domenica 23 aprile 2023

Dal nascondimento al riconoscimento

At 2,14.22-33; Sal 15; 1Pt 1,17-21: Lc 24,13-35

Oggi vorrei parlarvi della prima Santa Palestinese.

Otto anni fa Mariam Baouardy, diventava santa. Carmelitana, al secolo suor Maria di Gesù Crocifisso, veniva canonizzata da Papa Francesco in piazza San Pietro: prima santa palestinese. Poverissima, praticamente analfabeta, Mariam (1846-1878) nella sua breve vita fu protagonista di fatti inspiegabili, di fenomeni mistici, di rivelazioni profetiche: a cominciare dalla sua prodigiosa guarigione dopo l’assassinio tentato da un musulmano che voleva indurla ad abiurare dal cristianesimo. E poi una profusione di altre estasi, sogni premonitori, segni fisici eccezionali che – insieme alle molte difficoltà incontrate nel cammino per farsi religiosa carmelitana e poi in convento – resero movimentata la sua vita tra Pau (Francia), Mangalore (India) e Betlemme. Ma cosa c'entra con i discepoli di Emmaus?

A me piace andare all'origine e sfatare che ritiene che questo vangelo di oggi sia semplicemente una bella storia post risurrezione.

Nel 1878 suor Miriam ebbe una visione nella quale Gesù rivelò che Amwas era la vera Emmaus. Di conseguenza quel luogo santo fu acquistato dai musulmani da parte delle monache carmelitane per insediarvi un loro monastero.

Gli scavi archeologici a Amwas, Emmaus Nicopolis, iniziarono verso la fine del XIX secolo, precisamente furono effettuati nel 1880-1888 e nel 1924-1930 e stanno continuando ancor oggi. Durante gli scavi furono scoperti dei resti delle fortificazioni di Emmaus risalenti al periodo Asmoneo (più di un secolo prima di Cristo), così come dei bagni romani del III secolo d.C., delle caverne sepolcrali ebraiche del I secolo d.C., degli impianti idrici romano-bizantini, pressoio per l’olio e tombe,v il muro posteriore di est, a tre absidi, della chiesa bizantina fu portato alla luce, insieme ad un battistero esterno e a mosaici policromi, così come i muri della chiesa dei crociati che furono costruiti appoggiati all’abside centrale bizantina (XII secolo). 

Tre livelli che ci testimoniano il periodo crociato, quello bizantino e quello delle origini, la Domus ecclesiae.

L'esperienza di Emmaus, ci insegna qualcosa di realmente esistenziale, cioè che nella nostra vita, e attraverso la nostra vita, il mistero di Dio rivelato in Gesù Cristo, passa dal nascondimento al riconoscimento.

 

Gesù si fa presente nella nostra vita come in quella dei suoi discepoli, e ci trova tutti più o meno incapaci di incontrarlo. 

Per questo Gesù mette in atto una sorta di “strategia” che ci rende ancora capaci di riconoscerlo e, quindi, capaci di entrare di nuovo in relazione con Lui; o meglio, potremmo dire, che ci rende capaci di una relazione nuova con Lui.

La risurrezione si compie, infatti,  completamente, non solo quando Gesù esce vivo dal sepolcro, ma quando, vivo, rientra nella vita dei suoi, quando, in modo definitivo, è di nuovo il cuore della vita dei singoli credenti e delle loro comunità. Perché la risurrezione non è un fatto puramente privato e personale.

Nel Vangelo dei discepoli di Emmaus possiamo riconoscere il dono di uno sguardo nuovo, una nuova capacità di vedere.

Gesù non fa nulla se non restituire la memoria che abbiamo perduto, la memoria di quella scrittura che da sempre ci parla di lui. È questa memoria che rende capaci di rileggere quegli stessi avvenimenti in una luce nuova, la luce che ristabilisce il legame tra gli eventi e la storia della salvezza, cioè il disegno di Dio. Questa memoria, questa lettura, non è un’operazione intellettuale, ma è qualcosa che si risveglia nel cuore, come una nebbia che pian piano svanisce, e restituisce lo spazio alla luce. A questo punto accade a noi ciò che è accaduto ai due discepoli a Emmaus: "si aprono i loro occhi, desiderano di nuovo qualcosa. Desiderano continuare ad ascoltare una storia detta così, in un modo nuovo, che loro, da soli, non sarebbero stati capaci di raccontare.

Ecco che il riconoscimento del Risorto è graduale, e non accade improvvisamente, ma solo dopo che è nato nei discepoli il desiderio del maestro, del risorto.

Anche noi, pellegrini del nostro tempo, viandanti nella nostra quotidianità, discepoli di Gesù in questo tempo travagliato e complesso, pure noi oggi, non dobbiamo dubitare del misterioso viandante, lui, il Signore si avvicina e cammina con noi, per riaccendere il desiderio di lui, e per farsi riconoscere nello spezzare del pane.

Lo riconosciamo nella Chiesa ferita e sfregiata dal peccato e dal nostro agire umano chiuso al mistero di Dio; lo riconosciamo in questa comunità quando a partire dalla eucaristia, da quel gesto semplice e famigliare dello spezzare il pane,  mette il Risorto al centro della vita, delle scelte e prospettive future.

Solo allora anche noi, dopo averlo riconosciuto potremo dire “resta con noi”, e lui, resterebbe con noi per sempre, perché quello spezzare il pane, è il segno della sua presenza il segno di passaggio dal nascondimento al ri conoscimento, e sempre così lo vediamo nella nostra vita e nella storia che viviamo.




 



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