domenica 16 luglio 2023

Cosa significa seminare

Is 55, 10-11; Sal 64; Rm 8, 18-23; Mt 13,1-23

A volte si ha quasi l'impressione che nella fede di molti, è facile lasciare a Dio ogni iniziativa, e responsabilità, giustificando tutto con le parole di Isaia, che tutti conosciamo benissimo perché sono diventate anche un canto: "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra ..."
Il risultato però è che tra noi e Dio si genera una distanza che nel tempo diviene indifferenza incolmabile, freddezza spirituale, fede formale, relazione pietrificata con Dio ... alla fine Dio è sparito come la neve al sole della Giudea, o come la pioggia caduta nel deserto torrido del Mar Morto. Isaia con queste parole aveva ben altro in mente ... perché quella pioggia e quella neve cercano una terra da irrigare e fecondare, una terra viva capace di accogliere e di reagire.
Oggi il vangelo ci porta nei pressi di Cafarnao, vicino a Tabgha. Gesù per molto tempo ha fatto di questa città sul lago la sua casa, la sua base. Una cosa strana è che lui, un montanaro, si mette a parlare in parabole a delle persone che di agricoltura sanno ben poco, al massimo di pesca... ma d'altronde quando Gesù ci prova, Simone lo zittisce subito, come a dire cosa vuoi insegnare a noi?
Ma Gesù sembra avere un chiaro intento, deve sfondare una rigidità. Gesú vuole parlare alla gente di Cafarnao di Dio e del regno dei cieli ... Come fare per catturare la loro attenzione?
Come fare per sfondare il rigido formalismo della fede nei precetti della Torah e della religiosità delle Sinagoghe della Galilea così immagine sostitutiva del tempio di Gerusalemme e così piene di dottori e interpreti dalle Scritture capaci di trasformare la fede in una abitudine religiosa e non nella vita da ricevere e da offrire, come certezza che Dio semina ovunque il suo amore in attesa che sbocci anche dove mai ci attendiamo.
Come entrare allora nel cuore di quella gente abituata a un Dio dei Patriarchi, dell'alleanza e delle promesse, ma non a un Dio Padre misericordioso totalmente coinvolto con la vita dei suoi figli?
Magia delle parabole: un linguaggio che contiene molto di più di quel che dice. Un racconto che funziona come un generatore di immagini e situazioni che si attaccano alla vita. Racconti che suscitano idee, emozioni, ti trascinano in un'impresa ... la vocazione!.
Ecco allora che Gesù osserva la vita e nascono le parabole. Osserva un seminatore, e nel suo gesto intuisce qualcosa di Dio. Prendeva storie di vita e le faceva diventare storie di Dio.
Anche oggi Gesù, sta cercando di parlare alla nostra vita, alla nostra esperienza di Chiesa, e ci chiede se in questa esperienza Dio vivo, se è presente, o se è una formalità liturgica, una ritualità, un ricordo, una dottrina imparata da bambini.
Gesù cerca di fare chiarezza mettendoci di fronte a quella sua parola che è come seme che cade in noi, seminato in noi. Cosa ne facciamo di questo seme?
È come la neve che si scioglie al sole, è come la pioggia nel deserto ... 
È un seme che cade in un terreno che è la mia vita, in cui può germogliare, radicare e portare frutto ... Oppure la mia vita è cosi sterile che il seme muore. Ho per caso una vita  così cristianamente dura che Dio non entra, oppure ne è completamente ingabbiato?
Gesù oggi vuole comunicarci una chiarezza legando il suo mistero a noi, e alla nostra possibilità di accoglierlo e dargli visibilità... ci sta chiedendo: a cosa serve oggi la Chiesa, a cosa serve oggi la comunità di Santo Spirito? Serve ad annunciare ancora  Gesú, il regno di Dio e a seminare la sua parola?

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