domenica 25 agosto 2024

E se ne andarono in molti ... ma la crisi non ci deve spaventare

Gs 24,1-2.15-17.18  Sal 33  Ef 5,21-32  Gv 6,60-69   

Circa dieci anni fa, feci un intervento ad una assemblea regionale di Azione Cattolica sulla situazione pastorale che si respirava in quei tempi, e a seguire insieme a Maria Pia Mazzanti ci addentrammo nella previsione statistica circa la consistenza del clero della nostra Diocesi imolese. Mai lettura fu così puntuale e mai una previsione statistica si avvicinò alla realtà attuale. Infatti se era facile prevedere il calo drastico dei sacerdoti non era certo allo stesso tempo facile azzeccare una crisi delle vocazioni come oggi vive tutta l'Italia e l'Europa. La lettura pastorale già dieci anni fa metteva in luce la presenza esclusiva delle teste bianche nell'assemblea domenicale, colore che nel frattempo si è sempre più consolidato, diminuendo però, la consistenza numerica. Sono sempre stato tacciato di essere un profeta di sventura ... ma a malincuore, occorre riconoscere che la realtà risulta anche più drammatica di ogni previsione.

E quindi? Volete andarvene anche voi? Chiede Gesú alla gente e ai discepoli nella conclusione di questo sesto capitolo sul pane della vita, che corrisponde all'interrogazione che risuona nella comunità giovannea a seguito della riflessione sul segno che era Gesù, in relazione alla vita e all'esistenza eterna.

Al tempo della prima comunità credente, quella di Giovanni, e della redazione del vangelo,  le parole di Gesù è la risposta di Pietro, si collocavano in una dialettica di senso molto profonda e all'interno della cultura per la maggior parte ancora giudaica.

Ma oggi questo abbandono rispetto alla comunità credente, questo allontanarsi dalla fede professata, che vita significa, cosa rappresenta?

Faccio un'analisi partendo da ciò che oggi conta per le persone: stare bene, la salute, i soldi, lo svago, il divertimento, il disimpegno; il risultato immediato; il venir meno del progetto, del desiderio ... cosa è venuto a mancare? 

Mi sembra evidente che manca il gusto del mistero,quel mistero che precede e che accompagna ogni esperienza ed esistenza, cioè il gusto di Dio e il senso della vita.

Crisi di di fede: è in crisi di senso religioso o è in crisi di relazione col mistero? Non sarà che l'indifferenza, il disinteresse, il ripiegamento su noi stessi e quella sorta di solitudine della società globale, che diviene solitudine esistenziale, conduce e riconduce ogni pensiero, focalizzando tutto sul presente, senza alcuna altra possibile realizzazione.

Di fronte alle situazioni complesse e difficili che viviamo, vogliamo andarcene anche noi?

Ieri come anche oggi, accogliere le parole di Gesù significa metterle a fondamento della vita personale, provoca insorgere di due gruppi, di due posizioni: c’è chi accoglie la Parola, chi comprende il segno, e c’è chi invece lo rifiuta, e non crede. 

Accogliere Gesù e le sue parole sul pane della vita significa lasciare che la relazione con lui ci trasformi. Diversamente si innesca un processo di paura, fatica e allontanamento.

Ma anche di fronte alla nostra reazione negativa Dio Padre non cessa mai di attirarci a sé, e lo fa con quella frase che continuamente Gesù rilancia verso di noi per provocarci nella vita di fede, nel tentativo della grazia di aprire una breccia nel cuore. 

Quali conseguenze sono implicitamente nell'accogliere la sua parola?

Dice il Cardinal Pizzaballa: Gesù non ci offre un orizzonte misero e limitato, un progetto di vita annacquato e triste, ma un cammino serio e importante, degno di una salvezza che ci è donata perché noi possiamo vivere all’altezza del dono di Dio.  

È un cammino alto, impegnativo, come una salita in alta quota. Ma tutti sanno che arrivati in cima, ci attende qualcosa di meraviglioso che appoggerà anche la fatica. 

Il cammino che porta con sé un inevitabile cambiamento, un cammino serio, adulto, esigente, che coinvolge in profondità tutta l’esperienza della vita. 

Non una trasformazione esteriore, ma un cambiamento rispetto al guardare la nostra umanità, rispetto al senso di comunione, alla possibilità di una nuova relazionale fraterna, una vera condivisione. Ecco Che la parola dura, difficile non è una questione teologica, ma è quella che fa passare dall’io egocentrico, al noi della comunione.

Ma solo una parola dura è capace di attrarre il cuore dell’uomo e di innescare cammini di verità e di libertà. 

Chi se ne va, pensa che questa Parola è troppo difficile da vivere. È l’atteggiamento che nasce dove manca la fede e la fiducia, dove si pensa che questa conversione del cuore dipende solo da noi e dai nostri sforzi. Ecco il nostro mondo oggi ... solo e abbandonato ...

Che resta non può non fare sue le parole di Pietro.  

Gesù non abbassa il tiro rispetto alle nostre fatiche ma propone ancora il cammino in salita verso la vetta...

La risposta di Pietro supera la scelta personale e diviene la risposta di una comunità ... è la risposta dei discepoli che sentono in loro nascere una nuova umanità, una nuova possibilità, cioè ha trovato in Gesù il pane per dare da mangiare a tanta gente.


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