venerdì 31 marzo 2017

Sapienza 2,1.12-22 e Giovanni 7,1-30
" ... ci è insopportabile al solo vederlo ..."


La citazione del libro della Sapienza descrive come l'avversione per "il giusto" genera la disumanizzazione del persecutore, al punto che il male pensato, voluto e attuato lo acceca irreparabilmente. Nel confronto col Vangelo emerge, come il male pensato voluto e attuato, genera una distanza insanabile tra chi nel cuore coltiva il sospetto e il dubbio e il desiderio del Signore di essere conosciuto e accolto. L'evangelista Giovanni, tra le righe di questa pagina vi racconta tutto il disagio umano di chi si sente rifiutato e non accolto pur partendo dal desiderio di accogliere e non rifiutare nessuno. L'amarezza di Gesù è espressa in quelle parole dette nel tempio ... quasi una denuncia, anche per noi oggi, del modo in cui occupiamo i luoghi del sacro, quello spazio prezioso tra Dio e l'uomo, espropriandolo alla vera esperienza di Dio ... Questa condizione è dell'uomo che lega se stesso all'ingiustizia. Bisogna fare molta attenzione a occupare impropriamente, della nostra umanità, gli spazi di Dio.

mercoledì 29 marzo 2017

Esodo 32,7-14 e Giovanni 5,31-47
Dal Dio per sé ... al Padre di Gesù!

Dio: "Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostràti dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto" (Esodo).
(...)
Gesù: "E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato" (Giovanni).
(...)
Gesù: "Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio" (Giovanni).

La tentazione di determinare Dio come il "Dio" delle proprie mani, del proprio cuore, delle proprie relazioni, è costante ed è spesso presente nella nostra vita, frutto "dell'io centrismo": io ho bisogno di un Dio a modo mio.
Ma se qualcuno ci "narra" chi è Dio, se ad esempio Gesù ci racconta chi è il "padre", si rivela immediatamente la fragilità delle nostre posizioni, e sul modo di conoscere Dio. Al punto che realmente Dio non è ciò che conosciamo di Lui e di noi. Gesù in ultimo, ci dice che il "mistero" di Dio, il suo essere percepito ma non compreso, è condizione propria dell'amore. L'amore di per sé non è quiete ... ma è, almeno, una leggera brezza mattutina che ti risveglia con un leggero brivido di vita.

Isaia 49,8-15 e Giovanni 5,17-30
Amen, amen ... In verità, in verità vi dico ...


Testo complicato, quello del Vangelo di oggi, complesso: da un lato infatti ci riporta a una formulazione immediatamente ricevuta dal Signore (amen, amen ...); dall'altra uno sviluppo di concetti che, frutto di una riflessione da parte di una comunità di fede, sembrano contenuti di teologia dogmatica del Concilio di Nicea (325 dC). Il Vangelo ci testimonia i sentimenti di Gesù, quando ormai vicino agli eventi della passione, risentono della ostilità dei giudei. Nei suoi discorsi affermava una relazione con il Padre, con Yhwh, totalmente nuova e inaudita: "Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato"; che anche la comunità giovannea, ha dovuto rielaborare per comprenderne il senso nella fede in Gesù Cristo figlio di Dio. A noi, forse, sembrano discorsi contorti e ripetitivi, ma in realtà sono una riflessione dettagliata, con snodi importantissimi,  circa l'agire, la volontà e la stessa umanità di Gesù.

martedì 28 marzo 2017

Ezechiele 47,1-12 e Giovanni 5,1-16
"...  là dove giungerà il torrente tutto rivivrà ..."


Due immagini di sacrale suggestione ... Il tempio dimora di Dio è sorgente dell'acqua che permette "la vita"; tutta l'immagine antica confluisce nel "figlio dell'uomo", che come capiamo dalle sue parole, è sorgente di acqua viva. Lo spirito e la verità che è in lui, è acqua che purifica, rinnova e da vita. Nel Vangelo di Giovanni i concetti sono cristallizzati e non stratificati, egli fa sintesi rielabora attraverso la persona del Verbo, e attraverso la vita stessa della Chiesa, ciò che ne emerge è un "diamante grezzo" di bellezza straordinaria capace di sviluppare sempre nuove forme nella sua attualizzazione. Per questo la vicenda del paralitico, come quella del cieco, come quella di Lazzaro ecc... Possono descrivere anche la mia personale vicenda; la mia personale fragilità umana, che resta fragilità, ma rispetto alla quale Gesù compie quell'avvicinamento che non si esaurisce solo nel segno di guarigione, ma è un ritornare per accompagnare e state ... L'acqua della vita, disseta per sempre!

lunedì 27 marzo 2017

Isaia 65,17-21 e Giovanni 4,43-54
"...  poiché creo Gerusalemme per la gioia ..."

Gerusalemme è un segno e un simbolo; è la città del Dio altissimo, lo è sempre stata fin dall'antichità, già ai tempi di Abramo. Ma Gerusalemme anche oggi resta il segno della speranza di pace, della certezza che nonostante tutto il male possibile: "Dio rinnoverà Gerusalemme", non per i nostri meriti ma per la sua gioia!
Gerusalemme è il segno della presenza continua e costante di Dio con il suo popolo, il luogo della sua dimora e anche del nostro dimorare; la stessa vita di Dio, in Gesù, a Gerusalemme si lega indissolubilmente, grazie al tempo e alla storia, alla vita degli uomini.
Proprio per questo singolare contenuto che unisce insieme storia, realtà e desiderio, il segno-simbolo rievoca la vicinanza di Dio e il suo farsi conoscere, rivelarsi. L'uomo per credere ha bisogno dei segni, Gesù riconosce che noi siamo esseri simbolici. Lo stesso Vangelo ci racconta come l'uomo ricerca nella realtà i segni della presenza attiva e operante di Dio. Gerusalemme non è una città, è una promessa che diventa storia, diventa tempo, diventa vita ... Oggi è attesa della "parusia", ed è fede nel Dio altissimo!

domenica 26 marzo 2017

1 Samuele 16,1-13 / Salmo 22 / Efesini 5,8-14 / Giovanni 9,1-41
Mi ha messo del fango sugli occhi ... Ora ci vedo!

Nel prologo del Vangelo di Giovanni troviamo: In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. (...) Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. (...) A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio".
È questa chiave di lettura di ciò che accade, proprio fuori dal Sacro Tempio di Gerusalemme quando Gesù incontra un uomo completamente ceco ... completamente scartato dalla sua gente.
Il nostro essere cechi, il nostro essere tenebra, e causa di cecità viene toccato dalla luce. Che cosa succede?
Non è un miracolo ma un segno che dimostra che Dio agisce tuttora attraverso la nostra realtà; è segno della forza di Dio, che nel fango si dimostra capace di sbaragliare il limite della tenebra (il peccato) per farci gustare la luce della bellezza (il suo volto), e proporci, ora che vi vediamo, la vita da figli, la vita da discepoli.
In realtà tutta la narrazione di Giovanni confluisce in questo dialogo:
"Tu, credi nel Figlio dell’uomo?".
"E chi è, Signore, perché io creda in lui?".
"Lo hai visto: è colui che parla con te".
"Credo, Signore!". E si prostrò davanti a lui.
La vita del cieco guarito risulta completamente trasformata perché in tutta questa vicenda , lui, povero peccatore perdonato, alla fine è l'unico che riconosce Gesù e lo vede per quello che è: vede il figlio dell'uomo; vede il verbo di Dio; vede la vita; vede la luce ...
Per gli altri (giudei, scribi e farisei ...) per tutti quelli che sono lì attorno, proprio perché non riescono a vedere in Gesù la Gloria, il mistero di Dio, precipitano in una tenebra che diviene per loro esperienza di rifiuto del mistero di amore e di misericordia. In questo consiste la cecità, il rifiuto della luce: ci si sottrae alla luce, ci si prova della possibilità di riconoscere la bellezza.
Tutto il racconto di Giovanni presenta in prospettiva la piena novità di vita di chi si lascia toccare da Gesù. Gesù fa del fango e lo spalma sugli occhi del cieco, in quel modo il Signore si accosta al tuo limite, alla tua umanità scandalosamente ferita, e la rigenera e rinnova nella possibilità di gustare, vedere ciò che è vero e bello. L'uomo che vede ora ha un solo desiderio, il legame, l'appartenenza al maestro ... Ma è questo condizione che fa la differenza!
Per chi non vuole il fango, per chi si ostina a tenere Gesù sotto controllo e a distanza da se, resta solo la condizione di tenebra. Una sorta di ipocrisia di falsità che cerca di giustificare e interpretare la realtà e la vita, garantendo però solo una tenebra di peccato e di scarto, cioè di mortifera separazione e produce solo la visione delle cose brutte!

sabato 25 marzo 2017

Isaia 7,10-14; 8,10 / Salmo 39 / Ebrei 10,4-10 / Luca 1,26-38
Annunciazione del Signore a Maria
Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola!

"Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola" ... Nel Vangelo di Luca queste parole inaugurano la pienezza del tempo ... "Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli".
Questa è la volontà del Padre, che in Gesù ogni uomo riscopra la propria condizione di figlio. Dice Giovanni nel prologo: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria". Oggi riconosciamo la sacralità della nostra natura umana, riconosciamo la dimora del Verbo; oggi non posso più guardare qualsiasi uomo senza riconoscere che la nostra natura è abitata dalla gloria di Dio, dalla sua presenza ineffabile. Questa è la vera bellezza dell'uomo!

venerdì 24 marzo 2017

Osea 14,2-10 e Marco 12,28-34
Quanto siamo lontani dal regno di Dio?


Gesù azzarda una valutazione di giudizio rispetto al giovane scriba: "Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: Non sei lontano dal regno di Dio".
Cuore; anima; mente e forza ... sono queste le categorie di misura della vicinanza del Regno di Dio. Il regno infatti è attirato dal cuore dell'uomo, ha una passione per noi è per la nostra umanità, la cerca per trovarvi una dimora. Il regno cerca di dialogo intelligente con un'anima che è immagine e somiglianza di Dio. Al regno piace la mente come spazio di evidenza e di rivelazione. Il regno non vuole rimanere nascosto e inerme, esige azione e forza di attuazione. Tutto ciò diviene operativo nella prospettiva del più grande, del primo dei comandamenti. Proviamo quindi di declinare "Dio per noi" attraverso cuore, anima, mente e forza ... E magari scopriremo di non essere lontani dal regno di Dio oppure di esserlo troppo!

giovedì 23 marzo 2017

Geremia 7,23-28 e Luca 11,14-23
È giunto a voi il regno di Dio...


La logica conseguenza che deriva dal Vangelo è che "il regno di Dio" non va più atteso, ma è già presente nella storia e nel tempo, in forza di Cristo. Con l'incarnazione di Gesù, diciamo che è arrivata a pienezza del tempo; con questo noi, non affermiamo che il tempo è finito, o che siamo nella "apocalissi" e in visione della "parusia". Dire pienezza del tempo significa affermare che con l'incarnazione del Verbo, l'agire di Dio diviene storico, cioè si esprime e diviene parte della nostra storia, del nostro tempo, del nostro spazio, della nostra esistenza reale; ecco quindi quel dito di Dio che scaccia e vince il male. Ma tutto questo non è il paradiso perduto ... 
Facciamo molta fatica a comprendere e ammettere un Dio che umilmente diviene parte del tempo, dello spazio e della storia ... Ma tutto ciò è travisato dalla nostra attesa e aspettativa di una salvezza risolutrice. Invece dalle parole di Gesù comprendiamo come la pienezza del tempo riguarda il verbo di Dio fatto uomo, ma riguarda anche noi, nel nostro divenire adatti a riconoscere e accogliere il "regno dei cieli". La nostra fatica è ben espressa nelle parole di Geremia: "Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno".

mercoledì 22 marzo 2017

Deuteronomio 4,1.5-9 e Matteo 5,17-19
Queste cose le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli ...


La staffetta della fede, è una consegna di generazione in generazione. Questo non è vero solo per Israele e per quanto riguarda la trasmissione delle tradizioni orali; questo è vero sempre, ed è vero anche per noi. Quando viene meno la fede del popolo, significa che si è interrotta quella staffetta che passa attraverso "l'insegnamento ai figli dei tuoi figli". Nelle parole di Gesù, riportate da Matteo e dalla sua comunità, dobbiamo leggere non solo la preoccupazione di non alterare il contenuto del Vangelo, e il compimento o pienezza che è Gesù stesso, ma comprendiamo soprattutto di "insegnare" agli altri, "ai figli dei tuoi figli", a essere Vangelo. Quelle parole che restano per sempre hanno necessità di essere ascoltate, accolte e insegnate ... Se si interrompe questa staffetta, allora è come dimenticare le cose che gli occhi dei nostri padri hanno visto, è come lasciare fuggire dal cuore e per tutto il tempo della vita l'opera di Dio.

martedì 21 marzo 2017

Daniele 3,25-43 e Matteo 18,21-35
Perdonare di cuore ...

Non è certo una idea sentimentale quella che esprime il Vangelo di Matteo. Mettere in rilievo la dinamica del "condonare/perdonare": da una parte il "condono" come conseguenza della compassione e dall'altra il suo rifiuto come la conseguenza della volontà sorda alla voce e alla supplica del fratello (un servo come lui), è rivelare l'unica legge  che è nel regno dei cieli.
Perdonare/condonare dal cuore, significa esprimere la stessa tensione della preghiera del Padre nostro, quando l'esigenza del perdono si esprime nella relazione di ascolto e di amore fraterno. Perdonare dal cuore è un processo di conversione, che implica aver fatto spazio nella propria vita alla fragilità dell'altro, ed essere disposti a stargli accanto senza rinfacciargli nulla del suo limite. Ma questo perdono, è quello che realmente da soddisfazione, è il perdono che sprigiona le lacrime della Misericordia ricevuta.

lunedì 20 marzo 2017

2 Samuele 7,4-16 / Salmo 88 / Romani 4,13-22 / Matteo 1,16-24
Solennità di San Giuseppe
"Canterò per sempre l'amore del Signore..."


La fede è una "cosa" seria. In molti (relativamente oggi) pensiamo di avere fede, tanti l'hanno persa e ancora di più non sanno neanche cosa significhi avere fede. Evidentemente confondiamo la fede con il credere attraverso l'esperienza e il senso religioso. Ma la fede non si esaurisce nel sentimento del "credere".
"Dio non è quello che credi" ... In questa frase si nasconde tutto lo stupore e la meraviglia di chi è disposto ad aprire la propria vita all'incontro con Dio. Appunto, per chi è disposto ...
San Giuseppe è di questo, straordinario incontro, un testimone di autorevole di bellezza ed efficacia. Tutta la Scrittura, da Abramo in poi "canta", cioè narra la grandezza del Signore, che per amore e nella fedeltà alla promessa ci accompagna fino a riconoscere in Giuseppe un prodigio di uomo che a sua insaputa, Dio lo sceglie per rivestirlo di paternità! Nella paternità di Giuseppe possiamo riconoscere lo spazio in cui egli si accorge del mistero di Dio e si rende conto di cosa sia la fede. Quando riconosciamo che Dio dimora nella nostra vita di tutti i giorni, e in quella vita diviene fonte dell'appello alla fede, allora, la fede stessa ci apre la mente e il cuore alla comprensione del mistero, delle scritture, del volto del Padre del cielo.
La paternità (come mistero e fede) per Giuseppe è: stringere fra le braccia Gesù appena nato; portarlo sulle sue ginocchia coccolandolo come fanciullo; abbracciarlo da adolescente e lasciarsi sostenere da Gesù giovane nei momenti della fatica ... Proprio in quella esperienza vera e sensibile, Giuseppe riconosce che la fede e il mistero di Dio,  ha percorso la sua storia personale ... come Dio aveva promesso, e riconosce che in Gesù, il Messia, non è più atteso, ma è realtà. Giuseppe con la sua vita "canta per sempre l'amore del Signore.

domenica 19 marzo 2017

Esodo 17,3-7 / Salmo 94 / Romani 5,1-8 / Giovanni 4,5-42
Il coraggio ... per le cose nuove ...

Uno degli aspetti che meglio rappresentano il Vangelo della samaritana, in Giovanni è il "coraggio" di Gesù, il coraggio di superare paure e ostilità, convenzioni sociali e pregiudizi, il coraggio di proporre una realtà nuova.
Il coraggio di parlare con una donna ... una persona, forse, senza valore sociale ...
Il coraggio di relazionarsi per giunta con "una samaritana" ... una eretica, una nemica ...
Il coraggio di proporre una esperienza spirituale che ci affranca dagli schermi rigidi di una tradizione religiosa che muore e che ha il cuore lontano da Dio ... il coraggio di un nuovo modo di adorare Dio.
Gesù si mostra realmente coraggioso, cioè capace di vincere ogni paura e di presentarsi come colui che vince anche le nostre paure ...
Gesù si mostra coraggioso, in quel giorno; " ... a mezzogiorno sisiede sul pozzo, e di punto in bianco affronta ogni paura in un gesto di estrema vulnerabilità: "ho sete, dammi da bere!"
Una situazione questa che ha un parallelo bellissimo e unico, quando sempre a mezzogiorno Gesù sarà inchiodato alla croce, e avrà ancora sete ...
Se a Sicar, infatti, Gesù ebbe sere dell'amore della samaritana, e per il di Lui coraggio divenne di Lei sorgente, a Gerusalemme, Gesù ha sete del mio amore e per il di Lui coraggio diviene ora per me salvezza ... La vera sorgente che sgorga dal salvatore del mondo.
Il coraggio di Gesù non è un gesto di forza o di convincimento, ma è un moto, una forza di amore che attrae. È bello vedere come questa donna vie e trasformata dal coraggio amorevole di Gesù.
Il coraggio del crocifisso non è un gesto di forza o di convincimento, anzi per i più è un situazione che si ripudia ... È inverosimile il crocifisso; lo contempliamo e veneriamo nel rito ma non lo vogliamo nella vita.
Il coraggio del crocifisso è un moto, una forza di amore che fa della condizione di paura e del dolore il dono di amore che è il suo sangue per noi, per dissetare la nostra sete.
Ci vuole coraggio oggi per essere cristiani, lo stesso coraggio di Gesù, il coraggio di chi sedendo a mezzogiorno incontra una realtà di timore (diffidenze di ogni genere); di giudizio (i cristiani sono deludenti); di paura (non esiste certezza di futuro); di tristezza (non abbiamo né desideri né progetti).
Al coraggio di Gesù corrisponde la sua capacità di dissetare la nostra sete, di consolare la nostra vita. Il coraggio di chi è cristiano è consolazione e balsamo per tutti.

sabato 18 marzo 2017

Michea 7,14-20 e Luca 15,1-3.11-32
Disarmati dall'assurdo


Restiamo disarmati di fronte a questa parabola. Non meravigliati o stupiti, ma spesso inermi, perché non riusciamo a capire come mai quel Padre non voglia fare i conti con i propri figli, ma soprattutto perché pur riconoscendo la nostra fragilità (su amo il figlio prodigi) e la nostra durezza (siamo il fratello "serio"), non solo non comprendiamo la gioia del perdono, ma diffidiamo del senso della festa del perdono.
Le logiche e le dinamiche della parabola sono molto distanti dalle nostre, dai nostri modi di interpretare e realizzare la misericordia; generalmente, noi solamente ci ispiramo agli atteggiamento realizzati nelle parole di Gesù. Invece, la misericordia è vera proprio quando è radicale. Le mezze misure non danno soddisfazione, le mezze misure generano l'equivoco in cui vive il fratello maggiore.

venerdì 17 marzo 2017

Genesi 37,3-28 e Matteo 21,33-45
Eredi del regno di Dio...


"... a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti", parole quelle di Gesù di una durezza granitica. Nelle letture di oggi risuona la parola "eredità". La parabola mette in risalto un comportamento insolito e soprattutto che non può realizzarsi: per uno sconosciuto è difficile ereditare. L'eredità corrisponde a un vincolo di amore e a una relazione stretta. Nella vicenda di Giuseppe, ascoltiamo come questo vincolo viene tradito e pagato venti sicli d'argento. Un pagamento infame che corrompe il legane di sangue. Vicende, queste, che descrivono i lati oscuri dell'animo umano, le sue fragilità e crudeltà. Forse anche noi non siamo indenni in tanti nostri atteggiamenti da queste infedeltà, e da questi tentativi di appropriazione. 
Il vincolo di amore al Signore, che alimentiamo nella fede, e che viviamo nella comunità cristiana (che è suo popolo), è "l'unica e vera e eredità". Non ci è data come premio, ma fin da ora come un "possesso" di cui prendercene cura, al fine di garantire pure noi stessi.

giovedì 16 marzo 2017

Geremia 17,5-10 e Luca 16,19-31
Non ascoltano né Mosé né i Profeti!


Con quale intenzione questa parabola viene detta da Gesù, riletta da Luca e ripensata da noi?
Gesù racconta questa parabola nello scontro con i farisei, amanti della ricchezza. Una parabola per scuotere la loro idolatria verso il denaro e la loro apostasia verso la Legge e i Profeti; nel loro cuore non c'è più spazio per Dio.
Luca rilegge la parabola per una comunità che rischia l'aridità del cuore circa chi è nel bisogno, nella povertà. La necessità di convertire cuore e gli stili di vita: di ravvedersi; rappresenta l'obiettivo della parabola.
Per noi tutto il contesto e la parabola si commenta con le parole del profeta Geremia: "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo..."; "Benedetto l'uomo che confida nel Signore, e il Signore è sua fiducia". L'amore ai fratelli, l'amore al prossimo, l'amore a quelli che amiamo e anche a quelli che non amiamo è fonte di Benedizione; il servire i fratelli è fonte di Benedizione; dare la vita per gli amici è fonte di Benedizione. È fonte di Benedizione, significa essere felici, essere "già, da ora, accanto ad Abramo".

mercoledì 15 marzo 2017

Geremia 18,18-20 e Matteo 20,17-28
Servire e dare la vita ...


Presi in "disparte"; Gesù ai suoi discepoli non riserva solo un supplemento di comprensione. Ma quando la relazione con lui diviene natura e l'amicizia non è più conoscenza; quando amicizia e fede sgorgano dallo stesso amore al maestro, l'essere presi a parte non è mai riservatezza e separazione ma è essere parte dello stesso destino, della sua stessa vita. È in questa condizione che ciò che caratterizza la vocazione di Gesù: "essere servo e dare la vita per i molti", diventa lo stile anche dei discepoli: "chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo".
Non è semplice entrare in questo stile, non lo è stato neanche per la madre di Giacomo e Giovanni, come neppure per questi discepoli ... ma Gesù, non rinuncia a questi amici ma con pazienza si mette a servirli e a dare a loro la vita per primi. Questo anche per tutti noi.

martedì 14 marzo 2017

Isaia 1,10.16-20 e Matteo 23,1-12
Siate docili, ascoltate ...


Le parole di Isaia sono un invito alla docilità: "Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato". Non si tratta di rimessività o arrendevolezza, ma di lasciare che l'ascolto della Parola produca le conseguenze delle "promesse". Infatti, "mangiare i frutti della terra", nell'immagine, ci riconduce alla fedeltà alla Legge, e alla liberazione dalla schiavitù. Essere dicili alla parola di Dio è una garanzia di libertà. La docilità che possiamo imitare è quella di Gesù. Il Signore è docile, cioè in ascolto della Parola del Padre; sottomesso alla stessa. Egli non si è seduto sulla cattedra di Mosè a sentenziare; ma essere docile alla parola lo ha portato a farsi ultimo è servo di tutti.

lunedì 13 marzo 2017

Daniele 9,4b-10 e Luca 6,36-38
Siate misericordiosi come anche lo è il Padre vostro


Al versetto 35 del capitolo 6 di Luca, è scritto: "piuttosto, amate i nemici di voi e fate del bene e prestate niente speranti in contraccambio: e sarà la ricompensa di voi grande, e sarete fogli dell'Altissimo perché egli buono è su gli ingrati e i malvagi".
I primi a sperimentare che il Padre è misericordioso, in realtà siamo noi, nel momento stesso in cui ci accorgiamo di essere suoi figli. Infatti essere figli è prima di tutto una esperienza di gratitudine per quella "misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo". È in questa esperienza che posso vivere la misericordia come reciprocità del dono, nella gratuità. Questo non tutti lo comprendono, e ai molti sembra tanto già vivere il contraccambio, ma la gratuità del dono è molto meglio, è una scoperta continua di paternità e fratellanza.

domenica 12 marzo 2017

Genesi 12,1-4 / Salmo 32 / 2 Timoteo 1,8-10 / Matteo 17,1-9
Egli ci ha chiamati ha una vocazione Santa ...


Sei giorni dopo ...
Sei giorni dopo la professione di fede di Pietro, rispetto la quale Gesù corrisponde il nascere della Chiesa dalla sua stessa fede, dall'essere pietra/Pietro.
Sei giorni dopo aver raccontato che a lui sarebbero toccati giorni di dolore e di grande sofferenza a Gerusalemme ...
Sei giorni dopo aver raccontato la croce come giogo che non ti schiaccia ma che ti innalza fino al crielo ...
Sei giorni dopo aver ripreso Pietro nel suo voler portare Gesù sul terreno delle sicurezze e garantire il Signore rispetto alla sua vera vocazione...
Ebbene sei giorni dopo ... Gesù chiede a Pietro, Giacomo e Giovanni di andare con Lui, di seguirlo sul monte ... Prende con sè quei discepoli che più degli altri sono stati "problematico" ma che alla fine hanno costruito con Gesù una vera amicizia.
Che cosa rappresenta l'esperienza sul monte?
È lì sul monte Il Padre solleva il velo dell'umanità di Gesù e mostra ai questi tre amici di suo figlio la gloria del "Figlio dell'uomo".
Dio affida all'amicizia, alla loro amicizia, l'occasione di custodire la fede in lui, di riconoscere in lui quella unicità che "trasfigura tutto".
Pietro, Giacomo e Giovanni, hanno provato cosa significa credere in una amicizia così forte, nella quale Gesù ha svelato tutto di sè ... Ed essi ne rimasero meravigliati (è bello per noi ...) ma anche profondamente provocati e turbati (caddero con la faccia a terra).
I tre discepoli “hanno visto, udito e contemplato”, essi sono stati anche toccati da Gesù, da lui come risvegliati a una nuova conoscenza nella fede di Gesù Cristo stesso. Essi sapranno seguire Gesù a Gerusalemme, nella passione scandalosa, nell’angoscia da lui vissuta nel giardino del monte degli Ulivi? Ricorderanno questa esperienza o la dimenticheranno?
Noi sappiamo che tutto questo segnò profondamente la loro vita, perché essi condivisero con il Signore una vera amicizia, un vero affetto, un vero amore, fino alla completa esperienza di dare anche loro la vita.
La trasfigurazione è l'esperienza che ha formato questi discepoli ad essere amici di Gesù, a custodire nella amicizia il dono della fede,  il patto e la bellezza di un amore per sempre.
Tutto nasce da Gesù, la sua chiamata, il suo chiederci di seguirlo sul monte e ora qui nel nostro tempo ... Questa chiamata è la manifestazione della nostra vocazione alla santità.
Una vocazione Santa ...chiamati a vivere in amicizia con lui, vivere l'amicizia di lui. La nostra santità è la sua amicizia.
Della sua amicizia possiamo dire tante cose ... Ma forse una ci sfugge che prima di tutto la sua amicizia è la sua, è una richiesta, una chiamata ... Chi vuole venire dietro a me prenda la croce e  mi segua ... Chi vuole venire dietro a me sia mio amico, lo sia fino in fondo. 

Chi accoglie la mia amicizia impara da questo amico a trasfigurare le cose che vive e lo spazio, il tempo, le relazioni... Gesù con la trasfigurazione, trasfigura tutto a partire da lui.  Noi nel seguirlo, impariamo a trasfigurare tutto ... oppure ci lasciamo tentare a vivere  in un profilo basso e di mediocrità, di rivendicazioni assurde e generalmente strumentali?
Trasfigurare la realtà significa plasmarla e incidere un segno di bellezza. La trasfigurazione è quindi esperienza di amicizia, di fede e di bellezza che riesco a generare. Quale bellezza salverà il mondo? La bellezza del risorto; la bellezza della trasfigurazione.

sabato 11 marzo 2017

Deuteronomio 26,16-19 e Matteo 5,43-48
... tu sarai un popolo consacrato al Signore, tuo Dio ...


Yhwh per mezzo di Mosè ha detto a Israele: "tu sarai il suo popolo particolare"; poi immediatamente si corregge e dice: "consacrato". Nessuna incongruenza, e nessuna aggiunta ... Essere particolare esprime l'unicità della scelta di Dio e uno sguardo che nel dettaglio vede tutto del suo popolo. Essere consacrato esprime l'appartenenza: il popolo non sarà mai un popolo per se stesso, ma è e sarà sempre il popolo del Signore Dio. Lo stesso patto e la stessa formula dell'alleanza obbligano Dio a rigenerarla anche di fronte all'infedeltà del popolo. Questo rapporto speciale che costituisce lo spazio della fede e della fedeltà, trova nelle parole di Gesù un modo particolare e sacro di  comprensione: ogni legge, ogni parola di Dio introducono i discepoli nella necessità delle cose straordinarie. Un discepolo è un uomo che in forza della fede compie gesti ordinariamente straordinari. In questo modo non contraddice il suo discepolato. Se facciamo le cose che fanno gli altri ... siamo pagani come ogni uomo... Noi sappiamo di essere "il popolo del Signore".

venerdì 10 marzo 2017

Ezechiele 18,21-28 e Matteo 5,20-26
... fino all'ultimo spicciolo ...


Chi ritiene che Dio sia un "buonone", che alla fine si fa andare bene tutto, si sbaglia alla grande! La misericordia di Dio non è e, non sarà un buonismo, ma sarà vera ed esigente fino all'ultimo spicciolo. La misericordia non è un gesto unilaterale, la misericordia coinvolge ogni uomo in una radicale conversione che esprime la Fede nell'amore del Padre. Se Dio, il Padre, ama fino in fondo, fino all'ultimo, tutti noi suoi figli per la fede, dobbiamo convertire la nostra vita a quell'amore. Dobbiamo lasciarci attrarre dalla misericordia e applicarla alla nostra natura umana, per plasmarla secondo Dio. Tutto questo confronto con noi stessi, è espresso nel Vangelo, quando parla di accordarci per via con il nostro avversario: l'avversario in realtà è il peggio di noi stessi, ciò che non vuole convertirsi. Accordarsi non è scendere a compromessi ma, come dice Esodo: "Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà". 

giovedì 9 marzo 2017

Ester 4,17k-u e Matteo 7,7-12
Quanto volete ... fate ...


Non è solo una questione di reciprocità - "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" - ma è una questione legata alla comprensione della Legge e dei Profeti, cioè delle Scritture di Israele. Nelle parole, Gesù, rivela chi sia il Padre celeste, egli dona cose buone ai suoi che gliele chiedono ... Il Padre non si pone nella relazione di reciprocità ma di dono. Ciò che noi siamo come amore fraterno si fonda sulla sua bontà gratuita di Padre. Tutte le Scritture rappresentano il modo in cui questo Padre mostra il suo cuore all'uomo: prima di tutto mediante l'ascolto, il Padre ascolta le nostre preghiere; il Padre previene con la sua bontà e col suo amore la nostra necessità. È in questa comprensione di Lui, che noi siamo nella possibilità di generare delle buone relazioni fraterne.

mercoledì 8 marzo 2017

Giona 3,1-10 e Luca 11,29-32
Il segno di Giona ...


"Giona fu un segno", dice Gesù, fu un segno efficace. Non mostrò una potenza sovrumana, nemmeno obbligò la città alla conversione con strumenti coercitivi. Giona, attraversò la città predicando: "ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta"; un appello al cambiamento di mentalità, al cambiamento degli stili di vita. Tutti in città fecero penitenza, dagli uomini fino al bestiame. Giona fu per la città di Ninive un segno efficace; la sua predicazione generò la conversione. Anche Gesù si pone nella stessa prospettiva; di fronte alla durezza del cuore e dei pensieri di chi ha accanto, degli scribi e farisei, e forse anche di molti altri, egli si appella al segno che è Giona, confidando nella conversione dei suoi contemporanei, ma egli è ben più di Giona, come è più del re Salomone, egli è il segno della croce. Il segno della croce non solo chiede conversione ma chiede di desiderare un mondo nuovo, un mondo salvato.

martedì 7 marzo 2017

Isaia 55,10-11 e Matteo 6,7-15
Così sarà della mia Parola ...


La citazione di Isaia ci propone una "parola" in una visione e possibilità del tutto nuova.
Raccoglie la forza della parola creatrice come nell'origine della creazione e ci propone una esperienza di volontà divina propria della parola stessa. La volontà, il desiderio e l'azione di Dio è racchiusa nella sua "Parola"; ma tutto questo è all'interno di un dinamismo: un invio è un ritorno. Un dinamismo che nel mistero stesso della "Parola" del Signore diviene profezia dell'incarnazione. La sua stessa Parola, il logos, il verbo che si fa carne; ciò che Giovanni nel suo Vangelo esprime così: "In principio era il Verbo,e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste (...) E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria,gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità".

lunedì 6 marzo 2017

Levitico 19,1-2.11-18 e Matteo 25,31-46
Quando non ti abbiamo servito?


Il brano del Vangelo del giudizio finale in Matteo oscilla tra il genere "parabola" e il genere "discorsi". Se stiamo attenti alle parole, alle frasi usate, Gesù dice cose che pensate anche oggi stravolgono ogni relazione, ogni atteggiamento, ogni nostro modo di essere e agire. Ciò che dice il Signore non è una immagine fantastica, è collocato all'interno di una situazione tipicamente surreale e apocalittica, consona alla mentalità ebraica, che mostra comunque una concretezza disarmante. La condizione di servizio al Signore si esprime e manifesta nell'amore al prossimo, così come ogni buon ebreo, in obbedienza al Levitico (19,1-18) conosce come condizione per raggiungere la perfezione o santità personale. Il servire il Signore/Dio è servire l'uomo/fratelli piccoli.
"Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo (...) ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore".

domenica 5 marzo 2017

Genesi 2,7-9; 3,1-7 / Salmo 50 / Romani 5,12-19 / Matteo 4,1-11
Non lasciarci cadere nella tentazione ...

Per Matteo, nel padre nostro, la preghiera di Gesù si apre a una richiesta strana, quella di non essere lasciato solo, abbandonato nella tentazione ...
Questa espressione ci fa comprendere la tentazione come una realtà in cui anche Gesù è chiamato a confrontarsi e a faticare, lottare.
Cercando il significato nel dizionario, compare: 1. il tentare, l’essere tentato a compiere azioni proibite o riprovevoli; la cosa, l’occasione che tenta: le tentazioni della ricchezza, dei piaceri mondani; essere, cadere in tentazioneresistere alla tentazione
2. desiderio di fare qualcosa; anche, ciò che è oggetto di tale desiderio: ho avuto la tentazione di prenderlo a sberlequei pasticcini sono una tentazione irresistibile.
Possiamo quindi intuire la tentazione come quella condizione, ed esperienza che conduce dal desiderare, pensare ... all'agire secondo il desiderio.
Dal Vangelo delle tentazioni di Gesù, noi ne distinguiamo tre tipologie: la tentazione rispetto alla fisicità (la fame; la libido amandi); la tentazione circa la propria autostima e gratificazione (la popolarità, il segno di se stessi; libido dominandi) e la tentazione rispetto il possesso e il potere (la gloria di ciò che esiste; libido possidendi).
Proprio nel "Padre nostro ..." nella nuova traduzione, chiediamo a Dio di non lasciarci nella tentazione ... Perché nella tentazione il Diavolo non si presenta come nemico, ma ci seduce come amico e ci vince fingendosi nostro alleato, e come nel testo della Genesi, insinuando il dubbio circa la bontà di Dio, il seduttore si presenta come uno che vuole essere il nostro migliore amico, vuole sostituirsi alla relazione con Dio.
Il cardinale Carlo Maria Martini distingueva questa tentazione chiamandola come la tentazione della amicizia, il tentatore si presenta come colui che vuole esserti amico, meglio di qualunque altro, offrendoti, ciò che nessuno ti offre.
Nelle tentazioni di Gesù, egli vede, il tentatore come colui che ti prospetta una via di bene ... Che male c'è nel soddisfare la fame; che male c'è nel volersi fare riconoscere come figlio di Dio; che male c'è nel volere realizzare ora il regno definitivo del Padre?
Poi la tentazione può anche spingersi nei suggerimenti di chi, meglio di tutti noi, sa come devono andare le cose, come Pietro quando consiglia a Gesù quello che deve fare il "Santo di Dio".
Le tentazioni non sono un peccato in sé, ma il percorso di affrancazione da un Dio non più ritenuto buono per noi.
Di fronte alla tentazione Gesù lotta ... Di fronte alla tentazione il discepolo del Signore è chiamato a lottare a partire dalla preghiera di Gesù stesso. "Padre, non lasciarmi solo nella tentazione, ma liberami dal maligno". Si apre in questo modo lo spazio della lotta del confronto circa ciò che è vero.
Resistere, lottare quando si è tentati, quando la tentazione ci si presenta con tutto il suo fascino e la sua attrattiva, significa introdursi in una lotta che non ha né sosta, né quartiere, contro un avversario astuto e terribile che è fuori di noi e dentro di noi. Questo, oggi, lo si dimentica spesso, vivendo in un'atmosfera di ottimismo, per cui tutte le cose devono andare di bene in meglio, senza pensare alla drammaticità e alle fratture della storia umana, senza sapere che la storia ha le sue tragiche regressioni e i suoi rischi i quali minacciano proprio chi non se l'aspetta, cullato in una visione di un mondo che deve procede sempre per il meglio.
Solo chi è ben armato, spiritualmente determinato, potrà resistere, dal momento che il nemico si aggira attorno a noi per scoprire se c'è almeno un varco aperto, se c'è almeno un elemento mancante nell'armatura, e così farci cadere nel combattimento.
Le nostre armi vanno affinate, vanno curate e rafforzate. L'esercizio della preghiera, della penitenza, della carità, dall'ascolto della parola, ci permettono di temprare il cuore, la mente e il corpo in questa lotta fino all'estremo, fino all'ultimo giorno della nostra vita.

sabato 4 marzo 2017

Isaia 58,9-14 e luca 5,27-32
Riparatore di brecce ti chiameranno ...


La realtà non va subita, la realtà della vita di tutti i giorni non va subita. A volte sembra impossibile farsene carico, ma la vita è fatta per essere plasmata.
C'è chi si sente prigioniero degli avvenimenti e delle scelte fatte, incapace di imprimere quella novità che ci aprirebbe a una visione serena, anche a una consolazione.
Come è possibile mettere novità nella vita? Da dove partire?
Isaia dice che occorre partire dalle "brecce" dalle ferite, occorre riparare e ricucire le ferite che ci siano fatti, che ci hanno fatto o che abbiamo fatto. Occorre ammettere con meraviglia e stupore che anche Levi, il pubblicano, in quel pranzo in cui ha invitato tanti e per accogliere Gesù, ha iniziato il percorso di ricostruzione delle relazioni, di accoglienza e di attenzione agli altri, cosa che da molto tempo non faceva più. Levi, forse era troppo preso dal suo ruolo di esattore delle tasse. Gesù è per lui l'occasione di iniziare "l'opera di riparazione", l'opera in cui il "medico e il malato" si riconoscono nella loro diversità ma anche nella loro necessità: l'uno per l'altro al fine di recuperare il bene della salvezza (la salute del malato).

venerdì 3 marzo 2017

Isaia 58,1-9a e Matteo 9,14-15
Allora digiuneranno ...


Il digiuno non è una formalità rituale; scribi e farisei, discepoli di Giovanni ... fino anche a taluni cristiani di oggi vivono il digiuno e l'astinenza come un obbligo rituale, una penitenza ... Non è questo, non lo è mai stato ... Dice Isaia: "è questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire uno che vedi nudo ..."
Il digiuno è si una privazione ma rispetto alla ricerca delle cose e alla garanzia di noi stessi mettendo come prospettiva la ricerca e la disponibilità verso Dio e i fratelli.
Quando faremo digiuno, quello vero, faremo l'esperienza di quel digiuno che è "lo sposo che ci è tolto"; faremo digiuno di Gesù, proveremo l'esperienza del desiderio di lui: lui ci manca, lui ci completa, lui ci sazia, lui lo amiamo, lui è lo sposo ... La sua sazietà allora ci verrà donata nelle opere stese annunciate da Isaia, nelle opere di misericordia. In questo modo il digiuno e l'astinenza produrrà la sazietà.

giovedì 2 marzo 2017

Deuteronomio 30,15-20 e Luca 9,22-25
... perdere o rovinare se stessi ...


Il Vangelo del giorno si conclude con una domanda: "... quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?"
Ma perché Gesù ha fatto una domanda così complicata? Perché l'evangelista la rilancia fino a noi?
Forse perché oggi come allora, tanti prima di noi e anche noi, non siamo immuni dal rovinare la nostra vita avvilendola con quelle scelte, anche quotidiane, che contraddicono ciò che è il nostro bene. La brama di "guadagnare" traduce la smania e l'affanno che trasforma la vita in un continuo vendersi al miglior offerente: potere, affetti, soldi, amicizie, convenienze, ipocrisie ecc... Ma un vivere speso così a cosa serve ... Ci si trova smarriti rispetto al senso della verità, rispetto a quel Dio amore, di cui ci professiamo figli. Giunti a quel punto non possiamo che dirci rovinati!
Nella comprensione che la comunità cristiana fa della croce, dopo la risurrezione di Gesù, essa non figura più come realtà ostile, ma nelle stesse parole del Signore, traduce il farsi carico della quotidianità, ma con la fede di chi è nella sequela di Gesù. Con questo atteggiamento è impossibile svendersi al mondo e alla sua concupiscenza, in questo modo non ci si perde e non ci si rovina, ma ci si salva!

mercoledì 1 marzo 2017

Gioele 2,12-18 / Salmo 50 / 2 Corinzi 5,20-6,2 / Matteo 6,1-6.16-18
... E il Padre tuo ti ricompenserà!

La Quareima che oggi iniziamo, ci pone in una relazione in cui, a ben vedere, il Padre che vede nel segreto ci ricompenserà. Ma cosa significa questa ricompensa?
Fuori da ogni logica di scambio o di retribuzione, la ricompensa è la condizione finale del percorso di conversione. Questo è il momento favorevole, attraverso il quale, possiamo imprimere alla nostra vita quella novità, frutto della "intensificazione della vita dello Spirito in noi", come dice Papa Francesco nel messaggio quaresimale.
Attraverso le esperienze di: pregherà, digiuno ed elemosina, le quali, se vissute fino in fondo, e con alla base a parola di Dio, ascoltata e meditata, ci permette di riappropriarci della nostra identità cristiana.
Rimettere al centro la parola significa, riconoscere come ma "Scrittura" è capace di plasmarci e, non solo di parlare al nostro cuore e in noi, ma ci svela ciò che Dio ci chiede ... Ogni giorno ... Per plasmarci ogni giorno.
La scrittura, ci mette di fronte la tentazione del possesso di noi stessi e delle ricchezze, del denaro, che è utile, ma che è pure capace di asservirci alla logica dell'egoismo, distruggendo in noi lo spazio in cui amare Dio e i fratelli.
Dice il Papa, prendendo spunto dalla parabola del povero Lazzaro e del ricco, che il vero problema del ricco, la radice dei suoi mali, è non avere ascoltato la parola di Dio... Non averla ascoltata, fatta propria, amata ... E così, arrivare a non amare Dio e a disprezzare il prossimo. Dice il Papa: "chiudere il cuore al dono di Dio che parla è chiudere il cuore al dono del fratello".