giovedì 31 dicembre 2015

1 Giovanni 2,18-21 e Giovanni 1,1-18
" ... pieno di grazia e verità".

"Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia".
A conclusione dell'anno, cosa abbiamo ricevuto? Ma ... in quale senso abbiamo ricevuto?
La nostra vita non si comprende se non come dono di chi ci precede rispetto al passato e al futuro. Il fatto che Dio si è incarnato, pone nella storia il segno di ciò che da senso e significato al passato e garantisce pure il futuro. Ridurre tutto il significato dell'esistenza a una convergenza di possibili teorie scientifiche, se pur suffragate da una logica razionale, ma finita, svilisce il segno profondo di ciò che è la vita. A conclusione di questo anno, dove nella vita abbiamo toccato tutte le esperienze possibili, dal nascere al morire, dal gioire al soffrire, dell'amare all'odiare, dal patire al guarire ecc... Non possiamo non riconoscere che la vita ha una pienezza che le è riversata da qualcun altro o addirittura dall'alto, dal cielo. Il "Verbo" si fece carne, si fece vita ... Quel farsi carne porta nella carne (cioè nella vita e nell'esistenza) cioè nella nostra vita quella pienezza che Giovanni evangelista chiama "grazia e verità" cioè grazia su grazia, grazia dopo grazia ... Accostarmi con stupore alla vita mi permette di accogliere ciò che ho ricevuto e con gratitudine restituirlo, ciò rappresenta il modo di vivere il mistero del verbo incarnato.

mercoledì 30 dicembre 2015

1 Giovanni 2,12-17 e Luca 2,36-40
Non amate il mondo!


Come è difficile per noi gente "post-moderna" non amare questo mondo. Noi che siamo completamente partecipi di ciò che il mondo è, noi che questo mondo lo abbiamo creato  e da cui siamo in una dipendenza "totale". Siamo noi che al "mondo" abbiamo dato esistenza e vita; è questo mondo quello in cui riflettiamo le nostre "concupiscenze". È da questo mondo che provengono le nostre aspirazioni, le gioie e le sofferenze ... tutto quello che siamo è un riflesso del mondo, ma il mondo di per sè non è "persona". All'inizio del brano di 1 Giovanni, vengono chiesti alcune disponibilità per poter "vincere il mondo":
- fare esperienza di perdono; poter gridare "Gesù salvami!";
- vincere il peccato a partire dalla coscienza delle proprie fragilità;
- vincere il Maligno, evitare i compromessi con colui che è principe usurpatore del mondo;
- fare esperienza viva della Sua Parola che lascia nel mondo la traccia di Dio.
Nelle piaghe di questo "mondo", tutti noi, siamo capaci di nascondervi con colpevole complicità "la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita ... "
Sulla concupiscenza andrebbe fatto un ampio discernimento, ma quando essa perde il suo fascino ... ciascuno recupera quello sguardo che va oltre l'orizzonte di questo mondo e si aprono quegli spiragli per incontrare lo sguardo di Dio.

martedì 29 dicembre 2015

1 Giovanni 2,3-11 e Luca 2,22-35
C'è amore e amore ... e novità...

L'invito a essere "nuovi" accompagna il messaggio natalizio di luce e di pace, questo si intreccia con la novità della vita che non deriva dalle nostre buone intenzioni ma da Lui. Lui in noi, è la garanzia dell'essere nella novità che è Dio. Lui in noi, in una vera obbedienza ai comandamenti; questi ci immergono nella pienezza dell'amore di Dio. Così pure l'obbedienza ai comandamenti ci permette di dimora in Cristo; questo dimorare si manifesta in un comportarsi come lui si è comportato (prima lettura).
Ma cosa rappresenta il nuovo? Perché non è possibile permanere in ciò che è antico?
Ciò che è antico, per quanto buono possa essere, conduce alla nostalgia di ciò che era, e impone al presente una conformazione che è una limitazione rispetto l'originalità del presente. Ciò che è nuovo è conseguenza di ciò che è antico, ma nell'essere nuovo apre alla possibilità di adempiere l'originalità dell'amore. Amare in antico è nostalgia di ricordi gratificanti, amare in novità di vita è passione per la vita, quella reale.

lunedì 28 dicembre 2015

1Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 2,13-18
Da Qumran a Gesù, verso noi...


Un certo influsso dualista (luce/tenebre), forse riflesso della comunità di Qumran, risuona come sfondo della prima lettura; ma in 1 Giovanni, non ci si limita a consolidare l'esperienza di chi sceglie la luce alle tenebre, ma rivela ciò che genera la luce stessa, cioè il sacrificio di Cristo. È il suo sangue, il suo donarsi che permette alla luce di dilagare e di essere fonte della comunione con lui. Il sacrificio del suo sangue è il dono della sua stessa vita. Dare a noi la sua vita, permette a ciascuno di trasformare la propria esistenza da bene personale ed esclusivo a esperienza di condivisione e di comunione: un amare gratis. La luce è quindi ben più di una scelta morale ed etica, ma è la possibilità di vedere la nostra vita trasformata grazie al dono del sacrificio di Gesù; vivere della luce e nella luce è condizione per fuggire la tenebra dell'egoismo e della solitudine. La tenebra, vivere per se stessi, è causata dal peccato e alimenta il peccato.
Erode è nella tenebra, i Magi gli hanno dato la possibilità di accogliere il dono della luce vera, ma la tenebra della sua esistenza lo ha trattenuto nei vincoli di morte, e la morte ha generato solo altra morte. La luce invece ha generato in quel peccato figli della testimonianza, testimoni inconsapevoli dell'amore.

domenica 27 dicembre 2015

1Samuele 1,20-28 / Salmo 83 / 1Giovanni 3,1-2.21-24 / Luca 2,41-52
Storie di famiglia ...

(...) Le letture di oggi suggeriscono almeno tre immagini e situazioni di vita famigliare:
- la famiglia di Samuele, una famiglia dove si sperimenta la sterilità ... Una famiglia che non vive la gioia di essere realizzata ... Ma anche una famiglia che chiede di potersi realizzare. Samuele è un dono, chiesto con fede e in quanto tale, Anna (la madre) si rende conto che non è un suo possesso, ma che è un dono che va restituito.
La famiglia vive di relazioni di dono, situazioni che non possono esprimersi in un possesso e che progrediscono attraverso una continua reciproca restituzione.
Quando in famiglia non si restituisce, si inizia a stare male ... Le difficoltà diventano macigni e chi ci è accanto un concorrente detestabile.
- la famiglia dei figli di Dio, coloro che riconoscono come Padre il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe ... Cosa vuole dire?
Credo voglia dire che la famiglia non è esclusiva, ma è fatta di una moltitudine di fratelli ... Essere famiglia non lo si è per decreto dello "stato di famiglia", ma per una identità che si genera nell'obbedienza al comandamento dell'amore. Generati nell'amore e attraverso l'amore, siamo famiglia ... Se non c'è l'amore all'origine delle nostre famiglie, generiamo dei mostri ... famiglie mostruose, relazioni mostruose ...
- la famiglia di Nazareth ... Una come tutte e come tante, chiamata a crescere e camminare grazie anche a tanti errori ... chiamata ad essere famiglia ogni giorno, misurandosi continuamente con la necessità compiere la propria missione-vocazione.

sabato 26 dicembre 2015

Atti 6,8-10.7,54-59 e Matteo 10,17-22
Parole che non si vogliono sentire


Fare esperienza della Misericordia, sentire Dio che ti ama da vicino, si accompagna anche con una umanità ferita dal peccato al punto che può anche chiudersi gli orecchi per non sentire parlare di amore e per non sentire parlare di Gesù. Il martirio di Stefano è la manifestazione di come una umanità ferita è capace di divorare anche ogni gesto di amore. Proprio per questo la Misericordia ha il sapore di un amore che è solo dono senza nulla pretendere e attendere ... Solo un amore gratuito infatti può "calmare e colmare" ferite come quelle del cuore dell'uomo. Nel Natale, Dio si è consegnato al cuore dell'uomo, e anche nel nostro, ma non è così scontato che la nostra umanità sia capace di corrispondere al dono ricevuto. Il Natale toglie ogni distanza tra Dio e l'uomo, tra la terra e il cielo; Dio sceglie la vicinanza (Emmanuele) come condizione di rivelazione. Nel martirio Stefano sperimenta come attraverso la sua stessa vita Dio si fa vicino al l'umanità ferita è arrabbiata dei suoi fratelli.

venerdì 25 dicembre 2015

Messa della Notte di Natale
Isaia 9,1-6 / Salmo 95 / Tito 2,11-14 / Luca 2,1-14

(...) Quel bambino chiede di essere amato ... Amiamo la misericordia (Gesù stesso) e così diventeremo anche noi un po misericordiosi. 
Noi, ciascuno di noi oggi ha bisogno solamente di una cosa, una fra tutte ... di tornare a imparare che si è cristiani non di nome ma di fatto ... Saremo veramente cristiani se la misericordia tradirà il nostro agire umano, se la misericordia darà forma alle nostre azioni, se la misericordia farà capolino nel nostro quotidiano, magari richiamandoci a una fedeltà rispetto alla quale facciamo fatica, rispetto alla quale proviamo durezza.
Tra le tante fatiche delle nostre relazioni complicate, tra le energie che impieghiamo a gestire tutta la nostra vita dobbiamo ritornare a pensare che il nostro Dio è misericordioso e che la misericordia è fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza ... è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro.
La misericordia allora non è un concetto intellettuale ma una modo di pensare la vita e un modo di viverla.
Misericordia dice papà Francesco: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.
I pastori riconoscono nel Segno la misericordia di Dio e se ne tornarono lieti, pieni di gioia e di stupore cantando per sempre, in eterno la misericordia del Signore.

giovedì 24 dicembre 2015

2 Samuele 7,1-16 e Luca 1,67-79
Canterò in eterno l'amore del Signore (Salmo 88)


Due canti di lode (il Magnificat e il Benedictus) rendono il primo capitolo del Vangelo di Luca una sorta di annuncio di grande gioia.
È una lode non di chi è spettatore, ma di chi è parte di una proposta che non ha eguali.
Dio entra nella storia e lo fa da uomo. Dio entra nella storia e vuole fare la storia insieme a noi. Dio non è il grande burattinaio, ma un attore comprimario, che divide con me (uomo) la scena di questo racconto che è la vita. Una vita che in forza della presenza di Dio cessa di essere un puro evento spazio-temporale ma diviene un evento di salvezza che si chiama eternità, la vita redenta diviene eterna. Ed è questa vita che diventa capace di cantare in eterno l'amore del Signore, solo una vita così!

mercoledì 23 dicembre 2015

Malachia 3,1-4.23-24 e Luca 1,57-66
Giovanni è il suo nome ...

Nelle parole di Zaccaria, sta, una esperienza che mi auguro ciascuno possa fare: "arrendersi a Dio".
Si! Proprio così, arrendersi!
Noi discepoli del Signore, forti della nostra vita da credenti, il più delle volte resistiamo alla volontà di Dio.  Ma quando Egli, Yhwh, il Figlio dell'uomo viene, come dice Malachia, "chi resisterà al suo apparire?"
Proprio così resistere a Dio è prima di tutto sfuggire a quell'accompagnarsi con lui nella nostra risposta alla sua chiamata! E noi di modi di resistere ne conosciamo molti ...
Zaccaria nel momento in cui fa sua la parola "Giovanni" e si arrende alla "volontà di Dio"  fa delle sue parole la Parola è solo in quella Parola cessa di essere muto.
Arrendiamoci a Dio per  meravigliarci anche noi di quella Parola che realizza la nostra vocazione, la nostra chiamata.

martedì 22 dicembre 2015

1 Samuele 1,24-28 e Luca 1,46-55
Consacrati cioè RICHIESTI


Nelle parole della prima lettura di oggi ciascuno è rappresentato nel "segno" di Samuele: essere prediletto e consacrato. Samuele è stato desiderato e amato, sperato e atteso; nei sentimenti materni e paterni si rivela tutta la predilezione di Dio; tutto il suo amore per la creatura ... tutto il suo amore per ciascuno di noi. Esistere, è sinonimo di predilezione, è condizione per essere amati dall'eterno e per l'eternità. Per questo, "esistere" ha una qualità superiore a ogni circostanza di vita. Samuele non solo è amato ma è dedicato, consacrato ... Per questo vengono fatti sacrifici al Signore; ogni sacrificio  significa infatti riconoscere un dono che è di Dio e in quel dono vivere la comunione con chi ce lo ha donato. Un sacrificio non è una privazione a favore di qualcuno e neppure una semplice compensazione. Il sacrificio per ciascuno di noi non sarà però un giovenco, un po di farina e un orcio di vino, ma sarà riconoscere che "siamo richiesti per il Signore". Chi può resistere a questa voce? Maria nel Magnificat accoglie nella gioia l'essere richiesta per il Signore.

lunedì 21 dicembre 2015

Cantico dei Cantici 2,8-14 e Luca 1,39-45
Beati coloro che credono ...


Quante volte sentiamo l'espressione "beato lui che ci crede ..." oppure "Lui si che è fortunato perché ha la fede ..."
In un qualche modo queste espressioni ci confermano che chi crede non sta nelle cose del mondo subendole o affannandosi inutilmente, ma la fede apre la possibilità di comprendere il "mondo" a partire dal pensare di Dio. È bellissimo rileggere il saluto che Elisabetta fa a Maria come lettura nella fede di ciò che è "accaduto" in Maria. La fede a partire dalla disponibilità all'ascolto; la fede come docilità a una proposta; la fede come l'obbedienza alla Parola nonostante il dubbio è il timore ...

Sia per Maria che per Elisabetta, avere fede, si esprime nella gioia di gustare la realtà come l'accadere del mistero di Dio. La Parola si compie in Maria, ma questo significa semplicemente che Dio c'è in Mara; Elisabetta vede tutto questo.

domenica 20 dicembre 2015

Michea 5,1-4 / Salmo 79 / Ebrei 10,5-10 / Luca 1,39-45
Mi prendo cura di me?


In men che non si dica siamo già arrivati a Natale. La quarta domenica di Avvento segna, come dire, l'ultimo tocco della campana, l'ultima candela accesa ...
Vivere con consuetudine l'avvento significa lasciare che le circostanze distruggano la possibilità per ciascuno di essere: uno specchio per il cielo; una occasione di armonia e di bellezza.
Siamo all'inizio di un tempo straordinario, l'anno santo; siamo immersi nella vicinanza di Dio che è la misericordia; abbiamo il dono della tenerezza di Dio che si esprime nella possibilità di mettere amore nelle nostre relazioni ... cioè cuore ... vita ... verità ... non sorrisi compiacenti ... In tutto questo dobbiamo, non solo imparare, ma con caparbietà, esercitarci praticamente. Ciò significa imparare a prendermi cura di me stesso!
Come fare per prendermi cura di me?
Il Vangelo di questa domenica racconta come Maria si prende cura di sé. In quei giorni straordinari e attesi con trepidazione da secoli, certamente ciò che è accaduto ha sconvolto la vita di quella giovane ragazza, ma non per questo, Lei, si chiude in se stessa. Capisce che per prendersi cura di se deve raggiungere la cugina Elisabetta. In fretta senza perdersi in chiacchiere o pigrizie, percorre la Samaria e arriva alla casa della cugina. Per prima Maria vorrebbe prendersi cura di Elisabetta ormai al sesto mese di gravidanza, mA in realtà Elisabetta, immediatamente si prende cura di Maria. Al saluto di Maria, Elisabetta la avvolge di gioia, la rassicura nelle sue paure, la consola confermando che la sua felicità (beatitudine) sta proprio nella Parola ricevuta dall'angelo. Non esiste timore per chi vive nell'amore dell'onnipotente.
Prendersi cura di se stessi significa, per noi cristiani, lasciare che Dio rispecchi se stesso in noi, la sua tenerezza e misericordia di Padre. Significa, essere rapidi e decisi, nell'allontanare chi ci vuole predare. Prendersi cura di noi, significa: lasciare che i fratelli si prendano cura di me come io di loro; questa è una comunità cristiana, questa è la parrocchia, questa è la chiesa.

sabato 19 dicembre 2015

Giudici 13,2-7.24-25a e Luca 1,5-25
Nazirei del Signore


Non certo per esserci astenuti dal bere vino, non certo per non aver tagliato i capelli o aver evitato ogni impurità di impurità, siamo "nazirei" del Signore.
Quando si percorre anche oggi a Palestina e lo stato di Israele è facile notare giovani e ragazzi con i "boccoli" di capelli agli "angoli del capo" ... Ciò rappresenta un segno di consacrazione, visibile ed esteriore, che manifesta quella appartenenza a Dio, quella separazione sancita nella carne come circoncisione del prepuzio o profeticamente nella circoncisione del cuore. Nelle letture di questo giorno, anche la vicenda del Battista, manifesta una identità profetica che nasce nella appartenenza/consacrazione a Dio. Tutti noi, siamo consacrati a Dio con il segno del "Crisma" che incide non tanto sul capo, ma in tutta la natura umana il segno di appartenenza a colui che per amarci si avvicina e accompagna nell'esistenza. La consacrazione non è un privilegio, ma un segno nel particolare (ciascuno di noi) per manifestare una misericordia universale.

venerdì 18 dicembre 2015

Geremia 23,5-8 e Matteo 1,18-24
Ecco verranno giorni nei quali ...


Passato, presente e futuro, sono queste le tre possibilità attraverso le quali leggiamo e comprendiamo la storia e il tempo. Ma se invece non fosse così?
E se invece il tempo fosse un unico divenire che dal suo inizio si protende nel suo compimento?
Dio Padre, presente accanto all'uomo che ha creato e che ama da sempre, continua a rivelare sé stesso nelle vicende del suo popolo, un continuo accadere della salvezza.
La stessa narrazione di Matteo vuole garantirci che gli avvenimenti della storia appartengono alla "salvezza" di Dio. Il sonno di Giuseppe, i suoi sentimenti e timori, le sue scelte definitive sono lo spazio reale del divenire della salvezza, rappresentano "quell'ecco verranno giorni nei quali ..." ciascun uomo riconoscerà la misericordia di Dio come la possibilità di riconoscere che siamo parte della eterna felicità.
Anche i nostri sono i giorni nei quali ... Dio si rivela come amore che salva, cioè che trasforma la tristezza in gioia, la morte in vita, la paura in beatitudine.  Non sono cose invisibili, anzi tutt'altro!

giovedì 17 dicembre 2015

Genesi 49,2.8-10 e Matteo 1,1-17
Davide significa 14 ... prediletto/amato


Una delle pagine più enigmatiche del Vangelo di Matteo la fa riferiamo al genere letterario della "genealogia"; ossia la narrazione del tempo e della vita dalla sua origine al suo compiersi. In questa particolare narrazione emergono due dati: il nome del re Davide e il numero 14. In realtà il numero rappresenta il nome del Re, nome che nel significato dice "perdilezione" e "amato". Tutto conduce nella sua origine, da una scelta di predilezione del Padre a una condizione di amore del Padre per il suo figlio: Gesù.
Questa condizione espressa nella genealogia 
del Signore, in realtà, appartiene a tutti noi, prescelti dal Padre e amati. In questa luce impariamo a vivere di questa predilezione di amore anche attraverso l'esperienza dei nostri sentimenti: anche noi abbiamo le nostre "predilezioni" e i nostri "amati"; questi non possono rappresentare semplicemente delle ingiuste preferenze o differenze, ma sono espressione del desiderio di amore che è semplicemente partecipazione alla "grazia".

mercoledì 16 dicembre 2015

Isaia 45,6-25 e Luca 7,19-23
Se ci scandalizziamo di te ...


Ma sei veramente te che sei venuto e che verrai? Dobbiamo proprio attendere te?
Oggi forse è vero, in molti si scandalizzano di te, inciampiamo sulle tue parole sui tuoi gesti, sulla tua stessa pretesa di essere il nostro salvatore. Noi non vogliamo essere salvati! Salvati da cosa? Dal peccato? Dalla morte?
Al nostro peccato siamo affezionati come ciò che si accompagna alla vita e, la morte ormai non ci turba più, ora che per tutta la vita l'abbiamo nascosta, bene bene, nelle pieghe del benessere e della felicità a buon mercato. Il morire sarà l'ultimo atto della vita ... ma il copione di quell'ultima scena nessuno lo vuole leggere e interpretare ... Come dire, il sipario si chiuderà e quella scena nessuno la vedrà: come se non esistesse.
Essendoci scandalizzati di te, nessuno potrà essere beato! Nessuno potrà gioire dei  ciechi che riacquistano la vista, degli zoppi che camminano, dei lebbrosi che vengono sanati, dei sordi che odono, dei morti che risuscitano ....
Nessuno potrà godere della sua povertà riempita di "buona novella".

martedì 15 dicembre 2015

Sofonia 3,1-13 e Matteo 21,28-32
Bellezza del pentimento


Il pentimento è troppo spesso collegato al senso di colpa psicologico. In realtà ciò che caratterizza il nostro pentimento deve sfociare nella domanda dei pubblicani e peccatori ascoltata domenica nel Vangelo: noi cosa facciamo?
Di fronte a Giovanni Battista, pubblicani, prostitute e peccatori mostrano come il pentimento è la via per quel cambiamento che conduce alla novità di vita. La vita nuova secondo il Vangelo non nasce da una opzione, una scelta morale o di fede, ma dal desiderio di vivere come Gesù e alla luce del Vangelo. È il desiderio di ciò che è bello 
e nuovo che induce al pentimento, e il pentimento dilaga nella conversione. Non può essere la paura a muoverci a conversione, ma solamente la bellezza! La bellezza di Gesù! 

lunedì 14 dicembre 2015

Numeri 24,2-7.15-17a e Matteo 21,23-27
Profeti per una benedizione...


Balaam benedice Israele, nonostante le molte imposizioni e contrarietà, perché non è possibile all'uomo impedire il piano di salvezza.
Con queste parole Balaam benedice Israele: "Oracolo di Balaam, figlio di Beor, e oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante; oracolo di chi ode le parole di Dio, di chi vede la visione dell’Onnipotente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi. Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele! (...)"
La storia, il compiersi delle vicende di Israele sono la "strada" dell'avvicinarsi del Figlio dell'uomo; del "verbum caro factum est", che assume la nostra umanità attraverso la carne. Ma è anche la profezia del continuo divenire del Figlio dell'uomo fino al compimento del tempo. Nessuno può impedire questo avvento. Noi possiamo inserirci in questa benedizione che risuona dall'antichità o cercare di opporci assumendo come giustificazione il nostro giudizio ovvero il nostro intrigo, come fanno sommi sacerdoti e gli anziani del tempio. Di fronte all'avvento del Signore, dobbiamo, per quanto è in noi, congiungere cielo e terra: la "grazia" come dono del cielo e il desiderio di "grazia" come aspettativa dell'uomo. È in questo modo che la misericordia trova la sua dimora; solo in questo "dimorare", il mistero del Dio con noi ci si rivela. 

domenica 13 dicembre 2015



Sofonia 3,14-18 / Isaia 12 / Filippesi 4,4-7 / Luca 3, 10-18

Esortiamoci nel vivere la buona novella ... Evangelizzare ...



Giovanni esortava la gente annunciando la buona notizia ...

Quale notizia? Quella che il regno dei cieli è vicino, e che la sua vicinanza ci è data nella venuta
del "più forte di Lui e nelle scelte di vita.
L'incontro con l'annuncio provoca immediatamente una domanda.
Le folle ... di fronte alle parole di Giovanni si chiedono che cosa facciamo?
I peccatori ... (pubblicani) chiedono: e noi cosa facciamo?
I soldati  .... chiedono: è noi cosa facciamo?
In queste domeniche di avvento abbiamo ascoltato un invito a preparare una strada:
preparare il cambiamento è prepararci al cambiamento.
Abbiamo ascoltato che questo cambiamento si realizza in ciò che ciascuno può fare
come risposta all'annuncio del regno, cioè il regno si realizza attraverso la mia stessa vita.
Ci sono qui di alcune condizioni che realizzano in concreto il regno dei cieli:
- Donare al fratello ciò che gli appartiene e che io sto trattenendo ... Forse ho realmente
ricevuto tanto e non mi accorgo di dover restituire.
- Avere una relazione con l'altro impostata sulla giustizia, sulla trasparenza,
sulla verità ... A chi usa del denaro, della ricchezza è chiesto di non usare il metro del peccato,
del tornaconto, come misura del loro agire.
- Ai soldati, a chi è rivestito di autorità, è chiesto di agire per il rispetto dell'altro, sempre.
In conclusione l'esportazione di Giovanni è semplice, viviamo ciò che annunciamo
e annunciamo ciò che il Vangelo ci invita a vivere.
Se lo faremo saremo parte della venuta nella carne del Figlio dell'uomo.

sabato 12 dicembre 2015

Siracide 48,1-4.9-11 e Matteo 17,10-13
Così anche il figlio dell'uomo dovrà soffrire ...


Scendono dal monte, dal "Tabor"; hanno visto la "Gloria" e sono ancora confusi nello stupore. Non è possibile udire, vedere e restare impassibili ...
Ora occorre che il mistero incontrato prenda parte della realtà della vita di tutti i giorni.
È nella vita di tutti i giorni, che Elia è già tornato, è nella vita di tutti i giorni che il figlio dell'uomo viene e soffre ... Si la sofferenza di chi è da Dio è necessaria, come è necessario l'amore per convertire la durezza del cuore. Non è una differenza mortifera, ma è una sofferenza come passione, vicinanza e condivisione. Una sofferenza "per opera loro", rappresenta la sofferenza generata da un amore più grande di ogni rifiuto e dimenticanza. Forse non è possibile soffrire per amore? Si! È possibile! Ma occorre chiedere la grazia della "fortezza" ... La forza di Elia!

venerdì 11 dicembre 2015

Isaia 48,17-19 e Matteo 11,16-19
Beato l'uomo che ...  si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. 


Queste parole del Salmo 1 innalzano il nostro sguardo rispetto "ad ogni presente" e ci suggeriscono la comprensione della realtà a partire dalla "rivelazione" di Dio. Il Salmo ci suggerisce che cosa è "la legge". Essa rivela l'esperienza profonda di Dio dove è coinvolto come creatore e come colui che libera e cammina e insieme al suo popolo. Discernere le vicende umane nella loro spesso intricata condizione è proprio di chi ha questo sguardo. Tale sguardo nasce dal custodire la sua "legge" come preziosa e fonte di vita. Esiste una sapienza di Dio, che agisce ed opera anche nella nostra vita, questa sapienza si genera nel dimorare della Legge di Dio in noi. Abramo, Isacco, Giacobbe ... Mosè ... Elia ... Giovanni il Battista ... il figlio dell'uomo ... gli apostoli, i martiri (testimoni) passati e moderni ... Tutti hanno fatto esperienza della sapienza di Dio, nel dimorare della Legge in loro.

giovedì 10 dicembre 2015

Isaia 41,13-20 e 11,11-15
Ti renderò una "trebbia accuminata"


Una immagine di fantasia, quasi una immagine apocalittica, la Trebbia accuminata, una macchina da guerra che avanza stritolando e sbaragliando ogni ostacolo: così è l'avanzare, l'avvicinarsi del Signore Dio.
Si, Yhwh, per la sua misericordia non indietreggia mai, non si arresta di fronte a nulla, ma fedele al patto di amore, si avvicina e soccorre il suo (vermi vistolo di Israele). Ciascuno da sempre è coinvolto nel "venire di Dio" perché ciascuno di noi fa parte di quella storia che è parte e appartiene a Dio. Le parole di Gesù circa Giovanni Battista e il "regno dei cieli", confermano di lui, di Giovanni, l'essere quella "Trebbia accuminata". La storia della salvezza non può trovare limiti di compimento... Noi siamo i testimoni di come anche oggi, Dio opera nella sua Chiesa, nonostante i molti violenti. Comprendiamo questi testi come immagini di forza e insieme di profonda tenerezza. 

mercoledì 9 dicembre 2015

 Isaia 40,25-31 e Matteo 11,28-30
Anche i giovani faticano e si stancano ...

"Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi".
Mettere ali ... Correre senza affannarsi ... Camminare senza stancarsi ...
Venite a me voi tutti ... e troverete ristoro.
Sia Isaia che il Vangelo ci aprono una consolante prospettiva, ma che cosa la origina, quale condizione la determina?
"Levate in alto i vostri occhi e guardate" dice Isaia, distogliere lo sguardo dalla fatica e orientarlo a Dio, al Santo, è condizione di forza!
Imparare da Gesù, distogliere il pensiero da ciò che ci opprime (non per negarne la presenza), per orientare la nostra esistenza a chi con umiltà e mitezza ha atteso dalla volontà del Padre la forza della consolazione. Ogni consolazione viene dal Padre, non da suggestioni psicologiche o affettive; la vera consolazione è da Dio! Gesù ottiene consolazione dalla croce, dal giogo della volontà del Padre ... dal "suo giogo soave!"

martedì 8 dicembre 2015

Genesi 3,9-15.20 / Salmo 97 / Efesini 1,3-6.11-12/ Luca 1,26-38
Solennità dell'Immacolata
Piena di grazia ... = (uguale) a misericordia

A Nazaret inciso su una pietra all'ingresso della grotta della casa di Maria c'è un grafito datato tra il secondo e terzo secolo, che riporta in greco la scritta Kaire Maria ... Cioè rallegrati Maria. Le stesse parole dell'angelo che abbiamo ora udito nel Vangelo.
Cosa significano queste parole se non che la gioia, in Maria, è il frutto dell'essere riempita di grazia, cioè di dono, di amore che è Dio. Una vicinanza inaudita ...mai pensata e sperimentata prima da nessun'altra creatura.
A pensarci bene, quella gioia è la conseguenza e il contenuto, la veste" della Misericordia che in Maria diviene efficace e concreta (lo Spirito sarà sopra di te; ti avvolgerà con la sua ombra), ma da Maria in poi rappresenta la modalità preferita dal Padre per incontrare ogni uomo. La misericordia motiva ed inizia la storia della salvezza. In questa storia di amore ci siamo anche noi, tutti noi ... Con Maria allora anche noi possiamo dire: "sia in me la tua parola". La parola "avviene", "avviene" sempre ...
Oggi, Io posso "avvenire" insieme ad essa. Spero che il verbo "avviene" e "avvenire" sia chiaro per tutti.

lunedì 7 dicembre 2015

Isaia 35,1-10 e Luca 5,17-26
Lo zoppo salterà come un cervo ...


Questa immagine del Vangelo mi ha sempre attratto, un poco per la sua dinamicità un poco perché quell'uomo che se ne va con lettuccio sotto braccio attira tutta la mia simpatia. Se ne esce sereno, rassicurato nell'aver trovato misericordia; certo che Gesù è realmente il figlio del Dio vivente, colui che togliendo il peccato gli fa gustare la vita vera. Tutti gli altri, o rimangono sbalorditi e meravigliati, oppure ottusamente rinchiusi nei loro ragionamenti acidi e mortiferi.
Nella nostra vita, tutti i giorni, Gesù compie segni di guarigione, anche senza che lo chiediamo. Qualcuno pensa che Gesù risponda alle richieste e alle preghiere, ma in realtà non è solo così, egli opera, tocca e guarisce secondo il suo modo di amarci e di prendersi cura di noi. Il problema è che la scarsa famigliarità con lui non ci permette di accorgercene. Uno degli esercizi più importanti della vita spirituale, e di una vera nostra umanizzazione, è quello di glorificare Dio. Come si fa?
Scopriamo come la nostra giornata è lo spazio dove le parole del Salmo 85 si realizzano, sempre ... "Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo. 

domenica 6 dicembre 2015

Baruc 5,1-9 / Salmo 125 / Filippesi 1,4-6.8-11 / Luca 3,1-6
Voce gridante ...


La voce di Dio, la sua parola irrompe oggi nella nostra vita; cosa significa tutto questo?
La voce di Dio non si separa mai dalla storia dell'uomo, per cui nemmeno dalla nostra. Fin dalle origini la su voce accompagna il nostro esistere; con Abramo la voce diviene rivelazione dell'unico Dio dei Padri. Una voce, una Parola che non si preoccupa della vicende umane, ma si "incarna" nelle vicende umane.
Nel Vangelo di Luca, veniamo informati circa la voce di Dio sopra Giovanni il Battezzatore ...
Cosa dice quella voce
, dice: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!".
Preparare la strada Significa agire per evangelizzare. La strada è il percorso che sono disposto a tracciare nella vita, per cui la sua via è la mia stessa quotidianità dove il mio essere cristiano diventa credibile oppure dove il mio essere cristiano risulta una esperienza di scandalo, di inciampo.
Forse è il caso che lo ammettiamo, con estrema franchezza: noi siamo muti rispetto alla voce di Dio. Non sappiamo dare voce alla parola di Dio, non abbiamo passione ... La nostra strada non è per il Signore ma è una strada di solitudine e di interessi umani, spesso una strada di giustificazioni per la nostra incredula fede, carente di umanità.
Giovanni mi affida nella "parola" una vocazione: "perché ogni uomo veda la salvezza di Dio"; in che modo la salvezza di Dio mi coinvolge? È tempo di cambianti!

sabato 5 dicembre 2015

Isaia 30,19-21.23-26 e Matteo 9,35-38.10,1.6-8
Seguirti ...

C'è chi pensa che seguire Gesù sia una scelta che inizia nella libertà personale ... non è vero!
Seguire Gesù inizia nella predilezione che il Signore esprime verso ciascuno di noi ... Per questo posso dire che è più il NO rispetto al SI a prevalere nell'espressione e concretizzazione della sequela. Non è un giudizio, ma una constatazione, circa il modo in cui noi tutti corrispondiamo all'amore del Signore con gli spiccioli o le briciole del nostro.
Quando, Gesù prega il padre insieme ai docili, perché mandi operati "nella messe", non prega perché i suoi amici siano disponibili a dare un poco del loro tempo, della loro vita (non è una questione quantitativa) alla causa del regno, ma perché diano la VITA per quella messe abbondante (è una questione qualitativa) ... 
Di quella messe, quella gente, di cui Lui ha compassione. Il motivo della mia sequela, allora, non è la mia libera scelta, ma la compassione di Gesù, del maestro, che ora mi dice: "Coraggio, seguimi, il regno dei cieli è vicino!"
E a ciascuno di noi dice ... coraggio, seguimi ...

venerdì 4 dicembre 2015

Isaia 29,17-24 e Matteo 9,27-31
Credete che possa fare questo?

Il vangelo di Matteo ci presenta due ciechi; la loro condizione di disperazione; la loro fermezza nell'affidarsi al "figlio di Davide". Credere alla guarigione significa affidarsi all'agire di Gesù. Questa immagine apre a tutte quelle considerazioni circa la fede e la possibilità di vedere. Il piano della guarigione apre alla comprensione del vedere nella fede: la fede permette di vedere. Non è quindi il miracolo la "gratificazione" del credente, ma piuttosto è la prospettiva nuova che si apre nella vita: uno sguardo sulla realtà oltre i nostri usuali limiti. C'è un aspetto che spesso ci sfugge quando ascoltiamo questo vangelo, è la diffusione dell'evento di ciò che è accaduto. Dire (diffondere la notizia) che ci "vediamo", dire "cosa vediamo" e soprattutto dire che a farci vedere è stato Gesù; quando questo non accade, siamo ancora cechi e nella tenebra.

giovedì 3 dicembre 2015

Isaia 26,1-6 e Matteo 7,21.24-27
La mia roccia eterna ...


Ciò che nelle parole della scrittura sembra riferirsi alla roccia che dura per sempre, in realtà appartiene alla natura stessa di di Yhwh, cioè la stabilità e la forza, quindi, la gloria e la potenza. Yhwh si mostra nella sua presenza che non solo guida la storia ma ne è anche l'origine.
In questa prospettiva di Isaia possiamo comprendere meglio le parole di Gesù circa il fondamento del nostro legame è la nostra appartenenza, ma anche, esistenza in Dio. La "casa" sulla roccia non è la conseguenza di ciò che siamo e scegliamo, ma è il nostro esistere a partire da Dio. Queste parole hanno una radicalità estrema 

non perché sono un giudizio, ma perché ci rivelano la condizione originaria della nostra salvezza. 

mercoledì 2 dicembre 2015

Isaia 25,6-10 e Matteo 15,29-37
Sento compassione ... Non voglio che vengano meno ...


Occorre entrare con discrezione nel cuore di Gesù per capire come anche la moltiplicazione dei pani e dei pesci diventa immagine della vita del Signore e di un pieno rendimento di grazie! Di un perfetto sacrificio. Gesù non sperimenta nei segni una esperienza di gratificazione, quanto di unità nella volontà e nell'agire con il Padre.
Gesù passa dall'osservazione della povertà e fragilità degli uomini, al voler sostenere e "riparare" la loro insufficienza, alla compassione per loro, perché non vengano meno, non siano sopraffatti; tutto questo non diventa una richiesta al Padre, ma diviene una offerta di vita, affinché il Padre corrisponda la sua grazia. A questo punto tutto è una "comunione" esistenziale, che trova nel segno del pane la sua storicità e nel "corpo e sangue" di Gesù il compimento della profezia di Isaia. Oggi vivo con compassione l'eucaristia.

martedì 1 dicembre 2015

Isaia 11,1-10 e Luca 10,21-24
Coltivare il germoglio ...


Iniziare la giornata con questa profezia di Isaia permette a tutti noi di riconoscere che in questo giorno lo spirito del Signore agisce nella nostra storia e nella vita; la sua proposta è: cambiamo la realtà, non accontentiamoci della dura ragionevolezza, desideriamo la sapienza di Dio che rinnova tutte le cose.
Come si può desiderare la sapienza di Dio?
È Gesù che ci svela questa sapienza, a noi, suoi discepoli, in disparte, la svela nella Sua Parola. Questo significa che occorre lasciarsi prendere in disparte da Lui e compromettersi con Lui. È la compromissione con la Sua Parola che mi rende idoneo a operare e agire quanto lo Spirito genera in me.