domenica 5 maggio 2024

Mistagogica ... sconosciuta

At 10,25-27.34-35.44-48; Sal 97; 1 Gv 4,7-10; Gv 15,9-17

Il vangelo di questa domenica del tempo di Pasqua ci mette di fronte a tre situazioni, se vogliamo camminare nella vita cristiana. È la sesta domenica di Pasqua, ci avviamo alla conclusione del tempo mistagogico per coloro che (adulti) hanno ricevuto il battesimo la notte di Pasqua. Un tempo nel quale riconoscere la bellezza e nel quale iniziare a dare testimonianza della propria scelta per Gesú. È il tempo liturgico attraverso il quale siamo messi nella condizione di accostare da vicino il mistero di Dio e il "rinascere dall'alto che fa di noi dei salvati".
Il vangelo ci offre tre situazioni che accompagnano la scelta di seguire Gesù, e la "sequela"in generale; situazioni che possono realmente rileggere come condizione del cammino di chi ricevuto il Battesimo e quotidianamente si trova a vivere nel mondo la propria sequela a Cristo e il modo di attualizzarla.
Sentirsi amati; la gioia cristiana è la certezza di essere stati scelti.
Sentirsi amati è la conseguenza di essere in relazione autentica con Gesù risorto. Ci sono troppi battezzati che non si sentono amati, e sono cristiani dal volto triste e dalla vita spenta. Le parole di Gesù circa il suo modo di amarci sono di immediata concretezza: "Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”.
Si rimane nell'amore solo quando lo si corrisponde; l’unica garanzia di rimanere nell’amore del Signore è amare il proprio fratello, nella totale gratuità.  La gratuità dell'esperienza di amare è ciò che Gesù sperimenta come amore del padre per lui, ed è il suo modo di amare i suoi discepoli e chi incontrava ogni giorno .... L’amore del Signore, è vero, è credibile, quando si trasforma in atteggiamenti di servizio nei confronti degli altri. L’amore, quindi, non rimane un sentimento, ma ha bisognosi concretezza, una concretezza che rende più bella la vita, mia e dell'altro.
La gioia cristiana. La caratteristica del credente è la gioia, una gioia che non dipende dalle circostanze della vita, se le cose mi vanno bene o mi vanno male, se gli altri mi vogliono bene o non me ne vogliono, questa gioia è interiore è la conseguenza del mio donarmi agli altri; è la conseguenza del  vivere relazioni di vicinanza e di comunione. La gioia si genera ogni volta che attraverso forme nuove e inedite di servizio, di collaborazione, di condivisione, di generosità, vivo il comandamento che Gesú ci ha lasciato: "amatevi come io vi ho amato". Vi ho detto queste cose perché la mia gioia” – è la gioia stessa di Gesù, e Gesù è Dio, quindi è una gioia divina – “sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Quindi l’esperienza di amare genera la gioia del e nel cuore credente.
Siamo stati scelti. Non è un privilegio essere cristiani ... essere scelti, ma indubbiamente rappresenta una condizione di straordinaria possibilità di fare di tutta la nostra vita, di tutta la nostra esistenza un unico frutto di bellezza e di bontà inestimabile. Siamo scelti per "andare" e portare frutto.
La relazione di Gesù con i suoi discepoli non è quella di amicizia: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi perché andiate e portiate frutto”. Il ‘portare frutto’ è condizionato dall’ ‘andare’. Non è un rimanere statici, rimanere fermi ad attendere che gli altri vengano da noi, ma è ‘andare’. E dove bisogna andare? Certamente verso chi vive forme di esclusione, e tutti coloro che nella vita ancora non hanno incontrato il Signore.
 


Nessun commento:

Posta un commento