sabato 30 giugno 2018

Lamentazioni 2,2-19 e Matteo 8,5-17
Non ho mai visto una fede così grande ...

La fede e la vita sono strettamente connesse, non esiste una fede imparata sul testo di catechismo, ma esiste una fede che trova nella vita lo spazio del suo divenire. Non esiste una vita priva di fede ... Sia che vogliamo, sia che non vogliamo, la nostra vita si appella in un qualche modo, sempre, a una speranza per se stessa, a una qualche espressione di fede.
Anche il mio babbo qualche giorno prima di morire mi disse, che lui aveva più fede di me e di tutti noi, e che non era certo per il numero delle volte che era andato a messa che si sarebbe misurata la fede ... Parole che risuonano non come un giudizio, né come una giustificazione, ma come l'espressione di un dono grande, ricevuto in qualche modo, che non poteva restare nascosto ... Come la fede del centurione, non può restare nascosta, anche se si riconosce non allineata con le convenzioni religiose.
La fede, ben lontana dall'essere una asserzione formale si comprende sempre più come affidamento a Dio nelle "cose" e della vita. Le nostre esperienze umane, di vita, di gioia, di sofferenza, sono lo spazio in cui Dio dimora in noi, e quando è riconosciuto, tutto diviene fede in colui che trasforma le cose molto di più che attraverso i miracoli. É proprio attraverso questa esperienza di fede, che la nostra vita, e anche noi diventiamo capaci di mistero. Esiste uno strano e misterioso intreccio tra fede e malattia, sofferenza e redenzione, grazia e povertà“Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie”.

venerdì 29 giugno 2018

Atti 12,1-11 / Salmo 33 / 2 Timoteo 4,6-18 / Matteo 16,13-19
Solennità dei Santi Pietro e Paolo
La mia Chiesa!

Le porte degli inferi non prevarranno, le potenze del mondo neppure, nulla prevarrà rispetto alla Chiesa di Cristo, fondata sulla roccia che è Pietro.
Questa garanzia vale più di ogni altra assicurazione! Non serve però a darci sicurezza circa la struttura ecclesiale, questa potrebbe anche venire meno. Scandali, tradimenti, corruzione, rappresentano la Chiesa nella sua fragilità: condizione che non solo fa del male all'uomo, ma che è destinata ad essere rigettata dagli uomini e calpestata ... è una brutta copia della Chiesa di Cristo, priva di luce e di sapore. Quando Gesù dice a Pietro: "tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli", afferma qualcosa di straordinario, qualcosa che sfugge alle logiche terrene. Gesù genera attraverso Pietro prima di tutto una comunità di fede e di amore; istituisce una Chiesa come popolo fondato sulla fede in Cristo risorto; non una struttura ecclesiale, una organizzazione una gradualità gerarchica, ma proprio un popolo santo.
Poi, aPietro e ai suoi successori, affida un potere che è solo di Cristo: le chiavi del regno dei cieli: il mistero della vita umana e di quella eterna; della volontà di Dio, come in cielo così in terra; la comprensione del Dio con noi.

giovedì 28 giugno 2018

2 Re 24,8-17 e Matteo 7,21-29
Operatori di iniquità e costruttori di case

Papa Francesco, ormai ci ha abituato a stare nella realtà del mondo con uno sguardo attento a cogliere le sfumature e a mettere sotto controllo le convenzioni formali della vita cristiana. Forse raramente pensiamo che la più grave iniquità è il nostro essere cristiani per il "te' del pomeriggio", che disquisiscono di problematiche religiose senza sporcarsi realmente le mani nella realtà; si può essere catechisti, educatori, ministri dell'eucaristia, cantori, lettori, diacono, preti, laici impegnati ... e non sporcarsi le mani! Essere di quei credenti impegnati, per garantire a se stessi un status sociale e una adesione formale, ma che nulla ha a che fare con la scelta per Cristo, conseguenza della propria vocazione. Invece, “la vocazione cristiana sta tutta qui: vivere uniti a Cristo nella santa Chiesa, partecipi  della stessa consacrazione per svolgere la medesima missione, in questo mondo, portando frutti che durano per sempre”. (Papà Francesco 9 maggio 2018). Questa è la casa fondata sulla roccia! Questo è il credente "che fa le parole che ascolta" e gli evita la mediocrità e il crollo di quanto con uguale fatica a costruito.
La gente, in quel tempo, restava meravigliata di quanto diceva Gesù, noi certamente molto meno, ma ciò non toglie l'entità del medesimo invito a seguire il Signore e dello stare uniti a lui attraverso la Santa Chiesa.

mercoledì 27 giugno 2018

2 Re 22,8-13; 23,1-3 e Matteo 7,15-20
Prove varietali

Effettivamente è vero, è dalla valutazione dei frutti che si afferma o meno la bontà di una varietà frutticola. La bontà corrisponde alla possibilità di moltiplicarla, e quindi di diffonderne la "bontà".
Dopo aver ascoltato questo Vangelo, ci si potrebbe domandare in che cosa consista la bontà dei frutti, quali sono i criteri valutativi. Questi criteri non sono soggettivi, non dipendono dall'impressione o dalla sensibilità personale, ma sono oggettivi. Questi criteri di bontà nel contesto evangelico di Matteo non possono non essere che le Beatitudini che Il Vangelo elenca al capitolo 5. La povertà, lo stile sobrio di vita, l'amore al povero, allo straniero, all'orfano e alla vedova, questo è criterio di bontà.
Il pianto, commuoversi fino alle lacrime per ciò che vivono gli uomini del proprio tempo, la condivisione delle prove e la comunione nella sofferenza, questo è criterio di bontà.
La mitezza, la disponibilità ad accogliere, il non prevaricare, il considerare l'altro come è prima di se stessi, questo è criterio di bontà. La fame e la sete di giustizia, essere voce di chi non ha voce, lottare per i diritti di ogni uomo, questo è criterio di bontà. La misericordia come superamento delle nostre indifferenze, tenerezza e come vicinanza, questo è criterio di bontà. La purezza del cuore, la bellezza di ciò che il cuore vede e genera, l'amore che ne sgorga, questo è criterio di bontà. Agire per la pace, sempre e comunque, sopra ogni interesse di parte, questo è criterio di bontà. La persecuzione a partire dalla testimonianza, l'incomprensione a causa del Vangelo, questo è criterio di bontà.

martedì 26 giugno 2018

2 Re 19,9-36 e Matteo 7,6.12-14
Cose dette ...

Le più antiche tradizioni che ci riportano la persona di Gesù, non sono i vangeli canonici e neppure apocrifi, infatti, ormai è certo che prima di qualsiasi forma scritta, vi sia stata una fonte orale di trasmissione, che lungi dall'essere una rielaborazione teologica in forma scritta, era semplicemente la memoria delle "cose dette" dal Signore, una forma esplicita e diretta del pensiero e delle idee di Gesù. Questi detti si presentano quindi come espressioni dirette come se fossero dei virgolettati che fissano le sue parole al di fuori di ogni contesto.
Il Vangelo di oggi, tanto si assimila a queste "cose dette" ... 
Immagini e parole che esprimono concetti cristallini, che permettono di dare nuova lettura morale alla vita di chi ascolta. Non sono espressioni di giudizio, ma assumono il ruolo di fulcro della idealità sulla quale la persona vive, sceglie e decide nella sua quotidianità.
Non saprei, infatti dare una spiegazione, se non condizionata dallo studio della teologia, circa "le cose sante ai cani o le perle ai porci", ma una cosa emerge: la forza di una immagine che ti porta a vagliare un po' tutto di te, dei tuoi atteggiamenti e comportamenti. E nello stesso modo anche le altre espressioni, le altre "cose dette" diventano altrettanti fulcri esistenziali.

lunedì 25 giugno 2018

2 Re 17,5-18 e Matteo 7,1-5
Esercitazioni visive ...

Ma quale è il vero obiettivo che sostiene il Vangelo di oggi?
È l'esercizio nell'astenersi dal "giudizio ipocrita" oppure è la possibilità di vedere ben oltre, cioè "vedere bene"?
Personalmente, credo che il "vedere bene" sia la finalità di tutta la nostra vita ... La cecità è una tale assurdità per l'uomo, che in più occasioni nei vangeli, dopo la guarigione viene detto ... "Ora che vedi di nuovo... Ora che ci vedi bene, non peccare più!" ... Il vedere ha una diretta implicazione sulla moralità, sulla persona stessa.
Il vedere, e vederci bene, implica una apertura della vita alla grazia di Dio, è la possibilità attraverso i sensi umani di riempirsi internamente della grazia.
Ecco, il vedere permette di interiorizzare, mettere dentro ciò che è fuori di noi.
Vedere un fratello, non è per un giudizio (pagliuzze e travi), e non può limitasi ad esserlo, ma è per metterlo dentro il cuore, per custodirlo nella preziosità della sua esistenza .... Quando una persona, un fratello, è dentro il cuore, si continua a vederlo con amorevole tenerezza.

domenica 24 giugno 2018

Isaia 49,1-6 / Salmo 138 / Atti 13,22-26 / Luca 1,57-66.80
E davvero la mano del Signore era con lui.

Da oggi la mano del Signore sara anche con noi! 
La festa della natività di San Giovanni Battista, interrompe il percorso del tempo ordinario per immettere nella nostra ferialità la bella ed esaltante prospettiva di sentirsi custoditi dalla mano di Dio, di comprendersi parte dei pensieri e dei desideri di amore del Padre che è nei cieli!
La "Parola", oggi, la accogliamo come un dono ... Un bellissimo dono per ciascuno, ma anche l'occasione di una straordinaria scoperta: la profezia.
Che cosa è la profezia? Non è forse la possibilità di descrivere, raccontare e condividere la bellezza del dono di Dio ricevuto fori da ogni aspettativa!
Il profeta Isaia ci descrive Dio nel suo mistero per ciascuno di noi: "il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome". Ma soprattutto Dio è dono di profezia, profezia di un amore grande!
Un dono preparato con tenera cura da sempre ... Uno dono che trova nella storia l'occasione per sbocciare come pienezza di grazia!
Giovanni è il suo nome! Dice Elisabetta, e Zaccaria scriverà e confermerà il nome del figlio sulla tavoletta. Giovanni significa "dono di Dio" oppure "Dio fa grazia" ... Giovanni è un dono che supera ogni attesa e aspettativa; è dono gratuito che vince il limite della natura umana; è il dono della novità che Dio stava preparando per il mondo; è il dono di un vero figlio ed è il dono di un profeta (l'ultimo del tempo Antico e il primo dei tempi Nuovi); è quindi il dono della profezia, della parola di Dio che diventa carne, cioè di quel Gesù, che è: "Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo figlio ..."
Provate a pensare quanto è bello, poter riconoscere il dono nella quotidianità, quando questo dono si manifesta nella vita di tutti i giorni ...
La bellezza ci è donata per essere riconosciuta e perché sia custodiste e fatta fruttifichiate ...
Sapere riconoscere il dono ci rende profetici ... capaci di lode e di gratitudine!
Venerdì alle 17,30 all'Ospedale civile Imola, sull'altare rappresentato dal letto e dal corpo di un caro amico, malato di tumore, abbiamo celebrato il suo matrimonio ... preparato nella vita da circa 25 anni ... Quanta commozione ...  testimoni, compagni di camera, famigliari, personale ausiliario, infermieri ... Un silenzio misterioso e commosso ...
Dio è mistero ... Ma soprattutto Dio è dono e profezia!
Quel matrimonio mi ha dilatato nella possibilità di essere grato a Dio per ciò che ho visto realizzato: la condizione "bella" in cui l'amore di un uomo e una donna non sono solo il progetto di Dio su di loro ... Ma il segno efficace della grazia, un amore che dalla vita nel tempo si ritaglia uno sazio di eternità ... Ciò che ho vissuto venerdì, me ne dà piena testimonianza ... e ne sono grato!

sabato 23 giugno 2018

2 Cronache 24,17-25 e Matteo 6,24-34
Non preoccupatevi ...

Un principio empirico ... L'osservazione della realtà sostenuta dall'amore provvidenziale del creatore. Tutto produce la constatazione che il Padre si cela in ogni cosa creata; ne sostiene l'esistenza, se ne prende cura e conduce tutto verso un di più, cioè verso il compimento. Ma questo Vangelo non si limita a riproporci mediante quelle delicate immagini degli uccelli del cielo e dei gigli del campo la straordinaria esperienza dell'abbandono alla provvidenza; questo Vangelo parte dalla disponibilità del cuore. La provvidenza infatti può radicare solo in un cuore che liberamente e per amore sceglie quel patto di fedeltà che Dio offre nella vita ad ogni uomo.
La nostra vita non è solo tempo e biologia, essa è esistere attraverso un amore sempre più grande che crea reciprocità tra noi e Dio stesso. Un amore che, quando è scelto, supera ogni tentazione partigiana causa della frantumazione del cuore umano, per divenire solo spazio di fedeltà. 

venerdì 22 giugno 2018

2 Re 11,1-4.9-18.20 e Matteo 6,19-23
Accumulare non conviene ...

La prima lettura mostra, nelle vicende della storia di Isrele, come i progetti a volte scellerati trovano completo disfacimento attraverso di altri progetti, forse meno scellerati, ma pur sempre molto umani. È in queste vicende che comunque procede e cammina la storia della salvezza. Essa potrà trovare impedimenti, ma mai potrà essere impedita dal procedere verso il suo fine: la redenzione di tutto ciò che Dio ama.
Il nostro progettare, si presenta come un modo sommerso di accumulare: si accumulano desideri, aspettative ... non solo beni e ricchezze! Lo stile del discepolo è quello di chi non progetta (accumula tesori) sulla terra, perché i nostri progetti rischiano di essere la nostra sciagura. Porre la speranza nel cielo, è tesorizzare, cioè dare preziosità a ciò che è del cielo: la vita eterna, quella di Dio.
Rispetto al nostro destino di gloria, spesso rischiamo di essere amministratori scarsi, che non sanno fare il loro vero interesse. Il primo rischio è di adeguarci alla nostra tenebra interiore, che ci offusca lo sguardo al tesoro che è nei cieli: Gesù stesso alla destra del Padre.

giovedì 21 giugno 2018

Siracide 48,1-14 e Matteo 6,7-15
Voi dunque, pregate così ...

La nostra attenzione si concentra sulle parole del Padre Nostro, ma occorrerebbe invece comprendere che questa "preghiera" vuole esprimere l'espressione corretta del pregare a differenza del blaterare ...
Matteo usa proprio il termine "blaterare" per descrivere il pregare dei pagani. Pregare non è questione di "gran numero di parole" come premessa per essere ascoltati nelle richieste. Pregare è mettersi alla presenza del Padre, che tutto conosce, non per chiedere, ma per essere con il Padre, affinché quel vincolo che esiste tra padre e figli non sia una formalità religiosa o un dato di fatto, ma rappresenti lo spazio dove la vita prende senso, quando ospita il regno, quando è misericordia ed eucaristia, quando è abbraccio ... Sembrano utopie irrealizzabili, ma sono anche il desiderio profondo di ogni credente, che sperimenta la fatica del quotidiano, ma che non si arrende alle difficoltà ... La resa sarebbe la tentazione più facile e anche la rinuncia alla vera preghiera. La lotta è perseveranza ma soprattutto trasformare la preghiera in nuovi processi ... e i processi non sappiamo dove approdino!

mercoledì 20 giugno 2018

2 Re 2,1.6-14 e Matteo 6,1-6.16-18
Ciò che è segreto ...

Quando pensiamo un segreto, immaginiamo una cosa o una situazione che non è, e non deve essere conosciuta, che deve restare occulta. Ma è proprio questo il "segreto di cui parla il Vangelo?
La preghiera, l'elemosina e il digiuno: occasione di crescita nella umiltà e nel nascondimento, certo non nella ostentazione delle azioni che, in quanto buone, possono, se compiute, suscitare il plauso e la gratitudine da parte di altri. In realtà, non credo che il Vangelo, abbia come obiettivo primario la semplice mortificazione. Ma, se il primo referente della preghiera, dell'elemosina e del digiuno è il Padre che vede nel segreto, ogni finalità è proprio individuata in questo spazio segreto; queste "azioni" funzionano realmente come i segreti. Sono efficaci se generano nascondimento, se generano uno spazio esistenziale custodito gelosamente, perché è inviolabile dall'uomo e da Dio. Vissute nel nascondimento con il Padre che vede ... Permettono l'unica vera e necessaria ricompensa: l'amore misericordioso del Padre.
Nella preghiera l'amore misericordioso è vicinanza del Padre; nell'elemosina l'amore misericordioso è capacità di donarsi; nel digiuno l'amore misericordioso è fame e desiderio delle cose del cielo.

martedì 19 giugno 2018

1 Re 21,17-29 e Matteo 5,43-48
La misericordia per sempre ...

Il brano del Vangelo rivela il cuore cuore di Dio: "... egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti".
Forse a noi questo modo di essere di Dio, ci disturba; noi che percepiamo immediatamente la giustizia come giudizio di condanna o salvezza. Per noi risulta importante il giudizio morale, ciò che è buono, ciò che è cattivo ...
Il Vangelo ci dice che Dio non si ferma alla giustizia, al giudizio morale, egli va oltre. Egli procede per misericordia, superando ogni convenzione; per Dio l'unico criterio è l'amore che ha per fine la salvezza dei figli in quanto figli.
La perfezione di Dio, l'arte di amare, non dobbiamo percepirla come un assoluto lontano e inafferrabile, ma come la proposta che oh pugni giorno chiede di essere attuata attraverso la nostra umanità. L'esperienza di amare, non genera semplice gratificazione, ma trasfigura la nostra umanità ferita. Amare ... ridimensiona tante cose e frantuma le nostre durezze. Chiediamo a Padre di poter fare esperienze di amore.

lunedì 18 giugno 2018

1 Re 21,1-16 e Matteo 5,38-42
Capricci di re ...

"Il fine giustifica i mezzi" teorizzava Machiavelli; questo soprattutto per il "Principe" nell'esercizio della potestà regale! La vicenda di Nabot, racconta una storia di uomini che costantemente si rinnova, si ripete: il desiderio delle cose altrui, il capriccio, la prepotenza, l'intrigo e la menzogna ... fino alla complicità nell'omicidio e l'usurpazione dei diritti ... Ecco cosa produce "il fine che giustifica i mezzi"! La storia insegna!
Il cristiano non può stare davanti al suo Signore chiedendo un avvallo sui mezzi ingiusti, o su strutture di peccato per il raggiungimento di un fine; non può farlo mai!
La vita cristiana, e la vita di ogni cristiano, sono lo spazio disponibile per una realtà completamente dissonante rispetto alla norma del mondo. Il Vangelo ci propone una condizione di per se non vantaggiosa, disarmante, è penalizzante: la disponibilità a priori a farci carico del nostro prossimo. Questa disponibilità è conseguenza delle beatitudini, del discorso della montagna; è al cuore di ciò che è nuovo e che può rendere nuova la faccia della terra.
Iniziamo a rendere nuove le cose a partire dalla nostra giornata.

domenica 17 giugno 2018

Ezechiele 17,22-24 / Salmo 91 / 2 Corinzi 5,6-10 / Marco 4,26-34
Un mondo migliore ...

Signore vieni a seminare la nostra terra ... L'idea che vogliamo mettere in noi è proprio questa: "abbiamo bisogno che Dio stesso semini il seme del suo regno, in ciascuno di noi, il seme per un mondo migliore, per poter fiorire come realtà nuova, in cui ognuno possa sentirsi realizzato nel donarsi, e nell'esperienza di amare i fratelli".
Oggi è il giorno delle domande e delle risposte. Le domande nascono dal confronto con una Parola data a noi in immagini, in parabole.
Le risposte ci sono quando siamo disposti a lasciare che il seme di "senapa" possa crescere anche nella terra del nostro cuore.
A chi spetta seminare il regno di Dio? Chi lo vuole realmente attuato? Cosa riguarda questo strano regno?
Oggi la prima constatazione, la più semplice, è che ben pochi vogliono realizzare, dare concretezza storica al regno di Dio. 
Oggi in molti paesi europei - ormai solo di antica tradizione cristiana - ma non solo, sta dilagando un pensiero per cui il mondo migliore è frutto di una realtà sociale che garantisce ai cittadini di quello specifico stato diritti e condizioni di vita ottimali e degne della civiltà umana; ma questi hanno la priorità sugli altri non appartenenti a quello stato e quella popolazione; il principio è: "prima noi poi gli altri, prima quelli di casa nostra poi quelli di fuori".
Era un principio che anche Gesù ha vissuto, quando nella sua missione si è dovuto confrontare con l'esigenza di annunciare il Vangelo prima di tutto alle pecore perdute della casa di Israele ... Escludendo i gentili ... Quelli non ebrei. Questo era il contesto sociale al tempo di Gesù ... Ma ciò che Gesù ha elaborato umanamente come figlio di Dio è stato il superamento di questo principio escludente, riconoscendolo ingiusto e soprattutto contrario proprio alla edificazione del regno dei cieli...
Ecco la questione: l'edificazione del regno di Dio!
Questo regno, oltre a Gesù, chi lo desidera, chi vuole vederlo crescere nella realtà del nostro tempo?
Dobbiamo ammettere che anche noi, pure essendo in un paese - l'Italia - di antica tradizione cristiana, ben pochi vivono il battesimo come condizione che illumina la vocazione della propria vita: siamo dei cristiani non credenti; siamo cristiani per convenzione, per registrazione nell'elenco dei battezzati, ma che non custodiscono in sè stessi il seme del regno di Dio. 
È facile essere cristiani che custodiscono e seminano il seme del proprio regno: il populismo è un seme che si oppone al regno di Dio; le nostre pretese di autosufficienza non sono il regno di Dio; le tendenze "sovraniste" non si conciliano con il regno di Dio; il rifiuto dello straniero, l'indifferenza per le vere povertà, la discriminazione per chi è di una altra etnia o razza non può generare il regno di Dio; lo svuotamento dei valori antropologici come il rispetto della vita, la tutela della famiglia, la libertà religiosa, è svilimento del regno di Dio.
Per Gesù il mondo migliore, potrà essere solo opera di Dio; come una realtà piccola che non sconvolge, che non distrugge, ma che aggiungendosi alla realtà la trasforma e la fa fiorire ... È proprio mettendosi in ascolto della Parola di Dio che ci può rischiare di attuarne la volontà e quindi, forse anche senza volerlo ci riscopriamo nell'atto di realizzare il suo regno.
Il regno di Dio è l'obiettivo primario del discepolo del Signore, del cristiano battezzato, in ogni tempo.
La crescita del regno indipendentemente da noi, dalle nostre possibilità non esprime fatalità, ma afferma la piena autonomia e potestà di Dio di aggiungersi alla storia e al tempo degli uomini per realizzare la loro salvezza attraverso il suo regno. Il regno di Dio è in funzione della salvezza di tutto.
Allora, il regno di Dio è paragonabile al granello di senape ... Quella pianta è una particolare risorsa, è un rifugio, essa casa anche per gli uccelli di cielo; figuriamoci se il regno di Dio non debba essere l'opportunità e la condizione di tutela e difesa del debole dell'oppresso del profugo.
Un cristiano è tale se non si adagia attendendo un regno di Dio che verrà ... Ma che si mette in gioco per l'opera di Dio,  del regno di Dio che viene.

sabato 16 giugno 2018

1 Re 19,19-21 e Matteo 5,33-37
Si, si ... No, no ... prima forma di Parresia

Più volte Papa Francesco ha chiesto ai credenti di esprimersi con Parresia. Essa rappresenta quella parte del discorso che manifesta il rapporto personale di chi parla con la verità. Esprimersi con parresia significa dire apertamente ciò che si pensa e si ritiene vero, anche se questo è rischioso per la propria incolumità fisica o la propria reputazione, compromettendosi in prima persona, senza preoccuparsi delle conseguenze. Una virtù laica, che nasce nell'antica e democratica Grecia e che trova eco anche nel nuovo testamento. Le conseguenze della Parresia, cioè del parlare con franchezza, sono evidenti, "il resto viene dal maligno" che è padre della menzogna.
Le conseguenze della Parresia sono evidenti, non occorre trovare fuori da se stessi qualche appoggio, qualche garanzia ... Non è necessario giurare né per il cielo, né per la terra e neppure per Gerusalemme ...
Oggi la Parresia, oltre ad essere una virtù, può rappresentare l'espressione concreta di uno stile di vita cristiana rispetto agli intrighi, alla compiacenza e a quella falsa equidistanza che annulla le differenze e spegne la ricchezza del pluralismo. La Parresia è l'atteggiamento corretto nell'esprimere la verità, ma non entra in merito e nel giudizio del contenuto della verità.

venerdì 15 giugno 2018

1 Re 19,9.11-16 e Matteo 5,27-32
Perché fermarsi alla presenza del Signore?


Sempre di versa, sempre in affanno, sempre ... sempre ...
Con questo modo di vivere, il pensiero di Dio, diventa una formalità oppure semplicemente una convenzione sociale per il giorno festivo. Occorre invece recuperare l'esperienza di Elia: fuggiasco, perseguitato, sfinito ... Cerca un rifugio, presume di averlo trovato in quella caverna, ma una grotta non può essere la soluzione alla sua fatica, alla sua paura ... Elia viene invitato a uscire per stare alla presenza del Signore.
Stare, sostare ... nel silenzio dell'ascolto ... Sostare davanti al tabernacolo, nel silenzio di una Chiesa vuota, dove tutto riconduce alla sua presenza, mentre un raggio di sole attraverso l'antica vetrata porta quella flebile luce che illumina un mistero: stare alla presenza del Signore rigenera la mia fede in Dio, il mio amore al Padre, la mia appartenenza; sostare alla sua presenza è come scrutare dalla mia soglia l'eternità.
Mi accorgo che sostare alla Sua presenza fa bene alla mia umanità, al mio cuore, ai miei pensieri ...

giovedì 14 giugno 2018

1 Re 18,41-46 Matteo 5,20-26
Pagheremo fino all'ultimo "quadrante"

Se la nostra giustizia non abbonderà più degli scribi e farisei ... Non solo, non entreremo ne regno dei cieli, ma dovremo pagare fino all'ultimo "quadrante".
Questa giustizia abbondante, si misura attraverso le relazioni, è una giustizia che si riveste di rispetto, perdono e misericordia; l'abbondanza della giustizia si misura nel metterla in pratica, nell esercitarla.
Le vicende di questi giorni, sui profughi della nave "Aquarius" non possono non interrogarci sulla giustizia più grande. I giochetti della politica, le prove di forza tra gli Stati, non hanno espresso la giustizia abbondante. Non so come mi sentirei io, se fossi un profugo, respinto, poi usato come arma di ricatto e di forza, ora avviato come un carico di "patate" verso un'altra destinazione"... Non voglio fare politica, ma siamo proprio noi quelli che stanno davanti all'altare senza riconciliarsi con l'umanità che soffre e che spera ... E che attende qualcosa anche da me, che sono il fratello fortunato, quello che ha ereditato la ricchezza ...
Certamente così come chiudiamo i porti, ci sarà chiuso il regno dei cieli ... E forse ci toccherà pure pagare fino all'ultimo quadrante.

mercoledì 13 giugno 2018

1 Re 18,20-39 e Matteo 5,17-19
Ma chi è venuto?

Di fronte alle preoccupazioni di chi lo percepiva come un sovversivo, come colui che avrebbe messo in discussione le tradizioni e la Legge di Mosè, Gesù, mette in evidenza prima di tutto che lui "è venuto" ... Potremo dire che siamo nel tempo della sua venuta.
Poi, il Signore afferma che la conseguenza principale della sua venuta sarà sempre la elevazione di tutti coloro che vivono e insegnano la Legge. Quì non possiamo non considerare che Gesù, ma anche per tutti i veri israeliti, tutta la legge si riassume bel precetto dell'amore a Dio con tutte le forze, il cuore e ma mente e nell'amore al prossimo come a sé stessi.
Ora, Gesù, è venuto da dove? È mandato da chi?
In questa autodefinizione - io non sono venuto per abolire - il Signore rivela di essere il "mandato", sottinteso, da Dio, dal Padre, egli viene dal cielo!
Colui che viene, viene da Dio e non abolisce la legge data a Israele per avere la vita, ma la sua venuta realizza la legge perché tutto, sulla terra, viene portato a pienezza attraverso le "Beatitidini" del regno dei cieli.

martedì 12 giugno 2018

1 Re 17,7-26 e Matteo 5,13-16
Farina, olio ... sale e luce

La Scrittura prende ad esempio figure come la vedova si Sarepta di Sidone per ricordarci che Dio protegge i poveri e ne è il loro difensore. Per i poveri la farina nella giara e l'olio nell'orcio non finirà perché Dio si impegna nel garantirli nella loro vita.
La preferenza di Dio non è affettiva ma è teologica: il povero è icona dell'innocente, dello scartato, di colui che subisce ingiustizia e violenza ... Che si appella alla Misericordia di Dio.
In un mondo globalizzato che produce povertà e indigenza, Dio non è semplicemente dalla parte degli ultimi, Dio è negli ultimi della terra; Dio è nel cuore, nella vita, nella carne di quegli ultimi che ora sono solo considerati "un problema ..."
A noi è ripetuto stamattina: "voi siete il sale della terra e la luce del mondo ...!"
Come credenti e discepoli di Gesù non possiamo rinunciare al nostro compito, non possiamo assumere posizioni politiche e morali dubbie, che se da un lato accampano criteri di legalità e giustizia politica, dall'altro esprimono un uso immorale dell'uomo per fini di propaganda e ideologia. I cristiani hanno solo una morale, quella del Vangelo. Non possiamo definire gli uomini poveri, scartati, umiliati come il problema, invece di riconoscere che sono la conseguenza di un sistema globale che spesso anche noi approviamo. "Occorre porre molta attenzione a non perdere il sapore ... o sopegnere la luce ..."

lunedì 11 giugno 2018

Atti 11,21b-26; 13,1-3 e Matteo 10,7-13
Vedere la grazia di Dio ...

È Mille volte più facile vedere l'opera delle nostre mani, piuttosto che la grazia di Dio! Forse è per questo che la nostra azione pastorale, la nostra vita in parrocchia, le nostre appartenenze ecclesiali le percepiamo spesso come fatica.
Ma la Chiesa non nasce e non si costruisce per autodeterminazione, ma come conseguenza dello Spirito Santo. La Chiesa, sembra proprio nascere e crescere spontaneamente come conseguenza della grazia di Dio: "In quei giorni, [in Antiòchia], un gran numero credette e si convertì al Signore".
Allora verrebbe spontaneo dire: "Non conviene più fare nulla!" ... Facile scorciatoia della nostra umana pigrizia.
Ma così come devo riconoscere la grazia di Dio all'opera nella realtà, devo pure riconoscerla in me come origine di quel mandato che il Signore ha detto a tutti coloro che ha scelto (apostoli e discepoli ... Cioè i mandati) : "Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni."
È con questa disposizione interiore che anche noi possiamo dire: "siamo collaboratori della multiforme grazia di Dio!"

domenica 10 giugno 2018

Genesi 3,9-15 / Salmo 129 / 2 Corinti 4,13-5,1 / Marco 3,20-35
Sana pazzia!

Fin da subito Gesù si è reso conto di come, rispetto alla sua proposta, le reazioni non erano unanimi e positive ... anzi tutt'altro ...
Sacerdoti, Scribi, Farisei e capi del popolo non esitano ad affermare che Gesù agisce in forza del maligno, che è un divisore come satana e che da lui non può arrivare gente di buono, che è un bestemmiatore. Gli stessi famigliari sono sconcertati e lo considerano un pazzo ... Questa per vocazione è talmente evidente che Marco, riporta come il can di famiglia (madre e fratelli) cercano di rendere lui, cioè trattenerlo, catturarlo ...
Ciò che Gesù propone e dice è talmente fuori della convenzione religiosa e sociale che ... È una "roba da matti"!
Per tutti questi, quanto Gesù propone è pazzia, è l'impossibilità di pensare possibile la proposta del Vangelo ...
Loro si sono schierati contro e cercano di escluderlo dalla realtà sociale ...
I poveri in spirito, i miti, gli oppressi, i cercatori di pace e di giustizia ecc ... Tutti questi non esitano a schierarsi a favore di Gesù e a trovare nelle parole di questo maestro una relazione speciale con la stessa opera di salvezza: la volontà di Dio.
La nostra esperienza di fede non può allora non portarci inevitabilmente a chiederci se noi siamo "dentro" (convenzionali, negli schemi) o "fuori" (pazzi rispetto alle strutture umani aperti allo straordinario del cielo); se ascoltiamo la sua parola con quella voracità di chi ha fame di lui oppure se siamo talmente sazi che le sue parole ci appaiono il non senso di ciò che è pratico e reale; se accogliamo il suo spirito che è in noi forza e testimonianza, oppure se lo bestemmiamo?
In verità ogni interrogativo che ci poniamo rispetto al Signore tocca la questione della nostra salvezza ...
Di quel progetto di Dio iniziato nella "genesi" e che anche oggi si dispiega nella contraddizione degli eventi ... ma che non si arrende, non rinuncia a chiamarci a conversione: cioè a una scelta radicale di lui.
Le scelte radicali sono quelle che vanno contro corrente, quelle che non seguono le nostre voglie, quelle che regolano i nostri istinti, quelle che tracciano uno stile esistenziale proprio dei cercatori di beatitudine, di Santa felicità.
Non non abbiamo nulla da nascondere, nella per sentirci inferiori, o nulla per pensarci superati rispetto alla cultura e al progresso umano; la salvezza di Dio attraversa la storia tracciando sempre una via nuova!

sabato 9 giugno 2018

Isaia 61,9-11 e Luca 2,41-51
Cuore Immacolato di Maria
... dopo tre giorni lo trovarono ...

Questa liturgia devozionale, ma non solo, dilata la misericordia di Dio attraverso la maternità universale di Maria. La misericordia è mistero di vicinanza e di partecipazione all'amore che rigenera, all'amore che è la vita di Dio. Il cuore di Maria si è allenato nella vita terrena ad accogliere il mistero e quindi ad essere un cuore indiviso, innamorato, puro ... come il cuore di chi può scegliere di amare liberamente.
La gioia di Giuseppe e Maria, quando ritrovano Gesù nel tempio, è superamento della paura e dell'angoscia di avere perso in modo irreparabile il figlio amato ...
Stranamente è la gioia del giorno dopo il "terzo"; è il giorno in cui Gesù lo si ritrova a partire dalla risurrezione. Effettivamente Maria sperimenta ripetutamente nella sua vita la gioia che deriva dall'intima unione col suo Figlio, con Gesù.

venerdì 8 giugno 2018

Osea 11,1-9 / Salmo 12 / Efesini 3,8-19 / Giovanni 19,31-37
Solennità del Sacro Cuore di Gesù
... Perché si compisse la scrittura.

Tutto si svolge secondo la ritualità delle esecuzioni capitali, per cui ai condannati alla crocifissione, per causarne la morte immediata, e fare finire ogni agonia, venivano spezzate le gambe, e così a breve sarebbe intervenuta ma morte per collasso respiratorio e arresto cardiaco. Ma Gesù è già morto ... Gesù sfugge alla nostra "modalità rituale" e pone alla nostra attenzione la sua morte. Di questo il Discepolo Amato è testimone! Di Gesù la Scrittura rivela il mistero di morte preservata dalla rottura delle ossa (non gli sarà spezzato alcun osso) e alla apertura del suo costato(ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco). La sua morte da esecuzione capitale passa a mistero di salvezza. Se la morte di un crocifisso è un atto infamante, ora la morte di Gesù, crocifisso, è atto di salvezza. Al di là della mistica del Sacro Cuore, il Discepolo Amato inizia a contemplare Gesù in questa prospettiva di salvezza, per cui la sua morte è realmente preludio a sacrificio che libera dalla morte eterna i figli di Adamo.
Nella lettera agli Efesini, la morte di Gesù, viene riletta da San Paolo, alla luce della risurrezione, per cui la sua stessa morte ci permette di ottenere la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. Questo è il mistero cristiano che scaturisce dal cuore trafitto del signore!

giovedì 7 giugno 2018

2 Timoteo 2,8-15 e Marco 12,28-34
Richiama alla memoria queste cose ... e sarai vicino al regno di Dio!
Ancora più oggi, leggere Paolo (prima lettura) apre a una comprensione inedita del l'apostolo, la sua paternità verso Timoteo si carica di tenera responsabilità.
Cosa c'è a fondamento della paternità spirituale di Paolo: il Signore Gesù, non una simpatia, non un sentimentalismo, non una compensazione per la mancanza di famiglia, ma solo il Signore. È il legame con Gesù che motiva la paternità di Paolo verso questo giovane discepolo, a cui l'apostolo ha affidato la comunità di Efeso.
L'esercizio della memoria, non serve alla nostalgia, ma riposiziona circa la solidità delle scelte e della fede: "Certa è questa parola: Se moriamo con lui, vivremo anche con lui;
se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, anch'egli ci rinnegherà; se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso. Richiama alla memoria queste cose, ..."
È importante anche per ciascuno di noi fare questo esercizio di memoria; anche Gesù richiama al giovane scriba (Vangelo di Marco di oggi) la memoria della Legge, attraverso l'Ascolto (del cuore) per mostrargli come, quella Parola rende vicini al regno di Dio! 

mercoledì 6 giugno 2018

2 Timoteo 1,1-3.6-12 e Marco 12,18-27
Chiamati a una vocazione Santa ..

Sono bellissime le parole che Paolo dice a Timoteo, perché non sono una consolazione ma servono per edificarlo.
Spesso noi cerchiamo solo la consolazione, specialmente da Dio, dalla fede, dagli altri. Paolo dimostra a Timoteo l'importanza di trovare pienezza oltre la consolazione.
Cercare di essere nella volontà di Dio, per ravvivare il dono dello Spirito, per prendere parte piena alla propria chiamata, senza titubanze e paure. Paolo ricorda a Timoteo che la sua vita non gli appartiene più, perché è a servizio del Vangelo.
Sarà la testimonianza al Vangelo a mostrare la forza di Dio ... e sarà quella testimonianza che edificherà Timoteo per affrontare ogni prova fino alla fine.

martedì 5 giugno 2018

2 Pietro 3,11-18 e Marco 12,13-17
Conoscendo la loro ipocrisia ...

La nostra ipocrisia rappresenta il limite maggiore per la nostra conversione al Vangelo. Se è preoccupante e insidiosa l'ipocrita degli scribi e farisei, molto più dannosa è quella di un discepolo. Se la prima si misura all'interno delle relazioni sociali, la seconda si annida nella presunzione di giustizia del senso religioso.
L'ipocrisia maggiore la nascondiamo dentro il nome di "cristiano". Dietro quel nome, santo, giustifichiamo tanto delle nostre durezze, tradizionalismi, rigidità ma soprattutto una sorta di legalismo che nulla ha a che fare con l'insegnamento del maestro. Si potrebbe dire: "cristiani fuori, ma dentro siamo un covo di giustificazioni e atteggiamenti che mirano a garantire noi stessi, i nostri privilegi, le nostre posizioni ... anche quelle ecclesiali ..."
L'unico modo per vincere l'ipocrisia è darsi a Dio, così come lui ci vuole ... Pietro nella prima lettura dice: "fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia ..."; e conclude: "Crescete invece nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo."

lunedì 4 giugno 2018

2 Pietro 1,1-7 e Marco 12,1-12
Tanto abbiamo ricevuto ...

Sia la prima lettura come il Vangelo, svelano la nostra vita come lo spazio del dono di Dio. D'altronde non è la vita cristiana un progredire di dono in dono, così come dice Pietro? Dalla fede in Cristo, primo dono, passo dopo passo in un cammino, in una progressione di santità di vita, si raggiunge la meta della carità. È in questo itinerario che anche il discepolo può essere tentato al possesso del dono, o peggio ancora, al rigetto di quel figlio, e di quella vicinanza di Dio che rappresenta il senso di ciò che ti è stato donato.
L'immagine della vigna, di per sé parte da una condizione straordinaria: "ti affido la mia eredità"; "mi fido completamente di te, so che te ne prenderò cura"; i frutti della vigna saranno la nostra gioia comune"; "conoscersi anche mio figlio, lui ti donerò per ultimo" ...
La vita di un discepolo parte dalla fede e dal prendere parte all'agire del maestro, ma necessita di progredire nella consequenzialità del dono; il dono evolve, il dono trasforma e matura la vita stessa del discepolo, fino alla perfetta carità. Quale perfetta carità se non l'incontro col figlio? Ma se non abbiamo cura di questo cammino, diventiamo omicidi, discepoli dello scarto della pietra d'angolo.

domenica 3 giugno 2018

Esodo 24,3-8 / Salmo 115 / Ebrei 9,11-15 / Marco 14,12-26
Solennità del Corpus Domini
Desiderio di essere uno ... Un solo corpo ...

In questa Solennità la Chiesa, cioè la comunità cristiana da testimonianza del Signore risorto e lo annuncia vivo è presente ora nel segno del pane e del vino consacrati.
In quel Pezzo di pane, io ricevo lo stesso Gesù nell'atto di donare la sua vita nel sacrificio della croce, e come Gesù spezza il pane per condividerlo, così in quel pane spezzato la vita di figlio di Dio viene continuamente spezzata, per essere dono per tutti gli uomini.
Raramente prendiamo coscienza che il mistero dell'incarnazione rivela ed esprime l'Eucaristia come dono della vita di Dio agli uomini. Gesù non è venuto solo per perdonarci i peccati ma per darci la sua vita: "... prese il pane, lo spezzò e lo diede loro e disse ... Mangiatene tutti ..."
Non è una consegna simbolica, ma un agire intenzionale; da quel darsi per noi cambia tutto ... Eppure siamo sempre così superficiali, indifferenti ... Così insipidi rispetto alla relazione/amicizia che Gesù ci offre...
Io e quel corpo spezzato ... Il pane consacrato sono il mio nutrimento per la vita eterna, per quella vita che già è in me, e che supererà e vincerà la morte se unità al Signore. "Cristo risorto più non muore ..." Il cristiano custodisce il dono della vita e ne immette la medesima forza nel mondo.
Il mondo e quel sangue versato ... Il vino donato, purifica il peccato del mondo e scorre nel sangue di tutti gli uomini distruggendo ogni barriera e divisione. Abbiamo lo stesso sangue, per cui ogni uomo è mio fratello ... E se da cristiano penso che qualcuno possa essere trattato diversamente da come io voglio essere trattato, considerato, conosciuto, allora disconosco e annullo il segno del Sangue di Cristo. La fratellanza è esistenziale e ontologica e non si misura né con il colore della pelle e neppure con le politiche migratorie.
Il sacramento che fa di me pane e vino ... Fa di me, di ciascuno di noi parte del corpo e del sangue di Cristo ... In verità mi rendo conto che il suo corpo non è dato per sé stesso o per una mia intimità esclusiva, ma il suo corpo e il suo sangue sono il dono che Gesù fa di sé stesso alla sua comunità.
(...) Il corpo e il sangue del Signore, rendono possibile alla comunità cristiana, creare quello «spazio teologale in cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore risorto». (...) Tutto questo è anche ciò che succedeva nella vita comunitaria che Gesù condusse con i suoi discepoli e con la gente semplice del popolo, il suo corpo donato e il suo sangue versato rappresenta il modo in cui il desiderio di Gesù trova piena realizzazione.
Il desiderio di Gesù ... L'Eucaristia garantisce che nella comunità si custodiscano e alimentino i piccoli particolari dell’amore, dove i membri si prendono cura gli uni degli altri e costituiscono uno spazio aperto ed evangelizzatore, è luogo della presenza del Risorto che la va santificando secondo il progetto del Padre: che «tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te» (Gv 17,21). Questo desiderio è l'Eucaristia. 

sabato 2 giugno 2018

Giuda 1,17-25 e Marco 11,27-33
Quando non ci dici le cose ...

Uno strano rifiuto ... sembrerebbe una impuntatura del Signore rispetto ai sacerdoti e agli scribi ... Ma vediamo se è proprio così ...
Gesù rappresenta un problema, non è facile catalogarlo, dare spiegazioni del suo agire, soprattutto per chi è vincolato a una religiosità che umanamente cerca di determinare e gestire il mistero di Dio.
Dal Vangelo, capiamo che non solo Gesù sfugge alle logiche umane, ma anche - ad esempio - la figura di Giovanni Battista, non era stata capita. Infatti non ci si era posti nei suoi confronti rispetto alla "conversione", cioè il cambiamento di mentalità, che sola avrebbe potuto dare uno sguardo nuovo alla realtà. Sacerdoti e scribi avevano evitato di prendere posizione; non hanno cercato di capire l'invito di Giovanni e la "proposta del Cielo" per predisporre il cuore di Israele ad accogliere il messia.
Ma se la preoccupazione rispetto al mistero è quella di salvare la propria autorità, salvare ma propria faccia ... garantire la propria referenzialità ... Proprio questo impedisce a Gesù di rivelare sé stesso; sarebbe come gettare le "perle ai porci" ... questi si girerebbero contro e le calpesterebbero, ignorandone o rifuggendone la preziosità.

venerdì 1 giugno 2018

1 Pietro 4,7-13 e Marco 11,11-26
La fede e le esperienze

Ecco che questo Vangelo sembra uno strano intreccio di situazioni; strano proprio e forse necessariamente in ragione della difficoltà dei discepoli di comprendere in tutto ciò che Gesù diceva e faceva. Nello sfondo della vita quotidiana, del percorso per andare al Tempio e per tornare a Betania; nella fame del Maestro; nella rabbia di scacciare i venditori dal tempio; in tutto questo si accenna alla forza della preghiera e si preannuncia la morte stessa del Signore.
In tutto questo cosa "meditare"? Firme il primo versetto della estera di Pietro ci viene in aiuto: "... la fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera".
Non scandalizziamoci, non dubitiamo, non perdiamo la speranza, perché tutto è orientato a raggiungere la sua finalità: la glorificazione in Gesù risorto dalla morte. La moderazione e ma sobrietà non sono limitazioni all'intemperanza ma esprimono la serenità di chi si affida al Signore con una preghiera, che pur se fragile dice la nostra fede. La fede dei discepoli, non si consegue con un apprendistato, ma si consolida nell'esercizio della preghiera che si rivolge al Padre senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ... ciò gli avverrà.