martedì 1 novembre 2022

Tutti i Santi del desiderio

Ap ,2-4.9-14; Sal 23; 1 Gv 3,1-3; Mt 5,1-12
Solennità di tutti i Santi

Oggi celebriamo solennemente, cioè facciamo festa e siamo nella gioia, per la santità che si può realizzare nell'umanità, ma è anche l'occasione per ricordare tutti i nostri fratelli santi. La Chiesa nel suo riflettere la santità supera ogni moralismo, come anche ogni preconcetto o pregiudizio trionfalistico circa i santi.
La Chiesa ci parla della santità come dono dato a ciascun battezzato, è la santità oggettiva, una santità che è dono di Dio e che si lega alla natura umana, direi che è il sentimento di amore di Dio che nel Battesimo è il germe della fede.
E di una santità come compito soggettivo, richiesta non solo a pochi, ma a tutti, nel quotidiano della vita: «Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione». Il dono si traduce in un compito, ovvero il dono chiede di essere accolto perché portiamo «frutti di carità per la vita del mondo».
Eccoci più che una lettura morale o moralistica della Santità, oggi occorre fare un discernimento esperienziale e soprattutto metterci nella disponibilità di accogliere il dono della santità nella nostra vita quotidiana.
Il dono della santità sono i sentimenti di Dio Padre.
Gesù nelle Beatitudini afferma che la nostra felicità è direttamente connessa ai sentimenti di Dio.
Dio Padre ha un cuore limpido, non doppio, sincero, amorevole.
Dio Padre ha un cuore capace di commuoversi, di piangere e capace di consolare.
Dio Padre ha un cuore mite, che attende e soffre per amare.
Dio Padre ha un cuore affamato di giustizia, cioè pieno di salvezza.
Dio Padre ha un cuore sempre straripante di misericordia.
Dio Padre ha un cuore che vede, cioè tutto comprende.
Dio Padre ha un cuore di pace e dona la pace del cuore.
Dio Padre ha un cuore che assorbe le ingiustizie e le trasfigura.
Ecco che per noi, accogliere il dono della Santità, significa proprio questo, essere attenti ai momenti della nostra esistenza in cui facciamo particolare esperienza dei sentimenti di Dio e da quella esperienza arrivare a riconoscere che solo il loro dispiegarsi, il loro attuarsi quotidiano nella vita, determinano la nostra beatitudine, ovvero la nostra realizzazione umana: la vera santità soggettiva.
Nel brano di Vangelo di Matteo, è evidente che Gesù non ha davanti a sé dei santi già realizzati, ma vede tutta la fragilità e la fatica umana di tanti uomini e donne feriti e umiliati, e si commuove di fronte ad essi. Si commuove e condivide quei sentimenti del Padre che anche lui, nel suo cammino umano fa suoi, ma che solo riportano la nostra storia, la nostra vita, la nostra umanità, alla santità della sua prima origine. Dove il pacato, il male, non hanno più nessuna possibilità.
Ciascuno di noi oggi è messo di fronte alla sua felicità - la santità della vita - che non si realizza per un moralismo fatto di regole o di costrizioni, ma che con molta semplicità e umiltà si esprime e concretizza nell’incontro sempre nuovo e misterioso tra la grazia di Dio - cioè il dono e la nostra libertà.
È in questo meraviglioso intreccio che il cielo e la terra danno vita al mistero della salvezza, cioè la bellezza della vita vera, di una vita che si esprime nelle relazioni buone di una comunità, desiderosa di ascoltare la voce di Dio; di spezzare il pane per nutrirsi del corpo di Gesù e così rendere attuale sempre il perdono e la vita fraterna.
Oggi Gesù ci chiede se vogliamo essere beati, se desideriamo la nostra felicità, nel caso la nostra risposta sia Sì, ecco che in quel momento essere santi è un dato di fatto, non una possibilità futura e solo sperata.
Oggi possiamo rispondere a questa chiamata - che è nostra vocazione - facendo lievitare e fruttificare i semi di bene che in ogni dovere, in ogni avvenimento Dio mette sul nostro cammino.

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