domenica 29 gennaio 2023

Le beatitudini e la ricerca della felicità

Sof 2,3; 3,12-13; Sal 145; 1 Cor 1,26-31; Mc 5,1-12a

Una delle immagini più belle che ho della terra di Gesù è quella del Lago di Galilea, d’estate, visto dal monte delle Beatitudini. Intorno al lago tutto è arido, ma di un deserto giallo e caldo, un giallo luminoso come le stoppie di grano, un bel giallo oro.

Ma il fulcro dell’immagine è il lago, pure lui luminoso di un azzurro intenso più del cielo. Non solo il colore blu dell’acqua, ma quasi come l'azzurro degli occhi, un blu intenso, luminoso e profondo. È a questa bellissima  immagine che lego le parole di Gesù ascoltate oggi dal Vangelo di Matteo, quelle parole così rivoluzionarie sono il primo vero discorso pubblico di Gesù in Galilea.

Gesù sullo sfondo del paesaggio, vede ancora di più, ... vede la gente, i loro volti, i loro occhi, la loro vita, la gioia e la fatica, il dolore e la speranza ... è una immagine umana che ispira il Signore in queste parole.

Gesù si spinge a garantire a chi ascolta la felicità!

Per Gesù queste parole non sono una semplice consolazione, ma rappresentano un punto fermo per ogni uomo: nel cuore dell'uomo abita il desiderio di felicità; quel “beati” infatti è la traduzione di una parola greca - "makairos" - che traduce il concetto ebraico di felicità, che si realizza grazie alla presenza di Dio in noi.

Infatti la vita non può che essere una continua ricerca di felicità, perché Dio vuole che i suoi figli siano felici, e dona la gioia a chi ama.

Gesù parte dalla condizione di disagio di afflizione per aprirsi al dono di Dio e così accedere al mondo nuovo.

Non si è beati perché sfortunati ma si è beati perché in un cammino di conversione in grado di apprezzare e vivere la prospettiva di Dio.

Ecco allora che è felice, cioè beato, chi non si scoraggia di fronte alle condizioni avverse, ma cammina con determinazione nella via del bene.

Oggi più che mai dobbiamo credere che occorre non cedere allo scoraggiamento di un mondo in cui il male sembra vincere, dove la sopraffazione prevale sulla giustizia e dove la mitezza e la dolcezza sono viste come debolezza e codardia.

Gesù invece ci ha affidato queste parole per sbaragliare il mondo, per confonderlo e per ridargli la speranza ogni volta che si inabissa.

Queste parole servono per rigenerare in noi il desiderio dei cieli nuovi e della terra nuova; sono parole capaci di riaccendere la fiamma della pace, della mitezza e della misericordia.

Queste parole di Gesù risuonano oggi in questa nostra Chiesa, in questo nostro paese in crisi economica e sociale; risuonano di fronte alle tante guerre e alla guerra in Ucraina.

Risuonano di fronte ai morti senza nome delle migrazioni della via balcanica, come per i profughi del mare ...

In questi giorni il patriarca di Gerusalemme così ha collegato le beatitudini alla realtà della Palestina, come anche al resto del mondo: “La violenza, l’oppressione, il dolore e l’ingiustizia si trovano innanzitutto nelle nostre stesse anime, nella vita di molte famiglie, nelle nostre stesse comunità e, più in generale, nei rapporti umani, così come nel nostro rapporto con il creato”. “Nonostante i tanti conflitti le Chiese qui sono molto attive nella costruzione della Gerusalemme celeste.

Scuole, ospedali, case per anziani, per bambini, per disabili, e molto altro, sono parte costitutiva della nostra identità di comunità rivolte verso l'esterno e non verso l’interno. Sono il nostro modo di fare del bene qui in Terra Santa, di lavorare per la giustizia, di aprire gli occhi sul dolore e sull’oppressione”.

Le beatitudini ci permettono di aprire lo sguardo sul mondo, per fare del bene. Le beatitudini mi permettono di esercitare lo sguardo per averlo come Gesù per crescere nel pregare, nel servire, nel dialogare e nel lavorare in fraternità e comunione.

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