mercoledì 25 novembre 2015

Daniele 5,1-28 e Luca 21,12-19
Mene, Tekel, Peres ...


Al ripetere di queste "strane parole", il libro di Daniele, ci conduce al giudizio finale di Dio, di Yhwh, sulla storia e sugli uomini, espresso nel giudizio sul re di Babilonia e il suo impero.
L'idea che Dio porta a compimento l'opera della creazione con il giudizio sulla storia e sulla vita degli uomini, appartiene alla rivelazione di Israele e al pensiero stesso di Gesù.
Nel Vangelo, questo giudizio si esprime nell'immagine della storia intima e personale e anche di prova dei discepoli. Il giudizio non è una dichiarazione esteriore, una sentenza, ma il giudizio è la condizione che si instaura tra il discepolo del Signore, le sue scelte, lo stile di vita e la storia vissuta. Il giudizio non è una sentenza di condanna o assoluzione, ma il segno della fedeltà di Dio che per amore non viene meno, e il segno di esprime proprio nella vita stesa dei discepoli. I cristiani, non sono semplicemente degli uomini che appartengono a una particolare espressione religiosa ... Ma noi siamo segno di Dio, segno efficace di Lui ...

Nessun commento:

Posta un commento