domenica 31 marzo 2024

Pasqua di risurrezione

Marco 16,1-8 

Sono anni ormai anni che celebriamo la Veglia Pasquale immersi in una strana sensazione di incertezza, dolore, disorientamento ... gli anni dei migranti morti nei naufragi dei barconi; due anni da pandemia ... con veglie a Chiesa vuota ... poi Veglie pasquali tra gli echi di guerra, dall'Ucraina alla Terra Santa.

Immersi in tutto questo, tante domande si affacciano sulla mente ... tante non risposte ... e tra queste ... "perché Signore ci succede tutto questo"?

 

In questi giorni ripensavo alla "Leggenda del grande Inquisitore" di Dostoevskij, mi provocava l'idea di Gesù che tornava oggi in mezzo a noi ... Oggi, quel romanzo più che in altri tempi, può ispirare la comprensione della nostra realtà e attualità alla luce della risurrezione.

Siamo in Spagna ai tempi della Santa Inquisizione, dopo quindici secoli dalla morte e risurrezione del Signore. Gesù ritorna e pur se cerca di restare anonimo, tutti lo riconoscono e viene subito incarcerato per ordine del Grande Inquisitore, proprio dopo aver fatto risorgere una bambina di sette anni, pronunziando ancora quelle sue parole: "Talitha kumi" (parole aramaiche che significano: fanciulla alzati).

L'Inquisitore è un vecchio che dopo l'arresto si reca da Gesù in carcere esordendo con queste parole: "Sei tu? Sei tu?" Non ricevendo risposta, aggiunge rapido: (...) “Perché sei venuto a infastidirci? Perché sai anche tu che sei venuto a infastidirci. Ma sai cosa accadrà domani? (...) ti brucerò sul rogo come il più empio degli eretici...”

“Perché sei venuto a infastidirci?” Poi il vecchio Inquisitore conclude: “Vattene e non venire più... mai più, mai più!”.

La nostra realtà sembra proprio affermare che con lui non vogliamo avere a che fare, che ci infastidisce ... meglio che se ne vada e non torni mai più ... non sappiamo cosa farcene di un risorto che non risolve.

Forse l'uomo di oggi smarrendo il senso della propria umanità, non sa più cosa farsene della risurrezione di Gesù.

Ma che cosa è la risurrezione?

Per alcuni è una intromissione o irruzione celeste nella vita degli uomini, per altri una storia a lieto fine per donne ingenue e uomini falliti e fragili.

Ma che cos'è la risurrezione di Gesù se non il segno di una immensa tenerezza che si chiama amore, che ci dice come Dio Padre ama ogni uomo e donna anche se loro si dimenticassero di chi li ha creati, di chi li ama.

La risurrezione ci dice che neppure l'odio esacerbato nella passione cancella o impedisce all'amore di essere la forza della vita che si comunica e rinasce sempre ... 

Eppure in questo mondo, in questo tempo di rassegnazione e di disperazione in molti non gli perdoniamo di essere il risorto e di non risolvere quel male che continua a devastarci. Non gli perdoniamo le malattie, non gli perdoniamo le guerre, i terremoti e le alluvioni, non gli perdoniamo la sopraffazione degli innocenti e le vittime della disumanità, ma soprattutto non gli perdoniamo di lasciarci nella nostra infelicità, e in una libertà incapace di farci veramente liberi.

Dobbiamo rimotivarci nel fare Pasqua 

Fare pasqua significa fare l'incontro con il risorto, che non avviene nel sepolcro, ma fuori, sulla strada che riporta le donne dai discepoli.

Incontrare il Risorto nella vita di ogni giorno proprio a partire dai segni della fragilità e del limite. Proprio lì dove il morire sembra prevalere e il sepolcro rappresenta l'unica condizione possibile. Il risorto non ha cancellato quei segni storici della sofferenza, ma sembra averli assunti in sé. Quei segni sono la nostra esistenza fragile.

La risurrezione non è quindi una sorta di favola a lieto fine, ma il compimento di un mistero: il mistero della vita di Dio che tutto unisce e porta in sé, riempiendo e colmando tutto del suo stesso mistero.

Ecco allora che è proprio a partire dai nostri limiti, dalla fragilità della nostra esistenza, dalla sconfusionata realtà che possiamo, se vogliamo, consegnarci a quell'amore che nell'immagine tenera di un Padre amorevole tutto tiene in sé. 

Oggi non ci è chiesto di essere perfetti, di essere dei ragionatori del mistero, ma bensì di affidarci al mistero di cui siamo parte, e di abbandonare il sepolcro vuoto, sospinti dall'annuncio di vita e di pace vera, perché non dobbiamo dimentichiamo che questa è la bella notizia dell’alba di quel nuovo giorno: “Non è qui. È risorto, come aveva detto”.

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