lunedì 18 aprile 2016

Atti 11,1-18 e Giovanni 10,11-18
La vita e il gregge


Il "pastore bello", il "pastore buono", quello che si prende cura delle pecore, quello che le conduce e che viene seguito, quello che le conosce, quello che ha altre pecore in altri ovili ... ebbene quel pastore è il Risorto. I suoi amici, i suoi discepoli, il suo popolo, non è una associazione di benemeriti, ma è lo spazio dove esiste nella realtà la sua stessa vita di Dio. La vita da Risorto è la vita eterna donata come espressione dell'amore del Padre, per noi, suoi figli, sue pecore. Dice Gesù, nel ricordo che ci fa Giovanni: "Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio". La vita del gregge,  allora, la comprendiamo come vita donata, come amore che ci raggiunge e ci genera in una relazione vivificata, vitale. È una vita che non ci appartiene, non possiamo pretenderla o pensare di possederla singolarmente, da soli; è vita donata, eternamente donata, ma eternamente del Risorto. (Leggendo il Vangelo, oggi, pensiamo alla qualità della nostra vita, personale e nella Chiesa).

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