domenica 5 marzo 2023

Trasfigurati dalla bellezza

Gen 12,1-4; Sal 32; 2 Tm 1,8-10; Mt 17, 1-9


Quell'incontro luminoso è spesso, per noi solo un'immagine, forse troppo standardizzata e compresa secondo schemi da catechismo: la sua gloria, l'anticipo della passione, la morte e la risurrezione; Mosè ed Elia; i tre discepoli prescelti come testimoni ecc...

Ma il Tabor, che cosa è stato e che cosa può oggi rappresentare per noi?

Per i discepoli, vedere la gloria di Gesù, essere dentro la sua Trasfigurazione, essere avvolti dalla nube e sentire la voce del Padre, ha certamente segnato un’esperienza relazionale profondamente intima, essi hanno vissuto l'incontro tra Dio e l'umano (uomo/donna), ma soprattutto sono le parole di Pietro che ci dicono cosa è stato quell’incontro: è "bello" per noi essere qui ... facciamo tre capanne ... 

La trasfigurazione è esperienza di bellezza.

La bellezza che gli occhi dei tre discepoli hanno potuto contemplare non era una immagine virtuale o una visione ipnotica della mente, ma una realtà che si svela a loro, una realtà che aveva origine da una relazione e dall’intimo, una esperienza quindi che si rendeva esteriore e concreta, come concreta era la loro relazione con Gesù. È infatti il Gesù concreto che si trasfigura davanti ai loro occhi, è il volto di Cristo che ora vedono luminoso, sono le sue vesti che sono bianchissime ... 

La trasfigurazione, per Pietro, Giacomo e Giovanni è possibile solo in forza di una relazione e di una concretezza, perché è in quella relazione e concretezza che si realizza quell'incontro tra Dio e l'uomo che tutto trasfigura come "gloria".

Diceva Sant'Ireneo che la "gloria di Dio" è l'uomo vivente - ciascuno uomo, l'unico vero uomo Cristo -, e che la gloria dell'uomo è la visione di Dio.

Questa espressione di Ireneo, oggi mi aiuta a comprendere cosa sia in questo nostro tempo, la trasfigurazione; come fare oggi concretamente l'esperienza trasfigurante del monte Tabor.

Tre parole: Bellezza, relazione e concretezza.

Credo che oggi l'unico spazio in cui sia possibile recuperare l'esperienza della trasfigurazione sia proprio la comunità di fede, la comunità dove non si sta insieme per semplice aggregazione o affinità, ma dove si cerca di vivere l'essere insieme ricercando la bellezza l'uno dell'altro. È difficile; non siamo pronti; siamo limitati ... Tutto vero, ma questo non toglie che è proprio la comunità, come esperienza di fraternità il luogo, lo spazio in cui il Signore ci chiede e ci offre di fare esperienza di bellezza, perché questa comunità quando si realizza è la Chiesa, che è sua sposa bellissima!

La bellezza non sarà allora una questione estetica ma l'amarci gli uni gli altri, l'apprezzarci gli uni gli altri, lo stimarci gli uni gli altri, e da qui il passo è breve per amare i fratelli tutti ... l'amore che abita dentro di noi sarà trasfigurazione, sarà trasfigurante. La nostra comunità allora sarà bella, perché il nostro essere Chiesa è bellezza. Cercare, riconoscere ed accogliere la bellezza della comunità sarà un affascinante intreccio di sguardi e di mistero che renderà attuale la trasfigurazione, sarà allora nel volto di ogni uomo, nel volto di mio fratello che vedrò il volto luminoso di Gesù, il Signore della gloria.

La relazione con l'altro sarà la condizione in cui, superando i limiti e le fragilità che porto in me stesso, mi permetterà di trasfigurare la mia stessa vita. È amando l'altro che rendo bello me stesso.

Nella relazione con i fratelli mi scopro cercatore di quella bellezza che è nella loro stessa umanità e vita. Ecco allora che la relazione non sarà solo una approccio all'altro ma il mettermi nel cuore l'altro, sarà il prendermi cura di lui, sarà il custodirlo. Quanto è difficile la relazione ...

La concretezza significa non aspettare più un momento opportuno, ma significa accogliere l'invito di Gesù a salire sul Tabor, per fare esperienza di bellezza attraverso le relazioni che ci sono date. Concretezza significa avere lo sguardo per l'altro, uno sguardo amorevole per i fratelli. È da questo sguardo concreto che capiremo che “a noi non interessa un Dio che illumini solo sé stesso e non illumini l’uomo, non ci interessa un divino che non faccia fiorire l’umano. Un Dio cui non corrisponda la fioritura dell’umano”. (D. Bonhoeffer).

Come Pietro, siamo tutti mendicanti di luce, e sarà bellissimo scoprire quanta luce sono i miei fratelli, e di quanta luce è capace la nostra comunità. La vita cristiana infatti altro non è che la fatica gioiosa di liberare tutta la luce e la bellezza seminate in noi.


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