domenica 28 aprile 2024

Vita da tralci ... vita da discepoli

At 9, 26-31; Sal 21; 1 Gv 3,18-24; Gv 15,1-8

Portare frutto sembra essere la costante di questo vangelo, ma anche della vita cristiana, cioè dell'essere discepoli. Ma poi, portare quali frutti? I miei frutti? I frutti che produco se Gesù è unito a me? E di che frutti si tratta?
Si perché essere cristiani per molti è seguire delle regole e dei precetti religiosi, ma essere discepoli é altra cosa, è innanzi tutto avere coscienza di essere in una relazione reciproca e viva con Gesú, col maestro.
Questa differenza mette in evidenza l'impossibilità di portare frutto seguendo e obbedendo a delle regole, mentre il frutto è conseguenza della gioia dell'amicizia.
Vogliamo portare frutto? Ma cosa significa e come si fa?
Tutta la relazione tra la vite e i tralci ha questo fine, questo obiettivo: portare frutto.
Il termine “frutto”, ricorre cinque volte, e questa frequenza evidenzia la sua importanza: l’agricoltore ha cura della vigna, la pota, se ne prende cura ma il fine di tutto questo non è tanto il benessere della pianta, quanto il frutto che intralci porteranno ...
Si perché sono solo i tralci che portano frutto. E se un tralcio non porta frutto significa che manca qualcosa ... come minimo manca quella linfa della vite che lo rende vivo.
Alla luce di questa immagine la nostra esistenza  acquista chiarezza, acquista senso e significato.
Ciascuno di noi desidera che la propria vita non sia sterile, ma che porti frutto; desideriamo che la nostra vita abbia un senso compiuto, abbia consistenza, e soprattutto che la nostra vita non finisca con noi.
Ebbene, quando e come accade tutto questo? E anche: quando e come non accade?
Un elemento da tenere presente, ma che non basta da solo è il nostro desiderio di realizzare una vita bella e feconda, occorre riconoscere anche e insieme  il desiderio di Dio che precede il nostro e lo accompagna. Dio desidera per noi una vita buona, proprio come ogni padre lo desidera per i suoi figli.
Oltre il desiderato, Gesù ci dice che occorre rimanere: un tralcio non può far frutto da solo, senza una vite che lo faccia vivere. Se la nostra vita si lega a dei precetti religiosi, sarà solo un continuo giudizio, ma se è unita a Gesù sarà una vita piena dei suoi sentimenti, dei suoi pensieri, delle sue parole ... rimanere significa stare in quei sentimenti, pensieri e parole, significa abitarli ... non passarci sopra o accanto, ma possederli come uno spazio vissuto abitato. 
Ecco che emerge una condizione particolare della vita cristiana: essa cresce quanto si diventa accoglienti della vita di Dio, e tanto quanto si è consapevoli che senza di Lui non possiamo fare nulla.
Si tratta allora di rimanere in una vita più grande di noi, nella vita di Dio.
E perché questo accada, la strada è quella di accogliere la Parola, di rimanere in ascolto: Gesù dice infatti che rimaniamo in Lui tanto quanto le sue parole rimangono in noi. Se la sua Parola è per noi importante e preziosa, come la parola di una persona amata, se ad essa ci affidiamo, se le diamo credito, allora diventiamo con Lui una cosa sola: abbiamo lo stesso modo di pensare, di vedere, di giudicare la vita.
Ma come si fa concretamente per portare frutto e portarne molto?
Un uomo decise di scavare un pozzo. Non trovando traccia d’acqua dopo aver scavato una ventina di metri, smise e cercò un altro posto. Questa volta scavò più profondamente ancora, ma non trovò nulla. Scelse allora un terzo posto e scavò ancora più a fondo, ma senza risultato. Completamente scoraggiato, abbandonò l’impresa. La profondità totale dei tre pozzi aveva raggiunto i cento metri. Se avesse avuto la pazienza di scavae per solo la metà di tale scavo, ma in un unico posto, avrebbe trovato l’acqua. Così è di chisi scoraggia continuamente o che non si fida realnente di Gesú. Per giungere a un risultato bisogna impegnarsi con costanza e poi fidarsi senza mai dubitare. Così è anche per produrre molto frutto ...fidiamoci di Gesù e ne porteremo moltissimi.

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