domenica 9 luglio 2023

Credere con mitezza e umiltà

Zac 9, 9-10; Sal 144; Rm 8,9.11-19; Mt 11,25-30

Come era Gesù? La risposta potrebbe essere molto semplice e sbrigativa: non sappiamo nulla. I vangeli non ci dicono nulla dell’aspetto fisico di Gesù, dell’aspetto fisico, nulla di nulla. Dai Vangeli non ricaviamo praticamente nulla, se non la sua relativa giovinezza, Luca ci racconta che Gesù quando iniziò il suo ministero aveva circa trent’anni. Le raffigurazioni che abbiamo sono quindi il frutto di una elaborazione teologica, culturale, artistica, sociale ed iconografica. Certamente, e ne siamo consapevoli, Gesù, nella sua umanità doveva in un certo modo, risplendere della bellezza di Dio, riflettere anche umanamente la sua divinità. 
E umanamente come era? Di questo Abbiamo diverse informazioni sul suo animo, che cogliamo da alcuni momenti sublimi di commozione, di turbamento, di gioia, perfino di angoscia; lo vediamo piangere, soffrire, allietarsi, persino scherzare, dormire e mangiare come anche camminare e affaticarsi.
Ma forse è proprio questo che dobbiamo superare, il confrontarci con un Gesù frutto di un immaginario collettivo, come anche di una esplicitazione teologica di qualità umane e divine.
Oggi allora confrontiamoci ancora  col Vangelo, per accoglierlo nel suo rivelarsi ... lì dove Gesù dice: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. […] Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita".
Chi chiama Gesù a sé? Chiama persone semplici e gravate da una vita difficile, chiama a seguirlo persone che hanno tanti bisogni e promette loro che in Lui troveranno riposo e sollievo. A chi si rivolge? Si tratta di quanti non possono contare su mezzi propri, né su amicizie importanti. Essi possono solo confidare in Dio. Consapevoli della propria umile e misera condizione, sanno di dipendere dalla misericordia del Signore, attendendo da lui tutto l'aiuto possibile.
Chi sono oggi questi chiamati da Gesù attraverso il vangelo ... cioè, chiamati mediante la parola che salva ... chiamati ad essere consolati, e a trovare conforto ... Cioè, trovare Gesù la sua amicizia, trovare il ristoro in lui e da lui.
Ecco allora una chiave importante di lettura, Gesù chiama a sé, perché nella relazione con lui, attraverso quella parola in cui ci chiama, ognuno che si pone alla sequela possa gustare il vero conforto, la vera consolazione che viene dalla fraternità vissuta come spazio dei sentimenti e delle scelte di vita. Questo non significa senza fatiche, ma significa con una bella e possibile prospettiva di novità.
È la fraternità il giogo ... il "Prendete il mio giogo", per Gesù significa caricarsi della relazione con Dio; prendere il giogo è tenere nel cuore le relazioni con i discepoli, cioè i fratelli ...
Prendendo il “giogo di Gesù” ciascuno di noi lega sé stesso a Gesù, al Padre e ai fratelli ... si entra in una esplicita comunione con Lui per tutto ciò che ci ha detto e insegnato con la sua stessa vita. Ed è da qui che possiamo fare nostro anche quel "Imparate da me".
A chi oggi risponde alla chiamata; ad andare con lui; da lui, Gesù offre un cammino di conoscenza di lui e di imitazione. Ecco che egli si rivolge agli umili, ai piccoli, ai poveri, ai bisognosi perché ... ciascuno di noi comprenda che in realtà è nulla, ciascuno deve comprendersi come piccolo, umile, povero e sofferente ... perché sono queste esperienze umane che ci aprono alla fraternità ... all'essere una Chiesa credibile e che ancora salva.

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