martedì 31 maggio 2016

Sofonia 3,14-18 e Luca 1,39-56
Festa della Visitazione
Si è ricordato della sua misericordia ...


Nelle parole che Luca attribuisce a Maria, Dio che si ricorda della Misericordia, assume un tratto di particolare simpatia, quasi a voler superare una ingenua dimenticanza, che si  poteva presumere a causa della lunga attesa del Messia da parte del popolo di Israele. Ma oltre a questo, conviene invece, accogliere la misericordia come identità, più che come agire di Dio. Questa identità coincide con la memoria dell'esperienza passata di Dio e da qui con quella futura e desiderata. La Misericordia descrive Dio fedele per sempre nel suo amore a ciascun uomo e donna, racconta un Dio che è con noi come aveva promesso ai profeti (Emmanuele), dice che Dio è colui che è, ed è lì per te, come dal roveto ha rivelato a Mosè. Ricordarsi della identità, quindi, è molto di più che ricordarsi di un agire di misericordia. Se Dio si ricorda ... Tutto è possibile, nulla è oblio e dimenticanza.

lunedì 30 maggio 2016

2 Pietro 1,1-7 e Marco 12,1-12
Work in progress


Lavori in corso ... in elaborazione! Questa è la condizione della nostra fede in Gesù, tutto si identifica in "grazia e pace sia concessa a voi in abbondanza, nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro". La conoscenza di Dio si manifesta come una condizione di Grazia, ma anche come un progredire in essa, fino a giungere all'amore fraterno e da quello alla carità (2 Pietro). Anche la parabola della vigna e dei vignaioli ci racconta come progredire nella conoscenza porterebbe ad accogliere il Figlio come erede dei beni del Padre; mentre una conoscenza puramente umana cioè da "vignaioli" tende a deviare verso "l'appropriazione indebita del mistero di Dio". Lavorando nella vigna si può crescere nella conoscenza delle "cose di Dio", oppure nella appropriazione del mistero.

domenica 29 maggio 2016

Genesi 14,18-20 / Salmo 109 / 1 Cor 11,23-26 / Luca 9,11-17
Fateli sedere, date loro da mangiare ...

La moltiplicazione del pane e dei pesci ovvero la condivisione del pane e dei pesci ...
Verso la fine del quarto secolo la pellegrina Egeria scrive il diario del suo pellegrinaggio e descrive i luoghi visitati e tra questi anche Tabga: "... Un prato coperto d’erbe che ha abbastanza fieno e molti palmizi; accanto a questi vi sono le sette fontane ciascuna delle quali manda acqua in abbondanza; fu in questo campo che il Signore saziò il popolo con cinque pani e due pesci. Veramente la pietra sopra la quale il Signore pose il pane è stata ridotta ad altare, dalla quale pietra i pellegrini staccano pezzetti che usano con giovamento della loro salute. Presso le pareti di questa chiesa passa la strada pubblica ..."
Un luogo che assume una importanza straordinaria per la vita delle comunità cristiane e per la Chiesa. Gesù non compie solo un miracolo, Gesù compie un segno che determina una condizione permanente dei discepoli: quel pane moltiplicato, va donato, va distribuito. Ce n'è in una tale abbondanza che ciò che viene raccolto serve per tutti i tempi e per tutti gli uomini. Quel segno del pane è vera immagine Del banchetto escatologico.
La Chiesa è fatta di eucaristia
Gesù moltiplica il pane per saziare e perché tutti, sentendosi sfamati, rimangano in unità, e non si disperdano. In realtà mangiare quel pane significa far parte e generare quella chiesa di Gesù che non è una realtà alternativa o in contrasto al mondo, ma vuole essere  lo spazio per il cuore di Dio nel mondo.
Dividere il pane per unirci in comunione agli altri
Dice Papa Francesco (giovedì del Corpus Domini): "E’ chiaro che questo miracolo non vuole soltanto saziare la fame di un giorno, ma è segno di ciò che Cristo intende compiere per la salvezza di tutta l’umanità donando la sua carne e il suo sangue. E tuttavia bisogna sempre passare attraverso piccoli gesti: offrire i pochi pani e pesci che abbiamo; ricevere il pane spezzato dalle mani di Gesù e distribuirlo a tutti".
È in questo gesto di condivisione che si ripropone ancora il "fate questo in memoria di me": cioè "spezzare". Una parola che si è declinata nella vita di tutti e per tutti. La condivisione di questo pane distrugge i nostri egoismi e le nostre chiusure per insegnarci a spezzare il nostro cuore per gli altri; spezzare la propria vita per i fratelli (tutti non solo qualcuno).
Spezzarsi non fa male, ma ci fa bene!
La forza per spezzarsi per gli altri viene proprio dall’Eucaristia: "nella potenza d’amore del Signore risorto, che anche oggi spezza il pane per noi", perché noi oggi diveniamo capaci di un gesto: "dare da mangiare alla folla di oggi", per spezzare “la nostra vita” come "segno dell’amore di Cristo ..."

sabato 28 maggio 2016

Giuda 17,20-25 e Marco 11,27-33
È al di sopra di tutti ...

San Paolo in Efesini 4,6 ha una definizione molto interessante di Dio: "Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti". Il discernimento dell'autorità di Gesù non si fa a partire dal nostro modo di giudicare, ma occorre adeguarsi all'esperienza del Dio dei Padri. Paolo, ebreo, scriba e/o fariseo trae dalla scrittura, dalla Legge, il senso dell'autorità e della autorevolezza, cioè l'agire salvifico di Dio. In questa chiave di lettura, si percepisce tutto l'agire di Gesù e si comprende anche l'esortazione della lettera di Giuda a "Costruire il nostro edificio spirituale sopra la fede, nella preghiera mediante lo Spirito Santo, conservando l'amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna", in tutto ciò infatti Dio opera la salvezza.

venerdì 27 maggio 2016

1 Pietro 4,7-13 e Marco 11,11-26
Fede e misericordia: il senso religioso


Anche al tempo di Gesù il Tempio di Gerusalemme era causa di discussioni, e di problemi; le attività di culto si intrecciavano con gli interessi umani di venditori e cambiamonete, ma non solo, per l'abitante medio della città, il Tempio era una scorciatoia per l'attraversamento. La fede in Dio, in Yhwh, dimorava in una vita spesso chiusa nelle tradizioni e nel legalismo religioso, imbavagliata e depotenziata.
Gesù vive il suo tempo, con tutte le rigidità con risolutezza, si pone come cuneo di fermezza e come segno per ricondurre a Dio la fede dei suoi fratelli: ricondurli "alla casa di preghiera ..." da luogo di ritualità il Tempio si dimostra spazio in cui si sperimenta e si genera la misericordia, "perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe". La fede e la misericordia si trovano così congiunte nel vero senso religioso. Il Tempio è il "segno efficace" della fede di un popolo, di una persona, se nel Tempio dimora la misericordia.

giovedì 26 maggio 2016

1 Pietro 2,2-12 e Marco 10,46-52
Vedere per la fede


Non di vede solo in ragione della fede, ma proprio per mezzo della fede. La fede, cioè legare se stessi alla solidità che è (roccia) cioè il Signore, permette di riconoscere come credere in Gesù (figlio di Davide) è la condizione per recuperare il vedere e soprattutto, per misericordia, poter vedere di nuovo. Ogni volta che pongo in Gesù la mia stabilità, le mie fondamenta, torno a vedere attraverso lo stesso suo sguardo, come lui stesso vede. Questa esperienza in senso figurato è propria del cieco di Gerico, ma in realtà è ciò che Gesù propone a chiunque si accosta a lui con il desiderio di affidarsi alla sua salvezza. Marco infatti ci suggerisce la chiave di comprensione del vedere, cioè riconoscere come Cristo è salvezza, lui il nostro salvatore.

mercoledì 25 maggio 2016

1 Pietro 1,18-25 e Marco 10,32b-45
Identità: servizio e servo!


Una manciata di versetti che condensano la storia: avvenimenti, sentimenti e parole di Gesù. Gerusalemme, la passione di morte e risurrezione, il gruppo dei discepoli, i pensieri degli amici, i contrasti del gruppo ... Le parole del Maestro ...
Questa pagina di Marco, al di là delle reazioni personali, può essere paradigma del discepolato di tutti noi; nell'ingarbugliato quotidiano deve prevalere il gusto e il desiderio di spendere la vita come il maestro; come il Figlio dell'uomo che è venuto per servire e non per farsi servire! Le parole di Gesù non indicano semplicemente una modalità, ma un modo di pensare, un modo per il discepolo di educare la vita. Attenzione alla vanità della gloria personale;  all'attivismo per carriera ... così non si beve al calice del Signore e neppure si è immerso nel suo "battesimo di amore".

martedì 24 maggio 2016

1 Pietro 1,10-16 e Marco 10,28-31
Ciò che si lascia e ciò che di riceve...

Tutta la nostra vita è tutta le nostre "cose": la nostra casa, gli spazi dove abitiamo; le nostre reazioni famigliari e amicali, lo spazio in cui amiamo; il nostro lavoro, lo spazio del nostro agire e della nostra libertà. Pietro pone davanti a Gesù il costo della sua scelta, in un certo senso gli presenta il conto. La risposta di Gesù è semplicemente corrispondente alla logica di Pietro (logica di convenienza); egli rimanda a Pietro il centuplo: vivere per Lui, vivere per il Vangelo, vale cento volte di più delle "cose" che si possiedono. La vita piena è la vita in Cristo. La vita che raggiunge il compimento è la vita in Cristo, perché è una vita risorta, in cui dimora l'eternità. E le persecuzioni ... Queste sono la fatica del compimento ... Ma c'è di più nelle parole di Gesù; infatti il Signore afferma solennemente (amen) che nessuno lascia nulla per una prospettiva solo futura, ma che che il Vangelo e la vita in Cristo è vita piena già da ora (centuplo).

lunedì 23 maggio 2016

1 Pietro 1,3-9 e Marco 10,17-27
La salvezza dell'anima ...


Alla fine della "storia" tutto sta nel possedere la vita eterna! Qualcuno pensa che sia una vita senza fine, altri una vita felice e piena di gioia ...
Il tentativo di capire, ad esempio, comprendere la vita eterna a partire dei nostri desideri motivati dalle nostre paure, ci porterebbe fuori strada. Sia la lettera di Pietro che il Vangelo ci introducono nella vita eterna in termini legati alla ricchezza "una eredità " e i "molti beni". Una eredità  ci appartiene perché figli oppure per una gratuità di chi ci ama. Il pieno possesso di questa condizione, non meritata e neppure guadagnata, la possiamo paragonare alla piena e reale comunione con il mistero di Dio. Azzardo ad affermare che la vita eterna non è uno stadio di esistenza ma una condizione esistenziale,  è la nostra vita ipostaticamente unita alla vita di Dio: piena comunione ed unità senza confusione. Di fronte a tutto questo, ciò che è "attaccamento" umano; ciò che sono le "altre ricchezze" terrene; non serve a nulla, è tutto ininfluente rispetto alla "comunione che ci salva".

domenica 22 maggio 2016

Proverbi 8,22-31 / Salmo 8 / Romani 5,1-5 / Giovanni 16,12-15
Santissima Trinità 
Dio a modo mio ...

Sappiamo trasmettere cioè raccontare chi è Dio?
Posso solo raccontare una esperienza personale o posso raccontare realmente chi è Dio?
Direi che siamo sul limite ... Tutto il nostro limite umano entra in gioco e mette in luce la nostra inadeguatezza, da un lato circa il nostro farne esperienza e dall'altro il poterla raccontare ...
La crisi di Dio, oggi non è crisi del senso religioso, ma è crisi dell'immagine di un Dio che non soddisfa le domande e e condizioni di vita delle persone di oggi.
Non è possibile parlare di Dio con le aro le della teologia e della filosofia ... Non è possibile parlare di Dio con i dogmi della fede di una Chiesa che ha preso un 4+ come valutazione del mondo giovanile.
Gesù ci parla di Dio a partire dalla una esperienza e dalla una relazione con un Padre ... una relazione di amore con il Padre... Gesù ci racconta questo "tipo di Dio".

sabato 21 maggio 2016

Giacomo 5,14-20 e Marco 10,13-16
Non ponete ostacoli ...

Un eccesso di sicurezza... Anche al tempo di Gesù esisteva la "security", c'era chi controllava e vigilava nelle manifestazioni esterne del maestro ...
Al punto di allontanare gli eccessi della folla e in questo caso anche i bambini che gli venivano condotti perché li toccasse. Le nostre "strutture" Sono spesso senza cuore, anche la comunità dei discepoli corre il rischio di smarrire il perché dell'abbraccio tra Gesù e la gente. L'abbraccio non è un semplice accostarsi o entrare in contatto. Nell'abbracci prefiguro l'avvolgere totalmente l'altro per accoglierlo e il donarmi completamente all'altro. Solo nell'abbraccio rendo efficace la comunione come esperienza e desiderio. Il regno di Dio si manifesta e si genera nell'intimo abbraccio tra Dio e l'uomo. Che fatica abbracciare anche solo i bambini ... 

venerdì 20 maggio 2016

Giacomo 5,9-12 e Marco 10,1-12
Il superamento delle logiche


Accostarsi al pensiero di Dio cosa significa?
Di fronte alla vita e alle domande che inevitabilmente si generano, comprendere che oltre al nostro modo di pensare e giudicare esiste un "pensiero" originario da cui la realtà è generata, significa generare la vita e l'esistenza nello spazio della fede.
La domanda sul divorzio posta da Gesù, risuona anche oggi nelle logiche umane e del mondo; risuona pesantemente sia come propaganda di emancipazione e di civiltà, sia col suo fardello di sofferenze e di male. "Ma in principio non era così ...": l'amore tra un uomo e una donna non è "cosa" da tribunale o da normare con leggi e giudizi. Quell'amore va curato fin dal suo sorgere, va accudito, protetto e allevato con tenerezza e verità; quell'amore che ci compie in una unità/comunione/sola carne è lo stesso mistero di Dio in noi. Se quell'amore è ferito, la nostra stessa umanità è ferita. Anche dell'amore ferito occorre prendersi cura, non semplicemente sentenziando!

giovedì 19 maggio 2016

Giacomo 5,1-6 e Marco 9,41-50
Il sapore del sale ...

Un parlare concreto che non segue l'onda lunga dell'omologazione culturale ha certamente un fascino e una forte presa su chi ascolta. Ogni parola diventa oggetto di accoglienza o di rifiuto. In questo le parole di Gesù non smettono mai di distaccarsi dalle logiche del mondo, cioè dal compromesso con la vita. L'obiettivo di Gesù sembra proprio quello di scandalizzare in senso positivo: farci cadere, inciampare nella nostra mediocrità, ma anche permetterci di rialzarci col desiderio di fare nostre le sue parole. Se tu sei uno scandalo, distaccati da ciò che sei, costasse anche la metà di te stesso, e con il resto di te stesso gusterai il "sapore del sale", cioè della parola di Dio.

mercoledì 18 maggio 2016

Giacomo 4,13-17 e Marco 9,38-40
Un Dio presente


La vita del discepolo, anche per il discepolo stesso, rappresenta uno spazio di meraviglia e stupore! Guai se ciascuno di noi non sperimentasse la sorprendente presenza del Signore! La sua presenza, infatti, riconduce il nostro pensiero e il nostro agire  alla condizione di "vapore che appare per un istante e poi scompare" (Giacomo); condizione per nulla negativa, anzi, riporta ciascuno all'originale affidamento per cui, "Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello ..." (Giacomo)!
Sentire la volontà di Cristo, la sua libertà, il suo amore e la sua forza di azione che si intreccia con la nostra volontà, con la nostra libertà, col nostro amore e il nostro agire è l'apertura al mistero che pervade ogni cosa e che costruisce la vera comunione, per cui più che essere contro, si percepisce l'essere per il Signore (Marco).

martedì 17 maggio 2016

Giacomo 4,1-10 e Marco 9,30-37
Sottomettetevi a Dio


Le parole di papa Francesco pronunciate ieri trovano eco come se fossero novità, ma non lo sono, i principi detti dal papa sono lo stile di vita cristiano e sono le indicazioni circa la gestione economica dei beni della Chiesa. Tutto questo trova la sua origine nelle Parole della Scrittura, come nella pagina di Giacomo e di Marco di oggi.
"Non sapete che l’amore per il mondo è nemico di Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio (Giacomo)"; "Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti" (Marco). La conversione alla vita cristiana permette di generare l'amore per il mondo e le cose del mondo nell'espressione del servizio all'uomo della diaconia propria della chiesa. Ogni adulterazione di queste parole genera una visione e una vita contraddittoria e piena di ipocrisia.

lunedì 16 maggio 2016

Giacomo 3,13-18 e Marco 9,14-29
Preghiera e discernimento ...


"Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera"!
La preghiera ancor prima di una soddisfazione di precetto, deve entrare nella vita, penetrare le vicende e le situazioni sciogliendo "i nodi"; forse è questo che Gesù vuole dirci. Le fatiche trovano il tempo per il confronto; i dubbi e i pensieri si dispongono con ordine secondo verità ... Per Gesù la vita di quel ragazzo non è semplicemente quella di un malato; la malattia è lo spazio dello spirito del male, ma anche lo spazio della fede del padre e del coinvolgimento della folla. Gesù scaccia lo spirito muto perché pregando penetra la vita di quel ragazzo e la discerne. Fare discernimento è mettersi a cuore le situazioni e trasformarle in preghiera; cioè in dialogo con Dio.

domenica 15 maggio 2016

Atti 2,1-11 / Salmo 103 / Romani 8,8-17 / Giovanni 14,15-16.23b-26
Vivere secondo lo spirito: Continuare a diventare cristiani


Essere cristiani non è mai una condizione acquisita, ma è una realtà in continua determinazione. Nella scelta di essere di Cristo nasce la conversione permanente che corrisponde all'adeguare la vita allo Spirito che ci è stato donato.
La bellissima pagina della lettera ai Romani, ci racconta cosa significa che lo Spirito abita in noi. È l'esperienza del cristiano in maturazione, cioè di un discepolo che giorno per giorno fa il discernimento degli Spiriti. È un discepolo che è disposto a convivere tutta la vita con lo Spirito che il risorto ha promesso e donato.
Vivere la compagnia dello Spirito ... Per vivere in sua compagnia ...
- Non è che lo Spirito lo invochiamo solo a Pentecoste ... Come una bella tradizione ...
- Non è che lo Spirito rappresenta solo l'amore teologico per giustificare il mistero trinitario ...
- Non è che lo Spirito ci serve per raccontarci che la Chiesa è nel tempo opera di Gesù e che attraverso di lei lo Spirito rinnova l'esperienza del risorto ...
Se torniamo alla lettera ai Romani, non possiamo non chiederci come fare a rendere la nostra vita da discepoli una vita più spirituale ... meno razionale; più radicata nella storia; e meno preoccupata di plagiarne gli avvenimenti a nostro favore; più coinvolta nell'imparare la realtà come mistero ... meno sottomessa alla limitazione delle cose che passano.
Nella vita del cristiano lo Spirito è all'origine della nostra vita individuale e della nostra identità ... Forse è questo che non capiamo e che non riusciamo a concretizzare con perseveranza.  Esiste una distrazione, da ciò che lo Spirito che abita in noi ci suggerisce, è la distrazione di chi non ascolta, il rombo di tuono che è la parola di Gesù.
La vita Spirituale si genera attraverso l'azione dello Spirito che ci plasma: crea e modella le nostre azioni e chi chiede gesti di comunione; amicizie disinteressate; disponibilità al servizio; passione missionaria; complicità e consolazione con l'umano.
Un cristiano natura solo sotto l'azione della Spirito e matura se la sua vita diventa di Cristo: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato".

sabato 14 maggio 2016

Atti 1,15-17.20-26 e Giovanni 15,9-19
San Mattia Apostolo
La gioia è essere scelti...


"Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi ..." Da questa scelta scaturisce quella conditioner per cui "la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena".
Essere scelti non significa essere selezionati rispetto a un numero indiscriminato che viene di conseguenza scartato. La scelta corrisponde all'essere amati, essere prediletti, ciascuno a suo modo è amato e prediletto in modo speciale. È questo amore l'origine della gioia, cioè della pienezza, della felicità piena. Il discepolo nella predilezione si sente totalmente compreso e parte della gioia del Signore, quella di essere amato dal Padre: "... e rimango nel suo amore."

venerdì 13 maggio 2016

Atti 25,13-21 e Giovanni 21,15-19
Prova di amore ...

Pietro si trova di fronte "all'insistenza" di Gesù; in diversi modi è stata interpretata quella triplice domanda, ma forse conviene leggerla semplicemente come una domanda che non trova una risposta adeguata ...
Alla fine Pietro prende coscienza di quell'insistenza, e valuta anche il suo amore per il Signore (in greco filia): "tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene" ... Forse è un bene che ora, in quel momento non corrisponde alla domanda di Gesù (lui parla di amore, in greco di agape!), ma ugualmente Pietro percepisce che Gesù conosce tutto ... anche la sua inadeguatezza; che però in quel momento è il suo percorso di "amore", anche se non è tutto ciò che sarà il suo amore, perché Gesù lo porterà a compimento ... "tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi". 

giovedì 12 maggio 2016

Atti 22,30;23,6-11 e Giovanni 17,20-26
L'amore del Padre in noi ...

Proviamo a entrare in Giovanni; in questi versetti egli ci riporta al cuore del desiderio di Gesù nell'ultima cena: che in noi dimori l'amore del Padre. Ci sono alcuni indizi che convergono su questo desiderio. In primo piano l'idea della consacrazione dei discepoli, dedicati a realizzare in loro stessi quella particolare comunione generata dall'amore del Padre: "siano anch'essi in noi". Un secondo indizio è la gloria, essa non è una manifestazione esclusiva riservata a Gesù, ma è condizione del discepolo; essa non è una manifestazione onorifica ma è espressione di amore: "... e che li hai amati come hai amato me".
Se l'amore del Padre sarà esperienza del discepolo attraverso la Parola del maestro ascoltata e osservata, la conseguenza sarà essere dove è Gesù. Ciò non vorrà dire un posto nello spazio, ma essere dove Gesù è esperienza viva e vissuta; significherà essere nel cuore del Padre, come Gesù è presso/rivolto verso il Padre.

mercoledì 11 maggio 2016

Atti 20,28-38 e Giovanni 17,11-19
Essi sono nel mondo ... ma non sono del mondo!


La comunità di Giovanni ripensa le parole di Gesù - quelle parole dell'ultima cena, che risuonano ora come e ben più di una semplice consegna. La comunità sente  che la preghiera di Gesù, quelle sue parole, erano proprio per lei, per prefigurare l'ora in cui la stessa comunità avrebbe sperimentato che la parola ricevuta non è accolta dal mondo; avrebbe sperimentato il rifiuto e l'odio del mondo, perché essere del Cristo esclude l'essere del mondo. La comunità dei discepoli, ora comprende che essere di Cristo significa esistere come "custoditi nel nome di Dio"; significa essere "consacrati alla e per la verità". Il mondo non è il male, ma il mondo deve "imparare", ciò che non impara ad amare non riesce ad amarlo. La comunità dei discepoli, che non è del mondo, ha il compito, affidatogli da Gesù, di prendersi cura del mondo: "per loro consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità" ...

martedì 10 maggio 2016

Atti 20,17-27e Giovanni 17,1-11
Tra gloria e ... partenza


Tra la gloria ... "Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te"; e la partenza ... "Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te", ci sta tutto il capitolo 17 DI Giovanni; ci sta la rilettura dell'esistenza umana di Gesù come vertice di comunione e rivelazione dell'amore che salva, cioè del Padre. Ritornano in questa pagina di Vangelo le espressioni tipiche del Prologo, le motivazioni profonde: come il mistero di Del Padre, la vita divina, si intrecciano con la vita umana e la sua vicenda mondana. Questa "preghiera", o se vogliamo, questa rielaborazione teologica del pensiero di Gesù nell'ultima ora, ci permette di riconoscere come la salvezza non è solo un progetto del Padre, ma che essa appartiene al compimento della nostra esistenza umana.

lunedì 9 maggio 2016

Atti 19,1-8 e Giovanni 16,29-33
... Io ho vinto il mondo!

"Nel mondo avete tribolazioni", ciò non vuole dire che il mondo è male, e nemmeno che è ostile, ma semplicemente che esiste un travaglio per elevare la realtà rispetto a se stessa e rispetto le sue fragilità che sono causa del male che si sperimenta. Un travaglio che Gesù ha vissuto in quelle dinamiche di resistenza e opposizione che ha incontrato nella sua vita umana. La consapevolezza di Gesù è quella di sapersi "pace" per la realtà e per il "Kosmo". In quanto pace, rappresenta l'unica condizione che vince il mondo, nel senso che è la "pace" che lo pone nella quiete; cioè in una vera soddisfazione di sé che altro non è che la salvezza realizzata da Gesù attraverso l'amore.

domenica 8 maggio 2016

Atti 1,1-11 / Salmo 46 / Ebrei 9,24-10,23 / Luca 24,46-53
Portiamo a compimento la nostra vita

"L'ascendere di Gesù al cielo" cioè essere rivolto verso il Padre, è la risposta del Cielo all'abbassamento, al venire nel mondo per portare a compimento la nostra vita umana.
Negli atti egli Apostoli viene data la chiave di lettura dell'ascendere di Gesù al cielo e del dono dello Spirito, ma anche il senso della storia che viviamo: "... riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra".
L'ascensione rappresenta il compimento dell'esserci con noi di Gesù; un compimento che propone un ulteriore compimento: il nostro.
L'ascensione ci parla di compimento attraverso il credere in Gesù e nelle scritture che ora non sono più un enigma, ma attraverso Gesù e la fede in Lui sono divenute chiaramente esplicite del disegno di salvezza operato dal Padre.
L'ascensione del Signore ci parla di misericordia in questi termini: siamo di  fronte all’unico compito evangelico che si traduce nell'annunciare e fare misericordia. Ciò significa servizio ai poveri, ai malati, ai sofferenti, vicinanza e solidarietà con i peccatori. Tutto questo è cominciato da Gerusalemme: “Cominciando da Gerusalemme” e fino ai confini del mondo ... Siamo tutti testimoni, ovunque annunceremo il perdono dei peccati: quindi perdoneremo e inviteremo tutti a perdonare;  questo è il Vangelo, la buona notizia.
Essere testimoni di tale annuncio (e non di altro!) è un’impresa ardua, perché sembra poco credibile, quasi impossibile da realizzare. Ci vorrà “la potenza venuta dall’alto”, la discesa dello Spirito santo da Dio, per essere abilitati ad adempiere questo mandato, ma nessuna paura: quando Gesù, il Figlio di Dio, sale al cielo, ecco che dal cielo discende lo Spirito di Dio, che è anche e sempre Spirito di Gesù Cristo, forza che sempre ci accompagna e ci ispira in questa missione; tutto questo porterà a compimento anche la nostra esistenza!

sabato 7 maggio 2016

Atti 18,23-28 e Giovanni 16,23-28
... Ma è difficile ...


Il Vangelo di Giovanni perché la fa così semplice!?!?
Giovanni riporta le parole del Signore prima della sua passione; parole che a momenti sembrano non tener conto della fatica della sua assenza ... parole che sembrano vaneggiamenti ...
Non si può amare semplicemente un ricordo, o una illusione, non si riescono ad amare delle parole anche se belle, non si amano delle suggestioni ... Non si ama con la ragione e nemmeno con i puri sentimenti ... Si può amare con la "fede"!
Tutto ciò che Giovanni ci racconta di Gesù acquista senso e forza esclusivamente in un atto di abbandono che è fede nella certezza comune, di Gesù è nostra che: "il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio". Solo in questa relazione di amore che è fede, tutto smette di essere difficile!
Quella relazione di amore non si esaurisce con i discepoli del Signore ma è oggetto della loro testimonianza.

venerdì 6 maggio 2016

Atti 18,9-18 e Giovanni 16,20-23
La tristezza diventa gioia

Nessuno ci toglie la tristezza e il pianto, non c'è nessuna sostituzione, ma è la stessa tristezza e pianto che diventa gioia. 
È un modo particolare di comprendere la gioia; certamente libera dai condizionamenti del momento presente, non una gioia come esaltazione estemporanea, ma una gioia che si fa strada pure nel mezzo delle fatiche e delle tristezze. Come infatti il bambino è il motivo della gioia della madre che nemmeno ricorda più le doglie e i dolori del parto, così l'incontro con il risorto, che appaga ogni "domanda" è l'evento che esprime la gioia, già custodita nell'esperienza della fede e della testimonianza del discepolo. La gioia non si manifesta all'improvviso, ma si rivela li dove già era intessuta nella vita del credente.

giovedì 5 maggio 2016

Atti 18,1-8 e Giovanni 16,6-20
Tra i micron e la gioia


Non c'è un tempo intermedio, non esiste una "terra di mezzo", Gesù stesso sperimenta il passaggio tra la paura e la tristezza ed essere presso il Padre. Possiamo dire che effettivamente il tempo si fa breve, "micron", cioè piccolo rispetto alla grandezza di essere presso il Padre, di essere parte dell'eterno. Il travaglio che Gesù sperimenta sarà anche il travaglio dei discepoli nel mondo. Il mondo si rallegrerà per il travaglio del discepolo, ma ogni pianto e ogni tristezza ha una fine che si fa sempre più breve per la gioia che il discepolo, che è di Cristo, porta in sé. Se io sono di Cristo, e Cristo è presso il Padre, allora la gioia di Cristo è la mia. Ogni tempo del mondo è troppo piccolo per contenere la gioia del discepolo. Oggi metto un po' di gioia di Cristo nelle mie cose del mondo.

mercoledì 4 maggio 2016

Atti 17,15.22-18,1 e Giovanni 16,12-15
Sono cose da portare ...


Una piccola correzione alla traduzione italiana del Vangelo per non cadere in un equivoco: "Ancora molte cose ho a voi da dire, ma non potete portar(le) ora". Portare le cose dette da Gesù, possiamo comprenderlo nel rivestircene, nel farle mostrare, nel caricarcele. Non è corretto collegarle a una fatica da fare, o a un loro peso da sopportare. Io preferisco collegarle al concetto di verità. La verità che Gesù ci comunica, non corrisponde subito alla nostra umanità e comprensione. Rivestirci di verità significa aderire a lei, condividerla, farla nostra ... questo non è immediatamente possibile. La verità è un percorso di amore, prima di tutto; un itinerario del cuore, della mente e della vita, in compagnia dallo Spirito (quello Santo), quello donato da Gesù risorto; ... e lo Spirito, in questo cammino, ci parla del Signore ... 

martedì 3 maggio 2016

1 Corinzi 15,1-8 e Giovanni 14,6-14
Chiedete a me!


Le richieste non sono mai a caso, esse mirano ad essere soddisfatte in partenza. Chiedere al Signore nel suo nome, non è semplicemente fare delle richieste o delle preghiere al fine di ottenere qualcosa. Se la richiesta è secondo la possibilità di chi può esaudirla, ciò che devo chiedere è in ordine alle opere di Gesù, ai segni del suo agire che rivelano l'agire del Padre in Lui. Filippo chiede: "Signore, mostraci il Padre e ci basta". In realtà a questa richiesta Gesù ha già risposto: "Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto". Forse in tutte le nostre belle riflessioni dobbiamo solo rimettere al centro Gesù come Via, Verità e Vita; non in un modo "cervellotico", ma con la semplicità di chi ti cammina accanto, di chi dice cose vere per farti gustare il sapore di una vita piena.

lunedì 2 maggio 2016

Atti 6,11-15 e Giovanni 15,26-16,4
La testimonianza


Parole tremende quelle di Gesù in questa parte di Vangelo: "chi mi conosce, darà la sua vita per me!" È questo il senso della testimonianza, essere disposti a dare la vita.
Dare la vita sacrificandola ... come Gesù sulla croce ... A qualcuno potrebbe accadere!
Dare la vita donandola ... ti faccio dono bel mio tempo, del mio spazio, dei miei desideri, del mio amore, del mio cuore ... A molti può accadere di donare la vita anche solo attraverso una modalità tra quelle citate.
La testimonianza, dunque, non nasce come risposta a un impegno di fede preso e sottoscritto, ma come normalità di una vita cristiana. Quando lo Spirito di Dio, quello Santo, inizia a prendersi cura della mia vita, perché la mia libertà e volontà corrispondono, a quel punto, non esiste più la necessità di testimoniare, esiste solo una vita da credente.

domenica 1 maggio 2016

Atti 15,1-2.22-29 / Salmo 66 / Apocalisse 21,10-14.22-23 / Giovanni 14,23-29
Vi ho detto queste cose ... amami!

Gesù, in quell'ultima cena, chiede ai discepoli di amarlo! In che modo rispondo a questa richiesta del Signore?
Gesù non chiede una adesione di fede; non chiede una obbedienza a un comandamento;non chiede una rinuncia per lui ... ma chiede di amarlo ...
Cosa significa?
Gesù chiede a ogni singolo discepolo e a tutta la Chiesa-insieme di amarlo!
Un amore che non è semplicemente passione (anche se deve averne il tratto per generare l'ardore di appartenergli); un amore che non è semplicemente desiderio (anche se il desiderio riempie il tempo in cui lui se ne è andato); un amore che non è erotico (anche se devo riconoscere che questa mia vita se la dono totalmente a lui mi genera una gioia che è godimento). Amarlo allora significa vibrare per lui; averlo presente nei pensieri e nelle azioni; donargli il cuore e quindi la vita. Tutto questo è possibile se la relazione che ho con lui è radicata in me, ed è prioritaria.
Se una persona mi chiede: "amami" ... Ciascuno di noi come ci si pone di fronte,come reagisce?
Amando lui, non è più problema il suo andare; andando lui infatti, è donato il frutto dell'amore che è lo Spirito; amando lui, la sua Parola realizzerà la mia pace, cioè  darà qualità alla mia vita.