'umanità e di valori "grandi" la propria esistenza. Un monito importante, oggi, specie per chi vuole servire i fratelli nell'impegno politico e sociale. 

martedì 27 febbraio 2018

Isaia 1,10.16-20 e Matteo 23,1-12
Lavatevi, purificatevi ...

La Legge di Santità prevedeva per l'uomo impuro tutta una serie di riti di purificazione, affinché riacquistata la purezza Legale, potesse stare davanti a Dio.
Isaia denuncia una condizione di peccato tale per cui il popolo di Dio viene rivestito delle stesse caratteristiche del popolo di Sodoma e Gomorra; immagini che esprimono l'abominio al Signore, un peccare che grida al cielo la condanna del fuoco e dello zolfo.
Ma se il popolo del Signore si convertisse, allora non ci sarebbe più condanna ma tutto sarebbe come entrare nella terra della promessa e mangiarne i frutti.
Tutto è ricondotto al momento glorioso che vede nell'Esodo il tempo della purificazione, dopo la tentazione e la conversione a Dio, e nell'entrare nel possesso della terra la grazia di vivere come popolo di Dio fedele all'alleanza e quindi nutrito con i frutti della promessa.
Mi lascio trasportare per cui ecco che: ... vivere del perseguire il bene comune; dare soccorso all'oppresso, al profugo; prendere la difesa degli ultimi e dei "poveri" ... degli "scartati"! Il frutto non è da divorare avidamente, ma è una esperienza che tu - "uomo di Dio" - puoi fare, e in cui Dio ti fa gustare la bellezza delle sue promesse.

lunedì 26 febbraio 2018

Daniele 9,4b-10 e Luca 6,36-38
Non solo parole ... ma la Parola Nuova

Oggi, dopo aver letto i versetti del Vangelo, conviene andare a guardare (leggere anche velocemente) tutto il capitolo 6 di Luca. Anche quelli che non sono abituati a discorsi esegetici, comprenderanno che siamo di fronte al "programma" di governo del Regno di Dio. Le parole di Gesù in questo capitolo sono il fondamento della vita e delle scelte del discepolo: sono la Roccia su cui costruire la "casa"' perché questa sia sicura e stabile.
Nella continuità della sapienza giudaica, Gesù ripropone la Legge Antica, come ad esempio il difendere l'orfano e la vedova; il non commettere ingiustizia verso il prossimo, nella nuova comprensione della via della santità, cioè la Misericordia.
Dio, è misericordioso, fino ad essere la misericordia in se stessa. In questa chiave di lettura questi versetti passano dall'essere delle indicazioni dell'agire morale morali al proporre costantemente uno sguardo positivo sulla realtà: il non giudicare diventa il discernere nello Spirito; il non condannare diventa offrire il sacrificio di noi stessi per la salvezza; il perdonare diventa la scelta unidirezionale che chiama al matura e piena responsabilità.

domenica 25 febbraio 2018

Genesi 22,1-18 / Salmo 115 / Romani 8,31-34 / Marco 9,2-10
Gesù solo, ... solo loro.


Seconda domenica di Quaresima, la trasfigurazione, riconosciamo la necessità di fissare lo sguardo su Gesù.
La narrazione del Vangelo della trasfigurazione inizia come una esperienza dedicata a tre dei dodici discepoli, a Pietro, Giacomo e Giovanni e Gesù, solo a loro ...
Tutto ciò che accade si sintetizza nelle parole di Pietro: "Rabbì, è bello per noi essere qui". Parole che che suggeriscono come la fede si nutre e alimenta della bellezza.
Domanda: "Ma io ho mai fatto esperienza del Signore al punto di salire nella mia vita per guardare con lo sguardo di Dio? Ho mai fatto esperienza di essere solo con lui, in un essere solo che non sia solitudine ed isolamento? Ho mai fatto esperienza della bellezza di ciò che Gesù è per me?"
Ma la bellezza non è fine a se stessa, quasi per un autocompiacimento, essa mi conduce a Gesù, solo, alla sua umanità, al suo essere uomo, alla sua vita nel tempo e nella storia: "E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro". Tutto ciò che resta della bellezza e della rivelazione del Padre sul monte è Gesù, la sua umanità, la sua vita, la sua Parola, la sua Chiesa ...
La bellezza dell'esperienza della fede, non si estingue e neppure si dissolve se Gesù rimane "solo con noi" nella memoria; nel desiderio; nelle reazioni; nella fatica; nell'agire quotidiano; nelle fare grandi e piccole scelte ... Gesù deve rimanere, Lui solo, e con lui devo rimanere pure io, con la mia esperienza viva di Lui. Custodire alimentando nella fedeltà quanto mi è stato dato, quanto ho toccato di Lui, quanto ho ascoltato di Lui è l'unico modo per trattenere la bellezza del Tabor, è l'unico modo per rimanere nella fede.

sabato 24 febbraio 2018

Deuteronomio 26,16-19 e Matteo 5,43-48
Siamo consacrati al Signore


Consapevolezza della consacrazione è l'esperienza di appartenergli. Quando diciamo che un altare, una Chiesa, un oggetto è sacro, o è consacrato vogliamo affermare che tutto ciò che rappresenta è dedicato, o meglio è di Dio, gli appartiene. In cosa consiste allora essere persone, discepoli, consacrati? Significa che tutto di quella persona, la sua stessa vita gli appartiene, è Suo possesso, che ne è parte mediante l'esperienza della sua stessa esistenza: "io esisto, per cui gli appartengo". La consacrazione definisce questa particolare relazione. Non è nella formulazione di una preghiera che mostriamo la nostra consacrazione, ma nella qualità dell'esistenza.
Quando il cuore e l'anima sono del Signore, gli si appartiene pur anche nella fragilità, nella sconfitta o nel limite. Osservare i suoi comandamenti (amare i propri fratelli e i propri nemici) è più che obbedire a una legge, ma è esprimere nell'essere l'appartenenza. La consacrazione, l'appartenenza è quindi la via della "perfezione": «Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

venerdì 23 febbraio 2018

Ezechiele 18,21-28 e Matteo 5,20-26
Fino all'ultimo spicciolo ...

Oggi 23 febbraio facciamo nostro l'appello del Papa per un giorno di preghiera e digiuno per la pace:
"Dinanzi al tragico protrarsi di situazioni di conflitto in diverse parti del mondo, invito tutti i fedeli ad una speciale Giornata di preghiera e digiuno per la pace il 23 febbraio prossimo, venerdì della Prima Settimana di Quaresima. La offriremo in particolare per le popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan. Come in altre occasioni simili, invito anche i fratelli e le sorelle non cattolici e non cristiani ad associarsi a questa iniziativa nelle modalità che riterranno più opportune, ma tutti insieme.” (Papa Francesco – Angelus, domenica 4 febbraio 2018)

La riconciliazione e la pace sono doni di Dio. Sono doni che il discepolo del Signore riceve dalle relazione con i fratelli. Forse non abbiamo troppa stima dei nostri fratelli, forse non riusciamo a riconoscere il dono della pace e della comunione che possiamo generare solo assieme a loro. Quando per durezza e per orgoglio rinuncio alla riconciliazione, alla pace e alla comunione, mi chiudo nel carcere della mia presunzione, e pagando tutti gli spicciali al mio egoismo dilapido lo stesso dono di Dio.

giovedì 22 febbraio 2018

1 Pietro 5,1-4 e Matteo 16,13-19
A te ho dato le chiavi del regno dei cieli ...

Oggi è Festa della Cattedra di San Pietro, cioè la Chiesa si riconosce nel pascere di Pietro (Simone) e dei suoi successori. Quel pascree così esplicito in Giovanni 21, ma soprattutto così definitivo e dogmatico in Matteo 16. La prima lettera di Pietro inoltre sprona tutti i pastori, a pascere con impegno e senza tentennamenti il gregge di Dio che è loro affidato.
Alla luce di questa "Parola", sono due le riflessioni che vorrei condividere:
1) A Pietro è affidato "qualcosa" di stupendo, per quanto inaudito.Stupendo perché è a Pietro, è alla Chiesa da lui presieduta, che viene dato non un semplice potere, ma la condizione per cui il regno dei cieli è ora il regno dell'umanità. Attraverso Pietro, ogni uomo entra nel regno, perché Pietro ne ha le chiavi. La piena felicità, il mistero della eternità, la vicinanza del Padre ... Tutto è dato in quelle chiavi.
Pascere, presiedere, guidare, servire, aprire e chiudere, amare, salvare ... tutto questo è essere "Pietro", questo è ch'io che Cristo chiede a Simone: essere Pietro (Tu sei Pietro).
2) Pascere il gregge di Dio ... che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge ...
Lo sguardo di che è pastore ha sempre necessità di purificarsi in queste "Parole" che descrivono lo sguardo di Gesù sulle folle, sulle persone; è in definitiva lo sguardo di Gesù dall'alto della croce.

mercoledì 21 febbraio 2018

Giona 3,1-10 e Luca 11,29-32
Ben più di Giona!

La conversione è un "affare serio", secondo le parole di Gesù, convertirsi è condizione necessaria di ogni generazione. Ogni età umana subisce il fascino del mondo, e si adegua alle concupiscenze della vita. Questo fascino genera l'allontanarci dal Signore, ed è "raffreddare il cuore", "raffreddarsi della carità". Il paragone che Gesù esprime, si costruisce sull'immagine della conversione di Ninive ad opera delle parole di Giona; ora, se Ninive si è convertita, perché questa generazione non si converte, perché noi poniamo tanta resistenza alla conversione.
I niniviti furono minacciati di distruzione, noi viviamo già nella distruzione di noi stessi, nella degradazione della cultura e nel crollo dei valori oggettivi, eppure questo venir meno della prospettiva, non ci sollecita alla conversione. Anche a noi viene dato solo il segno di Giona; perché Gesù, dice che Giona fu segno per quelli di Ninive, ma vuole anche che sia segno per noi. Noi d'altronde abbiamo anche conosciuto colui che è "più di Giona". Per questo siamo una generazione malvagia, perché non vogliamo convertirci a chi è "più di Giona". Possiamo anche risentirci tutti per essere apostrofati come malvagi, ma forse non è vero che tolleriamo il male e spesso siamo anche complici delle ingiustizie?

martedì 20 febbraio 2018

Isaia 55,10-11 e Matteo 6,7-15
Una grande confusione!

Che cosa è oggi la Chiesa; che cosa sono oggi i Preti; che cosa è oggi essere Cristiano?
In un modo molto diretto, posso affermare che oggi la fede non si sa più cosa sia per cui la proposta Cristiana è scarsamente incisiva. Tutto è parificati a un servizio di sostegno alle persone. La Chiesa è un super servizio sociale con mille risorse; il prete è da un lato un imprenditore, dall'altro uno psicologo, è più ancora il depositario di un culto antico; i cristiani sono sub agenti territoriali, ma cellule dormienti.
Forse esagero un poco ... ma anche no!
Resto in ogni modo convinto che occorre recuperare, rapidamente, la centralità della presenza di Dio nella Chiesa, nel sacerdozio, nel credente. Centralità dell'ascolto della Parola, che non ritorna a Lui senza aver operato ciò per è stata mandata (Isaia), ma va ascoltata prima di tutto. Centralità dell'Eucaristia che è fulcro della preghiera. Recitare il Padre nostro non è pregare, ma serve a riportarci nel cuore della Misericordia e della relazione con il Padre; relazione che ha origine nella Messa, nel sacrificio di Cristo e nel suo offrirsi al Padre e a noi. Occorre avere il coraggio di "sfrondare" e di tornare al Signore con tutto il cuore ... Per la Chiesa, per il Prete, per ogni Battezzato.

lunedì 19 febbraio 2018

Levitico 19,1-2.11-18 e Matteo 25,31-46
Davanti a noi l'eternità!

Quando pensiamo e ragioniamo sull'eternità ci limitiamo a considerazioni di carattere cronologico, ad esempio diciamo: "un attimo per sempre", oppure "un tempo che non finisce"; ma non credo che l'evangelista Matteo riportando questa "immagine" escatologica avesse una tale intenzione, e neppure Gesù.
Di per sé l'immagine è estremamente chiara, ed è stata costruita con una dinamica retributiva: riceverai in cambio secondo quanto hai fatto.
Personalmente una rilettura di questo genere la sento estremamente insufficiente e non adeguata al mistero che è l'eternità.
Se l'eternità è ciò che riguarda la vita di Dio; se l'eternità è ciò che corrisponde all'amore nella sua forma perfetta; se l'eternità è superamento del limite e della fragilità di ciò che è creato; allora l'immagine di Gesù ci vuole propio convincere della pochezza della creazione, per quanto noi la apprezziamo, e  vuole suscitare in noi il desiderio del giudizio di Dio come occasione di pieno riscatto. Il giudizio non sarà una oculata contabilità ma il giudizio è un invito ad esprimere attraverso noi stessi, ciò che già è parte del mistero eterno dell'amore di Dio. Il resto è poca cosa ... ma ogni espressione di misericordia risuona e realizza l'amore eterno di Dio.

domenica 18 febbraio 2018

Genesi 9,8-15 / Salmo 24 / 1 Pietro 3,18-22 / Marco 1,12-15
Quaranta giorni di deserto ...

Carlo Carretto, negli anni cinquanta fu a capo dei giovani dell'Azione Cattolica Italiana, poi lasciò ogni incarico per seguire il modo di vivere di Charles De Foucauld, e visse per 10 anni del deserto del Sahara. È da questa ed altre esperienze che trasse un libro: "Il deserto nella città del 1979".
Deserto... deserto... deserto! Quando pronuncio questa parola sento dentro di me che tutto il mio essere si scuote e si mette in cammino, anche restando materialmente immobile là dove si trova. È la presa di coscienza che è Dio che salva, che senza di Lui sono "nell'ombra di morte" e che per uscire dalle tenebre devo mettermi sul cammino che Lui stesso mi indicherà.
È il cammino dell'Esodo, è la marcia del popolo di Dio dalla schiavitù degli idoli alla libertà della Terra promessa, alla luminosità e alla gioia del Regno. E questo attraverso il deserto.
Questa parola "deserto" è ben di più che una espressione geografica che ci richiama alla fantasia un pezzo di terra disabitato, assetato, arido e vuoto di presenze.
Per chi si lascia cogliere dallo Spirito che anima la Parola di Dio, "deserto" è la ricerca di Dio nel silenzio, è un "ponte sospeso" gettato dall'anima innamorata di Dio sull'abisso tenebroso del proprio spirito, sugli strani e profondi crepacci della tentazione, sui precipizi insondabili delle proprie paure che fanno ostacolo al cammino verso Dio.
"Sì, un tale deserto silenzioso è santo ed è una preghiera al di là di ogni preghiera che conduce alla Presenza continua di Dio e alle altezze della contemplazione, dove l'anima, infine pacificata, vive della volontà di Colui che essa ama totalmente, assolutamente, continuamente". (...)

sabato 17 febbraio 2018

Isaia 58,9-14 e Luca 5,27-32
C'è una chiamata per te!

Levi (Matteo) è il peccatore che Gesù è venuto a chiamare. Nel contesto del brano del Vangelo, chiamare Levi, significa per Gesù stabilire una relazione significativa. Levi da parte sua attraverso quel chiamare a sé del Signore, diviene uno che segue il maestro, non un semplice curioso o sostenitore, egli si mette nel cammino di Gesù.
Quel peccatore, intento nelle sue occupazioni peccaminose, secondo il pensiero giudaico, è oggetto della attenzione di Gesù. L'evangelista Luca, che è annunciatore della Misericordia di Dio, sottolinea in questo incontro, come per ciascuno esiste una possibilità di conversione, e come questa è dentro la nostra quotidianità e le scelte della nostra vita. Gesù muove ogni sua iniziativa a sortire da ciascuno di noi. Ogni credente è comunque un peccatore che Gesù chiama a sè in una relazione di conversione. La conversione acquista le caratteristiche della relazionalità; la conversione implica un muoversi verso Gesù, quale il fulcro motivazionale del cambiamento. Si comprende così che i "sani" non potranno mai fare esperienza di conversione perché scartano da subito la proposta di vita del Signore.

venerdì 16 febbraio 2018

Isaia 58,1-9a e Matteo 9,14-15
Digiuno, nozze e lutto

Lo stile della penitenza e della conversione - il digiuno - sembra proprio non essere solo un problema dei cristiani, ma fon dall'antichità ci si è interrogato sol senso, sulle motivazioni e i modi di esprimerlo e farne esperienza.
Isaia ha parole particolari ed efficaci per portare in primo piano le ipocrisie che possono condizionare penitenza e conversione: "Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso".
Per noi tutti diviene importante la fedeltà a uno stile che esprime le stesse intenzioni del Signore: nozze e lutto.
Le nozze ci comunicano la letizia e la festa. La gioia del cambiamento, del plasmare la nostra vita e le nostre fragilità con l'aiuto della grazia dell'eucaristia e della riconciliazioni. "C'è gioia in cielo per un peccatore che si converte ..." La gioia del nostro cambiamento è la gioia di chi riveste l'abito di nozze per essere con lo sposo, assieme a lui. La gioia delle nozze è intimità di preghiera, azione e sacrificio.
Il lutto ci condivide e ci rende partecipi della realtà. Il tempo della lontananza, il tempo in cui lo sposo è tolto, non è il tempo della latitanza, della mancanza, dell'assenza. Il lutto è il tempo della nostra realtà, tempo di veglia; tempo presente di compassione; tempo della speranza circa le realtà durature che oggi sperimentiamo solo in "ombra". Il tempo del lutto è transizione in attesa della risurrezione.

giovedì 15 febbraio 2018

Deuteronomio 30,15-20 e Luca 9,22-25
La croce all'orizzonte ...

La croce segna e stravolge ogni possibile comprensione di chi sia, casa rappresenti il Signore. Certamente nella chiesa delle origine la crocifissione e la morte e risurrezione di Gesù sono state utilizzate come chiave di lettura di tutto il trascorso precedente; anche il Vangelo di oggi ci può confermare la straordinarietà dei quel fatto e le sue conseguentemente nella vita futura dei singoli credenti e della comunità.
Oggi iniziando il cammino di conversione quaresimale, contempliamo ma croce con queste parole e con questo sguardo:
"Guardate la croce con gli occhi dell'amore... Sulla croce non ho portato solo il peccato, ma anche i vostri atti di amore. Sono questi i "chiodi" che mi hanno tenuto ben saldo al mio trono: le vostre mani tese e offerte, i vostri piedi sempre pronti a correre da chi ha bisogno. Insieme alle ferite dei flagelli, ho portato i vostri sorrisi rivolti a chi deve essere consolato; insieme alle spine della mia corona, ho portato le vostre carezze date ai più piccoli. Ho portato tutto questo con me sulla Croce per donarlo, con lo Spirito, al Padre che vi ha risposto dal mio Cuore aperto con il Sangue e l'Acqua ... i sacramenti che ho ottenuto per voi e che vi porteranno con me alla gioia della Risurrezione".
... Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua».

mercoledì 14 febbraio 2018

Gioele 2,12-18 / Salmo 50 / 2 Corinzi 5,20-6,2 / Matteo 6,1-6.16,18
Mercoledì delle Sacre Ceneri
«Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti» (Mt 24,12)

"Convertitevi e credete al Vangelo" questa frase che accompagna l'imposizione delle ceneri, oggi, viene ripetuta per ciascuno di noi.
Convertitevi: un tempo di cambiamento, di trasformazione, di penitenza, di maturazione, di prova e di spiritualità ... La conversone passa attraverso una disponibilità a mettersi in discussione e in gioco. Se qualcuno non è nella disponibilità di “entrare in conversione”, è inutile che si faccia imporre la cenere sul capo.
Credere al Vangelo: siamo nel tempo quaresimale, tempo privilegiato per “stare” in ascolto della parola, in cui imparare a comprendere la Parola di Dio per la mia vita. Infatti è proprio questo ciò che la Quaresima ci vuole comunicare: la parola di Dio non è una formalità liturgica e neppure casuale; ma la parola è il mezzo con cui Dio ci parla nella profonda verità di noi stessi.

Ma chi mi istruisce circa la conversione? Chi mi aiuta a fare quel discernimento che mi porta a Dio?
Ma chi mi aiuta a comprendere quelle parole “antiche e nuove” che sono di Cristo, … che sono il Vangelo?
Chi può aiutarci in questo itinerario quaresimale? In questo cammino attraverso una realtà in cui, evidentemente, "per il moltiplicarsi dell'iniquità si raffredderà l'amore di molti".
Parole durissime queste del messaggio del papa per la quaresima, parole che non lasciano possibilità di replica, sono le parole del Vangelo di Matteo (24,12).
(...)
La Chiesa ci insegna, guida e dispone per non lasciare spazio in noi alla iniquità.
Per questo "... La Chiesa, nostra madre e maestra, assieme alla medicina, a volte amara, della verità, ci offre in questo tempo di Quaresima il dolce rimedio della preghiera, dell’elemosina e del digiuno".
Se riconosco la Chiesa come Madre e Maestra, non avrò possibilità di cercare altri ed iniqui maestri. La Chiesa, nella franchezza e nelle responsabilità cerca di propormi la verità scomoda che ci riconduce alla volontà di Dio.

martedì 13 febbraio 2018

1 Giacomo 1,12-18 e Marco 8,14-21
Non comprendete ancora?

Effettivamente il modo convenzionale di vivere la fede dimostra il nostro "attuale" non capire. L'irrilevanza che dimostra il cattolicesimo nel nostro contesto culturale: la sua minorità di fascino, dimostra la non comprensione del mistero che viviamo.
Che strano, gli amici di Gesù erano parte di un mistero e di avvenimenti meravigliosi eppure non comprendono. Pure noi che viviamo il mistero della Chiesa, meraviglia di Dio nella storia, corriamo il rischio di non comprendere perché tentati dalla vanità del mondo. Tentazione è devianza nella iniquità, nella ingiustizia, nel vivere senza carità.
Non comprendiamo che "ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre", quindi per vincere la tentazione della indifferenza come stile di vita, occorre implorare il dono della fede che mette alla luce il creare, illumina senso religioso. Oggi mi ritaglio cinque minuti di silenzio, cinque minuti per stare davanti al Signore e chiedere il "buon regalo" della fede, in modo che il prossimo cammino quaresimale si mostri come occasione di conversione e comprensione.

lunedì 12 febbraio 2018

Giacomo 1,1-11 e Marco 8,11-13
Perfetta letizia cristiana ...

Considerate perfetta letizia l'esperienza della vita ...
Solo con uno sguardo maturo (cioè credente) è possibile di vivere il quotidiano riconoscendovi l'opera di Dio che conduce nella verità alla salvezza. Vivere ogni giorno è una proposta di umanizzazione: è vagliare ciò che siamo in una prova continua di pazienza, cioè di comprensione e compassione per giungere alla perfezione, ossia alla maturità di Cristo.
Ogni giorno, in ogni situazione vissuta ci è infatti soggetti di fare come lui ha fatto; di pensare a quello che lui ha pensato; di dire quello che lui avrebbe detto; solo in questo modo la nostra esistenza prende forma nella sua. È forte Giacomo! Non illude nessuno dei credenti, ma chiede a ciascuno di superare l'ipocrisia della religiosità per convenzione sociale; quella religiosità da "fariseo" che attende le conferme (un segno del cielo) prima di ogni disponibilità. A questi Gesù risponde che non avranno alcun segno, tanto non hanno la maturità dello sguardo per poterli comprendere e per potersene rallegrare.

domenica 11 febbraio 2018

Levitico 13,1-2.45-46 / Salmo 31 / 1 Corinzi 10,31-11,1 / Marco 1,40-45
Fate tutto per la gloria di Dio!


Una immagine quella del Vangelo che ci precipita nel cuore della misericordia, un uomo lebbroso, nascosto al mondo, velato per non mostrare l'orrore del suo male, che porta a Gesù la sua umile voce ... "Se vuoi puoi purificarmi ..." Nessuna pretesa solo la voce di un uomo umiliato e ferito dal male, da un male che uccide; ma soprattutto un uomo scartato escluso. È quella voce che commuove le viscere del Signore al punto di porgergli la mano e a toccarlo. Le Parole di Gesù sono chiarissime: "lo voglio, sii purificato ..."
Gesù non rimane indifferente di fronte alla supplica dell'uomo, e il Suo desiderio è quello di corrispondere alla preghiera. C'è in Gesù il desiderio di riconsegnarlo alla sua vita, alle due relazioni umane. (...)
Tutti sappiamo infatti che la lebbra era una malattia che, prima di tutto escludeva dal contesto sociale e di relazioni comunitarie e famigliari, una malattia segno di peccato e di condanna da arte di Dio, una malattia contagiosa che conduceva alla morte, non c'era rimedio.
Alla luce di questo Vangelo vorrei che facessimo un piccolo percorso sulle lebbre che anche oggi riconosciamo attorno a noi ...
Chi sono dunque i lebbrosi di oggi? Chi sono lebbrosi per il mondo? Ci sono dei lebbrosi anche nella Chiesa? Ci sono lebbrosi nella società civile?
Sì! Ci sono dei lebbrosi anche ai nostri giorni,  ma per assurdo non sono un gruppo di sventurati colpiti da una infame malattia, ma lebbrosi oggi sono quella minoranza che per la fedeltà al Vangelo e per amore del Signore non si piega alle convenzioni sociali e viene bollata come credenti..., e vengono dai più marginalizzati. (...)
Ma non sempre la comunità Cristiana, la Chiesa, è fedele al gesto di Gesù, e di conseguenza pure lei individua i suoi lebbrosi ... Questo succede quando obbedire alla legge è più importante che vivere la legge dell'amore. E così anche nella chiesa ci sono dei lebbrosi ...
Lebbrosi della comunità cristiana sono quei fedeli che nella fatica di un orientamento omosessuale vivono come condizione di scarto la loro peculiarità. Questo quando un moralismo rigido li esclude non per il loro agire morale ma solo per la loro condizione.
Lebbrosi della comunità cristiana sono coloro che rischiano lo scarto per la loro situazione di separati, conviventi, divorziati e risposati ... Si sentono scattati per forza delle leggi canoniche, che vivono come una sentenza su di loro.
Tendere la mano della comunità ci porterebbe a comprendere le norme non come una sentenza di condanna ma come l'occasione, a partire da quelle condizioni, per accompagnarli ugualmente con amore e compassione. Si vince lo scarto con l'esercizio dell'inclusione.
Ma anche nella società civile, stiamo assistendo al diffondersi di nuove lebbre: una attualissima come l'influenza è quella dei migranti. Quale antidoto, quale antibiotico individuare per risolvere questa piaga: l'espulsione, l'esclusione ... Non devono essere qui perché non ne hanno i requisiti ... Forse una legge non più attuale, la Bossi-Fini, non basta a colmare e a gestire un problema in continua evoluzione.
Un popolo di seicentomila immigrati irregolari, che si sente dire che saranno riportati nei loro paesi ... Non possono non sentirsi  esclusi, si sentiranno a dir poco potenziali lebbrosi.
"Occorre rimandarli indietro, respingerli ... "Sembra proprio che ci dobbiamo adeguare all'idea di schiacciare sotto il tallone del nostro piede il grido di miseria e di disperazione di 2/3 dell'umanità. Ma Il problema non è il respingimento, il problema è l'egoismo dei ricchi, dei ricchissimi di questo nostro mondo economicamente avanzato, ma umanamente degradato.
Ogni lebbroso, grida, supplica solo una frase "Signore se vuoi puoi purificarmi!"
Come ha fatto Gesù, la lebbra viene purificata toccando con la mano l'uomo malato, e in quell'incontro si condivide la sua stessa vita che purifica.
Con compassione, noi tutti, ogni comunità cristiana, il mondo deve muoversi a compassione e toccare l'uomo ferito, umiliato e scartato.

sabato 10 febbraio 2018

1 Re 12,26-34 e Marco 8,1-10
Sacerdoti ... e sacerdoti


L'accostamento dei queste letture produce un effetto importantissimo. Nel Vangelo leggiamo oggi, la moltiplicazione del pane e dei pesci. È un segno compiuto dal Signore dopo una esperienza di cammino, di digiuno e di ascolto; ora quella folla ha fame e non si può rimandarla senza averla nutrita; verrebbe meno lungo il cammino.
Sono parole e situazioni che descrivono l'esperienza della fede e della vita di fede. Il cammino della vita per esprimere una fede matura deve essere un percorso di essenzialità e anche di penitenza, di purificazione, di liberazione dalle schiavitù del peccato. Ma è pure un cammino nella "Parola" che chiede l'ascolto della vita, come pure un nutrimento che solo il Signore può dare: il suo pane spezzato. È possibile venire meno nel cammino della fede nel momento in cui sostituiamo alla fede l'esperienza del credere, allora tutto diviene insufficiente per la fede. Quando i segni sono svuotati della sacralità e del mistero di Dio, restano segni di ciò in cui si crede, come i vitelli d'oro di Israele, ma non sono più segni della fede. Così è anche per il sacerdozio. I sacerdoti di Geroboamo sono senza radici e senza ascendenza: non sono discendenti di Aronne e neppure dei Leviti. Ogni sacerdote di Cristo, è mistero di Cristo: spezza il pane, nutre la fede e custodisce e rinnova la Parola.

venerdì 9 febbraio 2018

1 Re 11,29-32;12,19 e Marco 7,31-37
Liberare dal demonio, aprire le orecchie,
sciogliere il nodo alla lingua.

Gesù ha oltrepassato i confini di Israele, questo fin da subito. Nel suo andare altrove, oltre anche i villaggi della Galilea, non ha mutato il tenore della sua predicazione. Non si è adeguato a culture diverse a tradizioni e modi di pensare. Senza imporre nulla ha riproposto il suo agire e la sua predicazione. Rispetto all'esperienza del maligno, alla richiesta di liberazione dal male (demonio) - nel Vangelo di ieri - Gesù libera. Oggi, nel Vangelo, ha aperto (Effatà) le orecchie per l'ascolto, e sciolto il nodo alla lingua per la proclamazione.
Incontrare il Signore, non può essere solo una bella esperienza; l'incontro va vissuto come occasione di liberazione dai propri "affari con il male". Il demonio è anche nei nostri peccati quotidiani, nelle nostre durezze, nei nostri egoismi. L'incontro con Gesù è di per sé liberazione dal male; "da ogni male". L'incontro con lui è apertura della vita alla parola di "pace" che nasce nell'ascolto. Un ascolto della Parola che costruisce e consola. Costruisce l'uomo nuovo e consola le nostre ferite. Allora anche la nostra lingua può gridare: "Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!" Questo a partire da noi, se lo abbiamo incontrato ...

giovedì 8 febbraio 2018

1 Re 11,4-13 e Marco 7,24-30
Le briciole che scacciano il demonio 

Ci sono frammenti, briciole, che hanno il potere di scacciare il demonio.
Una briciola è la fede di questa donna, Sirofenicia, di fronte alla fede dell'intero popolo di Israele. La tavola dei figli con tutta la sua disponibilità e possibilità deve produrre le briciole che sono la fede dei cagnolini, premessa necessaria è indispensabile per scacciare il demonio e rendere quella figlia libera del male. 
L'immagine della narrazione di Marco è molto importante, da un punto di vista storico e religioso, denuncia infatti, una convinzione diffusa ai tempi di Gesù: l'elezione di Israele è un privilegio esclusivo che non può essere "gettata ai cani" pagani. Ma nello stesso tempo è lo stesso Gesù che si affranca da questa convinzione per darci la visione adeguata della salvezza, della liberazione dal male; questa non ha pregiudiziali culturali e religiose. Ogni briciola della tavola dei figli, cioè del banchetto di Dio, quando è accolta come grazia e verità nell'umano, è efficace per operare la salvezza.

mercoledì 7 febbraio 2018

1 Re 10,1-10 e Marco 7,14-23
Tra Puro e Impuro ...


Un po' tutto poteva essere catalogato tra puro e impuro: gli animali, i cibi, le azioni, i momenti della vita ecc ... Questa rigida catalogazione comportava un ritualismo esasperato e forse anche una sorta di ipocrisia; certamente una netta superficialità di lettura delle realtà è della vita. Che cosa è l'impurità secondo la comunità di Marco?
Nella riabilitazione dei cibi, affidata alle parole di Gesù, veniva superata quella disparità legata alla diversità di cultura e impostazione di vita esistente tra credenti di origine giudaica e quelli di provenienza pagana. Ma il Vangelo non ha una connotazione puramente sociologica. Il Vangelo ha una valenza antropologica (che riguarda l'uomo nella sua persona, identità e creaturalità). Sono 12 le cause dei propositi di male che rendono l'uomo impuro, come dire che il male, nella sua totalità è possibile per il cuore dell'uomo. L'impurità non può essere espressione di una rigida osservanza della legge, ma dice la possibile degenerazione della libertà dell'uomo nell'accondiscendere al non amare. L'umano è mistero sia nella purità che nell'impurità; la nostra salvezza penetra completamente il mistero che siamo.

martedì 6 febbraio 2018

1 Re 8,22-30 e Marco 7,1-13
Ascolta e perdona!

Ascolta e perdona! Con queste parole Salomone conclude la sua preghiera nel momento in cui solennemente l'Arca di Dio viene introdotta nel Santo dei Santi, in quel tempio che già il Re Davide voleva costruire come casa di Dio tra gli uomini.
Salomone percepisce il limite di una casa fatta di legno di cedro e di pietra, riconoscendo invece che, fino a quel momento Dio ha abitato le promesse fatte ai padri, le ha abitate e realizzate con fedeltà. Ora il tempio diviene il segno della presenza e della fedeltà di Dio e quindi lo spazio umano in cui il popolo di Israele riconosce la propria appartenenza, e può invocare la misericordia di Yhwh. Dio ascolta Israele perché è un Dio fedele al patto, all'alleanza stabilirà per sempre; Dio ascolta e risponde con misericordia cioè con il dono della sua consolazione. Anche per noi, il tempio, le nostre Chiese non devono ridursi al luogo del rito, ma sono il segno del dimorare di Dio con gli uomini. Se il segno dell'arca garantiva la presenza della Gloria di Yhwh, dell'ascolto e del perdono, quanto più ora lo è per la presenza dell'eucaristia (il suo vero corpo).

lunedì 5 febbraio 2018

1 Re 8,1-7.9-13 e Marco 6,53-56
La folla, la persona e la guarigione


Dice il Vangelo di oggi che ovunque andava le folle lo seguivano e gli portavano i malati perché li guarisse. Ma questa folla che rincorre il maestro non è anonima, essa assume un volto personale quando lo si supplica di toccare il lembo sfrangiato di quel mantello da viaggio impolverato. Il desiderio di toccare il mantello diventa possibilità di contatto per cui l'incontro diviene personale, non più anonimo. È nell'incontro personale e in quel contatto che la malattia perde la sua forza distruttiva sulla persona. Non siamo di fronte a un "toccare magico", ma a un toccare che salva. La fragilità e la malattia vengono coinvolte nella salvezza che è la comunione con il Signore. Il toccare non è un prendere, un carpire la guarigione, ma il toccare è come una preghiera, una carezza rivolta al Signore; è una invocazione di amore. Anche noi abbiamo bisogno di toccare il lembo del mantello; abbiamo bisogno di fare una carezza al Signore, affinché la nostra fragilità sia consolata e possa sperimentare la salvezza. Dare un bacio a questa pagina di Vangelo, sarà come toccare il lembo del suo mantello.

domenica 4 febbraio 2018

Giobbe 7,1-4.6-7 / Salmo 146 / 1 Corinzi 9,16-19.22-23 / Marco 1,29-39
Tutti ti cercano ...

In queste ultime domeniche il Vangelo di Marco ci ha raccontato cosa faceva Gesù nelle sue giornate a Cafarnao. Oggi vorrei ripercorrere con voi alcuni momenti ...
1) Momento.
Gesù, certamente non perdeva l'occasione, il sabato, di andare in Sinagoga per ascoltare la Parola e per commentarla. Ma tra le righe comprendiamo che Gesù si spendeva anche in una intensa attività di dialogo, di predicazione e incontro con la gente. Quella sera, dopo aver guarito la suocera di Simone, quando al tramonto finiva il Sabato, e con esso tutti i 1521 divieti della legge, tutta la città era intorno alla porta, e lì aspettava di incontrarlo, di vederlo ... e gli portarono i malati e i posseduti dal demonio.
Questa immagine ci fornisce la cifra dell'impegno di Gesù e della sua impegnativa quotidianità. Poco più avanti nel racconto di Marco, ci viene detto come la continua relazione con la gente, era talmente insistente, che non avevano nemmeno il tempo per mangiare.
Tutto questo si può commentare con una espressione, Gesù facendo il bene dell'uomo fa il bene per Dio. Non sempre quando pensiamo di onorare Dio e di fare il bene per lui, facciamo realmente il bene dell'uomo. Gesù parte dal fare il bene per l'uomo ...
Gesù non va in Sinagoga per un obbligo, ma va in sinagoga per insegnare e per educarsi all'Ascolto della Tora e dei Profeti, e alla comunità. Anche noi non andiamo alla Messa per un obbligo, ma per educarci all'ascolto della Parola di Dio e alla comunità.
2) Momento.
Gesù in casa di Simone guarisce la suocera. La quotidianità di Gesù si colora di un gesto di attenzione, vicinanza e guarigione. La prende per mano e la fa alzare. Gesù non rifiuta il contatto nemmeno con chi è malato, infetto, impuro. E la gente alla sera, si raccoglie davanti alla porta della casa di Simone e porta malati e indemoniati; e Gesù, molti li guarisce. Non guarisce tutti, ma molti... Possiamo dire che ciò che guarisce è l'incontro tra Gesù e la nostra fragilità. Quando questo incontrare è vero ... La guarigione parte dalla consolante esperienza di Gesù accanto. Farsi accanto a una persona sofferente, malata ... La vicinanza è la migliore delle medicine. Farsi accanto alle persone sole, anziane, farsi accanto alle persone faticose ... Farsi accanto a chi ha bisogno di compagnia. 
3) Momento.
Nella parte finale del Vangelo, Simone e gli altri si mettono sulle tracce di Gesù, trovatolo gli dice: "tutti ti cercano!" Come dire: ma dove ti sei messo?
È bello che tutti cerchino Gesù, e Gesù si fa trovare, ma in preghiera! Forse Simone e gli altri rimangono stupiti di questo stile del loro amico ...
Sarebbe utile ripercorrere ogni tanto la scansione delle nostre giornate quotidiane, alla fine saremo sorpresi di una importante latitanza ...
Tra le tante cose che facciamo sicuramente dovremo, con imbarazzo, ammettere che il Signore non lo abbiamo cercato, e neppure desiderato. La sua presenza nel nostro quotidiano è assente.
Gesù invece ci mostra come nella preghiera, e attraverso la preghiera, Dio entra nel nostro quotidiano dandovi un sapore speciale, il sapore della vita di Dio.
Anche solo il confronto tra lo stile di vita di Gesù e il nostro stile di vita, ci interroga profondamente. E mette in luce quanto di Dio è presente nella mia vita?

sabato 3 febbraio 2018

1 Re 3,4-13 e Marco 6,30-34
Preghiera e Azione

La preoccupazione di Gesù rispetto ai discepoli immersi nella missione, è proprio questa: che non si adagino all'attivismo e alla conseguente aridità.
La vita a Cafarnao e dintorni era diventata frenetica al punto che l'insistenza della gente aveva tolto anche il tempo per poter condividere il pasto insieme. Ciò significa che lo spazio per l'annuncio del Vangelo veniva soffocato e compresso dalle esigenze della gente. Di fronte a questo non esiste altra soluzione che distaccarsi, per poter stare "in disparte, da soli, in un luogo deserto, per riposatevi un po’..."
È importante che anche noi, se non giornalmente, almeno nella settimana; se non nella settimana, almeno mensilmente, ... è necessario che ci lasciamo condurre da Signore per stare un poco con Lui. Oggi per un credente, se vuole continuare ad esserlo, diventa d'obbligo custodire non solo una intimità spirituale, ma uno spazio esistenziale in cui si possa stare alla presenza del Risorto.
Diversamente il rischio è di assumere il volto anonimo di una folla che, sulla scorta del desiderio, cerca Gesù; essa corre da ogni parte per poterlo incontrare, perché è come un gregge senza pastore, ricerca il fascino delle parole e dell'impulso del momento, ma non ha un luogo dove stare con Lui. Dobbiamo imparare a dimorare con Lui. Possiamo imparare a partire dal rinunciare ad alcuni momenti affascinanti, frenetici e non essenziali (se ho ancora il criterio per capirlo) della nostra quotidianità.

venerdì 2 febbraio 2018

Malachia 3,1-4 e Luca 2,22-40
Festa della presentazione del Signore
Il segno di ciò che è sacro

La presentazione del Signore ...
Un rito strano per noi: lo scambio di una offerta per ciò che è sacro a Dio, per ciò che gli appartiene; tutto secondo la Legge di Mosè.
Per capire il senso della legge, dobbiamo tornare a quella notte della liberazione nella quale i primogeniti di Egitto morirono al passaggio dell'Angelo della morte, ma il sangue dell'agnello fu segno di protezione per i primogeniti di Israele.
La libertà dalla schiavitù e dal male inizia con un segno che è l'offerta dei primogeniti; ma in verità si legna al segno del figlio amato che Yhwh ha donato ai padri: il segno che è Isacco. Isacco infatti è il figlio donato, offerto è riscattato nel sangue dell'ariete ...
Ma oggi cosa rappresenta tutto questo?
Il primogenito rappresenta sempre il segno del nuovo inizio; della fedeltà alla promessa della discendenza; rappresenta il segno realizzato, sacramento dell'amore di un uomo e di una donna. Forse verrà meno la memoria della fedeltà di Dio; verrà meno la consapevolezza del Patto Antico e Nuovo che è la redenzione dell'universo; ma fintanto che ci saranno un uomo e una donna che per amore offriranno a Dio il loro primogenito, non verrà mai meno il segno della Salvezza di Dio. Gesù ne è in tutto pienezza realizzata nel tempo della sua vita terrena.

giovedì 1 febbraio 2018

1 Re 2,1-4.10-12 e Marco 6,7-13
Sperimentare la missione

Essere inviti, parte da Gesù che incomincia a mandarti. Questa sottolineatura è importante per accorgerci come per noi discepoli nel 2018 il rischio è di non assumere mai lo stile degli inviati, questo per una impostazione pastorale e per una inerzia ormai diventata un modo di vita.
Essere inviati, si inizia, dallo stile di vita sobrio ed essenziale. Per essere degli inviati occorre sperimentare il distacco dalle tante cose che fanno parte della quotidianità.
Il Vangelo non lascia dubbi: un bastone, un paio di sandali e una tunica. Il resto non serve. Si tratta di un equipaggiamento molto agile per un camminare da un luogo all'altro  affidandosi alla accoglienza e ospitalità degli altri. La prima difficoltà infatti che incontriamo nell'affidarsi agli altri è la nostra autosufficienza, dovuta alle nostre cose: ci arrocchiamo in noi stessi. La sobrietà ed essenzialità della vita sono il presupposto necessario per l'annuncio che chiede conversione (un annuncio privo di compromessi); sono presupposto necessario per la forza della preghiera capace di liberare dal male (esorcismo), come lo anche essere con la vita olio che lenisce, e anche guarisce, la fragilità (malattia) dei fratelli.