martedì 12 novembre 2024

Guariti e salvati

Tt 3,1-7 e Lc 17,11-19

E noi dove siamo? Dentro o fuori dalla gratitudine indispensabile per essere non solo toccati dalla grazia del Signore, ma essere pure guariti dal male più profondo che è capace di distruggere anche le cose più belle che ci possono essere donate da Dio e dai fratelli. Fino a quando gridiamo a Dio gridiamo a Dio solo perché stiamo soffrendo, certo possiamo sperimentare la sua forza di salvezza, ma solo quando la nostra preghiera diventa inutile, cioè non per necessità e convenienza, allora siamo sicuri di poter contemplare tutta la bellezza del volto di Dio e gustare il frutto della sua provvidenza, e la gratitudine non è un contraccambio ma espressione di amore.

Il guadagno degli inutili

Tt 2,1-8.11-14 e Lc 17,7-10

Servi inutili, o meglio senza utile. Cioè a gratis. Quando la nostra esistenza si compirà nell'incontro con il Padre, emergerà tutto ciò che abbiamo vissuto per interesse, per avidità e guadagno, e tutto ciò che corrisponde alla vanagloria; in quel momento resterà solo ciò che abbiamo fatto per amore. Forse resteranno poche cose, solo quelle di cui neppure abbiamo memoria tanto sono passate con discrezione. Ma sono quelle cose fatte con spirito di servizio e gratuità. Sono queste poche cose che esprimono le caratteristiche fondamentali della comunità cristiana, un popolo fatto di accettazione e di perdono. Per questo ci vuole la fede che introduce alla conoscenza dell'amore di Dio per noi, in modo da potere non dominare gli altri, ma servirli in gratuità, e non per guadagno.

lunedì 11 novembre 2024

Scandalo, perdono e fede

Tt 1,1-9 e Lc 17,1-6

Una immagine drammatica contiene il giudizio di condanna per chi scandalizzare i "piccoli" del regno di Dio: ... deve essere gettato in mare con al collo una macina da mulino. Ma subito anche il perdono incondizionato. Il sette volte indica infatti un numero illimitato, cioè bisogna perdonare sempre chi si pente. Questo accostamento genera una fortissima tensione e immediatamente l'attenzione viene orientata sulla "qualita" della nostra fede, che se la prendiamo sottogamba corre il rischio di scandalizzare chi ci sta guardando. Ma quale scandalo più grande se non l’assenza di perdono e di misericordia? Ecco che la fede si esprime concretamente nel perdono e realizza l’opera di Dio in noi, questo supera ogni scandalo.

domenica 10 novembre 2024

Lo sguardo attento di Gesù... Dio vede...

1Re 17,10-16; Sal 145; Eb 9,24-28; Mc 12,38-44

Un Vangelo dalle parole di fuoco. Gesù nel tempio, nello spazio più sacro e nel luogo del potere, sta insegnando alla gente. Egli sa perfettamente di essere sotto lo sguardo di tutti, ma non per questo arretra e anzi il suo parlare si fa sempre più forte e senza freni. Sarà questo l’ultimo atto pubblico di insegnamento prima della sua morte, o forse la goccia che fa traboccare il vaso per le varie autorità politiche e religiose.
Tutto il vangelo è fatto di sguardi sulla realtà e quindi sul vedere di Gesù.
Gesù vede ... osserva ... ma ciò che vede di noi non è un giudizio morale ma è lo spazio del suo agire libero e con misericordia ...
Ma che cosa vede?
Vede quelli che mettono le etichette di buoni e cattivi agli altri; vede coloro che caricano i fardelli della legge sulle spalle della gente e loro non li portano; vede quelli che attirano il consenso su di loro per usarlo a loro piacimento, ma in realtà sono persone vuote di senso e di valore; vede la loro smania di primeggiare e la loro rapacità, come anche la loro solitudine nell'apparenza solenne ma che è solo una facciata che nasconde un abisso di desolazione ... un vuoto immenso dove Dio non dimora. Hanno occupato la dimora di Dio il Tempio, ma Dio non abita in loro. Non c'è sentore di amorevolezza e di misericordia in loro e nella loro esperienza di vita.
Ma a questo punto, lo sguardo di Gesù non diventa occasione di denuncia socio-politico e religiosa, ma si dirige tra tutta la gente verso una povera vedova e si posa sulla sua vita, sulla sua persona.
Ora Gesù cosa vede?
Vede una donna, ormai al crepuscolo della vita che non ha più la terra sotto i piedi, che non sa più a chi appoggiarsi per restare in vita.
Ma è proprio questa estrema condizione che permette a questa donna di compuere questo gesto radicale che gli altri non fanno. Gli altri gettano del loro superfluo, le mette a rischio tutto ciò che le resta da vivere. In quei due spiccioli è contenuto un atto esistenziale di consegna totale di sé a Dio, resta svuotatacdi appoggiandosi solo alla fiducia in quel Dio che prometteve provvede.
In quella vedova Gesù rilegge se stesso in quel momento in cui tutto si dona al Padre e ai suoi nemici, due spiccioli di totale abbandono. Ma ci fornisce anche la lettura di noi stessi, del nostro discepolato.
Attratti da Gesù... siamo povere vedove o ricchi e potenti scribi e farisei? 
Il nostro desiderio di vita trova pace e realizzazione in Gesù o si dimena nel cercate un appoggio sulla gloria umana e la soddisfazione che deriva dal mondo?
La vedova rappresenta l'orizzonte di chi cerca Dio. 
Più siamo cresciuti nel suo amore e più ci rendiamo conto che non possiamo usare Dio per noi stessi, ma offrirci a Dio per trovare noi stessi.
Scopriamo che ci si realizza amando e donando ancor prima di essere amati e riempiti di doni. La vedova ci insegna che donare significa investire su Dio indipendentemente da ogni rischio. Ci si rende conto dell'abisso esistenziame di cui siamo fatti, che è lo spazio adeguato per Dio e non per le nostre vuote logiche di gioia e potere.
Ecco allora che ci rendiamo conto che ci vuole un salto radicale di fede: smettere di usare Dio e cominciare a consegnarci a lui. Questo ci porta a coltivare quotidianamente l’umiltà nel dono, donando nel silenzio di gesti che non fanno rumore e seminano il bene nel silenzio. Smettiamo di vivere solo per noi stessi ...  e iniziamo a vivere per lui che è morto e risorto per ciascuno di noi ... direbbe san Paolo. Ed ecco che: «La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà».


sabato 9 novembre 2024

Il tempio del suo corpo

Ez 47,1-2.8-9.12 e Gv 2, 13-22

Il Tempio di Gerusalemme era uno dei più grandi segni della benedizione di Dio verso il suo popolo. Il Tempio conteneva la solenne Arca dell’Alleanza che era la garanzia della fedeltà di Dio, e delimitava fisicamente lo spazio di ciò che era sacro e del sacrificio. Tutto questo faceva del Tempio lo spazio per accedere a Dio. Gesù fa un esercizio di trasposizione e afferma di esssere lui quello spazio. Cioè in pratica si sostituisce al Tempio, definisce il suo corpo come Tempio. Ora un corpo non resta per sempre, ma un corpo risorto permettevdi avere un tempio e un accesso a Dio che non verrà mai meno.

venerdì 8 novembre 2024

Furbizia nel bene

Fil 3,17-4,1 e Lc 16,1-8

Situazione difficile per quell’uomo ricco che vede sperperati i suoi averi dall'amministratore più fidato. La parabola conclude con una morale disorientante sui figli della luce. Ma chi sono? E chi sono i figli di questo mondo? Non vorrei cadere in una differenza puramente morale, per cui i primi sono i buoni e i secondi i secondi sono i  cattivi. Intanto entrambi sono figli e forse dividere il mondo in bianco e nero, buoni e cattivi, non è nella logica di Gesù è quindi della parabola. Il criterio di giudizio non può essere divisivo, ma è l'amore. In quest’ottica l’amministratore disonesto fa esattamente quello che avrebbe fatto il padrone: dona, ama, perdona e condona. L'elogio è per tutti i figli che quasi spudoratamente sono capaci di fare il bene per tutti coloro che hanno accanto.

giovedì 7 novembre 2024

La gioia di ritrovarci

Fil 3,3-8 e Lc 15,1-10

Com’è la gioia di Dio? E' come quella del pastore che ritrova la pecorella che aveva perso. Ecco, forse anche noi siamo artefici della sua gioia se ci lasciamo ritrovare da lui, abbandonandoci pienamente al suo amore, alla sua grazia. Infatti non basta che Dio ci venga a cercare, occorre anche lasciarsi trovare. Quindi il vero problema non è perdersi ma è farsi ritrovare. E per farlo basta farsi vedere, ecco Gesù guardami come la pecorella perduta del Vangelo, caricami sulle spalle ... Fa tutto Gesù. A noi spetta solo di farci guardare da Lui.

mercoledì 6 novembre 2024

Quando ci si scopre capaci di amare

Fil 2,12-18 e Lc 14,25-33

Amare è seguire Gesù in una follia!!! Abbiamo sempre riletto le parole di questo vangelo sull'amore a padre e alla madre in competizione con l'amore a Gesù. Questa è la logica umana dell'amoreggiare, ma non è amore! Ogni confronto è solo per scuotere la nostra piccolezza! Ma è proprio vero che per seguire Gesù dobbiamo rinunciare ad ogni cosa, a ogni amore. Non ne sono più convinto ... Il calcolo economico non serve ad amare; la forza neppure, ciò che permette di amare e la scelta di vivere amando, in questa scelta non c'è Gesù e il resto, Dio e il resto ... In questa scelta ci sta l'amore come esperienza umana che si esprime concretamente, ma in questa scelta esiste solo un amore che dilaga ovunque lo permettiamo, e questo amore è Dio stesso, è Gesù come amore incarnato!

martedì 5 novembre 2024

Un banchetto di ingrati

Fil 2,5-11 e Lc 14,15-24

Se la parabola è un immagine del compimento del tempo e dell'eternità, allora il Re è Dio, il banchetto è il paradiso e gli invitati sono gli uomini. Essere invitati è decisivo e condizione a prescindere, ma l’ingratitudine purtroppo assume proporzioni infinite e drammatiche. Non presentarsi alla festa è praticamente un suicidio eterno. Gesù ha pensato, e ci propone questa immagine in vista di quel compimento, di quell’ultimo giorno, del giorno senza tramonto, per cui tutto è in corsa sui binari dello spazio e del tempo per portare l’umanità definitivamente con se, verso quel banchetto a cui tutti noi siamo invitati. Quanta stoltezza si genera nel nostro quotidiano e nelle scelte della vita cioè quanta ingratitudine. Eppure Dio dovrebbe conoscere il cuore dell’uomo. Sa che è intasato di ingratitudine. 

lunedì 4 novembre 2024

I nostri banchetti parrocchiali

Fil 2,1-4 e  Lc 14,12-14

Meditando questa parabola emerge come la sua attualizzazione si infrange nella reale condizione di tante nostre comunità parrocchiali, gruppi e associazioni. A volte le parrocchie sono un po' come la festa di nozze del Vangelo: si invitano sempre gli stessi e tutti occupano gelosamente il loro posto. Poi le relazioni complicate, le invidie, le gelosie e le frustrazioni mai elaborate di chi ha cercato di risalire il podio di un ruolo significativo ... tutto questo azzera la gioia della comunità. Insomma bisognerebbe fare proprio come nel Vangelo: far entrare tutti, allargare l'orizzonte, ecco che Gesù vedendo tutte queste dinamiche a tavola trova una soluzione: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici (...), ma al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti".

domenica 3 novembre 2024

Ascolta e ama

Dt 6,2-6   Sal 17   Eb 7,23-28   Mc 12,28-34

Ormai è tutto chiaro, o meglio, ogni discorso sul regno di Dio, ogni incontro con la fragilità degli uomini e donne, ogni confronto è per Gesù occasione per manifestare che Dio Padre ama, che ogni uomo e donna, chiamati all'esistenza, sono amati, ogni sua parola vuole ricondurre tutto all'amore che lui prova per tutto ciò che il Padre gli ha affidato e che lui viene a salvare, cioè rigenerare nella pienezza del suo amare.
È bello pensare che la nostra fede si possa sintetizzare con la parola amore.
Leggendo questa pagina ci rendiamo perfettamente conto di come la fede in Gesù non si esprime in delle leggi o dei precetti, e neppure possiamo ridurla a una moralità della vita o a esperienze di bontà generica o generalizzata.
Se la nostra esperienza di Dio è una sottomissione a un pugno di leggi ... siamo solo degli schiacciati e ci infrangiamo nella condanna che i comandamenti e la legge possono solo lasciarci come prospettiva: nessuno di noi sarà mai adeguato alla legge.
Questo dottore della Legge al di là di ogni malafede legata al tentativo di cogliere in fallo Gesù, mette in evidenza tutta la sua rigidità, tutto il suo mondo rinchiuso in una gabbia di leggi, una gabbia che lo imprigiona e che alla fine rinchiude anche Dio. Il dialogo che questo uomo, in tavola con Gesù mette in evidenza due tipologie, quella di un Israele che si carica di pesi impossibili e quella di Gesù che libera il cuore e la vita permettendo a ogni persona di raggiungere il proprio fine, cioè non essere lontani dal regno di Dio.
É in riferimento a questa teologia del Signore che dovremmo tratteggiare la nostra quotidianità ma soprattutto le nostre relazioni.
Occorre cercare di frequentare Dio e non di stargli a distanza guardandolo dai banchi della chiesa, senza abbracciarlo veramente.
Imparare l'arte di amare così come ci è stato detto e mostrato da Gesù. Nulla ci è stato chiesto da Dio che non sia amore. La nostra vita trova il suo senso nell’amore, nell’amare e nell’essere amati. Tutta la teologia di Gesù si esprime non in un comandamento antico, ma si concretizza nell'amare Dio e amare il nostro vicino, colei e colui che ci sono prossimi, chiunque essi siano.
Ci sembra che amare sia semplice, ma in realtà richiede l'impegno di una vita, non si ama un momento, ma si ama sempre.
Amare richiede pazienza fino all’infinito. Richiede che ogni giorno si impari a ricominciare.
Sono convinto che per quanti possano essere i comandamenti, tutti insieme sarebbero più facili da vivere che vivere amando. Eppure, se riuscissimo a generare atti di amore quotidiani e reciproci, tutto sarebbe molto diverso.
L’amore è una scelta. L’amore abita nella verità di uno sguardo, nella debolezza di un fallimento accolto, nell’accettazione di una fragilità personale, in un gesto di delicatezza non richiesto. L’amore non esiste in astratto, non è nell’aria. L’amore germoglia dai gesti, da scelte consapevoli. Da un cuore, intelligenza e da una volontà impegnati all’unisono nell’inventare gesti e parole che siano amore verso Dio e – con la stessa forza e passione – verso i fratelli tutti. Ecco che amare… è l'unico comandamento di Gesù.

Preghiera di santa Teresa di Calcutta.

Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo,
quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare;
quando la mia croce diventa pesante,
fammi condividere la croce di un altro;
quando non ho tempo,
dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento;
quando sono umiliato, fa che io abbia qualcuno da lodare;
quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare;
quando ho bisogno della comprensione degli altri,
dammi qualcuno che ha bisogno della mia;
quando ho bisogno che ci si occupi di me,
mandami qualcuno di cui occuparmi;
quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra persona.
Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli
Che in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati.
Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano,
e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.

In sintesi, Signore, dammi qualcuno da amare!


sabato 2 novembre 2024

Memoria e vita

Commemorazione di tutti i defunti

In questa giornata voglio sottolineare la dei nostri cari, non certo come nozione di archivio, ma come condizione di presenta ora, e per sempre.
Storia di Bruno Ferrero
Il signor Tasso era un vero amico, sempre pronto a dare una mano. Era molto vecchio ormai e sapeva bene che presto avrebbe dovuto morire.
Una cosa sola lo tormentava: il dolore che avrebbero provato i suoi amici. Un giorno Volpe diede loro la triste notizia: Tasso era morto.Tutti gli animali del bosco amavano Tasso e si rattristarono profondamente. Così si ritrovarono sempre più spesso a parlare del tempo quando Tasso viveva ancora con loro. Talpa sapeva fare delle belle ghirlande di carta. Raccontò che era stato Tasso a insegnarle come farle.
Ranocchia era un'eccellente pattinatrice. Era stato Tasso a insegnarle i primi passi sul ghiaccio.
Quando era cucciolo. Volpe non riusciva mai a farsi il nodo della cravatta. Tasso gli aveva insegnato come fare. Tasso aveva donato alla Signora Coniglio la ricetta della pizza al luppolo selvatico. La Signora Coniglio raccontò la sua prima lezione di cucina con Tasso. Ogni animale aveva un particolare ricordo di Tasso. A tutti aveva insegnato qualcosa che ora sapevano fare meravigliosamente bene. E grazie a questi magnifici doni, Tasso li aveva uniti gli uni agli altri.

venerdì 1 novembre 2024

Santi col sorriso

 Ap 7,2-4.9-14 Sal 23 1Gv 3,1-3 Mt 5,1-12

Spesso papa Francesco ci sconvolge con le sue parole, a volte pungenti e scomode a volte irriverenti ... ma quelle circa la faccia dei cristiani, sono una cruda verità: “Uno che annuncia Cristo non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale". La provocazione dice che i cristiani appaiono spesso tristi. Come potranno credere nel Salvatore se la nostra vita è grigia, triste e spenta di speranza. Bisogna che i discepoli di Cristo abbiano un aspetto da gente salvata, diceva Nietzsche. Ma come si fa a sorridere quando le preoccupazioni, il lavoro, i piccoli contrattempi e i grandi dolori sono così seri nella vita? Tra tutte creature del mondo (non so dell'universo) l'uomo è il solo che è capace di ridere e sorridere... il sorriso è specchio dell'anima e della coscienza, per cui se siamo immagine di Dio, anche Dio ride.

Ecco Dio ride!? Il sorriso è fondamentale: ride colui che sta nei cieli, dice la Bibbia. E ancora: la gioia del Signore è la vostra forza, perché è il sorriso di Dio. La gioia con cui il Creatore contempla ogni sua creazione è il fondamento solido della serenità e della pace di ognuno di noi. Non è irriverente pensare che Dio, il Signore dell'universo, sorrida!

Il sorriso è conseguenza dello sguardo su me stesso. Senza perdere di vista la mia umanità, i miei limiti, che non sono necessariamente un difetto e non vanno presi troppo sul serio. “Saper vedere anche l'aspetto divertente della vita e la sua dimensione gioiosa” – disse una volta Benedetto XVI – e non prendere tutto così tragicamente, questo lo considero molto importante, e direi che è anche necessario sorridere del mistero che è ciascuno di noi.

Sorridere è un atto di umiltà, vuol dire accettare se stessi e il proprio modo di essere, rimanendo in santa pace. Si sorride quando non ci si prende troppo sul serio, perché “la serietà non è una virtù" ma è musoneria e rigidità. È facile essere pesanti e difficile essere leggeri.

Il sorriso è conseguenza della voglia che ho di accogliere. È il sorriso con il quale accolgo chi incontro per caso e le persone con le quali vivo e lavoro. Con affetto e senza prendere troppo sul serio eventuali sbagli o presunti sgarbi. Madre Teresa di Calcutta, ricevendo il Premio Nobel, spiazzò la platea con questo invito: “Sorridete sempre ai vostri familiari. Regalatevi reciprocamente nel vostro tempo in famiglia. Sorridetevi". Il sorriso può essere davvero il segno di riconoscimento caratteristico di un cristiano, distintivo della santità.

«O Signore, liberaci dai santi con la faccia triste», così scriveva la grande mistica Teresa d’Avila. La santità, infatti, non implica un’anima malinconica, severa, e neppure un basso profilo senza energia. Chi cammina in compagnia di Dio è capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo. Senza perdere il contatto con la realtà, sa illuminare gli altri con ardore e speranza. Per questo troviamo spesso un sorriso sulle labbra dei santi.