domenica 30 aprile 2017

Atti 2,14.22-33 / Salmo 15 / 1 Pietro 1,17-21 / Luca 24,13-35
Gli stili ecclesiali ...

Non possiamo più permetterci di essere la Chiesa di sempre, alla luce del Vangelo di Emmaus, il Risorto ci insegna realmente ad essere discepoli capaci di essere Chiesa.
Aprì loro la mente all'intelligenza delle scritture. Non è un gesto di presunzione, ma dice che la fede non sono regole e nozioni morali ma una esistenza interpretata è vissuta con cuore e mente. La Scrittura da anima alla vita cristiana ... Il discepolo e la Chiesa si lasciano toccare dalla scrittura....
Si accostò a loro nel cammino. Smettere di sentirsi soli, accostarsi ai fratelli e agli amici ... È una esperienza unica. Essa traduce tutto il desiderio di compagnia che sconfigge la solitudine esistenziale ... Li accompagna, sta con loro, li ascolta e ...
accompagna senza presunzione e desiderio di proselitismo ....
Rimase con loro ... "resta con noi, Signore, perché si fa sera. Resta con noi quando la sera scende nel cuore, resta con noi alla fine della giornata, alla fine della vita. Resta con noi, e con quanti amiamo, nel tempo e nell'eternità".
Si fa riconoscere nello spezzare del pane e si nascose al loro sguardo. Gesù non scompare, ma non si rende visibile se non nell'unico modo in cui donandosi rimane con noi: nel pane.
Il cammino di Emmaus rivela l'urgenza di mettere al centro della vita della Chiesa l'uomo come soggetto della missione.
La missione oggi è cura dell'umano.
Riportare il Vangelo all'uomo, significa donare alla nostra umanità consapevolezza e dignità. Gesù riporta il Vangelo nel cuore dei discepoli in cammino verso Emmaus ... La direzione sbagliata si rivela lo spazio del cambiamento. Dove si formano i testimoni credibili e coraggiosi che sanno camminare nelle strade insieme ai fratelli.

sabato 29 aprile 2017

1 Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 11,25-30
Santa Caterina da Siena patrona d'Italia
Il giogo soave ...


Caricarsi di un giogo, significa prima di tutto condividere ...
Ancor prima di pensare e sperimentate il peso, l'impegno e la fatica, occorre scegliere la condivisione. La condivisione è scuola di mitezza e di umiltà nella esperienza attiva della comunità cristiana: "massima letizia e massima penitenza". Il giogo soave ... è il superamento del proprio personalismo per fare esperienza di gratuità e del dono di sé. Il giogo chiede prima di tutto il donarsi, perché diversamente è solo fatica. In verità quando ti doni non offri solo te stesso, ma invochi una condivisione, entri nella esperienza del condividere cristianamente. Avere fede, significa accettare di fare questa esperienza e cercare di starci come Gesù stesso ci è stato: "imparate da me!"
Venire a te Signore ... ma a queste condizioni ... ci vuole proprio una gran voglia di credere! Queste sono le cose nascoste ai dotti, ai sapienti e agli intelligenti ... ma si rendono evidenti ad altri, ai miti e agli umili.

venerdì 28 aprile 2017

Atti 5,34-42 e Giovanni 6,1-15
Ma, non di tutti è la fede ...


Essi videro, essi udirono e mangiarono, volevano anche farlo re ... ma non avevano fede in loro ... Seguivano una idea, un desiderio, un bisogno, ma in realtà non seguivano il Signore. Mangiare il pane e il pesce che Gesù ha moltiplicato è l'occasione della fede. Cosa significa avere fede? Credo che ciascuno discepolo di allora, come ogni fedele oggi, possa dirsi persona che ha fede, se riconosce la sua vita come spazio reale in cui si è cristiani, cioè di Cristo; con i sentimenti di Cristo; con il pensiero di Cristo; con la volontà di Cristo, che è la volontà del Padre. Il vangelo, narrandoci la vita di Gesù ci propone un itinerario esistenziale che traccia il cammino di ogni "credente". Si comprende allora che la fede non è un atto di ragione, né di semplice affidamento ... o adesione a un progetto morale o altro ...
La fede esprime la condizione esistenziale di che è "legato" saldamente al Signore, in una esistenza in cui nella fede si evolve, si matura, si trasforma e ...  trasforma a sua volta la nostra umanità. È infatti la relazione con Gesù che ci modella a immagine del Figlio di Dio, pur con tutte le nostre personali "particolarità".

giovedì 27 aprile 2017

Atti 5,27-33 e Giovanni 3,31-36
Tutti vanno da lui ... (Gv 3,26c)


Nel momento in cui Gesù inizia la sua "missione pubblicamente", immediatamente si rivela un contrasto con Giovanni Battista, le persone sono disorientate: è necessario capire chi seguire! Chi è Giovanni? Chi è Gesù?
L'evangelista Giovanni introduce a questo punto del discorso una "spiegazione" del "mistero". Come poter spiegare l'irruzione del mistero di Dio; come capire Gesù? Come comprendere un Dio che si rivela nella realtà creata e attraverso la realtà stessa? Nulla di aggiunto e nemmeno nulla che si sostituisce. Ma una rivelazione e manifestazione a partire dalla realtà.
La fede, cioè il credere in Gesù permette di vedere la realtà a partire da colui che è in origine da Dio: "il veniente dall'alto o il veniente di nuovo". La fede in Gesù, obbedire a lui  (attualizzare la volontà di Dio attraverso l'obbedienza al Figlio, come il Figlio stesso compie la volontà del Padre), rivela il senso della vita e di quella senza fine. La fede, dice l'evangelista Giovanni è prima di tutto esperienza di Gesù ... La fede è un dono, ovvero il donarsi di Gesù ... Ma non è di tutti la fede ...

mercoledì 26 aprile 2017

Atti 5,17-26 e Giovanni 3,16-21
La qualità dell'agire


Le parole di Gesù a Nicodemo, sono una sintesi del perché è accaduta una storia come quella raccontata nei vangeli; perché Gesù; perché la sua morte; perché la sua risurrezione ...
L'amore di Dio, si riversa nella realtà e in questo modo si da, si consegna, si dona; l'amore non è mai per se stesso. Anche secondo una esperienza puramente umana comprendiamo che l'amore non è mai per se stesso, ma che necessita di un compimento; l'amore è in questo: desiderio di pienezza, attesa e realizzazione, appello a corrispondere. L'amore di Dio calato nella realtà si rivela come salvezza; l'amore infatti è Gesù stesso, e la relazione con lui salva; il credere in lui è la relazione con lui, questa condizione è salvezza, cioè realizzazione dell'amore. Il superamento della salvezza a partire dalla legge, apre alla scoperta a cui giunge faticosamente la comunità di Giovanni: la qualità dell'agire di Dio sbaraglia ogni nostro più rosea aspettativa sulla sua bontà e benevolenza.

martedì 25 aprile 2017

1 Pietro 5,5-14 e Marco 16,15-20
Festa di San Marco evangelista
Questa è la vera grazia di Dio!


"...  il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo ..." Esperienza della fede.
Chi crederà sarà salvo ... ma chi non crederà sarà condannato. Uno sguardo puramente umano rispetto al credere o meno è sufficiente per costatare come chi non crede, introduce nel suo pensiero una condizione di preclusione, che diviene quasi ostile, di fronte a ogni esperienza che esprime una trascendenza, una spiritualità, un accostarsi al mistero. Non credere ammalora il ragionamento al punto di precludere alla ragionevolezza umana lo spazio della possibilità; questa è la peggior condanna che un uomo intelligente debba subire. La salvezza che deriva dal credere può anche essere una felice illusione, per i molti non carenti, ma per chi crede, è esperienza di Dio nella vita nel tempo ora, e del mistero di Dio in quanto è eternamente. La Scrittura, la Parola, sono testimonianza dell'esperienza ragionevole del credere.

lunedì 24 aprile 2017

Atti 4,23-31 e Giovanni 3,1-8
Così è chi è nato nello spirito ...


Ieri nel Vangelo, capitolo 20 di Giovanni, Gesù risorto soffia e dice: ricevere lo spirito santo ... Nel dialogo con Nicodemo, l'evangelista in realtà propone la condizione che rende possibile essere discepoli del Signore. Dopo aver narrato il primo segno, aver accreditato a se i primi discepoli, nel dialogo con Nicodemo ciascuno viene provocato sulla sua radicale appartenenza al Signore. Non si tratta di una appartenenza puramente morale o di obbedienza a dei comandamenti (fedeltà alla legge); non è neppure una appartenenza sancita da un patto o da un rito (circoncisione o battesimo). L'appartenenza è di chi nasce dall'alto, o di nuovo; l'appartenenza è la nascita nello stesso Spirito nel quale Gesù risorto si consegna alla comunità dei discepoli. Quel soffio imprevedibile dello Spirito, mi consegna Gesù vivo, se lo accolgo e lascio che dimori in me, allora io rinasco in forza dello Spirito, rinasco con la stessa imprevedibilità e possibilità. È nell'immersione in questo spirito che vedo le cose di Dio ed entro nelle cose di Dio, nel suo regno.

domenica 23 aprile 2017

Atti 2,42-47 / Salmo 117 / 1 Pietro 1,3-9 / Giovanni 20,19-31
Domenica della "Divina Misericordia"
"... a coloro a cui rimetterete i peccati ..."


La conclusione del capitolo 20 del Vangelo di Giovanni si preoccupa di dire che i "segni" compiuti da Gesù sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. La preoccupazione dell'evangelista non è legata alla autenticità riconosciuta allo scritto, quanto alla fede e alla vita che deriva dal Signore Gesù. Quel gruppo di discepoli, quelle donne, sono eredi sia di una verità storica, ma soprattutto di un progetto, o meglio una missione. Le apparizioni del risorto, a quel gruppo non mirano a manifestare semplicemente la gloria del risorto, ma tutto il senso di ciò che accade dopo la risurrezione. Noi, anche oggi non siamo semplicemente discepoli di un maestro, né seguaci di una qualche forma religiosa. Noi oggi siamo parte di ciò che accade dopo la risurrezione del Signore. Tutti e tutto, infatti, è compreso all'interno della risurrezione.
A quel gruppo di amici, che non si è disperso, ma che nella paura della persecuzione è rimasto fedele, ebbene quel gruppo, con tutta la sua pochezza, e tutte le personali fragilità - traditori e fuggiaschi - il Signore, il risorto affida non semplicemente un progetto, un obiettivo, ma il proseguire nel cammino della salvezza.
Il cammino della salvezza iniziato nell'amore di Dio padre per Adamo, pur segnato dalla fragilità umana e dai patti di fedeltà tra Dio e Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosé, Davide ecc... Quel cammino di vera umanità viene proposto ai suoi discepoli: "Detto questo, soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".
A coloro che hanno fatto esperienza di perdono e di amore - di amore gratuito e donato - Gesù chiede di agire il perdono e l'amore, allo stesso modo in cui loro lo hanno sperimentato e vissuto. La forza di perdonare e di amare non è la forza di volontà e neppure quella dei sentimenti. La forza, e la sorgete di tale perdono è Gesù stesso, il suo soffio o alito di vita. L'alito del risorto, soffio di vita, Spirito di Dio, Spirito dell'amore ...è lo Spirito Santo. A noi, ora è chiesta una comprensione più matura di ciò che è accaduto, infatti, così come l'ultimo segno di Gesù è il consegnarsi agli uomini come pane e come corpo crocifisso, ora il risorto da quella consegna, ancora una volta si riconsegna ai suoi amici ... si riconsegna come Spirito Santo.

sabato 22 aprile 2017

Atti 4,13-21 e Marco 16,9-15
Sabato dell'ottava di Pasqua
Non possiamo tacere ...


Se il brano di Atti afferma che Pietro e Giovanni danno una testimonianza risoluta e senza dubbi e incertezze, non dello stesso tenore e parere è il brano del Vangelo di Marco che si dimostra di ben altro parere. Queste apparenti incongruenze sono in realtà un segno di autenticità e della presa di consapevolezza nella fede in Gesù risorto.
Certamente l'andare nel tempio a pregare e a parlare di Gesù non avviene pochi giorni dopo la passione, morte e risurrezione. La stessa presenza pubblica di Pietro e Giovanni presuppone una sorta di normalizzazione, ovvero una tacita tolleranza rispetto ai discepoli del "nazareno". Ciò che afferma Marco, invece, è una inedita cronologia di fatti e persone, così come la tradizione più prossima riportava, del dopo risurrezione. 
Punto di partenza è il fatto della risurrezione: il mattino del grano dopo il sabato; apparizione a Maria Maddalena (rapporto preferenziale); apparizione a due discepoli (sono quelli di Emmaus); apparizione al gruppo nel cenacolo (gli undici). Tutto si contraddistingue dal dubbio. Ciò che inverte la tendenza, da dubbio a certezza, è la manifestazione concreta del risorto. Da quel momento cambia l'atteggiamento e il modo di porsi: diventano annunciatori della nuova notizia; "Gesù è risorto ed è vivo!"

venerdì 21 aprile 2017

Atti 4,1-12 e Giovanni 21,1-14
Venerdì dell'ottava di Pasqua
"Simon Pietro,  detto didimo ... altri due discepoli"

Uno dei discepoli, ci informa l'evangelista, è il discepolo che Gesù amava: Giovanni.
Possiamo rileggere questa pagina del Vangelo alla luce dei due personaggi più importanti del periodo: Giovanni, il discepolo amato, capo della sua comunità (detta da noi giovannea) e Pietro, principale riferimento di tutte le comunità apostoliche (anticipo del primato petrino). Sono ancora loro due ... Quelli che corsero alla tomba, che ora nella integrazione del capitolo 21, ci dicono come loro stessi lo hanno visto e riconosciuto attraverso quei segni e gesti, tipici del Signore: la pesca; il pesce; il pane; la cena ... Di fronte a questi testimoni, nessuno è più nella condizione di chiedere "chi sei", perché sapevano bene che era il Signore. È in questo modo che la comunità apostolica supera il problema della risurrezione come artificio e invenzione. I primi discepoli, gli apostoli, sono testimoni oculari del risorto, loro stessi lo hanno visto, loro stessi hanno parlato con lui dopo la sua morte e risurrezione, loro stessi hanno mangiato col risorto; il risorto è entrato ora a fare parte della loro quotidianità.

giovedì 20 aprile 2017

Atti 3,11-26 e luca 35-48
Giovedì dell'ottava di Pasqua
"... Bisogna che di compiano tutte le scritture ..."


Quando pensiamo al compimento delle scritture, non dobbiamo correre immediatamente a verificare una qualche citazione di compimento: quasi a ritenere che il compimento delle scritture risieda nel realizzarsi di una profezia.
Nel Vangelo di Luca, le stesse parole del risorto: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme", non trova alcun riscontro scritturistico. Il compimento delle scritture va quindi ricollocato nella "aprire la mente": un'azione parificabile allo spiegare nella "mente e nel cuore", un aiutare a capire. Questo aprire la mente a comprendere è la più intuitiva forma di attualizzazione che il risorto operi in ordine alla narrazione nelle scritture della "salvezza". Gli stessi discepoli di Emmaus nel loro raccontare fanno emergere come le scritture, rilette alla luce dell'esperienza di Gesù, infiammano il cuore e predispongono a riconoscere il risorto nel segno della sua presenza. 

mercoledì 19 aprile 2017

Atti 3,1-10 e Luca 24,13-35
Mercoledì dell'ottava di Pasqua
Egli entrò per rimanere con loro ...


Non è detto che se non lo vediamo, se i nostri occhi sono trattenuti dal riconoscerlo, Lui il Signore, essendosi fatto vicino, in realtà cammina con noi. Non è solo una presenza fisica e reale. Esiste un modo, testimoniato dal Vangelo, di lasciarsi accompagnare dal Signore: attraverso la scrittura, nella narrazione della storia di salvezza, il Signore si ricolloca costantemente accanto ad ogni uomo. Non esiste uno spazio dell'esistenza umana che sia privo del suo rimanere, del suo dimorare nell'uomo.
Al tramonto di questa "singolare giornata", il Vangelo di Luca dice che nello spezzare il pane, "invisibile divenne a loro", ma non dice che sparì da loro. Gesù è entrato nella casa per dimorare con loro e per rimanere con i due discepoli. Il suo essere visto, e il suo essere compagno di viaggio, si concretizza nel rivelarsi nella "benedizione" e nel "pane": lo riconobbero ... Ora, oggi è per sempre, quelle parole e quel pane sono il segno della sua presenza che non viene meno.

martedì 18 aprile 2017

Atti 2,36-41 e Giovanni 20,11-18
Martedì dell'ottava di Pasqua 
"Salvatevi da questa generazione perversa!"


Gli atti degli Apostoli, nelle parole di Pietro, si appellano a tutti coloro che nella fede in Gesù hanno trovato la gioia di un Dio che è realmente è sempre accanto. Salvarsi dalla perversione di ogni generazione che rinnega la corrispondenza al mistero del "Dio con noi", non è un sottrarsi, ma un riconoscersi nella appartenenza a Gesù, questo, la generazione di Gesù, le folle di Gerusalemme, non l'hanno fatto. La salvezza non è un privilegio o una conseguenza, ma è l'appartenenza al Signore, con tutto ciò che ne segue.
Maria di Magdala così come è descritta nel Vangelo di Giovanni esprime benissimo la sua appartenenza, che supera ogni ostacolo è l'imitazione, pure la paura della morte e il dramma del sepolcro. Nelle sue parole si cela la sua appartenenza: "... Dove, lo hai posto  ... andrò a prenderlo ..."
Recuperare il dimorare del Signore ... e rinsaldare il vincolo di appartenenza è per il discepolo il modo di celebrare la Pasqua di risurrezione ogni giorno.

lunedì 17 aprile 2017

Atti 2,14-33 e Matteo 28,8-15
Lunedì dell'ottavo di Pasqua
Morto e risorto per i mostri peccati ...


Passata la Pasqua, apparso vivo si discepoli ... Li ha pure invitati ad andare in Galilea per iniziare di nuovo quel progetto di Chiesa avviato tre anni prima ... In tutto questo susseguirsi di vicende, segni, parole miracoli, scontri politici, antagonismi di parte, confronti religiosi ecc... potrebbe essere che scordiamo il perché di tutto e il perché della morte e risurrezione e del Signore. Ecco allora che le parole di Pietro tornano puntuali e sintetiche: "Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere". Quella morte, opera del l'invidia del demonio è frutto del peccato, non può tenere nel dolore e in suo potere più nessuno! 

domenica 16 aprile 2017

Matteo 28,1-10
Messa della notte della Pasqua di Risurrezione

Ad un certo punto, dopo non pochissimo tempo, la Chiesa ha inventato il triduo Pasquale ... Siamo circa alla fine del terzo e inizio del quarto secolo, e i cristiani sentono il bisogno di vivere la Pasqua, ormai un rito perenne, entrando dentro la passione, rivivendo i momenti della vita, morte e risurrezione di Gesù.
Vivere interamente il triduo è stata quindi una opportunità per attualizzare nelle parole e nei gesti ciò che nella fede affermiamo del Signore.
Dice Isaia: "Guarderanno a colui che hanno trafitto" ... guardiamo a Gesù crocifisso, al suo corpo, alla sua carne appesa alla croce, essa è lo stesso Dio amore che risorge e dona a noi la vita eterna: amore mai da appagare ma sempre donato gratuitamente e per sempre generato. "Guardiamo a colui che è amore che si dona a noi per sempre ...."
Il Cristo è l'amore che non è da appagare, ma che sempre mi è dato per fare di me stesso possibilità di amore. Questo misterioso scambio tra Gesù e noi genera la nostra felicità.
Gesù oggi ci dice: "guardami, mi hanno bloccato sulla croce; le mie mani non possono più accarezzare, non possono più benedire, non possono più guarire,  e i miei piedi non possono più portarmi da te ... Allora dall'alto della croce, con il mio cuore aperto posso innondare tutto il mondo con il mio amore. Contemplami, così crocifisso, e fa come me, non usare mani e piedi, ma solo il tuo cuore.
Passato il sabato, due donne Maria di Magdala e Maria madre di Giacomo, all'albeggiare, si incamminano verso il sepolcro. Siamo fuori dalla città di Gerusalemme, tutto è ancora avvolto nella penombra, loro stesse con un nodo alla gola e con il cuore traboccante di un giazzebuglio di sentimenti, con passo affrettato sia vicinato al luogo in cui Giuseppe di Arimatea aveva depisto il corpo del Signore ... Ma ora, quel luogo è testimone di un evento che è un forte rumore, scuotimento e luce come di folgore. Da uno spazio grande quanto un corpo si dispiega un evento mai raccontato prima: "Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete".
Il 7 aprile dell'anno 30, era venerdì, prima del tramonto, il corpo di Gesù fu deposto nel sepolcro. Ma  prima dello spuntare del giorno 9 aprile, quello stesso corpo è vivo, è risorto ...
Noi abbiamo bisogno di collocare la risurrezione nella verità della storia, perché è la nostra storia quella in cui ha dimorato quell'uomo Gesù, che disse di essere il Figlio di Dio, e per quelle parole patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì, fu sepolto e il terzo giorno risorse dai morti.
Ma forse, a noi suoi discepoli, non ci basta una verità storica e la certezza che ciò che i vangeli raccontano non sono invenzione ... In realtà noi abbiamo bisogno di Gesù! Ne abbiamo bisogno per imparare a vincere le nostre durezze, le nostre incapacità di amare; ne abbiamo bisogno per risorgere in una vita nuova già oggi, in questi tempi apparentemente mortiferi e pieni di assurde contraddizioni, ingiustizie e aberrazioni.
E allora ci manca solo di entrare nella risurrezione e fare come Maria di Magdala e Maria di Giacomo: quando Gesù, con le sue parole trasforma il guazzebuglio in gioia e stupore ... esse gli si stringono ai piedi per adorarlo ... Quei piedi che Maria di Magdala aveva già lavato, baciato e profumato ... 
Gesù ci dice di essere nella gioia, lui è vivo e ci invita a tornare sempre in Galilea, cioè dove lo abbiamo incontrato nella nostra vita e dove è iniziata la nostra storia con lui. Per entrare nella risurrezione, deponiamo la ragione e impariamo ad usare il cuore.

sabato 15 aprile 2017


Lastra di marmo che ricopre il Santo Sepolcro di Gesù Cristo - Gerusalemme

Sabato Santo. "Guarderanno a colui che hanno trafitto" ... guardiamo a Gesù crocifisso, al corpo, alla sua carne appesa alla croce essa è lo stesso Dio amore che risorge e dona a noi la vita eterna: amore mai da appagare ma sempre donato gratuitamente e per sempre generato. "Guardiamo a colui che è amore che si dona a noi per sempre ...." buona pasqua! don Fabio

venerdì 14 aprile 2017

Isaia 52,13-53,12 / Salmo 30 / Ebrei 4,14-16; 5,7-9 / Giovanni 18,1-19,42
Venerdì Santo - Passione del Signore
"Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e a una morte di croce".


Questa notte la luna era piena; quando stava sorgendo era rossa, quasi un presagio del giorno che ora albeggia ... È già l'alba del venerdì Santo ... Tutto rapidamente nel susseguire del tempo si avvia al compimento. Con queste parole il profeta Isaia ha visto la "passione" del Signore Gesù Cristo: "Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte".
Oggi lo sguardo dello Spirito e del cuore di chi crede passa dal Tabernacolo alla Croce. Dal segno glorioso del suo amore che rimane ore noi al segno "surreale" del suo del suo amore che è passione, Eros e Agape per noi. Vederlo nudo, straziato, inchiodato sulla croce, e pensare all'amore come anima di tutto, richiude proprio è solo la fede. Solo una fede fatte di amore e per amare può entrare in questo mistero ed esserne meravigliata e non annientata.
Oggi è giorno di penitenza, di digiuno, di preghiera ... Ancora un giorno per convertirci.

giovedì 13 aprile 2017

Esodo 12,1-14 / Salmo 115 / 1 Corinzi 1,23-26 / Giovanni 13,1-15
Messa della cena del Signore
Capite quello che ho fatto per voi?


Proviamo di rispondere a questa domanda del Signore ...
Un punto di svolta per capire questo gesto del Signore è certamente ciò che Gesù dice a Pietro: "ciò che io faccio tu non sai adesso, lo conoscerai ma dopo queste cose".
Le cose di cui parla Gesù, così come Giovanni ci fa intuire è tutto ciò che è e accadere a partire da quella cena pasquale fino alla risurrezione.
Ci potrebbe infatti essere la tentazione di comprendere questo gesto come un segno di purificazione dal peccato, oppure come un gesto di amore riservato ai pochi ed intimi amici. Invece, capire questo gesto alla luce della passione, morte e risurrezione significa rileggerlo in una visione universale: un gesto che la Comunità Apostolica compie come segno di amore a tutto l'uomo; un gesto è per ogni uomo. Da questo inizio di comprensione deriva altro ... ma lo mediteremo nella messa della cena.

mercoledì 12 aprile 2017

Isaia 50,4-9 e Matteo 26,14-25
I nostri tradimenti ... si consumano a cena ...


"Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli". Da questa frase del Vangelo di Matteo, entriamo nella celebrazione del triduo santo. "Il mio tempo, si è avvicinato a te": a ciascuno di noi. Il tempo rappresenta il momento in cui ciò che è "pienezza del tempo" - la rivelazione del mistero di salvezza - è intimità a ciascuno; la vicinanza dobbiamo proprio intenderla come intima presenza e desiderio del Signore di dimorare nella nostra vita, quella di tutti i giorni. A questa intimità corrisponde il volere fare la Pasqua: il passaggio da schiavitù a libertà, da morte a vita, da idolatria a fede. Se tutto fosse solo un celebrare rituale l'intimità si svuoterebbe di presenza (la gloria) e la Pasqua non sarebbe più la realtà nuova frutto della conversione, non sarebbe più un passaggio ...
Ogni tradimento, ogni nostro tradimento - così come il primo di Giuda - è venir meno all'intimità, della presenza di Gesù; trasformare la sua presenza da una "vicinanza del tempo" ma una simpatica convivenza. Ogni tradimento si consuma come narrato dal Vangelo nel mangiare il boccone, nell'intinge nel piatto della cena pasquale senza gustare la novità del pane di Dio e del vino nuovo.

martedì 11 aprile 2017

Isaia 49,1-6 e Giovanni 13,21-33.36-38
Con il capo sul suo cuore ...


Non occorre tanta immaginazione, per capire come il gesto di Giovanni corrisponde alla naturalezza di una amicizia vera e profonda. Giovanni ha saputo amare realmente Gesù, lo ha sentito amico e si è sentito cercato e voluto; Gesù ha fatto crescere Giovanni nella sua umanità e lo ha portato fino sotto la croce. Questa è vera amicizia, fare crescere la persona amata e crescere insieme. Cosa è il tradimento se non la finzione nell'amicizia e nell'amore? Giuda non tradisce perché cattivo ma tradisce la sua amicizia nei confronti del maestro. Non tiene per sé l'amore donatogli, non lo custodisce e non riesce a ricambiarlo, per questo lo consegna (tradire = da tradere, consegnare) ad altri che pure loro non sanno amare ... In quel gesto di tenerezza e abbandono, ogni discepolo può immedesimarsi per ascoltare il battito del cuore del Signore, un battito di cuore umano ... ma anche il battito del cuore di Dio. Un battito che mostra come la presenza del Padre è viva e reale, ed è nella carne stessa di Gesù: "glorificami Padre ..." (Il contenuto della "Gloria" è trasversale a tutto il Vangelo di Giovanni e meriterebbe un corso di studio).
Oggi la nostra riflessione deve portarci al cuore del Signore e a chiedere di stare con lui per imparare a donare la vita per Lui ... non ne siamo capaci, ma possiamo imparare da Lui.

lunedì 10 aprile 2017

Isaia 42,1-7 e Giovanni 12,1-11
La fede è vita


In questo primo giorno della Settimana Santa, dal Vangelo di Giovanni, impariamo alcune situazioni vissute da Gesù, che possiamo imitare e attualizzare in noi.
L'amicizia è ora, rivelativa di un amore che da' testimonianza delle realtà belle ed eterne. L'amicizia di Gesù per Lazzaro, Marta e Maria lo porta a Betania in quella dimora dove si trova pace, serenità; Betania è dimora dell'amicizia. L'amicizia dimora nelle relazioni di amore che siamo capaci di generare... Non vergogniamoci di amare gli amici, e di fare vedere questo amore. Il profumo di Nardo, preziosissimo e purissimo, scaturisce dal gesto di tenerezza e amore di Maria verso Gesù. Non avere timore di amare Gesù, di introdurlo nel tuo intimo. Cosa potrà mai accaderti? Non avrai forse paura che Lui diventi troppo amico, troppo importante per te?
Il tradimento, le nostre piccole e grandi ipocrisie. Giuda abita anche lui, un po', nella nostra stessa vita. Saperlo riconoscere significa saperlo gestire, ma soprattutto non permettergli di farci rinnegare e tradire l'unica amicizia di cui non potremo mai fare senza. Riconoscerlo, ci permette di smascherare le nostre convenienze, le nostre gelosie, le nostre immaturità colpevoli.
È in questa dinamica tra amicizia e tradimento che si alimenta e sviluppa la nostra fede in Gesù.

domenica 9 aprile 2017

Isaia 50,4-7 / Salmo 21 / Filippesi 2,6-11 / Matteo 26,14-27,66
Domenica delle Palme
"... Veramente di Dio era figlio costui ..."


Le parole del centurione riportate in Matteo riassumono tutto il Vangelo, e fuori da ogni argomentazione teologica di afferma:
- veramente;cioè senza ombra e senza dubbi, in modo pieno e assoluto affermò che questo è vero; tutto questo risulta vero lo testimonio come verità: "io, il comandante dei soldati posti a guardia della crocifissione, ho visto un uomo morire dopo essere stato condannato in un alone di inganno, torturato e percosso, angariato duramente, crocifisso realmente ... Ho visto la sua morte, ho visto come è morto ... È quindi posso dire che di Dio lui è il figlio!
- di Dio; di Gesù possiamo dire tanto anche noi. I Vangeli dicono tanto su di lui e su ciò che pensava la gente attorno a lui ... Si è detto tutto e di più: dal profeta all'indemoniato; dal maestro al peccatore amico dei peccatori ... 
Si è detto anche che veniva da Dio, ora a noi è dato di dire che Gesù era di Dio Padre, che era di Dio ...
- era figlio; questa è la novità assoluta, è la bestemmia ... Ma per quanto inaudita e scandalosa è pur l'unica esperienza ed espressione nella quale possiamo immergerci e comprendere noi stessi e la nostra vita, attraverso la sua stessa vita di figlio. Essere figli ci fa sentire, ci fa percepire e gustare la nostra provenienza dall'amore. Non si è veri figli se non quando ci si comprende a partire dall'amore di un padre e una madre. Quell'amore è tutto ... È tutto ciò che serve è di cui abbiamo vera necessità ... Quell'amore ci permette di avere fede, e di essere, pure noi figlio di Dio.

sabato 8 aprile 2017

Ezechiele 37,21-28 e Giovanni 11,45-56
Un solo Dio ... Un solo popolo ... Un solo uomo ...


Ciascuno di noi in questo cammino quaresimale deve giungere a comprendersi non solo nella sua unicità di rapporto con il Signore, ma anche nella sua partecipazione all'unico popolo di Dio. Tutti infatti, insieme, partecipiamo ed esprimiamo la medesima salvezza che Dio Padre realizza in Cristo e oggi dispiega attraverso la Chiesa e i sacramenti. Gesù Cristo è il cardine di di questa "unicità comprensiva", che a ben vedere è segno, immagine e analogia dell'eternità di Dio.
L'uomo nella sua molteplicità è comunque un uomo per il suo Dio. Un solo Dio, un solo Figlio unigenito, un solo uomo ... L'unicità rappresenta la sintesi della molteplicità e della pluralità. L'unicità non è uniformità o annullamento della diversità, ma è esperienza di comunione, che solo nell'amore è possibile. Il testo di Ezechiele ci rivela come l'unico Dio si "prende cura" del suo unico popolo, riconducendo in questa immagine la narrazione della storia di salvezza, che appartiene come esperienza, a una molteplicità di individui; in questo si esprime l'amore di Dio per il suo popolo, nel comporre la frammentarietà nella unicità/unità , che non è semplice unità. 

venerdì 7 aprile 2017

Geremia 20,10-13 e Giovanni 10,31-42
"...  il Padre è in me, e io nel Padre ..."


Gesù figlio di Dio è una espressione che in duemila si è caricata sì un senso di ovvietà che rischia di perdere la sua forza kerigmatica.
Il trascorrere del tempo e l'inerzia dei credenti, annulla anche l'effetto di quelle parole e ciò che suscitò nei giudei, allorquando Gesù iniziò ad applicarla a sé stesso e a farne contenuto di rivelazione.
Ascoltando il Vangelo, o anche solo leggendolo, siamo invitati a ritornare realmente al momento in cui quelle parole furono dette; solo così se ne comprende la forza: Gesù dovette fuggire oltre il Giordano per salvarsi dalla reazione dei giudei che volevano lapidarlo. Dichiararsi "figlio di Dio" oggi significa giudicare la storia passata e presente attraverso un "mistero", attraverso un fatto e una esperienza: Dio stesso nasce e vive come uomo, muore come uomo, ma resta Dio e risorge dalla morte come Dio della vita.
È questo uomo, Gesù il Cristo, che oggi è giudice e giudizio per il tempo e per le nostre vicende umane. Quando dimentichiamo o neghiamo che Gesù è il "figlio di Dio", lo sguardo sulle "cose" si restringe alla sola possibilità dell'uomo: miopia ....

giovedì 6 aprile 2017

Genesi 17,3-9 e Giovanni 8,51-59
Chi credi di essere?


Rimango sempre colpito che quegli stessi giudei che, affascinati dalle parole di Gesù, quelli di cui il Vangelo dice: "quei giudei che credettero in lui ...", sono i primi che raccolgono pietre per lapidare il Maestro ...
Non è mai facile, infatti, accettare di fare un passo indietro rispetto alle proprie convinzioni ... a volte succede di negare pure l'evidenza pur di non perseguire un cambiamento ...
La parola di Gesù apre a una nuova comprensione della realtà, delle relazioni, del mistero stesso di Dio. Noi parliamo di Dio, Gesù parla del Padre; noi restiamo legati al morire, Gesù ci proietta nel non vedere la morte; noi con le pietre difendiamo la nostra tradizione, Gesù svela l'autentica relazione con Abramo: vera tradizione ...
Se riuscissimo a fare un passo indietro, di tanto in tanto, impareremmo a vedere meglio attorno a noi e in noi!

mercoledì 5 aprile 2017

Numeri 21,4-9 e Giovanni 8,21-30
Vogliamo essere innalzati pure noi!


Cosa significa essere innalzati?
Per Gesù ciò si identifica pure nella croce, quello è per il Vangelo di giovanni il culmine della rivelazione che si esplicita nella risurrezione, è "Gloria".
Ma per noi essere innalzati significa ripercorrere quello stile di Gesù che determina una evidente vicinanza e intimità con il Padre. Essere innalzati è incamminarci per avvicinarci al Padre. Il cammino di questo innalzamento, sembra non scontato o facile. Lo stesso popolo di Israele nel deserto ... "non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè ..."!
Una evidente alienazione da Dio è la costante umana che logora il cammino di innalzamento. Le nostre infedeltà sono alienanti ... Le nostre ipocrisie sono alienanti ... Le nostre durezze sono alienanti ... I nostri interessi particolari sono alienanti ...
Per essere innalzati occorre, dice Gesù: " ... non fare nulla da sé stessi, fare ciò che è a lui gradito ... Parlare come il Padre ci ha insegnato ... Desiderare ardentemente la sua vicinanza e la sua volontà ...

martedì 4 aprile 2017

Daniele 3,14-20.46-50.91-92.95 e Giovanni 8,31-42
"Se Dio fosse vostro padre ... mi amereste ..."


Una relazione è sempre frutto di una reciprocità ... Una relazione rivela vicendevolmente e senza pregiudiziali il cuore, i desideri, le attese ... l'anima dell'altro. In questo brano di Vangelo assistiamo all'evidenza di una relazione male costruita ... Una relazione che entra subito in crisi tra i giudei e Gesù. Una relazione che anche noi possiamo sperimentare nel limite della assenza della fede, allo stesso modo dei giudei; non basta essere colpiti dalle parole di Gesù per avere fede in lui. La distanza che Gesù riconosce e che reclama come "vuoto di relazione" - "Se Dio fosse vostro padre ... mi amereste ..." - esprime il vuoto che è assenza di fede.
Non conoscere la sua Parola, non amarla è causa dell'esilio della sua presenza dalla nostra vita: "Gesù non dimora in noi!" Questo è vuoto!
La libertà personale condizionata dal nostro peccato ci impedisce di conoscere Dio, il Padre, ma questo ostacola anche la conosceva vera del Signore: non sappiamo ricercare la "misericordia". Questo è vuoto!
Ogni giorno noi stessi uccidiamo il figlio di Dio quando evitiamo, scaltramente, la volontà del Padre. Anche questo è vuoto!

lunedì 3 aprile 2017

Daniele 13,1-62 e Giovanni 8,12-20
Voi non conoscete né me né il Padre mio...


La prima lettura di oggi è un brano citato come "la casta Susanna", merita di essere letto anche solo come brano narrativo per introdursi nella certezza che non è indifferente alla preghiera del giusto accusano ingiustamente: "Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano, tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me. E il Signore ascoltò la sua voce".
Nel Vangelo, con oggi, iniziamo a conoscere Gesù per quello che è realmente: "il figlio di Dio", per una parte, ma anche per la rivelazione della paternità. Le parole usate da Gesù sono le stesse che Gesù rivolgerà a Filippo, quando chiede a Gesù di mostrargli il Padre. Non è possibile, sembra, accedere al mistero di Dio (nella sua pienezza) attraverso la religiosità e un Tempio, si accede a Dio Padre mediante il Figlio, solo ed esclusivamente mediante Gesù. 

domenica 2 aprile 2017

Ezechiele 37,12-14 / Salmo 129 / Romani 8,8,11 / Giovanni 11,1-41
"Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro" - Prediresti cura dell'amico!


Il cuore del Vangelo di questa domenica è l'amicizia: "Lazzaro, il nostro amico ..."; "Guardate come lo amava ..."; tutto ciò che riguarda la fede in Gesù nasce dall'amicizia con lui.
Ciò di cui ci parla il Vangelo,e che tutto ciò che si dicono Gesù e Maria, Gesù e Marta; tutto ciò che accade a Lazzaro, tutto quanto ciò che ci viene detto è dentro a una condizione a cui non siamo abituati rispetto a Gesù: l'amicizia con lui.
Ciò che rappresenta il fulcro delle speranze e della fede di queste donne, è l'amicizia che Gesù aveva per questa famiglia, per questa casa. Una amicizia ricambiata. La fede in Gesù non si era costruita sulla meraviglia per i segno, o sul fascino delle due ostile, ma sull'amicizia. Una amicizia che dimostra di essere fonte di risurrezione e di vita. Questo è straordinario per noi. Come posso gustare l'amicizia con Gesù oggi? Questa è possibile solo nell'esperienza di amicizia che facciamo tra noi. Quando le nostre amicizie ci danno il gusto della vita, ci sostengono, ci comunicano e condividono affetto... Lì in quella condizione rivive lo stesso clima di Betania della casa di Marta, Maria e Lazzaro.
Tutto ciò che vi accade ha un altissimo e oro fondo valore teologico, umano ed esistenziale ... Ma soprattutto ci dice che tutto questo accade perché loro erano amici e che Gesù li amava. Gesù ci ama, per questo alla nostra vita succederà la risurrezione e la vita vera, la vita di eterno amore.

sabato 1 aprile 2017

Geremia 11,18-20 e Giovanni 7,40-53
"... non sapevo che tramavano contro di me ..."


Giorno dopo giorno, con la narrazione del Vangelo di Giovanni, veniamo introdotti nel clima degli ultimi giorni di Gesù a Gerusalemme. In questo caso è importante raccogliere  tutto ciò che riguarda la realtà che ha accompagnato le scelte e l'agire di Gesù. La situazione che si è creata è esplosiva: da un lato l'umore popolare estremamente favorevole a Gesù, dall'altro la classe politica e religiosa sostanzialmente avversa; le stesse guardie del tempio, guardie giudee, non riescono a prendere una posizione univoca. Ciò che regna è la confusione, la contraddizione. In Gesù risuonano le parole di Geremia: "... mi ha fatto vedere i loro intrighi. E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me ...". Occorre notare come Gesù non si ribella neppure di fronte agli intrighi ... La mitezza si trasforma in una forza enorme; stare nella realtà per vivere la volontà del padre risulta più forte di ogni rivendicazione di giustizia.