domenica 11 ottobre 2015

Sapienza 7,7-11 / Salmo 89 / Ebrei 4,12-13 / Marco10,17-30
Vivente è la parola di Dio ...


Questa espressione di Ebrei, supera ogni aspettativa circa l'efficacia della parola ... Essa è vivente! Quasi a portarci davanti a noi stessi la vita di Dio, la sua stessa vita! La mia parola è suono di un vivente ... Quella Parola di Dio è viva in se stessa ... Ha vita per sé stessa, ed implica non solo una risposta, ma pure una dinamica relazione.
In questo modo l'incontro con quel tale che vuole avere in eredità la vita si apre a una triplice domanda di Gesù:
- conosci i comandamenti?
- quanto è difficile, per chi possiede ricchezze entrare nel regno di Dio?
- cosa sei disposto a lasciare per seguirmi?
Tre domande che delineano una progressione ben precisa di chiunque vuole essere discepolo di Gesù. Una progressione che ha origine non da noi stessi, non è una nostra iniziativa, ma da quella Parola di Gesù che è viva!
Quella Parola è il suo sguardo di amore, che mi penetra nel profondo e mi conosce (Salmo 138: Signore tu mi scruti e mi conosci ...).
Il primo impatto con la Parola da parte mia è sentirmi giudicato; da parte di Gesù è darmi una altra prospettiva di sguardo: "tutte queste cose ho osservato ..."
Ma il mio guardare era riflesso di me stesso, escluso del vedere di Dio e verso Dio, incapace del suo sguardo di amore. Per questo il mio volto è scuro e il mio andare è triste!
Se guardo con amore, ogni cosa, in risposta mi interroga sul modo che ho di amare; le persone che ho accanto, non mi sono neutre, mai!
Le amo o non le amo, le apprezzo o le ignoro, le stimo o le disprezzo ... Proprio perché sono umanamente combattuto, Gesù mi dice: fa come me, amale! Prenditele a cuore.
Che fatica ... Ci vuole veramente un grande impegno ...
Per questo è più facile legarsi alle cose, al potere, ai soldi, al prestigio ... È facile legarmi a tutto ciò che posso amare, con un amore autosufficiente e gratificante: "amare le ricchezza", è gratificante al massimo, ma con quel tipo di amore mi privo dell'unico amore necessario: amare l'altro. L'altro è ciò che mi permette di ereditare la vita, entrare nel regno. Per questo è difficile coniugare ricchezza e regno, perché è una questione di cuore, di amore ... Non di semplice conto corrente ... Anche se una cosa resta: "chi è ricco non entra"!
Rapito dallo sguardo di amore di Gesù, educandomi ad amare con sobrietà i fratelli, imparo a mettere ordine alla vita. Il "lasciare" non è un rinnegare, ma un consegnare ... I miei affetti la mia possibilità di amare non li rinnego, ma li offro a tutti; abbandono una relazione esclusiva per generare una relazione nella comunione.
Che cosa devo lasciare?
Tutto ciò che vivo come "cosa" esclusiva, tutto ciò che dice: questo è mio ... Il "mio" mi conduce ad amare le ricchezze ... E a non entrare nella vita eterna.
Il discepolo diventa capace di trasformare tutto ciò che è "il mio" spazio, "il mio amico", "il mio lavoro", "il mio stipendio", "la mia casa", "la mia famiglia" ... In quella condizione di dono, di gratuita che genera la Chiesa.
La Chiesa non come rassicurante spazio dei servizi religiosi, ma come condizione nella quale con i miei fratelli sto in relazione, in compagnia e comunione con il Padre: questa è già adesso la vita eterna, questa è la ricompensa.

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