martedì 31 luglio 2018

Geremia 14,17-22 e Matteo 13,36-43
Presente e futuro!

"Spiegaci la parabola della zizzania nel campo ..." Non certo umana spiegazione fuori dalla possibilità dei discepoli, Gesù come sempre è estremamente concreto; la Parabola prende forma nella vita di tutti i giorni per riempire il presente di significato, per portare alla comprensione della volontà di Dio. Il futuro non è mai visto come previsione ma come prospettiva. Ecco allora che la spiegazione ha senso come rilettura di un fatto normale come la semina di un campo: il contadino investe tutto di sé nel buon seme che sparge nel terreno lavorato e, con pazienza, segue tutte le naturali fasi delle stagioni e delle vicende del campo, compresa lo spuntare della zizzania, ma tutto si proietta al momento della mietitura. Nella mietitura è il frutto del buon seme che prende il sopravvento, che diviene criterio di riferimento.
Il regno di Dio si rende evidente nei suoi figli, che già da ora come alla fine, splendono come luce. I figli del regno dei cieli sono i discepoli di Gesù che scoprono nella santità quotidiana la condizione del loro splendere come il sole ... La zizzania, i figli del nemico, non splendono mai ...

lunedì 30 luglio 2018

Geremia 13,1-11 e Matteo 13,31-35
... ma non vollero ...

Non è scontato che desideriamo e corrispondiamo alla volontà di Dio; è questo il senso esplicito della immagine della profezia di Geremia: "io volli che aderisse a me tutta la casa d’Israele e tutta la casa di Giuda – oracolo del Signore –, perché fossero mio popolo, mia fama, mia lode e mia gloria, ma non mi ascoltarono".
Ed ecco che ancora una volta, la volontà di Dio ci viene raccontata nel misterioso intreccio tra parabola e realtà, dove la nostra vita viene coinvolta per esserne parte attiva e viva. Ma anche qui può capitare che non vogliamo fare il nido sulla pianta di senapa, a partire da quella pianta che è nata ed è la conseguenza del buon se pane della Parola, non faccio il nido, non costruisco ... non ascolto ...
Può anche capitare che non voglia gustare il pane della Parola, il pane così ben lievitato e soffice che solo cibandomene condividerei il mistero dell'amore di Dio, eppure non condivido ... E mi accontento dei pani azimi dell'egoismo ...
"Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole ..."

domenica 29 luglio 2018

2Re 4,42-44 / Salmo 144 / Efesini 4,1-6 / Giovanni 6,1-15
Il segno reale del pan

Corrispondere alle parole di Gesù nell'ultima cena: "prendete e mangiatene tutti ... Fate questo in memoria di me" ha un senso che supera la formalità e adesione al rito e diventa esperienza della vita del discepolo.
La vita del discepolo cambia in ragione di quel pane spezzato e condiviso ...
Il Vangelo di Giovanni ci dà una immagine di impressionante potenza del Signore ma rivestita dalla fragile esperienza umana: "C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?"
Che bello, tutto nel Vangelo di questa domenica ci parla di impossibilità:
- è impossibile accogliere tutta questa gente, non abbiamo case ...
- è impossibile dare a loro da mangiare, non abbiamo pane ...
- è impossibile comprare ciò che serve per nutrirli, non abbiamo soldi nella cassa ...
Eppure dalla sconcertante impossibilità che rischia pure di diventare un alibi, è stato sufficiente rendersi conto che un ragazzo, uno che non conta nulla, ha 5 pani e due pesci ... È da lì tutto si moltiplica ...
Non so se è chiaro, è stato sufficiente a Gesù raccogliere la disponibilità alla condivisione di un ragazzo, perché quel gesto si potesse moltiplicare e la condivisione ha sfamato tutta quella gente, tutti hanno trovato un posto per sedersi e la cassa delle monete non ne ha assolutamente risentito.
Questo segno del pane entra nella vita dei discepoli e di tutti come esperienza che insegna a non rifiutare mai, nemmeno di fronte alla impossibilità evidente e giustificata la condivisione come modo di essere rispetto a tutti gli uomini.
Quando condivido si moltiplica la possibilità insperata e tutto trova la giusta corrispondenza.
Ed ecco che quel gesto di un ragazzo è la soluzione per la fame di tutti e anche per il desiderio di Gesù di condividere se stesso con tutti gli uomini.
Il pane del cielo non è un semplice dono che viene dal Padre, non è come la manna data nel deserto, ma è un cibo che nutre la vita e la rende capace di essere come quella di Gesù.
È un pane che ci fa bene, che ci costruisce nella condivisione e nella comunione. Ci deve aprire al dono di noi stessi, al superamento dei nostri fini e scopi, all'egoismo delle nostre insicurezze.
Chi fa la comunione, non può chiudere le frontiere a chi chiede pane, giustizia e una possibilità di vita ...
Questo pane del cielo non è il pane che conserva per la vita eterna, ma che trasforma la vita attraverso l'esperienza dell'amore e per questo è vita eterna ...

sabato 28 luglio 2018

Geremia 7,1-11 e Matteo 13,24-30
Il nostro nemico ...

Nella più totale assenza di responsabilità (mentre tutti dormivano), il suo nemico seminò la zizzania in mezzo al buon grano. Non un nemico, ma il nemico (quello in senso pieno) appare improvvisamente per mescolare con il seme la sua zizzania. Così come nel libro della genesi nel primo capitolo, tutto è cosa buona e anche molto buona, al capitolo terzo, inaspettatamente si autoafferma il divisore (satana), il serpente, e il male fa la sua comparsa contestualmente a ciò che è buono, è tutto si disorienta, potremo dire che tutto impazzisce. Il bene e il male, verità e menzogna sono molto simili (Silvano fausti), devono essere convincenti e attrattivi, altrimenti, "perché aderirvi?"
Ma in principio ogni cosa è buona, non possiamo dimenticarla, all'origine di tutto c'è la Parola che seminata produce il suo frutto di bene e di verità; tutto questo è il regno dei cieli. Ma il nemico, un non amico porta il suo non bene, la sua menzogna e c'è la offre come nuova prospettiva di esistenza. Ma non è un amico, non ci porta il bene, non ci rivela la verità ... 

venerdì 27 luglio 2018

Geremia 3,14-17 e Matteo 13,18-23
Ruba ciò che è stato seminato nel cuore...

Raccontare la Parabola del seminatore, per Gesù significa, avere messo il seme della Parola nel cuore di chi ascolta.
È a partire da questa particolarità dell'ascolto della Parola che ciascuno può intendere l'efficacia della Parola. Seminare nel cuore significa collocare la Parola e la sua fecondità nella vita di ogni giorno, nell'intimità della nostra esistenza; significa riconoscere e assicurare alla Parola una priorità rispetto a molto altro ...
L'azione del maligno è di separare la Parola, dividerla dalla nostra vita e trasformarla in un imparaticcio.
Peggio ancora quando oltre a separare, li maligno ruba il seme e la Parola.
Un discepolo senza il seme della Parola è come un terreno sassoso, sterile come una strada, infecondo come le spine.

giovedì 26 luglio 2018

Geremia 2,1-13 e Matteo 13,10-17
Mi ricordo di te ..

Queste parole di Geremia tradiscono il cuore di Dio verso il suo popolo Israele, e verso ogni uomo per sempre. Dio sempre si ricorda di te, anche se la fragilità dell'uomo lo porta ad abbandonare il Signore, che è sorgente di acqua viva, e a scavare altre cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua. Ma questa condizione non è solo frutto di un rifiuto, essa rappresenta il cuore dell'uomo, di fronte a Dio, a causa della propria fragilità nell'amore. Dio invece si ricorda di te, perché ti ama di un amore inesauribile. Le parole di amore di Dio sono come le parabole del Vangelo: esprimono un amore assoluto è geloso, ma un amore che per non possedere l'altro è disposto anche al l'incomprensione e alla dimenticanza.
Amare il Signore, per quanto può sembrare una utopia o un esercizio di fantasia, rappresenta in modo esemplare, per esercitare la nostra umanità nel superare la fragilità di amare, vincendo gli egoismi e le immaturità, e recuperando quella libertà che sola ti permette di amare gratuitamente.

mercoledì 25 luglio 2018

2 Coronzi 4,7-15 e Matteo 20,20-28
Festa di San Giacomo Apostolo
La vita di Gesù nella nostra carne ...

Un tesoro in vasi di argilla ... con questa immagine, Paolo, descrive la relazione tra Gesù e il discepolo;   ma superando l'immagine, non semplicemente dei contenitori, che vengono riempiti della vita di Gesù; egli insegna a fare esperienza della straordinaria condizione di chi accoglie nella fede Gesù e fa della vita la condizione dell'essere discepolo. La relazione con il Signore è partecipazione alle sua vita, alla sua passione, alla sua morte e alla sua gloria.
Nella stessa condizione di chi beve il calice, si assume il contenuto, la vita,stessa del Signore data nel segno del suo Sangue.
"Potete bere il calice che io bevo ..."
Quel calice lo beviamo nel segno dell'Eucaristia, ma molto efficacemente lo beviamo facendo la volontà del Padre.

martedì 24 luglio 2018

Michea 7,14-20 e Matteo 12,46-50
Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli ...

Questa spiacevole circostanza che vede Gesù a confronto con la sua famiglia, rappresenta per i vangeli un momento altamente auto rivelativo, attraverso il quale riconosciamo la relazione nuova che nasce dalla fede e dal Vangelo.
Se in un primo momento prevale la comprensione del contrasto tra Gesù e la sua famiglia (sono venuti per riportarlo a casa, per loro Gesù è causa di scandalo, di imbarazzo) il Vangelo da notizia di come Gesù riqualifica il vincolo di sangue cioè un vincolo inalterabile con la relazione che si genera attraverso la fede e la parola: la comunità dei credenti ("tese la mano verso i discepoli") sono fratelli, sorella e madre ben oltre la condizione affettiva o di sangue, ma per ciò che realizza la volontà del Padre.
Il fare la volontà di Dio supera quindi l'aspetto morale dell'agire per assumere la conseguenza relazionale della comunità stessa; d'altronde cosa chiediamo ogni giorno nel ripetere il Padre Nostro? Non chiediamo di fare la volontà del Padre? Che forse significa vivere attraverso quella volontà di amore e vita nuova che e la vita di Dio.

lunedì 23 luglio 2018

Ezechiele 34,11-16 e Giovanni 10,11-18
Festa di Sant'Apollinare patrono dell'Emilia-Romagna
Conosco le mie pecore ...

A chi ha l'animo da mercenario, non gli importa delle pecore. Chi ha l'animo del mercenario ... Non occorre cercare troppo lontano da noi. Quando l'ideologia prende il sopravvento rispetto alla carità, anche i battezzati, da immagine del pastore bello (il buon pastore) si trasformano in mercenari, disposti anche a sacrificare la vita di quelle pecore che non sono riconosciute del proprio ovile.
Il buon pastore da la vita per le pecore ... le sue pecore e anche per quelle che non sono del suo gregge. Lui è il buon pastore, ma anche l'unico pastore ...
È la relazione con lui che ci costituisce in unità, e che ci fa scoprire e valutare in modo migliorativo la comunione del gregge.
Quando anche nelle pecore è preferibile al buon pastore un mercenario, che persegue un fine di parte e non generato nell'amore e nella carità, quelle pecore non rappresentano il gregge delle pecore del buon pastore, ma solo un branco di pecore che coltivano una ideologia neppure umana, semplicemente divisiva ... si potrebbe dire diabolica, cioè di colui che divide, e che impedisce l'unità e la comunione all'unico pastore.

domenica 22 luglio 2018

Geremia 23,1-6 / Salmo 22 / Efesini 2,13-18 / Marco 6,30-34
Raccolti attorno a Gesù?

Nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (La gioia del vangelo), papa Francesco ricorda come deve essere la missione della chiesa di oggi.
Annunciare e predicare.
Al n. 15 dice: “Bisogna non perdere la tensione per l’annuncio a coloro che stanno lontani da Cristo, perché questo è il compito primo della chiesa … È necessario passare da una pastorale di conservazione a una pastorale decisamente missionaria”.
Uscire.
Al n. 23 dice: “È vitale che oggi la chiesa esca ad annunciare il vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura.
Rinnovamento e cambiamento.
 Al n. 27 dice: “Ogni rinnovamento della chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale”.
Azione e reazione.
Al n.49 dice: “Preferisco una chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”.
La preoccupazione di Gesù.
Dopo essere stati inviati, i discepoli si trovano attorno a Gesù, anzi lui stesso mi conduce in disparte perché possano raccontargli con loro esperienza.
Occorre trovare lo spazio e la tranquillità per poter raccontare al Signore come noi stessi oggi viviamo il nostro essere missionari.
La missione non è scontata, la fatica non è evitata ma ... occorre realmente che ci ricollochiamo nella missione. Per fare l'esperienza di tornare al Signore per raccontargli che cosa ci è accaduto. Cosa abbiamo visto come abbiamo collaborato nel realizzare l'opera di Dio.
In queste settimane estive, nei campi si sperimenta la missione rispetto a una realtà estremamente refrattaria all'idea di Dio.
Quando non è più sentita la scelta cristiana come scelta di vita, ma solo come un aspetto puramente istituzionale, quindi non incidente rispetto alla vita. La Fede si trasforma in ritualità.
Il cristiano battezzato trova il suo senso nel mondo quando esprime il suo carisma missionario.
La progressiva scristianizzazione delle nostre terre e dei paesi europei, non deve essere l'alibi per il disimpegno e per la rinuncia all'evangelizzazione, alla missione.
Se nella Francia postmoderna lo scorso anno solo 82 sono state le consacrazioni sacerdotali, questo rapporto numerico così svantaggioso ci parla di una fede ormai esigua, ormai estinta nella popolazione francese e ci prefigura il rigetto rispetto al senso religioso e di Dio. Di fronte a tutto questo, ogni rinuncia ad evangelizzare significa assecondare la distanza e allontanamento dell'uomo da Dio.

Di fronte a tanta difficoltà ... Il discepolo come il maestro, non può che sentire compassione.
Guardare la realtà con compassione ... Stare accanto alle persone con compassione, non evitare la loro fatica ... "Sono pecore senza pastore ..."
Il di più che è il valore cristiano non lo si aggiunge se non attraverso l'esperienza della compassione. Ciò che permette il contagio della "buona notizia" non è la ragionevolezza, o il fascino istintivo, ma la compassione.
L'insegnamento di Cristo trova una fortissima sintonia e corrispondenza rispetto all'umano, alla identità della persona; questa sinergia è possibile per "compassione".
La mancanza di umanità, l'intolleranza, la chiusura e l'egoismo come valori dilaganti; la mancanza di senso civico, mettono a nudo una società le cui relazioni si fondano sulla autosufficienza e sul raggiungimento ad ogni costo dei propri fini.
È questa realtà che Gesù oggi guarda con compassione e che, prima di essere mandati in missione, anche noi dobbiamo imparare a guardare con il medesimo stile.

sabato 21 luglio 2018

Michea 2,1-5 e Matteo 12,14-21
... perché si compisse quello che era stato detto ...

Nel Vangelo di Matteo, ma anche altrove, non è raro questa espressione calata all'interno della narrazione e in riferimento alla persona di Gesù: " ... Perché si compisse quello che era stato detto ..."; una espressione a cui segue una citazione della scrittura. Tutto questo  per mettere ben in evidenza che non siamo semplicemente di fronte a una realizzazione di un vaticinio profetico, e neppure alla attualizzazione della Parola Antica; per l'evangelista, la persona di Gesù rappresenta il fulcro di comprensione per tutta la storia che lo ha preceduto, come pure per quella che verrà. La scrittura, la legge, la profezia non hanno nel Signore una spiegazione ma il fulcro di riferimento. In altri termini, la profezia di Isaia sarebbe una bella è neutra espressione o combinazione di parole se non ci fosse il Signore che dà a quelle stesse parole forza e significato attraverso di lui. Ogni parola dell'Antico Testamento è percepibile in una costante tensione al compimento, in cerca di piena realizzazione, cioè di esistenziale concretizzazione.

venerdì 20 luglio 2018

Isaia 38,1-6.21-22.27-28 e Matteo 12,1-8
Non avete letto ... e allora perché non capite?

Nelle parole di Gesù ai farisei risuona in modo forte quel "non avete letto ... nelle scritture ..." Voi che vi ritenete giusti perché osservate fedelmente la legge di Dio ... "Non avete letto?"
Il limite dei farisei,di tutti i tempi è leggere e non capire, o addirittura non voler capire.
Ci sono convenienze che si accompagnano alla nostra vita che ci offuscano la visione delle "cose" vere. Nelle parole di Matteo emerge la priorità che accompagna Gesù nel suo agire: vivere la misericordia come esperienza concreta.

giovedì 19 luglio 2018

Isaia 26,7-19 e Matteo 11,28-30
Ma chi è affaticato e oppresso?

Non è una espressione generica per gli sconsolati e afflitti dalla vita, ma è estremamente puntuale: dopo aver istruito i discepoli e parlato alla gente, Gesù invita a riposare in lui, nella sua parola; ciò che dice è in relazione alla fatica di chi vive per il regno dei cieli.
Prendere su di se il giogo è, per un discepolo, agire nella ricerca della volontà di Dio e certamente farsi carico di una testimonianza non facile per il quotidiano scontro con la realtà del mondo.
Per chi vuole essere discepolo, accettare l'invito a riposare nel Signore non è quindi una semplice conseguenza della fatica, ma è una condizione necessaria per poter veramente imparare da lui, per essere come lui miti e umili rispetto al regno che viene.

mercoledì 18 luglio 2018

Isaia 10,5-16 e Matteo 11,25-27
Lo sguardo di Gesù sulla realtà ...

Alla fine di questo capitolo, dopo aver ascoltato i contenuti nella missione, della identità dei discepoli, dopo aver fatto proprie le indicazioni date ai dodici; dopo aver esternato in modo risoluto anche la sua amarezza circa la scarsa ricezione del nuovo annuncio, l'evangelista, o chi per lui, raccoglie in queste poche frasi la reazione intima del Signore, e il suo sguardo circa le persone, i discepoli e l'opera del Padre.
Non è uno sguardo rassegnato e neppure di sconfitta; non è neppure lo sguardo indispettito di un "maestrino" alle prime esperienze educative ...
È lo sguardo del figlio di Dio fatto uomo, è uno sguardo sulla realtà che trasforma ciò che si vede in preghiera; che eleva la contraddizione umana per renderla capace del mistero. Tutto infatti può essere perfezionato dalla grazia. "Forse" la grazia non può modificare lo stato di natura, ma certamente può portare a pienezza ciò che si trova mancante rispetto al contatto con la verità, che è l'amore del Padre.
Tutto si gioca e si comprende nel conoscere il figlio! Questo è vero per quanto è straordinariamente bello e misterioso ... ma per chi crede, queste parole custodiscono tutta la potenza che deriva dalla relazione intima con il Signore. Più questa relazione è essenziale ed è parte della mia esistenza, tanto più queste parole svelano la verità! 

martedì 17 luglio 2018

Isaia 7,1-9 e Matteo 11,20-24
Gli effetti della predicazione ...

Scoraggianti! È la parola giusta per definire gli effetti della predicazione nelle città e villaggi intorno ... Nella lettura continua di Matteo, si intuisce come la predicazione del Signore e l'annuncio del regno di Dio, come un nuovo modo di percepire la relazione con Yhwh e come condizione di rinascita nella vita - il tutto accompagnato dai segni e dai prodigi - non trova la corrispondenza attesa.
Matteo riporta una esternazione quasi arrabbiata del Signore: "E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!"
Forse la nostra ingenuità ci spinge oggi come allora a pensare che alle Parole di Gesù dovesse necessariamente corrispondere una fede piena e illuminata.
Ma in realtà quanto i limiti umani e psicologici condizionano pesantemente la libertà e la progressione dell'atto di fede?
Quanto le parole di Gesù a Paolo - la mia potenza si manifesta nella tua debolezza - ci forniscono il criterio per comprendere la realtà, dove la "vita nuova" nella fede in Gesù, è veramente una condizione che si realizza come grazia.

lunedì 16 luglio 2018

Isaia 1,10-17 e Matteo 10,34-11,1
... quando ebbe terminato di dare queste istruzioni ai dodici ...

Le annotazioni degli evangelisti non sono mai semplici dettagli, esse dicono come il Signore agiva da "maestro" con i discepoli, formandoli e curando la loro identità personale e quella del gruppo; egli li preparava alla "missione"! Ma lo sguardo di Gesù è contemporaneamente anche per la gente dei villaggi e delle città, per la loro vita.
Il contenuto di ciò che Gesù dice ai discepoli, non è semplicemente di carattere sapienziale, è prima di tutto evocativo di una consapevolezza per cui il discepolo fonda la propria vita non su dei progetti ambiziosi, non sulla realizzazione di sé stesso, ma sulla "vocazione", sulla chiamata ricevuta ad essere completamente partecipe del mistero di Dio e della salvezza, cosa che per noi è la Missione della Chiesa.
Il pensiero e la persona di Gesù, sono dirompenti, sono contro corrente e certamente creano contrapposizioni: anche oggi ne abbiamo chiari riscontri. L'amore per il maestro non è affetto o sentimentalismo, è una forza che si radica al cuore delle dinamiche affettive, ma ciò non è una semplice priorità, questa radicalità conforma (cioè da forma e consistenza) la stessa vita.
Non crediamo che diversamente sarebbe facile condividere una esperienza umana ed esistenziale in cui "Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà".

domenica 15 luglio 2018

Amos 7,12-15 / Salmo 84 / Efesini 1,3-14 / Marco 6,7-13
Missione compiuta!

Oggi possiamo dire: "Signore, abbiamo vissuto le tue parole fono in fondo, alla lettera (sine glossa) E abbiamo portato a termine la missione affidata ... Abbiamo proclamato alla gente che si convertisse ... Abbiamo abitato le loro case, liberto dagli spiriti impuri, vissuto la sobrietà ..."
Ma no, Gesù, qui sono tutti battezzati, convertiti, gente buona ... Non occorre mette in atto tutto ciò che dici!
Ma forse non è proprio così ... Ci stiamo auto-convincendo che tutto va bene così?
Non stiamo proclamando di convertirsi al Vangelo, perché noi siamo i primi non convertiti ... che della vita cristiana ne facciamo ciò che vogliamo.
Non viviamo la povertà e la sobrietà, nonostante la crisi economica, ora in verità, abbiamo uno scopo, usare delle nostre ricchezze per noi stessi, assicurarci ad ogni costo un benessere minimo e garantito... Altro che due tuniche ... ne abbiamo tre, quattro ... un guardaroba intero ...
Non viviamo il senso dell'ospitalità, prima di tutto perché non siamo più disposti ad
ospitare qualcuno in casa nostra ... Facciamo i pigiama party, ospitiamo i figli degli amici, ma poi per noi l'ospite è come il pesce: "dopo tre giorni puzza ... "
Per Gesù, l'ospitalità è sacra ed esprime l'esercizio della Misericordia, come accoglienza, amicizia e vicinanza.
Però visto che oggi tra noi, tutti hanno una casa ... Ciascuno vada a casa sua ...
Non riusciamo a scacciare neppure le zanzare, figuriamoci se riusciamo a liberare dagli Spiriti Impuri ... 
Spiriti impuri ... e cosa sono? 
Mica crediamo che lo spurio impuro corrisponda esplicitamente al demonio, o allo spirito del male assoluto ...
Lo spirito di Dio è lo spirito di santità, quello che rende la vita di discepoli desiderosa di corrispondere alla volontà di Dio ... Lo Spirito impuro è quello spirito che abita tanti nostri pensieri ... È lo spirito dell'egoismo, della presunzione, del tornaconto, dell'invidia, della gelosia, della diffidenza, dello scartato dell'altro; è lo spirito delle ideologie politiche e religiose, che plagiano e falsificano la parola del Signore. Lo Spirito impuro impedisce di accogliere Gesù e di testimoniarlo con amore e perseveranza.
Noi Credenti, Ci siamo costruito nidi e ci stiamo garantendo le nostre nicchie: le sicurezze economiche prima di tutto, il buon lavoro e le ferie ...
Lo svago e i divertimenti ... I redditi e le notti bianche, rosa e spensierate e il tutto ... tra un bicchiere di frizzantino, una canna e una pastiglia ...
Compensiamo il bisogno di affetto ma non riusciamo a maturare nella nostra umanità come veri discepoli ... Insaziabili diventiamo pure arroganti, e l'amore non è più un dono dell'altro ma è una pretesa.
Questa però non è una vita da discepolo ... Questa non è la Chiesa di Gesù e neppure il suo popolo ...
Quando il popolo cristiano perde la sua identità missionaria, così come papà Francesco ci sollecita di continuo, diventa un non popolo senza fede, senza speranza di risurrezione e senza desiderio della vita eterna ...
Come è già accaduto per altre nazioni accanto a noi.
Ma d'altronde quando ci si vergogna ad essere missionari, specialmente nelle nostre realtà vicine e prossime, cosa possiamo aspettarci ...
Di fronte a questo Vangelo, conviene ammettere la nostra latitanza circa la chiamata esplicita di andare in missione a due a due ... Con il bastone e un amico ... La missione è fatica, ma è anche condivisione e amicizia fraterna ... Amicizia vissuta con il Signore è con i fratelli.

sabato 14 luglio 2018

Isaia 6,1-8 e Matteo 10,24-33
Eccomi, manda me!

Solo da una intima presenza di Dio nella nostra vita può nascere una richiesta come quella di Isaia: "eccomi, manda me!"
Eccomi ... è la risposta all'esperienza dell'agire di Dio. Eccomi significa: ci sono ...; non mi nascondo ...; conta su di me ...; ho fatto esperienza della tua amicizia, della tua misericordia per me è ore ogni uomo; sento risuonare nel mio intimo le tue parole, che scuotono, sostengono, rimproverano, consolano ... Proprio quelle parole sono come il mio nome pronunciato dalla tua bocca ... Quando mi chiami io rispondo Eccomi!
Non è certo facile, ma è più forte l'attrazione delle tue parole che la ritrosia della mia vita.
... Manda me! Non solo la disponibilità ad essere a servizio della chiamata, ma quasi una richiesta per partecipare all'opera delle Tue mani, Signore.
Imparare queste parole di Isaia, permette di educare la vita ad essere espressione di discepolato; permette di ascoltare le Parole del Maestro senza essere feriti dalla loro forza e di sentirsi spronati ad uscire dai nidi di sicurezza e "belle cose"  che ogni giorno la nostra debolezza e fragilità ci porta a rafforzare.

venerdì 13 luglio 2018

Osea 14,2-10 e Matteo 10,16-23
Chi avrà perseverato, sarà salvato ...

Una strana pericope quella del Vangelo di oggi; facilmente si potrebbe cadere nella suggestione di un profetismo che descrive situazioni e vicende dei nostri giorni. Non credo sia questa l'intenzione dell'evangelista, cioè mettere paura e angoscia in un discorso che vuole invece rendere consapevoli rispetto alla missione.
Infatti, perché non comprenderlo come un invito a non scoraggiarsi mai! Mai scoraggiarsi perché la missione, cioè l'annuncio del Vangelo, non sarà mai una esperienza facile, ma sarà sempre comunque garantita, in quanto opera di Dio. Non bisogna scoraggiarsi o indietreggiare rispetto anche alle più dure ostilità che derivano da quelli di casa tua (e Gesù ben conosce queste difficoltà). Al discepolo è chiesto di perseverare cioè di mantenersi fedele e costante nel proprio impegno, nella propria azione per il Vangelo; per cui la salvezza non sarà il premio per la costanza nel perseguire un progetto, ma sarà la conseguenza della pienezza del Vangelo, che annunciato e vissuto dischiuderà alla vita eterna e al mistero di amore di Dio.

giovedì 12 luglio 2018

Osea 11,1-9 e Matteo 10,7-15
Quando lo stile è importante

Quale è lo stile missionario? Come si comporta chi è "Chiesa in uscita"?
Proprio perché non è semplicemente uno slogan, il discepolo deve capire il significato di certe espressioni che il magistero della Chiesa ci consegna per la vita di tutti i giorni.
"Strada facendo" lascia intendere un camminare insieme, lascia intuire l'accostarsi al cammino di altri. Tutti siamo in cammino, magari non con la stessa certezza della meta, ma ogni persona cammina nello scorrere del suo tempo; è in questa dimensione che la Chiesa è in uscita quando si accosta nel cammino. Non si avvicina per fare la capofila - quel ruolo è di Gesù Buon Pastore - ma per "predicare, che il regno dei cieli è vicino; ... guarire gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni".  Questa immagine è grandiosa, perché esprime quale sia la missione del discepolo: fare di tutto per strappare i fratelli dal male e dalla morte. Chiesa in uscita non è uno slogan di "dottrina sociale" ma la Chiesa viva e attiva per la salvezza di ogni uomo, non solo dei "battezzati", dei credenti, o dei parrocchiani. Salvare prima di tutto è amare, non indottrinare.

mercoledì 11 luglio 2018

Proverbi 2,1-9 e Matteo 19,27-29
Festa di San Benedetto patrono d'Europa
... allora comprenderai il timore del Signore

Ciò che oggi non si comprende, soprattutto per chi è giovane, è il valore della vita eterna. Dopo aver esorcizzato, cioè allontanato da noi la morte e la paura di morire, tutto viene focalizzato nella qualità della vita espressa tra piacere e divertimento; ricchezza e soddisfazione dei desideri. Tutti siamo un po' illusi di spendere tutto il nostro tempo nel raggiungimento di una felicità che si concretizza completamente nella realtà è nel tempo della nostra vita.
Mi piace molto il tono è la risposta di Gesù ai discepoli: "avrà in eredità la vita eterna!" Ma se questa eredità non è quella desiderata? Meglio 100 volte tanto in tutto ciò che ci interessa ...
Gesù, sembra proprio conoscere l'uomo nella sua più intima psicologia, per cui la sua risposta - da comprendersi nella conoscenza del mistero di Dio - significa che la scelta di seguirlo, cioè di spendere la propria vita con tutto ciò che rappresenta, per Lui e per il Vangelo, non è una scelta motivata da un interesse o una convenienza. Quella scelta, infatti, si muove nell'ordine di darle un valore cento volte superiore rispetto a ciò che si lascia, e permette la conoscenza del mistero di Dio: la vita eterna. Chi sceglie Lui, abbraccia, con fiducia, tutto ciò che il mistero di Dio permette di intuire ...

martedì 10 luglio 2018

Osea 8,4-13 e Matteo 9,32-38
La fatica dell'annuncio

La sintesi del ministero di Gesù e dei discepoli è estremamente efficace: cammino, insegnamento, annuncio, guarigioni, esorcismi ... Gesù è completamente assorbito dalla missione di incontrare l'uomo per condividere attraverso "il regno" la stessa vita di Dio che è salvezza. Tutto l'agire di Gesù è finalizzato alla salvezza.
Cosa significa salvare l'uomo se non riportarlo nella consapevole esperienza dell'amore del Padre che da la vita, quella vera, eterna. Il segno più esplicito di questa missione è la vittoria sul male, sul demonio; il male ci sottrae alla vita eterna, ci fa perdere il gusto della vita. Come si fa a condividere l'amore del Padre? Non certo con delle semplici parole, seppur belle, ma attraverso quella compassione che Gesù prova per la gente che ha intorno. L'amore è partecipare delle loro sofferenze e malattie; l'amore è condividere la vita quotidiana; l'amore è vincere il male che logora le aspettative di bene; l'amore è spendere se stessi ... consumarsi per il bene dell'altro. Tutto questo ha un costo umano grandissimo; per questo occorre pregare, perché sia abbondante il numero di coloro che sentono compassione di fronte a una folla che cresce continuamente.

lunedì 9 luglio 2018

Osea 2,16-22 e Matteo 9,18-26
Ci prende la mano ...

A chi di noi non piacerebbe che il Signore prendesse la mano e sollevandoci dal torpore della quotidianità ci conducesse nel deserto per parlare al nostro cuore.
È in queste immagini di prossimità che la rivelazione ci manifesta come il mistero del "Dio con noi" è sponsalità; come la salvezza dal peccato, dal male e dalla morte è sponsalità; cioè viene donata attraverso un vincolo esistenziale in cui la vita di Dio si lega indissolubilmente alla vita degli uomini.
La profezia di Osea, è immagine di un innamorato alla pazzia; che rapisce l'amata per  farla sua sposa per sempre. Si tratta di una esperienza di totalità, che non conosce sconti e neppure fasi intermedie di parzialità, è un amare per sempre. Nella vita cristiana occorre abbandonarsi alla fedeltà del Signore.
Il Vangelo lo possiamo rileggere nella duplice immagine come lo sposo che salva la sposa. Come il vincolo di amore permette di riconoscere sempre nell'amata colei che merita i doni più belli: la pienezza della vita. Non importa la derisione, ciò che conta è la sua mano nella nostra.

domenica 8 luglio 2018

Ezechiele 2,2-5 / Salmo 122 / 2 Corinzi 12,7-10 / Marco 6,1-6
E si scandalizzavano di lui ... Una necessità!

In più occasioni Gesù sperimenta il rifiuto: delle autorità; degli scribi e farisei; della sua gente, la sua famiglia; dei pagani dall'altra parte del lago ... Il rifiuto sembra fare parte della progressiva rivelazione della sua missione, anzi del progressivo affermarsi della messianicità e dell'incarnazione; del Dio con noi.
Assistiamo a tre sviluppi:
Lo scandalo dei suoi, della sua famiglia ... 
Questo è lo scandalo che dobbiamo superare ogni giorno, noi, che gli siamo intimi, la sua famiglia ... Battezzati, credenti, religiosi e consacrati ...
Come allora, anche per noi oggi è difficile accettare un Dio così concreto e umano, un Dio che non si nasconde dietro la teologia e i dogmi ...
Lo scandalo della Parola fatta carne ... È lo scandalo di Dio che diventa uomo e incontra l'uomo nella vita quotidiana. È lo scandalo per chi vede Dio solo nelle liturgie e nei riti, ma non lo vede nei sacramenti della vita, e nella vita stessa.
Lo scandalo di un Dio che abita tra gli uomini ... Era scandaloso a quel tempo, figuriamoci oggi; Dio che vive nella prossimità!
Oggi questo Dio è talmente scandaloso che rischia il confino, la marginalità, l'insignificanza e irrilevanza sociale e culturale. Se allora era respinto perché era di Nazareth, e "da Nazareth non può venire nulla di buono"; oggi è respinto perché è il Dio dei profughi, dei poveri, dei diversi, degli scartati, di papa Francesco, di una Chiesa missionaria e continuamente ospedale da campo. 

sabato 7 luglio 2018

Amos 9,11-15 e Matteo 9,14-17
I monti stilleranno il vino nuovo ...

La prospettiva di riscatto di Amos lega insieme il compimento escatologico (finale) - "In quel giorno rialzerò ... Ecco verranno giorni ..." - e l'agire della volontà di Dio attraverso e nella storia umana - "Muterò le sorti del mio popolo Israele, ricostruiranno le città devastate e vi abiteranno ..."-; è come affermare che Il compimento finale è anticipato nel rinnovamento e nel riscatto che Dio predispone come storia della salvezza.
Ecco che la storia di salvezza si rivela in ciò che si rinnova. Per questo il discepolo non può temere il processo di rinnovamento, quando questo, nella fedeltà alla Parola e alla Tradizione della Chiesa reinterpreta i tempi e li amore a strade diverse dal passato o dalle consuetudini. Questi sono i "monto che stillano vino nuovo ...";  è l'esclusione dei rattoppi nella vita cristiana; è fidarsi della forza del vino nuovo e predisporsi al cambiamento. Quando il Vangelo nella nostra vita perde la forza del vino nuovo, è diventato già aceto ... Diversamente si è di fronte al nuovo che avanza!

venerdì 6 luglio 2018

Amos 8,4-12 e Matteo 9,9-13
Manderò la fame ... la fame della parola

Il profeta Amos descrive la vita del suo tempo come un cumulo di contraddizione, tempo in cui si è dimenticato il sacro; tempo in cui prevalgono gli interessi legati al denaro; tempo in cui la dignità del povero e dell'indifeso viene calpestata con naturalezza, come se fosse cosa ordinaria. Tempi come questi sono tempi di fame, ovvero di carestia della Parola del Signore. A questa fame non è detto che corrisponda il desiderio di ciò che può saziarla, ma questa fame serve a Dio per ricondurre l'uomo all'ascolto ... All'ascolto del proprio cuore, all'ascolto della vita nel vociare di tutti i giorni, all'ascolto di quella parola - che fatta carne - non è parola di Dio calata dall'alto, ma è la parola che accompagna il quotidiano. Proprio in questa condizione di vita possiamo comprendere la "chiamata" di Matteo (di Levi il pubblicano). Levi è la risposta alla Parola che è chiamata a conversione ed esperienza di misericordia.

giovedì 5 luglio 2018

Amos 7,10-17 e Matteo 9,1-8
Non ero profeta né figlio di profeta ...

... Il Signore mi prese, e mi chiamò ... Il signore mi disse ... La vocazione di Amos rappresenta una emblema dell'esperienza profetica: nessuno si auto proclama profeta del Signore, nessuno può parlare le parole di Dio se non chi le ascolta perché Dio stesso gliele dice ... La profezia per Israele è luce al cammino del popolo e rivelazione della volontà di Dio nelle vicende della storia che lo stesso popolo vive. Oggi giorno la profezia non è estinta, ma la profezia è parte della condizione battesimale del popolo di Dio. Forse, lo è appunto solo nella condizione battesimale. Ma quando la Chiesa e ogni battezzato si pongono in Ascolto della Rivelazione, le stesse "Parole" della Chiesa e del battezzato risuonano nella storia contemporanea sono profetiche. La profezia  infatti, oggi, nasce dall'ascolto ... e chi ascolta è chiamato dal Signore, coinvolto a partecipare alla storia di salvezza. La profezia rende consapevoli che la storia umana è storia della salvezza. C'è quindi da essere contenti della condizione profetica! Non stiamo parlando di archeologia biblica, ma della "chiesa nel mondo contemporaneo" e di come non tradire la chiamata profetica.

mercoledì 4 luglio 2018

Amos 5,14-24 e Matteo 8,28-34
Le strade sbarrate ...

Il brano dei demoni e della mandria di porci, se a un primo approccio potrebbe sembrare un racconto completamente redazionale, e anche un poco di fantasia, in realtà porta in estrema evidenza lo scontro tra Gesù e il male, il divisore, colui che può rovinare la vita dell'uomo.
Due posseduti, due ossessi ... due uomini che, posseduti dal demonio, appartengono a quella esperienza di morte che annulla il senso positivo della vita (uscendo dai sepolcri ... Impediscono il cammino ). Nel brano, assistiamo a un esorcismo, alla liberazione dal male (sei venuto a tormentarci ... prima del tempo). 
Il figlio di Dio, il risorto, venendo nella nostra parte, nel cammino che accompagna il nostro quotidiano, compie un esorcismo esistenziale ... È la sua presenza nella vita che ci libera dal l'ossessione del male e della morte. Questa liberazione si accompagna ad una accoglienza radicale e vera nella fede, della sua persona, ogni tentennamento è simile a un invito ad allontanarsi dalla "nostra parte".

martedì 3 luglio 2018

Efesini 2,19-22 e Giovanni 20,24-29
Festa di San Tommaso Apostolo
Toccare Gesù!

Tommaso non era presente e non ha voluto credere; voleva toccare i segni della passione ...
Ci sono situazioni, pure oggi che ci permettono di toccare i "segni della passione". La sofferenza, la malattia, l'ingiustizia, le offese alla dignità dell'uomo, tutte queste situazioni ripresentano la condizione dei parimenti del Signore, e ci riportano allo sguardo la passione di Gesù. Voler toccare, oggi non significa dubitare, ma significa avere compassione, condividere con umana tenerezza. Toccare è oggi, più di ieri, un segno di carità che nella fede di chi la vive, incontra anche il Cristo risorto e vivo, ma con i segni della passione nel suo corpo glorioso. Il costato trafitto e i segni dei chiodi, ci rendono attuale il sacrificio che ci ha salvato, la cui efficacia è per sempre. Gesù dice a Tommaso di toccare, per rendere la sua fede capace di quel mistero di gloria e di passione proprio del suo corpo ... Gesù oggi ci dice di toccare e di farlo con la stessa fede di Tommaso ... Ci dice di toccarlo nelle sofferenze e ingiustizie del nostro quotidiano, nell'abbraccio con chi soffre, con chi è malato, con chi è privato di dignità ...

lunedì 2 luglio 2018

Amos 2,6-15 e Matteo 8,18-22
La realtà e ... infedeltà 

La profezia è diretta e senza ambiguità; la profezia diviene e permette un processo che rende esplicita la distanza che mettiamo con Dio; essa permette di cogliere la sfrontatezza e disumanità, la corruzione, il disfacimento dei valori e del senso della vita. Amos quindi non si limita a denunciare l'infedeltà del popolo e la condanna di Dio, ma mette pure in evidenza le conseguenze dell'infedeltà e della condanna di Dio.
Essere discepoli di Gesù, apporta alla realtà un di più insperato, di conversione e di rottura. Il discepolo rappresenta l'inquietudine per chi attende il cambiamento, un discepolo non si siede mai pacifico e appagato attendendo il domani, il discepolo come il maestro non ha un sasso dove posare il capo. Il discepolo rappresenta la risolutezza delle scelte, non si avanza per compromessi, ma per capacità di lasciare qualcosa, anche ciò che che è un vincolo che ci legano alle persone e alle cose.

domenica 1 luglio 2018

Sapienza 1,13-15; 2,23-24 / Salmo 29 / 2 Corinti 8,7.9.13-15 / Marco 5,21-43
Quotidianità con il risorto!

Non solo miracoli e segni, non solo discorsi e insegnamenti. I vangeli, nel proporci la la narrazione della persona di Gesù, hanno comunque una grande cura nel raccontarci la quotidianità della sua vita. È in questo scenario che scopriamo in cosa consista la quotidianità anche per Gesù; scopriamo una vita di tutti i giorni fatta di relazioni, di incontri, di umanità!
È ciò che ci racconta in questo capitolo quinto l'evangelista Marco, mettendo in risalto non solo l'evento straordinario del miracolo, ma soprattutto le reazioni umane.
È così scopriamo come il toccare Gesù, l'essere toccati da Lui, corrisponde anche a un lasciarsi toccare il cuore. È un mettere completamente in relazione  la propria umanità.
Sentimenti e situazioni di vita di un padre la cui figlia è gravemente malata,  in fin di vita, entrano in contatto con i sentimenti e la persona di Gesù. Una donna umiliata da tanti raggiri, ormai stanca di chiedere ancora consulti ed aiuti, tenta furtivamente di garantirsi la guarigione, ma quel toccare il Signore è come una accusa: "non fai nulla per me ..."
Di fonte a questa vita quotidiana, il toccare di Gesù è volersi coinvolgere. Tutto ciò supera il fare un gesto straordinario; è un toccare in profondità, è un toccare il cuore di un padre disperato, è il toccare il cuore di una donna frustrata, è il toccare il nostro cuore e generare un affidamento a lui che diviene progressivamente fede. La vita quotidiana è il luogo della relazione con il Signore. È la quotidianità lo spazio nel quale nell'incontrare Gesù, la fede, ben lungi da un ragionamento a da una adesione formale, diviene condizione di salvezza: "desidero essere salvato dall'amore di Gesù".
È in questo ordine di esperienza che è possibile il cambiamento, la conversione della vita; proprio perché la relazione con il Signore, l'incontro con lui tocca la mia umanità, se mi lascio toccare ... E di conseguenza Gesù stringe un vincolo profondo ed intimo che è "fede".
Se tutto questo è vero per una esperienza concreta, dove Gesù è percepito nella sua umanità storica e incarnata, quanto più deve esserlo alla luce della risurrezione.
Per noi oggi il toccare di Gesù, il lasciarci toccare e il volerlo toccare è riferito al Gesù vivo, risorto e glorioso.
La nostra quotidianità non può fare solo memoria dei fatti del passato; ma essendo come l'altra sponda del lago, l'altra sponda del tempo e del mistero, deve essere il luogo in cui il risorto, toccando, ci porta a riconoscere nella fede il modo in cui vogliamo e possiamo vivere.
È il risorto che entra in relazione con la nostra quotidianità, non un ricordo di altri tempi. È il risorto che tocca a nostra umanità, che ci tocca nel profondo, non si tratta di gesti scaramantici o rituali che invocano una salvezza: noi oggi siamo toccati dal risorto cioè dalla salvezza.