domenica 30 ottobre 2022

Connessioni che ti cambiano

Sap 11,22-12,2; Sal 144; 2 Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10

Gerico, la più antica città della terra, le cui prime tracce ci riportano a ottomila anni indietro ... ma è anche la città costruita nella depressione del Mar Morto, a circa 250 metri sotto il livello del mare. Questa città anche ai tempi di Gesù era molto viva, snodo di commercio e di traffici: da Gerico intatti passavano varie vie carovaniere. È tuttora una città all'interno di un'oasi all'inizio del deserto del Neghev. Una città che per gli ebrei era maledetta, perché dopo la sua distruzione (ricordiamo le mura di Gerico) non doveva più essere costruita. Però, Gesù più volte lo troviamo - così ci raccontano i vangeli - in questa città detta degli uomini, ma degli uomini lontani da Dio.
Questo quadro di presentazione deve farci pensare che quella Gerico del tempo di Gesù ben si adatta al nostro mondo in cui è facile riconoscere una umanità molto distante se non lontana da Dio, anche solo dall'idea di Dio. 
Una lontananza che ad esempio per molti, e in particolare i giovani la esprimono in una indifferenza, in una irrilevanza dell'esperienza cristiana. Una distanza giustificata come latitanza della Chiesa, sentita lontana dal vissuto quotidiano, a volte troppo preoccupata e arroccata nel difendere dei "principi non negoziabili" moralmente buoni, ma ormai non sempre condivisi dalla gente comune.
Una Chiesa che si vede molto in crisi circa la coerenza tra il dire e il fare; situazioni come la pedofilia, come il rapporto col potere e la politica non hanno dato positiva visibilità. Ciò che emerge è una esperienza cristiana che non riesce più a catalizzare su di sé consenso e coinvolgimento per dare voce a ciò che è vero; all'urgenza di una solidarietà umana che esprima fraternità, e alla necessità di una pace che corrisponda al desiderio del cuore; una pace superiore agli interessi economici di parte.
La lontananza da Dio, il suo esodo dal nostro vissuto si concretizza in una irrilevanza di Gesù Cristo ... non più riconosciuto come salvatore ... Salvatore di che cosa?
Per Gesù ancor prima che per Zaccheo era importante conoscerlo, entrare in dialogo con lui, entrare nella sua casa, nella sua vita, nelle sue relazioni, anche se era quello che era.
Come ha agito Gesù, oggi è necessario che noi ritorniamo imparare cosa significa confronto con idee diverse; dialogo come ascolto e non come un dire; apertura come accoglienza di un uomo o una donna per generare fraternità.
Non dobbiamo abbassare come sconfitti il nostro sguardo e puntare in basso anziché in alto.
Può aiutarci questa grande verità: Dio è fedele nell’amarci, persino ostinato. Ci aiuterà pensare che ci ama più di quanto noi amiamo noi stessi, che crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi. Il Signore sempre ci attende con speranza, anche quando ci rinchiudiamo nelle nostre tristezze, rimuginando continuamente sui torti ricevuti e sul passato glorioso che non c'è più. 
Non dobbiamo affezionarci alla tristezza, non è per i figli di Dio essere tristi e afflitti. Non è per uomini e donne di fede.
La tristezza per il cristiano è un virus che infetta e blocca tutto, che chiude ogni porta, che impedisce di riavviare la vita, impedisce di ricominciare. Gesù, invece, è ostinatamente speranzoso: crede sempre che possiamo rialzarci e non si rassegna a vederci spenti e senza gioia.
L'incontro con Zaccheo ci racconta proprio come è possibile rinnovare ciò che era spento, ci racconta come la vita può rifiorire in generosità e amore gratuito. Noi tutti possiamo e dobbiamo essere vettori e connettori dell'incontro tra Gesù e la nostra vita e la quotidianità di questo nostro mondo.

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