domenica 10 marzo 2024

Caro Nicodemo...

2Cro 36,14-16.19-23; Sal 136; Ef 2,4-10; Gv 3,14-21

Il vero problema del Cristianesimo oggi è l'assenza di desiderio, e la presenza di un dubbio indifferente, che non genera alcuna aspettativa e possibilità di porsi le domande fondamentali della vita. Viviamo un'esistenza nel tempo limitato della vita, e questo ci basta.
Ma tutto questo travaglio da dove nasce?
Credo che tutto sia dovuto alla fatica del rendere attuale nel quotidiano le parole e la vita di Gesù,  come esperienza del vero uomo e vero Dio.
Se abbiamo l'onestà di osservare la vita anche della nostra comunità, vediamo che sotto il molto arrabattarsi, sotto il denunciare l’assenza dei giovani, la crisi delle famiglie, l’eclisse della partecipazione sacramentale e liturgica, il tracollo delle vocazioni consacrate, il tramonto della cultura cattolica, la confusione etica e sociale, c’è lo smarrimento di quanti non riescono a declinare e ad esprimere in modo convincente e adeguato loro relazione con Gesù di Nazaret.
In verità dobbiamo ammettere che ci troviamo di fronte a un uomo contemporaneo occidentale che non ha più nemmeno le domande di senso; c’è generalmente la superficialità di un rapporto religioso tradizionalista e devozionalismo ... incapace di comunicare la fede.
Questa condizione fa emergere un senso di inadeguatezza rispetto alla realtà quotidiana che si esprime nell'assenza di reazione e di presa critica di posizione al male che pervade il nostro tempo.
Di fronte a ciò, se non si cade nell’indifferenza, si inciampa nel "si è sempre fatto così", per cui si ripropongono vecchie e rassicuranti soluzioni pastorali, ripetendo parole ormai vuote e senza esito, incapaci di dialogare con un modo in profondo cambiamento.
Veniamo a noi, come dobbiamo reagire, cosa possiamo fare?
Il vangelo presenta un monologo di Gesù, un lungo discorso circa il nascere da Dio, circa l'amore che è Dio Padre, e circa il nostro umano corrispondere a tale amore.
Un monologo con Nicodemo, che è un Fariseo ... anzi è un capo dei Farisei. Non è detto che i farisei siano tutti ipocriti e rigidi osservanti della legge, come neanche acerrimi nemici di Gesù e delle sue idee, oppositori del suo regno. Questo lo possiamo dire con certezza, infatti è uno dei pochi che alla morte di Gesù, insieme a Giuseppe di Arimatea, è sotto la croce per deporre il corpo ormai morto del Signore, portando con sé 30 libbre di aromi per la sepoltura. Solo un amico avrebbe fatto questo.
Ecco Nicodèmo in quella notte, dopo quel colloquio intimo e profondo, diventa un amico di Gesù.
È grazie a questa amicizia che Nicodemo impara l'amore di Dio; è attraverso l'amicizia con Gesù che Nicodemo supera la contraddizione e l'inadeguatezza del peccato e si lascia coinvolgere nell'esperienza straordinaria di essere un figlio amato. Sarà proprio solo grazie a Gesù che Nicodemo riconosce di essere amato gratuitamente e per questo amore ora può amare e donare amore altrettanto gratuitamente.
Nicodemo coltiva il desiderio, alimenta le domande, anzi, si pone delle domande. Coltivare il desiderio significa contrastare l'indifferenza culturale e mantenere accesa la ricerca di senso, il perché esisto e il per chi esisto. 
Alimentare le domande significa lasciarsi interrogare da ciò che Gesù afferma:
- "Dio ha tanto amato il mondo ..."
Se capisco cosa è il mondo, se intuisco cosa è questo amore ... forse allora riuscirò anche ad aprirmi al mistero di Dio.
Il mondo, il cosmo, esprime tutto ciò che esiste, che è creato, in tutta la sua drammaticità. Il mondo è l'universo creato, il mondo è l'uomo che con i suoi desideri e il suo agire capace anche di male; il mondo è la realtà segnata dalla fragilità del peccato ...
Tutto questo è ciò che Dio ama, ed esiste proprio perché è amato.
In quella notte Nicodemo ha desiderato di essere amato, e da quella notte ha iniziato ad amare realmente.
In quella notte Dio ha amato il mondo, e ha donato suo figlio; ha amato Nicodemo e gli ha donato, affidato Gesù. 
Ma cosa significa amare e dare il suo Figlio?
Dio ci ama nel senso più vero, perché in Gesù, si apre a tutti la possibilità di credere di non essere dei perduti, mai abbandonati alla nostra esistenza.
Dio “ha dato” il suo Figlio. Un figlio è il frutto e il segno dell'amore, donare il proprio figlio significa donare tutto ciò in cui riversiamo il nostro amore. È come se in Gesú, Dio uscisse da sé stesso per donarsi a noi, perché ama tanto e non può non amare, perché lo dice Giovanni, Dio è amore, e più si ama ancora di più si diventa capaci di donare.
In quella notte Dio ha dato il suo figlio a Nicodemo è da quella notte tutto è cambiato per lui.

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