sabato 31 agosto 2019

1 Tessalonicesi 4,9-11 e Matteo 25,14-30
Voi stessi avete imparato da Dio ....

"Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì".
Fuori dalle logiche economiche, se i "beni" che ci ha consegnato si chiamassero "amore fraterno"?
Credo che tutti ne resteremo completamente spiazzati! Sì perché la lettura della parabola, nella progressione circa la comprensione del mistero del "regno dei cieli" e del compiersi del mistero di salvezza nella passione, morte e risurrezione di Cristo, ci introduce tutti, realmente, nel compimento della realtà attraverso il criterio della Carità. È la Carità che eleva, completa e rinnova tutte le cose. Ma quale è il vero fermento della carità se non l'amore fraterno? L'amore che si deve e si rivela nella sua pienezza è gratuita tra fratelli.
Rimango colpito dall'espressione di Paolo: "voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri"!  Non vorrà forse intendere: avete imparato da Cristo, è lui che ci ha insegnato e ci ha dato la misura di tale amore?
Ciascuno di noi si introduce nel mistero del regno in una progressione di amore. Se a ciò che mi è affidato (essere amato) segue un guadagno (desiderio e volontà di amare), significa che io stesso sono entrato e sono parte del regno dei cieli. Diversamente se seppellisco (faccio morire) l'amore ricevuto e insegnato da Dio, mi escludo dal regno dei cieli: "E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti".

venerdì 30 agosto 2019

1 Tessalonicesi 4,1-8 e Matteo 25,1-13
Come trattare il proprio corpo?

La relazione con il regno dei cieli di che tipo è?
Mi spingo ad affermare che è una relazione esistenziale, per cui coinvolge tutto ciò che si riferisce alla persona, alla sua natura, alla sua storia, alla sua identità, al suo corpo carnale, alla sua dimensione psichica e spirituale ecc...
Le vergini danno una immagine esplicita di una totalità riservata per lo sposo, per le nozze: "il regno dei cieli è ... simile ... a dieci vergini che con le lampade vanno incontro allo sposo ... "
Tutta questa immagine si proietta verso la pienezza della vita delle vergini, che hanno custodito la loro esistenza per riempirla di quella dello sposo.
Se non cadiamo nell'equivoco di una religiosità "clericale", l'immagine presa in prestito per la parabola diviene una traccia di vita del discepolo che, per seguire il maestro, in realtà ha i medesimi desideri e aspettative delle dieci vergini. È infatti la relazione autentica, libera, totale e di amorevole corrispondenza che ci introduce nel regno dei cieli attraverso la porta stretta che è la conformazione a Cristo. Tutto questo ha una sua esplicita manifestazione pratica è concreta nella premura che Paolo condivide con i Tessalonicesi: "Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impurità, che ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto ...". Non siamo di fronte a un rigurgito moralista del Fariseo osservante scrupoloso della legge che è in Paolo, ma nella piena consapevolezza che la nostra esistenza personale è proprio fragile come un vaso di argilla, ma è proprio in quella stessa esistenza che prende forma il nostro essere "vergini, in attesa, con le lampade, incontro allo sposo!"
La nostra persona, il nostro corpo, sono strumento, veicolo, e condizione per la nostra verginità sponsale cioè per la nostra chiamata ad essere Santi. È in questo modo che si dimora nel regno dei cieli.
Fa o signore che tutto il nostro essere, anima e corpo, sia rapito dal desiderio di Te, e come corpo verginale sia segno dell'offerta della nostra vita per il tuo regno di amore e di pace.

giovedì 29 agosto 2019

Geremia 1,17-19 e Marci 6,17-29
Martirio di San Giovanni Battista
"... Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello ..."

Per volontà di Gabino - un generale agli ordini di Pompeo - la fortezza di Macheronte, nell'attuale Giordania, era già stata distrutta nel 57 a.C., ma nel 30 era stata ricostruita da Erode il Grande, che l’aveva voluta come baluardo difensivo. Nel 4 a.C. Macheronte era passata nelle mani di uno dei figli: Erode Antipa, tetrarca della Galilea e della Perea. Proprio qui, secondo lo storico Giuseppe Flavio, fu rinchiuso e poi decapitato Giovanni Battista. Queste informazioni, le riporto per mettere in noi il senso della realtà e storicità. Non siamo di fronte a un racconto di fantasia, ma la narrazione si intreccia con una storicità che ha nei luoghi e nelle vicende la propria originalità.
Il Vangelo di Marco ci dà, in modo unico e un po' fuori dallo stile narrativo, una informazione particolareggiata e dettagliata. Lo spirito di verità, la voce del profeta non può essere imprigionata e neppure addomesticata ... Il Vangelo di Gesù erediterà tutta la forza che Giovanni fa del suo predicare e richiamare a conversione. La conversione è il punto di forza della vita di chi vuole camminare sulla strada preparata nel deserto per andare incontro ad Dio che viene. È questa la prospettiva del precursore, di colui che viene prima per mettere le basi dell'appello alla conversione per il perdono dei peccati. Gesù, alla morte di Giovanni, ne eredita e rinnova totalmente il contenuto: "la conversione attraverso l'esperienza della misericordia (vicinanza amorevole) del Padre!: Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti."
La vicenda raccontata è uno specchio della complessa realtà e vita dissoluta dei figli di Erode il Grande, e come questa loro vita alla romana viene giudicata indegna di coloro che sono eredi delle promesse fatte ad Abramo, Isacco e Giacobbe. Ecco che la profezia è un urgente appello alla conversione per riscattare una vita legata al peccato, che sempre più si avvitata su sé stessa.

mercoledì 28 agosto 2019

1 Tessalonicesi 2,9-13 e Matteo 23,27-32
Comportiamoci in maniera degna di Dio ...

Paolo non parte da esempi fuori dalla realtà, egli porta sé stesso ad esempio, e non per vanità o presunzione, ma perché in questo modo risponde con la sua vita della propria testimonianza. Non è un vanto e neppure orgoglio affermare di comportarsi in maniera degna di Dio e invitare la comunità di Tessalonica a fare lo stesso.
Il suo esempio non si riduce a moralismo, ma parte dalla Parola ascoltata e vissuta: "ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti". Paolo riconosce l'agire di Gesù, la chiamata a conversione attraverso l'ascolto del Vangelo. Egli riconosce alla Parola una autonomia in quanto "Parola di Dio che opera in quelli che credono".  Quale meraviglia poter riconoscere la conversione della vita nella conseguenza dell'ascolto della Parola! Non si cambia per una pura scelta e per volontà, ma per obbedienza alla Parola di Dio. Cambiare noi stessi per obbedire a Dio! È in questo percorso che Paolo da testimonianza del "diventare degno di Dio".
Da questa obbedienza deriva il "lavorare giorno e notte" (la totalità della vita) per annunciare la Parola; deriva essere giusti e irreprensibili: virtù che devono costituire la vita cristiana, per essere degna di Dio. Essere giusti come Dio ha a che fare con la misericordia, non col legalismo; essere irreprensibili ha a che fare con la fedeltà, con l'amicizia (conformazione) a Cristo.

martedì 27 agosto 2019

1 Tessalonicesi 2,1-8 e Matteo 23,23-26
Normalità dell'annuncio ...

Nella nostra ingenuità, pensiamo che l'annuncio del Vangelo sia stata una esperienza, che accompagnata dalla grazia, si traducesse in immediata adesione alla fede; dalle lettere di Paolo, si apprende che "dopo avere sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte.Da qui anche la dichiarazione circa la motivazione più spontanea e umana che soggiace alla predicazione del Vangelo: "affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari."
In realtà ciò che emerge dalle Lettere, è la normalità della vita come spazio e veicolo del Vangelo. Paolo nel momento in cui sceglie Gesù come suo Signore e si accorge di come solo Gesù sia pienezza per la sua vita, corrisponde totalmente al Vangelo come Parola da condividere ed annunciare. Non esiste più in lui una distanza tra vita e annuncio. Quella condizione, per cui Gesù denuncia i Farisei come ipocriti, come guide ceche che filtrano il moscerino ed ingoiano cammelli (... che bella immagine esplicita!) evidenzia la loro vita come lontana dalla verità, schiava della doppiezza e incapace di affascinare e avvicinare a Dio.
Annunciare non è insegnare cose che riguardano il divino; l'annuncio del Vangelo è prossimità di Dio attraverso l'esperienza della giustizia, della misericordia e della fedeltà.
Vivere ogni giorno scelte di giustizia; essere misericordiosi verso gli altri e restare saldi nella fede a Gesù, questo è Vangelo.

lunedì 26 agosto 2019

1 Tessalonicesi 1,2-5.8-10 e Matteo 23,13-22
Quando imbrigliamo la libertà dei figli di Dio

Lo scontro col legalismo dei farisei è ben presto la causa scatenante delle opposizioni che Gesù si trova ad affrontare. Ma questa situazione non si esaurisce in quel fatto storico, essa rappresenta ma costante rispetto alla proposta del Vangelo. È una vera tentazione quella dei farisei,  di allora e di sempre, come pure di quelli moderni, cioè di trasformare il senso religioso in una forma di spiritualismo, di ritualismo, mettendogli le briglie del legalismo, reprimendo la bellezza della libertà e della relazione figliale con Dio. Questa non è soggettivismo, ma rappresenta il costante e continuo "convertirsi in Cristo", così come Paolo ci testimonia della comunità di Tessalonica: "Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro."
L'ipocrisia dei farisei, e del fariseo che può nascondersi in noi, si vince con una preghiera di comunione nella Chiesa, con un agire frutto di una fede operosa, con un amore coraggioso che non si trattiene nella fatica e con ogni speranza riposta in Cristo.
Fariseo è l'uomo religioso che giunto al bivio del cuore sceglie il legalismo rinunciando alla libertà di amare Dio per limitarsi ad un atteggiamento rigoroso e obbediente, ma non da figlio. L'amore di un figlio si rivela nella libertà e nella verità di dimorare nel cuore del Padre.

domenica 25 agosto 2019

Isaia 66,18-21; Salmo 116; ebrei 12,5-7.11-13; Luca 13,22-30
Salvezza da cosa ...

Tutto il dimorare di Gesù in Galilea, ad un certo punto trova una svolta nella decisione di attraversare la Samaria e giungere a Gerusalemme ... Le parole del Vangelo di Luca ci confermano che ad un certo punto Gesù prese la ferma decisione di salire a Gerusalemme per celebrare la Pasqua. Quella decisione è per lui frutto di una profonda consapevolezza: "è giunto il tempo di salvare l'uomo!"
È in questa prospettiva che il Vangelo di Luca traduce la vita del Signore, riporta il suo insegnamento, ci rende partecipi dei suoi segni e dei suoi sentimenti. Tutto per condurci con Gesù dentro l'esperienza dell'amore che ci salva.
Il cristiano oggi, non può restare schiavo della religiosità del passato, il nostro mondo ci chiede ben altro tipo di presenza e testimonianza.
Il cristiano oggi, non può rinchiudersi nel club di quelli che hanno "mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze", un vanto che alla resa dei conti ci garantisce l'esclusione dalla missione della Chiesa nel mondo.
Il cristiano oggi, non può ostentare una fede fatta di gesti, ma che non nasce da un cammino di conformazione a Cristo. Un gesto ipocrita non permette che si generi Cristo in noi, e neppure in altri, e diviene bestemmia rispetto alla carità dovuta ai fratelli.
"Sono pochi quelli che si salvano?" Chiese un tale a Gesù ... Certamente non ci salviamo attraverso la nostra presunzione di essere cristiani secondo noi, o per noi stessi.
Occorre invece passare per la porta stretta, che è la nostra umanità quando si è piegata all'amore di Dio. Fintanto che non ci pieghiamo all'amore che è Dio, non entreremo nella logica della salvezza.
"Sforzatevi di entrare ..." Sforziamoci di entrare per la porta stretta che è la misura dell'amore secondo Gesù. Passando attraverso quell'amore sperimenteremo cosa significa essere salvi, parteciperemo alla salvezza, e daremo alla nostra umanità la forma del Cristo che vive, muore e risorge per ogni uomo ...
Perché la salvezza di noi cristiani, attraverso Gesù è per tutti gli uomini, perché a tutti Dio Padre, rivolge l'invito a salire alla Gerusalemme del cielo, la cui strada passa per le vie della nostra terra attuale, per cui non stupiamoci se "verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio."
Non saranno certo i discepoli di Gesù a escludere qualcuno dal suo regno ... Non saremo certo noi a porre ostacolo alle strade attraverso le quali il mondo si muove e attraverso le quali il Dio di Gesù Cristo incontra l'uomo di oggi.
Forse non abbiamo ancora compreso che se la Chiesa non riconosce la propria identità missionaria; se i cristiani non inizieranno a cambiare mentalità e ad aprirsi a ciò che è "periferia", faranno la sorprendente scoperta di come Dio porta a loro le periferie del mondo, perché le logiche di Dio, a noi non sono poi così chiare, ma una cosa è certa: "Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi".

sabato 24 agosto 2019

Apocalisse 21,9-14 e Giovanni 1,45-51
Abbiamo trovato Gesù ... Un amico!

La narrazione di questo dialogo sta alla fine di una staffetta che a partire da Giovanni Battista arriva fino a noi. Giovanni inizia col testimoniare chi è suo cugino: "Ecco l'agnello di Dio"; da quella affermazione due discepoli si mettono sulle sue tracce e lo trovano. Da quel momento essi sono coinvolti con Gesù al punto che dimoreranno lì dove è il Signore. Questa staffetta di domanda e ricerca; di desiderio e di certezza arriva sempre lì alla identità di questo uomo, Gesù di Nazareth, figlio di Giuseppe. La sua identità non è sconosciuta, non è un mistero, al punto che raccoglie anche tutto un seguito di diffidenza: "da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?"
Filippo, a Natanaele, non consegna un biglietto da visita di Gesù, egli mette nel cuore dell'amico, l'esperienza più importante della sua vita: "abbiamo trovato Gesù", come se tutto ciò rappresenti il tesoro nascosto, per il quale ha impegnato tutto se stesso pur di poterlo custodire e possedere. A Nazareth era nascosto il tesoro nel campo, tutti ci passavano accanto, tutti credevano di conoscerlo, eppure era il tesoro nascosto e inestimabile. Coloro che chiamati da Gesù hanno dimorato con lui, hanno, un poco alla volta, riconosciuto la sua profonda armonia, la sua simpatica ironia, una confidenza virile al pari di una tenerezza materna; hanno sentito la sua forza, la sua umanità ... il suo essere figlio di Dio. Stare accanto a Gesù, stare insieme a lui, non ti porta a farti suo promotore, quasi un suo agente commerciale, ma a desiderare di condividere quel tesoro che hai trovato, con chi ti è amico, con coloro che ami. Questo è vero annuncio, da amico ad amico. Il dimorare di Gesù è infatti amicizia, lui stesso ci chiama amici!
Essere discepoli è prima di tutta "una dottrina", una storia di amicizia!

venerdì 23 agosto 2019

Rut 1,1-22 e Matteo 22,34-40
Non un amore legale

Mettere alla prova il maestro, cercare di attirarlo in una contraddizione; è questo lo svilimento che Scribi e Farisei cercano a mettere in campo attraverso lo svuotamento della legge, la strumentalizzazione dei comandamenti, e questo solo per poter ridicolizzare e incastrare il "maestro".
Al perito della legge, Gesù non risponde semplicemente con ciò che si attendeva, ma nella sua risposta ribadisce e ricorda che la grandezza della legge è l'amore. È un amore integrale, di relazione, che abbraccia completamente la vita umana. Per questo è "grande", come il comandamento che lo rappresenta.
Una legge è grande quando, provenendo dal Padre, dona all'uomo la verità di sé stesso e la profondità della sua relazione con Dio.
Quell'amerai che risuona nella legge, come anche nella professione di fede dei padri e di ogni israelita non è un comando fine a se stesso, che garantisce la relazione legale-religiosa, ma è prima di tutto il riconoscimento da parte dell'uomo di un amore che lo precede: "ogni uomo ama perché è amato!"
L'uomo può amare con tutto il suo cuore, perché riconosce un amore così grande che è quello del cuore del Padre!
L'uomo può amare con tutte le sue possibilità, con tutta la sua vita (anima) perché riconosce che la sua vita è dono di Dio. E per la forza di questo dono si sente custodito, non abbandonato a sé stesso.
L'uomo può amare con tutta la sua mente, con tutta la sua ragionevolezza, perché Dio si rivela mistero nella speculazione della sua intelligenza: l'uomo può pensare Dio, e lo pensa e invoca come "il suo Dio".
Gesù può rispondere al "dottorino" della legge, proprio perché nel suo cuore, nella sua vita e volontà dimora la grandezza di ciò che la legge rappresenta: l'amore del Padre.

giovedì 22 agosto 2019

Giudici 11,29-39 e Matteo 22,1-14
Invitati, infiltrati e pochi eletti ...

Lo sfondo della Parabola è la grande sala del banchetto; c'è Dio con tutto il pranzo; tutto è pronto, tutto è stato preparato, ma gli invitati non ci sono. È questo il fortissimo contrasto nel quale ciascuno è chiamato a collocare la personale conversione.
Anche in un altro momento, il Padre ricco di misericordia fece preparare il vitello grasso, rivestì dell'abito della festa il figlio e iniziò a fare festa ... ma il figlio maggiore, il fratello non volle entrare a fare festa ...
Più volte nei racconti di Gesù, la proposta di sequela, dal fare è divenuta il seguire; non un dovere, non una scelta morale, ma un lasciarsi coinvolgere completamente dall'urgenza delle parole, della proposta a partecipare al desiderio di Dio, fino al punto di andare nella vigna a lavorare e scoprire le particolari misure di retribuzione del padrone: le clausole contrattuali si basano sulla sua bontà.
Ora, dopo l'allargamento universale della proposta, dell'invito al banchetto di nozze, la sala finalmente si è riempita. Ci sono tutti, nessuno è stato escluso: "... quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali".
Il mondo è stato precorso in ogni sua strada, e sopratutto agli ultimi è fatta la proposta del banchetto, perché i primi si sono dichiarati non interessati.
Rifiutare la proposta significa non essere interessati alla conversione della vita secondo il Vangelo. Essi continuano a vivere per se stessi, nella propria prospettiva di morte. La loro vita diviene incapace di desiderio di eternità, resta una vita triste. 
Infatti sembra non così semplice e facile accogliere la proposta alla conversione, a partecipare al banchetto di nozze; c'è pure chi ha accolto l'invito, ma non si è lasciato rivestire dell'abito ... Quel vestito donato come amore dal Padre. Ecco che la nostra conversione viene rivestita dalla proposta che nasce dal cuore di Gesù, che innamorato di noi, ci vuole con sé, questa è la vita eterna!
Senza l'abito quella proposta alla conversione non è vissuta come invitati al banchetto ma come infiltrati!

mercoledì 21 agosto 2019

Giudici 9,6-15 e Matteo 20,1-16
Logiche da "regno dei cieli"

Se la nostra giustizia non supererà quella di scribi e farisei, non entreremo nel regno dei cieli. È questa la miccia di accensione con la quale innescare l'esplosione della Parabola degli operai della vigna, così come per riprendere la risposta di Gesù a Pietro circa la scelta del seguire il maestro. Se infatti ascoltiamo le parole del maestro, e ci limitiamo a comprenderle umanamente, rischiamo di applicare un criterio che non ci apre alla comprensione piena del regno dei cieli, ma ci lascia in quella giustizia umana, che al massimo è una forma di osservanza legale della legge di Dio. Ma il regno dei cieli non è una questione morale.
Il regno dei cieli è veramente la conversione della nostra vita secondo il cuore di Dio. Quando il cuore di Dio, quando Gesù cerca di aggiungere alla nostra realtà umana il cuore (pensieri, sentimenti, desideri, volontà ...) del Padre, ecco che tocchiamo con mano quel rinnovamento che è il ribaltamento delle nostre logiche, quelle che si adagiano a ciò che è giusto per Scribi e Farisei, ed ecco che "Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi".
La proposta alla conversione, per Gesù, non è una scommessa sul mistero, ma il metterci di fronte a una scelta per superare il limite di una fede piccola ... "Abbiate fede in me!"
Al giovane che se ne va triste Gesù propone di superare gli attaccamenti, di abbandonare il possesso per fare così spazio alla "vita vera".
A Pietro che rivendica la bontà della sua scelta, Gesù propone di fare attenzione al cento volte tanto, della realtà nuova che è data nel regno dei cieli.
Così pure agli operai della vigna, Gesù propone di fidarsi della bontà del padrone, e della sua generosità: anche l'ultimo arrivato a comprendere il cuore del Padre, ne riconosce con stupore l'insperata tenerezza e bellezza, al pari di coloro che da sempre lo hanno sperimentato. Così anche agli ultimi è dato di essere come i primi.

martedì 20 agosto 2019

Giudici 6,11-24 e Matteo 19,23-30
La vera ricchezza della vita nuova sono i fratelli.

Quel giovane se ne andò triste perché aveva molti beni!
Pensiamo per un momento che cosa la condivisione dei suoi beni avrebbe causato, avrebbe potuto generato.
Il cambiamento della vita di quel giovane, del Vangelo letto ieri - autentica conversione - avrebbe generato una trasformazione profonda nelle sue relazioni.
L'avere esclusivo della ricchezza, chiude il discepolo rispetto alla possibilità di dare alla vita quella pienezza che è il regno dei cieli. 
Infatti, quando la nostra vita è un percorso esistenziale di conversione, anche la "ricchezza" i beni diventano strumenti per realizzare il regno dei cieli per realizzare il compimento della vita. Tutto si muove nella prospettiva di una conversione o adesione reale e complessiva a Cristo.
A questo punto non è fuori luogo pensare: "ma noi che ti abbiamo seguito e abbiamo lasciato tutto ... Che cosa ne avremo?" Il nostro cammino di conversione che cosa produce?
Se si pensa a un qualche premio personale, resteremo delusi.
Se si pensa a un raggiungimento di una meta, resteremo delusi.
Occorre invece tornare al pensiero di Gesù, al criterio oggettivo della conversione della vita, le parole di Gesù, "va', vieni, seguimi!" imprimono un dinamismo assoluto è straordinario, che si rivela nella vita nuova e nelle relazioni che si rinnovano.
"Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi".Impegnare la nostra ricchezza, ciò che siamo, nel formare Cristo in noi, genera una ricchezza che è l'abbondanza della vita nuova: cento volte tanto in relazioni nuove e la pienezza della vita.

lunedì 19 agosto 2019

Giudici 2,11-19 e Matteo 19,16-22
Se vuoi essere portato a termine ... compiuto ...

Che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?
È evidente nella domanda di questo "tale" la sua preoccupazione circa il bene che è capace di fare, quanto alle cose moralmente corrette e buone che corrispondono al suo agire. La domanda è corretta è mette in luce la correttezza del suo interrogarmi curva la sua vita. Non è presunzione, ma è corretta preoccupazione circa il senso ... 
Difronte a questa domanda la risposta di Gesù si pone sul livello dell'interlocutore, non va oltre i presupposti della legge morale, i comandamenti: "Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti". Quasi una delusione rispetto a una attesa così importante! 
Ma è proprio questo orizzonte morale che mette in evidenza la sua incompiutezza. Ed è, giunti a questa consapevolezza che si pone il rilancio della"proposta di una vita perfetta, non di una vita generata nelle cose buone ... ma un vita perfetta cioè completa.
Qui l'accento, la sottolineatura è posta sull'unica vita come esperienza di perfezione e di pienezza.
Chi vuole seguire il Signore, nella vita, arriva al punto in cui occorre portarla a compimento, occorre spingersi fino alla pienezza, alla completezza. Gesù si pone quindi nel cammino del discepolo, non all'inizio del percorso di moralità, delle cose buone da fare, ma si rivela nel punto in cui l'inadeguatezza chiede un totale slancio nella conversione della vita. Tutto si riassume nel tentativo di completare il cammino personale, di dare pienezza alla sequela, di desiderare realmente il traguardo finale.
La proposta di Gesù per portarti a pienezza è: "Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi"
Dice Silvano fausti: "circa i beni,questi non sono il fine della vita, sono piuttosto i mezzi per vivere e, nel caso della proposta del Vangelo, sono i mezzi per vivere da figli e per vivere da fratelli. (...) ora noi siamo chiamato ad usarli come mezzi, tanto quanto ci possono servire per lodare, benedire il Signore con scioltezza, con libertà, quanto per amare i fratelli con disponibilità ".

domenica 18 agosto 2019

Ger 38,4-6.8-10; Sal 39; Eb 12,1-4; Luca 1,49-53
Quanto brucia l'amore!

Forse è la prima volta nel Vangelo ci troviamo in presenza di parole del Signore che traducono il suo pensiero, il suo desiderio, la sua vera intenzione. Egli difronte alla realtà, al vissuto che incontra si lascia andare a una serie di affermazioni:
- devo gettare "fuoco sulla terra";
- vorrei che questo "fuoco che arde" fosse già acceso;
Poi prosegue con la conseguenza del "fuoco": a causa dell'incendio causato dal Lui, egli rivela di non essere venuto a portare pace sulla terra? “No, io vi dico, ma divisione ...".
Quale realtà ha trovato Gesù nel suo venire in mezzo ai suoi? Quale, la relazione che si è sviluppata tra Gesù e la sua gente?
Gesù spesso lascia trapelare la denuncia per il mondo della ipocrisia religiosa, dove sacerdoti, scribi e farisei, esercitavano un potere morale sul popolo, imponendo leggi che loro stessi eludevano. Gesù li apostrofa come ipocriti, ma infatti lo erano, disprezzavano i romani e la loro occupazione, eppure ricercavano la vita agiata e lussuosa dei rimani stessi. Sepolcri imbiancati ... e il popolo lo sapeva bene ...
Era il modo dello scarto. Tutto era regolato dalle leggi di purità e da un moralismo sostanzialmente coercitivo, situazione questa che generava una grande quantità di scartati: pubblicani e peccatori ... ma Gesù, in più circostanze non disdegna di accompagnarsi con gli uni e con gli altri.
Era il mondo della facile esaltazione, dove con una parola riuscivi ad ammaliare e sedurre le folle. Folle che ti restano accanto quando si tratta di mangiare il pane e sono pronte ad osannare il maestro; come pure la folla ammaestrata, che davanti a Ponzio Pilato è pronta a gridare "crocifiggilo".
È un mondo del quale non è certo facile esprimere un giudizio, viste che le intenzioni che muovono le scelte sono forviante nella loro origine.
Il desiderio è stravolto nella sua idealità, lì dove nasce, ed è mosso semplicemente dal proprio ego, e dalla soddisfazione del proprio piacere personale. Ciò è vero anche nei sentimenti che si generano verso i fratelli, verso gli altri uomini e donne che si affacciano alla vita quotidiana … “figlio contro padre …”
Anche oggi un fratello può suscitare disprezzo, concorrenza, rigetto, paura ... Sono questi moti interiori che formano, plasmano il desiderio e l'intenzione che è all'origine delle scelte che anche io pongo nella vita quotidiana.
Il fuoco che Gesù vuole portare è lo Spirito di Dio, lo Spirito dell’amore. Gesù vorrebbe che suoi discepoli ardessero di complicità amorosa ... "Come vorrei che fosse già acceso" ...
Quanto costa accendere quel fuoco di amore!
Quel fuoco si accende nel dono della sua stessa vita. Lo Spirito sgorga come fuoco dal dono di amore della sua stessa vita.
Ma se io come discepolo non metto la mia vita a servizio dello stesso fuoco di amore, questo nostro mondo mai si infiammerà così, come nel desiderio di Gesù.
Ciò che sperimentiamo, senza riconoscerne la gravità, è la resistenza all’amore! Siamo impermeabili, refrattari, ci siamo rivestiti di amianto per resistere al fuoco!
È questa resistenza all'amore che è lo Spirito, la causa principale delle divisioni che ci sono fra noi e nelle famiglie; è la resistenza all’amore che genera contrasto, freddezza e muri di separazione.
Gesù semplicemente averte il discepolo che il mondo, nelle intenzioni che muovono i desideri, non hanno origine dalla giustizia e dalla verità, ma dalla emozione dell'io e delle viscere, l'amore che è lo Spirito, si ritrova in questa condizione ad essere negato … nascosto per forza della nostra durezza e incapacità di vera conversione.
Chi ha orecchi per intendere ... intenda!

sabato 17 agosto 2019

Giosuè 24,14-29 e Matteo 19,13-15
Come bambini ...

Ancora una volta ritorna questo Vangelo, con un paragone che ci lascia spesso interdetti ... perché abbiamo dimenticato come noi eravamo da bambini.
Venire a te signore con il cuore di bambino. Occorre lasciarci condurre dai ricordi in un passato che è spesso nascosto dietro le troppe esperienze, delusioni, certezze e realizzazioni della nostra vita. Ecco che nel profondo c'è un bambino che gioca, curioso e pieno di fantasia che da una parole ascoltata è capace di costruire un mondo e una realtà. Un bambino sarebbe capace di generare la novità del regno dei cieli in un solo istante se anche solo una parola del Signore trovasse casa nel suo cuore.
Direbbe oggi Gesù: "Lasciate che il bambino che è in voi venga a me ... Non imbrigliate il vostro cuore fasciandolo con tutta la vicenda del vostro vissuto, al punto di renderlo impermeabile alla Parola , al punto di renderlo diffidente verso la Parola".
Una diffidenza che è quasi disillusione, che possa essere vero ciò che il regno dei cieli propone sulla terra.
Ci sono uomini, cristiani e battezzati, che anche oggi, sono incapaci di generare il regno dei cieli. Essi sono come i discepoli che risultano solo capaci di alzare limiti, dire le parole "saggie" del mondo, ma non la Parola che è seme del regno dei cieli nel tempo dell'uomo. Risvegliamo il bambino che è in noi, pregando con Gesù, lasciando che Gesù tocchi la nostra umanità ... Sarà proprio quella preghiera, e quella carezza di grazia a svelarci il bambino nascosto, ancora desideroso e intento a mettere in gioco la sua fantasia ... per vedere un mondo come regno dei cieli.

venerdì 16 agosto 2019

Giosuè 24,1-13 e Matteo 19,3-12
Ci sono cose che a fatica capiamo ...

Il vincolo di amore tra l'uomo e la donna che si stabilisce nella scelta di uno per l'altro per esse famiglia, non determina essere una sola carne, ma scaturisce dall'essere una carne sola. Questa nuova condizione non è la somma di un uomo e di una donna, ma è opera di Dio che congiunge ... allo stesso modo - secondo l'immagine del racconto della Genesi - quando togliendo la costola all'uomo, Dio creò la donna ... È Dio che agisce, è Dio che crea quella "una carne sola" ... La comunione di amore, va oltre i sentimenti e supera l'amore umano; essa rappresenta, nell'amore, quello "spazio di trascendenza" che nella fragilità e nel limite della nostra natura a fatica comprendiamo. Uno spazio spesso riempito dalla nostra possibilità o immaturità, dal nostro desiderio di possesso, dalla nostra limitata gratuità dono. Per questo, anche per i discepoli, di fronte alla fatica della vita coniugale, non è poi così disdicevole pensare al ripudio, forse non proprio come un privilegio, ma come una condizione opportuna, come una uscita di sicurezza che metteva al riparo da mali maggiori. Se non fosse che la condizione di essere una sola carne è proprio opera di Dio; essa si comprende oltre la natura delle cose, certamente nella dimensione della fede. Essa si comprende come compimento e consacrazione di se stessi; essa si comprende fidandosi e affidandosi a Dio, il quale porta a compimento la nostra vita, la conduce a pienezza. Ecco che l'unione uomo e donna è vera consacrazione, al pari di ogni forma di vera "eunuchia", cioè quella che si origina quando: "... e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca". Essere una carne sola, non può essere frutto di uno sforzo, di una volontà, di un patto sancito e sottoscritto, essa è prima di tutto una condizione nuove che Dio offre a un uomo e una donna per vivere la santità di essere uomo e donna secondo il cuore di Dio; ma è proprio questo che "non tutti possono capirlo".

giovedì 15 agosto 2019

Apocalisse 11,19;12,1-10; Salmo 44; 1 Corinzi 15,20-26; Luca 1,39-56
Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo ...

Non è facile raccontare ciò che accadde a Maria al termine della sua vita terrena, quando, come dice il dogma "fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo"; ma certamente l'idea che la liturgia attuale vuole farci comprendere è che siamo messi di fronte non a un avvenimento della storia, ma alla trasfigurazione del tempo in eternità.
La prima lettura - tratta dal libro dell'Apocalisse - per immagini, ci conduce a una visione che tra simboli e suggestioni vuole avvicinarci alla figura della Madre di Dio così come ella è parte della storia della salvezza; come la sua stessa vicenda (storia umana) dispiega gli eventi della salvezza di Dio per tutta l'umanità. Ma questa rappresentazione in mistero inizia a partire dal Tempio di Dio che è nei cieli, che si apre. Tutto questo, come a voler rappresentare il mistero di Dio che ora diviene vicino ed accessibile. Si apre il Tempio di Dio e noi, finalmente, possiamo entrare ...
La seconda lettura, prima lettera di Paolo ai Corinzi, non ci parla del destino di Maria, se non come conseguenza diretta e immediata della Risurrezione di Gesù. Paolo cita che "Cristo è risorto, primizia di quelli che sono morti. E come tutti muoiono in Adamo, tutti in Cristo avranno la risurrezione. Ogni uno però al suo posto ..."
È in questa chiave di lettura che la riflessione della fede della Chiesa si immerge nel mistero e contempla il destino di gloria della Beata Vergine.
Tutta la tradizione antica, fin dai primi secoli, sia canonica che apocrifa ci testimonia come questa esperienza: morte, dormizione, assunzione appartiene alle vicende della comunità di Gerusalemme che nel Santo Sion Cristiano pone il luogo della conclusione della vita di Maria; lì nel cuore della stessa comunità dei discepoli di Gesù, nei pressi del cenacolo, nel luogo della Pentecoste, nei luoghi nei quali la comunità si era "stabilita".
Questo spazio e tempo divengono testimonianze racconti di come il corpo della madre di Gesù fu portato solennemente in un sepolcro preparato per lei nei pressi del luogo del tradimento, lì nell'orto degli ulivi, all'inizio della valle del Cedron; dove oggi troviamo la chiesa della Tomba di Maria, ovviamente vuota. In quei luoghi di testimonianza sono passati i secoli, sono passate distruzioni e devastazioni, è passata la spregiudicata arroganza degli uomini e del demonio, ma nessuno ha prevalso sul ricordo amorevole della madre di Dio.
Detto questo, vogliamo vivere questa solennità, non perché è un precetto, ma perché oggi possiamo sentire la vicinanza di Maria, non solo nel Suo ricordo, ma come presenza viva ed efficace, come una sorriso di madre, come una tenera carezza di colei che ama ciò che ama suo figlio. Noi siamo la causa e il frutto della passione, morte e risurrezione di Gesù; cosi come Gesù ci ama, Maria ci ama. Ella intercede, cioè accompagna, sostiene e previene, il nostro cammino di vita, affinché sia in obbedienza e volontà al mistero di salvezza, il resto dipende dalla nostra capacità di corrispondere.
La presenza viva della Madre del Signore è garanzia di efficacia del nostro affidarci e del nostro rispondere alla Parola di Gesù che ci chiama a seguirlo nella vita Santa, nella vita da discepolo. 
Ecco allora che il Vangelo di Luca è proprio la porta aperta del tempio di Dio, dal quale esce la voce del Signore che ci invita a seguirlo, così come la stessa voce ascoltata da Maria, ha fatto di lei la "Benedetta tra tutte le donne", e come lei stessa in obbedienza della stessa voce diviene, non solo artefice del mistero di amore, ma con meraviglia si accorge della trasfigurazione della sua stessa vita.
Ecco che Maria madre di Gesù, intercede per noi, e ci aiuta nell'accogliere quella Parola che trasfigura la vita è ci introduce nel Santuario del cielo, la dove Lei, sempre, tiene aperta la porta.

mercoledì 14 agosto 2019

Deuteronomio 34,1-12 e Matteo 18,15-20
La verità nella carità ... Discernimento comunitario

La vita comunitaria non è solo importante, ma rappresenta lo spazio in cui nella fede i discepoli di Gesù rendono evidente impegnando se stessi, il regno di cieli.
La Chiesa infatti ancor prima di essere una istituzione o una organizzazione è una comunione a partire dalla fede in Gesù; la comunione è fatta di relazioni, di affetti, di fatiche, di limiti e di doni, e di tutto ciò che compone la nostra natura umana.
Ciò che oggi propone la Parola, possiamo ascoltarlo, come modo di agire comunitario nelle questioni dovute a criticità e alle divisioni, oppure quale modo reale per mostrare e generare una comunità secondo il desiderio di Gesù, secondo il suo stile!
In questo secondo caso, la Chiesa non può non essere accoglienza della diversità e di ogni persona. La Chiesa, forte della misericordia di Gesù, traccia linee e percorsi che non si adeguano alle logiche del mondo.
Ecco che criterio fondante dell'agire ed essere comunità è: "fare la verità nella carità". Fare la verità significa operare sempre un discernimento non solo dell'altro, ma soprattutto rispetto a al proprio modo di essere Chiesa di Cristo. È alla luce di questa Verità che la carità non è buonismo, ma è amare come il Vangelo ti propone e chiede di amare i tuoi fratelli: amare con responsabilità. Se questo da una parte mette in luce la fatica ecclesiale di fronte alle contrapposizioni e ai personalismi, dall'altro ci offre nella dimensione della comunione e della fraternità la garanzia della effettiva partecipazione alla relazione con il Maestro: "Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro".

martedì 13 agosto 2019

Deuteronomio 31,1-8 e Matteo 18,1-14
La misura del regno dei cieli ...

Lo strumento per misurare e quindi individuare il regno dei cieli, per farne esperienza, non si trova nei cieli, ma sulla terra. Ecco che i
 Capitolo 18 di Matteo mete a fuoco lo sguardo sulla realtà, che da sé, è capace di esprimere e misurare il regno dei Cieli, per non ridurlo semplicemente a una serie di immagini in parabole.
La comunità è il luogo dove il Vangelo deve realizzarsi come Parola di Gesù che, accolta, incontra la nostra vita; e così la nostra vita ne viene trasformata, convertita e quindi diviene regno dei cieli. La nostra comunità per quanto inadeguata, la nostra fraternità per quanto limitata esprime lo sazio di visibilità del regno dei cieli.
Per cui occorre porre attenzione alla comunità, essa non è uno spazio esclusivo ma inclusivo, non di elite ma di comunione, non di scarto ma di accoglienza. Per questo la conversione secondo lo stile dei bambini inaugura il regno: il superamento dell'egoismo del bambino porta a non assumere il criterio egoista del "ci sono io, poi ..."
Nella comunità di Gesù, il rapporto gli altri attraverso la fraternità è misura di quello con Dio, con il Padre del cielo, che non vuole che nessuno dei "piccoli" - i figli - si perda. Nessuno deve essere dimenticato o abbandonato a se stesso. Questo lo vuole il Padre!
Ecco allora che pur con tutti i limiti, la comunità di Gesù è regno quando si mette in ricerca dei perduti e se li carica sulle spalle. Che fatica! Eppure ... Se la nostra identità e comunità, disdegna o si allontana da una esperienza come quella della comunità dei discepoli di Gesù, il cuore e la conversione assumono inclinazioni e orientamenti lontani dal cuore del Signore, e dalla volontà di Dio. L'uomo non vive più la via della salvezza ma la via della propria auto affermazione.

lunedì 12 agosto 2019

Deuteronomio 10,12-22 e Mateo 17,22-27
Il "siclo" di Sidone ...

Pur di non trafficare con le monete dei romani, gli esattori della tassa del Tempio, al tempo di Gesù - obbligatoria per ogni israelita maschio compiti i venti anni - si usava come moneta il "siclo" di Sidone, una moneta straniera di una città pagana. Anche questo è importante per entrare nella vita quotidiana che il Vangelo non necessariamente descrive, ma che rappresenta comunque lo spazio di realtà.
Gli esattori, circa Gesù, hanno il dubbio se il "Maestro" debba pagare la tassa, visto che i  membri della classe sacerdotale erano esenti: "Il vostro maestro non paga la tassa?"
L'occasione è buona per alcuni allargamenti e accostamenti proposti da Matteo:
- "l'annuncio della passione" avviene nella normalità della vita di quel tempo, a suggerire come la vita dell'uomo e la storia della salvezza sono un tutt'uno, non uno separato dall'altro;
- essere discepolo o maestro, non sarà mai occasione di privilegi; perché la realtà nuova del "regno dei cieli" così come si radica nella vita di tutti i giorni, genera dei figli, non degli estranei; che nella libertà sono corresponsabili dei nuovi rapporti e relazioni che si generano, anche senza bruschi sconvolgimenti;
- la lettura della realtà, anche della Chiesa, come per il Tempio di allora ... ci spinge a non facili esternazioni; a volte anche inadeguate a causa delle incrostazioni accumulate nel tempo, ma ciò che è vincente è il Vangelo e la libertà dei figli. 

domenica 11 agosto 2019

Sap 18,6-9; Sal 32; Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48
Al Padre è piaciuto darci il regno.

Innanzi tutto una sottolineatura di tenerezza: "non temere piccolo gregge"; così Gesù definisce quella comunità di amici, la comunità dei discepoli che lo sta seguendo in quella straordinaria "avventura". Essi sono un gregge, piccolo, e questa è e sarà sempre la vera loro identità. L'espressione non temete, Gesù la ripropone per ben 365 volte. Una bella coincidenza; ogni giorno i discepoli del Signore devono riconoscere la loro piccolezza. Ma perché essere un gregge e pergiunta piccolo?
Forse proprio perché il "regno" possa esprimere tutta la sua forza, che è del Padre e non degli uomini; il regno non è frutto di progetti e nemmeno di alchimie pastorali; esso è frutto della piccolezza.
Se nella quotidianità il timore, come conseguenza della piccolezza è fonte della paura e dei processi negativi, la piccolezza secondo Gesù, educa il discepolo alla visione di Dio, all'agire a partire dal "seme di senapa", alla forza che deriva dall'amore.
È questo lo sguardo di Dio, che illumina la nostra scelta di essenzialità e di povertà: "Vendete quanto possedete e datelo in elemosina ..."
La paura insita nel possesso, trasforma il possesso in una forma di schiavitù, che incatena l'uomo nella sua stessa avidità. Ecco che occorre fare l'elemosina, non come gesto di spilorceria, ma esprimere nella elemosina la libertà di donare e di donarsi al pari della possibilità di amare.
È in questo modo che la paura cede il posto alla forza della piccolezza! Questa è alla "forma" del gregge di Gesù ... Il gregge di Gesù sperimenta e scopre la sua piccolezza attraverso la rivoluzione del cuore. Oggi a malapena comprendiamo l'espressione di Gesù, che completa l'idea di piccolezza del gregge: "là dove è il vostro tesoro, la sarà anche il vostro cuore". Lo stile della piccolezza è il tesoro che rende speciali e straordinari i discepoli di Gesù, perché attraverso quel tesoro di esperienza e di vita essi rivelano il cuore di Cristo; essi dimorano attraverso il loro cuore nel cuore stesso di Cristo. Dove è il tuo tesoro ...piccolo? Esso è il cuore di Cristo.

sabato 10 agosto 2019

2 Corinzi 9,6-10 e Giovanni 12,24-26
Festa di San Lorenzo
Chi ama la propria vita, la perde ...

Leggo nella vita di Lorenzo: nel 258 d.C. viene emanato l’editto dell’imperatore Valeriano: tutti i vescovi, i presbiteri e i diaconi devono essere messi a morte. Lorenzo, altri diaconi e Papa Sisto II vengono catturati. Il Pontefice viene ucciso il 6 agosto. In un primo momento, l’imperatore risparmia la vita a San Lorenzo chiedendogli di consegnare i tesori della Chiesa; Lorenzo mostra all’imperatore malati, indigenti ed emarginati. Questi – afferma – sono i tesori della Chiesa. Quattro giorni dopo, il 10 agosto, anche San Lorenzo viene martirizzato."
Forse potrebbe essere anche una rielaborazione in cui si esalta la figura del martire, ma certamente non sfugge la sottolineatura che viene data al segno del martirio: "mostrare il tesoro della Chiesa". In cosa consiste il tesoro? Nei poveri? Negli indigenti? Nei sofferenti?
Certamente anche in questi, ma ugualmente, anche oggi, in quella parte di umanità che non trova giustizia, voce e accoglienza rispetto al mondo. In modo assolutamente rivoluzionario il "tesoro della chiesa", oggetto del dono e della carità dei discepoli, in realtà è ciò che normalmente viene scartato e respinto, messo da parte perché ci è di scandalo. In poche parole, il tesoro è ciò che dovremo amare, ... e non amiamo abbastanza!
Ecco che la lettura della realtà e la corresponsabilità rispetto alla vita, ci chiede riscontro delle parole della seconda Lettera ai Corinzi: "chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia". È l'appello di Paolo, circa ma colletta per la Chiesa di Gerusalemme, ma è ora lo stile di una comunità di fede che sempre si fa carico nel cercare di portare a pienezza ciò che manca nella realtà. Non è forse questo il senso del morire del cicco di grano? Marcire a se stessi per generare frutto nella realtà affinché dalla nostra stessa vita possa generarsi vita nuova, la vita di Cristo.
Il martire non è un eroe, ma un discepolo che sta seguendo -con normalità - un invito: "Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore".

venerdì 9 agosto 2019

Ossea 2,16-22 e Matteo 25,1-13
Santa Benedetta della Croce, patrona d'Europa.
Un regno di verginità ...

Ecco una parabola che ci stupisce e spesso comprendiamo in modo morale o funzionale. Il fulcro della parabola è l'arrivo dello sposo, andiamogli incontro ...
La parabola traccia un percorso interpretativo attraverso il differente atteggiamento ed esito delle vergini sagge e delle stolte. Ma l'attrazione del fulcro non si esaurisce nel suo venire, egli porta con sé la festa di nozze, cioè il motivo della condizione delle vergini.
Se siamo vergini è perché attendiamo lo sposo. È questo ci coinvolge tutti, indistintamente.
Ecco allora che la parabola dice che esse sono le vergini che possono diventare sue spose! Esse hanno custodito la verginità come dono e condizione da offrire allo sposo. Esse sono vergini per lo sposo.
Ecco che il Regno dei Cieli sono le Vergini, non come privazione e rinuncia, ma come offerta di sé stesse per essere unite allo sposo nelle festa eterna delle nozze. È un regno di verginità che si dischiude, non quindi un regno di privazione, ma un regno di dono e di offerta. Quando le vergini non corrispondono a questa immagine, corrono il rischio di misurare tutto, compresa la loro attesa, attraverso una perfezione che rischia di distogliere il cuore dal desiderio di essere di Cristo Sposo. Ogni discepolo di Gesù invece, se vuole si può trasformare un poco ... in una vergine e vivere la verginità nel donarsi per il Regno dei Cieli. Potrei dire con provata certezza, che questa verginità fa bene!

giovedì 8 agosto 2019

Numeri 20,1-13 e Matteo 16,13-23
... Doveva andare a Gerusalemme ...

Una delle costanti del cammino di Gesù verso Gerusalemme è l'incapacità dei discepoli di capire che cosa stava accadendo; che cosa si stava compiendo.
L'incomprensione del mistero di Dio Padre e della nostra salvezza, va di pari passo con l'incapacità di dare un volto chiaro a Gesù. Ogni volta che non riesco a dire di Gesù: tu sei per me il Cristo ... il mio Cristo, sprofondo nella mia inconcludenza e mi inabisso nella ricerca del "di più" in me stesso o negli altri, dimenticando che quel "di più" che è Cristo mi si consegna proprio attraverso la Chiesa.
Ed è la Chiesa la seconda rispetto all'incomprensione. Ogni volto che separo Gesù dalla Chiesa, sottraggo al Signore il modo più esplicito per accostare ogni uomo a sé.
Abbiamo molto bisogno di riecheggiare le parole di Gesù quando pensiamo la Chiesa: "... tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli ..."
La Chiesa rappresenta il termine di passaggio alla fede matura. Forse a non tutti piace questo, ma è così. Per nessuno e per nessuna circostanza Gesù si è mai compromesso fino a questo punto ... al punto di sbilanciarsi su Pietro e su tutti coloro che per fede accolgono che Pietro è il fondamento del mistero di amore che Gesù vuole lasciare di sé stesso. Non amare la Chiesa, non desiderare di esserne parte attiva è un po' come rinnegare il desiderio di Gesù, quello di mettere nel tempo una pietra angolare, un fondamento attraverso l'umanità di Simone il pescatore. Questo non vuole dire che la Chiesa sia perfetta (è bellissima pur nei suoi limiti), ma che la Chiesa rappresenta comunque il desiderio di Gesù!

mercoledì 7 agosto 2019

Numeri 13,2-35 e Matteo 15,21-28
Esplorando questa terra...

Non vi nascondo la suggestione di oggi, nel leggere questi passi del libro dei Numeri e sentire l'eco di visioni lontane, di cammini e di esplorazioni: "Siamo andati nella terra alla quale tu ci avevi mandato; vi scorrono davvero latte e miele e questi sono i suoi frutti. Ma il popolo che abita quella terra è potente, le città sono fortificate e assai grandi e vi abbiamo anche visto i discendenti di Anak. Gli Amaleciti abitano la regione del Negheb; gli Ittiti, i Gebusei e gli Amorrei le montagne; i Cananei abitano presso il mare e lungo la riva del Giordano" ... Un eco che sale dalla terra in cui scorre davvero latte e miele ... una terra di promesse e di salvezza; una terra dove da millenni quelle parole della Torah riemergono con forza e si dilatano anche nella nostra realtà.
Che cosa dicono oggi queste parole? Forse, ci parlano ancora del cammino di libertà, che riguarda ogni uomo; ci indicano il percorso per essere il popolo di Dio; ci narrano una storia di fedeltà e di tradimento, di amore e di paura, ma comunque una storia che salva. È una storia che ci mostra Dio che come allora entra nel cuore dell'uomo attraverso i passi della vita; a volte con tenerezza, a volte con forza, altre volte con severa determinazione altre ancora con dolcezza e accondiscendenza.
Ciò che avviene deserto del Neghev è rivelazione e conoscenza, è promessa e compimento, è un tempo privilegiato dove il mistero di Dio addomestica le nostre durezze e dove la nostra fragilità accetta la tenerezza di un Dio Padre.

martedì 6 agosto 2019

Daniele 7,9-10 e Luca 9,28-36
Festa della Trasfigurazione
È necessario vedere Gesù trasfigurato!

Se anche noi fossimo oppressi dal sonno ... al punto che la fatica quotidiana, la durezza della vita e le ingiustizie che subiamo fossero causa di apatia o di quella indifferenza che a volte caratterizza il discepolo? Di fronte a tutto questo la trasfigurazione rappresenta una necessità! Gesù Trasfigurato è espressione di bellezza, è manifestazione di grandezza ed è ascolto di quella fede che sbaraglia ogni avversità: "Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento".
In modo a dir poco intenzionale, Gesù conduce con sé sul monte i tre discepoli, affinché come testimoni e loro stessi facessero esperienza della Gloria, della parola e del silenzio ... Tutto questo è bellezza!
Per i tre discepoli, per la Chiesa, per ciascuno di noi, esiste il giorno in cui il Maestro ti conduce in una esperienza, rispetto alla quale pur misurando tutto con la tua inadeguatezza, ti scopri capace circa l'abbandono di ogni reticenza e di ogni timidezza.
"È bello per noi star qui!" Non soddisfa solo l'estetica o la partecipazione alla Gloria di Cristo: è bellezza essere con te Gesù; è bellezza dimorare nella presenza del figlio amato; è bellezza vedere la luce che illumina il volto del figlio dell'uomo, la luce della vita di Dio che brilla nel volto di ogni uomo.
La Trasfigurazione è la più importante esperienza che un discepolo di Gesù fa nella sua esistenza; anzi un discepolo si accorge di essere tale solo quando è chiamato a salire insieme a Gesù sul monte, per imparare e testimoniare come tutto si Trasfigura attraverso l'ascolto del Figlio amato.
Poi tutto è solitudine, poi c'è "Gesù solo" ... D'altronde tutto il resto a questo punto è effettivamente relativo!

lunedì 5 agosto 2019

Numeri 11,4-15 e Matteo 14,13-21
Un segno inequivocabile ...

Giovanni Battista è stato ucciso e i suoi discepoli lo sono venuti a riferire a Gesù, tutto potrebbe crollare e disperdersi nella paura. La reazione del Maestro si compone di un momento di preghiera solitaria, un mento nel quale Gesù interiorizza, fa chiarezza, elaborare un dramma ... Gesù ricerca l'intimità con il Padre: "Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte"; sembrerebbe quasi che il Signore cerchi il distacco da tutta quella realtà che gli riversa addosso. Ma è la folla; sono le persone che con il loro attaccamento e il loro ricercarlo, che provocano in Gesù un profondo sentimento di compassione. Gesù agisce in forza della compassione! Sono anche queste parole di Matteo che ci permettono di scendere interiormente nell'umanità del Signore, e attraverso un percorso di restituzione sentiamo la vicinanza di Gesù, non la suo essere altro da noi, ma il suo coinvolgersi con noi, sempre. È questo lo sfondo della moltiplicazione del pane. Per molti solo un prodigio, per noi il segno della compassione, o meglio la conseguenza della compassione.
Questa mattina saremo proprio a "Tabga" nel luogo dove - anche secondo la pellegrina Egeria - il Signore spezzò i cinque pani e distribuì i pesci, perché tutti potessero essere comunione con lui.
Non credo sia esagerato recepire il segno del pane come la conseguenza razionale della presa di coscienza che Gesù ora ha di sé stesso: Gesù si comprende nella compassione per l'uomo: egli è colui che stabilisce una intima comunione, che sazia ogni umana necessità. Il gesto di Gesù tradisce la sua ferma volontà: "prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli ..."; fare di quel pane "compassione" per quella folla di persone che sono lì per Lui.

domenica 4 agosto 2019

Qo 1,2;2,21-23; Sal 89; Col 3,1-5.9-11; Lc 12,13-21
Quello che hai preparato di chi sarà?

Questa domanda ci chiama a conversione attraverso il percorso, che la Parabola, chiede ad ogni discepolo di Gesù. Ma non possiamo restare fermi alla presa di coscienza circa la nostra avarizia, o la nostra avidità; non possiamo limitarci a ricercare il rapporto che abbiamo con le “cose”, di quel tentativo di custodirle e di preservarle per il "futuro". Un futuro che mette in risalto tutta la loro incapacità di corrispondere alla vita vera alla vita eterna.
La domanda, in realtà assume una attualità, ora, nel nostro tempo; acquista istantaneità e diviene … : "Quello che prepari per te, di chi è?"
Non si fatica a rispondere alla domanda con: "Quello che preparo è mio!"
Almeno questa è la risposta che comunemente anche noi discepoli di Gesù, siamo portati a dare con estrema facilità. Ma vediamo quale è il pensiero che la Chiesa ha maturato nel tempo:
"Ogni ricchezza, per essere buona, deve avere una dimensione sociale"; lo dice il Papa. "Se sulla terra c'è la fame non è perché manca il cibo!" "Anzi, per le esigenze del mercato si arriva a volte a distruggerlo. Si butta".
"L'uomo, usando dei beni creati, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui, ma anche agli altri. Ogni ricchezza, per essere buona, deve avere una dimensione sociale".
Per maturare questo sguardo occorre lasciarsi ammaestrare e addomesticare dalla Parola di Gesù, dalla scrittura, non per paura di un giudizio finale che ci condanna, ma per rendere attuale lo stile nuovo di essere cristiani, il più possibile. Ecco allora che se "ci siamo svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e ci siamo rivestiti di quello nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato", la nostra vita è una finestra serata alle realtà del cielo, alle cose di lassù, per cui noi non ci limitiamo ad amministrare le cose della terra!

sabato 3 agosto 2019

L'evitico 25,1.8-17 e Matteo 14,1-12
Un evento dirompente in parole e testimonianza

Oggi nella narrazione del Vangelo di Matteo viene raccontato il martirio di Giovanni Battista; questo evento ha una chiave di lettura particolare: "I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù".
È Gesù il primo destinatario di questa narrazione. È a Gesù che viene portata la drammatica notizia della sorte di Giovanni, suo cugino. Gesù era già disceso a kafarnao, si era stabilito sul lago e percorreva le città e i villaggi intorno, completamente già immerso nell'annunciare il "regno dei cieli"; i racconti delle parabole del regno ci danno il senso del suo impegno del suo coinvolgimento.
Che cosa ha rappresentato per Gesù la tragica morte di Giovanni?
Suo cugino è morto in circostanze "torbide"; colui dal quale aveva ricevuto il battesimo, colui che lo aveva indicato come Agnello di Dio, Lui,  è rimasto fedele e coerente rispetto alle sue parole fino alla fine. É evidente un rapporto particolare tra parole annunciate e la vita. Una relazione potente circa la forza delle parole capaci di generare la testimonianza.
Per Gesù, le parole di Giovanni rappresentano il grido della libertà , della limpidezza e della coerenza, esse riflettono la verità di un uomo, essere si propongono a Gesù come appello alla responsabilità che ora Lui si assume per le sue Parole. Il Martirio di Giovanni passa di testimone, Gesù vive nell'esperienza del cugino il suo possibile destino. Eppure è proprio da questo momento che l'annuncio è regno diviene più forte e deciso.